Elenco delle ricette

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Si fa nella stessa maniera, come quella di uva spina alla cittadina.

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Pigliarai dodici libre d’anguille di Comacchio, e otto libre di tenche minute, curate, e lavate tutte in vin bianco poste al fuoco a cucinare con quattro boccali di vino, due d’acqua, e due d’aceto, le farai consumare a poco, a poco a fuoco lento, aggiongendovi un poco di sale, consumate che ne saranno duoi terzi, le passarai per stamigna, spremendo bene il sugo di detti pesci, e con penne li sgrassarai, perché haveranno fatto dell’oglio: raffreddata che sarà, la chiarificarai con otto chiare d’ova fresche, e sugo di sei limoni, tornandola al fuoco, e quando vedrai che levarà il bollore, vi metterai goccia una d’aceto, perché haverà più tempo a chiarificarsi, chiarificata, vi metterai un’ottavo di zaffarano, un grano di muschio, e una libra di zuccaro fino, avertendo, che se non sarà garba assai, vi metterai sugo di limone, e la passarai più volte per calza.

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Pigliarai venti libre d’arzilla ben lavata in vino, talgiata in bocconcini, la porrai al fuoco in un vaso di pietra, con sei boccali di malvasia, un’oncia di garofani, un’oncia, e meza di canella, e un’oncia di pepe intiero, facendola cucinare a fuoco lento: quando sarà scemata per metà, la passarai per stamigna, spremendo bene il suo sugo, e la sgrassarai, perché haverà buttato oglio di sopra, la chiarificarai con sei chiare d’ova fresche, o più, o meno, a giudicio, e sugo di quattro limoni, tornandola al fuoco: quando sarà chiarificata, le levarai la schiuma, e le aggiongerai un’ottavo di zaffarano, e le spremerai il sugo di sei limoni. Questa gelatina vuol poco zuccaro, perché quando vuoi conservare i pesci longamente, che vanno in gelatina, all’hora vi metterai poco zuccaro: e se li vorrai dare odore di muschio, o ambra vi farà buono, passandola più volte per la calza.

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Se vuoli fare gelatina di pesce per XII persone, togli tre tinche grosse e due once di spetie dolci e forti mischiate e bene gialle, e togli meço quarro di çafferano per sé. E togli il pesce bene lavato e stato in sale una dotta, e togli le sei parti acqua e una d’aceto fine, e mettilo a bollire. E quando bolle bene, la prima cosa che ttu vi metti sia la metà delle dette spetie, e mettivi dentro il pesce, e schiumalo bene, e fallo bollire piano e molto cuocere, e acónciallo nel vasello dove dee stare con alquante fogle d’alloro polvereçato delle dette spetie; e lascia riposare la gelatina e fredare un poco. E togli il çafferano, e stemperalo con questa cocitura, e cola queste due cose in sul pesce, tanto che sia coperto il pesce, e gittavi suso anche spetie, tanto che sia agra di spetie e molto gialla. Ogn’altro pesce grosso che tu vuoli in gelatina, fallo simiglantemente come questo. Se vuoli fare per più o per meno persone, togli le cose a questa medesima ragione.

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Lo stesso ancora si fa per fare quella di pesce, dovendo essere il medesimo pesce assai grosso, di modo che abbia la polpa per formarne il gelo, che, vuol dire, vorrebbe essere il medesimo da mezzo peso; e non è buono altro pesce che la tinca, mentre l’altro non vuol gelare.

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Per fare la gelatina di pesce, non è buono ogni sorte di pesce, ma bensì moccose, raggia, archillato, pesce cane e merluzzi grossi; sicché scorticherete detti pesci, fuorché il merluzzo, laverete la pelle di esse specie, onde volete fare gelatina; le metterete in una cazzarola con acqua e sale, lauro, una cipolla, aceto, erba di odore, e farete bollire queste pelli, per sino che siano disfatte; dappoi laverete bene il pesce, e tenendolo nell’acqua chiara lavate bene il pesce che dovete cuocere in gelatina, asciuttatelo bene, prendete quel brodo, in cui hanno bollito le pelli, passatelo per la stamigna e fateci bollire il detto pesce con succo di limoni o di aranci, o pure aceto; cotto che sarà il detto pesce, mettetelo in un vaso di terra bene aggiustato con foglie di lauro e spezierie dolci, mettete il brodo freddo sopra il pesce, fatelo gelare e mandatelo in tavola per un piatto di antrè.

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Pigliarai piedi di capretto conforme alla quantità, che ne vorrai fare, li farai cucinare in mez’acqua, e mezo moscatello con aceto, conforme il tuo giuditio, cuocendoli in vaso di pietra, vi porrai dentro a bollire due oncie d’anisi con un poco di sale, un’oncia di canella intiera; cotta conforme il solito, passandola, come sopra, la chiarificarai con chiara d’ovo, e sugo di limoni: tornata al fuoco, vi aggiongerai il zuccaro a discretione, e in questa non occorre, che vi metti né muschio, né ambra, perché passandola per la solita calza, passarà con essa l’odore degli anisi, e sua soavità: se vi vorrai dare il colore d’ambra, vi metterai il zaffarano.

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Pigliarai otto zampetti delle gambe dinanzi del vitello, o più, o meno, secondo la quantità che ne vorrai fare, quali siano ben pelati, e puliti, posti a bollire in tre boccali d’acqua, tre di vino bianco, e uno d’aceto: avertendo che il vaso sia ben stagnato, e quando gli haverai levato la schiuma, li porrai dentro mez’oncia di brocche di garofani, mez’oncia di pepe intiero, un’oncia di canella intiera, e coprendo bene il vaso farai bollire questa compositione a fuoco lento, perché se la cucinassi in furia, la cottura non faria corpo per restringersi: quando sarà calata per metà, pigliarai il detto sugo, e lo passarai per stamigna in un’altro vaso, pigliarai un mazetto di penne, facendo stare il vaso pendente, levarai con quelle facilmente tutto quel grasso, che vi sarà sopra, e farai questo, quando non v’è tempo di lasciarla raffreddare, benché per chiarificarla, vorrebbe essere fredda affatto, ma purché non sia bollente, si può chiarificare bene, pigliarai sei ova fresche sbattute in un’altro vasetto, con il sugo di sei limoni, e stemperarai dette ova con un poco di gelatina, tanto che nel vasetto ve ne sia un boccale, gettandola poi nel vaso grande della gelatina, mescolandola con un cocchiaro, vi aggiongerai una libra di zuccaro, e ritornarai la gelatina al fuoco, e quando vedrai che sarà chiarificata, e che haverà fatto molta schiuma, le butterai dentro un grano d’ambra stemprata in acqua di fior di cedro, e un poco di zaffarano, e come haverà dato duoi altri bollori, la passarai per la calza, over sacchello, come dir vogliamo, facendola colare in vaso di pietra: e se ne vorrai fare di color cremesino, pigliarai un poco di cremese a portione, overo pezzetta di levante, avertendo che fatta con pezzetta, a chi troppo ne mangiasse, può nuocere notabilmente, per la venefica qualità, che ha in sé detta pezzetta. Se ne vorrai fare della turchina, pestarai nel mortaro le viole zoppe, e con quel loro sugo, le darai il colore, e sarà buona per mangiare. Se ne vorrai fare della verde, pigliarai sugo di petroscemolo. Se ne vorrai fare della scura, pigliarai sugo d’uva passa. Se ne vorrai fare della rossa, o color di fuoco, pigliarai il cinapro, ma per esser questo minerale, poco lo lodo. Se ne vorrai fare della turchina in altro modo, pigliarai endico a portione, e questa non serve se non per onda di mare, perché per mangiare non è buona. Se ne vorrai fare di color d’ambra, piglia zaffarano, e questa è la miglior, e più gustosa.

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Bisogna prendere de’ piedi di vitello secondo la quantità del gelo che si vuol fare. Abbiate ancora un buon gallo, ed avendo ben lavato il tutto mettetelo dentro una pentola ed empitela d’acqua a proporzione. Dipoi fatela cuocere e schiumatela sopra il tutto con diligenza. Quando queste carni sono vicine ad essere disfatte, questo è segno che il vostro gelo è assai cotto. Abbiate riguardo che egli non sia troppo forte. Bisogna aver una bella cazzarola, passare il gelo per stamigna, niente altro che il brodo, sgrassarlo bene con due o tre penne, metterci del zucchero a proporzione, della canella in stecchi, due o tre stecchi di garofali, scorza di due o tre limoni, de’ quali serberete il sugo. Farete cuocere qualche poco il vostro gelo con tutte queste cose, ed in tanto fate della schiuma con quattro o sei chiare d’ovo; spremeteci il sugo de’ vostri limoni e versate il tutto dentro il gelo: lo menerete di quando in quando insieme sopra il fornello. Lasciatelo dipoi posare sino a che il brodo s’alzerà quasi a spargersi fuora della cazzarola. Bisogna allora aver la calza lesta, votarci dentro il gelo e passarlo due o tre volte fin a tanto che lo vedrete chiaro. Quando il gelo è cotto con le carni, ci sono alcuni che ci mettono un poco di vin bianco. Per servirlo bisogna metterlo in un luogo ben freddo, affinché si congeli propriamente dentro i vostri piatti.

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Pigliarai pollastrelli ben puliti, e piedi ben governati, li farai bollire in acqua con poco sale, mettendovi alquanti stecchi di canella, consumata che sarà per metà, la passarai per stamigna, e se pesterai tutti li pollastrelli per far più sugo, è migliore, e sarà bene: sgrassato il brodo con le solite penne, lo chiarificarai con chiara d’ovo, e sugo di limoni; chiarificato, lo levarai dal fuoco, e v’aggiongerai un poco di zuccaro fino, conforme la quantità del sugo, e vi porrai dentro agro di cedro a portione, e poi lo passarai per la calza, e questa sarà una gelatina ottima per gli amalati, sustantiosa, e buona per estinguer loro la sete.

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Prenderai pollastri ben pelati e piedi ben puliti, e si faranno bollire in acqua con poco sale, mettendovi alquanti stecchi di cannella; e consumata che sarà per metà, si passi per stamigna e li pollastri si pestino ancor loro e si passino; poi si sgrassi in brodo con le solite penne, e si chiarifichi con chiara d’ovo e sugo di limoni. Chiarificato, si leverà dal fuoco e vi si aggiugnerà zucchero fino, conforme la quantità del sugo, e dipoi un poco d’agro di cedro, passando in ultimo il tutto per una calza, che sarà ottima.

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Fatta la gelatina come per il bianco mangiare coll’aggiunta però di uno o due pezzetti di cannella durante la cottura, le si unisca il sugo di otto limoni con mezza libbra di zuccaro fioretto. Cavati in seguito i chiari a quattro uova sbattuti, gli si uniscano pure con iscorza di limone o cedrato se ne avete, e si ritorni il brodo al fuoco, che schiumerete diligentemente al bollo; e così lo lascierete bollire finché sarà ridotto a quel denso che vi abbisogna. Finalmente lo passerete per panno bagnato più volte perché riesca purgatissimo, ed indi lo farete gelare in quella forma che più vi piacerà, servendola sopra un mantile in tavola.

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Per fare un piatto reale di gelatina vi vogliono tre zampetti di vitello, cioè solo dall’ultima giuntura andando a basso, e sarebbe necessario pesassero libbre sei di stadiera; e quando non fossero tanto peso, bisogna pigliarne di più. Li suddetti zampetti debbono stare nell’acqua tepida lo spazio d’un’ora, essendo stati prima ben pelati e netti come vanno. Dipoi si prenderanno li medesimi e si porranno in una pignatta, che tenga dieci libbre d’acqua di stadiera con che vi sia il luogo ancora per detti piedi; poscia si ponga la suddetta pignatta al fuoco, quale, levato il bollo, lasciasi bollire la suddetta lo spazio di otto ore, e questo a fuoco ben lento il più possibile; e passato detto tempo, bisogna levarne fuori della pignatta un poco, e porlo sopra un tondo, o altro, e lasciarlo raffreddare per vedere se si gela, che allora sarà fatta; e quando non gelasse, bisogna lasciarla bollire di vantaggio, mentre non sempre con le previe determinate ore si fa il detto gelo, ma bensì secondo la stagione più rigida e men rigida, massime in tempi caldi, che bisogna servirsi del ghiaccio, ed anche assai difficile. Fatto il detto gelo, già come s’è detto, bisogna prendere una libbra d’amandole, e farle pelare, e poi pestarle, ma sopra il tutto macinare dell’ore, con prendere parimenti una libbra di zucchero in polvere ben fino e mescolare il tutto insieme, con porre le suddette amandole e zucchero in un catino e poi gettarvi dentro il gelo della pignatta, ma che prima sia ben colato; e poi prendere una tela, quale non sia né troppo fissa né troppo chiara ma che sia ben forte, e porvi dentro tutta la suddetta roba; e poi, per forza di spremere ben forte, farla passare per detta tela col mettervi dentro un poco di sale ed odore a gusto di chi la ha da mangiare, e dipoi porla ne’ piatti, vasi, o altro, che vi ghiaccerà e sarà fatta.

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Sbiancata che avrete una o più gambe di vitello nell’acqua, che vorrà essere cambiata più volte, si spezzi e pongasi in cazzaruola a cuocere con un boccale d’acqua per ogni gamba, ma senza sale, e si schiumi attentamente lasciandola così bollire infino a che il brodo sia ridotte ad un quarto o più, secondo si vorrà densa la gelatina. Allora si versi per un mantile, bagnato in prima e spremuto, in marmitta a gelare: così naturale potrà servirvi per diverse gelatine come dirò in avanti. Volendola poi chiarificata bisogna ritornarla al fuoco aggiungendovi uno o due chiari d’ovo sbattuti alla fiocca, ed il sugo di un paio di limoni. Ciò fatto dopo alcuni bolli leverete il brodo dal fuoco, e lo verserete di nuovo nella marmitta passato per un mantile, rinnovando questa operazione più volte infino a che lo vedrete colare chiaro come passato per lambicco. Per questo uso non vorrà essere troppo densa.

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Mettete nella pignatta una polastra abbrustolita, nettata, e pelata, un garetto di vitello d’una libbra e mezza, con due pinte d’acqua, fate bollire, ed ischiumate, indi rilasciate bollire a piccol fuoco per tre ore, disgrassate bene il vostro brodo, e passatelo ad uno staccio, mettendolo in una casseruola sopra d’una stuffetta con una fetta di citron verde pelato, o qualche goccia d'aceto bianco, tre oncie di zuccaro, due o tre grani di sale, due pugni di coriandolo, ed un pezzo di cannella, fate bollire per un quarto d’ora, ed aggiugnete tre uova rotte col suo guscio, lasciate bollire lentamente, volgendo soventi sino che la gelatina sia chiara, e ridotta a circa tre quartini, allora passatela in una servietta bianca bagnata, e ben premuta, mettete la gelatina nel suo vaso in luogo fresco, o sopra del ghiaccio.

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A ffare gelatina de pescie senza olio fa' bollire vino con aceto et schiumalo, et poi micti lo pescie ad cociere collo dicto vino et acito, et quando ello è cocto tolo dal foco et mictelo in altro vascello et micti cipolle talgliate per traverso in lo dicto acito et vino, et fa' tanto bollire che se consume le dui parti, et mictice saffarano, pepe et cimino, et spargi sopra allo dicto pescie et lassalo refredare.

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Il medesimo va fatto per fare la gelatina con piedi di capponi, quali si debbono pesare; mettervi a proporzione quanto s’è detto all’altra gelatina, e questa fatta di piedi di capponi sarà la migliore e si chiama la sopraffina.

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Antremè. La gelatina di caffè la potrete fare o con il caffè abbruscato, macinato, e bollito nell’acqua, che sia ben chiaro, oppure con il caffè abbruscato, e messo in fusione nell’acqua bollente. Quella di cioccolata la farete con il cacao abbruscato, e messo in fusione nell’acqua bollente con stecchi di cannella, ed un poco di vainiglia se volete. L’orzo, o la biada, o le mandole, si pongono abbruscate dentro l’acqua bollente in fusione. Le droghe, fiori, erbe, e radici odorose, si mettono tutte in fusione con l’acqua bollente per cinque o sei ore; indi qualunque infusione, si passa più volte per stamina, e si aggiusta con il zucchero chiarito, e cotto a lisa, e la colla di pesce, e si finisce, come le altre gelatine di sopra descritte. La cottura del zucchero a lisa, la trovarete nel principio del Trattato della Credenza.

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Con le viole mammole, le rose, i fiori di arancio, i garofoli, i gelsomini, i tuberosi, i giunchigli, le agazzie ec. si compongono delle eccellenti Gelatine per quelle persone che ne amano il gusto, e l’odorato. Queste si chiamano Gelatine di Stagione.

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Antremè. Esprimete il sugo del frutto che vorrete, come v. g. di fravole, di melone, di ribes, di cocomero, di visciole, di persiche, di albicocche, di granati ec., e si passi per salvietta più volte finché il sugo sia chiaro con un pochetto d’acqua, se non fosse frutto molto sugoso; indi vi si metta del zucchero chiarificato, e cotto a lisa, e l’odore che vorrete; ed in alcuni frutti, come v. g. persiche, albicocche, ed altri vi si può aggiungere il sugo di uno, o due limoni per dargli un acido grazioso; vi si unisca poi la colla di pesce, che sia forte abbastanza, e si provi la gelatina se congela bene sopra la neve, mentre per le piccole stampe, o per le gelatine servite nel piatto, o nelle chicchere, vi vuole colla meno forte che per le stampe grosse; si versi poscia la gelatina nel piatto, o nelle chicchere, si faccia ben gelare sulla neve, e si serva. Allorché volete apprestare le gelatine rapprese nelle stampe tanto grandi che piccole, s’immergono le stampe per un istante nell’acqua bollente, si leva la gelatina, e si serve sopra una salvietta, oppure dentro un piatto dove vi sia un dito di altra gelatina rappresa. Si fanno ancora le gelatine con la decozzione di alcuni frutti tagliati in pezzi, e cotti con acqua, ed ancora con metà acqua, e metà vino; indi si filtra la decozzione per stamina, e si forma la gelatina come di sopra ho descritto.

