Elenco delle ricette

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Recipe ventrem porci vel castronis bene lotum et sanguinem eorum coctum parum quem misce cum ovis et bonis speciebus et imple ventrem de predictis. Postea sue foramen impleture cum acu et pone ad coquendum cum aqua vel potes assare in craticula. Et colora et assapora sicut vis.

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Recipe ventrem porci vel castronis bene lotum et sanguinem eorum coctum parum quem misce cum ovis et bonis speciebus et imple ventrem de predictis. Postea sue foramen impleture cum acu et pone ad coquendum cum aqua vel potes assare eum in craticula. Et colora et assapora sicut vis.

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Ad ventrem porcinum implendum accipe herbas odoriferas, piper, zafranum, carnes porcinas, caseum recentem. Teras omnia simul. Postea imple ventrem et inde potes facere salcicia vel raviolos vel tortam. Mitte ad coquendum et, si non vis lixare, pone ad frissandum.

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Ad ventrem porcinum implendum accipe herbas odoriferas, piper, safranum, carnes porcinas, caseum recentem. Tere omnia simul. Postea imple ventrem et inde potes facere salcicias vel raviolas vel tortam. Mite ad coquendum. Et si non vis lixare, pone ad frissandum.

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Accipe ventrem porci vel castrati bene lotum et sanguinem eorum coctum, misce cum ovis et bonis speciebus et inple ventrem de predictis. Postea sue foramen inpleture cum acu et post pone ad coquendum cum aqua vel potes assare in craticula. Et colora et sapora sicut vis.

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Ad ventrem porcinum inplendum accipe erbas odoriferas, piper, safranum, carnes porcinas, caseum recentem. Tere omnia simul. Postea inple ventrem et inde potes facere salcicias vel raviolos vel tartam. Mitte ad coquendum et, si non vis lixare, pone ad sufrigendum.

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Tornite, o lasciate naturalmente con la superficie quell’agrume che vorrete, e poscia fatelo cuocere con acqua bollente; indi toglietegli tutta la midolla cellulare, e tenetelo per qualche giorno nell’acqua corrente, dopo fatelo ben scolare, accommodatelo dentro nei barattoli, e copritelo di zucchero chiarito, cotto a lisa stretto, quasi freddo. Il giorno appresso ponete l’agrume con lo sciroppo dentro uno stagnato, e fategli dare pochi bollori; indi levate l’agrume, fatelo ben sgocciolare, e tornate a metterlo nei barattoli; fate bollire il zucchero finché torna a cottura di lisa stretta, e quando sarà quasi freddo tornatelo a vuotare sopra l’agrume. L’operazione sudetta si torna a replicare per più giorni con l’istesso metodo, finché l’agrume avrà bene assorbito lo sciroppo, e che sarà divenuto molto chiaro, ed allora conservatelo ben coperto dallo sciroppo nei barattoli chiusi, ed in luogo asciutto. Le scorze di limone, e di cedro, è meglio prima di allessarle a farle stare qualche giorno sotto sale, poscia nell’acqua corrente, e poi cuocerle con l’acqua.

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Si conservano sulle stuore in luogo asciutto, e fresco, tenendoli separati l’uno dall’altro, acciò non si guastino, e si vadino spesso asciugandoli con un panno di lino. Si avverta, che tutti i frutti, che si vogliono conservare, non debbono essere nella loro perfetta maturità.

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Tutti i piccoli uccelli, ale, coscie di polleria, fricassè, e salmì di ogni animale domestico, e selvatico, si può servire per Antrè rifreddo con sopra un’Aspic sminuzzata; si servono ancora i salpicconi, ed i ragù freddi unitamente ad un’aspic tanto nelle cassettine, che nei bordi di pane. Ved. tutte le vivande qui specificate, come si apprestano nei cap. della Caccia piccola, e grossa, nel Manzo, Mongana, Ragù, Salpicconi, Piatti composti ec.

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Gli Aromi, ad esami parlando, si dovrebbero escludere dall’uman cibo o bevanda come caustici, o veleni lenti, che a poco a poco son capaci di nocumento. Parlo del pepe, della cannella, del garofano, della nocemoscata, della vainiglia ec. Tali aromi contengono un’acrimonia simile al fuoco. Si è osservato che negli Aromi vi è pochissimo sale, ma molte particelli pungenti, e molt’olio, ed anche spirito igneo ed infiammabile, che, a parlar colla fisica scuola, a guisa di fuoco consuma le parti del corpo umano. Un olio tale, continua a dire la fisica scuola, riscalda, stimola, accresce negli umori e nelle fibre il moto, e ’l dissipamento produce di essi umori, per cui si sente l’ardezza, il calore e la sete, e con ciò dovran le fibre soffrire forti stimoli e convellimenti. Ecco perché si debbono escludere, o almen minorare nelle vivande e bevande l’uso degli aromi, ed in loro vece usar erbe aromatiche fresche, delle quali la nostra Italia e più anche il nostro Regno ne abbonda. Vero si è che per l’uso fatto, e per alquante cose necessari sono gli aromi, e debbon essi servire e luogo debbono avere, ma esser più per l’erbe aromatiche e men che si può gli aromi.

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Arrosto = Sulle tavole copiose de’ Grandi si servano per Arrosto de’ Pesci preparati in diverse maniere, come al Corto-brodo, al Blu, Fritti, e Arrostiti o allo spiedo o sulla gratella. Quelli al Corto-brodo, al Blu, e Fritti si servono sopra a delle salviette ben pulite. In molte case Magnatizie si tengono de’ fondi di legno sottili, della circonferenza de’ piatti, che ordinariamente si servono per gli Arrosti; questi fondi si avvolgono con salviette, si posano sopra il piatto, e ci si aggiusta sopra il Pesce con simetria. Veggasi questi Pesci ai loro Articoli particolari nel Tom. V. Cap. II. e III. Tutte sorta de’ Pesci, in qualunque guisa siano apprestati, debbano essere ben cotti, e specialmente l’Anguilla.

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9. I pesci possono servire di arrosto, i nomi dei quali trovansi al capitolo 25 articolo 10 n. 32; siccome questi si devono far cuocere col solo olio, così purgherete l’olio con entro delle fette di pane, foglie di sellero, una cipolla tagliata e poca salvia. Indi ben purgato l’olio passatelo al sedaccio e vi farete cuocere il pesce: se sarà grosso fatelo cuocere al fuoco dolce, se è piccolo a fuoco allegro; curate la cottura che riesca croccante e cotto serviteli sopra una salvietta con sopra presemolo fritto.

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Gli Echini detti volgarmente in Napoli Ancini, sono conchiglie della classe delle moltivalve. Se ne distinguono non solamente di varie grandezze, ma eziandio di varie specie, e colori. Noi lasciando di parlare di quelli, che non sono di alcun uso, diremo qualche cosa de’ rimanenti, che sono buoni a mangiarsi. Gli Echini buoni a mangiarsi sono di due specie differenti. Uno dicesi Echino Comune, e l’altro Echino Castagnola. Il corpo dell’Echino comune ha d’ordinario la grandezza di un melarancio compresovi le spine che lo circondano, e la sua forma può dirsi emisferica. Il colore sì del corpo, che delle spine è estremamente vario; taluni Echini avendolo nero, altri di color castagno: ve n’ha de’ biondi, e de’ violetti, e codesti colori sono anche variamente degradati: ve n’ha finalmente di quelli, che su di un fondo di bellissimo violetto hanno le punte delle spine tutte bianche. Si ritrovano gli Echini ne’ mari Ionio, Baltico, Tirreno, Adriatico, e Arcipelago: ma i migliori, e senza contradire i più stimati, sono quelli, che si prendono sulle coste, e vicinanze di Napoli. L’ordinaria dimora di questi animali è negli strepoli degli scogli marini, d’onde escono poscia per pascolarsi, specialmente in mezzo all’arga di mare. La parte più notabile della sostanza dell’Echino è l’ovaia, ch’essendo in taluni bianca, in altri gialla, in altri rossa, e quasi in tutti lattaginosa, è disposta nel guscio dell’Echino a foggia di una stella, i cui raggi procedono tutti dal centro del guscio medesimo. Codesta ovaia, ch’è in verità assai delicata e saporosa, è quella, che purgata dagli intestini dell’animale che la circondano, serve di cibo nelle mense. Il tempo in cui l’ovaia suol’essere ripiena notabilmente, e feconda, è propriamente ne’ mesi di Gennaio, e Febraio, a misura che si avanza la stagione dopo de’ mesi accennati, gli Echini vanno deteriorando nella loro qualità, e divengono meno buoni a mangiarsi. Le fasi della luna nulla contribuiscono alla loro buona, o cattiva qualità: vi contribuiscono però moltissimo i vari siti ov’essi allignono, per cagione della diversità de’ pascoli, che loro somministrano, siccome è noto agli stessi Pescatori. Gli Echini detti Castagnale distinguonsi dai Comuni mercé la loro picciolezza, e delicatezza. Di fatti non eccedono in grandezza una delle più grosse castagne, e le spine sono corte, e minute. Il colore è quasi sempre un cannella, o biondo verdastro. La strottura dell’animale è la medesima di quella degli Echini comuni, e il loro sapore si reputa da parecchi essere più delicato. La loro stagione propria è in tempo del carnevale. L’ovaia degli Echini si mangia cruda, ed è stimato il miglior frutto di mare che siavi: aiuta la digestione, eccita l’appetito, e somministra un nutrimento umidetto, e leggiero, il quale secondo Galeno è valevole ad accomodare, e coroborare lo stomaco; che poi netti il ventre è quasi affermato da tutti i Scrittori; onde si può concludere che non produca alcun cattivo effetto, se non che mangiandone con eccesso. Gli Echini si debbano scegliere assai recenti, pieni di uova, ed aperti poco prima, o nell’atto di mangiarli. Essendo per altro la loro ovaia assai tenera e delicata ne deriva per conseguenza, che gli Echini non si possono conservare più di due, o tre giorni dentro di sporte, oppure cesti ricoperti di alga, di fuchi, o di altr’erbe marine. Scorso un tal tempo si abbattono le spine, e dimostrano con ciò la già seguita morte dell’animale.

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Orduvre. Levate il nero, ed altro che fosse cattivo agli occhi, e sgorgateli in più acque; indi fateli imbianchire all’acqua bollente, cuoceteli dentro una bresa, e serviteli come la Trippa di manzo; le salse piccanti però, le convengono più che le altre.

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Gli Ortolani sono più grossi de’ Beccafichi ma di grassezza simili. Di questi Uccelli se ne trovano gran quantità nella Toscana, nella Lombardia e nella Sicilia. I migliori sono quell’ingrassati nella stanza con miglio cotto in latte, che così riescono buon’in tutto l’Anno, ma la loro propria stagione è da Settembre per tutto lo Inverno. Sono rari e stimatissimi da’ Signori, e perciò si mandano in lontane Città dentro le scatole di farina, netti dalle loro piume. Quando si vogliono mangiare, si cuocono e condiscono, come si è detto de’ Beccafichi, poiché la loro carne varia solo in una maggior sodezza.

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Conchiglia della classe delle bivalve, e del genere delle Ostriche. La sua forma è rotonda a foggia di un unghia d’asino, concava e liscia al di dentro, e scambra, e nericcia al di fuori. Nascono queste conchiglie fra i scogli del mare, ai quali scanno così attaccate, che per prenderle bisogna distaccarle con un maglio, ovvero rompere il sasso da quello parte ove sono. La loro carne è alquanto dura, racchiude un sugo frizzante, è simile a quella dell’Ostrica, ed ha le medesime proprietà. Si mangia cruda, e cotta, come l’Ostrica.

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Si riempieno i Piccioni (dopo dissossati) di rogonata di Vitello, acini di mela granate, parmegiano e gialli di uova, e si faccino assodare con grasso in una cassarola su le braci. Dopo si mettano in Pasticcio, con farsa sotto di grasso di Vitello, piena parimenti di acini di melagranata, fettoline di presciutto e targone trito; si coprano con fette di lardo e pasta e si fanno cuocere. Questo Pasticcio si servirà per Entrèes.

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Arrosto = Le Castriche, i Strigliozzi, le Allodole, i Beccafichi, e gli Ortolani, si apprestano tutti nella stessa guisa; ma con qualche picciola variazione a questi ultimi: spennati dunque, che saranno questi Uccelli, fiambateli, tagliategli le unghie, infilateli ad uno spiedino, tramezzandoli con un crostino di mollica di pane, una fettina di prosciutto, o ventresca, ed una foglia di salvia, indi legate questo spiedino ad uno grande, fate cuocere nel momento di servire ad un fuoco di fascine molto allegro, aspergendo con buon strutto caldo, e spolverizzando con poco sale fino; osservate che cucciano subito, e servite che siano sugosi. Agli Ortolani gli si deve cavare prima gli occhi, e poco prima della totale cottura bagnarli con un poco di bianco d’uovo sbattuto in fiocca, fargli prendere un colore dorato, e servirli subito. Questo peraltro dipende dalla volontà, mentre io non prattico sì fatto metodo. Tutti gli altri Uccelletti si cuociono nella stessa maniera come sopra.

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Li cannelloni si fanno nella stessa maniera del formaggio ghiacciato; la diversità consiste solo nelle forme in cui li farete ghiacciare.

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Fa' bullire un poco i cauli nell'acqua semplice. E da per sé coci la carne di castrone un poco in un'altra acqua. Poi cava i cauli e la dicta carne, e metti onni cosa in una pentola, e cocili bene; e mettivi del petrosello; e cocili, come tu vuoli; per infermi.

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Bisogna che i Cavoli verdi torzuti siano teneri, altrimenti a nulla vagliano. Si servono netti dalle loro foglie, rimanendo solo i torzi netti dalla corteccia con la tenera cima.

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128. Questi si cucineranno e si serviranno come le broccole essendovi poca diversità di gusto, solo che il cavolofiore è bianco e la broccola oscura o verde. In quanto alle altre verdure si potrà vedere al capitolo delle guarnizioni.

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Togli ceci rossi o bianchi; metti a cocere con oglio e sale e pepe e çaffarano e un poco di ruta; pesta nel mortaio; e mangia. Anche togli ceci infranti, e lessali; e, gittata via l'acqua, mettili in un'altra acqua a cocere con oglio o lardo battuto, sale, çaffarano, spetie, tuorla d'ova battute, e un poco di cascio; e mesta tutte cose insieme; e da' a mangiare.

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Questo è un minutissimo pesce di mare grosso come un ago da cucire, e lungo poco più di un dito traverso, il suo colore è bianco tendente a quel di pomice. In Napoli è abbondantissimo, assai delicato, e leggierissimo allo stomaco, in guisa che si permette agli ammalati. Devesi scegliere fresco, e più grosso, che sia possibile. La sua pesca è tutto l’anno, ma il tempo migliore per mangiarlo è nell’Estate. In Roma non abbiamo questi ottimi pesciolini. In Palermo sono più grossi, che in Napoli. Le maniere più usuali di mangiare questi pesciolini sono tre, cioè allesso, e fritti, e questa ultima si divide ancora in due.

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Con i Cedriuoli si fanno ancora Vivande. Si bianchiscono e si cuocono in buon sugo di carne: si possono ancor marinare e friggere. Si riempiono di farsa o salpicco di animelle come si è detto delle Zucche, si servono in aceto per salse sopra carne o pesce e cose simili.

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Si conservano i cotogni attaccati all’aria, oppure come le pere, o le mele, qui sotto descritte. Alcuni conservano i cotogni, le albicocche, persiche, e lazzarole, con coprirle di scaiola stemperata nell’acqua, e poi tenerle in luogo asciutto. Si conservano ancora tutti questi frutti intonacati con cera squagliata, e quando si vorrà levare la cera, basta metterli nella neve, oppure nell’acqua calda.

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Dei detti gualdaffi e budelli crudi di vacca si pò fare brodo, s'ei se lavano bene; i detti budelli, tagliali e friggelli in lardo con cipolla tagliata minuto; polle a bullire, e metti in essi tuorla d'ova con molena di pane, spetie, erbe; e fa' brodo granato, se tu vuoli; e colora come tu vuoli. E questo brodo se chiama 'caldume'.

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Li dressi si cucinano e si servono come si è fatto coi dordi.

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I Fagioli verdi e teneri si possono servire in varie maniere delle quali ne indicheremo le principali. In qualunque maniera si servono, bisogna prima bianchirli.

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I fegatini grassi di pollo sono di un gran uso nella cucina, poiché servono a diverse Farse, Pasticcietti, Guarnizione dei Ragù, Pasticci caldi, Antremè ec., come anche assoluti a diverse Salse. Per conservarli qualche giorno si cuoprono di strutto, ciò impedisce che divenghino neri. Si debbono sciegliere freschi, grassi, biondi, e lattaginosi; i migliori sono quelli di Pollanca, di Cappone, di Piccione, e di Pollastro grasso. I fegati d’Oca sono assai stimati, come anche quelli di Gallinaccio ingrassato l’una e l’altro con orzo, noci, e latte. Per rendere i fegatini più delicati teneteli un’ora o due nel latte subito levati dal corpo del Pollo.

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Si mangiano i Finocchi per lo più crudi, ma anche cotti e conditi in varie maniere riescono gustosi.

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I fiori di zucche si possono anche servire fritti e ripieni. Si friggono infarinati e dorati o con pastetta.

