La Cuciniera genovese

Trascrizione, revisione e edizione digitale a cura di Andrea Maggi

  • Sottotitolo: ossia La vera maniera di cucinare alla genovese ravioli, lasagne, tagliolini ...
  • Autore: Gio[vanni] Batta e Giovanni padre e figlio Ratto
  • Tipo opera: Stampa
  • Tipologia testo: Ricettario
  • Collocazione geografica: Genova
  • Datazione: 1893, 8ª ed.
  • Luogo di edizione: Genova
  • Collocazione (biblioteconomica o archivistica): cfr. NOTE
  • Pubblicata il: 12/07/2022
  • Condizioni accesso: Open Access
  • Licenza di utilizzo: https://creativecommons.org/licenses/by-nc-nd/4.0/deed.it
  • Copyright: AtLiTeG
  • DOI: 10.35948/ATLITEG/Corpus/102

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XI. Prendete acciughe o sardelle, scapatele e sventratele; preso poscia un alberello, copritele il fondo con uno strato di sale in grano piuttosto minuta; adagiate sovr’esso uno strato d’acciughe o sardelle disposte testa e coda a modo di sfera, gettatevi sopra dell’altro sale e continuate la stessa operazione sino all’ultimo alternando sempre il sale ad ogni strato di pesce: versatevi sopra alquanta salamoia fatta come sopra, copritele con una lavagna, ch’entri nella bocca dell’alberello, e sovrapponetevi un peso. — Da quando a quando rinnovate la salamoia.

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316. Lavate bene le acciughe o le sardelle, apritele in mezzo e togliete loro la lisca. Pestate in mortaio tre acciughe o sardelle con poco aglio, midolla di pane bagnata nel latte e origano, aggiungetevi tre uova, olio e sale e rimescolale il tutto: riempitene le acciughe e passate prima in bianco d’uova dibattuto e poscia in pangrattato, friggetele in padella con olio. Servitele calde.

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351. Si arrostisce allo stesso modo di sopra; esso va prima steccato con pezzetto di lardo, aglio, ramerino e poca dose di garofani.

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141. Prendete granelli di vitello e fateli leggermente imbianchire nell’acqua bollente, tagliateli poscia traversalmente a fette sottili quanto la costa d’uno scudo. Intingeteli nell’uovo dibattuto con prezzemolo ben tritato e spolverizzateli copiosamente di semola, di meliga oppure di farina di grano. Friggeteli in padella con olio o con burro e serviteli con prezzemolo parimente fritto.

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296. Prendete una rete (rægio), preparatevi come sopra lo stesso vitello, lingua e presciutto: poi prendete fior di filetto, poppa, magro di vitello, tutto imbianchito con gusto di alloro ben tritato, con 4 chiodi di garofano, pestati prima nel mortaio, fatene di tutto questo una farsa con 4 rossi d’uovo ed uno intero che metterete all’ultimo, col sale necessario e con qualche tartufo pestato. Stenderete la rete sul tavolo, mettetevi i filetti per il loro verso, poi tartufi abbondanti e pistacchi; la farsa deve essere messa di tratto in tratto e specialmente in giro, indi le darete la forma che credete, avvertendo di unirlo bene senza guastarne il composto; indi la tesserete strettissima nella salvietta come sopra e fatelo cuocere, procedendo allo stesso modo. Servitelo per bene e se volete avere un piatto di figura guarnitelo con biatellet.

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106. Tagliate una o due lattughe secondo la grossezza, preparate tritume di cipolla, sedano e carote, anche uno spicchio d’aglio, mettetevi dei piccoli cardi ben puliti, ponete il tutto in pentola con piselli e sale necessario ad acqua fredda, aggiungete un bicchiere d’olio fino, un pizzico di funghi secchi ben lavati e fate bollire il tutto fino a giusta cottura; passate al setacio, riponete in casseruola e servite con riso o pasta a piacimento, allungando con acqua se è troppo spesso o denso il purée.

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31. Prendete alquanta senapa morbida e fresca, la quale sia d’un giallo-scuro, molto friabile, oleosa e di gusto pungentissimo, versatevi sopra un mezzo bicchiere di brodo o d’acqua bollente, e tramenatela tanto sicché la senapa divenga fluente ed anzi liquida: servitela in salsiera e conditene il lesso.

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33. Il tutto come sopra, colla differenza che in questo si aggiungono funghi non tanto giovani.

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37. Fate rosolare in casseruola con burro, midolla di ossa di bue (môula) e sale, un pezzo di manzo tagliato a pezzi; poscia aggiungetevi prezzemolo, sedano, carota, farina, funghi secchi e pomidoro, e fate cuocere per un buon quarto d’ora, poscia un mezzo bicchier di vino e lasciatelo cuocere ancora un poco. Versatevi finalmente il brodo e lasciate nuovamente cuocere sintanto che la carne sia pressoché disfatta. Passate il tutto per lo staccio ed avrete un ottimo sugo per condire qualunque cosa. Nota. — Invece del pezzo di manzo, si può far questo sugo con sole ossa aggiunta a frantumi di carne.

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384. Tagliate l’anguilla a tocchi e mettetela a marinare per un quarto d’ora in olio, sale, pepe e fette di limone mondate; quindi intingetela bene in questo condimento e infilzatela nello spiedo, alternando ad ogni tocco una fetta di limone, fatela cuocere a fuoco lento e ad ogni due o tre girate ungetela dello stesso condimento. Nota. — Le anguille si lavano nell’aceto per toglier loro la loia (leppego), e se sono grosse si pelano.

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224. Ponete a rosolare in casseruola con burro e sale un’animella intera; quando avrà preso il suo colore mettetevi un po’ di cipolla e prezzemolo tritati, che farete ancor essi rosolare. Gettatevi finalmente 300 grammi di inselli freschi, fatti prima bislessare, e quindi un po’ di sugo (n. 37) e lasciate cuocere per 20 minuti.

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213. Fate rosolare in casseruola con burro e sale una cipolla, del sedano, del prezzemolo e della carote, il tutto ben tritato; ponetevi poscia l’anitra e fate cuocere a fuoco lento sopra e sotto, avvertendo di rivoltarla da quando a quando e di aggiungervi qualche mescolata di brodo: quando l’anitra sarà a mezza cottura gettatevi quattr’olive, trinciate, la polpa d’altre quattro pestate in mortaio, e sei intiere; e fate cuocere al suo punto. Ritirate finalmente dalla casseruola l’anitra, e passate il rimanente per lo staccio: riponete il tutto nella casseruola, e, fatti dare due o tre bollori appena, servite in tavola. Nota. — Collo stesso metodo si possono metter all’oliva pollastri, piccioni e lingue, osservando che queste ultime vanno bislessate e dipellate.

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375. Sventrate con diligenza un’anitra, abbrustiata e ben pulita internamente, mettetela sopra un piatto con sale, pepe, qualche ramo di prezzemolo, una foglia di alloro e un po’ d’olio, e lasciatela stare e marinare per quattro o cinque ore; ponetela poscia in casseruola con burro e fatela arrostire lentamente per un’ora con fuoco sopra e sotto. Quando è pressoché cotta, schiumate il grasso e versate in luogo di questo un po’ d’acqua e l’agro d’un limone; lasciate che prenda ancora uno o due bollori, e servite caldo con sopra il suo sugo.

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211. Prendete l’arigusta e quando l’acqua nella pentola bolle gagliardamente gettatevela. Dopo 10 minuti circa di cottura, levatela, trinciatela e, sguciata, mettetene la carne in un piatto assieme alle gambe. Il liquido od escremento dell’angusta mescolato con olio, sale, agro di limone e qualche po’ di pepe (se pur vi piace) è un eccellente condimento alla medesima.

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416. Lessate e condite un’arigusta come al n. 211; fatele poscia una guarnizione di foglie di lattughe crude, condite a parte con olio, sale e aceto, di uova sode tagliate a quarti, di acciughe salate e diliscate, di capperi, di citriuoli all’aceto (n. V), il tutto disposto in bell’ordine. Servitela fredda.

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212. Scapate lo aringhe e mettetele a lessare nel latte; quindi spellatele e conditele con olio ed agro di limone. Nota. — Si condiscono pure colla lor bottagra disfatta in olio.

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361. Prendete arnioni di vitello, spellateli, e, spolverizzati di sale, ungeteli di burro, quindi metteteli alla gratella a fuoco lento, rivoltateli più volte, e dopo un quarto d’ora di cottura serviteli bagnati con alquanto sugo oppure con salsa di fegato di vitello formata nel modo seguente: mettete in casseruola fegato di vitello con olio e sale; dopo due rivoltate pestatelo in mortaio e passatelo quindi allo staccio, strizzatevi sopra alquanto sugo di limone, e se fosse troppo denso, aggiungetevi un cucchiaio di brodo o sugo, a vostro piacere. Nota. — Alla stessa maniera si arrostiscono gli arnioni di manzo.

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343. Mettete in casseruola un chilogrammo di bue con 30 grammi di burro e 30 di grascia, sale, sedano, prezzemolo, una cipolla rotta; garofani e spezie in poca dose, due piccoli bicchierini d’acquavite d’anici, mezzo litro di vino bianco e pomidoro oppur conserva; fate cuocere per cinque ore a fuoco lento sopra e sotto, quindi schiumate il grasso e servite in tavola.

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348. Procuratevi un pezzo di bue o di manzo nel filetto della grossezza da poter capire in una piccola pentola, in cui lo metterete con poco sale e una cipolla tagliala a quarti, uno o mezzo bicchier d’aceto bianco secondo la quantità della carne; un po’ di pepe e due chiodi di garofani, mezzo bicchiere di olio fino e una foglia di alloro. Copritelo con una scodella piena d’acqua che chiuda ermeticamente la pentola e fatelo cuocere per cinque ore almeno, ma a fuoco lentissimo perché altrimenti potrebbe abbruciarsi, avvertendo di non iscoprirlo se non una o due volte soltanto per conoscerne la cottura, e di aggiungere nuov’acqua nella scodella mano mano che essa va svaporando. Cotto che sia, servitelo: esso tagliasi col cucchiaio. Nota. — Per cuocere quest’arrosto convien procurarsi un recipiente di ghisa fatto appositamente: in mancanza di questo si servirà d’una piccola pentola come sopra.

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345. Eseguite istessamente come al n. 341 tralasciando di versarvi brodo quando non abbisogniate di sugo; spruzzate con vino.

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340. Prendete un chilogramma di magro di vitello, ponetelo sul tagliere e tagliatelo a guisa d’una sfoglia dello spessore d’un dito, battetelo poscia col matterello e spolverizzatelo di sale. Prendete poscia mezzo chilogramma fra magro, poppa e fior di petto di vitello, trinciate il tutto a piccoli pezzi e picchiateli colla costola del coltello per renderli di più facile cottura; unitevi un po’ di sale e poca spezie e distendeteli sulla sfoglia preparata come sopra, lasciando però dai lati un piccolo margine. Prendete in seguito un’animella, 300 grammi di magro di vitello, un piccolo sedano ed una piccola carota bislessati, 65 grammi di prosciutto, e tartufi, il tutto tagliato a fette larghe, copritene il battuto disteso sulla sfoglia anzidetta, procurando d’alternare un oggetto all’altro. Rivolgete poscia su sé stesso strettamente il vitello a guisa d’un salame, legatelo forte con ispago, specialmente alle estremità. Mettetelo al fuoco in casseruola con burro e qualche cucchiaio di vino bianco, poi bagnatelo di brodo. Lasciatelo cuocere con fuoco sopra e sotto per due ore e mezzo almeno, rivoltandolo da quando a quando affinché cuocia da tutte le parti. È un eccellente piatto freddo e da mangiarsi tagliato a fette come il salame; servesi però anche caldo con machée di patate (n. 14).

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290. Pestate in mortaio uno spicchio d’aglio, prezzemolo e sale; metteteli a soffriggere in casseruola con olio, poscia gettatevi le arselle o i datteri ben lavati, e pochi pomidoro rotti a pezzetti e un po’ di pepe; rimestateli da quando a quando, e se disseccassero aggiungetevi un po’ d’acqua.

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298. Prendete mezzo chilogramma di vitello, mettetelo in casseruola con mezza cipolla tagliata grossolana e poco lardo, fatelo rosolare alla svelta con un poco di butirro, tanto da rapprendere il sangue, pulitelo quindi dalla cipolla, mettete due chiodi di garofano nel mortaio e pestateli, poi versatevi tutto il fegato sempre pestando, mettendovi 4 tuorli d’uovo insieme; passate a setaccio tutto il composto; prendete una tazza, le fasciate di grasso tutto l’interno versandovi tutto il composto e con tartufo nero, o copritelo di sopra con grasso, mettete a cuocere per un’ora a bagno maria, con poco fuoco sopra e sotto, tanto da cuocere leggermente. Cotto che sia, lasciatelo raffreddare e poi preparate una buona gelatina e tagliate il vostro composto a mostacciuoli e tessete la vostra aspich. Servitela come sopra.

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297. Preparatevi una buona gelatina, un buon cappone in bianco, prendete le parti più tenere, senza osse, lo taglierete a mostacciuoli grandi come un centimetro, un poco di presciutto cotto buono, un po’ di lingua tagliata come sopra. — Prendete uno stampo di bella figura, della forma che credete, cominciate a mettervi uno strato di gelatina e la farete rapprendere, poi disponete bene il cappone, la lingua, il presciutto accompagnati di tratto in tratto dalla gelatina accioché il composto non si muova; lascerete di nuovo rapprendere e così di seguito arriverete in cima, lasciando rapprendere ogni strato, mettendovi qualche pistacchio e tartufo: indi coprirete colla gelatina l’ultimo strato, versatelo e servitelo freddo sopra tovagliolo e guernitelo a piacimento.

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Il lesso di manzo o di vitello puossi acconciare in differenti maniere, p. es. fate soffriggere in casseruola nel burro alquanta cipolla sminuzzata, oppure dei navoni, o melanzane, o zucchini, o carciofi, o piselli a piacere, e lasciate cuocere alquanto; gettatevi in seguito dei pomidoro e conserva, e dopo che il tutto avrà cotto per un quarto d’ora aggiungetevi poco brodo e la carne lessata tagliata a pezzi, la quale servirete in tavola dopo averla lasciata cuocere alquanto lentamente. La carne lessata si mette pure a stufato, facendo prima rosolare nel burro aglio e rosmarino tritati; nel resto poi come la precedente. Si possono mettere a stufato colla carne patate, navoni, funghi rossi o neri e melanzane. La carne lessata puossi anche friggere nel burro o nell’olio, passata prima in uovo dibattuto; come pure si può mettere all’agliata facendola rosolare in una casseruola con olio e servendola condita con aglio pestato, mollica di pane e disciolta in aceto.

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379. Tritate minutamente sul tagliere del ramerino, poco aglio e dei funghi fatti prima rinvenire in acqua tiepida; mettete il tutto in casseruola con olio e sale e fatelo rosolare; adagiatevi quindi il baccalà tagliato a pezzi non tanto grossi, rivoltatelo con diligenza una o due volte e quando è cotto, sciogliete conserva di pomidoro nell’aceto e versatela sul baccalà, aggiungendovi dell’uva passita (ûghetta), dei pinocchi e un po’ di zucchero sciolto nell’acqua e servitelo in tavola.

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149. Prendete baccalà e molto meglio se sarà di quello detto bertagnino, mettetelo in molle in acqua tiepida lasciandovelo stare sintanto che sia rinvenuto. Tagliatelo quindi a pezzi piuttosto larghi che laverete assai bene, ravvolgetelo nella farina e friggetelo in padella con olio. Pestate poscia nel mortaio vari spicchi d’aglio assieme ad una mollica di pane inzuppata nell’aceto, che poscia scioglierete con tanto aceto quanto basta al condimento del baccalà fritto. Versate questa salsa addosso al baccalà messo in un piatto, e servite in tavola. È questa una pietanza squisita, che mangiata calda si confonde col nasello.

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383. Tagliate a pezzi il baccalà e mettetelo ad arrostire sulla graticola; a mezza cottura cominciate ad ungerlo d’olio e continuate pure ad ungerlo da quando a quando sino a che sia perfettamente arrostito. Cotto, servitelo con limone e pepe.

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378. Tagliate il baccalà a pezzi, ponetelo in tegame, conditelo e fatelo cuocere in tutto come sopra.

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380. Mettete in molle 600 grammi di baccalà; rinvenuto che sia, lavatelo e tagliatelo a pezzi larghi quanto una mano: fate quindi bislessare un cavol fiore e quattro cavoli romani (bròccoli) con sale, adagiate il tutto in un tegame alternando baccalà e cavoli; copritelo poscia con salsa (n. 9), spargetevi sopra alquanti pinocchi e capperi e mettetelo a cuocere con fuoco sopra e sotto. Nota. — Alcuni vi uniscono anche uova sode tagliate a quarti.

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150. Il baccalà rinvenuto, tagliato e lavato bene come sopra, s’immerge in una pasta liquida già preparata (V. più sotto all’art. Delle Fritelle), e si getta in padella ad olio bollente, rivoltandolo da quando a quando sino a tanto che sia fritto.

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315. Tenete un baccalà in acqua tiepida sintanto che sia rinvenuto, poscia lavatelo assai bene. Staccate quindi dalla pelle tutta la carne e le lische ma in modo che la pelle non resti intaccata. Gettate via le lische, mettete la carne in mortaio con funghi e pinocchi abbrustoliti nell’olio o nel burro a seconda che si vuol avere di magro o di magrissimo, ½ spicchio d’aglio, un po’ di midolla di pane inzuppata in latte: delle erbucce (savoî), qualche altro pesce fresco come bianchetto o rossetto e ben dislicato, e pestate il tutto sino a che sia ridotta a morbidissima pasta: aggiungetevi due uova fresche, alquanto formaggio parmigiano e mescolate il tutto con un cucchiaio. Stendete finalmente questo ripieno sulla pelle del baccalà che cucirete con refe nella sua forma di pesce e fatelo lentamente cuocere entro intinto di pomidoro.

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494. Fate cuocere le castagne colla buccia in acqua e sale. — Se ne fa uso per lo più nel giorno d’Ognisanti.

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105. Prendete un chil. di nasello, snervatelo, pestatelo nel mortaio e passatelo al setacio a crudo, aromatizzandolo con un chiodo di garofano ed un pizzico di maggiorana (pèrsa) non trascurando il sale necessario. Ottenutane una pasta, ponetela di sopra al tagliere ed aiutandovi con farina fatene dei canelli e tagliate alla grossezza d’un piccolo cece, imbianchite con sale all’acqua bollente, ponetela sul setacio e servitela nel brodo con o senza pane a piacimento, aggiungendo piselli se ne avete. È una buonissima minestra di magro.

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VI. Prendete tanti mazzi di basilico secondo la quantità che volete conservare, procurando che sia maturo e di foglia secca; spiccatene le foglie dai gambi, lavatele e dopo averle rasciugate ponetele in bell’ordine nell’alberello e coprite d’olio. Sovrapponete ad esse una lastra di lavagna e chiudete ermeticamente l’alberello con pergamena, legandola in giro con spago.

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32. Prendete uno spiccino d’aglio, basilico (baxaicò), e, in mancanza di questo, maggiorana (pèrsa) e prezzemolo (pôrsemmo), formaggio sardo e parmigiano grattugiati e mescolati insieme, e pestate il tutto in mortaio con poco burro finché sia ridotto in pasta. Scioglietelo quindi con olio fino in abbondanza. Con questo battuto si condiscono le lasagne, i tagliolini e i gnocchi (troffie) unendovi anche un po’ d’acqua calda senza sale per renderlo alquanto più liquido.