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Antremè. Per far ben chiare queste gelatine, alcuni chiarificano il sugo di limone con unirlo a qualche cucchiaio di latte, e poi le fanno alzare due, o tre bollori, e lo filtrano per stamina; ma questo metodo non è troppo buono, mentre il sugo di limone perde la sua attività, ed acquista un cattivo sapore; onde io per prova giudico di doversi fare queste gelatine con il sugo espresso del limone filtrato senza sottoporlo all’azione del fuoco, onde per far bene queste gelatine si fanno così: abbiate del sugo di limoni freschi, che così verrà il sugo più chiaro, il quale lo filtrerete più volte; indi accomodatelo con acqua, e zucchero chiarito, e cotto a lisa, dategli odore con le zeste di quell’agrume che vorrete, o con il loro olio zuccheroso, oppure essenziale; indi filtrate bene per più volte, uniteci la colla di pesce, e finite la gelatina come quelle di frutti dette di sopra.

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Antremè. Dentro una gelatina di limone poneteci qualunque rosolio, o spirito odoroso di fiori, di erbe ec.; oppure qualunque buon vino di malaga, o cipro, o tokai, o capo buona speranza, o piccolet ec., e finite come le altre di sopra espresse.

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Antremè. Abbiate del zucchero chiarito, e cotto a lisa; uniteci qualunque vino forastiere di buon odore, o rosolio, oppure qualunque spirito odoroso di fiori, o di erbe o di caffè, o di droghe; uniteci la colla di pesce, ed un poco di acqua se bisogna; indi finite la gelatina come quelle di frutti di sopra descritte.

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Fate chiarificare 3 ettogrammi di zucchero; unitevi il sugo di 4 limoni mondati e pestati, e più, se fossero scarsi di sugo; raschiatevi dentro la scorza di due limoni, e metteteci 2 ettogrammi di zucchero bianchissimo in polvere; quando sarà ben liquefatto, passate il tutto per istaccio, e quindi versate il liquore nella sorbettiera per farlo diacciare.

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Si fa come quello di limone aggiungendo, in luogo delle scorze, un mezzo ananasso ben disfatto. Fate passare per istaccio, e mettetelo nella sorbettiera.

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Prendete 12 belle arancie, toglietene la scorza e pestatele in un mortaio colla raschiatura di due scorze. Passate per pannolino, spremendo con forza, e quando ne avrete estratto il succo, lo mescolerete con un ettogrammo e mezzo di zucchero che avrete fatto fondere nell’acqua e chiarificato. Ponete il miscuglio nella sorbettiera e diacciatelo. FINE.

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Si prepara come il precedente; soltanto che se le pesche sono ben mature e succulenti, si può fare a meno di cuocerle prima di passarle attraverso lo staccio. Però bisogna avvertire che occorre doppia dose di zucchero per lo stesso numero di pesche.

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Questo gelato è di cannella rossa, meno che ci si pone un poco di spirito di vino in modo che gli dia un poco di senso in bocca, che se è molto non si congelerà; sicché vedi il giorno quattro marzo, meno li pignoli. Per li biscottini à la Saint-Cloud vedi il giorno 12 marzo.

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Prendi sei libbre di latte di vacca, lo farai dolcemente bollire con sedici torli d’ovi freschi, ci porrai libbre due di ottimo butiro, ci porrai una libbra di zucchero a maturatura, lo condirai con acqua di cannella, lo passerai per setaccio e lo farai raffreddare in un vaso, e questo poi nel tinello con acqua fresca, e quindi lo porrai in neve come li gelati precedenti.

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Per fare lo schiumone di questo gelato, prendi un rotolo e mezzo di amarene se son fresche, mezzo rotolo se son secche: ne toglierai li sterpi e le pesterai finissime con tutti li nocciuoli, perché questi ci danno un senso di mandorla amara che ci farà grazioso; porrai questo pesto in una casseruola con acqua in proporzione e farai bollire, per poterle passare per setaccio ricavandone dodici bicchieri regolari: per questo sorbetto, perché le amarene contengono dell’aspro, farai il giulebbe con un rotolo e mezzo di zucchero, che lo farai in giulebbe portandolo al quarto punto di cottura, cioè al grande perlée; unirai al giulebbe l’estratto delle amarene e ripasserai per setaccio, riponendo la dose in una sorbettiera, e quest’ultima nel tinello con acqua fresca per farla riposare; e farai il dippiù come il gelato precedente.

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Ho creduto ripetere questo gelato perché si trova in zucchero, e farai come il precedente.

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Prendi una ananassa, la pelerai come una mela, quella corteccia la pesterai in un mortaio con zucchero, e quando vedi che nel mortaio principia un certo umido, ovvero che il frutto caccia fuori dell’acqua, allora la toglierai dal mortaio e la riporrai in una sorbettiera coverta; dipoi farai il giulebbe con due rotoli di zucchero al terzo punto di cottura, che è il piccolo perlé, v. cap. VII, e questo giulebbe lo porrai nella medesima sorbettiera ed in essa ci porrai il frutto dell’ananassa in fette, che dicesi si mette la nanassa in zucchero; quindi prenderai due portogalli ed un limone freschi, ne taglierai le cortecce come frutti, e le porrai ancora nella sorbettiera medesima come ancora il loro succo. Tutta questa dose restar deve insieme a confettarsi per ore ventiquattro, dopo di tal tempo potrai lavorare il tuo sorbetto così: volendo fare dodici bicchieri, o gelati, o forma di tal proporzione, prenderai sei bicchieri di quella dose descritta ed unirai altrettanto d’acqua che mescolerai tutto insieme e passerai per setaccio, e così farai il sorbetto come tutti gli altri, ritenendo conservato il rimanente della dose nella sorbettiera, per quanto vorrai; laddove vorresti mischiare del frutto nel sorbetto mantecato della stessa, potrai farlo: prendendone una fetta, la farai in pezzettini e ce lo mescolerai, come altra volta ti ho detto pel sorbetto di frutti. N. B. Nel caso che vorresti far maggior numero di pezzi di gelati e ti sembra non bastare la dose rimasta nella sorbettiera, non sgomentarti, perché ci ho anche pensato a questa economia; farai il giulebbe di un altro rotolo di zucchero come sopra, e lo mescerai nella sorbettiera, facendolo rimanere in fusione per altre ore ventiquattro.

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Prendi un’oncia e mezzo di ottima cannella, la ridurrai contusa, e la riporrai in una cassettiera ben chiusa; con una caraffa e mezzo d’acqua la farai bollire, facendola restringere alla metà, badando che non svaporizzi, farai il giulebbe con un rotolo e quarto di zucchero, portandolo al terzo punto di cottura che è il piccolo perlé, e giunto che lo avrai a questo punto ci porrai un’oncia di pignoli ben puliti, ci farai dare pochi bolli, e quindi ne li toglierai, e conserverai; farai alquanto raffreddare il giulebbe e poscia l’unirai con la decozione di cannella, scandagliando se tutto questo liquido forma il quantitativo di quattordici bicchieri per formare una forma di gelato per dodici; passerai per setaccio la dose e ci unirai li pignoli; farai tutto riposare e rinfrescare in una proporzionata sorbettiera e quindi la gelerai come le precedenti.

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Prendi once trenta di zucchero, e ne farai il giulebbe al terzo punto di cottura, cioè al piccolo perlée, vedi Cap. VII., ci porrai quattro caraffe nostre di Napoli d’acqua fresca, e dodici stille di oglio di cannella gustando la dose se il senso ci sta bene, in diverso caso ce ne porrai ancora; passerai questa composizione per setaccio, e farai il sorbetto come ho detto nel primo giorno, essendo quella manifattura generale per tutti li sorbetti, meno qualcuno che sarà di eccezione.

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Prendi libbre tre di castagne pulite e cotte in acqua, le pesterai ben fine, e le condirai con mezz’oncia di cannella in polvere e vainiglia, e dopo scioglierai con quattro libbre e mezzo di giulebbe cotto al ripetuto punto; passerai tutto per setaccio, così porrai in neve.

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Prendi un rotolo e mezzo di zucchero, lo farai in giulebbe portandolo al piccolo perlé giusta il cap. VII. §3.; lo porrai in una proporzionata sorbettiera a raffreddare in un tinello con acqua fresca; quindi prenderai dieci pronti e freschi limoni, li scorzerai, cioè ne toglierai la corteccia come se scorzassi una pera perché diversamente si lacerano tutti, li dividerai per metà, e con la conocchiella ne caverai il succo che farai cadere in una scodella, ove porrai otto bicchieri d’acqua fresca; passerai per setaccio e l’unirai con discrezione con il giulebbe per conoscere se sia molto acido, perché diversamente non porrai tutto il limone con l’acqua; e questa attenzione dubbia deriva dal perché io, che ora ti dettaglio la proporzione, non posso conoscere la grandezza de’ limoni che ti servirai; farai il mantecato di questo sorbetto tal quale ti ho precisato per li precedenti, e finalmente ne farai quella forma che più ti piacerà.

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Farai liquefare in un polsonetto libbre due di cioccolata ed una e mezzo di zucchero con libbre tre d’acqua; disfatto che si sarà il tutto, lo passerai per setaccio fino e lo riporrai di nuovo al foco per farlo cuocere, e questo punto di cottura lo conoscerai quando immergendoci un cucchiaio ne resta vestito; allora porrai la dose in una sorbettiera, e questa in un tinello con acqua per raffreddarsi; dipoi lo porrai in neve e farai come gli altri.

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Prendi otto freschi e grandi limoni, ne toglierai la corteccia come ad un frutto, li dividerai per metà, e con la conocchiella n’estrarrai il succo, che farai cadere in una scodella di creta, nella quale ci porrai sei bicchieri d’acqua, farai il giulebbe con un rotolo di zucchero portandolo al terzo punto di cottura, che è il piccolo perlé, e questo lo vedrai al cap. VII., ci porrai un poco di raspatura di cedro o di limone medesimo, mescolerai tutto insieme e passerai per setaccio; porrai questa dose in una sorbettiera, aggiungendoci due once di cocozzata, o due once di pere, e percoche sciroppate, che farai in pezzetti, porrai questa sorbettiera in un tinello con acqua fresca per riposarsi, e quindi neverai questo sorbetto come gli altri precedenti per ben mantecarlo, e quindi per formarne o uno schiumone o altra forma.

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Farai una ben forte decozione di caffè, ne prenderai una caraffa e ci porrai il competente zucchero, l’unirai con due caraffe di latte, ci scioglierai otto torli d’ovi freschi, tre libbre di giulebbe, tutto unito lo farai cuocere in uno stainato, e quando si sarà addensato lo passerai per setaccio; e raffreddato, lo porrai in neve per mantecare, e quindi indurire o nelle forme o nello schiumone.

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Giulebbererai libbre quattro di zucchero portandolo al terzo punto di cottura, da me chiamato il piccolo perlè, vedi il suo cap. VII, e quando si sarà raffreddato ci porrai il succo di nove limoni e la raspatura della corteccia di tre limi freschi, e mescolerai tutto benissimo; lo passerai per un panno-lino, ci unirai ancora tre bicchieri d’acqua, e così lo porrai in neve per mantecarlo e formarne o lo schiumone o le forme.

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Questo lo farai similmente come quello di rose del giorno precedente; servirai con una bottiglia di rosolio a tuo piacere, e finalmente con la grata bevanda del solito caffè, vedi il Cap. IX.

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Prendi libbre tre di conserva di percoche, ma che sia di quella bionda, la porrai in un polsonetto con tre caraffe d’acqua e farai bollire molto; dipoi passerai per setaccio, in modo che quella conserva passi tutta; farai il giulebbe con once ventiquattro di zucchero, al punto del piccolo perlè, e lo mescolerai in quello estratto che ripasserai novellamente pel setaccio; e poscia lo farai riposare e rinfrescare in una sorbettiera, e questa in un tinello con acqua fresca, e farai quindi il gelato, come ti ho dato la norma pel primo giorno di questa mia operetta.

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Prendi once ventiquattro di pistacchi, li scorzerai con acqua bollente e li pesterai benissimo, di poi li farai bollire con tre caraffe e mezzo d’acqua, passerai per setaccio questo brodo e l’unirai al giulebbe, che farai di once trentatré di zucchero, che farai al terzo punto di cottura, cioè al piccolo perlé, e farai il gelato come li precedenti.

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Vedi il giorno 6 marzo.

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Spellerai una libbra e mezzo di pistacchi, li pesterai ben fini e li scioglierai con un bicchiere e mezzo d’acqua; dipoi sciropperai tre libbre e mezzo di zucchero al terzo punto di cottura, vedi il cap. VII. §3, mescolerai insieme con la raspatura di una corteccia di cedrato, passerai per setaccio e lo porrai in una sorbettiera a rinfrescare in un tinello d’acqua, e quindi porrai in neve come gli altri.

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Vedi la pratica del giorno 1° marzo.

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Farai il giulebbe con un rotolo e quarto di zucchero, portandolo al terzo punto di cottura, cioè al piccolo perlé, vedi il cap. VII. §3; dipoi prendi numero venti bombò col senso di rose, li polverizzerai e li scioglierai con un poco d’acqua bollente quanto basti, e quando questa polvere si sarà ben disciolta la mischierai col giulebbe, aggiungendoci quattro buoni bicchieri d’acqua; e rivolgendo bene tutto, gusterai come sia di senso, potendoci aggiungere degli altri bombò oppure delle stille d’oglio di rose; passerai tutto per setaccio e lo porrai in una sorbettiera in fresco, per quindi fare il sorbetto come gli altri precedenti. Farai in ultimo la solita decozione di caffè giusta il cap. IX.

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Prendi libbre tre di fiori di violette, le porrai con una libbra di acqua bollente, nella quale si lasceranno per tre ore; dopo passerai tale infusione per panno-lino e premerai ben forte, farai tre libbre di zucchero in giulebbe e farai poscia il sorbetto come per gli altri.

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Avendo descritta qui addietro la maniera di fare il bianco mangiare, si è visto il gelo che bisogna fare per questo e quello di corno di cervo per li giorni magri. Eccovi del gelo per gli ammalati, e quelli che saranno sani ne troveranno ancora del migliore. Servendolo per antremè come il resto.

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I Piedi di Vitello, con un pezzo di carne di bue, altro di presciutto ed un gallo, si facciano bollire con acqua e, spumata la bollizione, si condirà di sale, alloro, coriandri, cannella e garofani; e cotto tutto, e sostanzioso divenuto il brodo, si passerà per stamigna, si sgrasserà ben bene e si metterà di nuovo sul fuoco con chiare di uova sbattute, si condirà con zucchero in giulebbe, malvasia e sugo di limone e si farà per poco bollire. Poi di nuovo si passi per un panno di lino, sospeso in aria, per il quale pian piano si farà gocciolare; e chiarito che sarà, si metterà in un vase, nel quale si farà congelare. Congelato, si servirà sopra verdura.

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Si prendano i pesci come Dentale, Tinca, Cercia, Raggia, si puliscano e si scorticano. Le pelli, la spina, la testa e la coda si metteranno a bollire con acqua, poco aceto bianco, sale, spezie intiere, foglie di alloro, pochi filamenti di zafferano e poca rapatura di corno di cervo, ristretta entro pezzolina. Disfatto che sarà tutto, si passerà il brodo ed in esso si farà cuocere la carne dei detti pesci, prima tagliata a filetti e lavati in acqua ed in sugo di limone. Cotti, si caveranno e si metteranno sopra di un panno lino per farli persciugare. Il brodo si chiarificherà con le chiare di uova e con sugo di limone; si farà bollire sino al segno che si conoscerà atto e congelarsi ed indi si passerà per stamigna e si verserà nel vaso tramezzato con li filetti di pesce già cotti, col quale resteranno congelati; e così si servirà il Gelo in Gattò. Possono li sudetti Geli colorirsi, mettendoci con le chiare di uova, mentre bolle il brodo, latte di mandorle volendoli bianchi, sugo di bietola quando si vorranno verdi; alacca se si vorranno pavonazzi e gialli se si mette zafferano, de’ quali se ne fanno de’ lavori e si servono in varie maniere; cioè sopra verdura, biancheria, entro aranci di Portogallo freschi o canditi. È da sapere però che tali brodi colorati saranno vari nei colori, ma non tutti però potran venire limpidi e cristallini per la materia densa e colorata che ci si ha da framischiare.