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Ci vuole una cura particolare nella scelta dei frutti, mentre bisogna avvertire di conoscerne la qualità, ed il giusto punto allorché saranno maturi a perfezione, e si avverta ancora di accomodarli bene nei tondini con delle foglie di uva sotto, oppure con foglie di limone, o di alloro reggio. Alle ciriegie si taglia la metà del pedicozzo, e si servono bene aggiustate con simetria dentro il tondino. Le fravole si lavano con vino, dopo averle mondate delle foglie, e pedicozzi, e si servono accomodate dentro un tondino con gran diligenza, e con l’aiuto di uno stuzzicadente, ed allorché si mandano in tavola, vi si unisce ancora una zuccheriera a parte, oppure un tondino con zucchero fino in polvere. I fichi, ed i meloni, oltre che si possono servire per orduvre di Credenza, si possono ancora servire per frutti con il servizio istesso di Credenza. I frutti in aceto, e le olive si possono servire, tanto per orduvre, che per insalate con il secondo servizio di Cucina. I salati di maiale, ed i salumi di pesce, crostini, butirro, radicette ec. si servono per orduvre di Credenza con il primo servizio di Cucina; alcune volte ancora si serve per orduvre il Cappone di galera fatto dal Credenziere, abbenché questo è meglio di servirlo con le insalate. I formaggi si servono con sotto una salvietta ben piegata. I sorbetti gelati in pezzi, o in casciotte, si servono sempre in tavola nei tondini con una salvietta sotto al sorbetto. Le castagne tanto allessate, che cotte arrosto, si servono ben calde dentro una salvietta piegata con molta pulizia. Tutta la biscottineria si serve dentro piccoli trionfetti guarniti di pastigliaggie, oppure di cartine di Francia, o di altri adornamenti ancora secondo il buon gusto di chi lavora. Non avendo trionfetti, oppure servendo l’ordinario, si accomoda la biscottineria nei tondini con sotto una carta bene intagliata, e che formi una certa guarnizione, ed ancora si possono coprire con campane di cristallo. I sciroppati serviti per composta, si servono dentro le compostiere di cristallo, o di porcellana, e coperte con i loro coperchi. Altro avvertimento poi devo dare ai Cuochi, ed ai Credenzieri, ed è quello della massima pulizia non solo sopra di loro stessi, ma sopra tutti gli utensili, ed istrumenti inservienti al loro mestiere, mentre oltre l’abilità, e l’onoratezza, si esigge da essi la massima nettezza, e pulizia.

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9. I garganelli per essere buoni, conviene che siano giovani, grassi e frolli, ma che non siano di troppo passati, giacché nel farli cuocere si romperebbero; e si devono preparare nel modo che si è fatto coll’anitra: la loro cottura però è più breve.

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Antremè rifreddo. Qualunque Granada di carne, o Gattò di carne, che trovarete descritto nel cap. dei Piatti composti, potrete apprestarlo rifreddo, tanto decorato in marbrè, come in altra maniera di sopra detta, nell’articolo della pollaria rifredda. Allorché però apprestarete un Gattò rifreddo di tutta farsa, non sarà che bene, se framezzo ad essa, vi unirete dei dadini di mongana, di lardo, di prosciutto, di carote gialle, pistacchi, tartufi ec. mentre resterà di più bella veduta nel tagliarlo.

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Le coscie, e le spalle si mettono in giambone, salandole, ed affumicandole. A quest’effetto fate una salamoia con sale, o salnitro, ed ogni sorta di erbe odorifere, come timo, lauro, basilicò, balsamo, maggiorana, e ginepro; bagnate il tutto con metà acqua, e metà vino unito; lasciando tutte queste erbe in infusione nella salamoia per ventiquattr’ore, indi si passa allo staccio, lasciandovi dentro i giamboni per quindeci giorni, poi ritirateli dalla salamoia, e fateli sgocciolare, ed asciugare, lasciandoli affumicare sotto del fornello. Quando sono secchi, per conservarli fregateli con vino, ed aceto, mettendoli sopra della cenere calda; volendoli poscia far cuocere, puliteli, e lasciateli due, o tre giorni nell’acqua, per levarli il sale, inviluppateli in uno straccio bianco, e metteteli in una pignatta con due pinte di acqua, ed altrettanto di vino rosso, radici, cipolle, un grosso mazzetto guernito d’ogni sorta d’erbe fine, e fateli cuocere cinque, o sei ore a lentissimo fuoco. Quando saranno cotti lasciateli raffreddare nella loro cottura, poi ritirateli, levandoli leggermente la cotica, lasciandovi tutto il grasso, sul quale aggiugnerete del prezzemolo trito, alquanto di pepe, e della crosta di pane triturata, mettendovi sopra un coperchio infuocato, acciò il pane s’inzuppi bene nel grasso, e prenda colore. Serviteli su d’una servietta, che siano freddi per grossi tramessi. Se li giamboni fossero freschi, e piccoli, potete farli cuocere allo spiedo, e servirli caldi, o freddi per tramesso: proccurando però di levarli il sale con maggior diligenza.

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Coprite i granati di gesso, o di scaiola stemperata con acqua; indi manteneteli sospesi all’aria in camera molto asciutta. Potrete ancora conservarli come le pere.

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I Lattarini sono piccioli pescetti bianchi poco stimati, non solo nelle tavole de’ Grandi, ma anche in quelle delle persone di mediocre fortuna. Si pescano nell’Inverno, e dura la loro pescagione tutto il mese di Marzo. Se ne prendono in molta quantità nel Iago di Nepi vicino Roma, i quali riescono di squisito sapore; quelli poi che si prendono nell’acque di Castel Candolfo sono più grossi degli altri. Anche questi la miglior maniera di mangiarli è quella di farli friggere.

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I Lupoli sono inferiori alli Sparagi, ma volendone far uso si possono servire in tutte quelle maniere, dette delli Sparagi.

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Prendete i meloni immaturi d’Inverno nell’Autunno, e poneteli dentro la sabbia in una cassa di legno, quindi copritela, e tenetela in una camera asciutta, e fresca, e così potrete conservarli per molto tempo senza che si guastino. Avvertite però, che li meloni stiano coperti per due palmi e più dall’arena, la quale deve essere asciutta.

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Codeste conchiglie sono della classe delle bivalve, hanno qualche rassomiglianza colle Telline, eccettuatane la Nera a pinna di Bellonio, e vengono appellate volgarmente in Napoli Conchiglie Fasolare. Secondo Plinio, ed Aristotile nascono in luoghi arenosi, o muscosi del mare: ma le prime sono inferiore alle seconde. Quelle peraltro prese l’Autunno ove l’acqua de’ fiumi imbocca, e si mescola con quella del mare, sono molto buone, e lodate, specialmente allorché contengono le loro uova. La loro carne quando è cruda ha un sapore di cipolla, ma che perde mediante la cottura, ed i condimenti. Le più grandi hanno una carne dura, difficile a digerirsi, producono un sangue denso, e sono di cattivo sugo: nulladimeno somministrano copioso nutrimento. Se ne distinguono di due specie, cioè marine, e fluviateli: sono quasi simili nella figura, e solo differiscono, che le fluviatili sono più picciole, ed hanno un sapore meno grato. Queste conchiglie si apprestano come le Telline, e come le Cozze di Taranto.

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Con le alici salate, aringhe, mosciame, tonno, tarantello, salamone ec. si preparano diverse vivande; onde dirò, che il tarantello, tonno, tonnina, e salamone, allorché saranno ben dissalati con acque tiepidissime, e fresche, li potrete salseggiare dentro una qualche salsa, o ragù, ed ancora potrete farci delle polpette, e surprise. Le alici, e le aringhe pure dissalate, potrete friggerle con la pastella, e servirle naturali, o con una salsa di pignolo, o verde, o agro dolce sopra. Con il caviale potrete fare una frittata, stemperandolo con un poco di acqua tiepida, mollica di pane inzuppata, droghe, pignoli, e passerina, e se vorrete un pugno di spinaci allessati, e tritati. Il modo di apprestare i crostini con i salumi, lo trovarete nel fine del cap. delle insalatine.

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Togli i pesi novelli, e lacte spesso, e amandole, e ponvi un poco di sale; poi fa' uno coppo di pasta, bene composto; giungivi su, se tu vuoli, çuccaro; e metti a cocere; e mangia.

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Pesti li Pinocchi e fattone latte, serve per farne Creme e cuocere potaggi da magro. Pesti con acciughe e capparini, se ne fanno salse all’olio. I Pinocchi si servono confettati ed alla caramella sopra pasticceria fredda; servono per ripieni ec.

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Prendete i piselli teneri: staccati che siano passateli in una cazzarola con mezz’oncia di butirro, cipolla trita e maiorana, erbette, fatele alquanto soffriggere; dappoi mettete i vostri piselli nella cazzarola e andateli rivolgendo a volta a volta, persino a tanto che s’incorpora e piglia il gusto del pisello, dappoi vi metterete una buona cazzarola di brodo, o sugo, e cotti che saranno con la detta composizione, vi aggiungerete un altro cazzarolo di colì, e questa composizione serve per ragù, per pollastri, piccioni tirati a colore nella cazzarola, onde bisogna essere avvertito che in questo ragù, pollastri, o piccioni, che dopo cotti, come avrete veduto nel capitolo degli umidi, disgrassati che saranno, vanno mischiati insieme e mandati in tavola, o sotto o sopra, dove più piacerà di metterli nel piatto, carne o pollastri che siano.

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I Pomidoro sono di piacere. Per servirli bisogna prima rotolarli su le braci, o per poco metterli nell’acqua bollente, per toglierli la pelle. Se li tolgono i semi, o dividendoli per metà o pure facendoli una buca.

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Tutti i ragù descritti al rosso, si possono fare al bianco con il medesimo modo, alla riserva, che invece di bagnarli con sugo colorito, si bagnano con brodo bianco, e si legano con dei rossi di uovi, e sugo di limone; oppure si fanno insaporire dentro un buon culì bianco di buona sostanza, e si legano con i rossi di uovi, se si vuole, sugo di limone, ed un pizzico di petrosemolo trito.

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Tagliate propriamente il pollo, e mongana, o altra carne imbianchita un momento all’acqua bollente; indi ponete i pezzi dentro una cazzarola con erbe fine, un pezzo di butirro, e di prosciutto, sale, e pepe pesto; passate sul fuoco, e quando principia bene a rosolare, bagnate con mezzo bicchiere di vino; fate consumare, e poscia sbruffateci un poco di farina; bagnate con sugo colorito, e fate stringere la salsa al suo punto; digrassate, levate il prosciutto, e servite con sugo di limone, o di agresto, o senza. Invece dell’erbe fine, potete passare il ragù con un mazzetto d’erbe, ed una cipolla steccata, che il tutto levarete, allorché sarete al punto di servire. I Ragù di animelle, funghi, feghetini, creste, tartufi, tenerumi di mongana, erbaggi diversi, olive, tanto naturali, che ripiene, e molti altri, si apprestano con il metodo sudetto. Molti ragù gentili, come di granelli, chenef, uovetti di pollo, ed altri ragù ancora v. g. come marroni, pistacchi, e molti altri, si possono fare con altro metodo; cioè fare un buon culì ristretto; indi porvi dentro quel capo di robba con il quale si vuò fare il ragù, che sia già imbianchito, e pelato, se bisogna, indi farlo bene insaporire a poco fuoco; e poscia servirlo come sopra. I piselli, le fave verdi, ed altre simili erbe, si passano senza imbianchire, ma le cipollette, le rape, il cardo, o sia gobbo, li sparagi, i cavoli fiori, ed altr’erbe, è meglio, dopo imbianchite nell’acqua, dargli una mezza cotta in brodo grasso, e poi metterle nel culì; oppure dopo imbianchite, passarle in sostanza come la pollaria, ed altre carni. Tutti i ragù se volete, potrete legarli con rossi d’uovi. I ragù di pesce, di gamberi, di code di ragoste, e di frutti di mare, si fanno tutti con i metodi sudetti, il pesce però non va imbianchito, ma tagliato in pezzi, mentre i ragù si fanno con solo pesce grosso spinato. Alcune volte con il pesce allesso cotto, e rifreddo, si apprestano i ragù, salseggiandolo dentro un buon culì ristretto di grasso, o di magro, secondo che si vuole, e nei giorni di magro non si legano con uovi, ma si servono semplici, e ben ristretti con sugo di limone.

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Quando avrete imbianchite le animelle, o creste, o fegatini di pollo, uniteci qualche prugnolo, tartufo, e filetto di prosciutto, il tutto tagliato in dadi grossi; condite con sale, pepe pesto, noce moscata, lardo rapato, butirro squagliato, qualche rosso d’uovo, erbe fine, e sugo di limone se vorrete; mescolate bene tutto insieme, e servitevene per ripieno, dove vi potrà occorrere. I ragù di magro si fanno con code di gamberi, o di ragoste, dadi di pesce, qualche frutto di mare, prugnoli, tartufi, olio, o butirro, erbe fine, sale, droghe, e sugo di limone se si vuole, come ancora latti, e fegatini di pesce imbianchiti. Dentro i ragù crudi, alcune volte vi si uniscono dei pistacchi, qualche cipoletta, qualche pisello ec. secondo il genio di chi lavora.

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Questo nome Francese di Ragù, altro non significa, che della carne, o erbe cotte con sostanza, tanto al rosso, che al bianco, e questi servono, o per mangiarsi per un piatto, ovvero per guarnizione, o ripieno di altre vivande. I Ragù crudi, poi servono sempre per ripieno. I salpicconi, si preparano tanto cotti, che crudi nell’istessa maniera dei Ragù, e soltanto variano, che sono tagliati molto minutamente; imperocché servono per ripieno di piccole cassettine, o pasticcietti, ovvero di uccelletti. Qui appresso brevemente vi descriverò il tutto ridotto in pochissime, e chiare parole.

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Si cuocono i Ravanelli con acqua, sale ed aceto e si servono alla salsa Ramolata, o pure con semplice, olio, sale, pepe e sugo di limone.

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Antremè rifreddo. Versate due dita di bell’aspic forte dentro una stampa o cazzarola; ved. nel cap. I l’articolo dell’aspic; indi fatela gelare, e sopra ponetevi quell’uccello, o pollo, o altro di vostro genio già cotto, e rifreddo; versateci sopra, ed all’intorno il resto dell’aspic, e quando sarà ben gelata, immergete la stampa per un istante nell’acqua bollente, levate il Marbrè, e servitelo sopra una salvietta con foglie di alloro regio all’intorno, o fiori freschi, oppure fiori fatti con radici, carote, rape, tartufi ec. il tutto crudo, e tramezzati da mirto, o alloro reggio.

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Essi si fanno cuocere alla graticola, aprendoli per mezzo, e passandoli al traverso un piccolo spilletto di legno, conditeli di sale, e pepe; quando saranno cotti serviteli sopra di una salsa alla cipollina. I rognoni esteriori chiamati animelle si servono per tramesso, toltane la pelle tagliateli in pezzi, facendoli marinare con sale, pepe, e sugo di citrone, indi asciugati infarinateli, e fateli friggere, servendoli con prezzemolo fritto.

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Fegato dei pipioni, arbuscialo e cocilo sotto la bragia; poi lo pesta nel mortaio col pepe, e col pane abrusticato e insuppato nel vino e nel'aceto. E stempera. Se 'l vuoli fare bullire, puoi; se no, dallo crudo.

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Pesta il basilico nel mortaio, e ponvi del pepe, e distempera con l’agresta. Questo savore è buono con onni arosto e ova lesse. E, mancando questo, abbi melerancie, citrangole, o lemoni.

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Prima si devono ben sbattere i uovi dentro uno stagnato, e poi vi si mischia il zucchero, ed il latte, o acqua, e l’odore che vorrete; indi si mette sopra un fuoco moderato, e con una cucchiaia di legno si maneggia di continuo, finché il sorbetto sarà stretto, che conoscerete quando tingerà bene la cucchiaia. Passate allora per setaccio, e quando sarà freddo gelatelo.

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Levate la scorza a otto, o dieci limoni, quindi spremeteli, e passate il sugo per setaccio dentro una catinella bianca; mescolateci circa due libre e mezza di zucchero chiarito, e cotto a lisa, con tre bicchieri circa di acqua fresca; indi poneteci dentro alcune zeste finissime dell’agrume con il quale vorrete fare il sorbetto, e lasciatele in fusione per mezz’ora; passate poscia per setaccio, e gelate come il solito. Osservate che questa è una buona dose per fare un boccale di sorbetto.

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Per ogni boccale di sorbetto, spremete una libra e mezza di qualunque frutto che vorrete, passando il sugo per setaccio con due bicchieri d’acqua; indi accomodatelo con circa due libre e mezzo di zucchero cotto a lisa, ed il sugo di due, o tre limoni; metteteci l’odore che vorrete, e quindi fate gelare il sorbetto come di sopra si è detto. Molte qualità di frutti come v. g. le lazzarole, li cotogni, le ranette, l’ananas, ed altri simili, potrete farli cuocere con il zucchero cotto a lisa, e quindi passarli per setaccio, ed accomodarli con il sugo di limone, l’acqua, l’odore, e colore che vorrete.

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Mescolate il zucchero con latte crudo di vacca, e poneteci quell’odore che vorrete, passatelo poscia per setaccio, e gelatelo.