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363. Mettetele allo spiedo come lo pernici (n. 266) ma inviluppate in un pezzo di lardo largo e sottile. Servitele poi con guarnizioni di crostini di pane coperti d’una salsa fatta delle interiora delle stesse nel modo seguente: Prendete le budella delle stesse boccacce e il fegato purgato dal fiele; tritateli minutamente assieme ad un po’ di fegato di vitello o di pollo o d’altri volatili, unitevi sale e spezie, un po’ di burro appena liquefatto, un po’ di pan grattato, un tuorlo d’uovo e una foglia di salvia e rimestate il tutto insieme sino a che divenga un impasto; ponete quindi questa salsa in una casseruola e fatela scaldare. Friggete finalmente in butirro, larghe fette di pane, che, coperte della stessa salsa, metterete per guarnizione nel piatto delle beccacce tolte dallo spiedo. Nota. — Le beccaccie e gli ortolani non si sventrano mai, perché le loro interiora aggiungono ad essi molto sapore: o se pure si sventrano, ciò fassi solamente per servirsi delle stesse interiora per formarne salse per crostini da mettere per guarnizione alle medesime. Sarà bene togliere loro il gozzo, il quale per lo più contiene sabbia o grani non buoni. — Gli altri uccelli all’infuori dei suddetti debbono essere diligentemente sventrati.

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214. Preparate cappelli di funghi rossi com’è indicato nelle Avvertenze (pag. 27), ponete poscia dentro ogni cappello di fungo un beccafico od ortolano a vostro piacimento con olio e sale, fateli cuocere lentamente con fuoco sopra e poco di sotto.

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479. Prendete 24 ostie da speziale, bagnatele prestamente ad una ad una nell’acqua, e tosto bagnate distendetele sopra del pane finamente grattugiato. Adagiate nel loro centro la grossezza di una nocciuola di marmellata qualunque di frutti (V. n. 442), coprite ciascuna ostia con altra ostia, comprimete all’orlo, involgetele nell’uovo sbattuto e poscia nel pane grattugiato e friggetele per cinque minuti in olio fino e abbondante. Potete anche servirvi di un’ostia sola per ogni beignets, piegandola sopra sé stessa dopo avervi messo la marmellata.

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478. Prendete della crema e del latte in parli uguali, uniteli insieme, e, mediante cottura, riduceteli fino a metà, infittendovi un po’ di sale e la scorza verde tritata di mezzo limone. Aggiungetevi della farina tanta da farne una pasti densa. Versatela, perduto che abbia il gusto della farina, sopra un piatto unto si che vi si distenda e, raffreddata che sia, tagliatela in tanti pezzetti e fatela friggere o nel butirro o nell’olio sopraffino. Aspergetela di zucchero e servite.

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225. Tagliate il magro di vitello od il filetto di manzo in fette come le costollette alla milanese; mettetele al fuoco in casseruola con burro, cipolla e prezzemolo; dopo una breve cottura, aggiungetevi dei pomidoro passati allo staccio, ovvero conserva, e il sale necessario; quando è cotto servitelo con guarnizione di spinaci o riso al sugo.

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248. Tritate un mazzo di prezzemolo con uno o due spicchi d’aglio e due acciughe salate ben pulite, e pestate il tutto in mortaio, quindi unitevi 75 grammi di butirro, e, dopo averlo ben rimescolato, passatelo allo staccio. Strizzate sul piatto che volete servire un mezzo limone e stemperatevi questa salsa sopra. Preparate finalmente dei bifsteck di magro di vitello arrostiti alla graticola, accomodateli sulla salsa e serviteli. Nell’inverno farete prima scaldare alquanto il piatto.

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458. Fate la pasta eguale in tutto a quella dei biscotti della Regina; ponetela in scatoline di carta strette e bislunghe, unte prima di burro, mettetela a cuocere in forno e a mezza cottura ritiratela e tagliatela con un coltello in tanti pezzi dello spessore di un dito, i quali poscia distesi su lamiere di ferro riporrete nel forno a terminare di cuocere.

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459. Unite ad ogni 300 grammi di farina di grano lombardo, 50 grammi di burro, 100 grammi di zucchero e 75 grammi di finocchio dolce; impastate il tutto e fatene dei pani bislunghi; date quindi sovr’essi tanti leggerissimi tagli per isghembo (per sbiascio) con un coltello distanti l’uno dall’altro la larghezza di un biscotto comune, metteteli al forno, affinché prendano una leggera cottura, sicché si rassodino, e, rassodati, tagliateli ad uno ad uno lungo i piccoli tagli già fattivi e riponeteli in forno a terminare di cuocere.

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457. Prendete 12 uova e separatene i tuorli dai bianchi; sbattete prima per mezz’ora i tuorli con un mazzo di fil di ferro o d’ottone o di vimini, poscia unitevi 600 grammi di zucchero fino polverizzato e un po’ d’acqua di fior d’arancio e rimestate bene. Sbattete quindi i bianchi sicché montino a fiocca, uniteli insieme ai rossi e continuate a sbattere; aggiungetevi in seguito 600 grammi di fior di farina e nuovamente dibattete bene il tutto con vimini grossi. Formate di questa pasta i biscottini colla figura di un S, distendeteli su fogli di carta, i quali poscia metterete sulle lamiere addattate, ovvero in una tegghia e fatele cuocere a forno ben caldo.

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486. Prendete 250 grammi di mandorle dolci e 100 grammi di amare; scottatele e riponetele nell’acqua fredda; dipellatele e fatele asciugare: pestatele poscia, bagnatele dopo con un poco di chiara d’uova per impedire che faccian l’olio: poi prendete 15 chiara d’uova a sbattetele in fiocca; sbattete pure in disparte otto tuorli d’uova con 640 grammi di zucchero in polvere; mescolate tuorli e chiara, quando siano bene sbattuti colla pasta di mandorle, e a questa preparazione aggiungete 50 grammi di fior di farina e un po’ di acqua di fior d’arancio, rimestando sempre; incorporato che sia bene il tutto, ordinate i biscotti in piccole casse di carta; aggelateli con zucchero in polvere e un po’ di fior di farina misti, e fateli cuocere a fuoco dolce.

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480. Prendete due o tre tuorli d’uovo a piacimento, due cucchiaiate di mandorle dolci peste, 75 grammi di burro, 50 grammi di farina bene asciutta, mescolate bene il tutto e passate allo staccio: aggiungetevi poscia sei chiari d’uova sbattuti. Quando questo miscuglio sarà bene eseguito, riempitene una cassa di carta e cuocetela al forno come i biscotti comuni. Rompete poscia a pezzetti mandorle dolci, avvolgetele nello zucchero, inumidendole con un po’ di chiara d’uova battuta. Valetevi di questa preparazione per dorare ed aggettare il biscotto quando sia a tre quarti della sua cottura; finite di farlo cuocere e servitelo a pezzi od intiero, secondo vi pare.

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446. Fate bollire 250 grammi di mandorle dolci e 50 grammi di mandorle amare: quindi estraetele, mondatele e ponetele in acqua fresca; dopo uno o due minuti levatele, e, bene rasciutte con salvietta od altro pannolino, pestatele in mortaio con un po’ di scorza di limone raschiata; unitevi 300 grammi di zucchero bianchissimo, e nuovamente pestate sicché diventino una pasta. Sbattete quindi per una mezz’ora con mazzo di filo di ferro o di vimini 12 tuorli d’uova, uniteli colla pasta anzidetta, e con un cucchiaio rimestate assai bene; versate il tutto in un piattello di rame, unto di burro; e spolverizzato di zucchero fine, ovvero in altra forma che meglio vi piaccia, e ponetelo sopra cenere ben calda con fuoco moderato di sopra. Raggiunta che avrà la sua cottura, levatela e spolverizzatela di zucchero. Nota. — Volendo, potete incrostarla superiormente col seguente composto: sbattete un bianco d’uovo, intridetevi zucchero in polvere bianchissimo, il sugo d’un limone e rimestate, ungetene poscia colla barba d’una penna la superficie ancor calda, e fatela disseccare a leggero calore, ovvero facendovi passar sopra una paletta infuocata mantenuta a conveniente distanza.

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477. Mettete in un vaso 100 grammi di zucchero polverizzato, 75 grammi di fecule di patate, sei uova e sbattete il tutto insieme. Distendete questo miscuglio sopra una lama di ferro orlata, unta prima di burro; fate cuocere per 12 o 15 minuti in un forno a fuoco dolce, e cotta che sia tagliatela a piccoli pezzi come una noce; aggellate questi bocconi con incrostata bianca, fateli disseccare alla bocca del forno, apparecchiateli e servite.

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286. Pestate nel mortaio il fegato del boldrò assieme ad aglio, prezzemolo ed acciughe salate: sciogliete poscia questa salsa con olio abbondante e ponetela al fuoco in casseruola. Prendete in seguito il boldrò, tagliatelo a pezzi e versatevi sopra acqua bollita, lavatelo colla stessa affin di togliervi la loia (leppego); dall’acqua calda passatelo subito in acqua fresca. Ponetelo finalmente nella casseruola della salsa, e in brevissimo tempo sarà cotto. È questa un’eccellente pietanza. Nota. — Nella stagione d’autunno vi si può aggiungere qualche fetta di fungo nere e dei pomidoro.

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129. Prendete le costollette d’agneletto, battetele con un piccolo matterello e fatele passare nel bianco d’uovo dibattuto, entro cui avrete messo un po’ di sale e del prezzemolo tritato; impanatele e friggetele in padella con olio e burro.

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359. Prendete costolette di maiale, ponetele in un tegame con sale, poco finocchio e mezzo litro d’acqua, fatele cuocere a fuoco sopra e sotto sintanto che l’acqua sia asciugata, e dopo che avranno preso il color d’oro servitele, ma ben sgrassate. Nota. — Si arrostiscono allo stesso modo delle costolette di montone (n. 354).

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356. Ponete in tegame o casseruola le costolette di maiale con burro e sale: aggiungetevi quindi conserva di pomidoro, e a mezza cottura mettetevi patate bislessate e affettate, e lasciatele terminare di cuocere. Servitele calde.

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353. Prendete braciuole di vitello rotondo e battetele alquanto colla costola del coltello; ungetele poscia di burro, e, messovi sopra un po’ di sale, ravvoltolatele nel pan grattato, a cui avrete unito del prezzemolo tritato. Mettetele finalmente ad una ad una in un foglio di carta unta e fatele cuocere in casseruola con burro e sale.

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196. Fate prima bollire in pentola col sale necessario dei broccoli tagliati a quarti, poneteli quindi in casseruola nella quale avrete fatto prima disfare in olio delle acciughe salate in proporzione alla quantità dei broccoli; lasciate che diano tre o quattro bollori, rimescolandoli in questo frattempo col cucchiaio, e guarnitene il lesso. — Se poi volete servirvi come pietanza, unitevi alquanto sugo (n. 37) e una piccola dose di capperi. Nota. — Alla stessa maniera si trascinano i cavoli fiori (cöi scioî).

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1. Il brodo è uno degli alimenti più necessario e più benefico in una malattia; è indispensabile per far buone zuppe e buone minestre; importantissimo per far salse, sughi ed intinti. Ma bisogna ch’esso sia ben fatto, sia fresco, chiaro, di color dorato, non grasso, né affumicato. Per ottener quindi un buon brodo fanno mestieri tre cose: 1.ª scegliere la carne; 2.ª proporzionar l’acqua alla quantità della carne che le si vuol cuocere dentro; 3.ª saperlo far cuocere, condirlo. In quanto alla scelta della carne, la migliore è quella degli animali adulti, ma non vecchi (il che si conosce dal color della grascia che in questi ultimi è gialla), e che siano recentemente uccisi. In quanto concerne la misura dell’acqua, essa dovrà essere un litro e mezzo per ogni 300 grammi, e così in proporzione. Finalmente riguardo alla cottura, si farà attenzione che il fuoco sia moderato, sicché il bollore non sia troppo vivo si dovrà frequentemente torgli la schiuma sino a che la stessa più non si riproduca, mettervi il sale necessario e farvi cuocere entro una cipolla, la quale si toglie quando si colerà il brodo. Alcuni amano di aromatizzarlo con carote e sedano, i quali pure si leveranno nel colarlo.

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3. Mettete al fuoco la pentola con acqua fredda, mettete dentro un bel pezzo di manzo secondo la quantità che si vuole ottenere; per esempio, nelle proporzioni di: Chil. 3 bue e 6 litri d’acqua per 18 persone, aggiungete una gallina vecchia ma in bontà; fate bollire il tutto per 3 ore, mettendovi il sale necessario, carote, sedano e cipolle; togliete il tutto e passate il brodo al setacio e di nuovo ripassatelo al tovagliuolo inumidito. Nel caso il brodo fosse riuscito torbido, chiaritelo con tre uova sbattute facendo alzare il bollore con fuoco sotto e sopra fintantoché sia chiaro, e passarlo nuovamente alla salvietta.

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7. Prendete un Chil. di scorpene, o pesce capone, e mancando questi qualunque pesce di scoglio, pulite bene i pesci, ponete in casseruola con sale, burro ed olio, cipolle, sedano e carote, fate rosolare, aggiungete crostoni di formaggio ed acqua necessaria per il fa bisogno e fate bollire per un’ora. Passate al setacio come al solito. — Avete brodo buono specialmente per minestra di riso.

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6. Mettete al fuoco una pentola con 8 litri di acqua, un chilogramma di coscia di bue, un chilogramma e mezzo di garetto di vitello (sampin), una vecchia gallina, una cipolla colla prima nella bragia, un po’ di sedano e niente di sale: fate bollire il tutto per 6 ore a fuoco lento, indi disgrassatelo bene e passatelo alla tovaglia, bagnata prima d’acqua fresca. Riponetelo al fuoco entro una grande casseruola e fatelo nuovamente bollire sintanto che sia ridotto alla consistenza d’un siroppo, avvertendo, di mano in mano che si consuma, di cangiarlo sempre in una casseruola più piccola e ponendo somma attenzione che non prenda odori, né fumo, né abbruciaticcio. Quando sarà consumato e avrà preso un color rossigno chiaro, versatelo in piccole scatole di latta quadrilunghe e campanulate, fatte all’incirca come quelle da bolli da cioccolatte, unte prima d’olio fino, e lasciatelo ben raffreddare; poscia levatelo e ponetelo sopra una rete di fil di ferro, parimente unta in un luogo tiepido, e fatelo seccare; fasciate finalmente ad una ad una queste tavolette con carta unta d’olio fino, chiudetele in una cassetta di latta e servitene al bisogno sciogliendole nell’acqua caldissima. Con questa dose avrete 30 e più tazze di buon brodo.

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4. Prendete Chil. 1 ½ di scottona e mettetela in 4 litri d’acqua; fate alzare il bollore mettendoci i soliti sapori come detto sopra; a suo tempo buttatevi il capone; una volta cotto il tutto, passate sempre come per gli altri. Serbate il capone per servirlo come si dice in seguito, ed il brodo per la minestra.

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5. Mettete al fuoco tanta quantità d’acqua con sale quanta ve n’abbisogna pel brodo, scegliete quindi la quantità della carne che meglio vi garba, tagliata a piccoli pezzetti e pestatela fortemente in mortaio sicché divenga una pasta, la quale getterete nella pentola quando l’acqua non ha ancora levato il bollore; lasciate bollire per 10 minuti, e poscia fale passare il brodo per lo staccio e salviette.

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2. Si ponga in 6 litri di acqua due Chil. di manzo o scottona e ½ Chil. di muscolo di vitello, vi si aggiunga il sale necessario, carote, sedano e cipolla; si porti il tutto ad una cottura giusta, si levi la carne per utilizzarla, si passi al setacio ed alla salvietta e si ha così pronto il brodo per minestra, zuppa od altro. Detta quantità è più che sufficiente per dieci persone.

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497. Prendete dei marroni e castagne fresche, date loro un taglio sul guscio in modo però da non intaccare la castagna; ponetele al fuoco in una padella bucherata e fatele arrostire lentamente agitandole o sbalzandole da quando a quando fino a che siano cotte. Mettetele poscia sotto una coperta di lana acciò diventino morbide e si conservino calde. Scorzatele e sevitele in un piatto coperte da una salvietta.

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498. Prendete le bruciate senza scorza, schiacciatele ad una ad una colla mano, e mettetele al fuoco in un piatto con burro e zucchero: liquefatto che sia il burro, ritiratele dal fuoco, gettatevi quella quantità di rhum che volete, accendetelo e rimescolate; smorzato il rhum, mangiatele.

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429. Lessate in pentola 300 grammi di marroni sbucciati; cotti che siano, mondateli dalla peluia (lûggio) e pestateli bene in mortaio, unite ai medesimi un litro di buon latte con sufficiente zucchero in polvere, un po’ di vainiglia egualmente polverizzata, alquanta raschiatura di scorza di limone e tre bicchierini di rosolio di vostro gusto, e rimescolate il tutto. Prendete in ultimo la forma del budino, e, messovi a liquefare un po’ di burro, fate che la stessa resti unta tutta all’intorno, lasciando che il burro si raffreddi; spolverizzatela di pan grattuggiato e versatevi dentro la composizione del budino, chiudetela e fatela cuocere con fuoco sopra e sotto.

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216. Impastate 300 grammi di farina stemperata con un uovo, sale, 3 ettogrammi di burro e un cucchiaio di vino particolare, e fattene una sfoglia (crosta), fasciatene, ungendola prima d’olio, la forma d’un budino per dodici persone, tagliando all’ingiro con un coltello il rimanente della pasta. Fate rosolare in casseruola con burro o sale una cipolla, sedano, prezzemolo e carota, il tutto ben tritato; gettatevi quindi 225 grammi tra fior di petto, poppa e magro di vitello e un piccione tagliato in sei pezzi, poscia 6 uccelletti e un’animella tagliata pure in sei pezzi, 150 grammi di funghi freschi (se pur ve ne sono), qualche fetta di tartufo, sei carciofi tagliati in quattro parti, 150 grammi di piselli fatti prima bislessare a parte e un cucchiaio di farina; aggiungetevi finalmente 6 cucchiai di sugo, oppure di brodo, e fate cuocere per un quarto d’ora. Dopo ciò levate dalla casseruola tutta la carne di vitello e, messala sul tagliere con una mezza posta di schienali, dipellati e fatti prima imbianchire a parto, una mollica di pane della grossezza di due uova, inzuppata nel sugo o brodo, tritate il tutto, quindi pestatelo bene in mortaio sinché venga quasi una pasta, a cui aggiungerete tre tuorli d’uovo, un cucchiaio di cacio parmigiano, un po’ di spezie e il sale necessario, e rimescolate bene il tutto. Prendete in seguito la forma del budino e di questo ripieno fategli una seconda fascia, versatevi dentro quanto è rimasto nella casseruola, schiumandone prima il grasso se ve n’ha, e copritelo col ripieno del mortaio e in ultimo colla pasta rimasta. Chiudete la forma col suo coperchio e ponete a cuocere per un’ora con fuoco sopra e poco sotto. Cotto che sia, versate la forma sovra un piatto e servite in tavola con una guarnizione di prezzemolo fritto nell’olio.

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89. Fate cuocere nel brodo un chilogramma di farina di formentone e fatene polenta non tanto soda; quando è quasi cotta gettatevi molto sugo d’arrosto (n. 35) e 400 grammi di cacio parmigiano grattugiato. Fondete a parte 300 grammi di burro ai quali poscia unirete 250 grammi di tartufi a fette sottilissime; rimestateli alquanto col cucchiaio e gettateli quindi nella polenta che ritirerete subito dal fuoco, e rimescolata vuoterete nella forma del budino, la quale avrete già unto di burro tutto all’intorno e tappezzata di fette di tartufi. Tenete per cinque minuti il budino vicino al fuoco acciò si rassodi e prenda la forma; finalmente riversato in piatto, servite in tavola.

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430. Fate lessar bene un limone, quindi pestate fortemente in mortaio, aggiungetevi 150 grammi di zucchero fino e 75 grammi di burro e pestate nuovamente, sicché diventi una pasta. Prendete poscia sei uova, e, separati i tuorli dai bianchi, sbattete prima i tuorli e uniteli alla pasta, sbattete quindi i sei bianchi a fiocca, e parimenti versateli nella medesima, e rimestate bene affinché il tutto si unisca. Ponetelo nella forma del budino unta e cosparsa di pan grattuggiato, copritelo e fatelo cuocere lentamente a fuoco sopra e sotto.