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Prendi tre piedi di vitella, li taglierai e ne toglierai il midollo, li laverai ben bene, li porrai in una marmitta con dieci caraffe d’acqua, ed a lento foco farai bollire perché potrai comodamente schiumare; dopo di ciò avanzerai il foco, ma non molto, basta che bolla sempre; quando tutti gli ossi si sono staccati interamente, li toglierai con la mescola bucata, lasciando scuocere il resto fino alla quasi consumazione (ma non già de’ secoli), e laddove il brodo siasi molto ristretto, ci rimetterai dell’acqua bollente che per l’oggetto terrai sempre pronta, però ce ne porrai tanta da non far perdere alla parte vischiosa la sua forza; fatta questa prima operazione, passerai tutto per setaccio, riponendo il brodo in vaso stretto per la ragione che riesce più facile il modo di disgrassarlo; ne toglierai tutto il grasso, quanto più possibile; lo ripasserai per setaccio e lo porrai in una casseruola, mischiandoci due o tre chiara d’ovi ben montate; porrai la casseruola sulla fornella a poco foco per purificare e chiarire il brodo, tal quale come pel giulebbe; schiumato e chiarito, lo ripasserai per setaccio e lo porrai di nuovo nella casseruola con once trentadue di zucchero lnglese, batterai alla fiocca due chiara d’ovi, rivolgerai questa schiuma nel brodo, ed a piccol foco principierai a schiumare; avendo dunque sciroppato questo brodo, ci porrai molto succo di limone, ma che sieno freschi e che ci dia buon gusto; ripasserai per setaccio e poscia per una salvietta bagnata, facendo distillare, e terminata questa operazione, ci porrai tanto rum per quanto potrà bisognarcene, senza mai far alterare il gusto; lo porrai in una forma, ed un’ora e mezzo pria di servire questa gelata pasticceria, circonderai di triturata neve la forma e si congelerà; al momento di votarla cercherai che da sé medesima si staccasse dai suoi lati, che anzi con la lama del coltellone radente il metallo della forma la staccherai, se pur ve né bisogno, quindi porrai una salvietta ben disposta sopra la forma, che poi alzerai, restando il pezzo gelato nel piatto.

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In una marmitta si mettano a bollire più pezzi di carne magra di Manzo, e con essi piedi di Vitello ed orecchie e piedi di Porco, secondo la quantità del Gelo che si vuol fare. E spumata che sarà la bollizione, si condirà con poco sale, con pepe intiero, con pochi capi di garofani, con stecchi di cannella, con coriandri e con qualche foglia di alloro. E poiché necessita un denso maggiore in questo brodo, perciò devesi mettere a bollizione anche della rapatura di corno di cervo, condizionata e stretta in una pezzola di tela. Cotto e quasi disfatto che sarà tutto, si caverà e si terrà in caldo. Si passerà il brodo, si sgrasserà e si metterà in cassarola sul fornello per depurarlo e chiarirlo con le chiare di uova sbattute e con sugo di limone, che in più volte, mentre il brodo bolle, si metteranno per sempre più depurarlo. Ciò fatto, si metterà nuovamente a bollire in modo da formarlo poi, densamente congelato e tremulo, e caldo si passerà per stamigna e si metterà in un vase tramezzato con li piedi ed orecchie suddette, tagliati a filetti e anche con pistacchi, pignoli e cedro candito a filetti. E congelato poi si servirà.

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Fate una pasta brisée, come in principio di questo capitolo, stendetela della spessezza di un mezzo scudo, e tagliatela della medesima grandezza, mettendo sopra ciascun pezzo un cucchiaio a caffè di crema di franchipanne, bagnate un poco i bordi, coprendo con un altro pezzo di pasta come sotto, uniteli bene assieme, premendoli tutto all’intorno; fateli friggere di bel colore, lasciateli sgocciolare su di un pannolino, ed agghiacciateli il di sopra con zuccaro, e paletta infuocata.

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Antremè = Tagliate un tondo di pasta alla Condè grande secondo la circonferenza del piatto che dovete servire, e grosso come due scudi, indoratelo, e fatelo cuocere di bel colore. Formate con della pasta Reale alquanto soda, e magra una quantità di bastoncelli colle punte tonde, grossi come il dito mignolo, e lunghi per degradazione; cioè uno più lungo di tutti gli altri, e proporzionato alla grandezza del piatto; fateli cuocere sopra lastre di rame di un bel color d’oro. Quando saranno freddi dirizzateli tutti sopra il fondo suddetto, con un poco di caramello, che il più lungo sia nel mezzo, e gli altri tutti all’intorno per degradazione, in guisa, che tutto il fondo sia coperto, e gli ultimi bastoncelli alti poco più di tre dita traverse formino una palizzata. Potete guarnirei l’orlo del fondo, con delle picciole spume di mandorle amare, e servite sopra una salvietta.

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Antremè = Nettate bene al di fuori le Ghiande, lavatele a più acque, e scolatele. Passate in una cazzarola sopra il fuoco con un poco d’olio, petrosemolo, cipolletta, una punta d’aglio, il tutto trito, metteteci quindi le Ghiande, passatele sopra un fuoco allegro, conditele con sale, e pepe schiacciato; quando saranno aperte sbruffateci un pochino di vino bianco consumato per metà, e servite con tutte le conchiglie, un poco di sugo di limone, e qualche fettina di pane sotto abbrostolito.

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Antremè = Allorché averete aperte le Ghiande in una cazzarola sopra il fuoco, levatele tutte dalle loro conchiglie, aggiustatele dentro a conchiglie di Ostriche, quante ve ne possono stare, con un pochino della loro acqua, conditele sopra come le ostriche arrostite pag. 143., e servitele esattamente nella stessa maniera. Se non avete conchiglie di Ostriche servitevi di qualunque altra sorta di conchiglie.

Pagina VI.168

Antremè = Le Ghiande aperte che saranno in una cazzarola sopra il fuoco, levatele dalle loro conchiglie, colate l’acqua leggermente, e apprestatele in Ragù, alla Pulette, in Cassettine; ovvero dentro altre conchiglie in Sortù, alla Servante, alla Provenzale, come le Ostriche. Vedetele dalla pag. 143. fino a 149. Le potete apprestare ancora come le Telline, e come le Cozze di Taranto. Vedete i loro articoli particolari. I Dattili di mare si preparano, e si servono esattamente nella stessa maniera.

Pagina VI.169

Antremè = Ponete le Ghiande ben pulite, e lavate in una cazzarola sopra il fuoco con mezzo bicchiere di acqua; quando saranno tutte aperte tiratele indietro, levate la polpa a due terzi delle conchiglie, e lasciate le altre come si ritrovano. Fate una Salsa colla loro acqua, come quella delle Telline alla liason, metteteci dentro le Ghiande, fate dare un bollo, legate con la liason, e servite nella stessa maniera.

Pagina VI.168

Questi piccoli pesci si puliscono, si infarinano, si friggono, e si servono con qualche salsa a piacere.

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Ridott’in quart’i Chiri, si passano con butirro e scalogne, e soffritti che saranno, si bagnano con brodo, ed in esso si fan cuocere. Cotti, si legano con gialli di uova e sugo di limone, e si servono.

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Pulit’i Ghiri nel già detto modo, si ungono con grasso, si sbruzzano di sale, pepe e petrosemolo trito, s’involtano nella carta e si lascian cuocere al forno. Cotti, si servono caldi fuor della carta con crostini di pane fritto.

Pagina 62

Puliti che saranno i Ghiri, si dispongano allo spiedo, s’ingrassano, si sbruzzano di sale ed a fuoco di riverbero si mettono a cuocere. Prima di togliersi dal fuoco si ungono di butirro, e gialli di uova stemperat’insieme, e si polverizzano con pane e parmegiano grattato. Gli si fa far crosta, in faccia allo stesso fuoco, e così poi si servono.

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Si riduchino in quart’i Ghiri, si addobino con sugo di limone e spezie, e si servono fritti con petrosemolo ancor fritto intorno.

Pagina 62

Guttigomma squagliata con acqua, oppure zafferano bollito con poc’acqua.

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58. Lasciate nell’acqua tiepida per un giorno ed una notte un bel giambone, indi levatelo, paratelo e rivolgetelo in una salvietta o panno, mettetelo in una marmitta che vi resti ben collocato unendoci dell’acqua ove fu il giambone, uniteci delle erbe aromatiche, una grossa cipolla isteccata con dodici garofani, tre foglie di lauro, un grosso pizzico di fenocchio, altro grosso pizzico di coriandri, una pianta di sellero, due carotte, poca bulla di fieno legata con spago e mettetelo a cuocere. Quando incomincia a bollire uniteci una pinta di vino rosso o bianco bollente ed un boccale di spirito di vino o di acquavita forte, lasciatelo bollire per circa sette ore: cotto, lasciatelo venir freddo nella sua cottura, sarà però meglio farlo cuocere un giorno per l’altro, indi levatelo dalla salvietta, rifilatelo per metà, levate la codega del disopra, fateci passare sopra una pala rovente con zucchero e fatelo brulé, mettetelo sopra d’una salvietta o tamburo guarnito di fiori e servitelo con fiori a piacere.

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56. Mettete un giambone nell’acqua tiepida e lasciatelo un giorno se è d’estate e due se è d’inverno, indi mettetelo in una caldaia a cuocere nell’acqua e a metà cottura cambiate l’acqua: in questa ponete una pinta di vino rosso e un pugno di bulla di fieno legato, una o due cipolle tagliate, due o tre carotte, unitevi due o tre piante di sellero, fatelo cuocere dolcemente, la cui cottura sarà di cinque o sei ore; lasciatelo raffreddare nella sua cottura. Freddo, levatelo, puratelo, montatelo sopra una salvietta e guarnitelo con una geladina come al n. 33 di questo capitolo, oppure potrete apparecchiare una cesta di butirro e porvi dentro delle fette di questo giambone unendovi poca geladina: potrete guarnirlo anche di fiori o montarlo con altro ornamento fatto di butirro.

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151. Fate una pasta frolla grassa come al n. 125 di questo capitolo, distendetela sopra la tavola, tiratela con una cannella all’altezza non meno d’un mezzo dito, formate un disegno di carta che figuri un giambone, tagliate sopra di questa forma di carta almeno dieci pezzi di pasta, untate di butirro un foglio di rame e stendete questi dieci pezzi di pasta, fatele cuocere al forno dolce. Cotte, unitevi l’una sopra l’altra e con un coltello dategli la forma del giambone, in seguito stendeteli uno ad uno sopra d’una tavola con sotto della carta, copriteli di marmellata, l’una diversa dell’altra, indi li unirete l’uno sopra l’altro giusta la forma del giambone. Coprite il giambone della figura dell’ossa sino alla metà della coscia con una giazza di cioccolato e l’altra metà copritela con giazza bianca reale (n. 199 di questo capitolo), guarnitelo con confetti o pasticceria, mettetelo asciugare al forno tiepido o alla stuffa, montatelo sopra d’una salvietta e servitelo con fiori a piacere.

Pagina 342|343

57. Tenete nell’acqua tiepida un presciutto come l’antecedente, paratelo un poco, rivolgetelo in un panno. Fatelo cuocere come l’antecedente, lasciatelo venire un poco freddo, indi incartatelo con carta imbutirrata e fatelo finir di cuocere allo spiede bagnandoli con un mezzo di spirito di vino: quando sarà cotto lasciatelo venir freddo, poi montatelo sopra ad una salvietta, guarnendolo con fiori della stagione o fatti di verdura a piacere.

Pagina 230

Prendete del presciutto tagliato in fette molto minute, mettetele in una casseruola, o pentola con alquanto di grasso, o di lardo, fatelo cuocere a lento fuoco, e quando sarà cotto, aggiustatelo nel piatto, mettendo nella stessa casseruola alquanto d’acqua, e d’aceto, con pepe rotto, per distaccarne l’avanzo, il che farete volgendo la vostra salsa con un cucchiaio; indi servitela sul presciutto.

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100. a) Prendete della frutta fresca, cioè marene, levandoci le ossa, fambrose, magiostre, ribes in granelli, mettetele in infusione divise con poco zucchero, poco rosolio, cannella e rhum. Fate una geladina di once una e mezza di colla di pesce, un bicchiere e mezzo di maraschino e quindici once di zucchero chiarificato insieme alla colla. Tenete separata un poco di colla liquefatta collo zucchero ed al rimanente della colla uniteci quattro bei limoni, e se sono piccoli sei, e coloritela col rosso d’amarante. Con la colla che avete tenuto in disparte fate un mezzo bicchiere di blan-mangé fatto con poche armandole, poco fior di latte e ben passato tenetelo in disparte; colla stessa colla fate con i spinacci il color verde, caricate di color amarante un poco della geladina già rossa; indi prendete uno stampo canellato od in questo formate una rosa con una frascata ed uno o due bottoni se sarà possibile, untatelo superficialmente con olio d’armandole con un pennello, mettetelo nel ghiaccio. Nella rosa metteteci il color rosso carico e nei bottoni quell’altro rosso meno carico ed il verde nelle foglie, e gelatelo: indi i bottoni empiteli con colore verde. Gelato questo, gli farete un suolo di blan-mangé, e gelato esso pure gli farete un suolo di color rosso, poi asciugherete i frutti e ne formerete un suolo di questi ed un altro suolo di geladina rossa sino al coprimento del bonetto e la servirete senza farli toccare acqua calda, ma la distaccherete con un dito all’intorno.

Pagina 317|318

28. Fate la pasta di marzapani come la precedente, solo che invece di stendere la pasta sul foglio di rame metterete dei pezzetti di detta pasta sopra le ostie e per tre o quattro ore li lascerete alla stuffa, indi li coprirete con giazza bianca, rossa e di cioccolatto e giallo di fior di giglio, con tresia o pistacchi marcata o di pasta meringa, e la farete asciugare al forno. Comunque sia la pasta fatta di marzapane la glasserete a piacere, le farete asciugare al forno pochissimo caldo: asciutta, montatela sopra una salvietta e servitela.

Pagina 289

51. Se dalla tavola è avanzato del pesce o della polleria, o anche fatto cuocere espressamente, e riguardo alla polleria di qualsiasi qualità, e così pure del pesce cotto in bianco od arrosto, allo spiede o tinche fritte all’olio o alla graticola: mettete nel piatto quando avete apparecchiato, guarnitelo con triffole cotte nella brasura e tagliate a fette con creste di pollastri e cipolline glassate fredde, e tagliate a fese degli uovi cotti in sei minuti nell’acqua e montate il tutto bene. Indi stemperate con olio ben fino, con poca mostarda e poco aceto, due rossi d’uova duri, tridate ben fino poco presemolo, stregone e poco fenocchio, passate al sedaccio due anchiode: unite il tutto alla suddetta salsa giusta di sale e poco pepe e versatela sopra la giardiniera con creste di limone e filettate la giardiniera stessa con anchiode tagliate a dadi e a filetti.

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420. Impastate 300 grammi di farina con un tuorlo d’uovo, due cucchiai di vino particolare, 100 grammi di zucchero e 225 grammi di burro; formatene una sfoglia di cui fascierete l’interno della forma da budino, unto prima di burro. Fate quindi cuocere due o tre qualità di frutta della stagione, per es. se di estate, prugne (brignoin), albicocche (bricoccali), visciole (iscioe), pesche, pere ed altre; cotte che siano, unitevi un po’ di rhum e rosolio, un po’ di cedro, alquanta, zucca candita (sûccâ) e fatele raffreddare; ponetele poscia nella forma e cuoprite la parte superiore col resto della sfoglia che sarà avanzata; chiudete la forma col suo coperchio, e fate cuocere a fuoco sopra e sotto per un’ora; dopo ciò levatele, lasciatele alquanto intiepidire e finalmente, rovesciate in un piatto, servitele.

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395. Fate prima bollire in pentola con acqua e sale, i seguenti erbaggi: fagiuolini in erba, scorzonera, zucchettini, ramolacci, barbabietole, navoni e sedano, avvertendo che ciascuno di essi abbia la sua conveniente cottura; quindi tagliateli in tante listerelle e conditeli con olio, sale, limone e poco pepe. Preparate poscia una salsa, che comporrete di tuorli d’uovo, agro di limone, sale e poc’olio, bene sbattuti, procurando che resti molto densa, e che il limone vi si senta: mettetela a cuocere, agitatela bene col frullino e avvertite che non levi il bollore. Prendete quindi una forma appositamente fatta per questa sorta d’insalata, la quale nel suo mezzo avrà un tubo e sarà scanalata tutto all’intorno; adagiate ad ogni scanalatura una lista di ciascuno dei suddetti erbaggi, alternando gli uni agli altri, come nel cappon magro e ciò fino all’ultimo, sintanto che la torma non sia ripiena; rovesciatela in un piatto, versatevi la salsa nel vano lasciato dal tubo e servitela.

Pagina 220

200. Fate liquefare sei once di zucchero fino, un’oncia di gomma arabica ed unitevi poco rosolio di maraschino: potrete servirvi di questo per indorare quanto credete di oggetti di pasticciere, ponendovi sopra di questa della tresia o pistacchi o la lascierete naturale.

Pagina 360

199. Fate passare al sedaccio di seta once sei zucchero fino, aggiungetevi la spremuta di mezzo sugo di limone e due chiari d’uova, lavorate bene il tutto con un cucchiaio dandogli quel gusto che desiderate: di questa giazza servitevene per giazzare in bianco e potete poi dargli quel colore che credete secondo il bisogno.

Pagina 360

Terrina = Lardate a tre Pernici il petto per traverso di filetti di prosciutto, passatele come i Piccioni in composta, pag. 228, e finitele, e servitele nella stessa guisa; aggiungendoci soltanto qualche picciola Chenef.

Pagina III.229

Terrina = Tagliate in quarti tre Piccioni bene aggiustati, passateli in una cazzarola sopra il fuoco con un pezzo di butirro, sei tartufi mezzanetti mondati tondi, qualche fungo se sarà la stagione, un mazzetto d’erbe diverse, una fetta di prosciutto, sale, pepe schiacciato; indi sbruffateci un buon pizzico di farina, bagnate con sugo di manzo, e mezzo bicchiere di vino rosso consumato per metà; fate cuocere dolcemente; alla metà e più della cottura aggiungeteci otto cipollette imbianchite, sei animelle di capretto imbianchite. Quando il tutto sarà cotto, digrassate, levate il mazzetto, e prosciutto, aggiustate nella Terrina i pezzi di Piccioni con sopra li tartufi, cipollette, e animelle, metteteci ancora quattro gamberi cotti, e mondati, sei picciole Chenef, i fegatini de’ Piccioni imbianchiti con un poco di brodo, e serviteci sopra la Salsa con sugo di limone. Per farla al Bianco si bagna con brodo bianco, e si lega la Salsa colla liason.