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Potrete qualunque sorbetto di agrume, o di frutti, o altri ec., farli graniti; che per far ciò bisogna, che non siano molto abbondanti di zucchero, e non si devono molto far indurire, maneggiandoli bene con la staccatora, acciò restino ben graniti.

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Se la robba che vorrete mettere in fusione, sarà d’ammaccarsi nel mortaio, ammaccatela, e se poi fossero frutti, fiori ec., si lasciano interi. Ponete dunque in una sorbettiera di un boccale quel capo di robba con il quale vorrete fare il sorbetto, e quindi uniteci due bicchieri d’acqua bollente, e zucchero a lisa a proporzione, coprite con carta, e con il coperchio, e fate stare così sulle ceneri tiepide per cinque, o sei ore; passate poscia il sorbetto per setaccio, e gelatelo.

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Allorché vorrete fare un sorbetto spongato, si deve riempire altro che due terzi della sorbettiera, e quando il sorbetto sarà quasi gelato, si sbatte con la staccatora acciò cresca, e venga ben spongato. Il più delle volte ancora si mette della pasta marenga dentro i sorbetti spongati.

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Togli il fegato del porco, e lessalo; poi lo cava, e tritalo sulla taola col coltello fortemente e speso; overo tu il gratta colla gratusia al modo del cascio secco. Poi abbi magiorana e altre erbe odorifere, bene peste col pepe e dicto fegato, e nel mortaio distempera con l'ova tanto che sia spesso. Poi abbi rete di porco, e, a modo di monticelli tondi, li copri; e spartitamente li friggi nella padella col lardo; e, cotti, cavali e poni in una pentola nova. E prese spetie con çaffarano e pepe, distemperato con bono vino, gettalo sopra essi nella pentola; e falli bullire competentemente; e mangia.

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Antremè. I tortiglioni si fanno di pasta sfoglia, o mezza sfoglia, o a vento, o di marzapane, ed eccone la maniera. Stendete una sfoglia di quella pasta, che vorrete, e tagliatene una striscia longa cinque, o sei palmi, e larga sei dita; riempitela di qualunque composizione, come si è detto nelle torte per antremè qui avanti descritte, ripiegate la pasta, e saldatela bene affinché non sorta il ripieno, piegatela a tortiglione, fatelo cuocere di bel colore, e servitelo spolverizzato, o glassato di zucchero.

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Nome Russo, che si dà ad un picciolo, ma saporoso, e delicato pesce di acqua dolce, assai comune in Pietroburgo. Esso rassomiglia in quanto alla grandezza, figura, squame, colori, e spine, all’Aringa fresca; ma i colori alquanto più pallidi. Molti vogliono che sia l’Aringa fresca, che i Russi, chiamano Seghì. La carne del Seghì è bianca, leggiera, e saporita, nutrisce poco, ma si digerisce ancora facilmente. Questo pesce si appresta come l’Aringa, e specialmente in Ruladine, e Filetti, levato le spine, e la pelle. Vedete Aringhe in Ruladine a diverse Salse, e Ragù pag. 150.

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Il collet, e quarto di vitello si aggiusta in varie maniere; tagliatelo per costa, levategli l’osso di sotto, e lasciate la costa, servitelo cotto alla graticola come le coste di montone.

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Questo è un ottimo, ed eccellente pesce di mare con notatoie molli. Il Ray, ne distingue due specie, cioè quella che ha tre notatoie sulla schiena, e quella che ne tiene due sole. Nella prima specie vi entra il Cabelio, il Baccalà verde, il Baccalà nero, il Baccalà giallo ec. Nella seconda specie si comprende il Merluzzo, ed il Baccalà propriamente detto. Tutte queste sorta di Baccalà differiscono per la grandezza, per il colore, e per il modo, onde sono variamente macchiate; ma qui non parlerò, che del Cabelio, e Baccalà. Il Cabelio, così nominato dai Fiamminghi, e che i Francesi chiamano Grand Cabeliau Grande Morue è un Pesce del genere dei Baccalà, che quando è pervenuto al suo maggiore accrescimento ha tre a quattro piedi di lunghezza, e nove, o dieci pollici di larghezza Ve ne sono che pesano sino a venti in trenta libbre. In Francia, in Inghilterra, in Olanda, nelle Fiandre si serve questo pesce fresco sulle migliori mense nel mese di Febraio. La sua carne è di un sapore esquisito, e passa ovunque per un cibo delicato. Il Baccalà propriamente detto è un pesce che quando è fresco li francesi lo chiamano Merlu grand, e non ha che un piede e mezzo sino a due di lunghezza, specialmente nell’Oceano. Questo pesce vive in alto mare, è molto ingordo, e assai comune nel Mediterraneo, e segnatamente nella Manica, ove si pesca in così grande abbondanza, che si trasporta dall’Inghilterra in tutta l’Europa, dopo di averlo salato e seccato. Questo Merluzzo essendo fresco ha la carne molle e tenera, specialmente quella preso sulle coste di Spagna, nella stagione favorevole, che è dalla metà di Aprile fino a tutto Luglio. Gli Inglesi, o gli Olandesi pescano continuamente nel mar Baltico un’infinità di Baccalà, che salano e seccano al sole, e che esitano con loro sommo vantaggio in tutta l’Europa Questo pesce abbonda nella Danimarca, nella Novergia, nella Svezia, nell’Islanda, nell’Isole Orcadi, in vari siti della Russia, ed altre regioni del Nord. Nulladimeno i Baccalà sono meno abbondanti ne’ mari d’Europa. Il loro luogo assegnato è generalmente il gran Banco dinanzi a Terra Nuova, nella Baia del Canadà, al Banco verde, all’Isola di S. Pietro, e all’Isola di Sabbia. Questo luogo ha più di trecento miglia di lunghezza, ed appellasi oggidì il Gran Banco de’ Baccalà. Il Baccalà ordinario, ossia il Cabelio, pesce sì cognito, è il principale e quasi l’unico nutrimento di cui si nutriscono i popoli del Nord. La sua carne si divide a scaglie, come il nostro grosso Merluzzo, ed è di un gusto delicatissimo. Il Baccalà, ed il Cabelio si nutriscono di tutta sorte di pesci. Il migliore ed il più stimato per il sapore della sua carne vive in alto mare nella profondità di quaranta o cinquanta braccia, ove esso trova il suo convenevole nutrimento. Quello che si pesca sulla costa, o nei Golfi poco profondi, non è né così, buono né così tenero. Si pescano questi pesci da Giugno fino a Ottobre sul Gran Banco di Terra Nuova. Ma nei mari d’Europa si pesca tutto l’anno. Il Cabelio, ed il Baccalà si debbano scegliere freschi, e di buon odore, ed il loro fegato passa per un cibo esquisito. In Italia noi non abbiamo questi eccellenti Pesci; ma in vece abbiamo il Merluzzo propriamente detto, Pesce ottimo ed abbondante, che è anche esso del genere dei Baccalà.

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In Italia, e segnatamente in Roma si conoscono solo due specie di Baccalà; una lungo, grosso, bianco, polputo, e attorcigliato a bastone, di buon odore, tenero, e di un alimento gustoso; benché alcuni di questi Baccalà rieschino duri, tigliosi, e di poco buon sapore, ma ciò deriva dal non essere essi recenti; imperocché in Olanda, Inghilterra, Francia, e tutti i Paesi del Nord sono di un esquisito cibo. L’altra specie è picciolo, non molto bianco, spaccato, e il più delle volte di un odore, e di un sapore poco grato, benché alcuni anni questi Baccalà siano bianchi, teneri, e di un sapore eccellente; ma ciò deriva, come ho detto di sopra, che non sono recenti, o mal conservati.

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È questa una conchiglia del genere delle moltivalve, che si attacca in forma di picciolo vase sù gli scogli, sù i sassi, sulle conchiglie, sù i crostacei, non che sulle piante marine, sù i litofi, sù i coralli, sul dorso de’ pesci cetacei, e sopra tutto delle testuggini: se ne ritrovano ancora nelle fissure, sù i pali, e sul fondo de’ vascelli vecchi, che lungo tempo soggiornano in acqua, e si trovano sempre aggruppate in gran numero, ed unite dalla stessa materia che forma la conchiglia. Quelle che si trovano attaccate sul fondo de’ Vascelli, e che in Venezia appellansi volgarmente Pedocchi dell’arsenale, sono più lunghe nella loro forma, e nel loro calice, che le altre, le quali hanno comunemente la bocca ristretta, ed il loro colore è o bianco, o rosso, o violetta. Rondelezio distingue questi testacei in maggiori, in minori, e in Egiziani: i primi sono quelli, che nascono sù i scogli: i secondi quelli che nascono sù i sassi, sù i legni, e sopra ogni altra cosa: ed i terzi, quelli che si prendono nelle foci del Nilo. I primi sono i più stimati de’ secondi, ma i terzi superano gli altri due. Sono frequenti i primi in quella parte della Spagna, che viene bagnata dall’Oceano, nella Normandia, e Gran Brettagna, ove se ne prendono attaccati, e aggruppati ai scogli del mare de’ così grandi, che giungono ad avere cinque dita di lunghezza, ed un pollice di grossezza. I secondi sono abbondanti in Venezia, e molto buoni; ma in Napoli non se ne fa uso fra cibi. La carne di queste conchiglie viene lodata da Epicarmo come di un ottimo sapore, ristora lo stomaco, ed è buona contro gli appetiti disordinati delle donne, ma è alquanto dura a motivo dell’acqua salsa di cui si nutrisce l’animale. Galeno dice che conviene a quelli, che hanno inapetenza de’ cibi. Circa quelle di Egitto Ateneo dice che la loro carne è dolce, tenera, grata al palato, di copioso nutrimento, di un sugo abbondante, diurettica, e solutiva. I maggiori, ed i minori di questi testacei dopo aperti in una cazzarola sopra il fuoco si cava la polpa dalla conchiglia, la quale è lunga rotonda e rossa, e si prepara in diverse maniere, come si dirà qui appresso.

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Questo pesce era molto stimato dagli antichi Romani, ma presentemente non ha più quel credito, ed è riguardato nella cucina come poco buono, insipido, e assai ordinario. La carne di questo pesce produce un sufficiente solido alimento, a motivo de’ sughi grossolani che contiene, ma questi stessi sughi la rendono difficile alla digestione. Le parti più stimate del Barbo per il loro buon gusto sono il fegato, e la testa. Le uova sono perniciose, perché purgono violentemente di sopra, e di sotto, come il più potente Emetico; devesi dunque avere attenzione nello sventrare il pesce di levarle bene, e non farle cuocere col medesimo. Il Barbo si appresta al Corto-brodo, all’Etuvè, o sulla gratella, o fritto ec. Vedete queste maniere all’articolo Carpio. La sua migliore stagione è nell’Estate, benché sia più abbondante nell’Inverno.

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Si adopera il Basilico tritolato per condimento di carne e pesce in umido, per i potaggi di cavoli e legumi, e zuppe di Piccioni e zucche fritte.

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Togli buono vino e un poco d'aceto, e sciuma e bolla insieme; poi mettivi il pescio a cocere; e, cotto, cavalo; e il vino tanto bolla che torni al terço; poi mettice alloro, çaffarano e spetie fine; e fa' riscaldare il pesce, e cola il vino, e ponvi spica, e lassa freddare il pesce.

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Pescio bene lavato, quanto si conviene; friggilo con l'oglio habundantemente; poi lassa freddare; poi abbi cipolle tagliate, per traverso, friggele con oglio remanente del pesce; poi prendi amandole monde, uva secca, ienula e prugne, e frigge con le dicte cipolle insieme; e leva via l’oglio che avança; e togli pepe e çaffarano, e altre spetie electe, bene trite, e distempera con le cipolle predicte, e vino e aceto; e, distemperato fortemente, metti a fuoco fine che bullia, poi levalo dal fuoco; e poni in altro vaso, e mettilo ordinatamente a solaio col pesce predicto. E se 'l volessi dolce, ponvi o vino cotto o çuccaro competentemente.

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Togli caponi arostiti; e i fegati loro, con le spetie e pane abrusticato, trita nel mortaio, e distempera con buono vino biancho e succhi agri; e poi smembra i detti caponi, e metti a bollire con le predicte cose in una pentola; e mettivi su dattali, uve grece, prugne secche, amandole monde intere, e lardo sufficiente; e da' a mangiare. Simile modo fa’ de pesci marini. Pome e pere poi ponere nei detti brodi.

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Questo è un pesce di mare, che rassomiglia molto all’Anguilla, ma assai più grosso, e bianco. La sua carne è coriacea, e poco stimata, benché quando sia infrollita è assai buona. Gli Spagnuoli ne fanno gran caso. Galeno afferma, che il Bronco dà poco nutrimento, e che si digerisce con facilità; benché alcun’altro dica, che suole cagionare il male della pietra. Gli Antichi Romani lo ingrassavano, onde renderlo più delicato. Il Bronco si prepara esattamente come l’Anguilla. La sua pesca è nell’Estate.

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17. Con questo butirro ben maneggiato in modo che sorta tutto il latte ed asciugato con una salvietta fina ve ne servirete a montare le galantine, spalle, lingue, bondaiole, presciutti ed altri salati, e potrete fare tutto quello che vi aggrada o per figure o per ornato o bestie od altro a vostro piacere.

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Il Calamaio è una specie di pesce molto singolare, avente il capo fra i piedi e il ventre. Secondo Linneo è desso del genere delle Seppie, e della classe de’ Zoofiti, di colore bianco, e alcuno sparso di minute macchie rossine. Il Calamaio ha di fatti qualche cosa di comune col Polpo, o polpo, e particolarmente colla Seppia, cioè la medesima configurazione nei piedi, nelle gambe lunghe, nel capo, negli occhi, nella bocca, nella lingua, nel condotto per lanciare il liquor nero, ed in alcune altre parti interne. In fatti esso si accoppia nello stesso modo; le femmine vanno in amore nel mese di Ottobre, e depongono le loro uova in alto mare. Questo pesce non è stato stimato gran cosa dagli antichi nella Serie degli Alimenti; tal’è Il giudizio dello Scoliaste di Aristofane, e di Svida. Questi non pertanto dice, che i Calamai che si pescavano nel Golfo di Ambracia, erano una delle vivande fredde maggiormente in Roma stimate. Il Calamaio vive di piccioli pesciolini, di squille, ed altri minuti insetti marini. Il migliore è il più picciolo, ma bisogna che non sia pregno. Esso è delicatissimo al gusto, e molto stimato sulle mense, accresce l’appetito, ed è un nutrimento assai buono, Pescasi nell’Inverno, e tutta Primavera, nelle cui stagioni è migliore. La Seppia è inferiore al Calamaio, nulladimeno la sua carne è più soda, e di un ottimo sapore. Il Polpo è assai inferiore ad ambedue, ed è il più difficile a digerirsi. La loro pesca è nell’Autunno, e Primavera, benché si trovano tutto l’anno.

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Egli è proprio vero, che la necessità produce talvolta degli effetti mirabili nell’uomo. Sentite anche questa e poi finisco. Trovandomi a cacciare i camozzi fra le montagne più alte de’ nostri contorni, solo accompagnato da un villico, che mi era di custodia, limitato di vettovaglie, perché da parecchi giorni ero colà accampato, mi fece finalmente cadere sotto il fucile morta una di queste bestiole. Immaginatevi il tripudio nel vedermi signore di sì bella preda! Che più? fattala tosto indossare al mio compagno me ne ritornai glorioso all’alpestre mio tugurio; e siccome nuovo cibo apprestavami la mensa, che totalmente era a me sconosciuto fino allora, diedimi tosto di cervello del come apparecchiarmela nel modo che quei d’intorni poteanmi somministrare per cucinarla. Infatti per il primo mi servì di fritto il fegato cotto con buon butiro e funghi bianchi così detti lupini, di cui abbondavano que’ luoghi. Feci lessare il cuore (cuocere a lesso) colla coratella, poi fettati questi pure, con poca salvia, e quattro cipollette che meco aveva, tagliate a quarti mi servirono per potagi. Mangiai bollita una punta di petto che fece un brodo eccellente. Tolsi il lungo della schiena, e messo in infusione nell’aceto che meco pure aveva in certa dose per corrompere l'acqua cruda che talvolta mi toccava bere in mancanza di vino, e lasciatolo fino al dì vegnente lo cucinai per arrosto facendolo girare al fuoco su di uno spiedo di legno, ed umetato con butiro di quando in quando: operazione eseguita dal mio buon compagno montanaro. I quarti finalmente del davanti e le coscie vennero dopo alcuni giorni di infusione cucinati anch’essi in istuffato in una pignatta con timo ed altre erbe odorose del luogo che non saprei identificare, ma che certo li fecero riuscire d’ottimo gusto. Fino le corna mi servirono, e mi servono tuttora per tirabotte; e meglio mi si dice sieno ottime a cavare la così detta paladina, per cui se qualcuno o qualcuna ne avesse bisogno non ha che dirigersi a me.