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483. Fate bene inzuppare 100 grammi di mollica di pane nella panna, ed unitevi, rimestando, 40 grammi di zucchero, due mandorle dolci dipellate e peste, la raschiatura d’una scorza di arancio, del cedrato in pezzetti, quattro tuorli d’uovo e due chiare sbattute in fiocca. Prendete quindi la forma del budino, ungetela e polverizzatela di pane grattugiato, versatevi il budino e fatelo cuocere al fuoco ovvero con fuoco sotto e sopra. È questo un piatto facile e leggiero.

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422. Fate sciogliere entro un litro di latte 100 grammi di polvere di riso e 100 o 125 grammi di zucchero ben polverizzato, secondo la dolcezza che si vuole; passatelo prima allo staccio, poscia ponetelo in casseruola di rame a cuocere a fuoco lento per un’ora, avvertendo di rimescolar sempre; a mezza cottura però gettatevi quattro tuorli d’uova ben dibattuti, due cucchiai di buon vino particolare, un cucchiaio d’acqua di fior d’arancio, un cucchiaio di rosolio e un po’ di cannella. Quando sarà cotto levatelo dal fuoco; unitevi quattro bianchi d’uova ben dibattuti e continuate a rimestare speditamente per altri 8 minuti; dopo ciò versatelo in una forma di budino e lasciatelo raffreddare. Rovesciatelo in ultimo in un piatto e servitelo spolverizzato di zucchero. Nota. — Potete anche formare a questo budino una fascia di biscotti della regina, che bagnati in rosolio di cannella accomoderete nella forma prima di versarvi il latte: in tal modo avrete un budino fasciato di biscotti.

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426. Prendete un litro di latte, ponetelo al fuoco e fatevi sciogliere dentro una tavoletta di cioccolatto alla vainiglia e 100 grammi di zucchero; pestate poscia 30 grammi di biscotti della regina assieme ad una dozzina di mandorle amare dipellate; sbattete otto tuorli e quattro bianchi d’uova, ponete il tutto entro del latte e rimescolate, versate il latte in una forma da budino, in cui avrete fatto prima abbrustolire e passare tutto all’intorno dello zucchero, sicché vi sia rimasta una crosta, chiudetela col suo coperchio e mettetela a bagnomaria nell’acqua bollente per un’ora con fuoco sopra e sotto.

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427. Prendete un litro di latte, fatelo bollire, poscia mettetevi dentro la midolla di un pane da libbra fresco, prendete quindi 10 mandorle amare e 20 dolci, e ponetele prima in acqua calda affine di poterle dipellare: dipellate che siano, pestatele bene in mortaio e gettatele dentro il latte, aggiungendovi un po’ di scorza di limone grattugiata, un po’ di gusto di vaniglia e zucchero a piacimento, lasciate il tutto in fusione finché la mollica del pane non sia bene inzuppata di latte, quindi passatelo allo staccio. Aggiungete a questa passatura 8 uova meno due bianchi, un po’ di cedro e un po’ di zucca candita tagliata a pezzetti e rimescolate bene affinché si leghi ed unisca. Prendete in seguito la forma del budino (bonetto), ungetela prima di burro liquefatto, quindi spolverizzatela di pan grattugiato, e gettatevi dentro il tutto, che quindi farete cuocere a fuoco lento. Cotto che sia, versatevi sopra una quantità di zabaione adattata al budino, e servitelo.

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428. Preparate il latte dolce alla stessa maniera come se fosse da friggere (v. n. 438): raffreddato che sia, tagliatelo in tante liste lunghe quanto grande la forma del budino; spalmate poscia di burro la stessa forma e fasciatela interamente di pasta frolla (n. 444); disponetevi quindi un suolo di dette liste e su di esse un altro di marmellata (n. 443) e così successivamente sino alla sommità; copritelo quindi colla medesima pasta frolla e poi col suo coperchio, e fate cuocere con fuoco sopra e sotto.

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254. Impastate 300 grammi di farina con 225 grammi di burro, un tuorlo d’uovo, due cucchiai di vino particolare, poco sale, e fattene una sfoglia, che porrete a modo di fodera nella forma in un budino unta prima di burro liquefatto, serbando però alquanto di questa pasta per coprire all’ultimo la parte superiore del budino. Fate quindi imbianchire con sale 225 grammi di riso che metterete poscia a sgocciolare. Mettete inoltre a soffriggere in casseruola con burro e sale una cipolla tritata, sulla quale quando sia rosolata, getterete il riso, rimestandolo una o due volte col cucchiaio, e farete cuocere alquanto; versatelo poscia in un recipiente, e, raffreddato che sia, unitevi buon cacio parmigiano, poco pepe, due uova dibattute: rimestate bene il tutto; indi fasciatene nuovamente l’inferno della forma del budino, serbandone però alquanto come la pasta di sopra, e per l’uso medesimo. Procurerete che in questo frattempo siano a sfriggolare in altra casseruola con burro, della cipolla, del prezzemolo, sedano e carota minutamente tritati, e 75 grammi di funghi freschi tagliati a quarti, nei quali, dati appena due o tre bollori, getterete della scorzonera bislessata e tagliata a pezzetti, sei carciofi trinciati a quarti, 300 grammi di piselli piccoli pur essi bislessati e un cucchiaio di farina; fate che il tutto dia nuovamente tre o quattro bollori, aggiungetevi un poco di brodo composto d’acqua, sale formaggio e poca spezie. Fatto finalmente cuocere a fuoco sopra e sotto per 10 o 12 minuti con olio, sale, uno spicchio d’aglio, tritate poco prezzemolo e un piccolo pomidoro, un pesce di qualità fina e carne soda, tagliata a rocchi, levatelo dalla casseruola, e, pestati 50 grammi di pinocchi abbrustolati, gettateli nell’intinto del pesce, il qual poscia passerete allo staccio. Prendete il pesce e l’intinto passato e unitelo al rimanente del ragù sopra descritto; e raffreddato che sia, riempitene la forma del budino; copritene la cima col riso che avete serbato, indi colla pasta parimente serbata, e, chiusa in ultimo la forma col suo coperchio, mettetelo a cuocere per un’ora in fornello a fuoco sopra e sotto.

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423. Prendete quella quantità di panna di cui abbisognate; ponetela in un recipiente e sbattetela lungamente e sempre dalla stessa parte col palloncino (fuetto), unendovi zucchero e cannella. Quando sarà ben soda e consistente versatela in una forma, il cui fondo e pareti sono già fasciati di biscotti della regina: coprite la parte superiore di eguali biscotti, e al momento di servirla rovesciatela in un piatto, rivolgendo con precauzione la forma affinché i biscotti non si distacchino dalla panna. — La panna deve riuscire eguale a quella delle marenghe (meringhe).

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255. Lessate con sale, spinaci, spremeteli e passateli allo staccio; unitevi poscia 4 uova ben dibattute, una mollica di pane inzuppata di crema, un pezzo di burro, un po’ di spezie e sale, e rimescolate il tutto. Presa quindi la forma del budino, che ungerete prima di burro e poscia spolverizzerete di pan grattato, riempitela degli spinaci; mettetela a cuocere a bagnomaria per mezz’ora a lento bollore, versatela in piatto e servite in tavola.

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421. Bollite e dipellate 6 ettogrammi di patate grosse, pestatele lungamente in mortaio sintanto che diventino bianche come il latte e facciano fila; unitevi quindi 150 grammi di burro, 150 di zucchero raffinato, sei tuorli d’uova fresche, un po’ d’acqua di fior d’arancio oppure del rhum, e due piccole prese di cannella; rimestate bene il tutto, e di nuovo a poco per volta pestatelo bene finché sia ben unito e morbido come manteca; mettetevi finalmente un po’ di zucca candita o cedro bene sminuzzato. Prendete la forma del budino, e, messovi dentro a liquefare un po’ di burro, fate che la stessa resti unta tutta all’intorno lasciando che il burro si raffreddi; spolverizzatela quindi di pan duro o meglio galletta minutamente grattuggiata e passata allo staccio. Riempitela finalmente per due terzi (*) della pasta delle patate preparata come sopra, e mettetevi in cima alquanto burro. Fatelo cuocere con fuoco sopra e sotto e servitelo caldo in tavola.

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431. Mettete al fuoco in casseruola un litro di latte con entro 100 grammi di zucchero raffinato: quando leva il bollore gettatevi 125 gr. di semolino assai fino e fate cuocere per un quarto d’ora; aggiungetevi 4 tuorli d’uova bene sbattuti e lasciate dar ancora due bollori; dopo ciò levatelo dal fuoco, e, raffreddato che sia, gettatevi quattro tuorli d’uova bene diguazzati e montati, e rimestate bene, unitevi 50 grammi di pistacchi, 25 di pinocchi, 50 d’uva pàssola (ûghetta), 50 di zucca candita (sûccâ), 25 di cedro, alquanta raschiatura di scorza di limone, due cucchiaini di rosolio, un po’ di cannella, e rimestate bene il tutto: prendete poscia la forma da budino, ungetela prima di burro, indi spolverizzatela di pan duro o galetta minutamente grattugiata, versatevi il composto e fatelo cuocere per un’ora con fuoco sopra e sotto. Cotto che sia, lasciatelo alquanto raffreddare, poscia rovesciatelo in un piatto. Al momento di servirlo bagnatelo bene tutto quanto di rhum, accendetelo da tutte le parti e, quando sarà tutto in fiamme, servitelo in tavola.

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271. Sovrapponete uno strato di foglie di vigna unte con un poco d’olio alla graticola; adagiatevi quindi i cappelli di funghi riempiti d’olio, un po’ di sale, pochissimo aglio tritato, origano e poco pepe, e fateli cuocere a fuoco lento.

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55. Piccole e corte lasagne che ancor fresche si stringono con due dita nel mezzo, sì che prendano apparenza di cappi o galani (gasse). Si condiscono con sugo o con battuto all’aglio come le lasagne.

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272. Fate tante cassettine di carta piuttosto grossa quanti sono i capelli di fungo che volete cuocere; ungetele d’olio e mettetevi dentro i cappelli che riempirete di qualche gambo degli stessi funghi e d’aglio minutamente tritati, d’origano, sale ed olio. Poneteli sulla graticola e lasciateli cuocere a fuoco lento. Nota. — Potete cuocere gli stessi cappelli di fungo anche in tegame senza le casettine di carta, mettendovi nello stesso un po’ d’olio.

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476. Sbattete tuorli d’uovo in piccola quantità d’acqua e passateli allo staccio; versateli quindi in un imbuto che abbia un piccolissimo forame e da questo lasciatene cader le fila a guisa di cappellini in siroppo che bolla lentamente; appena si rappigliano, estraeteli con forchetta ben piana. Serviteli sopra crostini, ovvero fingetene un fiume, una cascata d’acqua e simili.

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207. Prendete un bel cappone che abbia la carne bianca e piuttosto grassa, spennatelo, abbruciatelo e vuotatelo delle interiora. Ben lavato, sgocciato ed asciugato che sia, legatelo con ispago e ponetelo al fuoco in una pentola con quale acquisterà molto più di sapore. Fate bollire ad un fuoco dolce, finché introducendo la forchetta nel cappone, questa vi entri senza bisogno di forzarvela; allora il lesso sarà cotto, e lo potrete servire con una guarnitura di vostro gusto. Nota. — Nella stessa maniera si può cuocere e servire qualunque altro genere di pollame. Ciò valga ad evitare inutili ripetizioni.

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394. Mettete ad immolar leggermente in acqua biscotto o galletta; levatela e spremetela bene entro una salvietta, sicché n’esca tutta l’acqua; quindi conditela con olio, sale, capperi, olive concie, mosciame affettato e acciughe salate diliscate e rotte a pezzetti.

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275. Tagliati i carciofi dalle spine un quarto in giù, picchiateli sopra la tavola dalla parte del taglio affinché si slarghino alquanto le squame da poter ricevere l’olio, il sale e il pepe che vorrete introdurvi, poneteli quindi ritti in tegame con olio e fateli cuocere con fuoco sopra e sotto.

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262. Fate rosolare in casseruola con burro e sale del prezzemolo e un poco di cipolla ben tritati, prendete quindi una dozzina di carciofi, acconciateli e, tagliati in quattro pezzi, gettateli in questo soffritto; dopo due o tre bollori, aggiungetevi 300 grammi di piselli, già bislessati, e fateli cuocere per un quarto d’ora; sbattete finalmente tre tuorli d’uovo, assieme all’agro di un limone e a quattro o cinque cucchiai di brodo, e versateli nella casseruola un momento prima di levarla dal fuoco. Rimescolate una o due volte e serviteli.

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166. Prendete carciofi piccoli, tagliateli in quattro parti, e, tolti ad essi le spine e la barba, se pur ne avranno, strofinateli con limone, quindi metteteli per un momento in acqua fresca; rasciugateli, immergeteli nella pasta formata allo stesso modo di quella per la scorzonera (V. sopra), ovvero passateli semplicemente nella farina e friggeteli come sopra.

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XVII. Scegliete carciofi piccoli e giovani, tagliate loro le punte spinose, mondateli dalle foglie più grosse, divideteli in due parti, e, strofinati bene con mezzo limone, metteteli a bagno in acqua fresca. Fateli quindi bollire in aceto bianco con doppia dose di sale, alquanta cannella in canna, della noce moscata e pepe in grana. Quando avranno preso una mezza cottura, levateli e, fasciati entro una salvietta piuttosto grossa, metteteli in pressa per 10 ore con un peso sopra. Adagiateli poscia in alberelli, e suolo per suolo spargetevi sopra del pepe in grana, della noce moscata e cannella in canna; versatevi finalmente tant’olio che basti a coprirli, e sovrapponetevi una lavagna con peso.

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250. Preparate i carciofi, riempiteli e fasciateli alla stessa maniera com’è indicato al n. 142 tagliando però loro tutto il gambo, poneteli poscia ritti in tegame bagnandoli da quando a quando con sugo e fateli cuocere lentamente a fuoco sopra e sotto.

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319. Preparati i carciofi com’è indicato nelle Avvertenze (pag. 27) e tagliati in due parti per lungo, pesterete in mortaio carciofi e gambi crudi e mondati, e ne farete il ripieno con tutti gl’ingredienti come in quello delle melanzane. Li riempirete spolverizzandoli prima con un po’ di sale e li cuocerete alla stessa maniera, o fritti o in tegame, come le melanzane.

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387. Acconciate i cardi com’è indicato nelle Avvertenze (pag. 27) e cucinateli allo stesso modo dei navoni anzidetti.

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168. Mondate i cardi com’è indicato nelle Avvertenze (pag. 27) e bislessateli; passateli poscia nel tuorlo d’uovo dibattuto e quindi nel pan grattato e friggeteli in padella con burro.

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321. Scegliete le foglie bianche e tenere dei cardi, togliere loro le fila e bislessateli: quindi pestatene alcuni in mortaio, e fattone il ripieno cogl’ingredienti già accennati, riempitene i cardi tagliati a pezzetti e cuoceteli in tegame come sopra.

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481. Procuratevi delle mele appiuole, mondatele della buccia e del torso, e mettetele a cuocere con vino bianco e zucchero, nella dose di un terzo del peso dei frutti, e pezzi di cedrato candito, oppure scorza di limone fresco, ben trita. Quando i pomi cominciano ad asciugare, bagnarli di nuovo con vino. Ungete intanto una forma di budino, polverizzata di zucchero, e copritene il fondo e i lati con pezzi di mollica di pane della grossezza di uno scudo, i quali pezzi spruzzerete prima di vino bianco. Versatevi in mezzo i pomi, copriteli con altre fette di patte e fateli cuocere al forno. Se per caso i pomi fossero già troppo cotti e tendessero a squagliarsi prima d’asciugare, toglieteli dal loro giulebbo e collocateli nella forma già preparata come sopra: poi fate condensare a fuoco vivo il giulebbo da solo, versatelo sui frutti. Sbattete finalmente tre bianchi d’uova in fiocca densa con tre cucchiai di zucchero bianchissimo, stendete questa fiocca sui pomi in giulebbo e fate lor prendere un colore di nocciuola, coprendola un istante con un coperchio caldo.

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496. Prendete le castagne secche senza buccia, mettetele in molle nell’acqua calda e strofinatele bene insieme colle mani onde togliere ad esse tutta la peluia; mettetele poscia a bollire a rilento con acqua, una cucchiaiata d’olio e poco sale. Si mangiano calde col loro brodo.