Pagina III.233|III.234

De’ pesci marittimi piglisi il gongaro, lo spigolo, et l’ombrina e di quelli di acqua dolce, l’anguilla, il luccio, la tinca, e la reina e ciascheduno di essi pesci, cosi vivo, senza essere scagliato netisi de’ suoi interiori, e lavisi bene, e levisi i denti e le ballige, et pongasi in vaso con tanta acqua, e vino che stia ricoperto di dua dita, e un poco di agresto chiaro, e facciasi bollire, e schiumisi bene, e pongavisi pepe cannella pesta, a sufficientia, e facciasi finire di bollire, e ronpasi con la cochiara, il pese, in modo che sia tutto infranto havertendo che non sia troppo salato, facciasi la prova se giela, e quando sarà cotto, mettasi un’ poco di aceto bianco per mezza ora lascisi riposare, e poi passisi per lo setaccio, o stamignia, e cavisi con diligentia il grasso, e facciasi il saggio, e non sia troppo salato, e abbia del’agro, e pizzichi di spetierie perché tal’ gielo non richiede zuchero, pongasi poi le chiare d’ovo, e faccinsi bollire con la decotione, fino a tanto che le chiare venghino a galla, e passisi per la calzetta più volte, sino a tanto che sia chiaro, ponendo sotto nel piatto polpe d’anguilla, o si vero sogliole cotte a lesso.

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1. d) Il gigò di montone si metterà in infusione precisamente come si è fatto con il tasso, che questo prende il medesimo sapore del daino, e si dice gigò al daino; la sua fusione si trova allo stesso capitolo VII n. 17 ove si parla del Cinghiale alla porcetta.

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5. Battete bene una coscia di montone, insteccatela di grosse fette di lardo, poco sale, pepe e drogherie, mettetela a cuocere in una brasura al vino; cotto, levatelo dalla brasura, rimondatelo e dategli la giusta forma tonda, untatelo di butirro e spolverizzatelo di pane. Ponete il gigò sopra d’una tortiera, mettetelo al forno a farlo gratinare e che prenda il color d’oro, montatelo sopra d’un piatto con entro una salsa alla peverada (veg. cap. 19 n. 31), crostonatelo e servitelo.

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1. Dopo di avere marinato e lasciato per otto ore in infusione, levate il gigò e mettetelo a cuocere allo spiede, bagnandolo con la sua marinatura passata al sedaccio, unendo a questa un pezzo di butirro nella leccarda con fuoco sotto alla medesima: cotto, montatelo al piatto e servitelo colla sua cottura che sarà rimasta nella leccarda, o con altra salsa a piacere.

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15. a) Prendete un gigò, piccatelo di lardo grosso, condito di sale, pepe e assieme dei filetti di carottole e dei filetti d’aglio; pronta una cassarola, con un buon letto di verdura, lardo, grassa e butirro, vi unite il gigò e lo coprite di fette di lardo, poco giambone, piedi e remondagli di vitello, ossa di pollastri, o sia una gallina tagliata a piccoli pezzi; indi fatelo gratinare e, bagnata con ottimo brodo liscio a galla degli ossi, e cotto per tre ore, lasciatelo venir freddo. Levate il gigò e fate bollire tutto il resto, passatelo al sedaccio e quasi freddo, giusto di sale, unitevi poco stregone e due chiari d’uova montati e chiarificatela con sugo di limone, fatela gelare che sia ben chiara, montate il gigò sopra un piatto con salvietta e sopra mettete la suddetta gelatina; e si potrà montarlo sopra un tamborino o zoccolo.

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2. Dopo d’essere stato come sopra in infusione il gigò, levatelo e fate un letto in una brasiera o in un padellotto di rame con cipolle, selleri, carottole falsite, poco butirro e poca grassa: coprite il letto con fette di lardo e giambone, dopo mettetevi il gigò, fatelo gratinare ed inumiditelo colla sua marinatura tal quale si ritrova, fatelo cuocere lentamente al fuoco. Cotto, mettetelo nel piatto, sgrassate il suo fondo e passatelo al sedaccio, ristringetelo se abbisogna, versatelo sopra e servitelo con crostoni a piacere.

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6. Battete ed insteccate un gigò con lardo ed aglio, marinatelo con varie sorta di erbe aromatiche e di verdure da cucina che si serve per brasura, mettendovi sale, pepe e drogheria, aggiungendo una pinta d’acqua, altra di vino bianco, altra di aceto; lasciatelo in infusione per tre giorni se sarà d’estate ed otto se sarà d’inverno. Levatelo dalla marinatura, fate un letto ad una cassarola con cipolle tagliate, fette di selleri e carottole, fettine di lardo, poco giambone e poco butirro; ponete sopra il gigò, fatelo gratinare un poco, bagnatelo colla sua marinatura passata al sedaccio, fatelo cuocere per tre ore a lento fuoco: cotto, levatelo dalla sostanza, passate questa al sedaccio, sgrassatela e ristringetela se abbisogna. Montate il gigò sul piatto, versate sopra la sua salsa e servitelo con crostoni.

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1. b) Prendete un gigò, piccatelo di lardo grosso e mettetelo in una cassarola con brodo, un mazzetto guernito, una cipolla, bacello d’aglio, tre garofani, una foglia d’alloro, poco timo, basilico, sale e pepe; cotto, passate la sua cottura, sgrassatela e unitevi poco coulì, poco sostanza; riducetela se abbisogna, montate il gigò sul piatto, paratelo della pelesina e versatevi sopra la suddetta salsa.

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3. Pulite una cipolla, tagliatela fina, fatela tostare con un pezzo di butirro in una stufattiera, metteteci entro un pezzo di montone o gigò di già stato in infusione ed anche soltanto isteccato di lardo ed aglio; condito di sale e droghe e infarinato, fatelo gratinare, e preso che abbia il bel colore inumiditelo con sua marinatura o con un bicchiere di vino rosso, ed asciugato che sarà bagnatelo per metà con sugo, fatelo cuocere a fuoco lento; cotto, montatelo sul piatto e servitelo con sua sostanza sgrassata e passata al sedaccio e con crostoni.

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1. a) Prendete un gigò, fatelo trasmortire e piccatelo di lardo, fatelo cuocere al ristretto con fuoco in una cassarola, con un letto di verdura, con lardo e butirro unitevi il gigò, copritelo con lardo e fatelo gratinare; rosatelo con vino bianco; cotto, lo servirete con questa salsa, pigliate una spiga d’aglio, presemolo e funghi minuti assieme con un poco butirro, fate il tutto soffriggere bagnandolo con metà sugo e metà coulì e un poco della sua sostanza.

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27. Disossate un gigot di montone, marinatelo con sale, pepe, olio, poco lauro tridato, poca scorza di limone, erbe aromatiche, lasciatelo in infusione tre giorni in estate ed otto nell’inverno, levatelo dalla sua marinatura e fatelo cuocere allo spiede; bagnatelo con metà butirro e poco olio, fatelo tramortire, imburrate un foglio di carta reale ed incartatelo, indi terminate di farlo cuocere e servitelo liscio o con qualche salsa di sostanza.

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Si può accomodare così pure un gigotto di castrato all’addobbo.

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Lardatelo di grossi lardi e passatelo per la padella, mettetelo a stufare in una bastardella di terra, un cucchiaro di brodo, un bicchiero di vin bianco, condito di sale, pepe, un mazzetto d’erbe fine, garofali e noce moscata. Quando sarà cotto, passate della farina per la padella per legar la salsa; e guarnitelo di pan fritto, latti di vitello e sugo di limone in servirlo.

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Bisogna far il pieno della medesima carne con grasso e lardo, erbe fine, cipolla, pepe, noce moscata, sale, rossi d’ovo crudi e funghi, ed avendolo cucito fatelo cuocere con buon brodo. Ne potrete fare uno antrè o servitelo in zuppa. Facendo un colì di rossi d’ovo cotti e mandole passate per stamigna col medesimo brodo. In servirlo, mettete sugo di limone e buon sugo, e guarnite di funghi pieni ed in ragù, o altra cosa che averete, come costolette, latti di vitello ec.

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33. Fate cuocere dolcemente con brasura alla predouillet le gilardine (cap. 22 n. 1); cotte, prontate una guarnizione di lenti (capitolo 20 n. 23), unite a queste un poco della loro cottura, versate della guarnizione sul piatto, ponetevi sopra le gilardine e servitele con crostoni di sfogliata.

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31. Pulite, sventrate le gilardine e bridatele a piacere, fatele cuocere nella brasura al vino (cap. 22 n. 2), bagnatele con mezzo bicchiere di malaga, unitevi poco sostanza, lasciatele cuocere al dolce fuoco; cotte, servitele colla sua sostanza sgrassata e crostoni di pane.

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32. Pulite, sventrate le gilardine, bridatele e mettetele in una cassarola con entro poco butirro, fettine di lardo e qualche fettina di presciutto; fatele gratinare, bagnatele con poco vino rosso vecchio, poco coulì o sostanza e poco sugo; lasciatele cuocere dolcemente, prontate una guarnizione di cipolline glassate (cap. 20 n. 7) e versatele sul piatto, mettendovi le gilardine: sgrassate il suo fondo, passatelo al sedaccio e versateglielo sopra con cipollette glassate, crostonatele e servitele.

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Pigliarai due libre di pistacchi mondi, e pelati, pesti nel mortaro, li stemprarai con vinti bicchieri di latte, mettendo il tutto in vaso ben pulito, havendolo prima passato per setaccio, gli stemprarai dentro due libre di farina di riso, mettendolo al fuoco in detto vaso, lo mescolarai sempre con la spadoletta, quando sarà a meza cottura, vi aggiongerai una libra di cedro condito piccato, una libra di uva passa bollita, una libra di pignoli abbeverati in acqua rosa, una libra, e tre oncie di zuccaro fino, con un grano d’ambra macinata, e stemprata con tre oncie d’acqua di fior di cedro: cotto che sarà ne farai la prova, come di sopra, e levandola dal fuoco, la potrai gettare in stampe, o in piatti, avertendo bagnarli prima con acqua di fiori di cedro.

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Prendi once quattro di zucchero fino, una libbra di fior di farina, due once di butiro liquefatto, ed impasterai con tanti rossi di ovi per quanto siano bastanti a fare una pasta soda, che farai fermentare per due ore ravvolgendola in un panno-lino; dipoi, rimaneggiandola, ne formerai li così detti ginetti in tanti piccoli tarallini, l’aggiusterai in tortiera; facendoli cuocere ad un foco lento, frattanto farai il giulebbe con un terzo di zucchero, all’ottavo punto di cottura da me chiamato boulet; in esso rivolgerai li ginetti con raspatura della corteccia di cedro, o limone, e mescolandoli bene, perché tutti si verniciassero, l’accomoderai di bel nuovo in tortiera e li farai così asciugare nel forno medesimo.

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50. Allestite quello stampo che più vi aggrada, untatelo d’olio fino, indi unitelo e legatelo. Prendete una ponzonera ben lucida, metteteci due libbre di zucchero in pane del migliore che potete avere, cioè della qualità granita e cristallina, o il così detto zucchero inglese, uniteci un bicchiere o poco più d’acqua, fatelo bollire al fornello ardente, curandolo e schiumandolo, ristringetelo tirandolo alla gran piuma. Allestite una giazza di due once di zucchero in polvere, passatela al velo o tamburino con un chiaro d’uova ben maneggiato con un cucchiaio d’argento: arrivato all’ultimo punto lo zucchero, cioè un grano meno di cottura di quello per fare il zucchero spongato, altrimenti non sarebbe servibile, levate la ponzonera dal fuoco e sbattetelo con un cucchiaio di martello o d’argento e quando comincia a fare presa vuotateci dentro la giazza. Sbattetelo ancora sino a che s’incorpora e faccia un poco di presa, lasciatelo venir freddo prima di versarlo nello stampo e subito freddo levate lo stampo con diligenza affinché non si rompi quello che avete gittato; e se si distaccasse qualche pezzo attaccatelo con lo stesso zucchero che vi è rimasto nella ponzonera, facendolo rinvenire con una goccia d’acqua e sbattendola insieme, tenendo al caldo a bagnomaria questo zucchero per attaccare i pezzi che si sono rotti o distaccati, ma è meglio il zucchero del gitto indicato di sopra al n. 48, poiché nel giuntarli si conosce meno.

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48. Scegliete quello stampo che desiderate di formare la figura o frutto o gruppo od altro scherzo. Questi stampi sono di gesso fatti dai Lucchesi, disfatelo e mettetelo nell’acqua fresca lasciandovele per un’ora, indi unitelo per un quarto d’ora e lasciatelo colare sino a che avete tirato a perfezione lo zucchero per formare il gitto. Prendete il zucchero fino granito detto inglese avendolo purgato, cioè per ogni libbra di zucchero un bicchiere d’acqua e chiaro d’uova sbattuto con poco della medesima acqua, ben purgato e passato al sacchetto di panno e freddo lo conservarete in un pestone. Per fare il gitto versate in una ponzonera quella quantità di zucchero che vi sarà necessaria, tiratelo alla piuma ad un piccolo fornello acceso, toccate il zucchero con due dita e con questi mastinatelo, che se si impatina è segno che è giunto alla vera sua cottura. In allora levatelo dal fornello e con un cucchiaio di legno o d’argento od una piccola spattola di legno sbattetelo bene, ed appena che s’indurisce versatelo nello stampo; e se il buco dello stampo fosse piccolo versatelo prima acciocché il zucchero passi all’intorno dello stampo, pochi minuti dopo d’averlo versato; ed appena che il zucchero abbia fatto presa, vuotatelo affine rimanga buco nel mezzo, ed appena freddo levate la legatura dello stampo, e con diligenza, affinché non si rompi la figura o frutti, od altro che avrete gittato, levate i pezzi dallo stampo, ponete ad asciugare quello che avrete gittato sopra carta sugarina bella, indi coloritelo al più naturale che si possa con colore cioccolato e zafferano ed altri colori di lacca fina. Così colorito servitevene per decorare la tavola in ispecie nel dessert. Qualora poi vi si distaccasse qualche pezzo del gitto, attaccatelo collo stesso zucchero.

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49. Tirate lo zucchero nella ponzonera nel modo indicato al numero antecedente e, pronto lo stampo stato nell’acqua per un’ora ed unito, lasciatelo colare, indi versate lo zucchero nel detto stampo: osservate quando il zucchero comincia a far presa all’intorno, ed allora versate fuori quello di mezzo prima che si congela, che così il frutto riuscirà buco nel mezzo, leggiero e trasparente, levatelo dallo stampo, colorite al naturale il frutto che avrete gittato e servitelo a tavola per decorare.

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Piglisi un cedrato, e facciasigli un buco per di sopra e si cavi o vero si voti, e enpiasi di zuchero fine, e mettasi dentro un bichiere lungo accio il cedrato abbia canpo di scolare nel’ fondo del bichiere, e mettasi in un armadio o altro al umido, che passera al giulebbo odoroso a maraviglia, e se vi si vole mettere polvere mustiata sarà in arbitrio, puossi ancora rimettervi spremuto il suo agro, e perché passi con più facilità si puole dare dua punture nel fondo del cedrato con qualche ago o punterolo puossi ancora legare il cedrato con alcuni fili, e tenerlo sospeso per mettervi sotto il recipiente che riceva il giulebbo.

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Piglisi la mela appiola più grossa che si trovi e votisi con un’ ferro, o cortello, et diasegli parechi fori con un ago et enpiasi di zuchero fine beniss[i]mo pesto, e mettasi in un’ bichiere, a tronba acciò l’umido o giulebbo vadia in fondo, e si mette al’humido in cantina come si fa quello di cedrato, puolsi fare ancora di pere cotognie, e di altri frutti odorosi.

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La giulien è una zuppa molto considerabile. Eccovene la maniera. Fate arrostire una lacchetta di castrato e sgrassatela bene: levatene la pelle e, quando sarà arrostita, mettetela dentro una pentola grande a proporzione perché ci sia del brodo per la vostra zuppa. Mettete insieme un buon pezzo di fetta di manzo, di coscia di vitello, un buon cappone, due carote, due rape, altrettante pastinacche, radiche di pressemolo, sellari e qualche cipolla steccata. Fate cuocere tutto ciò lungo tempo, affinché il vostro brodo sia ben nutrito. Bisogna aver in un’altra piccola pignatta tre o quattro mazzi di sparagi, un poco di acetosa tagliata con due colpi di cortello e del cerfoglio. Farete ben cuocere con del brodo della vostra pignatta e, le vostre croste avendo bollito, accomoderete gli sparagi e l’acetosa per di sopra e niente all’intorno.

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Abbiate del buon latte fresco, e crudo, poneteci l’odore che volete, e del zucchero a proporzione; fatelo ben squagliare e passatelo per setaccio; uniteci poi un pochino di quaglio diluito nell’acqua passato per panno di lino, e versatelo poscia nelle piccole tazzette, che metterete per pochi momenti nell’acqua bollente finché le giuncatine saranno quagliate; poi fatele ben raffreddare, e servitele.

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Fate cuocere del zucchero a filo; indi metteteci quell’odore, e colore che volete; stancheggiatelo un poco finché granisca, e poi con il pennello datelo sulla robba che volete; oppure se sono cose da potersi intinger dentro, si tornano a levare con due forchette, e si fa poscia asciugare la glassa ad un’aria di forno per un istante.

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Dopo tirato il zucchero a filo, si stancheggia fuori del fuoco, e vi si mette l’odore, e colore che si vuole; indi vi si unisce un poco di fiocca, e qualche goccia di sugo di limone, e si addopera.