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Comprende questo nome tutta la famiglia de’ Pesci Cani, i quali sono di una mole prodigiosa, conosciuti volgarmente fra noi sotto i Nomi di Smeriglio, Squadrolino, Caniega, Palombo ec. Il Cane marino è il nemico di tutti gli altri pesci, co’ quali si batte, e che cedono a suoi colpi; esso dà loro la caccia, soffia orribilmente, ed attende la sua preda fra luoghi stretti, e scogli, ove la divora. Tutti questi pesci amano con passione la carne umana. La femmina contiene delle uova, le une più perfette, ed altre che si formano, e sono più grosse di quelle di pollo, aderenti alla vena umbilicare. Queste uova si schiudano nella matrice, poiché i piccioli Cani marini escono dal ventre della loro madre già armati de’ loro pungiglioni prima molli e poi duri. Nella Primavera dell’anno 1790, venne predato non molto lungi dalle foci del Tevere un Rechino, o Lamia di Calcaria, detto volgarmente Smeriglio, del peso di libbre tre mila, la di cui testa di peso sette cento, conservasi in Roma nella Raccolta di Storia Naturale del già Em(inentissim)o Cardinale de Zelada. Alcuni di questi pesci, e segnatamente la Caniega Turchina, essendo tagliata in pezzi, rassomiglia la sua carne, mediante il colore della pelle, a quella del Pesce spada, ed i venditori di pesce profittano di tale rassomiglianza per ingannare i compratori, che non lo conoscano perfettamente, a venderlo loro per Pesce spada, benché sia cosa facilissima il distinguerlo avendo la Caniega una carne molle, e biancastra, ed inoltre una pelle grossa, e tendente al turchino; doveché la carne del Pesce spada è soda, consistente, alquanto color di mattone chiaro, con una pelle fina tendente al ceneregnolo. Di tutti i pesci Cani il più in uso, e frequente fra noi è il Palombo propriamente detto ed il Palombo della Spina; questo è più stimato dell’altro; ma è pesce ordinario, e niente stonato sulle tavole de’ Grandi. La carne di tutti questi pesci è molle, acquosa, vischiosa, e di grossolano alimento, benché non tanto dura alla digestione per essere poco serrata nelle sue parti, e di poco nutrimento. La pesca di questi Cani marini è nell’Autunno, e nella Primavera.

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Per cuocerlo si può servire intiero, facendolo in arrosto, minutamente lardato o pure inviluppato in rete di Vitello, e quando sarà cotto si guarnirà con frittelle di rosmarino.

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Arrosto = Devesi il Capretto farlo infrollire, e cuocere bene a picciolo fuoco, come si deve pratticare in ordine a tutte le carni lattanti; il quarto d’avanti è il più delicato, i due quarti di dietro si servano divisi, o interi per Rot-de-Bif; questi bisogna piccargli di minuto lardo i filetti e le coscie, e coprirgli i fianchi di fette di lardo, e avvolgerli di carta: il quarto d’avanti non si deve piccare, bensì coprirlo di una gran fetta di lardo, e spolverizzarlo, se volete, di mollica di pane grattata al fine della cottura. L’Abbacchio si può apprestare egualmente.

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Siccome il capriolo se deve essere di aggradimento conviene porlo in infusione, così ho creduto di qui indicare ch’esso deve stare sotto la pelle tre giorni se è di estate, ed almeno sei se è d’inverno: poi levategli la pelle e mettetelo in infusione in un vaso di terra con entro sale, pepe, erbe aromatiche, un mezzo d’aceto, un boccale di vino bianco; dopo il tempo indicato levatelo e cucinatelo.

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Rondelezio dà questo nome ad una specie di Squilla della figura quasi di un Gambero di mare, lungo poco più o poco meno di un palmo, e ricoperto di una crosta sottile, leggiera, e candida, sparsa di alcune macchiette rossine; quando però è cotta diviene tutta rossa, come quelle del Gambero. Fra i Crostacei si crede, che questo possa essere il più saporito di tutti: la sua carne è tenera, dolce, e delicata, somministra buono alimento, e non è tanto dura alla digestione. Questo crostaceo in Napoli si chiama volgarmente Mazzacogno, ed è moltissimo stimato, e caro di prezzo, perché raro. Le code di questa specie di Gamberi cotti allesso, e tolte dalle loro spoglie crostacee, sono in molto pregio ne’ mesi di Febbraio, Marzo, Aprile, e Maggio. Essi si apprestano come le Ragoste marine, e come i Gamberi di acqua dolce, e segnatamente le code. Vedete questi due Crostacei ai loro articoli particolari. La migliore maniera di mangiare i Mazzacogni è cotti allesso si servono intieri con la loro spoglia crostacea, guarniti di petrosemolo.

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Il Carpio, o Carpa, detto Reina è un eccellente pesce di acqua dolce, trovasi nei fiumi, nei laghi, nei stagni, e nelle paludi, e mai in mare, ve ne hanno di varie grandezze, esso moltiplica molto, e perviene ad una età assai avanzata, come lo provano quei grandi, e grossi Carpi bianchi, che veggonsi a Parigi, ed a Versaglie portati da Fontaineblau, e come se ne veggono anche nel lago di Garda. Questo pesce è delicatissimo, e d’un esquisito sapore, talché si tiene d’alcuni per il più nobile di tutti i pesci d’acqua dolce; esso non produce veruno incomodo, si digerisce con somma facilità, e somministra ottimo, e sano nutrimento, è per altro di carne così delicata, che presto si corrompe, onde si deve far cuocere prontamente. I Carpi vanno in amore nei mesi di Maggio, e di Agosto, ed allora non sono buoni da mangiare, mentre sono magri, ed insipidi, come accade a tutti gli altri pesci. Il Carpio si deve scegliere grosso, ben nutrito, di un’età media, e di un colore gialletto. Fassi più caso del maschio, che della femmina, imperocché la carne è più soda, e di un miglior sapore. Quelli di lago, e di fiume sono preferibili a quelli di stagno, o di palude. In Italia i Carpi del lago di Garda sono i migliori, ed i più stimati. La testa del Carpio è la migliore di tutte le sue parti, a cagione del suo palato, che chiamasi volgarmente Lingua di Carpio, il quale è di un gusto eccellente, e servesi a quelli, a cui si vogliono fare gli onori della tavola. Trovasi anche nei latti di questo pesce un cibo sì delicato, e che da un nutrimento si sostanzioso, che secondo Mr. Andry può tenere quasi luogo di carne a diversi infermi; e sonosi veduti degli etici risanati coll’uso di questi latti. Le uova di Carpio sono ancora esse molte buone; ma ci vuol molto, che siano così grate al gusto, e così convenevoli alla salute, che i latti. In Roma peraltro si sta molto male riguardo a così buon pesce, e la maggior parte de’ Carpi sono di una carne molle, e alcuna volta di un gusto fangoso. Ciò nonostante ne abbiamo qualcuno nell’Autunno, e nell’Inverno di un ottimo sapore.

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Il Carpion’è un Pesce più grosso della Trota ma consimile di fattezza, e vien stimato assai. La sua pescagion’è nell’Està ed anche nell’Inverno, ch’è meglio. Fu Marino Valeno il primo a mangiarlo. Quando si avrà da servire, gli si darà lo stesso condimento della Trota.

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Togli cascio di Bria che è grasso, o buffalino o altro che tenero e grasso sia; mondalo, e, essendo molto frescho, lavalo; poi lo metti in uno bastone, fesso in due parti, overo nela roccha, e volgilo al fuocho fine a tanto che comincia a fondere, overo scorrere e sfilare per lo caldo; poi il metti sul pane, tagliato sottilmente, overo in nebula per taglieri; e porta al signore.

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In cotale modo pòi fare del cavo del crastato et del cavo del vitello, ma si deve solamente lexare et divice giungere del cascio.

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Il Cavolo Cappuccio, netto dalle dure foglie, si fa lessare ed asciugato si riempie tra foglia e foglia con farsa di Vitello, midolla di Manzo, cacio grattato, erbette, un senso di aglio e spezie legata con uova. Ripieno il Cappuccio, si liga e si fa cuocere in brodo di Manzo, condito di presciutto, aglio e basilico e si serve con Colì di presciutto o con purè di ceci.

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Il nome di Cefalo, che si dà a certi pesci, i quali secondo Rondelezio, si prendono nel mare, nei fiumi, nei laghi, e nelle paludi, non differiscano, che leggermente nella figura protolipa, ma bensì nella grandezza, nel sapore, e nella sostanza. Le diverse specie dunque di Cefali si ristringono a due, cioè di mare, e di acqua dolce; quelli di mare sono migliori l’Estate, e quelli di acqua dolce l’Inverno; i primi specialmente, quando vengano presi presso le foci del Tevere sono di un ottimo sapore: ed i secondi allorché sono presi in certi laghi, ed in certe stagioni. Nulladimeno abbiamo alcuni Cefali di un sapore di fango, o di terra assai disgustevole. I Cefali di Lago sono migliori, e più grassi, che quelli che si pescano in alcuni tempi nell’acque vive. I mari Mediterraneo, e Adriatico abbondano di tal genere di pesce, e segnatamente la Laguna di Venezia n’è ubertosissima, e le Valli incluse nella medesima. Questi pesci sono senza denti, e non mangiano cibo animato, ma si nutriscano d’alga, e di arena. Le uova dei Cefali di maggior grossezza si seccano, e se ne fanno delle Bottarghe, che essendo bene acconciate, riescano ottime ne’ giorni di magro, allorché vengano condite con olio, e sugo di limone. In Roma il Cefalo migliore è quello di mare, ed anche quello di acqua dolce è molto buono, ma bisogna osservare, che non sia pregno, che sia fresco, e che non senta di fango. Quando questo pesce è di buona qualità ha un sapore delicato, ed un ottimo gusto, e specialmente allorché è grosso somministra un buon alimento. Ciò nonostante non è pesce stimato, e di rado si vede sopra a mense delicate. Oltre i Cefali, che si mangiano subito pescati, si salano gli altri, e se ne fa commercio.

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Il Cefalo, che fu mangiato la prima volta da Anchise Menocchio, è buono quello di Mare, pescato nel mese di Aprile e di Ottobre nelle acque chiare. Quando si vuol servire, gli si può dare il condimento che si dà alla Spigola, che riuscirà anche di piacere.

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Il Cerfoglio è buono in insalata, per condimento di zuppe, lessi e carne in umido. Mescolato con petrosemolo se ne fa salsa all’olio. Si frigge e se ne ornano fritture ed arrosti.

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Il cignale potrete apprestarlo in tutte la maniere che il manzo, la mongana, il maiale, ed il lepre.

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Arrosto = Ucciso che sarà il Cignaletto bisogna farlo un poco infrollire, indi scorticarlo fino al collo, e piccargli di minuto lardo tutta la parte superiore, e farlo ben cuocere Arrosto. Il Cerviatto, il Capriolo, e tutta sorta di Selvaggiume Quadrupede lo piccarete di minuto lardo come sopra, e marinarete con aceto, fette di cipolle, alloro, basilico, sale, pepe, garofani; quindi dopo di averlo scolato, e infilato allo spiedo, coprite ciò che è piccato con fogli di carta bene imbutirrati, e fette di lardo sopra tutto ciò, che non è piccato; avvolgete per tutto con altri fogli di carta; fate cuocere bene, e servite di bel colore, con una Poevrada, o altra Salsa Piccante, in una salsiera. Devesi osservare, che tanto nella Polleria, come nel Selvaggiume, la femmina è più delicata del maschio, e che per mangiarli nella loro perfezione debbono essere, come si è detto infrolliti secondo la specie dell’animale, o del tempo più, o meno caldo della stagione; senza questa precauzione si rischia di mangiare duro, e coriaceo, ciò che sarebbe tenero, e delicato.

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Fatelo cuocere alla braise fatta con brodo, lardo, sale, e pepe, ed un mazzetto guernito; quando sia cotto, servitelo con intingolo di rape, o di cocomeri, scelleri, o salsa triturata, o all’Inglese od alla ravigotte; subito tagliato mettetelo nel vaso a cuocere, e cotto che sarà lo metterete sopra la graticola con grasso di pignatta, prezzemolo, cipollette tagliate, sale, e pepe: poi si copre con mollica di pane, e si serve sotto una salsa d’agresto.

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Arrosto = Quanto in Parigi sia apprezzato questo animale, altrettanto in Roma è poco stimato; ma questa differenza dipende, che noi non abbiamo qui Conigli selvateci, tanto stimati, e delicati in Francia, essendo i nostri domestici, e di poco buon sapore, onde mai vengono serviti sopra buone mense, ciò nonostante ecco la maniera di apprestarli per Arrosto: scorticate i Conigli, sventrateli, trussateli propriamente, fateli rinvenire sopra le bracie, piccateli di minuto lardo, infilateli allo spiedo, e aspergeteli bene nell’atto che li ponete al fuoco, fateli cuocere senza più bagnateli con altro grasso, acciò non perdino il gusto di selvaggiume, e serviteli di bel colore. Il Coniglio lo potete anche far cuocere, e servire come la Lepre. Vedetela qui addietro.

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Simile coppo puoi fare de carne di bue, di porco, come dicto è di sopre. E, per mancamento d'agresto, puoi mettarvi succhio di cetrangole, d'aranci e acqua rosada.

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Togli la lampreda bene lavata e striccata col sale; non si tagli, nè non si scortichi; in ciascuno foro del capo metti uno garofano; e, facto il coppo de pasta dura, ponavise dentro la dicta lampreda sana, a modo di cerchio, con spetie, çaffarano; mettavise dentro acqua rosada; e colorala di sopra come vuoli, e coprila. Simile modo si pò fare de lamprede picciole, sença garofani, con acqua rosada e succhi di citrangole, aranci, o lomìe. Anche possono le lamprede arostire, e mangiarle con la salsa.

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Togli farina biancha, distemperala e fa' lla pasta per lo coppo, a modo di berreta, e poni nei testi, sì che sia forte. Poi togli lacte con ova debattute, insieme con çaffarano, e metti nella forma; e cocilo competentemente; e puoi rompere l'ova sane con esso, che si cocano nel lacte.

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Smembra i polli o ucelli; distempera la farina con l’acqua calda, e falla molto dura; poi fa' la forma del coppo de la dicta pasta, e mettivi dentro i polli predicti coll'agresto non trito, çaffarano e spetie, e un poco d'acqua fredda; e chiudelo di sopra con la pasta; e cocasi nel forno, overo tra i testi; e al sommo del coppo poni uno peço di lardo largo.

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Il Corvo è un pesce di mare, che ingrossa assai, e giunge talvolta al peso di cinquanta, e sessanta libbre. Si trova nel mare Mediterraneo, e specialmente dalla parte d’Italia; si trova ancora nel mare Adriatico. La sua forma rassomiglia molto all’Ombrina, ma alquanto più depresso, e più assottigliato verso la coda. I pescevendoli spesso lo vendono sotto il nome Ombrina. Le sue squame sono mezzane, e ne ha sopra gli opercoli delle branchie e sopra tutta la testa sino alla gola; distintivo delle Ombrine, delle Cerne, e dei Corvi. Bomare nel suo Dizio. d’Isto. Nat. ha confuso il Corvo, coll’Ombrina, e colla Cerna. Salviano dice esservi due specie di Corvi: uno buono, che si chiama semplicemente Corvo quando è grosso e Corvetto quando è picciolo, di colori bellissimi come cangianti. L’altro che si chiama Corvo di foriera è di colore molto oscuro, in guisa che diversi Autori hanno nominato questo pesce Corvo (Corbeau). Io credo però, che il nome di Corvo ci venga dal Greco, perché Coracino in Greco vuol dire Corvo; del rimanente è del tutto simile all’altro, eccettuato nel colore e nel sapore della sua carne, la quale è molto inferiore a quella del Corvo propriamente detto. Questi pesci nascono e vivono nel mare; e non entrano mai nell’acqua dolce; il loro soggiorno è vicino agli scogli, ed in siti arenosi; si nutriscono d’alga, ed altri pesci, partoriscono due volte l’anno, e giungono a molta grossezza, benché ve ne siano anche de’ piccioli. La pescaggione di questo pesce principia nel fine di Marzo, e dura a tutto Agosto, non ostante che trovasi tutto l’anno. Il Corvo è il migliore de’ pesci grossi, dopo lo Storione, e l’Ombrina, con la quale ha qualche relazione sì riguardo alla carne, che alla figura. La carne del Corvo è bianca, soda, saporita, nutrisce molto, forma un buon nutrimento e si digirisce con facilità, ma dev’essere alquanto infrollita. Questo pesce nell’Estate è più grosso, e più saporito, che nell’Inverno, e la parte del ventre è di miglior sapore è più delicata di quella della schiena. Si deve scegliere fresco, polputo, grosso, e preferire il Corvo cangiante, al Corvo nero. Questo pesce si appresta egualmente che lo Storione, ed il Pesce spada.

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Il Crescione crudo è ottimo in insalatina e particolarmente per condimento di arrosti. Cotti con le carni, o pesci lessi li rende di grado gusto. Pesto e sciolto con aceto ed olio, se ne forma una buona salsa.