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Acciughe (Anciöe). Da marzo a maggio; 3.ª qualità — fritte, a lesso, ripiene, a rosto. Ottime a lesso nel mese di maggio. Agone (Agon). Inverno; 3.ª qualità — fritto, a rosto, alla graticola. Agucchia (Agoggia). Tutto l’unno; 4.ª qualità — fritta, a rosto. Angelo (Pescio àngeo). Autunno e inverno; 3.ª qualità — fritto, molto meglio in tocchetto (a buridda). Anguille (Anghille). Tutto l’anno; 2.ª qualità — fritte, in tocchetto, allo spiedo. Argentina (Argentinn-a). Inverno; 3.ª qualità — fritta. Aringhe (Ænghi). Si pescano nell’Oceano e vengono a noi secche, salate e affumicate — Aperte dalla schiena, scaldate sulla gratella, spellate e diliscate, si condiscono con olio e limone, ovvero invece di scaldarle sulla gratella si lessano prima nel latte. Bavosa (Bausa). Inverno; 3.ª qualità — fritta. Bavosetta (Bausetta). Estate; 3.ª qualità — fritta. Beccaccia di mare V. Trombetta-Pesce. Bianchetti (Gianchetti). I primi da agosto a ottobre, i secondi dal 15 gennaio a tutto maggio; 4.ª qualità — a lesso, fritti, mettonsi pure in frittate, se ne fanno frittelle (frisciêu). Boghe (Bughe). Tutto l’anno; 3.ª qualità — fritte, al piatto, sulla graticola, marinate (a scabeccio). Bolascio (Bolaxo). Tutto l’anno; 4.ª qualità — fritto. Boldrò (Bûddego). Tutto l’anno; 3.ª qualità — in tocchetto, in zuppa, serve a far sugo. Bove-Pesce (Cagnolin). Estate; 4.ª qualità — fritto. Calciniello (Cabasson). Aprile; 3.ª qualità — fritto. Cane-Pesce (Pesciocan). Estate; 4.ª qualità — ha la carne bianca, ma d’un gusto ordinario; tuttavia mettesi in tegame con aromi ed anche sulla graticola. Cappone (Cappon). Tutto l’anno; 2.ª qualità — a lesso, serve anche a far brodi. Carne bianca di eccellente gusto. Capo-Nero (Svojâ o Sant’Andria). Estate; 2.ª qualità — fritto e sulla graticola. Castagna o Perchia fondale (Bolaxo de tacca neigra). Tutto l’anno; 4.ª qualità — fritta. Cavalla (Cavalla). Autunno; 4.ª qualità — a lesso, sulla graticola. Caviglione (Caviggëa o Picaggia). Inverno; 3.ª qualità — entra nella frittura (miscolansa). Cornetto (Chêunao). Tutto l’anno; 4.ª qualità — fritto. Crovello (Pescio crovo). Tutto l’anno; 2.ª qualità — a lesso. Dentice (Dentexo). Tutto l’anno; 1.ª qualità — a lesso, fritto. Donzella V. Zigurella. Dragone (Dragon). Pesce che rassomiglia al lacerto; ha la carne bianca, nutritiva; sono velenose le punture delle spine che ha sul dorso ed alle orecchie: se sgraziatamente accadesse di pungervi, lavate la ferita di vino dopo aver lasciato uscire il sangue — mettesi in tegame. Fanfano (Pàmpano). Autunno; 3.ª qualità — a lesso. Favotta (Spagnolletto) — a lesso, fritta, sulla graticola. Ferraccio V. Ferrazza. Ferrazza (Ferrassa). Inverno; 4.ª qualità — fritta. Ficotto (Figaölo). Inverno e primavera; 3.ª qualità — fritto. Figaro (Firgo). Autunno; 1.ª qualità — a lesso. Gallinella (Chêufano). Estate e inverno; 3.ª qualità — fritta. Gatto pardo (Gattobardo). Inverno; 4.ª qualità — in umido. Gattuccio (Gattûsso). Inverno; 4.ª qualità — in umido. Ghiandone (Laggion). Tutto l’anno; 3.ª qualità — fritto. Ghiozzo (Ghiggion). Ve n’ha di scoglio e di fondo, il migliore è di scoglio. Tutto l’anno; 3.ª qualità — fritto. Grongo (Bronco). Ve n’ha di due qualità, di scoglio e di fondo. Tutto l’anno; 2.ª qualità — in tocchetto; e se è grosso, a lesso dalla parte della ventresca. Grongo di scoglio (Peagollo o Fiagallo). Tutto l’anno; 2.ª qualità — in tocchetto. Imbriancone (Imbriægon o Rûbin). Tutto l’anno; 3.ª qualità — sulla graticola. Imperatore (Pescio Impeatô). Primavera; 1.ª qualità — a lesso. Indorata (Indoadda). Estate; 2.ª qualità — a lesso. Lacerto V. Sgombero. Lama (Lamma). Estate; rarissimo; 3.ª qualità — fritta. Lamia (Cagnassa). Tutto l’anno; 4.ª qualità — fritta o in tocchetto. Lamiola V. Milandro. Lampuga dorata (Leccia bastarda). Autunno; 2.ª qualità — a lesso. Leccia (Leccia). Primavera; 1.ª qualità — a lesso o sulla graticola. Luccio di mare (Lûsso de mâ). Estate; 3.ª qualità — fritto. Lucerna (Lûxerna). Tutto l’anno; 1.ª qualità — a lesso. Lucerna di scoglio (Mëo). Primavera; 2.ª qualità — a lesso. Lupazzo (Luasso). Tutto l’anno; 1.ª qualità — a lesso fritto sulla graticola. Manzo-Pesce V. Bove-Pesce. Menola (Mènoa). Tutto l’anno; 3.ª qualità — fritta. Milandro (Mêuanto). Primavera ed estate; 3.ª qualità — fritto o in braciolette con salsa. Mola (Mêua). Estate; 4.ª qualità — in umido. Moròmora (Môrmoa). Tutto l’anno; 1.ª qualità — fritta, sulla graticola, al cartoccio, al piatto. Moròna (Murron). Pesce d’altissimo fondo, di carne bianchissima e di sapore squisitissimo, a preferenza di tutti gli altri; è piuttosto raro e vendesi a caro prezzo. Pescato nelle acque di Nizza, nella foce del Tevere, e in altri litorali del Mediterraneo, la sua carne non è tanto delicata come quella del nostro, ciò provenendo dal pascolo e natura dei fondi, o forse anche dalla maniera di cucinarlo. Autunno e inverno; 1.ª qualità — a lesso. Moròna spinosa (Murron spinoso). Estate; 1.ª qualità — a lesso. Mostella (Mustella). Inverno; 3.ª qualità — Ve ne sono due specie, l’una di fondo, l’altra di scoglio; quest’ultima trovasi tutto l’anno — la prima arrosto e la seconda fritta. Mucciga V. Mostella. Muggine (Mûsao). Varie sono le specie di questo pesce, il muggine d’olio (Mûsao lûxente o dell’êujo), il m. orifrangio (m. dell’öu), l’acucotto (m. gangâ), il m. caporello (m. masson), la sciorina (m. neìgro), il m. di fango (m. merdajêu), ma la preferibile è il muggine orifrangio. Primavera ed estate; 2.ª qualità — all’umido, sulla graticola, anche fritto. Muggine alato V. Rondine di mare. Murena (Moenn-a). Estate; 3.ª qualità — fritta. Nasello (Nasello). Tutto l’anno; 2.ª qualità — a lesso, fritto, all’umido. Nocciolo (Nissêua). Tutto l’anno; 3.ª qualità — in tocchetto (a buridda). Nottola (Ciûccio). Inverno; 4.ª qualità — fritta. Occhiata (Euggiâ). Tutto l’anno; 1.ª qualità — fritta, sulla graticola, in tegame. Occhione (Besûgo). Tutto l’anno; 3.ª qualità — a lesso, sulla graticola. Ombrina (Ombrinn-a). Tutto l’anno; 1.ª qualità — a lesso, fritta. Orata (Oâ). Estate; 1.ª qualità — a lesso. Pallaio V. Ronco. Pallamita (Pämïa). Da gennaio a giugno; 2.ª qualità — a lesso e sulla graticola. Palombo V. Milandro. Paolo Pesce V. Marona. Papagallo (Papagallo). Estate; 2.ª qualità — a lesso. Parago (Pägao). Inverno; 1.ª qualità — a lesso, al piatto, sulla graticola, al cartoccio. Parazzi (Päzette). Primavera; 4.ª qualità — fritti, a rosto. Parghetto (Roello). Tutto l’anno; 3.ª qualità — fritto, sulla graticola. Pelledura (Galletto). Inverno; 3.ª qualità — fritta. Perghia (Barchetta). Primavera ed estate; 4.ª qualità — fritta. Pescatrice (Gianello o Bûddegassa). Inverno; 4.ª qualità — in tocchetto. Pescimpiso (Muiello). Specie di gattuccio che ha la carne fetida e acida. Estate; 4.ª qualità — fritta, in tocchetto. Prete-pesce (Pescio Præve). Tutto l’anno; 3.ª qualità — a lesso, fritto in tocchetto. Ragno V. Lupazzo. Rasoio (Rasô). Specie di razza. Inverno; 3.ª qualità — fritto. Razza (Razza). Pesce di buon gusto, di forma rotonda con lunga coda; ve ne sono di diverse specie e grossezze; le due specie migliori sono la razza spinosa (razza veäxa) e la razza moromora (razza capûçinn-a); la prima d’inverno, la seconda d’estate; 3.ª qualità — al piatto, fritta e all’agliata. Re-Pescio (Pescio-rè). Inverno, rarissima; 1.ª qualità — a lesso. Ribello (Scrôssoa). Inverno; 3.ª qualità — a lesso, fritto, a braciolette. Rombo (Rombo). Pesce che pel suo squisito sapore può meritamente chiamarsi il fagiano del mare. Ve ne sono tre specie: cioè il rombo chiodato (rombo veäxo), il rombo liscio o comune (rombo de fondo) e il rombo bastardo; il preferibile è il chiodato, così detto per avere il dorso coperto da tante prominenze fatte a guisa di capocchie di chiodo. Inverno; 1.ª qualità — a lesso, e cuocesi intero, fritto e tagliasi a rocchi. Ronco (Tatta de fondo). Primavera ed estate; 3.ª qualità — a lesso. Rondine di mare (Ròndana o Rondaninn-a). Estate; 4.ª qualità — fritto, arrosto. Rondinino (Rondanin). Tutto l’anno; 3.ª qualità — a lesso, fritto, sulla graticola a mo’ di braciole, in umido. Rossetti (Roscetti). Da novembre sino al principio di aprile; 2.ª qualità — fritti, si mettono anche in frittata e in frittelle (frisciêu). Salpa (Sarpa). Tutto l’anno; 4.ª qualità — in umido. San Pietro (Pescio Sampê). Tutto l’anno; 1.ª qualità — a lesso. Sarago (Sägôu). Tutto l’anno; 1.ª qualità — al piatto, sulla graticola. Sardelle (Sardenn-e). Tutto l’anno; 4.ª qualità — a lesso, sulla graticola. Sbriglio V. Milandro. Sciocca V. Tecca. Scòrfina (Scòrpena de fondo). Inverno; 5.ª qualità — a lesso. Scorpena (Scòrpena de schêuggio). Inverno; 3.ª qualità — in tocchetto e zuppa. Senna (Cömba o Combinn-a). Estate; 3.ª qualità — all’agliata. Serretta (Serretta o Serrêua). Specie di leccia. Primavera; 1.ª qualità — fritta. Sgombero (Laxærto). Primavera; 3.ª qualità — a lesso, al piatto, in umido, sulla graticola e fritto; a quest’ultima maniera tagliasi prima a pezzi i quali si passano in uovo sbattuto e quindi pan grattato. Signora-Pesce (Scignöa). Estate; 3.ª qualità — fritta. Sògliola (Lengua). Inverno: 1.ª qualità — fritta. Spada-Pesce (Pescio Spâ). Primavera ed estate; 1.ª qualità — a lesso, in umido, fritto, a mo’ di braciuole. Sparletto (Sparlo). Estate e autunno; 3.ª qualità — fritto, all’umido, sulla graticola. Spinoso (Agguggiôu). Tutto l’anno; 4.ª qualità — in tocchetto. Storione (Storion). Pesce colla testa fatta a becco e con grossi scaglioni sul dorso e nei fianchi a forma di corazza; ha la carne bianca e di un gusto eccellente; 1.ª qualità — a lesso. Strinca V. Caviglione. Stròmbolo (Strombo). Estate; 4.ª qualità — a lesso ed in umido. Sugherello (Sô). Primavera; 4.ª qualità — a lesso, fritto, in umido. Tanuta (Tanûa). Estate; 4.ª qualità — fritta, sulla graticola. Tecca (Tacca de Schêuggio). Estate; 3.ª qualità — a lesso. Tonnella (Tonnèlla). Autunno; 3.ª qualità — a lesso, fritta, in umido. Tonno (Tonno). Da marzo a ottobre; 2.ª qualità — a lesso, sulla graticola, in braciolette sott’olio. Topo-Pesce (Pescio ratto). Autunno; 4.ª qualità — a lesso, in umido. Tordo (Tordo). Tutto l’anno; 3.ª qualità — fritto. Traggina (Aagna). Tutto l’anno; 2.ª qualità — se è grossa, a lesso, se piccola, al piatto e fritta. Bisogna aver somma avvertenza nello sventrarla di tagliarvi prima due spine dalle orecchie, la puntura delle quali, oltre all’essere sommamente dolorosa, infiamma enormemente la mano e il braccio. Trèmola (Battinetta, Gallinetta, Tremoise). Tutto l’anno; 4.ª qualità — in tocchetto, fritta. Triglia (Treggia). Pesce di sapore molto squisito. Havvene tre specie: la triglia borbone (treggia de schêuggio rossa), quella di scoglio verde (treggia de schêuggio verde) e la triglia di fango (treggia de fundo o cavò). La borbone distinguesi per le striscie dorate longitudinali che le attraversano il dorso e per la tinta di oro che brilla sulle sue pinne; quella di scoglio pel suo capo mozzato, per la coda forcuta e per essere oltre il color rosso, chiazzata di verde sul dorso; quella di fango ha i colori spersi, sbiaditi. Le due prime specie sono le migliori. — Tutto l’anno; 1.ª qualità — al piatto, al cartoccio, fritta, e se eccede i 300 grammi a lesso. Trombetta-Pesce (Trombetta). Inverno; 4.ª qualità — fritto. Trota di mare V. Traggina. Verdone (Verdon). Estate; 4.ª qualità — in umido. Zerretti (Pignoëti). Tutto l’anno; 4.ª qual. — fritti. Zerro (Zerlo). Tutto l’anno; 4.ª qualità — fritto, sulla graticola. Zigurella (Zigoëla). Estate; 3.ª qualità — fritta. Altri animali acquatici. Arigusta (Aragosta). Tutto l’anno a lesso. Arsella (Arsella). In umido, cuocesi a zimino col riso. Castagna di mare V. Riccio marino. Chioccilini di mare V. Cornetti. Cicala di mare (Çigaa de mâ) — sul fuoco. Cornetti (Cornetti) — sul fuoco. Datteri di mare (Dàttai de mâ). Specie di conchiglia, grossa quanto un dito pollice; l’interno è azzurrognolo, ed hanno un eccellente gusto — mettendoli a stufato. Gambero (Gàmbao) — fritto. Grancella (Gritta) — fritta. Granchio (Faolo) — sul fuoco, se ne fa anche zuppa. Lupicante (Longobardo). Ha quasi la forma d’una arigusta, ma è molto più grosso e di colore verdognolo — cuocesi a lesso come l’arigusta. Ostrica (Ostrega) — cruda, strizzata di sugo di limone. Patella (Patella) — cruda. Polpo (Purpo). Tutto l’anno; 4.ª qualità — a lesso. Polpo muschiato (Moscardin). Tutto l’anno; 4.ª qualità — a lesso, in tocchetto, e se piccolo fritto. Riccio marino (Zin) — crudo. Seppia (Seppia) — in tocchetto, fritta. Tartaruga di mare (Tartarûga de mâ) — in umido. Tellina V. Arsella. Totano (Tötano) — fritto.

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398. Togliete loro le foglie troppo grosse e dure, lavateli e lessateli; quando sono cotti, sgocciateli bene, tagliateli a pezzetti di mezzana grossezza e serviteli con salsa piccante (n. 9).

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68. Prendete piccoli cavoli cappucci (garbûxi) preparati come le lattughe, cioè tolte le foglie guaste e il garzuolo, dimodoché vi restino le loro foglie verdi; fateli bollire alquanto nell’acqua con pochissimo sale, estraeteli e premeteli leggermente nelle mani affinché diano tutta l’acqua. Riempiteli quindi dello stesso battuto delle lattughe, sia fino od economico come sopra, e metteteli a cuocere. Cotti che siano, serviteli in tavola nel modo stesso delle lattughe.

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399. Vedasi il n. 198.

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397. Operateli istessamente come i broccoli strascinati (n. 196).

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389. Fate prima bislessare, quindi tagliati a larghe fette, adagiateli a strati in tegame, alternandovi ad ogni strato burro e poco sale. Metteteli a cuocere con fuoco sopra e sotto; serviteli. È una pietanza di eccellente gusto. Nota. — Quelli di Sardegna sono i migliori, giacché arrivano alla grossezza della testa d’un uomo.

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125. Prendete cervello di vitello o di manzo, lavatelo e spellatelo, quindi fatelo bislessare e spruzzatelo con un poco d’aceto per togliervi il lezzo (refrescûmme); tagliatelo poscia a fette, le quali prima infarinate, quindi passate in bianco d’uovo sbattuto, friggerete in olio. Quando avranno preso un bel colore, servirete in tavola con una guarnizione di pane tagliato a piccoli dadi, e parimente fritte in olio, ma che prima di friggerlo bagnerete nel latte o nel brodo freddo, e farete passare nelle uova dibattute.

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135. Fate rosolare in casseruola con 50 grammi di burro e sale necessario detta cipolla e del prezzemolo ben tritati; prendete quindi mezzo chilogramma fra magro, animella, poppa e granelli di vitello che taglierete a pezzetti e metterete pur essi a rosolare entro la casseruola; quando saranno rosolati, aggiungetevi qualche cucchiaio di sugo o di brodo, poscia due carciofi tagliati a fette, alquanti schienali (fietti). Cotto che sia, ritirate il tutto e tritatelo sul tagliere sicché divenga una pasta, la qual poscia metterete in un recipiente e vi unirete quattro tuorli d’uovo, che rimesterete bene con un cucchiaio, quindi 50 grammi di piselli freschi e, se volete, pochi tartufi. Prendete in seguito 30 cialde (nëgie), cominciate a bagnarne una leggermente in acqua o vino bianco e poscia con un cucchiaio mettetevi sopra alquanto ripieno; piegata questa cialda, premetene le estremità affinché il ripieno non esca, passatela nel bianco d’uovo e nel pane grattato, e posatela in un piatto; proseguite collo stesso metodo per quelle che rimangono: friggetele in ultimo in padella con olio, e quando abbiano preso un bel color d’oro servitele calde.

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453. Prendete un chilogramma di mandorle, dipellatele e pestatele in mortaio sicché vengano una pasta; prendete poscia 675 grammi di zucchero in polvere e amalgamatelo con questa pasta; aggiungetevi poc’acqua di fior d’arancio, poca farina e formatene le ciambelle; mettetele in forno e quando avranno preso un bel color d’oro, levatele, bagnatele leggermente alla superficie di siroppo e spargetevi sopra semenzina confettata (semensetta). Nota. — Volendone fare una minor quantità, diminuirete le dosi in proporzione.

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322. Tagliate in mezzo le cipolle, togliete loro le scorze interne, le quali triterete e farete rosolare in casseruola con olio e sale e poscia pesterete in mortaio; vi aggiungerete gl’ingredienti di sopra per formarne il ripieno, o riempirete le cipolle cuocendole in tegame come sopra.

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200. Mondate, lavate e lasciate stare alquanto in acqua fresca i cipollini; poscia fate rosolare in casseruola con burro e sale; quando avranno preso il colore, metteteli un cucchiaino di farina per ogni 300 grammi, e fate nuovamente rosolarli rimestandoli da quando a quando e aggiungendovi alquanto sugo o brodo affine di formare un po’ d’intinto (bagna).

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465. Prendete 4 chilogrammi di pesche moscatelle spiccatoie (spartilosso) mature; togliete loro la buccia ed il nocciuolo; tagliatele a fette e ponetele a macerare per 10 ore entro due chilogrammi di zucchero fino; dopo ciò mettetele al fuoco in casseruola di rame e fatele cuocere sino a tanto che non siano ridotte quasi ad una pasta, avvertendo di rimestarle continuamente durante la loro cottura affinché non si attacchino al fondo; fatele raffreddare e ponetele in alberelli. Tagliate poscia tante carte in rotondo quanti sono gli alberelli che occuperete e che siano della giusta larghezza della bocca, bagnatele nello spirito di vino e adagiatele sopra la confettura; sigillate in ultimo ermeticamente gli alberelli con pergamena legata strettamente con ispago, affinché non vi penetri l’aria. Nota. — Allo stesso modo si fanno confetture d’altre frutta, come pomi, albicocche, prugne e fragole; avvertendo che queste ultime, bisogna prima passarle allo staccio. — La stessa confettura di pesche, si può formare come una gelatina passandola allo staccio.

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56. Pasta da vermicellaio fatta a foggia di piccolissime barchette. Conditela con sugo e cacio parmigiano.

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308. Preparatevi magro di vitello tagliato a larghe fette; prendete quindi del prezzemolo, piuttosto in abbondanza, alcuni spicchi d’aglio e discreta quantità di midolla d’osso (se di bue, meglio) e poco sale: tritate il tutto sul tagliere e copritene abbondantemente le fette di vitello. Dopo ciò incartocciatele strettamente ad una ad una, legatele in girlo con refe e fatele cuocere allo spiedo. Le potete anche mettere in casseruola con burro. Servonsi calde.

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242. Prendete il polmone, il fegato, la milza e il cuore d’un agnello e capretto, tagliate il tutto a fettoline e fate cuocere in padella con pochissimo olio, sale e prezzemolo ben trito, rivoltandolo da quando a quando col cucchiaio. Quando avrà il suo colore, servitelo con limone strizzatovi sopra. Nota. — Alcuni usano cuocervi insieme anche le budella, lavate e tagliuzzate a pezzettini.

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58. Impastate farina di grano, mettendovi 12 uova per ogni chilogramma, quindi spiccatene a poco a poco tante particelle simili ad un grosso cece, le quali comprimerete coi polpastrelli delle due dita indici rendendole alla forma di tanti 8. Si lasciano disseccare per alcuni giorni e si cuociono a largo d’acqua in pentola o caldaia. Estratti, e bene sgocciolati, si condiscono con sugo (n. 35) o abbondante cacio parmigiano. Nota. — Una pasta di egual forma vendesi pure dai vermicellai, che si condisce alla stessa maniera.

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61. Specie di lasagne tonde su cui in una parte è impresso un rabesco mediante una stampa di forma rotonda, e si staccano dalla sfoglia col rovescio della stampa che è incavato ed ha l’orlo acconcio a tagliar la pasta. Si formano le sfoglie alla stessa maniera delle lasagne, e com’esse si condiscono suolo per suolo con sugo di vitello o di manzo.

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62. Fate la stessa pasta dei tagliolini verdi (n. 59), ma alquanto più soda, e nel resto eseguite come sopra (n. 61).