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Squagliate mezza libbra di buona cioccolata con un bicchiere d’acqua comune, fatela bollire, e consumare l’acqua per metà; indi versatela in una libbra di zucchero cotto a Tiraggio; fate bollire insieme finché il zucchero torna alla sua cottura di Tiraggio, levatela allora dal fuoco, maneggiatela colla cucchiaia, aggiungeteci un tantino di sugo di limone; e servitevi di tutte queste Glasse alla marenga, allorché saranno tiepide, o fredde. Qualunque sorta di Pasticcieria glassata, bisogna subito farla asciugare ad un forno assai temperato, e non alla stufa, acciò i colori restino naturali, ed il bianco candido; imperocché alla stufa scuriscono, e il bianco diviene Gialletto.

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Mettete del sugo di grasso, o di magro ben colorito, chiaro, e digrassato dentro una piccola cazzarola, fate bollire a fuoco allegro, che si consumi e che resti come una salsa densissima; allora levatela dal fuoco, e con un pennello, o con un mazzetto di penne datela su quella vivanda che vorrete, la quale prenderà un bel colore dorato.

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Mettete in una cazzarola del buon brodo di magro alquanto colorito, ma senza Telline, con tutte le dissossature dei Pesci che averete disfatti, ben lavate, un mazzetto d’erbe diverse, qualche fetta di cipolla, di carota, di panè, e di radica di petrosemolo, niente sale; fate bollire dolcemente un’ora schiumando di tempo in tempo; indi passate per un setaccio fino di seta, o per una salvietta prima bagnata, e ben spremuta; versate in una cazzarola, e sopra un fuoco allegro fate consumare al punto di una glassa color d’oro. Questa vi servirà per glassare tutto ciò che si dirà in appresso.

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Ponete del zucchero fino, bianchissimo, ed asciutto dentro una terrina, e stemperatelo con sufficiente quantità di bianco d’uovo, uniteci l’odore, e colore che volete, e qualche goccia di sugo di limone; indi battetela per un’ora circa, e quando sarà ben densa, stendetela sulle paste, o altro, ed asciugatela ad un’aria di forno. Per lo più si fa questa glassa senza alcun colore, mentre è la glassa che resta più bianca di tutte le altre, che si fanno con il zucchero cotto.

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Io metto nel numero delle Salse la Glassa, poiché con essa si condisce ogni vivanda di Antre, particolarmente le piccate. Per farla, si mettono in una marmitta con acqua o con freddo brodo dei pezzi di carne magra di Vitello, dei colli, ale e piedi di polleria ed un pezzo di presciutto, prima bollito in acqua. Si metterà a bollire, si spumerà bene e cotto tutto si passerà il brodo per stamina, si sgrasserà e si colorirà con brodo oscuro. Indi si farà a vivo fuoco bollire per restringerlo, come a giulebbe, e come ad ambra far, che ne sia il colore, e così formarne la glassa da servire nelle vivande ad uso di salsa.

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Mettete in una picciola marmitta dei pezzi di coscia di mongana, con consomè, o altro brodo bianco, che sia freddo, o acqua, ponetela sopra il fuoco, e schiumatela con attenzione, aggiungendovi un pezzo di prosciutto imbianchito all’acqua bollente. Quando la vitella sarà cotta, passate il brodo per una salvietta, dategli un poco di colore col restoran o altro brodo colorito, digrassatelo, e fatelo consumare a fuoco gagliardo, fino a tanto, che giunge al punto d’una glassa color d’oro; questa vi servirà per glassare ogni sorte di Antrè piccato, o in altra maniera.

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Stancheggiate un poco, con una cucchiaia di argento, una libbra di zucchero bollente cotto alla Plumè; quando il zucchero si attaccherà alla cucchiaia, metteteci poco per volta quattro bianchi d’uova fresche sbattuti in fiocca, movendo sempre colla cucchiaia; aggiungeteci quindi un pochino di sugo di limone, e mescolate finché sia quasi fredda. Osservate, che questa Glassa dev’essere liquida una cosa giusta, onde poterla stendere, senza che scoli, sopra a qualunque sorta di Pasticcieria. Per farla colorita: quando il zucchero sarà cotto alla Plumè come sopra, metteteci il colore che volete, fatelo ribollire, e tornare di nuovo al suo grado di Pluma; indi stancheggiatelo un poco con una cucchiaia di argento, metteteci poscia poco per volta il bianco d’uovo, e finitela nella stessa maniera.

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Pestate una libbra di zucchero in pane di Olanda, setacciatelo assai fino, mettetelo in un piatto di argento, con due bianchi d’uova fresche, e con una cucchiaia parimente d’argento, macinatelo sopra detto piatto, mettendovi altro bianco d’uovo poco per volta, ed un pochino di sugo di limone. Osservate che questa glassa non deve essere né tanto liquida, né tanto densa, ma giusta da potersi stendere senza che scoli, sopra qualunque Gattò, o altra Pasticcieria. Per farla rossa: aggiungeteci sufficiente colore amarante di uvetta lacca. Per farla verde: un poco di verde di spinaci assoluti. Vedetelo nel Tom I. pag. 21. Per farla gialla: un poco d’acqua di zafferano assai carica e ristretta. Vedetela a Paste di mandorle a diversi colori: mettendo però codesti colori, bisogna metterci meno bianco d’uova, acciò non riesca soverchiamente liquida. Per farla nera: mescolate mezza libbra di cioccolata rapata, con il zucchero in polvere, e macinate con poco bianco d’uova sul principio, che poi aumentarete a misura che la cioccolata s’incorpora con il zucchero, e forma un perfetto morato, aggiungendoci un tantino di sugo di limone.

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Antrè = Abbiate delle Lasagne cotte, e raffreddate come quelle alla Misgrassa, pag. 259. Prendete il piatto che dovete servire, ungete il fondo di butirro fresco, metteteci un poco di Besciamella, e parmigiano grattato, stendeteci sopra le lasagne bene asciugate, che sopravanzino il bordo del piatto, condite suolo per suolo con parmigiano grattato, pezzetti di butirro fresco, Besciamella, e cannella fina; quando sarete alla metà, metteteci nel mezzo un piccolo Ragù d’animelle, e tartufi, seguitate a coprire, e condire come il solito. Allorché averete finito, ripiegate al disotto tutto all’intorno le lasagne, che formi come una specie di Globbo, copritelo tutto di Besciamella, spolverizzatelo di parmigiano, e aspergetelo di butirro squagliato, fategli prendere colore ad un forno temperato, e servitelo subito. Il Ragù lo trovarete nel Tom. IV. Cap. I.

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Antrè = Abbiate un buon Ragù, o Fricassè d’animelle, o piccioni, o pollastri, o tenerumi ec. con poca Salsa, e rifreddo. Abbiate ancora una buona porzione di riso cotto come quella alla Sultana, vedetelo pag. 246. Fate un Bordo con questo riso intorno al piatto che dovete servire alto cinque o sei dita, bagnando le mani pulite nell’uovo sbattuto, metteteci dentro il Ragù sudetto. Stringete il bordo, dategli una forma rotonda a guisa di una cupola, unite bene col coltello e uovo sbattuto, spolverizzate di parmigiano grattato, e fate prendere colore ad un forno ben caldo. Nel momento di servire abbiate delle picciole ruladine di cavolo Bolognese, vedetele nel Tom. IV. Cap. I., e delle picciole cipollette cotte con buon brodo, scolate l’uno e l’altro, asciugate bene le ruladine, rifilatele d’ambe le parti, guarniteci sopra tutto il Globo di riso, e tra una ruladina e l’altra poneteci una cipolletta bene asciugata; versateci sopra una Salsa alla Spagnuola, e servite subito. Questo è un piatto bello e buono, ma deve essere guarnito con prestezza. Alcuni in luogo del riso si servono di una farsa di Chenef; ed altri guarniscono il Globbo di riso con i cavoli, e cipollette prima di fargli prendere colore al forno; quindi lo coprono di fette di lardo imbianchite con brodo, lo fanno cuocere al forno, e lo servono nello stesso modo.

Pagina III.266|III.267

13. Fate cuocere un libbra di lasagne come ai nn. 11 e 12 antecedenti, accomodatele con butirro e formaggio, fate una basciamella come al cap. 19 n. 21, prontate un ragottino di triffole o di funghi, passateli all’ascié o in buona sostanza, untate di butirro un piatto, fate un suolo di lasagne ed altro di basciamella, fate altro simile e poi ponete il ragottino; coprite questo con altro suolo di lasagne, altro di basciamella, una spolverizzata di pane e qualche fettina di butirro, fatelo gratinare o tostare al forno a bel colore e servitela.

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17. Apparecchiate un risotto come al cap. 1 n. 49, fate un ragottino di coradella o di fegattini di pollastri o di triffole passate in sostanza, untate di butirro un piatto d’argento o di rame ponendo nello stesso tre quarti del risotto, lasciategli un buco nel mezzo e versate uno dei ragottini coprendolo col rimanente del riso, e colla costa del coltello marcatelo a piacere, spolverizzate di pane grattato e mettete delle piccole fettine di butirro, gratinatelo al forno temperato, ossia al forno di campagna e servitelo con sopra poco di fondo.

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Antrè, e Terrina. Mescolate la terza parte de’ pomi di terra cotti, pelati, e pesti con una pasta di gnocchi all’acqua, che vi unirete più uovi, e più butirro; indi formate, cuocete, e servite i gnocchi come quelli.

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Antrè, e Terrina. Ponete a bollire dell’acqua, o del latte con sale, ed un pezzo di butirro; indi poneteci della farina per formare una pasta maneggievole, e fatela ben cuocere finché staccherà dalla cazzarola; allora levatela dal fuoco, e fatela raffeddare; poi uniteci otto uovi interi per ogni libra di farina, e due oncie di parmegiano, e quindi stendete la pasta sopra un coperchio di cazzarola. Abbiate dell’acqua bollente al fuoco con il sale, poneteci dentro i gnocchi pochi per volta con il manico di una cucchiaia, e quando saranno cotti, e ben spongosi, conditeli con parmegiano, e butirro, e serviteli; alcuni vi aggiungono del zucchero, e cannella pesta. Potrete ancora tramezzare i ginocchi con besciamella, o capo di latte, o con fette di provatura, o con il solo parmegiano, e butirro, e fargli prendere colore nel forno.

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Terrina = Fate bollire in una cazzarola un poco d’acqua con un buon pezzo di butirro, e sale, poneteci farina sufficiente per fare una pasta maneggievole come alla Reale, fatela cuocere bene sopra il fuoco movendo sempre con una cucchiaia di legno, mettetela poscia in un’altra cazzarola. Quando sarà tiepida poneteci poco per volta per ogni libbra di farina quattro rossi d’uova crude, e un bianco, maneggiando sempre acciò l’uova s’incorporino colla pasta, aggiungeteci un pugno di parmigiano grattato. Ponete la pasta sopra la tavola della Pasticceria, stendetela poco per volta colle mani con quasi niente farina, alla grossezza del dito grosso, tagliate i gnocchi a mostaccioletti, fateli cuocere nell’acqua bollente giusta di sale, allorché diverranno gonfi, e dentro spongosi saranno cotti; levateli subito, scolateli. Fate un suolo nella Terrina di parmigiano grattato, butirro squagliato, e un pochino di capo di latte passato al setaccio, e un suolo di Gnocchi, e così di mano in mano finché la Terrina sarà piena terminando col capo di latte, parmigiano, e butirro. Fategli prendere un bel color d’oro ad un forno ben caldo, e serviteli subito. Alcuni pongono della cannella fina, noce moscata, o pepe schiacciato tramezzo i Gnocchi, ma ciò dipende dal gusto. Del capo di latte si può fare a meno.

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Antrè, e Terrina. Impastate una libra di farina con tre oncie di butirro, parmegiano, sale, quattro uovi, latte, o acqua, e formate una pasta tenera, e maneggievole; formate gli gnocchi, cuoceteli, e serviteli come i gnocchi all’acqua.

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Antrè, e Terrina. Stemperate una libra d’amido, o di farina di grano, oppure di riso con dodici rossi d’uovi, quattro bianchi, sale, butirro, e latte a sufficienza; fate cuocere come una crema, finché sarà molto densa, e cotta la composizione, che condirete con tre oncie di parmegiano, e versarete nei piatti untati di butirro; allorché sarà fredda, tagliatela in mostaccioletti, ed accommodateli con simetria nel piatto con butirro, e parmegiano; e se volete capo di latte, o besciamella, o fette di provatura, ed ancora zucchero, e cannella; fategli prendere un bel colore nel forno temperato, e servite subito. Delle provature, e del zucchero, e cannella, ne potrete ancora far di meno.

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Antrè, e Terrina. Stemperate due libre di farina con otto uovi, un poco di sale, ed acqua; fate cuocere come una crema, finché sarà ben densa la composizione, e non senta più di farina; versatela nei piatti untati di butirro, e fate raffreddare; indi tagliatela in mostaccioletti, e poneteli a riscaldare bene nell’acqua bollente con il sale; fateli poscia ben scolare, conditeli con parmegiano, butirro, e gran zucchero, e cannella, e serviteli subito.

Pagina 141

6. Prendete una cassarola e metteteci entro once tre farina di semola e dodici rossi d’uova, meschiateli, uniteci un mezzo di latte poco per volta, poco sale, tiratelo al fornello come se fosse una creme pasticciera; cotta, mettetegli once due formaggio di grana trido, incorporate il tutto, poi versatelo sopra un coperchio di rame e, fredda, formate dei piccoli pezzi. Ponetegli sopra d’un piatto d’argento o di rame, conditeli con fettine di butirro e formaggio trido, metteteli al forno, lasciategli prendere poco colore, serviteli, e se volete potete metterci sopra un poco di sostanza al momento che dovrete servirli.

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Prendi un rotolo, ovvero libbre due, ed once nove di semola fina, che cuocerai come la pasta, per quella bugnè vedi il cap. IV. §6; però non ci porrai né vino né ovi, e dopo cotta ci mescolerai once sedici di ottima ricotta, once quattro di parmegiano grattugiato o provola o caciocavallo, tre once di butiro e nove o dieci torli d’ovi; la maneggerai bene, l’arroterai col fior di farina e ne formerai diversi maccheroni, che taglierai in tanti pezzetti a forma di struffoletti; potrai farli cuocere o nel latte con acqua, o in un buon brodo chiaro, o finalmente anche nell’acqua: cotti che saranno, diligentemente li sgocciolerai ed a poco la volta li porrai in zuppiera; li frammezzerai con parmegiano grattugiato e del buon sugo di sostanza.

Pagina 313

7. Prendete una libbra di farina di semola, mettetela in una cassarola grande con un pizzico di sale trido, poche drogherie, poco pepe, due soldi di pane trido passato al crivello, once tre formaggio di grana e tre uova, impastate il tutto con acqua tepida e sbattete bene con un cucchiaio di legno la pasta: osservate che questa non sia liquida ma piuttosto sostenuta. Fatta la pasta, prendete un secondo brodo od anche un brodo lungo, fatelo bollire in una cassarola grande e con un cucchiaio di argento levate la pasta ad uno per volta di quella grossezza che vi piace, giacché la comune si è di un mezzo cucchiaio per ciascuno, mettetelo nel brodo bollente, fateli cuocere per mezz’ora. Cotti, levateli con la paletta e fateli colare con un crivello, accomodateli con butirro purgato e formaggio trido fino e serviteli in una cassarola d’argento o ad uso d’argento, o sopra un piatto con bordo di pasta, e se volete versatevi sopra poca sostanza e serviteli.

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Fate li gnocchi come sopra. Prendete line cazzarola, poneteci tre rossi di uova sbattuti, mezza foglietta di latte quattro tartufali fritti, con tre oncie di panna di latte, se si trova; mischiate bene questa composizione, mettetela al fornello e fatela stringere; poi prendete li gnocchi, e fatto un solato nel piatto di parmigiano e butirro poneteci pure un poco della composizione, e sopra poneteci li gnocchi; così farete per fino a tanto che non è pieno il piatto, e mandateli in tavola ec.

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Terrina = Fate un poco di pasta cotta alla cazzarola, come quella per i Gnocchi all’acqua. Quando sarà fredda pestatela nel mortaio, aggiungeteci una pappa fatta con mollica di pane, e latte, e stretta sopra il fuoco, altrettanta ricotta fresca, un pezzo di butirro, un pugno di parmigiano grattato, sale; pestate bene tutto insieme, legate con otto o più o meno rossi d’uova, secondo la quantità della dose; stendete questa composizione sopra un coperchio di cazzarola alla grossezza di un dito. Abbiate al fuoco dell’acqua e sale, quando bolle, col manico della cucchiaia gettateci i gnocchi pochi per volta; a misura che si vanno cuocendo, scolateli, e conditeli nella Terrina con parmigiano grattato, e butirro squagliato; alcuni vi aggiungono un poco di cannella fina, terminate col parmigiano, e aspergete col butirro. Fate prendere un bel colore ad un forno ben caldo, e servite subito. La pasta, la pappa, e la ricotta debbono essere di eguale porzione.

Pagina III.225|III.226

34. Pigliate metà latte e metà acqua e poco sale, e quando bolle mettete della farina di semola e metà semolina: fatta la pasta, mettetela sulla tavola, tagliata in piccoli pezzetti, la strisciarete colla gratirola, o sia assa delle cestelle; fateli cuocere nell’acqua salata e, pronto il butirro purgato, li consarete con detto butirro e formaggio trido e sopra una salsa di triffole con sostanza, e si servino al momento.