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Il Dentale è un pesce di mare molto stimato, che vive ordinariamente fra i scogli presso alla riva, o fra l’erbe che vi crescono, quando non fa caldo. La sua carne è di un sapore esquisito, assai nutritiva, e facile alla digestione. Questo pesce si trova nel Mediterraneo, e nell’Adriatico, ed in qualche parte dell’Oceano. Si trova talvolta nel Baltico. Si deve scegliere grosso e fresco. Il migliore è quello preso nell’Adriatico, e segnatamente nel picciolo Golfo di Taranto, p presso Venezia, o vicino alle Coste, e Isole della Dalmazia, benché in Roma, Napoli, Genova ed altre Città marittime del Mediterraneo si mangiano de’ buonissimi Dentali, di un sapore eccellente, ed assai dilicati. La sua pesca fassi tutto l’anno, ma sono migliori quelli, che si prendono nel principio dell’Inverno fino alla Primavera. Non è raro di pescarsi sì nel Mediterraneo, che nell’Adriatico, de’ Dentali, che pesano dieci in dodici libbre; se ne sono veduti di quelli, che pesavano venticinque, trenta, cinquanta, e sessanta libbre. Il Dentale è un Pesce che somministra copioso nutrimento, ma quando non è tanto grosso si digerisce più facilmente. Vi è però chi crede che stringa il ventre, e che aggravi lo stomaco specialmente se questo è debole. Ciò nonostante è un cibo assai stimato, specialmente nell’Inverno. È osservabile, che il Dentale, essendo un Pesce delicatissimo non si conserva come gli altri pesci della sua grossezza, ed è soggetto a corrompersi facilmente, specialmente nell’Estate, onde devesi avere attenzione di cuocerlo a suo tempo, acciò la speranza di conservarlo non lo faccia perdere del tutto. La testa di questo pesce con parte del collo è più dilicata di tutto il resto.

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Tanto il brodo chiaro che l’oscuro, ad uno per volta si debbono purificare e chiarire, dovendoli servire per le zuppe. Dapprimo (sia l’uno, o sia l’altro) si passeranno per stamigna, si sgrasseranno e, freddati, si chiarificheranno con uova sbattute a guisa di giulebbe. Si metteranno sul fuoco a bollire per portare a galla l’impuro, togliendolo con mestola forata. Indi, per renderli limpidi e cristallini, si faran passare filtrandoli per panni lini bene stretti e fini. E ciò fatto, si adopreranno per le Zuppe, le quali, se si voglion servire con Colì o con Purè, basta solo sgrassarli. Oltre de’ suddetti due brodi generali, se ne fanno anche altri particolari sotto vari nomi, come pure con volatili e quadrupedi sì domestici che selvatici, siccome anche degli acquatici. Tutti sossopra si fanno con lo stesso metodo, e tutti nell’uso si devono sgrassare e depurare.

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Togli farina, distemperata con ova et acqua, e asutigliata e stesa; tagliala a modo di foglie, o di fichi, o come vuoli; e friggele nel lardo o oglio ad habundança; e, cotte, mettivi su del mele bullito; e mangia.

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Togli il farro de la spelta monda e rotta, e fallo bullire un poco; e, gittata via quella acqua, lava il detto farro molto bene, e ritornalo a cocere con lacte di capra, o di pecora, overo d'amandole, fine che sia ben cotto. Trita il cascio frescho, e mestalo con albume d’ova, e mettilo nel dicto farro bogliente; e bolla un poco. E puoi metarvi carne di galline o di polli, a modo di blanche mangieri; e di sopra metti del grasso del porco; e se 'l vuoli fare giallo, coloralo di çaffarano e tuorla d’ova; e ponvi del çuccaro.

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Il Farro non è buono ad altro che per pottaggi, cotto in brodo di Manzo, Cappone, Castrato ec. servito con gialli di uova.

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Il fegato di vitello, ordinariamente si frigge in distrutto, posto in fette con sale, pepe, e limoni. Evvi chi usa di friggerlo nell’olio e riesce conforme a’ gusti. Piglia il medesimo in fette longhe sottili, che siano state in adobbo, in latte, e zucchero per una notte, involgile dopo in pane di Spagna sottilmente grattugiato, e servile fritte in distrutto, con fette di limoni, e zucchero sopra. Se ne fanno varie sorti di mortadelle in budelli porcini con buona speziaria. Si pone all’alemanna tagliato in modo di vermicelli, cotto in brodo grasso,   maritato d’uova, cacio, e erbette odorose; e s’adopra in vari pastumi, riempir cocuzze, e altre cose. Posto in pezzetti lardati allo spiede, poi servito con salsa bastarda, riesce gradito. Ma molto più ti sarà grato, se lardato minuto, posto intiero allo spiede custodito con fuoco lento, lo portarai all’intiera cottura, con sale minuto, e limoncelli, servito caldo, avendo in altro piatto salsa reale, per servirne a ciascuno, conforme al gusto. Di questo, se ne fanno fegatelli piccoli, che involti in rete di porco, con noce moscata, sale, e pepe suol praticarsi non dispiacevole. Se ne fanno per servigio d’un piatto, tomaselle grosse a foggia di polpettoni, involte in rete porcina, con ingredienti di zucchero fino, midolla, cannella, pepe, garofani, cacio grasso in bocconi, cedro condito in fette, pinocchi, rossi d’uova, grasso di manzo minuto, polvere di mostaccioli di Napoli, cacio parmegiano grattugiato, il tutto incorporato insieme, in quella quantità, che può discerner sufficiente chi francamente opera in questa stimatissima professione.

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Prendete un fileto di montone intiero, aggiustatelo, e tagliatelo fino, mettendolo in una casseruola, sopra mettendovi prezzemolo, cipollette, fonghi, ed un baccello d’aglio; il tutto triturato, del lardo liquefatto, sale, pepe rotto, facendo un suolo, con sopra diversi altri, cioè con alquanto di fileto, ed un poco d’intingolo fino alla fine, fatelo cuocere alla braise a piccol fuoco; quando sarà cotto disgrassatelo, e distaccatene i fileti, aggiugnendovi un poco di sugo colato nella salsa, e servite.

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Non voglio ora qui descrivere la maniera di fare i formaggi, spiegherò solamente di certi metodi di cui si può servirlo sopra le tavole, e l’uso che se ne può fare in cucina. Noi abbiamo li formaggi di capra, che son fatti col latte di capra meschiato con un terzo di latte di vacca; poi abbiamo quelli di Aosta, il piacentino, di Savoia, e di grovera, il quale deve essere scielto con occhi grandi, e ben grasso il formaggio parmigiano; abbiamo ancora i formaggi teneri di fresco fatti, quali si servono al grosso sale. I piccoli formaggi al fior di latte che si mangiano colla crema, e col zuccaro; tutte queste sorta di formaggi si servono sopra la tavola nella frutta; in cucina non v’è che il parmigiano, la grovera, e il lodigiano, di cui si serve.

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Questo è un pesce di mare con notatoie spinose, né mai rimonta le acque dolci dei fiumi. Si trova nel Mediterraneo, e Adriatico, ma molto più abbondante e migliore nel Mediterraneo. Si trova ancora ne’ mari dell’America. Si nutrisce di altri pesci, specialmente di gamberelli, vive ordinariamente in alto mare, ma l’Estate viene vicino al lido. La sua carne è bianca, tenera, delicata, sostanziosa, poco serrata nelle sue parti, saporita, facile a digerirsi, genera buon nutrimento, e passa per un ottimo cibo; conviene più l’Inverno, e la Primavera, che l’Estate, a motivo che l’Estate questo pesce è pieno d’uova. La sua pesca principia da Ottobre, e dura a tutta Primavera: si pescano più femmine, che maschi.

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Arrosto = Questi Polli si apprestano esattamente come la Pollanca, e non variano, che nella più, o meno cottura, secondo la qualità del Pollo.

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È questo un pesce Crostaceo molto stimato, e servite sulle mense più delicate; esso è migliore di quello marittimo, più facile alla digestione, e di maggior nutrimento. Devesi scegliere vivo, grosso, e pesante, e preferire la femmina al maschio. La sua carne è umida, molle, assai nutritiva, e di buon sapore; contiene un sugo oleoso e balsamico, proprio a nutrire, a umettare, e a dolcificare le acrimonie del petto; ma questo sugo essendo di una natura lenta e vischiosa, fa sì, che la rende difficile a digerirsi. L’uso di questo Crostaceo è di un gran soccorso nell’eccessiva magrezza, ma non bisogna, che sia troppo continuato, poiché il suo sugo racchiude qualche cosa di narcotico, il quale col tempo potrebbe pregiudicare alla salute. I Gamberi nascono, e vivono ne’ fiumi, ne’ laghi, e ne’ ruscelli; distinguonsi in Minore, e Maggiore: si nutriscono d’erbe, di ranocchie, e di ogni sorta d’immondizie. La pesca de’ Gamberi fassi tutto l’anno, ma la più abbondante, e nel cui tempo sono migliori è nella Primavera, e segnatamente ne’ mesi di Marzo, e di Aprile, nella luna crescente. Per distinguere i maschi, dalle femmine, sì de’ Gamberi di mare, che di acqua dolce, fa d’uopo osservare, che tutte le membra sono più grosse ne’ maschi, che nelle femmine, non meno, che per le barbe della coda. Queste ultime non ne hanno che quattro paia, ed i maschi ne tengono cinque. Hanno inoltre le femmine nell’estremità di dette barbe certe picciole fibre, alle quali stanno attaccate le uova.

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Sonovi due specie di Ghiozzi, una di mare che è bianco, o nero, ed una di fiume. Per quest’ultima vedete Jerscì fra i pesci di acqua dolce. Il Chiozzo di mare, e quello de’ nostri fiumi, debbono essere scelti lunghi e minuti. Il più grosso Chiozzo è ordinariamente pieno d’uova, e non ha un sapore così grato, che il picciolo. La carne del Chiozzo è molle, insipida, poco carica di umori grossolani, onde produce un sufficiente buon succo, e si digerisce facilmente: nutrisce poco, e non produce alcun cattivo effetto, se non che facendone un uso immoderato. La migliore stagione di questo pescetto è nell’Invero, e nella Primavera, ma è poco stimato, e mai si serve sopra mense delicate. La migliore maniera di mangiarlo è fritto alquanto sugoso, o allesso come quello d’acqua dolce, benché si possa apprestare in molte altre maniere, come il Merluzzo.

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Nelle gran feste e dì pascuali, fa' di pasta uno arbore, o vite, o giardino. E in su l'albore apicca pomi, pere, o ucelli, o uve, o ciò che tu vuoli, diversi, facti de pasta distemperata con ova; e debbiansi empire de empiture sopra dette; e colorale de diversi colori, come giallo, verde, bianco e nero; a onore del detto arbore, poni nel meço d’esso un pastello, overo gabbia, piena d'ucelli; e in tale arbore puoi ponere tutti i fructi, li quali troverai secondo diversi tempi. Quando si portarà nella corte, facciasi sotto l'albore, o vite, o giardino, fuocho di legne altamente, e ponanvise vergelle odorifere, e ponanvise pomposamente.

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Galeno, chiama questo Granchio Paguro fluviatile, il quale differisce da quello marino per avere la spoglia Crostacea più dura, e di un colore di foligine, o bianca. In Francia, e Germania non si trova; e comune peraltro in Grecia, nell’Isole di Candia, e Sicilia, ed in Italia. Si distinguono i Granchi d’acqua dolce, o fluviateli, in due specie cioè di fiume, e di fosso: i primi non sono gran cosa in uso fra noi, imperocché non si spogliano: i secondi, che sono eccellenti, nascono sul margine dell’acqua de’ fossi, che forano, onde formarsi una tana; ivi le femmine partoriscono, ed ivi nel gran caldo dell’Estate si spogliano della loro, tunica Crostacea. In queste loro tane vengono presi con molta facilità, conoscendosi dall’apertura, della medesima se il Granchio vi si trova, o se n’è sortito. I grossi Granchi sono di un colore ferrugineo, ed i piccioli bianchi; giungono ad avere i più grandi quattro dita di larghezza, e cinque di lunghezza. Siccome codesti Crostacei sono Sorcofagi, cioè che si divorano l’uno coll’altro, così bisogna tenerli legati ben stretti in un sacchetto con entro qualche poco d’erbaglia, onde evitare che si mangino fra di loro. La carne di codesti Granchi somministra buon nutrimento, provoca l’orina, e purga le renelle; ma è di difficile digestione, e pesante sullo stomaco, specialmente quando il Granchio viene fritto. Si mangiano in ogni tempo impiegati ne’ brodi per le zuppe di magro; ma l’Estate, e segnatamente il mese di Agosto sono eccellenti, essendo in questo tempo spogliati della loro veste Crostacea, in guisa che vengono serviti sulle migliori, e più delicate mense, sotto la denominazione di Granci teneri. Il Granchio di acqua dolce ha moltissime virtù riguardo il corpo umano, che pratticasi in Roma, onde spogliarlo della sua tunica Crostacea.

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Codesto Granchio ha il corpo rotondo, e non supera il più grande la larghezza di quattro dita: si distingue in maschio, e in femmina. Il maschio ha un color rosso, e la femmina un color rossastro tendente al turchino. Di questi Granchi sono assai lodate le femmine, allorché si ritrovano piene di uova: e per quel che dicesi hanno un sugo assai dolce in tempo del plenilunio, ma ne sono prive nella luna calante. La carne del Granchio marino è di un ottimo sapore, e di buon nutrimento, ma difficile alla digestione; nulladimeno Rondelezio l’ha esperimentata assai utile agli Eteci. Le stagioni migliori per questi Granchi sono l’Autunno, e la Primavera, nel cui tempo fassi la loro pesca. Si preparano, e si servono come il Granchio paguro; ovvero allessati, aperta un poco la conchiglia Crostacea di sopra, e serviti sopra una salvietta con petrosemolo intorno per Antremè.

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Questo Granchio chiamasi Paguro, atteso che si raggira in luoghi scoscesi del mare: esso è più largo che lungo: pesa alcuna volta più di dieci libbre, e va ricoperto di una forte, e sottile spoglia Crostacea. Secondo Scaligiero il maschio è più rotondo, e più grande della femmina, e la sua spoglia tende al nero. La femmina è più picciola, più quadrata, e di un colore verde pallido. Questi Granchi sono compresi fra i cibi più esquisiti, ma sono come gli altri difficili alla digestione. Si ritrovano ne’ mari Tirreno, e Adriatico, e segnatamente verso le coste della Dalmazia, ove sono appellati Paguri. In Venezia sono freguentissimi, e le femmine tanto del Maja, che del Paguro vengono nominate volgarmente Grancevole, e quelle de’ Granchi marini Mezzanette.

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Appellasi così questo Granchio a motivo della sua grandezza. Differisce dal Paguro, essendo questi più largo nella parte anteriore, ed il Maja nella posteriore. Si ritrovono nel mare Mediterraneo, e Adriatico, e abbondano molto dalla parte di Venezia. I maschi sono buoni nell’Autunno, nell’Inverno, e nel mese di Aprile, in tempo del plenilunio. Le femmine poi in tutto il resto dell’anno sino a Settembre. Questi Granchi si apprestano esattamente come il Paguro, e si servono per Orduvre, o Antremè.

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La Farina del Grano d’India è ottima a farne polente. Si fa cuocere nel brodo o latte con parmegiano grattato, butirro e poco pepe, dimenandola sempre acciocché venghi morbida. Cotta si stende sopra una tortiera, e freddata si taglia in fettoline e si servono rapprese nel forno con butirro e parmegiano. Si possono anche condire con sugo di carne o Cervellato. La polenta ridotta in fette si può friggere e si può servire condita di zucchero o senza.

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Questo nome dassi in Pietroburgo ad un picciolissimo pesce di acqua dolce, che alcuni vogliono, che sia il nostro Ghiozzo di fiume; ma esso differisce non tanto per la grossezza, quanto per la figura della sua testa e delle squame. Il più grosso di questi pescetti, è lungo mezzo palmo o poco più. La stagione migliore per mangiarlo è nell’Inverno, nel cui tempo è pieno di uova, e molto delicato. La carne del Jerscì è molle, poco serrata nelle sue parti e poco carica di umori grossolani, e vischiosi, motivo per cui produce un sufficiente buon succo, e si digerisce facilmente: non nutrisce, che mediocremente: e non produce de’ cattivi effetti, se non che mangiandone con eccesso. La migliore maniera di apprestarlo, e di far bollire acque e sale, indi metterci il pesce, farlo cuocere mezzo quarto d’ora; poscia scolarlo, aggiustarlo sopra il piatto a guisa di piramide con petrosemolo intorno, e servirlo con una Salsa di alici in una salsiera. Vedetela alla pag. 58. I migliori sono i più grossi, e pieni di uova.