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304. Fate bislessare in casseruola con acqua e sale 150 grammi di magro di vitello, 100 grammi di poppa, un’animella, una posta di schienali, due o tre granelli, mezzo cervello e 100 grammi di strigolo (castagnetta), il tutto di vitello; bislessati, estraeteli e tritate bene sul tagliere il magro, la poppa e l’animella, tagliate il rimanente a piccoli pezzetti, poscia mettete il tutto in un recipiente, e unitevi, se lo avete, tartufo, due carciofi affettati sottilmente e bislessati, 75 grammi di piselli pur bislessati, pochissimi funghi rinvenuti e tritati, poca maggiorana, uno spicchio d’aglio sminussato, 6 uova sbattute, una cucchiaiata di parmigiano grattato, una mollica di pane inzuppata nel brodo, un po’ di spezie e sale, e rimescolate bene in modo da farne un impasto. Ottenuto questo impasto lo farete rinvenire entro una casseruola, sopra il fuoco fino a che divenga un poco denso; riempirete quella parte di vitello che a tal uopo vi procurerete dal beccaio, sia nelle costole che nella pancetta, del peso di due chilogrammi, avvertendo che se sarà nelle costole la farete prima disossare. Riempita che l’avrete, cucitela bene attorno con refe acciò non ne esca il ripieno; indi ponetela in brodo bollente e lasciatela cuocere per due ore e mezzo pungendola da quando a quando con uno stecco acciò rigonfiando non iscoppi. Nota. — Invece delle costole o pancetta di vitello come sopra, potete per economia riempiere spalletta d’agnello o di capretto, avvertendo però che la cottura invece di tre ore dovrà essere di un’ora soltanto.

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355. Battute le costolette con coltellaccio o matterello, ponetele in tegame di terra, nel quale avrete già versato un leggiero strato di salsa verde piccante (n. 9), e spalmatele al di sopra colla salsa medesima. Fatele cuocere con fuoco sopra e sotto, avvertendo che non rimangano asciutte, nel qual caso aggiungetevi un po’ di brodo affinché conservino la voluta morbidezza.

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231. Prendete due o tre uova, secondo il bisogno, unitevi della cipolla e del prezzemolo ben tritati, un po’ di sale e dibattetele bene; immergetevi quindi le costolette, le quali poscia ad una ad una adatterete in tegame con burro di sotto e di sopra. Fatele cuocere tre quarti d’ora con fuoco sopra e sotto, e servirete in tavola.

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228. Prendete 300 grammi di magro di maiale e 300 grammi di magro di vitello; tagliate il tutto a piccoli pezzetti, quindi pestatelo poco per volta in mortaio in modo che divenga una pasta. Fate quindi rosolare in casseruola con 75 grammi di burro, poca cipolla, un po’ di sedano, del prezzemolo e pochi funghi secchi; gettatevi dentro il suddescritto battuto di carne e unite il tutto con un cucchiaio. Prendete poscia una cucchiaiata di questo ripieno e formatene una costoletta comprimendola colla mano, quindi un’altra, una terza e via via sino all’ultima. Ponetela sopra una graticola alquanto spessa e fatela cuocere voltandole di tratto in tratto da una parte e dall’altra. Quando saranno cotte, adagiatele in un piatto con un poco di sugo (n. 34), copritele con tartufi sottilmente trinciati, e mettete il piatto sopra un fuoco leggero facendolo crogiolarsi per mezz’ora. Servitele in tavola.

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230. Fate soffriggere in casseruola, con burro e sale, della cipolla, della carota e del prezzemolo ben tritati, aggiungetevi poscia pomidoro e funghi freschi o secchi fatti rinvenire, dopo due o tre voltate prendete le costolette, adagiatele nella casseruola e lasciatele cuocere lentamente, avendo cura di bagnarle da quando a quando con un poco di vin bianco ovvero con brodo a piacere. Cotte, servitele.

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354. Mettete un chilogramma di costolette di montone in un tegame con un po’ di grasso di vitello, un po’ di burro, un cucchiaio d’olio e fatele abbrustolire: indi gettatevi un dito di vino bianco, e da quando a quando bagnatele con un po’ di brodo. Quando sono già per essere cotte aggiungetevi un po’ di finocchio. — Il tempo della lor cottura è d’un’ora per lo meno.

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229. Dissossate un pollastro, meno le ali e le coscie, tagliatelo a pezzi rotondi o come meglio, e batteteli col matterello. Ponete quindi in casseruola con burro, sale e un po’ di cipolla e prezzemolo ben tritati, tutte lo ossa, il collo, la testa e il carcame del pollastro, e fate rosolare per un quarto d’ora, bagnandoli con alquanto brodo per fare un po’ di sugo. Dopo ciò, levate e pestate il tutto nel mortaio, poscia passatelo per lo staccio. Mettete le costolette del pollastro in casseruola, versatevi sopra questo sugo e fate cuocere per dieci minuti. Le servirete in tavola con guarnizioni di piselli o di tartufi.

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227. Prendete costollette di vitello e passatele in uovo bene sbattuto con sale; mettetele in padella con burro e sedano tagliato a listerelle, un po’ di cipolla e poca carota, e fatele cuocere sino a tanto che abbiano preso un bel color d’oro, quindi adagiate il tutto in casseruola aggiungendovi un po’ di sugo (n. 37) e fate cuocere lentamente per un’ora a fuoco sopra e sotto.

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226. Fate il tutto alla stessissima maniera come al (n. 137), se non che invece di friggere le costolone in padella con olio, le metterete in tegame con burro, bagnandole da quando in quando con sugo; unitevi alquanti piccoli piselli freschi e fatele cuocere per un’ora.

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127. Prendete magro di vitella, tagliatelo a fette che batterete bene colla costola d’un coltello sicché divengano larghe come un tondo, e spargetevi sopra un po’ di sale macinato; passatele quindi nelle uova dibattute e poscia nel pan grattato; friggete in padella con burro e servitele in tavola con un mezzo limone da strizzarvi sopra, ed una guarnizione di patate.

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128. Prendete costolette d’agneletto e, cominciando dal fondo della costa, spingete colle dita all’insù sino al capo di essa tutta la carne dimodoché la costa venga ad avere in cima una capocchia rotonda di carne; fatela passare in uovo dibattuto con sale, quindi nel pan grattato e friggetele in padella con olio. Si servono in tavola con una guarnizione di prezzemolo fritto.

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130. Disossate un pollastro, tagliatelo a pezzi rotondi o come meglio, e batteteli col matterello; quindi spolverizzati prima con un po’ di sale passateli nell’uovo sbattuto con alquanto prezzemolo e poscia nel pan grattato. Friggeteli in padella con burro.

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482. Versate un bicchiere di caffè nero, forte, in tre bicchieri di panna, e, mettendo il tutto al fuoco addolcitelo con sufficiente quantità di zucchero e tenetelo alquanto al fuoco. Sbattete a parte nove tuorli d’uovo, unitevi a poco a poco la panna ancor calda, passate poscia il tutto allo staccio, versatelo in una casseruola profonda e fatelo cuocere a bagnomaria. Servite questa crema fredda.

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433. Preparatevi una buona crema, in quantità che credete, fatela montare a fioca, se è d’estate mettetela in ghiaccio, dosatela di zucchero alla vaniglia a seconda del gusto, prendete indi una forma o stampo, cominciate dallo squadrare dei biscotti della Regina e, preparati questi, prendete la forma, formatele il fondo e le pareti coi biscotti ben disposti. Indi versate la crema e riempite la forma; quando è piena coprite di nuovo con biscotti; mettete tutto in ghiaccio e quando è ben gelata servitela sul tovagliuolo.

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221. Fate rosolare con burro e sale un po’ di prezzemolo ben tritato, mettetevi poscia creste di pollastro bislessate prima con un po’ di sale, fegatini e granelli, pure di pollastri, con piselli piccoli, pur essi bislessati; fateli cuocere sino al lor punto e serviteli con salsa vellutata N.º 18.

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452. Ponete 3 ettogrammi di zucchero bianco in una casseruola di rame, indi mettete in molle, dipellate e tagliate a fette sottili 4 ettogrammi di mandorle dolci e fatele disseccare senza che coloriscano; gettatele ancor calde nella casseruola e mescolatele bene col zucchero: quando avranno preso il color d’oro, formatene il gateau in quella forma che più vi piacerà. Nota. — Potete aggiungervi anche i pistacchi, o invece delle mandorle servirvi di soli pinocchi.

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175. Prendete un pan raffermo (pöso), toglietevi tutta la corteccia e poscia tagliatene la mollica a mostaccioli o a fette, che farete friggere in padella con olio. Fritte che siano, ponetevi sopra i frutti di mare, come ostriche, ricci marini (zin), telline (arselle) ed altri che avrete preparati o fatti preparare in pescheria, dentro un vasettino e serviteli con limone.

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174. Pestate in mortaio quanta vitella, o cruda, o arrosto, o anche polpa di cappone o di pollo, che credete sia bastante, unitevi poscia dei pinocchi pestati a parte con prezzemolo e leggerissima dose d’aglio e impastate il tutto con tuorli d’uovo. Tagliate quindi il pane a mostaccioli, sovrapponete a ciascun d’essi un cucchiaino ben colmo di questo battuto, passate separatamente ogni pezzo in bianco d’uovo e friggeteli in padella con olio fino. Si mangiano caldi.

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292. Preparate le lumache come sopra, colla differenza che dopo d’aver bollito con acqua e sale si mettono a zimino senza sgusciarle: si fanno cuocere per un’ora.

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251. Eseguite il tutto come sopra, se non che tralascerete di fasciarli col secondo battuto.