Pagina 499

9. Prendete once quattordici di pane, grattatelo, passatelo al crivello e mettetelo in una cassarola unendovi un mezzo di fior di latte, formate una papina, fatela bollire e quando è ben dura fate cuocere once dodici di riso nel latte; e ben cotto, denso e venuto freddo, pestatelo al mortaio in modo che venga come una pasta, aggiungete in allora la papina anche fredda, seguitate a pestarla insieme, metteteci un buon pugno di formaggio ed un altro pezzo di butirro, pestate il tutto con poco sale, poco noce moscata, poco cannella e dodici rossi d’uova. Incorporate bene il tutto, versate questo impasto sopra un coperchio senza sponda, abbiate pronta una cassarola d’acqua salata bollente, o mezzo brodo pure bollente; con il manico di una paletta fateli ad uno ad uno cascare nel mezzo brodo bollente, curate che non passino la cottura, levateli con paletta forata, fateli colare, accomodateli con butirro purgato e formaggio, serviteli con poca sostanza e se volete versateli in una cassarola o fiamminga o in un piatto con brodo di pasta a piacere. Meglio però sarà accomodarli con formaggio nella fiamminga e versargli sopra il butirro purgato, acciò non si rompino facendoli saltare nella cassarola.

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2. Fate bollire in una cassarola un mezzo di latte, poco sale e poca cannella, formate una pasta con metà farina bianca e metà pane grattugiato, tiratela dura, indi mettetela nel mortaio e pestatela aggiungendovi sei uovi ad uno per volta e versatela sopra di un coperchio. Fate bollire una cassarola d’acqua con sale; quando bolle lasciate cascare dei piccoli pezzetti di questa pasta. Cotti, levateli dall’acqua e conditeli con butirro e formaggio, versandovi sopra una buona sostanza e serviteli nella marmitta.

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Terrina = Fate un pane grattato assai denso cotto con latte, e fate cuocere con latte una libbra di riso; quando sarà denso, ben cotto, e freddo pestatelo nel mortaio, che venga come una pasta, aggiungeteci quindi il pane grattato anche esso freddo, e di eguale volume, seguitate a pestare; indi metteteci un buon pugno di parmigiano grattato, e un buon pezzo di butirro; pestate ancora, legate con dieci rossi d’uova, condite con sale, noce moscata, e cannella fina, mescolate bene, stendete sopra un coperchio, e fate cuocere i Gnocchi, e servitele nella Terrina come i precedenti.

Pagina III.241

Terrina = Fate bollire una foglietta di latte con un pezzo di butirro, e un poco di sale, poneteci poscia farina a sufficienza, cuocetela bene sopra il fuoco, movendo sempre acciò divenga una pasta tenera, e maneggievole come una pasta Reale, mettetela poscia sopra un piatto. Quando sarà fredda pestatela nel mortaio, aggiungeteci una o due provature fresche tagliate in dadini, un pugno di parmigiano grattato, un buon pezzo di butirro fresco; seguitate a pestare; allorché sarà il tutto incorporato insieme, condite con poco sale, noce moscata, e cannella fina, cinque o sei rossi d’uova crudi, mescolate bene; stendete questa composizione sopra un coperchio di cazzarola alla grossezza di un dito. Abbiate dell’acqua bollente al fuoco condita di sale, gettateci dentro i Gnocchi col manico di una cucchiaia, pochi per volta; quando divenghino gonfi, e dentro spongosi sono cotti, scolateli, e conditeli a mano a mano nella Terrina come i Gnocchi alla Reale, pag. 225.

Pagina III.240|III.241

Prendete una foglietta di latte o pure acqua, mettetela al fornello con sale e tre oncie di butirro, fatela bollire e nell’atto che bolle poneteci la farina a giudizio, tanto che la pasta venga una pasta molle; dopo maneggiatela ed in quest’atto poneteci tre oncie di parmigiano e fatela cuocere. Cotta per cavarla poneteci due oncie di butirro poi andate staccando intorno intorno la pasta, e fate che vi vada il butirro e così fate in ogni parte della cazzarola che si staccherà da se; cavatela nella spianatora, e freddata tirateci li gnocchetti come vi piacciono. Poi cuoceteli in acqua bollente come sono tornati di sopra, conditeli con parmigiano e butirro, e mandateli ec.

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Antrè, e Terrina. Fate bollire dell’acqua, o del latte sufficiente con butirro, e sale; indi poneteci tre oncie di semolella, ed una libra di farina, e formate una pasta ben tenera, maneggievole, e ben cotta; allorché sarà fredda, tagliatela in mostaccioletti, e fateli allessare con acqua, e sale, e poi li servirete conditi con butirro, parmegiano, zucchero, e cannella se volete. Se dopo cotta, e raffreddata la pasta, vi vorrete unire qualche uovo, resta in vostro arbitrio.

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Terrina = Mettete in una cazzarola dodici rossi d’uova, con un buon pugno di farina, o farina di riso, mescolate con una cucchiaia di legno, stemperate poco per volta con latte di vacca a proporzione della farina; fate stringere sopra il fuoco come una Crema pasticciera, osservando che sia ben cotta acciò non senta la farina; prima di levare dal fuoco metteteci un pezzo di butirro, un pugno di parmigiano grattato, e sale a sufficienza, poscia versate sopra un tondo di rame alla grossezza di un dito unto di butirro. Quando la dose sarà fredda, tagliate i Gnocchi a mostaccioletti; aggiustateli nella Terrina, conditeli suolo per suolo con parmigiano grattato, e butirro squagliato, terminando col butirro; fategli prendere un bel colore al forno, e serviteli subito. Vi è chi mette un poco di zucchero, e cannella fina quando li condisce nella Terrina.

Pagina III.221|III.222

95. Prendete metà farina di grano e metà farina di castagna, impastatela con lievito o senza, della quantità come sopra, e dopo che la pasta sarà stata per un’ora tra due piatti, fatene i gnocchi, cuoceteli e conditeli con battuto all’aglio o con salsa di noci (n. 16).

Pagina 75|76

93. Fate lessare in pentola con acqua e sale una quantità di patate; quando sono cotte pelatele, impastatele senz’acqua con egual quantità di farina di grano, dimenando bene con forza fino a che le patate siano bene unite colla farina. Fatta questa pasta, formatene lunghi bastoni, i quali poi dividerete in tanti piccoli pezzetti della grossezza di un dado, che poi schiaccerete col dito pollice strisciandoli sulla madia e riducendoli alla forma d’un piccolo truciolo da falegname (risso da banchæ). Metteteli a bollire in pentola o caldaia, secondo la quantità, in abbondanza d’acqua e sale necessario; quando sono ben cotti, estraeteli colla mestola buccherata e fateli bene sgocciare; conditeli col battuto all’aglio e cacio parmigiano. Si possono anche condire con sugo di manzo o di vitello.

Pagina 74|75

Mettete una libbra di farina nella spianatora, poi prendete una cazzarola con tre oncie di butirro una foglietta di latte e sale fate bollire; di poi gettate questa composizione nella farina ed impastatela, ponendoci ancora tre rossi di uova e due oncie di parmigiano, e fate che venga come una pasta di tagliolini; formateci li gnocchi, cuoceteli con acqua bollente e sale, e cotti conditeli con butirro e parmigiano, e mandateli ec.

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Si fanno come quelli di grasso, ma si condiscono come gli agnellotti e come i maccheroni di magro.

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Prendete alquanta farina di granturco freschissima e stacciata bene; unitevi un terzo di farina bianca; ponete tutto in un calderotto, e gettandovi a poco alla volta brodo tepido, disfate ed agitate molto con mestolo, acciò non si formino pallottole, e seguitate a gettarvi brodo finché non si formi una densa farinata. Ponete sul fuoco il calderotto, e fate bollire la farinata, agitandola sempre per ridurla, così alla spessezza di una polenta non molto densa. Se per caso fosse riuscita troppo liquida, aggiungerete al tra farina disfatta col medesimo brodo tepido; se troppo dura aggiungete brodo caldo. Allorché avrà bollito pel corso di dieci minuti, toglietela dal fuoco e lasciatela raffreddare per un quarto d’ora; dipoi con un cucchiaio prendete dal calderotto piccole porzioni della grossezza di una polpetta, e ad una ad una colla punta del coltello, tuffata nel sugo col quale dovete condire, mettetele nel piatto che dovete servire in tavola, formando così un suolo ben serrato, e conditeli come i maccheroni. Così fate suolo per suolo finché avete polenta. Questa operazione esige sollecitudine, onde gli gnocchi non raffreddino di troppo.

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Prendete una foglietta di latte, ponetela in una cazzarola con sale e tre oncie di butirro, e fatelo bollire; poi prendete un’altra mezza foglietta di latte, o pure acqua secondo come fate li gnocchi; se li fate col latte poneteci latte, se con acqua, poneteci acqua; ponetelo in una pignatta freddo, stemprateci la metà della farina di granturco, maneggiatela in maniera che essa venga come polenta, piuttosto densa. Ciò fatto, ponete questa polenta nella cazzarola della composizione, nell’atto che bolle maneggiatela bene, fatela ribollire e stringetela coll’altra metà della farina, maneggiandola bene; quindi poneteci quattr’oncie di parmigiano. Cotta, cavatela, fatela raffreddare e formateci li gnocchi; poi cuoceteli in acqua bollente con sale a discrezione, e cotti, conditeli come gli altri, mandateli ec. Fatti così, li potete cuocere nel fornello di campagna, senza cuocerli nell’acqua, come li gnocchi di riso ec.

Pagina 211|212

Fatti perbollire per pochi minuti otto o dieci pomi da terra, levateli e cavate loro la pelle. Poi messi in cazzaruola con porzione di un mezzo boccale di latte fate loro terminare al fornello la cottura in modo che si disfaccino. Levati allora, e pistati bene nel mortaio uniteli con mezz’oncia di formaggio trito, cinque o sei cucchialetti di farina, ed anche più che non sarà male, sale a proporzione, tre uova intieri, e tutto così impastate bene come se aveste a fare i tortelli. Ciò fatto, levando detta pasta con un cucchiale, e passata alla farina formandone d’ogni bocconcino un piccolo rotolo, al momento che bollirà l’acqua salata nella cazzaruola piuttosto grande ve li immergerete, che dopo pochi bolli, che è quanto per cinque o sei minuti di bollitura, cavati colla schiumaruola, e collocati sul tondo, informaggiati di mano in mano, e sopra collatovi del sufficiente butiro tirato al color d’oro con una fesa d’aglio maccato se vi piace troverete anche in questa vivanda campestre un’eccellente cosa.

Pagina II.32|II.33

In una cazzarola metteteci sei oncie di farina di riso, stemperatela con due fogliette di latte e sale a giudizio; avvertite che quando si disfa la farina con latte, ci vuole il giudizio e l’attenzione di non fargli fare i trozzi, mentre non si discioglierebbero col cuocere. Ciò fatto, mettete la cazzarola in un tornello e andatela sempre mescolando per sino che saranno cotti; tenete in ordine cinque oncie di formaggio parmigiano grattato, con sei oncie di butirro; questo lo metterete nella cazzarola subito che la mettete al fuoco; la farete cuocere per un quarto d’ora; dopo di essersi stretta, la ministrerete in un piatto, stendetela e lasciatela per la grossezza di mezzo dito; fatela freddare per sino a tanto che la potrete tagliare; la stenderete sopra una tavola polita prima di tagliarli, e dopo li taglierete lunghi mezzo dito, e della larghezza suddetta; questi gnocchi di latte si possono cuocere e condire in due modi; uno si fa bollire l’acqua in una cazzarola con sale, e quando bolle gettate i vostri gnocchi nell’acqua, quanto che si riscalda: incasciate il piatto che dovete mandare in tavola con formaggio parmigiano e butirro: quelli poi cotti al forno (ed è l’altro modo) finito che avrete d’incasciare dopo che li avrete tagliati, aggiustateli nel piatto che dovete mandale in tavola, accomodateci i vostri gnocchi, cioè un solaro di gnocchi ed un solaro di formaggio parmigiano; terminato che avrete il vostro piatto di gnocchi, mettete sopra mezza libbra di butirro a pezzetti, dappoi mettete il vostro piatto al forno e fateli fare il brulè sopra, e mandatelo in tavola caldo.

Pagina 121|122

Prendete una cazzarola, metteteci nove oncie di farina di riso stacciata fina; la stempererete con tre fogliette di latte, mettete la cazzarola in un fornello, andatela sempre mescolando e quando si comincierà a stringere, metteteci sei oncie di butirro buono e ott’oncie di formaggio parmigiano grattato e sale: andate sempre mescolando per sino a mezz’ora; dappoi tenete in ordine due piatti piani di terra, ne’ quali metterete i gnocchi larghi, quanto sarà il piatto, facendolo freddare sotto e sopra bene; dopo li taglierete a mustacciolo, rivoltandoli in una tovaglia pulita; se li volete cuocere all’acqua, fateli bollire in una cazzarola con sale, e quando bolle gettateli in essa, quanto che siano sboglientati i gnocchi, pochi alla volta, cavateli ed incasciateli ad uso di maccheroni con diligenza; andate facendo così, sino a tanto che avrete terminato il vostro piatto; sopra vi metterete una mezza libbra di butirro squagliato e mandatelo in tavola con pulizia.

Pagina 121

Antrè, e Terrina. Fate bene cuocere del riso con latte, sale, e butirro, che venga assai denso, ed asciutto, e fatelo raffreddare; uniteci altrettanta panata fredda, parmegiano, e qualche uovo; indi formate i gnocchi, che farete cuocere, e servirete come quelli all’acqua, pag. 140.

Pagina 142

Prendete una cazzarola poneteci tre oncie di farina di riso passata net velo fino, stempratela con una foglietta di latte, meschiatela bene poneteci tre oncie di butirro, ponetela al fornello fatela stringere e nell’atto che si stringe poneteci tre oncie di parmigiano con poco sale; cotta che sarà, ponetela in un piatto piano, slargatela eguale, e raffreddata che sarà, tagliatela ad uso di gnocchi. Poi fate che sia preparata l’acqua che quasi bolla, e in quest’acqua poneteci li gnocchi perché si riscaldino, e riscaldati conditeli con parmigiano e butirro, e mandateli ec. Questi stessi gnocchi si ponno cuocere così; poneteli in un piatto senza metterli nell’acqua a riscaldare, e fate un solaro di parmigiano e butirro e coprite questo solaro colli gnocchi, e così seguitate a fare fino tanto che sia riempito il piatto; poi poneteli al fornello di campagna, con fuoco giusto sotto e sopra, e quando avranno fatta la crostola, cavateli e mandateli ec.

Pagina 210

Pulite bene e lessate la zucca, fatela scolar bene e passatela per lo staccio. Quindi ponetela nella cazzarola con tre oncie di butirro e sale, poneteci mezza foglietta di latte, fatela bollire, stringetela con farina, e stretta che sia, staccatela, come ho detto delli gnocchi alla Veneziana; ponetela in un piatto, slargatela e spianatela eguale; formateci li gnocchi e riscaldateli con acqua bollente; ciò fatto, conditeli come gli altri e mandateli, ec. Giacché ho incominciato a trattar, come vedete, delle paste, sarà bene seguitare a discorrere di esse, che però istituirò il seguente paragrafo su delle paste frolle, quantunque non debbansi imbandire in questo luogo. Voi intanto apprenderete il modo che vi do per prepararle, né perdete di vista quei pochi avvertimenti che qui sotto vi pongo.

Pagina 212|213

9. a) Prendete un mezzo d’acqua, once tre butirro e sale al bollo, metteteci farina di semola e sempre maneggiata come la pasta reale e ogni libbra di farina di 12 once; mettetevi cinque rossi d’uova, unitevi un pugno di formaggio di grana e un poco di pannera, mettete la pasta sulla tavola, tiratela alla grossezza d’un dito e tagliateli e fateli cuocere nell’acqua bollente salata; quando gonfiano sono cotti, e in una terrina fate un suolo di formaggio e un poco di butirro cotto e un poco di basciamella e serviteli, altrimenti questo si accomoderà dentro un bordo di pasta e col testo li farete gratinare e serviteli.

Pagina 131|132

94. Prendete 300 grammi di farina e impastatela con lievito del volume d’una noce grossissima, lasciate stare per un’ora la pasta entro due piatti, quindi fate i gnocchi come sopra, cuoceteli e conditeli nello stesso modo che si è detto di quelli con patate.

Pagina 75

8. Mettete in una cassarola più d’un mezzo d’acqua, fatelo bollire insieme ad un pezzo di butirro e poco sale, indi metteteci tanta farina di semola sufficiente per fare una pasta maneggievole come una pasta reale, fatela cuocere bene al fornello movendola sempre con un cucchiaio di legno, versatela poi in un’altra cassarola ed essendo soltanto tiepida gli metterete sei rossi d’uova, once tre di formaggio; incorporate il tutto e versatelo sopra d’un tavolo spolverizzato di farina, tirate la pasta alla grossezza di un dito, tagliatela a pezzetti piuttosto mezzani ed infarinateli; prendete la gratirola a rovescio e uno per volta li marcherete con comprimerli e strisciarli sopra di essa in modo che restino marcati. Abbiate pronta in una cassarola acqua bollente salata o un mezzo brodo, fateli cuocere per poco tempo: quando li vedete spungosi, levateli ed accomodateli con butirro e buon formaggio e se vi aggrada potete metterli in poca sostanza, serviteli come avete fatto i gnocchi alla milanese in un piatto con bordo di pasta o in una cassarola d’argento o ad uso argento.