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Questo pesce è comune ne’ fiumi, e ne’ laghi, nutrisce mediocremente, e produce un sufficiente buono alimento. Qualcuno pretende che si digerisca difficilmente, che pesi sempre sullo stommaco, e che somministri sempre un cattivo sugo; ma forse perché alcuni di questi pesci si nutriscano di fango negli stagni, o paludi. Il Luccio si deve scegliere grosso, grasso, d’una carne bianca, soda, e sminuzzevole, che sia stato preso ne’ laghi, e ne’ fiumi limpidi, e chiari, di preferenza a quello, che abita in luoghi limacciosi, e fangosi. Il Luccio, dice Mr. Lemery, e segnatamente quello preso ne’ fiumi, è di un gusto così delizioso, che si serve sulle migliori mense come una vivanda esquisita, e nonostante ciò che ne dicono alcuni Autori antichi, il Luccio può passare per un buono e sano alimento, si digerisce con facilità a motivo, che la sua carne è sminuzzevole, poco serrata nelle sue parti e poco carica di umori vischiosi, e grossolani. Nel Tevere se ne prendono alcuna volta dei grossi assai, e molto buoni. In Francia, e Russia si conservano vivi tutto l’anno, e si uccidono per farli cuocere. In Pietroburgo specialmente sono di una smisurata grossezza, di una carne bianchissima, saporosa, soda, e delicata, onde vengono serviti sulle tavole de’ primi Grandi della Corte. Ma bisogna peraltro osservare ove il Luccio è stato preso, cioè il paese, e le acque. Esso è buono in tutti i tempi eccettuato, che nella Primavera non è così perfetto a motivo, che va in amore. La sua pesca fassi l’Autunno, l’Inverno, e una parte anche della Primavera; ma la migliore stagione è l’Inverno. Devesi evitare di mangiare le uova del Luccio, a motivo, che eccitano delle nausee, e che qualche volta purgano violentemente. In Francia se il Luccio è grosso, subito ucciso si lascia alquanto infrollire, acciò la sua carne non sia dura, e coriacea. In Russia si cuoce subito ucciso, ed è delicatissimo. Alcuni cuochi Russi però subito ucciso lo tagliano nel mezzo per lungo, e quindi in pezzi riquadrati, e lo cuoprono di sale per alcune ore prima di farlo cuocere, ciò che secondo essi lo rende più salubre, e di una carne più soda; ma ciò pratticano a quello di lago, e non di fiume.

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Questo pesce è molto cognito. e poco stimato, vive sempre nel mare, e mai nell’acqua dolce. Devesi scegliere fresco, grosso, e di buon sapore. Il Maccarello nutrisce molto, e la sua carne passa per avere delle belle prerogative, ma è molto asciutta, e insipida, produce de’ sughi vischiosi, e si digerisce un poco difficilmente. Bellonio biasima il metodo di quelli, che lo fanno bollire per mangiarlo, e dice, che deve essere cotto sulla gratella, e mescolarlo con dei condimenti, che aiutino a digerirlo; quello che è certo, che arrostendo si spoglia di vantaggio dei sughi vischiosi, e grossolani, che naturalmente contiene. Il tempo migliore per mangiarlo secondo Mr. Lemery, è nella Primavera, e nell’Estate, in cui si fa la sua pesca, che principia da Maggio, e dura a tutto Agosto. Il Maccarello si sala per conservarlo, ma non è che più nocivo, e di un sapore meno grato.

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Il Martino è un pesce di mare di una singolare figura, e come tanti altri pesci mai trovasi in acque dolci. La sua testa è ottima per brodi di magro, e la sua coda essendo tutta polpa serve a moltissimi usi; e benché la sua carne sia molle, e acquosa, ciò nonostante, è nutritiva, e facile a digerirsi. Il fegato del Martino è eccellente, e si appresta in diverse maniere per Ragù, Antremè, Guarnizioni ec. La sua pesca è nell’Inverno, e Primavera, nelle cui stagioni, e segnatamente nella seconda è grasso, grosso, con un fegato delicatissimo, e la carne di ottimo sapore. Si deve scegliere fresco, polputo, e grosso.

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Togli borragine, spinaci e biete trepice e simili; poni in acqua fredda a bullire; poi, gittata via l’acqua, s’atritino forte col coltello; poi rimetti a cuocere con lacte d’amandole e, mesovi dentro battuto di tinca, potrai dare la quaresma al signore, con le specie e con çaffarano, messovi del çuccaro.

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Togli melle bullito e schiumato, con le noci un poco peste, e spetie, cotte insieme; bagnati la palma de la mano coll'acqua, e extendilo; lasa freddare; e da' a mangiare. E poi ponere amandole e avellani in luocho di noci.

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Il Merluzzo è un pesce di mare, che monta spesso verso le rive, esso vive di piccioli pesci, e di tutto ciò che trova nel mare, e benché questo pesce sia molto comune, non lascia per questo di essere stimato per il suo buon gusto. La sua carne è leggiera, salubre, e facile a digerirsi. Questo è di tutti i pesci conosciuti quello, che produce meno cattivi effetti; mentre sonosi vedute delle persone mangiarne con eccesso, e non esserne incomodate, motivo per cui se ne può permettere l’uso agli ammalati, e convalescenti. Il Merluzzo nutrisce poco, ed è ancora questo nutrimento di sì poca durata, che il sugo che ci somministra si dissipa così presto, che la natura non ha quasi il tempo di disporne per il sostentamento dei nostro corpo. Devesi scegliere grosso, fresco, e polputo; la sua pesca dura tutto l’anno, ma la migliore stagione è la Primavera, e l’Estate. Questo pesce poco si conserva, ed il suo fegato è molto delicato.

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La pesca del Merluzzo si fa nella Està e nella Primavera. Questo è un Pesce di poco nutrimento e di niente gusto; ma volendolo servire, si può cuocere lesso, in ragù e fritto. Il primo a mangiarlo fu Stassicaro Romano.

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Con miglio si fa lo stess’uso che si fa del Riso; ma ha bisogno di maggior condimento per essere insipito.

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Chi avesse in horrore il prendare medicina, tolla prima agresta, arancio o aceto, e gargariçi; o mastichi tralci de vite o pomi, e sputi; e poi prenda medicina.

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Tolli una neola o parte, mettila nel vino, poi involgili dentro la pillola, poi la poni nel cuchiaio; e prendi. Secundo, tolli il mele bene spurato, involgila in esso. e prendi. Tertio. involvila in polta; e prendi. Quarto, mettila in uno ovo da bere; e prendi. Quinto, mettila in vino dolce spetiato; e prendi. Sexto, mettila in pelle di cerasa o d’uva; e prendi. Septimo, piglia la pillola con uno stile o aco, e infondila in cera liquida, cavalane subito; e prendi. Presa la medicina, non si de’ la persona afatigare, aciò che la natura non si tiri in derietro dal suo operare, che porrebbe seguire vomito. Item. E poi che la medicina comincia a operare, non dorma. Item. E non tocchi cosa fredda. Cominciato a operare, facendo vomito è utile cosa, per ciò che la natura s’aiuta, e purgasi di sotto e di sopra. Se la medicina indugia a operare, tolli uno mattone caldo, spriçalo con vino, e poni su lo stomacho. E anche operando, poni sulo stomacho panicello caldo, per ciò che aiuta a operare. Se non menasse punto, facciasi uno cristere o provochisi il vomito. I moderni tollono electuario di succo rosado.

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Prendete della cipolla tagliata in piccoli dadi, e fatela cuocere in una casseruola sopra d’una stuffetta, o nella pentola al fuoco con butirro, e grasso; fate che le cipolle siano molto grasse, poi versatevi il sangue di sopra, volgendolo leggermente al fuoco, come si fa dell’uova sbattute, conditele poi con sale, e pepe; se questa maniera non è così gustosa come il bodino, vi troverete però lo stesso gusto, e con una minore spesa.

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Per imparare bene il modo di tirare ogni sorta di succo, si richiede principalmente attenzione sopra tutto ciò che io vi descrivo, altrimenti per una cosa che voi sbagliate, vanno a malora tutti i vostri succhi e colì. Prendete dunque una cazzarola, che sia bene stagnata, e vi farete delle fette di buon lardo, che non sia rancido, perché in questo caso sarebbe precipitato tutto il succo, e le immarcherete nel fondo della cazzarola una accanto all’altra per sino che sarà coperto tutto, il fondo della medesima: poi prenderete una o due cipolle secondo il succo che vorrete tirare; se ne volete tirar poco, prenderete una cazzarola piccola secondo il vostro bisogno, e poi prenderete una o due cipolle, secondo le cipolle, perché si trovano cipolle grosse e cipolle piccole, onde in tutto vi deve regolare il vostro giudizio, e queste le metterete sopra le fette del lardo; poi sopra alle cipolle vi metterete le fette di buon prosciutto; di poi prenderete un pezzo di vitella magra bene battuta con uno stenderello, trapuntata con qualche garofano, ed una spica d’aglio fatto in sei quarti la metterete nella detta cazzarola, in cui avete preparato le cipolle e tutto ciò che vi ho descritto; dopo di ciò la metterete al fornello a fuoco lento, per sino a tanto che vedete che nella cazzarola della composizione vi farà un brodo, ed allora potrete accrescergli il fuoco sino a tanto che sentirete che resta senza brodo, e che voglia cominciarsi ad attaccare, ed il segno è questo: sentirete stridere e fare certi scrocchetti, allora vi metterete mezzo cazzarolo d’acqua bollita, che si chiama rinfrescare il succo, e questo lo farete sino a tre volte; l’ultima volta dopo d’averla rinfrescata per vedere se è arrivata, ha un colore di occhio di gallo piuttosto acceso, lasciategli consumare tutto quell’umido di acqua bollente; qui poi conviene avvertire e stare attento che non vi ritorni a fare li soliti scrocchetti, ma subito vi metterete il brodo di manzo che avete preparato nel Capitolo primo di questo Libretto, e lo farete bollire per lo spazio di un’ora, e vedrete se il succo sarà di buon colore, mentre il succo deve avere il color biondo, uniforme al colore della cannella; ed avvertite bene che il colorito delle zuppe sia di questo bel colore, che allora sarete stimato tanto nelle zuppe, quanto nelli vostri umidi e nelli vostri intingoli, perché il bel colore rallegra l’occhio ed il gusto. Ma in questo tirare di succhi, cosa più importante e rimarchevole della cucina, vale più la pratica che la teorica, perché conviene avere una perfetta cognizione di sapere, cioè quando veramente sia arrivato a suo punto giusto, sia di colore, sia di sapere e di buon gusto, perché molti mettono le erbe nel bollito e molti nel succo, ma questo non fa al proposito, perché tutto sta nell’incontrare il colore. Per fare un buon colì di grasso si aggiusta una cazzarola secondo il metodo della cazzarola del succo, ma con questa differenza, che nel succo si deve mettere il brodo che vi può bagnare le zuppe, intingoli ed altro; ma il colì è di maggior sostanza, il quale serve per salse e per aiutarvi qualche zuppa per dargli maggior gusto, e per altri piatti che da me vi verranno descritti. Per fare dunque il colì, farete nello stesso modo, con cui avrete immarcato la cazzarola del succo, cioè il fondo della cazzarola; sopra vi metterete un buon tocco di vitella magra o di vitella mongana trapuntata di garofani, e cannella spolverizzata di spezierie dolci, e poco sale sotto e sopra; getterete il vostro pezzo di vitella nella cazzarola già preparata, e la farete andare a fuoco lento, come avete fatto il succo di essa carne; e quando avrà cavato tutto il suo succo antecedentemente detto, potrete accrescere il fuoco più gagliardo nella stessa maniera del succo; lo rinfrescherete sino a tre volte, e lo verrete toccando a volta volta con un forchettone, ma leggermente quanto per sollevarlo, acciocché non si attacchi, e che venga ben colorito nello stesso modo del succo; e qui parimente con viene stare attento, primieramente acciò non si attacchi, mentre allora sarebbe male, né che venga troppo colorito, che allora puzzerebbe di abbruciato, sarebbe peggio assai; onde conviene usare tutta l’attenzione di questi due capi, cioè succo e colì, perché andando male o l’uno o altro, andrebbe male tutto il fondamento della cucina. Inoltre quando voi metterete il vostro brodo nel colì, che sia fatto di manzo, come quello che avete messo nel succo, conviene avvertire che non sia abbondante; ma soltanto arrivi al pezzo di carne che avrete messo nella vostra cazzarola; indi la farete bollire per lo spazio di tre quarti d’ora, ma che mai non manchi il brodo nella medesima, con cui avrete messo il brodo già accennato di sopra; poi stemperate una mezz’oncia di fior di farina con un poco di acqua comune e la getterete nel vostro colì; ma prima bisogna sgrassarla di tutto il suo grasso, che avrà prodotto nella cazzarola, e di tutto quello che in essa sia stato messo, cioè lardo, prosciutto, cipolla ed altre erbe, che in essa avrete messe; polita che l’avrete di dette robe, vi getterete la detta colletta, e mentre andrete gettando giù la medesima, andrete sempre colando la cazzarola con la mano dritta, acciò non faccia posa, ma che il colì diventi denso; lo farete bollire per un altro quarto d’ora, e poi lo lascierete stare così fintantoché ve ne dovrete servire. Se poi il vostro succo o colì avrete tirato prima, ed avrete vantaggiato questo lavoro, non lo dovrete lasciare nelle cazzarole, ma bensì in vasi di terra ben puliti e vetrati di vernice.

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Nota, che 'l nero de la seppia si de' ligare di capo, che non si sparga; e porre al fumo; sì che, quando volessi fare salsa, savore, bruodo o altro mangiare nero, tu ricorra a quello. Item nota, come ditto è, in ciascuna salsa, savore o brodo si possono ponere cose pretiose, cioè oro, petre pretiose, spetie electe, overo cannoni, erbe odorifere o comuni, cipolle, porri a tuo volere; per li sani e per l'infermi.

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Arrosto = Questi Uccelli si apprestano nella stessa guisa, che il Piccione casalino domestico e non variano, che nella cottura, la quale deve essere al suo punto, onde mangiarli nel loro sugo interiore. Il passo de’ Palombacci è nel mese di Marzo, nel cui tempo sono assai buoni. Si distinguono i giovani dai vecchi dall’estremità bianche delle seconde penne maestre dell’ale, imperocché i vecchi ne vanno privi.

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Poni un poco d’acqua in una scudella, e cogli il grasso che esce del paparo, o ocha; e giungivi succhio di melangole e çuccaro che serà acro dolçe; mettivi çaffarano, e friggi in la padella; fa' poi abrusticare del pane biancho, infuso in tuorla d’ova debattute, e metti nel savore predicto; e poni nel taglieri a suolo a suolo.

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Taglia la gola al paparo, o occha; pelalo bene e bruscia; taglia i piei, cavali l’interiori, e lava bene; poi togli agresto, aglio – e se tali cose non puoi avere, togli erbe odorifere bagnate in aceto – e ricusci di sotto, e poni in spiedo, e arostilo; e se non fosse grasso, mettivi dentro del lardo. E poni un poco d’acqua in una scudella, e togli il grasso che esce d'inde. E quando serà asai cotto, levalo dal fuoco, e da' a mangiare, col sucho d’aranci, o di limoncelli, o di lumìe. E se vuoli, puoi fare peverada con molena di pane abrusciata, e col fegato abrusticato e pesto con la dicta molena. E tutte cose, distemperate con aceto, fa' bullire; mettivi pepe, çaffarano, garofani e altre spetie bone. Del capo, piedi, ventricchi, fegato, puoi farne agresta, mettendovi dentro ova debattute, çafarano, spetie; e da' a mangiare.

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Anguille scorticate, bene lavate e nette, tagliale; e, fatta la crosta dura, mettivele dentro; gittavi su spetie in bona quantità, e ponvi un poco d'oglio e succhio d'aranci, citrangole o lemmoncelli; e cuoci intra i testi; e, cotto, mangialo caldo, che è migliore.

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Fa' la forma de la pasta dura a longheça de la trota, o vuoli rotunda; e togli la trota, bene scagliata, lavata, e insalata; e le cose dentro, mettila nela dicta pasta; ponvi spetie su, ben trite con çaffarano e oglio; e chiudi la dicta pasta secondo la forma de la trota, e facciansi corna in ciascuno capo de pasta, a modo di barche. E facciansi due fori nella dicta pasta, uno presso al capo, l'altro presso a l'altro capo, overo si faccia uno foro nel meço; e cochasi nel forno, overo nei testi; poi che sirà bene cotto, mettasi per quelli fori acqua rosada, o vero succhio d’aranci o di citrangole. E al tempo di carne, ponasi ine del lardo distructo, e non de l'oglio. Similmente si pò fare coppo, overo pastello, d’altri pesci, de sardine, alleci, triglie e altri, per quello medesmo modo.

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Fa' il pastello, e empilo di semola, e fallo cocere nel forno; e, quando sirà cotto, gittane fuora la semola per uno bucco di sotto o da lato, e inchiudici dentro diversi ucelli vivi, quelli che tu vuoli. E fa' fenestrelle nel pastello, a modo di fenestrelle di gabbia; e facto questo, ponansi nel'arbore che si dirà.

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Togli uno capretto minuçato o polli piccioli smembrati; e friggili col lardo frescho, e cipolle minuçate, e erbe odorifere trite con çaffarano, e tuorla d'ova, e distempera fortemente, e mesta con ova; e metti tutto in uno vaso sopra la bragia, e volge spesso, fine che sia spesso; giongivi spetie abastança; coloralo con tuorla d’ova; e fa' la forma de la pasta, e richiudi tutto; fa' cuocere; e mangia.

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Togli capretto bene tagliato, e sepis tagliate, e friggi con lardo; ancho togli erbe odorifere in buona quantità e çaffarano, e pesta forte, e cascio frescho con esse bene trito; e distempera colla dicta carne; e metti in uno vaso sulla bragia, sì che sia speso alquanto, e fa' la pasta nella teggia, competente sotille, e poni del lardo sofricto intra 'l testo e la pasta. Togli anche pepe sofficientemente, e carne con ova predicte, e poni nel testo; e fa' un'altra pasta, e metti di sopra; e poni bragia di sotto e di sopra.