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A A bagno; In molle: Mette a bagno; Mettere in molle. — Parlandosi di botti, tini e simili, quando vi si mette dentro dell’acqua, o si bagnano altrimenti affinché rinvenendo non versino, dicesi Mettere a stagno. A bagnomaria; A bagnomaria. Abbeschêuttâ; Biscottare. Abboccheìve; Abboccato. A buridda; In tocchetto, In guazzetto: Pescio a buridda; Pesce in tocchetto. A-a cappûççinn-a; Alla cappuccina: Torta ä cappûççinn-a; Torta alla cappuccina. A-a cavallaia; All’arrabbiata: Pollastro ä cavallaia; Pollo all’arrabbiata. A-a mainæsca; Alla marinesca, Alla marinaresca: Stocchefisce ä mainæsca; Stoccofisso alla marinaresca. A-a milaneise; Alla milanese. Riso ä milaneise; Riso alla milanese. Parlandosi di costolette, dicesi Braciuole o Costolette panate. A spagnolla; Alla spagnuola: Læte ä spagnolla; Latte alla spagnuola. A-a stirionn-a; Alla storiona: Bibbin ä stirionn-a; Tacchino alla storiona. Accomodâ a carne; Accomodar la carne. Acconsâ i cöi, faxêu, a verdûa; Mondare i cavoli, ecc. — o vin; Acconciare il vino, Dar la concia al vino V. Vin. Acido; Acidità, Acidezza. Usato come aggett. dicesi Acido, cioè che ha acidità. Addobbâ; Conciare, Acconciare, Mettere in concia. Addobbo; Concia. Mette in addobbo; Mettere in concia. (*) Si sono ommessi i nomi dei pesci, essendovi in essi il Catalogo a parte. Parlando di Funghi dicesi Sott’olio: Funzi in addobbo; Funghi sott’olio. Ægua boggïa; Acqua bollita o bollente. — dôçe; Acqua concia o acconcia. — de sciô de çetron; Acqua di fior d’arancio, Acqua nanfa o lanfa. — tenta; Acqua tinta, pazza, avvinata, dicesi di vino molto annacquato. Affettâ; Affettare (coll’e stretta): Tagliare in fette. Affûmmôu; Affumato, Affumicato. A funzetto; In umido. Aggiadda; Agliata. All’aggiada; All’agliata. Aggio; Aglio. Spigo d’aggio; Spicchio d’aglio. Testa d’aggio: Capo d’aglio. Agnelletto; Agnelletto. Agnello V. Bæ. Agnellotti; Agnellotti. Aguggia da cuxinn-a; Lardatoio. Agrazio; Agresto: Uva acerba. Agredöçe; Agrodolce. Agretta; Acetosella. Agro de limon; Agro di limone. Agrûmmi; Agrumi. Allargâ a brâxa V. Brâxa. Allighî i denti; Allegare i denti. All’Inferno; All’Inferno, voce dell’uso: Articioche all’inferno; Carciofi all’inferno. All’ûmido; In umido. Alsâse o vin V. Vin. Alzâ o boggio V. Bôggio. Amandoa; Màndorla, Amandorla, Màndola. Amandòa sciacchæla; Màndorla premice o spaccarella. — in erba o fresca; Càtera, dimin. Caterina. Amäo de sâ; Amaro di sale V. Savoïo. Amarena; Amarena, Amarina, Ciriegia amarena. Amaretto; Amaretto. Amê; Miele. Amê viôlôu; Miele violato. Ammenestrâ; Minestrare: Cavar la minestra dalla pentola e metterla nella zuppiera o nel piatto. Scodellare dicesi prop. del mettere la minestra nelle scodelle (xatte). Ammortâ o fêugo V. Fêugo. Ammûggiâ o fêugo V. Fêugo. Amoa; Boccale. Ananas; Ananas, Ananasse; Ananasso. Andâ ben de sâ; Esser giusto di sale. — de sorva; Traboccare. in semensa; Tàllire. Anexi; Anice, Anace. Anghilla mainâ; Anguilla marinata. Anima de radicce; Anima. Anixetta; Anisetta: Rosolio di anici. Annia; Anitra. Antipasto; Antipasto. Antremè; Tramesso, Intramesso. A-o cartoccio; In cartoccio, Nella carta. A oxelletto; All’uccelletto: Vitella a oxelletto; Vitella all’uccelletto. Appetittoso; Appetitoso, Appetitivo. Appissâ o fêugo V. Fêugo. A raviêu; A smerlo: Taggiôu a raviêu; Tagliato a smerlo. Arbanella; Alberello. Arfê; Fiele. Argenti; Argenti, Argenteria: Tutto il vassellame d’argento per servizio da tavola, comprendendovisi pure le posate. Armella; Seme; Armelle de sûcca, ecc.; Semi di zucca, ecc. Armelette; Semini. Sorta di pasta tagliata da vermicellaio. Armoassa; Ramolaccio, Armoraccio. Aroma; Aroma. Aromatizzâ; Aromatizzàre. A rosto; Arrosto. Arrammôu; Che ha il verderame. Arrûxentâ; Sciacquare, Risciacquare. Usato come nome: Risciacquata. Articiocca; Carciofo. A scabeccio (Mette); Carpionare. Pesci a scabeccio: Pesci carpionati. Ascciaìse o vin; Chiarirsi, Schiarirsi V. Vin. Aspio; Aspro, Afro. — Fâ vegnï a bocca Aspia: Allappare la bocca, o semplic. Allappare. Assazzâ; Assaggiare. Assazzo; Assaggio. A stûffôu; A stufato. Attissâ o fêugo V. Fêugo. Aveì o rançio V. Rançio. Avemarie; Avemarie. Sorta di pasta tagliata da vermicellaio. Avvenâse; Inclinare, Far pelo. Avvenôu; Incrinato. Avviâ o fêugo V. Fêugo. Axinella d’ûga; Acino, Chicco, Granello. Axoïo; Inacetato. Axôu; Aceto. Mette in te l’axôu; Acconciare in aceto. A zemin; In zimino. B Baccalà; Baccalà, Merluzzo. Baccilli; Fave secche; Bæ; Agnello. Bagna; Intinto. Balletti; Ballotte, Ballotti, Balòge, Sùcciole. Banderolla da sciûsciâ in to fêugo; Soffietto. Barbenga; Guancia. Barbollo V. Fratte di baccilli. Bari; Barile, dim. Barilotto, Barlotto, Bariletto, Barletto. Bastonagge; Pastinache. Bavette; Bavette. Sorta di pasta piatta da vermicellaio. Bazzann-e; Fave. B. in teìga; Baccelli. B. desteghæ; Fave sgranate; sbacellate. B. spellæ; Fave sbucciate. Bazzanotto; Guascotto. Parlandosi d’uovo fra sodo e tenero, dicesi Bazzotto. Baxaicò; Basilico. Beccafigo; Beccafico. Beccassa; Beccaccia. Bële; Budella. Bëlette; Budella. Bëli de stocchefisce; Budelli di stoccofisso. Voce dell’uso. Bëlo cûâ; Intestino retto. Bergamotto; Bergamotto: Sorta d’agrume. Berodo; Sanguinaccio. Berretta dell’ûga; Fiòcine: Buccia vuota dell’acino. Bertoëli; Cavolini. Beschêuttâ V. Abbeschêuttâ. Beschêutto; Biscotto o Biscottino. — da reginn-a; Biscotto della regina. — reâ; Biscotto anicino o reale. — do Lagasso; Biscotto del Lagaccio. Biancomangiâ; Biancomangiare. Bibbin; Tacchino, Pollo d’India, Gallinaccio. Nel femm. Tacchina. Bibita; Bibita. Bifsteck; Bistecca. Bocca de damma; Bocca di dama: Sorta di pasticcio. Boccette dell’êuio; Ampolle. Boccon; Boccone. Bocconâ; Boccata. Bocconetto; Bocconcino, Bocconcello. Boggente; Bollente, Bogliente. Boggî; Bollire. Fâ Boggî, Mette a boggî; Far bollire, Mettere a bollire. Lessare dicesi del Cuocere checchessia per lo più in acqua. — forte; Bollire gagliardamente. — d’andâ de sorva; Bollire a scroscio, a ricorsoio. — o vin; Bollire, Grillare. Boggïo; Lesso: La cosa lessata. Usato come addiet. Bollito, Lessato, Lesso. Bòggio; Bollire. Alsâ o Ærze o bòggio; Levare, Alzare. Staccare il bollore. Dâ ûn o duî bòggi; Dislessare. Boggitûa; Bollitura. Bollo de ciccolata; Boglio o Pane di cioccolatte. Bonetto; Budino. Bonza; Carratello. Borraccia; Borraccia. Borsa da seppia, do pescio cämâ; Sacco. Botte; Botte. Botte insa; Botte manomessa. Botte c’a ciocca; Botte che canta. Mette a bagno a botte V. A bagno. Astagnâse a botte; Stagnarsi, Ristagnarsi. Bottæga de pescio; Bottarga, Bottagra, Bottarica, Buttaghera. Bottexinn-a; Botticina, Bòtticino, Botticella, Botticello. Bottiggia; Bottiglia. Impî e bottigge; Empier le bottiglie. Finî d’impîle; Abboccarle. Ammermâle; Scemarle, cioè Versare dalla bottiglia troppo piena un po’ di vino affinché non resti al contatto col turaccio. Tappâle, Turarle. Intaccâle; Sigillarle. Mettile a scoâ; Metterle a sgocciolare. Bottiggette dell’êuio V. sopra Boccette. Bottiggion; Boccione, Bottiglione. Bratta do vin; Feccia. Brâxa; Bragia, Bracia, Brace. Allargâ a brâxa; Sbraciare. Brenno; Cruscone. — impastôu; Mescolone: Crusca intrisa nell’acqua e impastata per cibo de’ polli. Bricchetti; Fiammiferi. Bricchetti senza bòtta; Fiammiferi senza scoppio. — Bricchetti; Tronchetti: Sorta di pasta tonda da vermicellaio. Briccòcali; Albicocche. Brignoîn; Prugne, Susine. Brocca de pærsa, de sarvia, ecc.; Rappa di maggiorana, di salvia, di ramerino, ecc. Dicesi anche Ramicello e Ciocca. Bròccoli; Bròccoli, Cavoli romani. Brodèlla; Broda. Broddo; Brodo. — lungo; Brodo lungo. — fæto; Brodo fatto. — ristreìto; Brodo ristretto. — — consûmmôu; Brodo consumato. — scemmo o fatto; Brodo sciocco. — colorïo; Brodo colorato. Broddöso; Brodoso. Brûnïa; Baràttolo. Brûsco; Brusco, Agg. a pietanza, vale Di sapore che tira all’aspro, non però dispiacevole al gusto. Brustolî; Abbrustolire, Abbrustolare. Parlandosi di caffè o di nocciuòle, Tostare. Brustolîo (Piggiâ o); Rosolare. Brustoliôu V. Brûxacaffè. Brûxacaffè; Tostino. Brûxôu; Bruciato, Bruciaticcio. Piggiâ o brûxôu; Pigliare il bruciato. Odô o savô de brûxôu; Odore o sapore di bruciato o di bruciaticcio. Usato come addiett. Bruciato, Riarso. Bûffè; Rinfresco. Buga de limon; Buccia e Bucchia. Bûgattâ; Abburattare. Bûgattêuia; Cruschello, Tritello, Stacciatura. Bûgattinn-a de çenie; Ceneracciolo. Bûgatto; Buratto, Frullone. Buraxa; Borraggine e più comun. Borrana. Buridda V. A buridda. Bûscagge; Schegge. Bûsciolaio; Pasticciere. Bûtiro; Butirro, e più comun. Burro. Bûttiroso; Burroso. Buzzo; Acerbo, immaturo. Bazzûmmi; Frutte acerbe, immature. C Cabarê; Vassoio. Caccàvao; Cacào e Caccào. Caccia; Cacciagione. Cadëa; Caldaia. Cädeon; Calderone, Caldaione. Cädëta; Calderuola, Caldaiuola. Caffettëa; Caffettiera. — da læte; Lattiera. Caffè; Caffè. — càrego; Caffè grave. Caffè leggëo; Caffè leggiero. — pösôu; Caffè posato. Caize; Fuliggine, Filiggine. Calastre pe-e botti; Sedili. Caliçetto; Calicetto, Calicino, Bicchierino. — Caliçetto da êuve; Uovarolo V. Port’êuve. Candî; Candire. Candîo; Candito. Canestrelletto; Ciambella. Canestrello; Bracciatello, Ciambellone. Cannella; Cannella; Cannellette; Cannelline e Cannellini. Cannetto da meìsoa; Spianatoio, Matterello. — da polenta; Matterello e più comun. Mestello. — da raviêu; Spianatoio da ravioli, Spianatoio scanalato. Cannette; Frusta: Mazzetto di vetrici, o altro simile arnese che serve a sbatter la panna per farla montare, o a diguazzare le chiare d’uovo per farle spumeggiare. Usasi invece del Palloncino V. Foetto. Canoëzo; Canna, Canaregghia, Gargozza. Cannoin pe-a sciûmma; Cialdoni. Cannonetto; Cannello. Serve per levare il tòrsolo alla mele, e suole essere di latta. Cantabrûnn-a; Tromba da vino; Tromba da barile o da fiaschi. Cantinê; Cantiniere. Cantinn-a; Cantina, dim. Cantinetta. Cappa do fûmmaiêu V. Fûmmaiêu. Cappella de funzo; Cappello. Cappellasci; Lasagnotti; Lasagne inferigne. Cappon; Cappone. Cappon magro; Cappon magro. Capponadda; Cappon in galera. Capponëa; Capponaia, Stia. Cappûsso da coâ; Calza. Carapigna; Sorbettiera. Carbon; Carbone. Canto do carbon; Buca del Carbone. Carbonëa; Carbonaia: Stanza ove si conserva il carbone. Carboniggia; Carbonigia, Carbonella. Carne; Carne. — fresca; Carne fresca. — stopposa; Carne tigliosa, Che ha il tiglio. — da tiâ co-i denti; Carne tirante. — frolla; Carne frolla. — battûa; Carne frollata o battuta. — sciûgâ o disseccâ; Carne àlida. — stallïa; Carne stantìa. — con l’erba; Carne che sa di mucido, Carne stracca. — marsa; Carne fracida. — scottâ o ingianchïa; Carne fermata. — de bêu; Carne di bue. — de scotonn-a; Carne di giovenca o di manzotta. — de vitella; Carne di vitella. — de porco; Carne di maiale. — sâ; Carne salata, Carne secca. Carnûssa; Carnaccia. Carratello; Carratello. Carzêu; Garzuolo, Grùmulo. Cascetta da sâ; Cassetta o Cassettina del sale. Cäsiggion do funzo; Gambo. Cäso dell’articiocca; Gambo V. Strôscio. Cassa; Romaiuolo, Romaiolo, Ramaiuolo, Ramaiolo. Cassa da frïti; Mestolina o Mestoletta da fritti. Cassâ; Romaiolata, Mestolata. Cassaolla V. Cassarolla. Cassaollâ; Casserollata. Cassaollin; V. Cassaolinn-a. Cassaolinn-a; Casserollina. Cassaræa; Mestola. Dicesi anche nell’uso Mestola bucherata. Cassarolla; Casserola e Casseruola. Cassetta; Mestolino; Mestoletta, Mestolina, Romaiolino. Castagna; Castagna. Castagna maronn-a; Marone. o taggio a-e castagne; Castrar le castagne. Peâle; Sbucciarle. Derissâle; Diricciarle. Rissa de castagna; Riccio. Lûggio da castagna; Peluia. Castagnetta; Strigolo. Trippa in ta castagnetta; Trippa nello strigolo. Castagninn-a; Farinata di castagna. Cavi de zûcca; Cime di zucca. Caviâ; Caviale. Çebbro; V. Gauso. Çeddro; Cedro, Cedrato. Çeìxai; Ceci. Çenâ; Cenare. Çenie; Cenere. Çenie cäda; Cinigia. Çenn-a; Cena. Çentopelle; Centopelle. Trippa in ta çentopelle; Trippa nel centopelle. Çercetto da piatti; Cèrcine. Çercetto da tovaggiêu; Cerchietto. Çerneggiâ; Vagliare, Crivellare. Çerneggio; Vaglio. Çervella; Cervello, al plurale Cervella. Çervellâ; Cervellata. Çetron; Arancia, Melarancia, Gaèlo de Çetron; Spicchio di arancia. Çetronata; Aranciata. Çëxa V. Sëxa. Çëxetta V. Sëxetta. Chêu; Cuore. Laccetto do chêu; Stomacchino. Chêugo; Cuoco. Chêuscia; Coscia. Chêutta; Cotta. De bonn-a chêutta; Cottoio, Cocitoio. — de cattiva chêutta; Di cattiva cottoia. Chêuxe; Cuocere. — a fêugo vivo; Cuocere a fuoco gagliardo, a gran fuoco. — a fêugo lento; Cuocere a fuoco lento, a piccolo fuoco. — cö fêugo sott’e sovra; Cuocere fra due fuochi, Cuocere sotto testo, Sottestare. Chiffaro; Chiffel, Chifello. Chiffel V. Chiffaro. Chighêumao; Cetriuolo, Cedri. Chinotto; Arancina, Arancina della China. Ciæo d’ævo V. Êuvo. Ciappa; Lavagna, o lastra di lavagna. — Ciappa; Pescheria: Presso di noi dicesi il luogo dove si vendono i pesci. Cicca; Chicchera. Ciccaron; Chiccherone. Ciccolata; Cioccolatte, Cioccolate, Cioccolata. Bollo de ciccolata; Bòglio di cioccolatte, Pane o Panetto di cioccolatte. Sbatte a ciccolata; Frullare la cioccolata. Ciccolattëa; Cioccolattiera. Çimma pinn-a; Pancetta ripiena. Se il taglio di carne è nelle costole dicesi Costole ripiene. Çimmelli da rêusa; Cime di lattuga. Çiôula; Cipolla. Çiôuletta; Cipollina, Cipolla novellina. Çiôulunn-a; Cipollone. Cô; Colore, Cô dell’öu; Color d’oro o dorato. Fâ piggiâ o cô; Far prendere il colore. Còa; Coda. Coâ; Pasto, Paracuore. Coâ o broddo; Colare il brodo. Cöagetto V. Quäggetto. Cobelletto; Pasticcino. Coccon da butte; Cocchiume. Còcoma; Bricco. Codeghin; Cotichino. Colandro; Coriandolo, Curiandolo, Coriandro. Colazion; Colazione, Colezione, Asciolvere. Cömbo; Colombo. Cömbo sarvægo; Colombaccio, Palombo. Companægo; Companatico. Compostëa; Guazziera, Ciòtola da Guazzi. Conca; Conca e comun. Catino. Conchetta; Conchetta, Catinetto, Catinuzzo, Catinella. Condî; Condire. Codimento; Condimento. Condizionâ; Condizionare. Vivanda condizionâ; Vivanda condizionata. Confëze; Crogiolarsi, Pigliar il crògiolo. Confittûe; Confetti. Confortin; Confortino. Conserva de tomate; Conserva di pomidoro. Coppetta; Ciòtola. Coppetti; Coppetti. Sorta di pasta da vermicellaio. Coppettin; Ciotolino, Ciotoletta. Coppettin da rechëutti; Scodellina da ricotte. Coppettinn-a V. Coppettin. Coppûo; Cupo, Aggiunto di tondo. Cornabûggia; Origano, e più comun. Regamo. Corzetti; Corzetti, sorta di pasta casalinga. — tiæ co-e dïe; Corzetti alla polceverasca. Coscion; Coscio. Coste de gæe; de fêugge de cöu, ecc.; Coste, Còstole. Costetti; Radicchio imbianchito, sorta d’insalata. Costiggêue; Costolette, Braciuole, Bragiuole. Costiggêue fallïe; Costole false. — in sciä grixella o a-i færi; Costolette alla graticola. — a-o scartoccio; Costolette nella carta. — ä milaneìse; Costolette panate. — all’ûmido; Costolette in umido. Costo; Cesto. Cottellasso; Coltellaccio e comun. Coltella. Cottellette V. Costigiêue. Cottellin; Coltellino, Coltelletto. Cottello da töa; Coltello da tavola. — da meìsoa; Coltella della madia. — da trinciâ V. Trinciante. Cottûa; Cottura, Cocitura. Se parlasi di vivande lessate, Lessatura. Cöu; Cavolo. — lombardo; Cavolo verzotto, o Sverza. — neìgro; Cavolo nero. — sciô; Cavolo fiore. — navon; Cavolo navone. Coværcio; Coperchio. — cian; Coperchio piano. — coll’incrasto; Coperchio da serrare. — de tæra; Testo, Coperchio di terra. Craston; Castrato. Crava; Capra. Cravetto; Capretto. Credenza; Credenza. Cremma; Crema, Panna, Fior di latte. Crescente; Lievito, Fermento. Cresciun; Crescione. Crivello V. Çerneggio. Croccâ V. sopra Confëze. Croccanti; Croccanti. Crosta; Crosta. — Crosta de lasagne, de tagiæn, de torta. Sfoglia. Tiâ e croste; Tirar le sfoglie. Crostin; Crostino. Cû de gotto; Culo del bicchiere. — do salamme; Culatta del salame. Culaccino dicesi la prima e l’ultima fetta d’un salame. Cûata; Culaccio. Cuculli; Galletti. Cûggiâ; Cucchiaio. — Cucchiaiata ed anche Cucchiaio dicesi della quantità che capisce in un cucchiaio. Cûggiæn V. Cûggiarin. Cûggiarin; Cucchiaino, Cucchiarino. Cûggiaron; Cucchiaione, Cucchiarone. Cuïga; Cotica, Cotenna. Cûnnio; Zeppa. Cuxinâ; Cucinare, Far la cucina. Cuxinatto; Cuciniere, Cucinaio. Cuxinê V. Cuxinatto. Cuxinea; Cuciniera. Cuxinn-a; Cucina. — Fâ de cuxinn-a; Far la cucina, Cucinare. D Dâ fêugo V. Fêugo. o taggio a-e castagne; Vedi sopra Castagna. — ûn o duî boggi V. Bòggio. Domaschina; Susina dommaschina. Damixann-a; Damigiana. Danno (Fâ); Versare, Spandere: Dicesi di botti, damigiane e altri vasi quando versano da qualche parte il liquido contenuto. Dàttao; Dàttero, Dàttilo. De bonn-a o de cattiva chêutta V. Chêutta. Derollâ e noxe; Smallare le noci. Desbarassâ ûn pollastro; Sbuzzare, Votare un pollo. Desfâ; Disfare, Sciogliere. Fâ desfâ; Fare sciogliere. Desgranâ l’ûga; Sgranellar l’uva. Desgûsciâ; Sgusciare, Disgusciare Deslenguâ (Fâ); Struggere, Liquefare, e dicesi di lardo, grasso e simili. Deslenguâse; Struggersi, Liquefarsi, Disfarsi. Desossâ; Disossare: Levar le ossa. Despensa; Dispensa. Destappâ; Sturare. Destegâ; Sgranare. Parlandosi di fave, Sbaccellare. Diæ; Maltagliati: Sorta di pasta tonda da vermic. Digerî; Digerire. Disgestion; Digestione. Disnâ; Desinare, Pranzare, usato come nome, Desinare, pranzo. Disnaèto; Desinaretto, Pranzetto, Pranzettino. Disnâta; Desinata, Pranzo. Dösci; Dolci. Nome collett. di Paste dolci, confetti