Pagina 130|131

Libbre una fegato di vitello, once due butiro, once quindici milza, numero sei uova, un quarto boccale di latte, mezza libbra pane bianco fatto a dadi, ed inzuppato nel latte citato, altro quarto di libbra pane grattato, un pizzico di pepe ossia cinque in sei grani pisti, un buon pugno di presemolo con maggiorana ben trito, numero sette in otto buoni cucchiali di farina, e più secondo il bisogno, sale a proporzione con una scorza di mezzo limone ben trita – Spiegazione. Dileguato che sia il butiro vi si unisca il presemolo col pepe, e si tiri come pappina in cazzaruola. Ciò fatto si versa nella cazzaruola contenente il pane inzuppato nel latte, vi si aggiungano cinque o sei cucchiali di farina, il pane grattato, il sale a proporzione, la scorza del limone tritata, le uova nel numero di tre intieri, il rosso degli altri tre col loro chiaro sbattuto alla fiocca, e finalmente il fegato colla milza, che saranno in prima spappolati col coltello per levar loro i filamenti interni, e le natte. Tutto si impasti bene, ed all’atto del bollo del brodo si faccia la prova gittandovi uno di questi gnocchi con un cucchiale, che vorranno essere della grossezza di un ovo, e se vedeste che si disfaccia, unitevi un altro cucchiale di farina o due secondo il bisogno, e così allora al seguito del bollo del brodo vi immergerete detti gnocchi, che cuoceranno in un quarto d’ora poco più. Questi sono i gnocchi di fegato alla Tedesca.

Pagina I.76|II.6

Fatti dare alcuni bolli ai pomi da terra, pelati, e tagliati a pezzi, metteteli in cazzaruola con latte a terminare la cottura; indi pistateli nel mortaio, ed aggiungetevi dopo sale, farina, uova, formaggio, ed impastate bene il tutto, e fatte colle mani dei rotoli eguali con detta pasta, infarinateli, e fateli cuocere in acqua bollente salata; poi accomodati sul tondo vi metterete butiro al momento di friggere, e buon formaggio.

Pagina I.71

Antremè = Cotti che saranno i gobbi come alla pag. 96, asciugateli, metteteli in una cazzarola con un poco di Consomè, o altro brodo bianco buono, sale, pepe schiacciato; fateli stufare sopra la cenere calda, acciò prendino sapore, coperti con un foglio di carta bagnata con brodo. Nel momento di servire poneteci un buon pezzo di butirro maneggiato nella farina, movete sopra il fuoco, finché la Salsa sarà legata e cotta, e servite con sugo di limone, o un filetto d’aceto.

Pagina IV.098

Antremè = Fate cuocere i gobbi, ossiano cardi domestici ben nettati, come trovarete descritto all’Articolo dei Ragù pag. 20, colla differenza, che lasciarete le foglie lunghe più di mezzo palmo. Quando saranno cotte, e bianchissime, scolatele, asciugatele con un panno pulito, ponetele sopra il piatto, e servitele con sopra una buona Salsa ristretta al Culì di prosciutto.

Pagina IV.096|IV.097

Antremè = Quando i gobbi saranno quasi cotti in una Bresa, come sono descritti alla pag. 96, scolateli, asciugateli, poneteli in una cazzarola, metteteci un buon Culì quanto li cuopri, ed un poco di midollo di manzo in cannelli ben nettati, fate bollire dolcemente mezz’ora sopra un picciolo fuoco, che la Salsa sia consumata al suo punto, indi levate il midollo, digrassate, e servite con sugo di limone.

Pagina IV.097|IV.098

Antremè = Questi si apprestano nello stesso modo, colla sola differenza, che quando è fredda la Besciamella, ci si mescolano due rossi d’uova crude, e si finiscono, e si servono nella stessa guisa.

Pagina IV.097

Antremè = Quando i Gobbi saranno mezzi cotti all’acqua, e nettati, come sono descritti nel Tom. IV. pag. 96.; lasciate le foglie nella loro lunghezza di sei dita traversi, ovvero tagliatele in pezzi. Passate in una cazzarola sopra il fuoco con un poco d’olio, petrosemolo, cipolletta, una punta d’aglio, il tutto trito, stemperateci quindi fuori del fuoco due alici passate al setaccio, poneteci dentro i Gobbi, fateli soffriggere sopra un picciolo fuoco, indi bagnateli con mezzo bicchiere di vino bianco consumato un terzo, e brodo di magro quanto restino coperti, condite con sale, e pepe schiacciato, coprite con un foglio di carta, fate cuocere con fuoco sotto, e sopra, e consumare a poca Salsa. Poco prima di servire aggiungeteci un buon pizzico di passerina, aggiustate i Gobbi sopra il piatto, e versategli sopra la Salsa.

Pagina VI.207

Antremè = Allorché i gobbi saranno cotti come sopra, asciugateli, prendete il piatto che dovete servire, ungetelo di butirro, stendeteci un poco di Besciamella fatta con fiore di latte, e un pezzetto di butirro maneggiato nella farina, stretta e fatta bollire sul fuoco, con sale, pepe schiacciato, e passata al setaccio; metteteci sopra parmigiano grattato, aggiustateci sopra i gobbi col bello al di sopra, copriteli tutti colla Besciamella suddetta, alla grossezza di uno scudo, spolverizzateli bene di parmigiano grattato, aspergete di butirro chiarificato; fate prendere colore ad un forno temperato, e servite col bordo del piatto ben pulito.

Pagina IV.097

Quando averete fatto bollire mezz’ora i gobbi all’acqua come sono descritti nel Tomo IV. pag. 20., e tagliati nello stesso modo; metteteli in una picciola marmitta con acqua bollente quanto restino coperti, un pezzo di butirro, sale, una cipolletta con due garofani, e una fetta di limone senza scorza; fateli finire di cuocere dolcemente. Nel momento di servire fate una Salsa di butirro, come quella delle coste di bieta pag. 187., scolate bene i gobbi, poneteli nella Salsa, fategli dare un bollo, e serviteli con capperi fini interi, ed un filetto di aceto, o sugo di limone.

Pagina VI.190

Antremè = Ponete in una cazzarola un buon pezzo di butirro, un pizzico di farina, sale, pepe schiacciato, noce moscata, un bicchiere di brodo bianco buono, o Sugo; fate stringere e cuocere sopra il fuoco; poneteci i gobbi cotti, e ben bianchi, come sono descritti alla pag. 96, fategli prendere un poco di gusto nella Salsa, e nel momento di servire moveteli bene sopra il fuoco, aggiungendoci un filetto d’aceto, o sugo di limone.

Pagina IV.098

Allorché i Gobbi saranno cotti in un bianco come i precedenti, e tagliati in quadretti, o filetti, scolateli bene, asciugateli, intingeteli in una pastella da frittura, fateli friggere di bel colore nel butirro chiarificato, e serviteli subito: per farli panati; quando li averete scolati, bagnateli con uovo sbattuto, spolverizzateli di mollica di pane grattata, e fateli friggere egualmente.

Pagina VI.190|VI.191

Antremè. Allorché avrete allessati, pelati, e cotti i gobbi dentro un bresa bianca di sostanza, li potrete salseggiare dentro un buon culì, o altra salsa, e quindi servirli. Si possono i gobbi apprestare al parmegiano, alla crema, fritti, in Fricassè, al culì, in Gattò ec. Ved. i Piselli, i Pomi di terra, ed i Carciofi, mentre da quell’erbe potrete regolarvi per i gobbi ancora.

Pagina 179

59. Si farà una falsa alla godiveau (veg. il cap. 21 n. 1), infarinate un pezzo, fatelo cuocere nel brodo bollente; cotto, tagliatelo a fettine lunghe e larghe un dito, inviluppateli in una pastina di latte (veg. il n. 5 di questo capit.), fateli friggere nel grasso bianco bollente e preso bel color d’oro serviteli sopra la salvietta con foglie di presemolo fritte.

Pagina 41

Pigliate della coscia di vitello, di buon grasso bianchito, e del lardo bianchito, il tutto ben pestato, metteteci qualche tartufo e funghi triti, della cipolla, del pressemolo, una mollica di pane bagnato dentro di buon sugo, quattro ovi, due intieri e due rossi, e formate il polpettone come un pasticcio dentro la cazzarola, con fette di lardo sotto. Bisogna aver de’ piccioni ben passati con ogni sorta d’erbe fine e buone guarniture, e qualche piccola fetta di prosciutto ben sottile, il tutto ben condito. Mettete i vostri piccioni dentro il polpettone e finite di coprirlo col pieno. Affinché non crepi punto, si sbatte un ovo e con la mano se gli accomoda propriamente. Si rovescia sopra le fette di lardo che sono attorno, e si fa cuocere alla brace a piccol fuoco sotto e sopra. Si serve per antrè. Se ne può riempir di quaglie o altre simili cose.

Pagina 141|142

Fate cuocer per lo spazio di tre quarti d’ora una mezza libbra di riso in una piccola pignata con brodo, e lardo liquefatto; quando sarà quasi cotto, ben spesso, e molto grasso, mettetene grosso due scudi nel piatto da servire, che dovrà essere di maiolica che resista al fuoco; poi mettetevi sopra la carne che giudicherete a proposito, benché sia di diversa specie, purché sia cotta in una buona braise, e condita di buon gusto. Coprite poi tutto il disopra con riso, di modo che non si vegga la carne; unitelo bene con il coltello, mettendo il piatto sopra la cenere calda con un coperchio di tortiera al di sopra, ed un buon fuoco, lasciandolo finché il riso resti ben colorito; prima di servire levate il grasso, e servite a secco; oppure aggiugnetevi una piccola salsa nel fondo. Voi potrete altresì aggiustare nella stessa maniera ogni sorta d’intingolo, di cui vi siate già servito, purché la salsa sia molto corto.

Pagina 113

Antremè = Sbattete a spuma una foglietta di fiore di latte che sia denso, e sbattete in fiocca dieci bianchi d’uova fresche, in due terrine diverse; mescolate poscia in un’altra terrina un cucchiaio di detta spuma di fiore di latte, ed uno di fiocca di bianco d’uova, con un rosso per volta, e seguitate così finché queste tre cose siano bene unite insieme; aggiungeteci in fine quattro oncie di butirro fresco chiarificato, e poscia quattro oncie di farina, mescolate il tutto; ungete il ferro da Goffre con butirro, scaldatelo bene, versateci la pasta con un piccolo ramaiolo, chiudetelo, fate cuocere d’ambe le parti di bel colore; rifilate all’intorno, e servite caldo, spolverizzato di zucchero fino.

Pagina IV.311|IV.312

Antremè = Ponete in un vaso che tenga un bocale quattro oncie di farina. Squagliate quattro oncie di butirro, ponetelo in una terrina, aggiungeteci una foglietta di fiore di latte tiepido, due uova intere, e due rossi, due cucchiai di lievito di birra, e un pochino di sale, sbattete il tutto con una frusta di bacchette, e quindi versate nel vaso della farina, seguitando a sbattere acciò si mescoli bene tutto insieme. Ponete il vaso in una stufa tiepida, fate levitare, finché la composizione si alzerà quasi fino all’orlo del medesimo, allora formatene dei Goffre, come i precedenti, e serviteli ben caldi con zucchero, e cannella sopra. Questa dose, secondo la grandezza del ferro, darà dodici Goffre.

Pagina IV.311

Antremè = Pestate mezz’oncia di mandorle dolci ben fine, ponetele in una terrina con quattro rossi d’uova crude, ed uno intero, zucchero a proporzione, una foglietta di fiore di latte, quattro oncie di butirro chiarificato, sbattete bene tutto insieme, aggiungeteci poscia della farina come per una pastella da frittura, riscaldate bene il ferro da Goffre, che sia pulito, ungetelo di butirro, fateci i Goffre; quando sono cotti da una parte voltateli dall’altra, rifilateli all’intorno, e serviteli subito di bel colore. In diversi Paesi del Settentrione, si mangiano inzuppati nel fiore di latte, che si serve in tavola in garafine di cristallo.

Pagina IV.310|IV.311

Bianchit’i lattaroli del Vitello, e netti dalle pellicole, si tagliano a dadi e si passano in butirro con petrosemolo, cipollette e presciutto trito, conditi di sale e pepe. Poi freddi si uniranno con le Uova sbattute e se ne farà la frittata.

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Prendete del riso e lavatelo in cinque o sei acque, e fatelo seccare all’aria del fuoco, ma bene. Pestatelo dopo questo in un mortaro, e passerete questa farina per il tamburo, affinché sia ben fina. Ne bisogna una buona mezz’oncia, secondo la grandezza del vostro piatto. Prendete una cazzarola, metteteci questa farina e stemperatela bene con latte, aggiungendoci di poi una foglietta di latte, e mettendo ogni cosa sopra il fornello, avendo cura di menarla sempre. Ci si mette ancora qualche petto di gallina cappona arrosto pestata; e formerete la vostra pasta, come se fosse per fare una crema pasticciera. Bisogna infarinare il suo tavoliere, votarci sopra questa pasta, e distenderla con la vostra cannella. Si può ancora metterci un poco di zucchero, scorza di cedro condito, e limon verde raspato nel cuocere. Essendo la vostra pasta raffreddata, e ben distesa sopra il tavoliere, bisogna tagliarla in piccoli pezzetti, come li gonfietti all’acqua. Infarinatevi le mani, e con esse rotolateli propriamente, e fatteli friggere nel buon grasso di porco, come gli altri. Quando sarete vicino a servirli, inzuccherateli, e spargeteci medesimamente acqua di fior d’aranci, e se gli servirete nel piatto, guarniteli di gonfietti all’acqua, o altri.

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Si fanno nella stessa maniera che li gonfietti all’acqua, ma non bisogna metterci tanta farina, affinché la pasta sia un poco più delicata. Se ella non è a bastanza: metteteci qualche rosso d’ovo di vantaggio nella cazzarola. Bisogna dipoi prendere un tondo e versare la pasta sopra il fondo del detto tondo ben distesa, ed avendo dello strutto di porco ben caldo, ed un cucchiaro in mano, formerete i vostri gonfietti con l’estremità di esso, che bagnerete di quando in quando nel grasso di porco affinché non s’attacchino punto al cucchiaro. Dimenate sempre la padella dolcemente, e quando li gonfietti saranno ben coloriti, cavateli dalla padella, ed inzuccherateli così caldi, e spruzzateci acqua di fior d’aranci, dopo di che gl’inzucchererete ancora un poco. Se ne può giacciare, se si vuole, con la pala del fuoco, e servirli caldamente.

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Prendete una cazzarola, e metteteci dell’acqua, ed un poco di sale con scorza di limon verde, e candita tritate ben minuto. Fatela bollire sopra un fornello, ed avendoci messi due buoni pugni di farina, ed un poco di burro; giratela a forza di braccia, sinché questa si distacchi dalla cazzarola. Allora tiratela indietro, e metteteci due rossi d’ovo, mescolandoli ben insieme, continuando a mettervi due ovi, sino a dieci, o dodeci, che la vostra pasta sia delicata. Bisogna di poi infarinare il vostro tavoliere, come pure le mani, e tirate la pasta in pezzi sopra il detto tavoliere. Quando sarà riposata, bisogna rotolarla, e tagliarla in piccoli pezzetti, avvertendo che non s’attacchino uno all’altro, e quando sarete vicino a servirli, friggeteli nel grasso di porco, e quando gli avrete cavati, gittateli del zucchero sopra, e dell’acqua di fior d’aranci, e serviteli prontamente per ordover. Se ne può ancora guarnire delle torte di crema.

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Si fanno i gonfietti di più sorte. gonfietti di pomi, gonfietti al latte, gonfietti di bianco mangiare e gonfietti all’acqua, e si servono gli uni e gli altri in antremè.

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I gradi di fuoco per cuocere le paste sono vari, per la Soda si deve riscaldare il forno a quel grado praticato per il pane: avvertendo di far cuocere la roba di dentro senza che resti bruciata la pasta; e per la Mezza frolla e Sfogliata dev’essere un grado minore. Sempre bisogna riscaldar bene il forno e poi farlo sfumare, e far perder la voracità ed adattare insieme il grado di caldo secondo le variate paste.

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A ffare graminea tolli lacte de pecora et destempera cum ova et puni in sartagine de lardo et fallo rescallare al foco et tolli uno cucchiaro forato et spargi lo lacte sopre allo cocchiaro attorno della sartagine, et quando è cocta puni sopra de çuccaro.

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Tolli le poite della gallina lexa et falle desfilare cum mani multo sottilemente, et infra tanto lava lo riso et secalo et tritalo et fande farina et cérnilla cum la seta et col stamegna. Poi se destempera la dicta farina de riso con lo lacte de capra et de pecora o de amandule, et puni a bollire in una olla lavata et munda, et quando começa a bollire puni intro le dicte peite de la gallina desfilati con çuccharo bianco et con lardo bianco, et guardalo dal fumo et fallo bollire temperatamente senza grande foco in fine ch’el sia spisso, sicomo sole essere lo riso, et mestica spisso, et quando el se menestrarà, puni sopra çuccaro et lardo frisco. Se tu vòi, ancora lo pòi fare cum riso integro aprestato per sie cum lacte de capra ad usanza de oltra mare, et quando ello se menestra, puni sopre delle amandole spacate et fricte in çuccaro et gençabro bianco et trito.