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Togli polli smembrati, spetie e çaffarano e herbe odorifere; mestali insieme, e friggeli un poco; poi mettivi ova debattute e agresta in bona quantità. En tanto, facciasi la crosta; componi poi il pastello, facendo due o tre solari, e a ciascuno solaio mettendo spetie; al de sopra metti lardo, e copri il pastello, e fa' uno foro nel meço d’atorno; di sopra forma ucelli di pasta pieni, o altri animali che ti piacciano; e, postovi del lardo, cuocilo nel forno; e da’ mangiare. Simile modo si pò fare de cascio frescho con carne battuta.

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Arrosto = Tutti questi Uccelli si apprestano nella stessa guisa, cioè, spennateli, sventrateli, flambateli, spilluccateli, e trussateli propriamente, incartategli ad alcuno de’ più rari la testa con tutte le penne con diversi doppi di carta unta di strutto, acciò si possa riconoscere l’Uccello dopo cotto. Alcuni però credono, che sia una viltà il pratticare sì fatto metodo sulle tavole de’ Principi di alta sfera, onde io lascio ciascheduno in albitrio di fare ciò che crede più conveniente su questo particolare; lasciategli inoltre le zampe alle quali spuntarete le unghie; indi piccateli di minuto lardo, ovvero copriteli di fette di lardo; fateli cuocere Arrosto avvolti di fogli di carta, ad un fuoco eguale, e non aspergeteli che rare volte acciò non perdino il loro Fumè, cioè il loro gusto di selvaggiume, e serviteli di un bel color d’oro pallido.

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È Questo un assai grosso, ed eccellente pesce di acqua dolce, moltissimo stimato in Pietroburgo La sua carne è saporosa, bianca, soda, e delicata, produce un ottimo nutrimento, e si digerisce con molta facilità. Il suo nome Bielo significa bianco. Questo delicato pesce si prende ne’ laghi Ladoga, e Onega, situati molte giornate lungi da Pietroburgo, ed essendo alquanto raro viene ordinariamente regalato, ciò che fa dare de’ sontuosi pranzi. Il pesce Bielo, in quanto alla figura, rassomiglia quasi ad una delle nostre grosse Om-brine, ma bianco, senza squame, e con una sola grossa spina. Esso si serve ordinariamente intero, cotto al Corto brodo, per un Rilievo, con diverse Salse nelle salsiere, come Ascè, all’Inglese, Piccante, all’Alici ec., ma si può ancora disfare, e apprestare in tutte quelle maniere, che il Pesce spada, il Salamone, la Spigola ec. L’Inverno è la stagione migliore. Esso viene portato in Pietroburco morto, non solo perché la sua carne ha bisogno di essere alquanto infrollita, ma inoltre perché venendo di lontano, si rende impossibile, per la sua grossezza il trasportarlo vivo per alquante giornate, in un clima vicino al Polo ed in una stagione così gelata. Come il simile accade in ordine a qualche Storione, che viene d’Arcangelo sul mare bianco.

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Il Cappone è un pesce di mare assai ottimo per fare dei brodi di magro, ed è inoltre molto buono a mangiarsi, la sua carne è soda, bianca, saporosa, e facile alla digestione: devesi scegliere grosso, fresco, e polputo, il modo migliore di mangiarlo è allesso, e caldo, benché si appresti in diverse altre maniere, delle quali ne accennerò alcune. Questo pesce vive sempre nel mare vicino ai scogli, né mai trovasi in acqua dolce. La migliore stagione per mangiarlo è nella Primavera, e nell’Estate, benché pescasi quasi tutto l’anno.

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Questo pesce viene nominato anche Dorato a cagione del color giallo che ha su’ fianchi, ma comunemente è appellato pesce di S. Pietro sulla credenza, che questo Apostolo prendesse un tal pesce per comando del Salvatore, e che trovasse una moneta nella di lui bocca, onde pagare il tributo, e che l’impronta delle due dita abbia formata la macchia, che gli si vede sul ventre. Esso vive di cadaveri, e di tutto ciò che ritrova nel mare, abita volentieri fra gli scogli, o dell’Oceano, o del Mediterraneo. La sua carne è meno dura di quella del Rombo, di un buon sugo, facile alla digestione, ed era molto stimata dagli antichi, ma al presente viene riguardato questo pesce come assai ordinario, e di poco pregio. Il migliore è quello, che si prende nell’Inverno, e nella Primavera.

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Sonovi due specie di questi pesci, una di acqua dolce, ed una di mare, ma quest’ultima non è punto impiegata fra gli alimenti. Il Persico di acqua dolce si divide, anch’esso in due specie, cioè grande, e picciola, ambedue eccellenti a mangiarsi. Si pretende che quando questo pesce è troppo grasso, e troppo vecchio, sia di un cattivo sapore, e difficile a digerirsi, si dice inoltre la medesima cosa di quello, che dimora nei luoghi limacciosi, o fangosi. La carne di questo pesce è bianca, consistente, e saporosa. Mr. Andry, parlando del pesce Persico dice che la sua carne è delicata, e salutifera, che nutrisce molto, e che somministra un buon alimento, facilissimo a digerirsi, specialmente allorché è di una età media, mentre allora è di una mediocre consistenza. Al contrario quando è troppo giovane, o troppo vecchio la sua carne è molle e vischiosa, ovvero dura e coriacea. Il pesce Persico è buono in ogni stagione, ma meno ne’ mesi di Marzo, e di Aprile, nel cui tempo assicurano che faccia l’uova, onde non è così buono, come negli altri mesi dell’anno. Questo pesce contiene pochi umori grossolani, e produce molti buoni effetti, perché abita più volentieri nelle acque pure, e limpide, che abbiano un corso rapido, che in quelle che sono fangose, e che scorrono lentamente; di più si nutrisce di buoni alimenti, e si agita anche moltissimo, ciò che contribuisce, come si è detto di sopra, a rendere la sua carne delicata, e salubre. Le sue uova sono molto buone a mangiarsi, e si apprestano ordinariamente arrostite sopra la gratella, condite con olio, sale, pepe, e sugo di limone. In Parigi, e Pietroburgo il pesce Persico è eccellente, di un delicato cibo, e molto stimato sulle buone mense. La sua migliore stagione è nell’Inverno, nel cui tempo è pieno d’uova. Roma, Napoli, Venezia, ed altre Città d’Italia sono prive di questo eccellente pesce.

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Questo Pesce non entra mai nell’acqua dolce, e vive in alto mare. La sua pesca principia la Primavera, e dura tutto il mese di Agosto; se ne prendono assai sulle coste della Sicilia, e specialmente nel Faro di Messina; come anche nel Golfo di Napoli. In Roma per altro è alquanto raro. La sua carne è bianca, e soda, facile alla digestione, di ottimo nutrimento, e poco carica di parti grossolane, e vischiose onde viene molto stimata sulle buone mense. I pescatori, o venditori di Pesce vendono alcuna volta la Caniega turchina per Pesce spada, mediante una qualche rassomiglianza nella pelle, e nella carne di questi Pesci: ma poco ci vuole, onde distinguerne la differenza. Veggasi sopra di ciò Cane marino in questo Volume.

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Arostire il pesce calamato, cavali l'interiori per li orecchi, e per quelli medesmi mettivi sale, overo per la bocca che esca per quello – sia spatio in modo di spada; e fallo cocere un poco, presso al fuoco; poi il larda sottilmente e studiosamente, quasi fosse uno fagiano; e di novo l'arosti abastança; e mangia col succhio d'aranci, citrangole, acqua rosa, o lemoncelli.

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Il Petrosemolo è di grandissimo uso. È di condimento alle Zuppe ed in tutte le vivande di Potaggeria. Se ne formano diverse salse e sapori; è ottimo per le farse. Col petrosemolo fritto si condiscono fritture ed arrosti.

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Il petto del vitello si serve in bianco con fiori di boragine, petroselli, e erbette odorose. Dopo esser cotto in bianco, si pone alla graticola con crostata di pane, sale, pepe, overo pane, zucchero, e cannella unto benissimo col grasso dalla leccarda, e similmente in tegame nel forno. Riesce ottimo stuffato con un poco di malvagia, e aromati,   aggiuntevi varie sorti di conditi, si riempie di cacio grasso grattugiato, polvere di mostaccioli, salame grattugiato, erbe odorose, grasso di porco battuto, pinocchi, uva passa, pepe, garofani, noce moscata, uova fresche, e un poco di sale, chiuso con filo, si pone a lessare in brodo grasso, e lessato si leva il filo infarinandolo molto bene con farina di pane di Spagna; si frigge in butiro servendolo caldo nella salsa reale. Così ripieno, si pone ancora allo spiede, dove ben percosso di grasso ardente, si serve con crostata sopra, e limoni tagliati. Di questo se ne possono cavar vari servigi, e oltre l’esser ottimo freddo, si può formarne vivanda in fette, regalata con cedri tagliati, pepe ammaccato, e erbette odorose. Se ne possono fare spezzate in fracassata, e pasticciotti brodosi, e la punta di esso petto, levata con proposito, fà uficio gentile in pasticci ordinari, e in altre occasioni, con accompagnamenti opportuni.

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Si serve come il collo, e si fa arrostire nella stessa maniera, come anche si fa cuocere alla braise intiero, o tagliato in pezzi, e servitelo con un intingolo di rape; si fa pure in hauchepot. Vedere la coda di bue in hauchepot pagina 61.

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Sono perfettissime le polpe de’ galli d’India trinciate in insalata, e si fanno minutte come il vitello, regalando il piatto colle medesime polpe in fette, condendole con aceto di fior di gelsomini di Catalogna, e zucchero, con alcuni grani d’uva passa, di levante bollita in vino, mettendovi olive di Spagna dorate senz’osso intorno all’orlo, con pochi cappari di Genova, si puole aggiugnervi cedro grattugiato, regalando l’orlo del piatto, con cedro condito asciutto, ritocco d’oro in tempo di banchetti.

Pagina 88

Il petto si serve in piccolo salato; il filetto, il quarto, e la schiena si servono in coste, o allo spiedo con una salsa di mostarda, od un intingolo di piccole cipolle.

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Arrosto = Sonovi tre sorta di Piccioni domestici, cioè i piccioli detti Innocenti, i grossi detti Canalini, ed i Campagnuoli, questi ultimi si distinguono dagli altri mediante una carne oscura, ed un becco più sottile. I migliori sono i Casalini detti da’ Francesi Piccioni Romani. Gli Innocenti benché siano poco in uso fra noi, nulladimeno dopo di averli uccisi, spennati, lavati, sventrati, flambati, e spilluccati, tagliategli le ale, il collo, e le unghie, avvolgeteli di foglie di vigna, e di fette di lardo, infilateli ad uno spiedino, passandoglielo a traverso le coscie, in guisa, che cadaun Piccione sia ben coperto, e che non si veggano, che le zampe: alla fine della cottura spolverizzateli, se volete, di mollica di pane grattata, fategli prendere un bel colore dorato, e serviteli. I secondi debbono essere un pochino infrolliti, onde subito uccisi, e spennati, lavateli bene, e lasciateli così qualche poco; quindi sventrateli lasciandoli il fegato nel corpo, e osservando, che non vi resti qualche acino di granturco, flambateli, spilluccateli, e tagliategli le ale, il collo, e le unghie, trussateli, piccateli di minuto lardo, ovvero copriteli con una fetta grande di lardo; fateli cuocere Arrosto, infilati allo spiedo, e serviteli ben cotti, e di bel colore. Anche questi li potete coprire di foglie di vigna come gli altri. I Campagnuoli si apprestano egualmente.

Pagina VI.7|VI.8

Arrosto = Anche questo si appresta come la Pollanca, e si serve egualmente.

Pagina VI.7

78. Il pollo d’India è più facile a farsi dell’oca perché non è tanto untuoso e quindi più saporito dell’oca stessa. Non è tanto facile che passi la cottura, fuori dei polli novelli, che conviene farli cuocere interi, ed il pregio di questi si è che con più sono piccoli, sono tanto più buoni. I polli si possono servire con salse agrodolci o gremolate tanto calde come fredde o con altre salse a piacere, delle quali salse potrete ricorrere al cap. 19.

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Polpo grosso si pò lessare e mangiare col sale e comino; o altri pesci simili al polpo che si chiamano 'moscatelli'.

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Il Popone è buono in pottaggio; cotto in giulebbe se ne fa Torta. Si serve fritto con pastetta o senza; unito con latte se ne fa Crema, siccome si è detto.

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Il porco da latte si fa cuocere allo spiedo; quando l’avrete ben pelato, ed acconciato, tagliategli un poco di pelle in testa, nelle spalle, e coscie, acciò la pelle non si rompa; indi mettetelo al fuoco, fregandolo soventi con olio, per rendere la pelle più tenera, e mangiatelo subito che l’avrete cavato dallo spiedo, perché ha miglior gusto.

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Metti el riso a cocere nell'acqua dovi sieno stati cotti i piei del capretto, e mettivi lacte d'amandole e çuccaro.

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Del riso se ne fa grandissimo uso. Ridotto in farina e cotto con latte, se ne fanno frittelle; cotto con latte, butirro e parmegiano se ne fa polenta. Del riso intiero se ne fa pottaggio in brodo di carne, condito con gialli d’uova, parmegiano e cervellato; si cuoce in latte con butirro, se ne fanno pottaggi da magro con sugo di Gambari o pesci, o pure con latte di mandorle. Serve per ripieno di Torte ed altri usi, come si è veduto in vari luoghi.

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Il rognone del vitello, oltre che riesce ottimamente servito caldo levato dallo spiede, può servire insieme col suo grasso a varietà di vivande. Servirà in fette per riempimento di pasticci, e grossi, e minuti, e parimenti battuto sottile in una tagliata di polpa. Accompagnerà per riempimento di pagnottine, ò pasticci con midolla in bocconi, oltre che levato caldo dallo spiede ben battuto, condito con pepe, e zucchero à sufficienza, con un rosso d’uovo, e un poco di cacio grattugiato, tirato sopra fette di pane rifatto, posto nella padella a fuoco lento, servirà per piatto, ò per regalo, che posto caldo con zucchero sopra, sarà vivanda gentile, e gustosa.

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Se è cotto allo spiedo servitevene per le farse, triturandolo con del grasso, prezzemolo, cipollette, e fonghi, che triturarete separatamente; unite la farsa con rossi d’uova, e conditela di buon gusto. Servitevi di questa farsa per fare delle rostite, delle torte, o dei cannellini, o per gl’intingoli in cui è necessaria la farsa; potete altresì farne delle frittate.

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Fatelo cuocere in una casseruola proporzionata con metà salamoia, e metà latte, quanto basti per far bagnare il pesce: fatelo bollire lentamente dimodoché non si rompa; quando piega sotto le dita è cotto; servitelo sopra di una servietta guernito di prezzemolo fritto d’intorno per un piatto di arrosto; se volete servirlo per entrée in magro mettetelo nel piatto con sopra una salsa all’olio, che farete mettendo in una casseruola dell’olio fino, sale, pepe rotto, ed alquanto di aceto; fate scaldare la salsa senza lasciarla bollire, e servitela sopra del rombo.

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Il nome di Rombo ci viene dal latino, che significa largo, piatto, e di figura quasi rotonda; sonovi diverse specie di Rombi; non solo in quanto alla grandezza, ma ancora in quanto alla figura; mentre alcuni di essi sono chiodati, altri lisci, altri con pungiglioni sulla testa, ed altri senza. Questo pesce abbita nel mare, alcuna volta verso le spiaggie, ma più spesso alle imboccature de’ fiumi, ove attende il passaggio de’ piccioli pesci, e de’ gamberi, de’ quali forma il suo nutrimento. Il Rombo è un eccellente pesce di mare nominato d’alcuni Francesi Faisan d’eau, cioè Fagiano di acqua, a motivo che la sua carne approssima in bontà, a quella del Fagiano; esso è uno de’ migliori pesci che abbiamo, tanto Per essere molto nutritivo, quanto per essere molto sano, e di facilissima digestione. La sua pesca fassi tutto l’anno, ma i migliori sono quelli chiodati presi nell’Adriatico, e durante l’Inverno; nulladimeno anche nel Mediterraneo si prendono degli ottimi Rombi chiodati. Si deve scegliere questo pesce polputo, chiodato, pesante, di un bianco chiaro, di una carne fresca, grassa, e senza macchie di sangue stravasato. Si altera sovvente la buona qualità di questo pesce a forza di timo, rosmarino, alloro, basilico, cipolle, garofani, pepe, sale ec., la migliore maniera di mangiarlo è allesso semplicemente, o al corto Brodo; ciò nonostante si appresta in molte, e varie maniere sì di grasso, che di magro.

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Il Rondino è un pesce di mare assai ordinario, e mai servito sulle buone mense. La sua carne è asciutta, alquanto dura a digerirsi, piena di tubercoli, e di un sapore insipido. In Napoli viene appellato pesce Castagno atteso il suo colore bruno rassomigliante quello del Castagno. La sua migliore stagione è nell’Inverno, e Primavera. Per squamare questo pesce è necessaria l’acqua bollente, la quale si versa leggermente sopra le squame, a misura che si pulisce col coltello, e nettato che è da una parte, si volta dall’altra. Il Rondino si può servire intero cotto al corto-Brodo, o allesso come il Cefalo, e servito con sopra qualunque Salsa, o Ragù di grasso, o di magro. Si può ancora dissossare, e formarne Granadine, Ruladine, Filetti ec. Si possano anche apprestare i filetti cotti, con sopra diverse Salse, e Ragù, di grasso, o di magro, e finalmente si può tagliare in fette dissossate, o non dissossate, e prepararle come quelle di Palombo pag. 111.