e simili. Droghe; Droghe. E Elixir; Elisire. Erba dragon; Dragoncello, Dragone, Targone. — santa maria; Erba santa maria, Salvia romana. Erbaggi; Erbaggi. Erbeggia; Pisello selvatico. Erze o bòggio. V. Bòggio. Etaxé; Servitor muto, Servitore di legno. Êuggio di legûmmi; Occhio. Êuggi do brodo, Scandelle. Êuio; Olio. Êuio vergine; Olio vergine. Êuio co-a lann-a; Olio che ha la muffa, Olio ammuffato o ammuffito. Êuvo; Uovo, al plur. Uova. Êuvo fresco; Uovo fresco. Êuvo pöso o pösôu; Uovo stantio. Êuvo marso; Uovo marlacchio. Êuvo aggallôu; Uovo gallato. Êuvo scoaggiôu; Uovo col panno. Êuvo de doî rosci; Uovo gemino. Êuvo chi loccia; Uovo che guazza. Ciæo d’êuvo; Chiara d’uovo, Albume d’uovo. Gianco dell’êuvo; Bianco dell’uovo, dicesi propr. La chiara dell’uovo quando è rappresa. Rosso d’êuvo; Rosso d’uovo, Tuorlo d’uovo. Scorsa dell’êuvo; Guscio dell’uovo. Pelle dell’êuvo; Panno dell’uovo. Spëgiâ i êuve; Sperar le uova. Rompî i êuve; Schiacciare o Scocciare le uova. Sbatte i êuve; Sbattere o Dibattere le uova. Êuve ascädæ o da sciorbî; Uova da bere. Êuve dûëte; Uova bazzotte. Êuve dûe; Uova dure o sode. Êuve cheìte o in camïxa; Uova affogate. Êuve frïtte; Uova in padella, Uova affrittellate. Êuve a-o piatto; Uova nel piatto. Êuve a-o tïan; Uova al tegame. Êuve a-o tianetto remesciæ; Uova in tortino. — Êuve de funzo; Uòvoli e Ovoli. F Fâ a fïa V. Fïa. — andâ de sorva; Far traboccare, Far ridere. Dicesi di vasi quando si empiono troppo. — a speìsa; Fare la spesa, dicesi del Comprare in mercato le cose necessarie al desinare. — danno V. Danno. — de cuxinn-a V. Cuxinn-a. — desfâ V. Desfâ. — deslenguâ V. Deslenguâ. — Fêugo V. Fêugo. — fô V. Fô. — fûmme V. Fûmme. — piggiâ o cô V. Cô. — piggiâ o brustolïo V. Brustolïo. — prende o læte V. Læte. — Reffreìddâ V. Reffreìdâ. — Scoâ o stissâ V. questi verbi. — vegnî a bocca Aspia V. Aspio. Faenn-a; Farina. Fainâ; Farinata. Farçî; Riempiere. Farçio; Ripieno. Fattetto; Dolce di sale. Fatto; Sciocco; Che non ha sapor di sale. Fäva V. Bazzann-a. Favetta; Favetta, Faverella. Faxan; Fagiano. Faxêu; Fagiuoli e Fagioli. — in erba o in teìga; Fagiuoli in erba, Fagiuoli verdi. — da ramma; Fagiuoli rampicanti. — da costo; Fagiuoli nani. — gianchi; Fagiuoli bianchi o gentili. — dell’êuggio neìgro; Fagiuoli dell’occhio. — çinquantin; Fagiuoli cinquantini. — grïxi; Fagioli grigiolati. — barbaeschi; Fagiuoli turchi. Faxoæle; Fagiuoli capponi. Faxolin; Fagiuolini in erba, Fagiuolini verdi. Fegatin; Fegatini, Fegatelli. Fenoggetti; Anacini, Anicini, Anaci in camicia. Fenoggio; Finocchio. Festecco; Pistacchio. Fetta; Fetta. Fettinn-a; Fettino, Fettolina, Fetterella. Fêuggia; Foglia. Fêuggia dell’articiocca; Squama. Fêugo; Fuoco. Aççende o fêugo; Accendere il fuoco. Appissâ o fêugo; Appicciare o Appiccare il fuoco. Dâ fêugo; Dar fuoco, Appiccare il fuoco. Fâ fêugo; Far fuoco. Aittssâ o fêugo; Attizzare il fuoco. Tormentâ o fêugo; Stuzzicare il fuoco. Scioâ o fêugo; Sbraciare. Ammûggiâ o fêugo; Ammontare o Rammontare il fuoco. Crovî o fêugo; Coprire il fuoco. Ammortâ o fêugo; Spegnere il fuoco. Fïa; Filo. Fïa da carne; Tiglio. Vin co-a fïa; Vino che fila. Formaggio ch’o fa a fïa; V. Formaggio. Fiammenghiggia; Fiamminga. Fiasca; Fiasca, dim. Fiaschetta. Fiasco; Fiasco. Fidê; Vermicelli: Paste da vermiccellaio. — da fratti pertûzæ; Vermicelli forati. Vermicelli col buco. — da fratti sensa pertûzo; Vermicelli senza buco. — Sottî; Capellini. Fietto; Schienale. Figaeto; Fegato. Figaeto de pollastro; Coratella. Figo; Fico. Haccene di molte qualità; ho notato le principali. Figo sciô; Fico fiore o Fico primaticcio. — arbicon; Fico sparmiero, o Sampiero. — brigiassotto; Fico brogiotto. — napolitan; Fico dottato. — rûbado; Fico cuore. — gianchetto; Fico albo. — negretto; Fico corbino. Filetto; Filetto: Carne in to filetto; Carne nel filetto. Fô; Friggio: Quell’acuto rumoreggiare e quasi fischio che fanno i liquidi prima di levar il bollore. Fâ, fô Grillettare, Friggere. Foetto; Palloncino; Strum. che serve a sbattere la panna, uova e simili V. Cannette. Fogoâ; Focolare. Folli[.] V. sopra Foetto. Fondûaggia; Posatura, Sedimento, Fondigliuole, Fondaccio, Feccia. Fondigliuolo però dicesi di leggera posatura di un liquido di fiaschi o bottiglie. Fondaccio e Feccia, di vini in botti. Forçinn-a; Forchetta. Denti da forçinn-a, Punte della forchetta. Forçinon; Forchettone, Forcinone. Forma; Forma. Haccene di varie sorte, cioè da pasticcini, da budini, da ravioli, ecc. Forma da gelatinn-e; Compostiera. Formaggetta; Caciuola, Caciolino. Caciotta dicesi una sorta di gelato forte a foggia di caciuola. Formaggia; Cacio: Grossa forma di cacio. Formaggio; Formaggio, Cacio. — co-i êuggi; Cacio cogli occhi, Cacio occhiuto. — Scciazzo o sens’êuggi; Cacio senz’occhi o serrato. — cö pessïgo; Cacio forte. — cö scappin; Cacio stracco. — co-a lagrima; Cacio che fa la lagrima, che gocciola. — ch’o fa a fïa; Cacio che fila, o che fa le file. — co-i grilli; Cacio invermicato. — piaxentin; Cacio parmigiano o lodigiano. Fornelletto; Fornello mobile. Fornello; Fornello. Grixella do fornello; Gratella. Portelletto do fornello; Sportollino, Sportelletto. Forno; Forno. Forno de campagna; Fornello a campo o da campagna. Fracassâ; Fricassèa. Framboase; Lamponi. Fratte di baccilli; Gorgoglione e comun. Tonchio. Fregoggia; Bricia, Briciola, Mica. Fregoggiâ; Sbriciolare, Sgretolare. Frëxa da botte; Gromma, Gruma, Tartaro. Friggiâ; Strofinare, Stropicciare. Frîscella; Cascino e Cassino: Forma da porvi dentro la pasta del cacio. Frisciêu; Fritella. Fritâ; Frittata, altrim. Pesceduovo. — co-i erbe; Frittata verde, Frittata in erbe o erbolata. — cö xambon, mortadella, ecc. Frittata in zoccoli o cogli zoccoli, Frittata rognosa. Frïto; Fritto, Frittura: La vivanda fritta. — Usato come aggett., Fritto. Frïtûa; Frittura. Frizze; Friggere. — Oltre il proprio ha un altro signif. V. Fô, Fâ fô. Frûta; Frutta, al plur. Frutte e Frutta. — tempoïa; Frutte primaticce. — tardïa; Frutte tardive o seròtine. — buzza; Frutte acerbe o immature. — matûra; Frutte mature. — peia; Frutte afate. — accoinâ; Frutte guaste dal curino. — cö verme; Frutte bacate. — passa; Frutte passe o appassite. — nissa; Frutte mezze o ammezzite. — magnùscâ; Frutte brancicate. Frûti in to spirito; Frutte in guazzo. — in to sciöpo; Frutte in dolce, Frutte sciloppate. — candii; Frutte candite. — in te l’axôu; Frutti conci o acconciati in aceto; Frutti in aceto, o semplic. Frutti conci o acconciati, e dicesi di peperoni, cedriuoli, capperi e simili, posti in aceto. Frûttaiêua; Fruttaiola e Fruttaiuola. Fûgassa; Focaccia, Schiacciata, Stiacciata. Fûgassetta; Focaccetta, Focacciuola, Focaccina, Schiacciagina, Stiacciatina. Fûmmâ; Fumare, Fumicare. Fûmmaiêu; Fumaiuolo, Torretta, Rocca: Quella più alta parte della gola del cammino che s’innalza al di sopra del tetto. Cappa do fûmmaiêu; Cappa o Capanna. Fûmme; Fumo. Fâ fûmme; Far fumo, Mandar fumo. Funzi; Funghi. — in sâ; Funghi in salamoia. — in addobbo; Funghi sott’olio. — secchi; Funghi secchi. G Gaèlo de çetron, de noxe; Spicchio. Gagge; Cavoli cappucci primaticci. Gaggia do pollastro; Catriosso. Galletta; Galletta, Biscotto. Gallinn-a; Gallina. Gallo; Gallo. Gamba de çellao; Gambo di sedano. Gandûggia; Glandula. Ganêufani; Garofani e Teste o Bottoni o Chiodi di garofani. Garbûxi; Cavoli cappucci. Gardiggion; Gorgozzule. Gardo; Cardo, Cardone. Gasse; Cappelletti. Sorta di pasta casalinga. Gauso; Bigoncia. Gelatinn-a; Gelatina. Gelato; Gelato. Giæa; Bieta. Giærava; Barbabietola. Gianchetti; Nonnati, Avanotti, Centinbocca, Bianchetti. Gianco do gardo, da leitûga, ecc. Bianco. — Gianco dell’êuvo; Bianco dell’uovo: La chiara dell’uovo rappresa. Gianco e neìgro de bæ; Coratella. Giara; Orcio, Coppo. Giardinëa; Giardiniera. Giaretta; Orciuolo, Orcetto, Orcino. Giarrettinn-a; Orciolino, Orcioletto. Giasciâ; Masticare. Giassâ; Ghiacciare, Diacciare. Giasso forte; Gelato, Pezzo duro. Gigotto; Cosciotto. Giurdia dell’êuio; Morchia, Morcia: Feccia dell’olio. Göscio; Gozzo. Gossa; Goccia; Gocciola. Gottin; Bicchierino, Bicchieretto. — da rosolio; Bicchierino, Calicino da rosolio. Gotto; Bicchiere. — ammuôu; Bicchiere arrotato. — scannellôu; Bicchiere a còstole. — a fiorammi; Bicchiere martellato. Gotto cö pê; Calice, Bicchiere col piede. — da bibite; Bicchierone. Granatinn-e; Crocchette. Granelli; Granelli. Granette dell’ûga; Vinacciuoli. Granon; Formentone, Meliga, Gran turco. Grascia; Grascia. Grasso; Grasso. Scciûmmâ o grasso; Digrassare. Grattâ; Grattugiare e Grattare. Grataenn-a; Grattugia. Gratton de formaggio; Crosta. Grissin; Grissini. Voce dell’uso. Grivëa; Gruiera: Sorta di cacio. Grixella; Graticola, Gratella. Grixella do fornello; Gratella. Groppa; Gruppa di culaccio: Taglio di carne. Gruppo; Ventricolo V. Trippin. I Imbottâ; Imbottare: Mettere il vino nella botte. Imbottigiâ; Imbottigliare. Imbûo; Pèvera. Immorbidî; Ammorbidire. Impanâ; Panare. Impassî; Appassire: dicesi delle frutte. Impastâ; Impastare. Impî; Riempire V. Farçî. Incartocciâ; Accartocciare. Indigestion; Indigestione. Indigesto; Indigesto. Indivia; Indivia. Infainâ; Infarinare. Infiascâ; Infiascare. Infonde; Infondere. Infornâ; Infornare. Infûxîon; Infusione. Ingianchî; Scottare, Fermare. Ingiottî; Inghiottire. Inlaccâ e bottigge; Sigillare le bottiglie. Inrestâ; Mettere in resta, e dicesi d’agli; cipolle e simili. Quando parlasi di funghi, pomidoro, fichi, castagne, nocciuole o simili, dicesi Infilzare. Insâ; Manomettere. Insalatta; Insalata. Insallatêa; Insalattiera. Inso; Manomesso. Inspessî; Condensare, Raddensare. Insteccâ; Steccare. Quando poi steccasi la carne con lardelli (pessetti de lardo) dicesi Lardellare o Lardare. Insûppâ; Inzuppare. Iscioa; Visciola. Iscioa veaxa; Visciolone. Isopo; Isopo, issopo. Inumidî; Pilottare: Ugnere di materia strutta gli arrosti mentre girano sullo spiedo. Inumidire dicesi propriam. del Bagnar leggermente con brodo, vino o acqua le carni quando si fanno arrostire in casseruola. L Lacca da inlaccâ e bottigge; Ceralacca. Laccetto; Animella. Laccetto do chêu; Stomachino. Læte; Latte. Scciûmmâ o læte; Spannare il latte. Fâ prende o læte; Far quagliare il latte, Accagliare il latte. Mette a prende o læte; Porre il latte a quagliare. Prèndise o læte; Cagliare, Quagliare, Quagliarsi il latte. Lætte preìso; Latte rappreso, cagliato o quagliato. Scciûmma de læte; Crema battuta e comun. Panna montata. Læte de pulla; Latte di gallina: Le uova sbattute con latte e zucchero. Læte de pescio; Latte di pesce. Læte de vëgia; Latte di vecchia. Lann-a dell’êuio; Muffa. Lardo; Lardo. Sciappa de lardo; Mezzina di lardo. Pessetti de lardo pe insteccâ; Lardelli, Grasselli. Lasagne; Lasagne. Lasagne da fideâ; Pappardelle. Lasagnette; Strisce: Sorta di pasta da vermic. Lavâ; Lavare. Parlandosi di stoviglie, dicesi anche Rigovernare. Lavatûa; Lavatura e talora Rigovernatura V. sopra Lavâ. Lavêuia V. Lavatûa. Leccarda; Ghiotta. Pozzetta dicesi l’incavo nel quale va a raccogliersi l’unto che stilla dall’arrosto. Legna; Legna al plur. Legna e Legne. Scciappa de legna; Schiappa o stiappa di legna. Legne scciappæ; Legne schiappate, Legne rifesse o spaccate. Scciappâ e legne; Schiappare, Spaccare, Fendere le legne. Legnamme da brûxâ; Legname da ardere. Legûmmi; Legumi, Cìvaie. Legûmmi camoæ o cö fratte; Legumi intonchiati o tonciati. Leìtûga; Lattuga Cappuccina. Leìtûga ä françeìse; Lattuga romana. Leìtûghetta; Lattughina, Lattuga nonnata dicesi quella che si pone bagnando i semi con vino perché faccia in poco tempo l’insalata. Leme; Cicerchia. Lengua; Lingua. Laccetti da lengua; Animellata. Lentigette; Lentine: Sorta di pasta tagliata da vermic. Lentiggia; Lenticchia, Lente, Lente civaia. Lèppego; Loia. Leppegoso; Loioso, Pieno di loia. Lescïa; Ranno. Levâ; Levare, Cavare, Togliere. — i osse V. Disossâ. — e ciùmme a-i oxelli V. Peâ. — e rèsche; Diliscare. — a testa a-i anciòe, a-e sardenn-e; Scapare le alici, le sardelle. — e scagge a-i pesci; Disquamare, Scagliare i pesci. Levâ a sgûscia; Sgusciare, Digusciare. — de töa; Sparecchiare. — o peigollo; Spicciolare. Levâ o Levâse a pasta; Lievitare e Levitare. Levre; Lepre. Limon; Limone. Limonata; Limonèa. Limonetto; Cedrato: Sorta d’agrume. Litro; Litro. Locciâ i êuve; Guazzar le uova. Lödoa; Allodola. Lombo; Lombo: Carne in to lombo; Carne nel lombo. Lonza; Lonza: Lonza de porco; Lonza di maiale. Lûcchetto da spinn-a; Cannella. Lûganega V. Säsissa. Pasta de Lûganega; Battuto di salciccia. Lûganeghin V. Säsissotto. Lûggio da castagna; Peluia. Lûmassa; Lumaca. Lûmassa lombarda o lûmason; Martinaccio: diconsi le chiocciole più grosse. Lûmassa paia; Lumaca col panno o che ha il panno. M Maccaroin; Cannelloni e comun. Maccheroni. — grosci; Cannelloni, Cannoncioni, Maccheroni grossi. — secondi; Cannonciotti, Maccheroni mezzani. — terzi; Cannoncetti, Cannoncini, Maccheroni piccoli. — da penna; Penne. — de Napoli; Napoletani. — de Modda V. Mätaggiæ. Mächêutto; Malcotto, Guascotto. Magro; Magro. Magro de vitella; Magro di vitella. Mandarin; Mandarino: Specie di piccola arancia. Mantecato; Mantecato. Manto do formaggio; Roccia: Sudiciume aderente alla crosta del cacio. Manzo; Manzo. Marascinn-a; Moscadella seròtina: Sorta di pesca. Marasso; Manella, Coltella da colpo. Margaittin; Arancia forte od amara. Marmellata; Cotognata, Marmellata. Marsapan; Marzapane. Martin; Girarrosto. Marvaxïa; Malvagìa, Malvasia. Marzolin; Marzolino: Sorta di cacio. Mascabado; Mascavado. Mascarpîn; Mascarpone e Mascherpone. Maschetta; Guancia di vitella. Masso de radicce, scorsonëa, ecc.; Mazzo di radicchi, ecc. Mastra; Mastra. Mâtaggiæ; Mostaccioli V. Maccaroin. Maxinâ; Macinare. — Figur. vale Masticare con prestezza e bene dicesi Maciullare. Maxinâ a secco; Misurare a secco, cioè Mangiare senza bere. Maxinnin da caffè; Macinino. Meì; Mela. Ve n’ha di più specie: — Carlo; Mela carla; Mela San Carlo. — carpendù; Mela carpendola o Curtipéndola. — cotogno; Mela cotogna o semplic. Cotogna. — dell’orto; Mela panaia o flagellata. — gianchetto; Mela bianchetta. — napiolo; Mela appiòla o semplic. Appiòla. — pippin; Mela poppina o pupina. — rêusa; Mela rosa. — rûzzenento; Mela ruggine e comun. Mela ròggia. Meigranâ; Melagranata e più comun. Melagrana. Meion; Mellone, Popone. Meìsoa; Madia. Meizann-a; Melanzana Petronciana. Melasso; Melasso. Mëlo V. sotto Merello. Menâ a pasta V. Pasta. Menda; Merenda. Mëndâ; Merendare. Menestra; Minestra, dim. Minestrina. — verde; Minuto. — broddosa; Minestra brodosa. — sciûta; Minestra asciutta. — in to magro; Minestra di magro. — in to grasso o in to broddo; Minestra al brodo. Menestron; Minestra maritata. Menta; Menta. Menta pipirita. Menta peperita o pepata. Merello; Fragola o Fravola. Merenda V. sopra Mënda. Merendâ V. sopra Mëndâ. Meringa; Marenga. Mescolansa; Frittura: Quella mescolanza di pesciolini di varie qualità che si usa per frittura. — Mescolansa; Mescolanza, Mescolanzina, Insalata de’ cappuccini, Minutina, Minutina tutt’odori. — Mette a bagno V. A bagno. — a-o fêugo; Mettere al fuoco. — a prende o læte V. Læte. — a scabeccio; Carpionare V. A scabeccio. a scoâ e bottiggie; Mettere a sgocciolar le bottiglie. in addobbo; Conciare, Acconciare V. Addobbo. — in fresco, in giasso; Mettere in fresco, in ghiaccio, e dicesi di vino. — o formaggio, o sûccao; Mettere il cacio, Incaciar, Mettere il zucchero. — töa; Apparecchiare. Mëza; Mezzetta, Metadella: La metà del boccale V. Amoa. Mezalûnn-a; Mezzaluna. Micchetta; Scola, Panetto alla francese. Minsa; Milza. Missa; Servito, ortata. Mocco de carbon o de legna; Fumäcchio. Moinello da cioccolata; Frullino. Mollamme; Mollame: Parte carnosa che agevolmente cede al tatto. Mollann-a; Caciola tenera. Mollette; Molle, Mollette. Mòllo; Molle, Tenero. Polenta mòlla; Polenta tenera. Mondâ; Mondare. Mondiòla; Bondiòla. Montâ; Montare; dicesi di panna sbattuta o di chiare d’uova diguazzate. Monton; Montone. Mortâ; Mortaio. Mortadella; Mortadella. Moschëa; Moscaiuola. Mosciamme; Mosciame, Mosciamà. Moscin da vin; Moscione e Moscino. Mostacciòlo; Mostacciuolo: Sorta di pasta dolce. — Mostaccioli V. Mätaggiæ. Mostarda; Mostarda. Mostardëa; Mostardiera. Mosto; Mosto. Mostra de vin, d’êuio; Saggio, Saggiuolo. Motto de sâ, de sûccao; Zolletta di sale; di zucchero. — Motto de carbon; Mòzzo di carbone. Motti da polenta; Bozzoli. Môula de pan; Mòllica e Midolla. Môula o Moulo d’osso; Midollo. Mûâ o vin V. Stramûâ. Muffa; Muffa. Piggiâ a muffa; Ammuffire, Ammuffare, Pigliar la muffa. Murcia dell’êuio V. Giurda. N Navon; Navone. Nazzarolla; Azzeruola, Lazzeruola. Nebbiêu; Nebbiolo. Negia; Cialda. Nervetto; Nervetto, Nerbetto. Nervo; Nervo, Nerbo. Nèspoa; Nespola. Nèspoa do Giappon; Nespola del Giappone o Nespola giapponese. Nissêua; Nocciuola, Avellana. Nissêue brustolïe; Nocciuole tostate. Nisso; Mezzo, Ammezzito. Noêla; Nepitella. Nottoan; Ortolano. Noxe; Noce. Noxe sciacchæla; Noce premice o stiacciamane. Noxe grossæa; Noce campana. Noxe becca; Noce malescia. Noxe peia; Noce vuota. Gaèlo da noxe; Spicchio. Lûggio da noxe; Anima. Ròlla da noxe; Mallo. Sguscia da noxe; Guscio. Sbatte e noxe; Batter le noci. Sciaccâ e noxe; Schiacciare o Stiacciare le noci. Mondâ o Desgûsciâ e noxe; Sgusciare o Disgusciare le noci. Derollâ e noxe; Smallare le noci. Noxe moscâ; Noce moscata. Nûtrî; Nutrire, Nudrire, Nodrire, Nutricare. Nûtrimento; Nutrimento, Nutrizione. Nûtritivo; Nutritivo, Nutrificativo. O