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Antrè di grasso, e di magro = Squamate, sventrate, lavate, e asciugate quattro Linguattole mezzane, dissossatele, levandogli i quattro filetti per ciascheduna, conditeli colle solite erbe trite, olio, e alici, sale, pepe schiacciato. Vedete questa Salsa all’articolo della Spigola pag. 109. Abbiate una cazzarola della grandezza, che volete fare l’Antrè, copritela tutta al di dentro di strisce di carta unte di olio, o butirro, fateci un bel disegno lavorato nel fondo con tartufi, code di gamberi, foglie verdi di lattuga, carota gialla il tutto cotto; aggiustateci tutto all’intorno i filetti delle Linguattole, che il più bello tocchi la carta cioè ai di sotto, e le punte vadino ad unirsi nel fondo della cazzarola; se all’intorno restano dei vani, poneteci qualche gambero cotto, e mondato, o qualche picciolo piede di lattuga cotto, e ben spremuto; stendeteci per tutto due dita, e più di farsa di Chenef di grasso, o di magro, che aggiustarete con una cucchiaia bagnata nell’uovo, o bianco d’uovo sbattuto, e nel mezzo metteteci un buon Ragù ristretto secondo la farsa; coprite colla medesima farsa, indorate sopra, e spianate bene, ripiegate le punte de’ filetti, che sopravvanzano alla farsa; sopra alla farsa medesima, fate cuocere circa due ore a Bagno-maria in una braciera con fuoco sotto, e sopra, o al forno; indi fate riposare un poco fuori dell’acqua, rivoltate sopra un coperchio, alzate la cazzarola, levate la carta, fate scolare la Granata, e con diligenza ponetela sopra il piatto, e servitela con un gran sugo di limone, e una buona Salsa alla Spagnuola, o di grasso, o di magro. Si fanno delle bellissime Granade di pesce, ma tutte nello stesso modo, e specialmente di Triglie, ed il più delle volte si tramezza un filetto di Triglia, ed uno di Linguattola, ciò che fa un bell’effetto essendo uno bianco, ed uno rosso, e chiamasi questa Granata alla Condè. Vedete Granata di Triglie qui appresso.

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Antrè = Questa si appresta come quella di filetti di Linguattole, di Triglie ec.; onde la potete vedere ai loro articoli particolari; mentre non varia in altro, che in luogo di detti filetti, si mettono quelli di Salamone tagliati tutti uguali, e si finisce, e si serve nella stessa maniera.

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Antrè = Vedete Granada di filetti di Linguattole; mentre questa si appresta nella stessa maniera.

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Prendi rotoli due di belle e fresche triglie, dovrebbero essere non più di sedici e tutto al più diciotto, perché se più sarebbero molto piccole, le squamerai, taglierai loro la testa e la coda, e diligentemente le dividerai per metà per lungo togliendone tutte le spine, le laverai e le porrai a sgocciolare; quindi porrai in una casseruola un poco d’oglio o butiro, una cipolla, del petrosemolo, una scalogna, tutto trito, e farai soffriggere; dipoi passerai per setaccio due o tre alici salate, e l’estratto lo porrai nella casseruola medesima, ci porrai del sale, del pepe ed un pochino di raspatura di noce moscata; porrai in un altro vaso quei filetti di triglie a marinare con questa salsa; dipoi prendi una casseruola proporzionata per formare quest’Antré; vernicerai di butiro la casseruola e la vestirai con fodera di carta; nel fondo ci farai un grazioso disegno di filettini di pastinache, di carote, di tartufi, funghi e delle cimette di lattughe cotte e premute; ci porrai intorno quei filetti di triglie e nel mezzo ci porrai una farsa di pesce fatta così: prendi la polpa o di cefalo, o merluzzo, o palombo o palamido, la triturerai finissimo, ci mescolerai un trito di erbette, funghi, tartufi, piselli, un poco di butiro, del sale e del pepe, e dei torli d’ovi per darci una liga, lasciandoci un buco in mezzo nel quale ci porrai un ripieno di frutti di mare; coprirai il disopra con la farsa medesima che vada tutta bene uguale, ci farai un altro coperchio delle primiere erbette, radici ec., come il fondo, l’altra carta, e farai cuocere questa casseruola al bagno maria, cioè in un’altra casseruola con acqua bollente; cotta diligentemente, la sformerai, ne toglierai la carta ed adattandola nel piatto proprio la servirai.

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Antrè di grasso, e di magro = Passate in una cazzarola sopra il fuoco con un poco d’olio, o butirro, petrosemolo, cipolletta, scalogna, una punta d’aglio, il tutto trito; indi stemperateci fuori del fuoco due alici passate al setaccio. Pulite bene dieci, o dodici belle Triglie nostrali, tagliategli le teste, dividetele in due parti per lungo, dissossatele di tutte le spine, condite questi filetti colla Salsa suddetta quasi fredda, sale, pepe schiacciato, e noce moscata. Abbiate una cazzarola proporzionata alla grandezza, che volete fare l’Antrè, e alla quantità de’ filetti, copritela tutte al di dentro di strisce di carta unte con olio, o butirro; fateci nel fondo qualche bel disegno la vorato, come alla Granada di filetti di Linguattole pag. 162., aggiustateci tutto all’in torno i filetti di Triglie colla parte rossa, che tocchi la carta, cioè al di sotto, e che le punte si uniscono nel fondo della cazzarola. Se la volete fare più bella, ponete un filetto di Linguattola, ed uno Triglia; ed allora si chiama Granata di Condè; stendete sopra, ed all’inforno due dita, o più di farsa di Chenef fatta all’olio, o al butirro, lasciategli un buco nel mezzo, nel quale mette rete un picciolo Ragù ristretto di grasso, o di magro; coprite colla medesima farsa, appianate sopra col coltello, e uovo, o bianco d’uovo sbattuto; fate cuocere a Bagno-maria, come l’altra, e servitela nella stessa maniera.

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Antrè = Questa si appresta di grasso, e di magro, nella stessa maniera, che il Gattò; ma in luogo di code de’ gamberi, si mettono gamberi interi non tanto grossi cotti e mondati, e la farsa di Chenef senza butirro di gamberi: per il rimanente si finisce, si fa cuocere, e si serve nello stesso modo.

Pagina VI.260|VI.261

Antrè = Prendete una cazzarola secondo l’Antrè che volete fare, copritela tutta al di dentro di fette di lardo, che non soprapponghino una coll’altra, fateci un lavoro nel fondo di una stella, o altro disegno, con tartufi, code di gamberi, carota gialla, rapa, il tutto imbianchito all’acqua bollente o brodo; aggiustateci sopra quattro, o cinque piccioli fricandò crudi, che prendino tutto l’intorno della cazzarola, e tramezzo ci metterete in uno due gamberi cotti e mondati, in un altro due piedi di lattuga imbianchita all’acqua bollente, e ben spremuta; condite di sale, pepe schiacciato, e sugo di limone; coprite tutto all’intorno di un dito e più di farsa di Chenef, che non sia molto delicata, poneteci nel mezzo un Ragù d’animelle rifreddo e con poca salsa, coprite con farsa di Chenef sino all’orlo della cazzarola, indorate il di sopra con uovo sbattuto, fatela cuocere ad un forno temperato. Quando sarà cotta, rivoltatela sopra un coperchio, con diligenza acciò non si rompa, fategli scolare il grasso, alzate la cazzarola, levate il lardo, ponetela sopra il piatto, glassatela di un bel color d’oro, e servitela con sotto una Salsa alla Spagnuola. Vedete alla pag. 65. Il Ragù Tom. IV. Cap. I.

Pagina I.208|I.209

Antrè. Abbiate una cazzarola, secondo la grandezza, che vorrete fare l’Antrè, che coprirete di barde di lardo; guarnitela per tutto con quell’erba che vorrete, cotta in bresa, bene intagliata, e bene appropriata; oppure con fette di carote, o di tartufi, o di torzuti, che siano imbianchiti, fuori che i tartufi, il tutto messo a scaglie; intonacatele per tutto al di dentro con una farsa di chenef, ovvero di carote, fatta con carote gialle cotte, mollica di pane inzuppata nel latte, e spremuta, butirro, sale, droghe, uovi, ed erbe fine; lasciate un’apertura nel mezzo, nella quale vi metterete un ragù cotto, e ben ristretto; coprite con altra farsa, indorate, appannate sopra, poneteci qualche barda di lardo, e fate cuocere la granada al forno temperato, o al bagno maria; indi fatela un poco fermare fuori del fuoco; ponetela poscia nel piatto, digrassatela bene, e servitela con sopra un buon culì.

Pagina 107|108

Antrè. Queste Granade si fanno precisamente come quelle d’erbe qui avanti descritte, ma invece dell’erbe, vi servirete per guarnire la cazzarola, di filetti di pollaria, o di pesce, o fette di mongana, o di caccia, il tutto piccato di lardo, se vorrete, oppure senza piccare, e mezze cotte in bresa; ma i piccoli uccelli si mettono interi, ed ancora volendo si possono servire disossati, e ripieni, cotti in bresa, e rifreddi. Nei vani della carne, che tocca il lardo, ponetevi qualche animella, creste di polli, code di gamberi, cipollette, tartufi, schinali, qualche cimetta di cavolo fiore ec. il tutto già cotto, formando un bel disegno con gran simetria; poneteci la farsa come ho detto delle granade d’erbe, e nel mezzo il ragù; indi fatela cuocere, e servitela come quelle. I filetti di pesce, si mettono crudi, solamente conditi con olio o butirro, ed erbe fine passate.

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Antrè = In più luoghi del primo Tomo, e di questo, si trovano i vari modi di apprestare le Granade, e segnatamente alla pag. 124 Tom. II. Qui dunque solo dirò, che si possono molto variare di carni, e guarnizioni, ciò che rende questi ottimi piatti assai belli; i petti di pollanche, di tocchini, di gallinaccietti, i piccoli fricandò, i filetti mignoni di gallinaccio, sono carni ottime per le Granade, e devono essere tutte piccate. Oltre di ciò i palati di manzo, le picciole lingue, le code ec. Per le guarnizioni, gamberi, tartufi, e creste, tengono il primo luogo, e quindi tutte sorta d’erbe, mai tritume, ma che il tutto sia ben intagliato, e ben distribuito; che le Granade siano cotte al loro punto; mentre il più delle volte per difetto di cognizione i petti di Pollo, e i piccioli Fricandò sono crudi al di dentro. La farsa di Chenef che abbia abbastanza consistenza, onde non si crepino nel metterle sul piatto, ciò che molte volte accade per non sapere la dose giusta di detta farsa, che io descriverò accuratamente al suo Articolo, Tom. IV. Cap. I. Inoltre che siano ben scolate dal grasso, ben glassate, e servite con sotto una buona Salsa alla Spagnuola, o Culì con sugo di limone.

Pagina III.259|III.260

Antrè = Prendete quattro mezzi petti di gallinaccietti carnuti, teneri, e bianchi, piccategli tutto il di sopra di minuto lardo, imbianchiteli un momento all’acqua bollente, passateli alla fresca, metteteli in una cazzarola giusta alla loro grandezza, con un pezzo di prosciutto, due scalogne, un mazzetto d’erbe diverse, uno spicchio d’aglio, una testa di sellero, due fette di carota, una cipolletta con due garofani, poco brodo, coprite con qualche fetta di lardo, e un foglio di carta; fate cuocere dolcemente con fuoco sotto e sopra. Quando sono cotti, passate al setaccio il fondo della bresa, digrassatelo, aggiungeteci un poco di brodo buono colorito, fate bollire a fuoco gagliardo, e consumare al punto di una glassa, glassateci le Granadine, e servitele con sotto un Culì di Gamberi, o altro Culì colorito, oppure una Salsa d’erba, o chiara, con petrosemolo, o dragoncello trito imbianchite, e sugo di limone. In questa maniera si fanno tutte sorta di Granadine, di gallinaccio, di gallinaccietto, e di tocchino. Vedete i Culì, e le Salse nel Tom. I. Cap. I.

Pagina II.178

Antrè = Prendete quattro mezzi petti di gallinaccietta, rifilateli alquanto rotondi, batteteli un poco tramezzo un pannolino bagnato, fategli un tagliò da una parte, che col coltello lo slargarete internamente, riempitele le Granadine con un Salpiccone crudo, che trovarete nel Tom. IV Cap. I. cucite il buco, piccate tutto il di sopra di minuto lardo, mettetele in una cazzarola, fatele cuocere come le precedenti, glassatele nello stesso modo, e servitele scucite, con sotto una Salsa chiara, o d’erba, o Culì colorito, o altra di vostro genio. Vedete queste Salse nel Tom. I. Cap. I.

Pagina II.178|II.179

Antrè = Levate le noci come le precedenti ad un bel cosciotto di castrato, pulitele come sopra, tagliatele in quattro, o sei pezzi eguali, piccatele di minuto lardo, fatele cuocere come fricandò, glassatele nello stesso modo, e servitele con sotto una Salsa d’erba, o Culì, o Ragù di vostro genio.

Pagina I.251

Antrè = Levate le pelli, e i nervi, come sopra ad una noce di mongana, tagliatela in quattro fette di eguale grandezza, e grossezza, piccatele di minuto lardo, imbianchitele, fatele cuocere come il Fricandò, glassatele nel la stessa maniera, e servitele con sotto una Salsa d’ Erba, o altra di vostro genio.

Pagina I.207|I.208

Antrè = Tagliate una bella noce di mongana in quattro fette tutte eguali della grossezza di un buon dito, rifilatele all’intorno, e piccatele una di tartufi, un’altra di carota gialla, un’ altra di prosciutto, un’altra di fusti di petrosemolo; imbianchitele un momento all’acqua bollente, fatele cuocere come se fossero piccioli fricandò, glassatele leggieramente col loro fondo passato al setaccio, digrassato, e consumato al punto di una glassa leggiera, quanto per dargli il lustro, e servitele con sotto una Salsa alli Tartufi, o un Ragù di prugnoli freschi. La Salsa la troverete alla pag. 89 ed il Ragù di prugnoli nel Tom IV. Cap. I.

Pagina I.207

Antrè = Quando avrete levati i nervi, e le pelli ad una noce di mongana, tagliatela in fette per lungo della larghezza di tre dita, e della grossezza di uno; piccategli di minuto lardo come piccioli fricandò, lo spazio della terza parte, stendeteci sopra dalla parte non piccata una buona farsa di Chenef delicata, involtatele a guisa di ruladine, che la parte piccata resti al di fuori, infilatele ad uno spiedino, legatelo ad uno grande, copritele di carta, fatele cuocere arrosto di un bel color d’oro, e servitele con sotto una Salsa alla Principessa. Vedete la maniera di farla alla pag. 95.

Pagina I.209

Antrè = Quando le granadine saranno piccate, come le precedenti, abbiate un Ragù di prugnoli di animelle, o di tartufi, o qualunque altro crudo; mettetene una porzione sopra le granadine dalla parte non piccata, cucitele tutte all’intorno, che formino come un grosso pomo: allorché saranno finite, imbianchitele all’acqua bollente, e fatele cuocere come il fricandò. Quando saranno cotte fate consumare la glassa come il solito, metteteci dentro le granadine col lardo al di sotto, scucitele al di sopra, glassatele di un bel color d’oro sopra la cenere calda, e servitele con sotto una Salsa alla Rena, o altra. Il modo di fare la Salsa lo troverete alla pag. 95. e quello di fare i Ragù nel Tom. IV. Cap. I.

Pagina I.208

Antrè di grasso, e di magro = Tagliate sette, o otto fette di Pesce spada non tanto grandi, e grosse mezzo dito, battetele alquanto, bagnandole con un poco di acqua. Passate in una cazzarola sopra il fuoco con un poco d’olio, petrosemolo, e cipolletta trito; indi stemperateci fuori del fuoco due alici passate al setaccio, e condite con sale, e pepe schiacciato; versate questa Salsa sopra un piatto. Quando sarà fredda metteteci le fette di pesce suddette, avvolgetele in questo condimento, e poscia ad una per volta, riempitele con un Ragù, o Salpiccone di magro; formatene le Granadine rotonde a guisa di cipolle tutte eguali, e aggiustatele con simetria sopra il piatto, che dovete servire col bello al di sopra; quindi sbattete un bianco d’uovo, bagnateci leggermente con un mazzetto di penne il di sopra delle Granadine, e fateci sopra qualche bel lavoro con tartufi, code di gamberi, carote, il tutto cotto, cedrioletti, capperi ec. coprite con un foglio di carta unta colla medesima Salsa delle Granadine. Poco prima di servire fate cuocere ad un forno assai temperato, osservando che presto si cuociono; quindi scolate l’olio, e servite con sugo di limone, e un poco di Salsa alla Spagnuola. Quando questa vivanda si appresta al butirro, allora si stende sopra alle Granadine un poco di farsa di Chenef di pesce, e nel centro si mette un picciolo Salpiccone fatto al butirro, e legato con due o tre rossi d’uova, e sugo di limone, l’erbe fine si passano con un poco di butirro, vi si stempera quindi l’alici, e prima che sia freddo ci si condisce il pesce, e si finiscono, e si servono le Granadine come sopra. Di grasso: si riempiono le Granadine con un Salpiccone di animelle ben fatto, legato con due o tre rossi d’uova, e sugo di limone, si condiscono, si guarniscono, e si cuociono nello stesso modo, e si servono con sotto un poco di Salsa alla Spagnuola, ovvero un Culì di pomidoro. Le potete anche cuocere nella cazzarola in luogo del piatto, con picciolo fuoco sotto, e sopra, indi scolarle, e servirle come le altre. Tutte le Granadine di pesce alla Conti, o alla Sen-clù si apprestano esattamente nella stessa maniera, sì di grasso, che di magro. Il buono, e bello di questo Piatto, è il punto di cottura, e la decorazione.

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Antrè di grasso, e di magro = Vedete Granadine di Pesce spada alla Contì, pag. 102., queste si apprestano nello stesso modo, e si servono con sotto un Ragù di piselli fini, o di grasso, o di magro.

Pagina V.122

15. Parate una fesa di vitello e tagliate a fettine larghe come il palmo della mano, battetele in modo di non romperle, indi lardatele nel mezzo minutamente. Apparecchiate una falsa a canef come al cap. 21 n. 1 in mezzo al detto vitello, ponetevi tanta falsa come un uovo, sì nella parte inlardata, come nella parte opposta e fate in modo che il detto vitello sia rotondo e che la falsa rimanga nel mezzo del vitello; fatele stramortire nel butirro purgato, fatele cuocere bagnandole con buona sostanza, indi cucinate con fuoco sopra e sotto, sgrassatele, montatele sopra di un piatto, unendovi la sua sostanza con una spremuta di limone, glassatele con sostanza di sopra e servitele con crostoni di pane o sfogliata.

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