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Col rosmarino si condiscono vivande di carne in istufa ed in arrosto, specialmente quei di agnello e salvagiume. Colle cimette tenere di Rosmarino si fanno frittelle in pastetta; con i fori di Rosmarino si guarniscono lessi di carne e di pesce ed insalate diverse.

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Il Salamone è un grosso, ed eccellente pesce di mare, che ama l’acqua dolce, ciò che lo rende di un sapore assai grato: a tale oggetto entra ne’ fiumi nel principio di Primavera, osservandosi, che in questa stagione è più grasso, e di miglior gusto, che in qualunque altra, ed in oltre molto superiore a quello, che alcuna volta si prende nel mare; ma allorché ha dimorato più di un anno in un fiume diviene pallido, secco, magro, e di cattivo sapore. Il migliore Salamone deve essere grosso, di un’età media, corto, rossastro, e pescato in acqua chiara, e corrente; la sua carne è tenera, delicata, e saporosa. Il boccone migliore di questo pesce è la Hure, ossia la testa con parte dei collo; poscia viene il ventre detto panzetta, ma siccome questa parte è molto grassa non conviene per conseguenza gran cosa allo stomaco. In Francia se ne prendono de’ molti buoni nella Saine, la Loire, ed assai più nella Garonne. In Germania nel Reno, in Inghilterra nel Tamigi; Inoltre tutti i fiumi del Nord abbondano di Salamoni, e segnatamente in Pietroburgo sono delicatissimi quelli presi nella Neve. I fiumi di Spagna, e di Portogallo somministrano anch’essi di questi ottimi Pesci. I Spagnuoli, i Russi, ed altre Nazioni, usano di salarlo per conservarlo, e farne commercio col trasportarlo ne’ Paesi esteri, e specialmente in Italia, ove siamo privi di sì buon pesce. La sua pescagione fassi di Primavera, nel cui tempo è migliore, e questa continua l’Estate, e l’Autunno. Il fegato di questo pesce, i latti, e le uova sono molto stimati, e si possono preparare in diverse maniere.

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Tagliatelo in fette, e fatelo marinare con alquanto d’olio, o buon butirro, sale, e pepe; mettetelo alla graticola, bagnandolo con la sua marinata, e servitelo con le medesime salse, ed intingoli del rombo. Si può altresì servire cotto in court boüillon con le medesime salse, od intingoli. Se volete servirlo per un piatto di arrosto non levategli le scaglie, e quando è cotto mettetelo a secco su di una servietta con prezzemolo verde d’intorno. Se lo servite per entrée levategli le scaglie, lasciando il pezzo intero come per il rosto. Il court boüillon si fa mettendo in una pignatta del vino bianco, brodo magro, erbe, cipolle in fette, un mazzetto guernito, sale, pepe, e butirro; fatelo cuocere dentro. Ogni sorta di pesce in court boüillon si fa cuocere nella stessa maniera.

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Quantunque il sangue di ogni animale è un fluido eterogeneo, composto di particelle terree, saline, oleose, alcaginose, di siero, di flemma e di bile, pure a molti piace e perciò se ne parla come siegue.

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Questo pesce in quanto alla figura rassomiglia all’Orata, onde viene chiamato da’ pescevendoli Orata Liscia. Il suo colore è bruno, e la sua carne è insipida, asciutta, nutrisce poco, e si digerisce ancora facilmente. La sua stagione migliore è nell’Inverno, e Primavera, benché pescasi tutto l’anno. Esso si appresta come la Orata.

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Togli il fegato de la grua e arostilo sulla bragia; poi piglia bone spetie, magiorana, çaffarano e il ditto fegatello; e pesta bene onni cosa insieme, e due tuorla d'ova metti con essi, e distempera con buono vino e un poco d’aceto; poi mettivi un poco di mosto cotto, aciò che sia chiaro dolce.

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Fa' lessare i piedi e capi fortemente; giungivi aceto in bona quantità e foglie di salvia; e mangia. E puoi lo servare per XV giorni, a tempo di verno. Anche di questi medesmi fa' come ditto è di sopra; e quando la carne sirà quasi cotta, giungivi aceto nell'acqua abastança, sì che non sia troppo forte nè debile. Fallo poi bullire sì che torni al terço, a tempo di state; e poni la carne in altro vaso; mettivi su foglie d'alloro, e togli spetie e çaffarano, e distempera col brodo preditto. Poi cola il brodo sopra la carne preditta, e giungivi su de spico bene trito, e asapora di sale; e mangia. E se spico non avessi, mettivi del comino. Similmente si pò fare gelatina di porcello, di polli, o altri ucelli, che tu vuoli.

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Del Somaro Lattante se ne fa uso oggidì nelle Mense de’ Grandi, particolarmente dagli abitanti degli Oltramontani Lidi. Ha bisogno questo Animale di molta cura nello ingrassarsi; ma divenuto grasso, egli è anche bianco e tenero come al Vitello, onde se ne possono fare le stessissime Vivande che si son descritte parlando del Vitello Lattante.

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Il Sudacco è un pesce delizioso, di acqua dolce, molto comune in Pietroburgo. Esso rassomiglia in gran parte per la sua figura, le squame, i colori, e la spina, ad uno de’ nostri Dentali, ma i colori sono un poco più pallidi. La carne del Sudacco è bianca, soda, e di un sapore delicatissimo, produce un nutrimento sostanzioso, e si digerisce assai facilmente. La migliore stagione di questo pesce è nell’Inverno. Esso si può apprestare esattamente come il Dentale, la Spigola ec., ma la migliore maniera è di dissossarlo, levargli la pelle, e la spina, tagliarlo per traverso in filetti larghi tre dita, marinarli con sale, pepe schiacciato, e sugo di limone, indi infarinarli, e farli friggere di bel colore, e servirli con sotto una Salsa all’Aspic di grasso, o di magro.

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Il Targone è un’erba gustosissima per vivande di potagieria, per pasticci caldi e freddi e per salse in olio. Quest’erba condisce bene l’aceto, mettendola in esso.

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19. Il tasso volendolo cucinare conviene metterlo in infusione, come si è indicato al n. 17 di questo capitolo parlando del cinghiale alla porcetta; ed il maiale al cinghiale (n. 4), cotto alla predouillet (cap. 22 n. 1), e come il gigò alla moscovita, ossia alla russa (cap. 8 n. 5). Si può cucinarlo in altro modo, ma complicato e con diversi ingredienti e vini forestieri.

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Il Timo è ottimo nelle vivande in umido da grasso e da magro, negli arrosti di Castrato, di Agnello, Volatili salvatici e Pesci.

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Il Tonno è un pesce di mare assai grosso, pesante, e panzuto, molto abbondante nel Mediterraneo, e segnatamente verso le coste di Provenza, di Sicilia, di Calabria, di Napoli, e spiaggie della Chiesa. La sua pesca principia nella Primavera, e dura fino all’Autunno, nel qual tempo si crede migliore. La sua carne è soda, rossastra, e di un gusto saporoso, ma di dura digestione. Mr. Andry, parlando di questo pesce dice, che la carne del Tonno è dura, grassa, e di un gusto acre, che si digerisce con difficoltà, e che produce dei sughi grossolani, e malinconici. La parte del Tonno la più succolente è la parte inferiore del ventre; ma essendo sovverchiamente grassa, resta lungamente sullo stomaco, rilassa, e indebolisce le fibre, e per questa ragione non è così salubre, che le altre parti; nulladimeno viene servita talvolta sulle migliori mense; ne viene in seguito la testa, e la parte della coda è la più inferiore. Il Tonno si mangia tagliato in fette, o in filetti, in Granadine, in Ruladine, alli Piselli, all’Erbe fine, alla Salsa bianca, in Bianchetta, in Insalata ec. si mangia fritto, o marinato, si mangia arrosto sopra la gratella, e apprestato poscia all’Arancio, o Butirro rosso; esso è meno: salubre in queste due ultime maniere, che nelle altre. Il Tonno riceve vari nomi secondo la diversità dei luoghi, ov’egli passa. Chiamasi Cordille, allorché sorte dall’uovo; Limare, quando è più grande, e che principia a compiacersi di stare nel matricume del mare; Palamido, allorché lascia questo matricume; e Tonno quando passa la grossezza di un piede. Questo pesce per essere buono devesi scegliere fresco: articolo importante, altrimente pungerà fortemente le fibrette della lingua, in guisa da non potersi mangiare; deve avere la carne soda, e di un colore cremisi. La carne del Tonno si prepara in diverse maniere per conservarla, e farne commercio; cioè una porzione appellasi Tonno sotto olio, o sotto aceto; un’altra porzione salata, e sfumata chiamasi Moscimano; i retagli salati nominasi Tonnina; la parte del ventre salata appellasi Tarantello; e le uova si salano anche esse, e se ne formano delle Bottarghe simili a quelle di Cefalo. Per togliere alla carne del Tonno tutto ciò, che può avere in se di nocivo riguardo alla salute, sarà bene di farla stare tre o quattro ore con sale sotto, e sopra, prima di porla in opera; mentre i sughi grossolani che contiene, si affineranno mediante l’azione del sale ed allora la carne averà un gusto più grato, e si avvicinerà alquanto a quella del vitello. Ciò nonostante la carne del Tonno non è punto stimata, e di rado viene servita sulle magnifiche mense de’ Grandi, essendo il Tonno della classe de’ pesci ordinari.

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Non devesi mai asportare da una cantina vini in barili, senz’averli prima travasati, vale a dire cavatone il liquido chiaro che è al disopra della feccia, il che richiede l’intervento di persona pratica.

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Il Zafferano è ottimo in Cucina per colorire e render gustosi i geli, i brodi ed i pottaggi, particolarmente quello di riso, ed anche per i marinati.

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Essendo lo Zucchero la base fondamentale di tutti i sorbetti, rosoli, biscottineria, canditura ec., così bisogna conoscerne a perfezione le cotture per poter lavorare con esattezza; e secondo le regole più precise dell’arte. E siccome per economia, in molte lavorazioni si addopera al dì d’oggi lo sciroppo d’uva, ed il miele invece del zucchero, così vi descriverò la maniera di purificare, e togliere per quanto si puote I’acido mallico al miele, come pure per fare lo sciroppo d’uva, che l’uno, o l’altro, potrete addoperare per i rosoli, marmellate, confezzioni liquide, e simili lavori. Io però tutti i lavori ve li descriverò fatti con il zucchero di canna, onde a voi poi lascio l’arbitrio di commutarlo in qualche luogo, che vi parerà a proposito.

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Togli l'amandole, e mondale; pestale, e distempera con acqua bullita; e poni lacte a cocere con la merola del pane, overo farro; e ponvi tuorla d'ova sane o pesti, overo distemperati, e mettivi çaffarano e çuccaro e un poco di sale.

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Spinaci, borragini, petrosello, biete, aneto e simili cose fa’ bullire. E, gittata via l'acqua, poi le batti minutissimamente su la taola. E mettile a cocere con lacte d'amandole; e guardale dal fumo.

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Carne arostita è più savorita che la lessa perché è cotta nel suo humido e quella nell'altrui.

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Togli cascio frescho, lavato e bene premuto, e speçato minuto colle mani nel catino; poi togli ova, e sbattile bene insieme col detto cascio e con lardo pesto e battuto, e un poco di pepe, se tu vuoli; e metti nella crosta, e asapora di sale; e fa' cocere. Nelle predicte cose, se vi se mette menta nepitella pesta, si chiama 'erbata'. E puosi fare con scalongne e çucche. E puosi fare tale casciata sença la crosta di sopra.

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Togli rafano tagliato minuto, anasi, seme di finocchi, e poni a cuocere nel musto; e cocansi tanto che 'l mosto torni a meço; e con quello mosto distempera la mostarda; poi togli rape picciole e naponi e mele cotogne e pome, divise in quattro parti, e pere divise per meità, e carote integre, e radici di petroselli, e biancho di finocchi; e metti a cocere tutte queste cose. E quando siranno cotte, compolle ordinatamenti in uno vaso netto, interponendovi mostarda distemperata di sopra, e semi predicti. E se volessi, poi ponerci del mele; e puosi fare cum çuccaro e canella distemperata col predicto, e con aceto; e reponi, e serva.

Pagina 150

Togli carotte bene lavate e bullite, e falle freddare. Et in l'acqua d’esse fa cocere rape divise in quatro parti e non molte cotte; e similemente fale freddare. Poi togli radice di petroselli, di rafano, d'anati, in libro est acciorum, e biancho di porro, e finochi, pere, cappari e cime di cauli; e fa' spartitamente tutte cose bullire, e freddisse come di sopra; secondo i lombardi, vi possono porre de' garobbi. Poi togli mostarda bona, facta con forte aceto, seme di finocchi, anisi, e singularmente ordina a solaio; e poni raffano, tagliato minuto, in ciaschuno solaio de le predicte erbe, poni mostarda e poi herbe particularemente, come se conviene. Queste cose, così ordinate, mettile in uno vaso, e di sopra poni una taola larga, e lassa stare per otto dì.

Pagina 150

Fa' bullire l'acqua con quatro oncie di adragante e cum due oncie di çuccaro; e, mentre bolle, mettivi la farina biancha a poco a poco, mestando forte col cocchiaio, e lassa bene cocere; e da' alo 'nfreddato. Puoi anche cocere al'infermi starne, polli, pesci, secondo la valitudine de lo 'nfermo, simplicimente lessi, overo nei bruodi, secondo che di sopra è dicto. E ova sperdute e molte altre cose ministrare.

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Togli frumento buono calvelino, o altro buono, mondo e pesto nel mortaio, bene lavato. E, la sera, il metti a lessare; e quando comincia a crepare, mettivi dentro in la pentola gallina grassa o bona pettorina di castrone calda; coprila bene, e servala così, fine ala matina; la matina cava la gallina, o la carne, e polla sul taglieri, e serva. Il grano metti a cocere col lacte di capra o pecora, giontovi su lardo o grasso sofricto; poi togli la dicta carne e sfilala da l'ossa, e fa’ minestre; e su vi metti lardo fricto. Questo è buono cibo; e se non avessi lacte, fallo con ova e cascio.

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Metti a bullire vino con aceto, e mettivi dentro a cocere i pesci bene lavati; e, cotti, cavali, e poni in un altro vaso. E in lo dicto vino e aceto metti cipolle tagliate per traverso, e fa' tanto bullire che torni a la terça parte; poi mettivi dentro çaffarano, comino e pepe; e getta tutto sopra 'l pescio cotto; e lassa freddare. Questa è 'schibetia di tavernaio'.

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Togli lacte di peccora, e distemperalo fortemente con l’ova; e poni il lardo nella padella, presso al fuocho, sì che sia calda bene. E abbi la mescola forata, e spargi il lacte su la mescola intorno per la padella; e cuocele competentemente. E, levatolo dal fuoco, giungivi çuccaro; e mangia. Item, nel dicto brodo, giongivi albumi d’ova stretti, tagliati a modo di dadi; e chiamasi 'gratonìa spagnola'. E questa puoi colorare come ti piace.

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Togli lacte puro, chiaro, colato, e mettivi pressame di capretto e d’agnello; e quando sirà stretto, lavalo bene, e compollo tra i gionchi, e da' al signore; overo che tu il poni nell'acqua fredda fine a hora di mangiare.

Pagina 185

Togli ova, lessali e mondali, e parti ciascun per meço, e cava inde il tuorlo; e, presa magiorantia, çaffarano e garofani, distempera coi detti tuorla d'ova; e pesta forte, agiuntovi dentro cascio grattato; e, per ciascuno otto ova, distempera uno ovo crudo; e, fatto questo, d'esso savore empi le pacche de l'ova, e friggile con buono lardo; e mangia, agiontovi il savore che si dise 'verçuço francioso'. De l'ova fritte, arostite e sbattute è si noto che non bisogna dire d'essi.

Pagina 181|182

Togli legume bene sciolto da le pietre e da rena; e, bene lavato e pesto, fallo bullire con un poco d’acqua; poi giungivi su del lacte abastança, con lardo overo grassa di porco sofricta; e coloralo come vuoli. E questo cibo tu puoi mangiare col capretto arosto.

Pagina 185

Togli cascio grasso e taglialo minuto, e togli rete di porco; queste cose mesta con farina e ova, e distempera; e, messovi çaffarano, poni nelle croste a cocere; e falla biancha, o tu la colora, come tu vuoli.

Pagina 187

Tolli cimole di senape, e fa' bollire in acqua; e, gettata via l’acqua, fa’ friggere in padella con oglio e sale, overo li poni con carne a cuocere.

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Togli pane tagliato rotundo, come dicto è di sopra. E fundilo in tuorla d'ova debattuti, e friggelo in la padella; poi nel poni su nel taglieri ordinatamente a suolo a suolo. E, se vuoli, poi mettervi del çuccaro, o de le spetie; e da' al signore, col pavone o cum altri ucelli.

Pagina 171

Togli pane tagliato rotondo, a modo di taglieri; friggilo in la padella con lardo frescho, e gittavi su bone spetie; e togli pane abrusticato, e distemperalo col grasso che sia caduto di pavone o d'altri ucelli, e gitallo sopra 'l pane fricto nella padella. E di sopra gittavi çuccaro, o suchi acetosi; e mangia.

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