Odô de brûxòu; Odore di bruciato o di bruciaticcio. Oeginn-e di pesci; Branchie. Oexin; Orlo. Oexin do pan; Orliccio, a Roma Crostino. Cantuccio; dicesi le estremità o culatta d’un pane bislungo. Ofêuggio; Alloro, Lauro. Oive; Olive, Ulive. — acconçæ; Ulive conce o acconce. — in sâ; Ulive in salamoia. — secche; Ulive salate. — cö verme; Ulive abbechite. Ortaggi; Ortaggi, Ortaglia. Orzâ; Orzata, Lattata. Orzo; Orzo. Ossetto; Ossicello, Ossicino. Ossetti da frûta; Nocchi. Osso; Osso, al plur. Ossi e Ossa. Levâ i osse; Dissossare. Osso do pescetto; Cannello. Osso da ciave da spalla; Cannello. Osso da frûta; Nòcciolo, dim. Noccioletto, Nocciolino. Che se parlasi del seme, che è rinchiuso dentro a questo nòcciolo, allora dicesi Anima; e se il seme è di nòcciolo di pesca dicesi anche Màndorla. Sciaccâ i osse; Schiacciare i nòccioli. Oxelletto; Uccelletto. — A oxelletto; All’uccelletto: Vitella a oxelletto; Vitella all’uccelletto. P Paèta; Paletta. Pagnotta; Pagnotta. Pan; Pane. Fâ o pan; Far il pane. — fæto co-i pê; Pane calciato. — fæto ä stanga; Pan gramolato. — De sciô de faenna; Pane a buratello, Pane di fior di farina. — bûffetto; Pane buffetto. de casa; Pane casalingo. — gianco; Pane bianco. — neìgro; Pan nero, Pan bigio, Pan bruno. Pan de tûtta pasta; Pane a tutto staccio, Pan inferigno. — de revezzêu; Pan di cruschello, di tritello. — de mescciûa; Pan mischio, Pan mistio. — de munizion; Pane di munizione. — sensa crescente; Pane azzimo. Pan senza lievito. — cö crescente; Pan lievito. — ben levôu; Pane ben lievitato o ben lievito. Pan mâ levôu; Pane mal lievitato o mal lievito. — liso; Pan Mazzero o ammazzerato. — de pasta soda; Pan massiccio, Pan di pasta dura. — de pasta molla; Pane di pasta molla. — sciocco; Pan sòllo, Pan soffice. — co-i êuggi; Pane cogli occhi; Pane alluminato o bucato. — co-a sâ; Pan salato. — ä françeìse; Pan francese, o alla lorenese. — fresco; Pan fresco. — pöso; Pan raffermo. — strapöso; Pane stracco. — stallïo; Pane stantìo. — sciûto; Pane asciutto, cioè senza companatico. — riondo; Pane tondo. — a canestrello; Pane a ciambella. — co-i rebighi; Pane a pizzicotti. — a moretti; Pane a cantucci o cantucciato. — grattôu; Pane grattato o grattugiato. — inso; Pane manomesso. — addentôu; Pane sbocconcellato. — döçe o de Natale; Pan dolce, Pan di Natale, Pan dolce alla genovese. — de Spagna; Pane di Spagna. — santo; Pan santo, Pan dorato; Fettucce di pane intinte nel brodo, rinvolte nell’uovo sbattuto e poi fritte. Pan de bûtïro, de sûccao; Pane di burro, Pane di zucchero. Panchêutto; Pan bollito, Pambollito, Panata, Pappa: quest’ultima è voce fanciullesca. Panella; Castagnaccio. Pànera V. Cremma. Panettin; Panino, Panettino, Panatello. Panetto; Panetto. Panissa; Paniccia. Pansa; Pancia. Pansa de sûcca; Midolla di zucca. Pançetta; Pancetta V. Çimma pinn-a. Paramosche; Paramosche, Scacciamosche. Passâ a-o siassetto; Passar per lo staccio. Passatûa; Passatura; La cosa passata per lo staccio. Passin; Colabrodo, Colino. — Quando serve a passare roba non liquida dicesi Passatoio. Pasta; Pasta. Pasta soda; Pasta soda. Pasta mòlla; Pasta frolla. Menâ a pasta; Menar la pasta. Pasta da sfêuggi; Pasta sfoglia. Pasta fròlla; Pasta frolla. Pasta rea; Pasta reale o Pastareale. Pasta sciringa; Pasta siringa o siringata. — Pasta de lûganega; Battuto di salciccia. Paste; Paste: Nome generico di quell’alimento di pasta che suolsi mangiare in minestra. Queste o sono casalinghe V. Vianda, o da vermicellaio. Tra le paste da vermicellaio haccene delle lunghe, delle curte, delle tagliate, delle piene (sensa pertûzo), delle forate o col buco (cö pertûzo), delle tonde, delle piatte, delle zafferanate, delle bianche, delle nere (pasta ordenäia) e delle scanalate (recammæ). — Paste dösci; Paste dolci. Pastezzâ; Pasteggiare. Pastiglia; Pastiglia, Pasticca, Pasticco. Pastisso; Pasticcio: Vivanda cotta entro a rinvolto di pasta. — Talvolta vale Vivanda fatta alla peggio: Eì fæto ûn bello pastisso; Avete fatto un bel pasticcio. Pastiççê V. Bûscioläio. Paston; Pastone. Pastoso; Pastoso. Patatte; Patate. Pateca; Cocomero. Patefroâ; Pasticcio freddo. Paternostri; Paternostri: Sorta di pasta tagliata da vermicellaio. Patesciò; Pasticcio caldo. Patonn-a; Pattona. Peâ ûn pollastro, ûn oxello; Spennare, spiumare, pelare un pollo, un uccello. — e castagne; Sbucciar le castagne. Pëgoa; Pecora, dim. Pecorella, Pecorìna, Pecoretta. Peì; Pera: Havvene di più qualità. — angelico; Pera angelica. — bergamotto; Pera bergamasca, o sempl. Bergamotta. Peì brûtt’e bon; Pera bugiarda. — bûrê; Peì, butirra. — bûrê; da inverno, Pera butirra vernina. — camoggia; Pera perla. — da inverno; Pera vernina. — do Dacca; Pera cento-doppie. — gianchetto; Pera bianchetta. — limonin; Pera virgolata. — martin; Pera martina. — pascian; Pera spina o spinosa. — reâ; Pera reale. — rûzzenento; Pera ruggine o roggia. — spadon; Pera spadona. — sûccotto; Pera campana. — verzelin; Pera giugnolina. Peìgollo; Picciuolo. Levâ o peìgollo; Spicciolare. Peìvie; Pepe. Pelle da vin, da êuio; Otre, Otro. Pelûccâ; Piluccare, Mangiare per lo più a poco a poco. Spilluzzicare vale Levar pochissimo e con riguardo da cose mangerecce. Perleccâse; Leccarsi. Pernixe; Pernice. Pernixôu V. Vin. Persa; Maggiorana, Maiorana, Persa, Sansuco. Pèrsego; Pesca. — spartilosso; Pesca spiccatoia o partitoia. — taccalosso; Pesca duracine. — bâscin; Pesca maddalena o della maddalena. — de Savonn-a Lûggengo; Pesca San Jacopo. Pèrsego de Savonn-a grosso; Giallona burrona di Savona. — de San Martin; Pesca vernina. — settembrin; pesca settembrina. — moscatello; Pesca cotogna, Pesca moscadella. — moscatello grosso; Giallona di Verona. Pesciaiêua; Pesciaiuola. Pescio; Pesce, diminut. Pescetto, Pesciolino, Pesciarello, ecc. — Pescio saôu; Pesce salato. Pescio in te l’êuio; Pesce sott’olio. Pescio a scabeccio; Pesce carpionato. Pescio dissecôu; Pesce secco. Læte de pescio; Latte di pesce. Aa de pescio. Ala o pinna di pesce. Oeginn-e do pescio; Branchie. Pessa de formaggio; Forma di cacio, ed anche sempl. Cacio. Pesso de formaggio; Taglio di cacio. Pestâ; Pestare. Pestello; Pestello. Pèsto; Battato all’aglio. Pëto; Petto. Sciô de pëto; Fior di petto. Punta de pëto; Spicchio di petto. Pëto in te ossette; Falda. Pevê do pollastro; Cipolla. Pevëa; Papaiuola. Peveon; Peperone. Piæ; Mondine: Castagne verdi sbucciate e lessate in acqua con sale e finocchio. Piatti freidi; Freddi: diconsi i cibi preparati a bella posta per essere mangiati freddi. Piaxentin; Cacio parmigiano o lodigiano. Piccagge; Tagliatelle: Sorta di pasta casalinga. Piccaggetta; Sciugamani. Piccaggetta ordenäia; Canavaccio, Canovaccio. Piccion; Piccione, Pippione. Piggiâ a muffa; Ammuffare, Ammuffire; pigliar la muffa. — a lann-a V. Êuio. — o brûxôu; Pigliare il bruciato. — o brustolïo V. Brustolïo. — o cô; Prendere il colore. — o cô dell’ôu; Prendere il color dell’oro o dorato. Pignêu; Pinocchio. Pimpinella; Salvestrella. Pin; Battuto, Ripieno. — Usato come aggett. dicesi Ripieno. Pinta; Boccalone. Pippa; Pipa, sorta di Botticella. Poäse da brûxâ; Sermenti. Poëla; Padella. Poëla da rostïe; Padella da bruciate. Poelâ; Padellata. Poiscetti; Grandine, e se molto piccoli; Grandinina: Sorta di pasta tagliata da vermicellaio. Poiscio; Pisello. Polenta; Polenta. Polenta molla; Polenta tenera. Polenta soda; Polenta soda o dura. Polenta co-i motti; Polenta co’ bozzoli o bozzolosa. Polla; Pollastra. Pollâ; Pollaio. Pollaia; Pollame, Polleria. Pollanca; Pollastra ingrassata. Pollastro; Pollastro. Polmon V. Coâ. Porco; Porco e comun. Maiale. Pöro; Porro. Pöro sarvægo; Porro selvatico, Porrancio. Porpa; Polpa: Carne senz’osso. — Porpa d’oive, de meì, peì, ecc.; Polpa. Porpette; Polpette, dim. Polpettine. Porpetton; Polpettone. Voce nostra. Porsemmo; Prezzemolo: dicesi anche Petrosemolo, Petrosellino. Portabottigge; Portabottiglie. Portacöa; Godione e Codrione. Portêuio; Oliera: Portampolle. Portêuve; Uovarolo. Portagotti; Portabicchieri. Portavivande; Vivandiere. Portello da botte; Mezzule. Posâta; Posata. Preboggî; Scottare, Fermare V. Ingianchî. Prebboggïe; Castagne secche a lesso. Prebboggion; (non ha corrispondenza italiana). Preìsa de sâ, de peìvie, spezie, ecc.; Presa. Prèndise; Cagliare, Quagliare, Quagliarsi: dicesi propriam. del latte. Prescinsêua; Quagliata. Prezù; Caglio. Prezùtto; Prosciutto, Presciutto. Pûgnatta; Pignatta, Pentola. Pûgnattâ; Pentolata. Pûgnattin; Pentollino, Pignattino, Pignatello. Pignattinn-a; Pentolina, Pentoletta. Puncio; Ponce. Puntette; Pûntine: Sorta di pasta tagliata da vermicellaio. Purê de puisci, lentiggia, ecc.; Macco. Püta; Polenta tenera. Q Quäggetto; Quaglio. Quägia; Quaglia. Quartetto d’agnelletto, cravetto, ecc.; Quarto. R Radicce; Radicchi. Radiccetta; Radicchiella, Radicella. Radiccetta Sarvæga; Radicchiella salvatica. Radiccion; Cicoria. Radiccion sarvægo; Cicoria salvatica. Rægio; Rete. Rægio dell’assa; Strigolo. Ragô; Stracotto. Ramme da brûxâ; Frasconi. Ramponzo; Raperonzolo. Rànçio; Rancidezza, Rancidità. Piggiâ o rançio; Esser rancido. Aveì o rançio; Inrancidire. — Usato come aggett. dicesi Rancido. Rappo; Grappolo, dimin. Grappoletto, Grappolino. Rappuaggia; Raspollo. Rappuaggiâ; Raspollare, Racimolare. Rasccetta da meìsoa; Radimadia. Rascciâ; Raschiare, Rastiare. Ratafia; Ratafia. Rattalegua; Terracrepolo. Rava; Rapa. Ravacöu; Cavol rapa. Ravanetto; Ravanello e Ràvano. Raviêu; Ravioli. Raxa da rûta; Calugine, e comun. Fiore. Rechêutto; Ricotta. Reffreìddâ; Raffreddare, Freddare. Reffrescûmme; Lezzo. Parlandosi di quel puzzo che tramandano alcuni pesci come sardelle, ecc., dicesi Bestino, Bestinaccio. Reginette; Nastrini: Sorta di pasta piatta da vermicellaio. Rèla de fidê; Matassa, dimin. Matassina. Remesciâ; Mestare, Rimestare, Trasmestare, Tramenare. Repostê; Credenziere e nell’uso anche Ripostiere. Ræsca; Lisca. Ræsca de mezo; Spina o Resta. Levâ e ræsche; Diliscare. Rescadâ; Riscaldare: Nuovamente scaldare. Resta d’aggio, de çiôule, ecc.; Resta. — Parlandosi di funghi, pomidoro, fichi, castagne od altro infilzati con filo e spago, dicesi Filza, Rezza. — Resta de pan; Fil di pane. Rêusa; Rosa. Rêusa moscaiatta; Rosa gallica. Revegnî; Rinvenire. Revendaiêua; Trecca, Treccona. Revezzêu; Crusca, Sèmola. Riççetto; Lattuga cresca. Riççi da banchæ; Brùcioli, Trucioli. Rìcoa; Ruca. Riso; Riso. Rôccio de vitella; Pezzo di vitella. Roêta da taggiâ i raviêu; Girella. Roëte; Campanelline: Sorta di pasta tagliata da vermicellaio. Rognon; Arnione, Argnone ed anche Rognone. Rognonà; Sugnaccio: Quella parte di grasso che è intorno agli arnioni degli animali. Ròlla da noxe; Mallo. Romaniata; Poppone, dim. Poponcino. Romaniata peia; Poponella, Poponessa. Romanin; Rosmarino, Romarino e comun. Ramerino. Rompî i Êuve V. Êuvo. Rosìggio de meì, peì, ecc.; Torso, Tôrsolo. Rosolio; Rosolio. Rosso d’êuvo; Rosso d’uovo, Tuorlo d’uovo. Rostî; Arrostire. Rostïe; Bruciate. Rosto; Arrosto. Rûbba; Barletto, Bariletto, Barlotto, Barilotto. Rûxentâ; Secchio. S Sâ; Sale. Amäo de sâ, Amaro di sale. Andâ ben de sâ; Esser giusto di sale. Motto de sâ; Zolletta di sale. Saâ; Salare, Insalare: Porre in un alimento alquanto sale per condirlo, o porvene molto per conservarlo. Saleggiare vale Aspergere di sale. Sabaion; Zabaione. Saffran; Zafferano, Crocco. Salâ V. Saâ. Salamme; Salame, Salato. Salin; Saliera. Salin doppio. Saliere. Salûmmi; Salumi. Sampa; Zampa. Sampin; Zampa, Zampetto. Sampin de porco; Peduccio. Sampin de Modena; Zampone. Sangue; Sangue. Sangue de porco; Dolce e Dolcia. Sansa; Sansa. Santorin; Satureia, o comun. Santoreggia; Sorta d’erba. Saôu; Salato, Insalato: Pesci sæ; Pesci salati. — Saleggiato vale Asperso di sale V. sopra Saâ. Sarcrau; Cavolo salato. Sarmoia; Salamoia. Sarsa; Salamoia. Sarsa; Salsa. Vasetto de sarsa; Salsiera. — freìda pe-o boggio; Salsa, Savore, Savoretto. — verde; Salsa verde. — brûsca; Salsa forte o piccante. — agredöçe; Salsa agrodolce. — âe tomate; Salsa di pomidoro. Sarsa de læte; Salsa al latte. — de pescio saôu; Acciugata. Sarsêa; Salsiera. Sarvia; Salvia. Säsissa; Salsiccia e Salciccia. Säsissotto; Salsicciotto e Salcicciotto. Säso; Ricottone. Sâssoa; Mestola. Savô; Sapore. Savô de brûxôu; Sapore di bruciato o di bruciaticcio. Savoii; Erbuccie, Erbette, Erbolline. Savoïo; Saporito: Che ha buon sapore. — Usasi anche per troppo saleggiato. V. Amäo de sâ. Saziâ; Saziare, Satollare. Sbarrazzâ pollastri, pesci, ecc. V. Desbarassâ. Sbatte a ciccolata; Frullare la cioccolatta. Sbatte i êuve, a cremma; Dibattere le uova, la panna. Sbatte e noxe; Battere le noci. Scädavivande; Scaldavivande. Scaggie de pescio; Squame, Scaglie. Levâ e scagge; Disquamare, Scagliare. Scämella; Scalamita. Scarbassa V. Porpetton. Scarolla; Scariola. Sccianco d’ûga; Racimolo, dimin. Racimoletto. Scciappa de legna, de stocchefisce, ecc.; Schiappa o Stiappia. Scciappa de lardo; Mezzina di lardo. Scciappâ; Schiappare, Stiappare, Fendere, Spaccare. — Scciappâ o vin; Tagliare il vino, vale Mescolarne una qualità con altra. Scciattamäio V. Porpetton. Scciûmma; Spuma, Schiuma. Scciûmma de læte V. Læte. Scciûmmâ; Spumare, Schiumare. Scciûmmâ o broddo o grasso; Disgrassare. Scciûmmâ o læte V. Læte. — Cassa da scciûmmâ; Scumaruola. Scciûmmetta; Spumetta. Scemmo; Insipido, Scipido, Scipito. Schenâ; Schienale. Schenello; Scannello. Schêuggia; Siere e comun. Siero. Schissâ; Calcare, Premere. Schissâ d’ægua, de vin; Zaffata. Sciaccâ; Schiacciare e Stiacciare. Sciaccanissêue; Stiaccianocciule. Sciaccanoxi; Stiaccianoci. Sciacchetrâ; Vino vergine. Scialotte; Cipollini. Sciamma; Fiamma. Sciô de faenn-a; Fior di farina. Farina di primo velo. — de pëto; Fior di petto. — da frûta; Fiore: La parte opposta al picciuolo. Scioâ o fêugo; Sbraciare. — In senso neut. vale Alquanto raffreddarsi, e dicesi di cose troppo calde. Fæ scioâ o broddo; Fate che il brodo alquanto si raffreddi. Sciòcca; Farinata di ceci con lievito. Sciòcco; Soffice, Sollo; dicesi di pasta, pane e simili. Sciöpo; Sciroppo, Sciloppo, Siroppo. Sciorbetto; Sorbetto. Sciorbî; Sorbire. Parlandosi di uova, dicesi Bere. Sciòrboa; Sorba. Sciringa do bûtiro; Siringa. Sciunza; Sugna. Sciûscetto; Soffietto, Mantachetto, Manticetto. Sciûscetto de canna; Soffione. Sciûsciâ; Soffiare. — Usato come nome, dicesi Soffiata. Unn-a sciûsciâ; Una soffiata. Sciûscio; Soffio. Scixerbòa; Cicerbita. Scoâ; Sgocciolare, Gocciolare, Scolare. Scoaggiâ V. Scuôu. Scoaggiôu V. Êuve. Scorsa; Scorza, Corteccia, Buccia: La scorza è più grossa e più scabra, la corteccia lo è meno, e meno ancora della corteccia la buccia. Scorsa dell’êuvo; Guscio dell’uovo. Scorsonëa; Scorzonera. Scozâ da cuxinn-a; Grembiale. Scotizzo; Leppo: nell’uso dicesi anche Rifritto. Scottâ V. Ingianchî, Preboggî. Scottonn-a; Manzotta, Giovenca, Vaccherella. Scuaggia; Abbeverato, Abbeveraticcio: Il rimanente del liquore lasciato nel vaso da chi ha bevuto prima. Scucuzzù; Curcussù e Scurcussù. Voci dell’uso. — Scuccuzû V. Lentigette. Scuêuia; Rastrelliera: Arnese di cucina, ove si mettono ritti i piatti rigovernati per farli sgocciolare. Scuôu; Scotitoio: Arnese per iscuotere l’acqua dall’insalata. Seassâ V. Siassâ. Seassetto V. Siassetto. Seasso V. Siasso. Segello; Secchiello. Seggia; Secchia. Seggion; Tinozza. Seìga; Sègala e Sègale. Seìxai V. Çeìxai. Sêllao; Sedano. Semensetta; Semenzina o Seme santo. Quando è confetata col zucchero dicesi Semenzina confettata. Sémoa; Semolino, Semoletta. Serraggia do forno; Chiusino. Servitû V. Etaxê. Sêxa; Ciriegia, Ciliegia ed anche Cerasa. — amæna o amarena V. Amarena. — isciôa V. Iscioa. — camogginn-a; Ciliegia marchiana. — de Spagna; Ciliegia susina. — dûaxa; Ciliegia duracine. — gianca; Ciliegia moscadella. — neìgra; Ciliegia corbina. — granfionn-a; Duracine marchiana. — pisciaiêua; Ciliegia acquaiuola o acquaiola. Sexetta; Ciliegia secca. Sexetta in to spirito; Ciliegia in guazzo. — candïa; Ciliegia candita. Sfêuggiatella V. Sfêuggio. Sfêuggio; Sfogliatina. Sfêuggiâ; Sfogliata: Aggiunto a torta. Torta sfêuggiâ; Torta sfogliata. Sgrasciâ; Digrassare. Sgûscia; Guscio. Sgûsciâ; Sgusciare, Digusciare. Sgranâ V. Desgranâ. — Figur. vale Mangiare con ingordigia e dicesi Sgranocchiare. Siassâ; Stacciare. Siassetto; Staccino, Staccetto, Stacciuolo. Passâ a-o siassetto; Passar per lo staccio. Siasso; Staccio. Sottochêugo; Sottocuoco. Sottocoppa; Sottocoppa. Soffritto; Soffritto. Soffrizze; Soffriggere. Sottesto da Pûgnatta; Cercine. Spaêgo V. Spàrago. Spaghetti da fratti pertuzæ V. Fidê. — da fratti sensa pertûzo V. Fidê. — da rëla larga; Vermicelli mezzani. — da panê granii; Spilloni, Vermicelli piccoli. — da panê sottî; Sopraccapellini. Spalla; Spalla. Spalletta d’agneletto o cravello; Spalletta. Spande V. Fâ danno. Spàrago; Sparago, Asparago e comunem. Sparagio. Spàrago sarvægo; Sparaghella. Spassâ; Spassare, Scopare. — Usato come nome, dicesi Menata. Spassacammìn; Spazzacamino. Spassoïa de parma; Granata. — de brûgo; Scopa, Granata di scopa. Spassoietta; Spazzola, Spazzolino. Spassoietta de canna; Spazzola di padùle. Spatola pe-i pesci; Tagliapesce, Mestola da pesce. — Spatola pe-i gelati o giassi forti; Paletta, Palettina. Spëgiâ i êûve; Sperare le uova. Speìsa V. Fâ a speìsa. Spellâ; Sbucciare, Dibucciare, Spellare, Dipellare. Spellinsigâ; Pizzico. Spesso; Denso. Vegnî spesso; Raddensarsi, Condensarsi. Spettî; Crepitare, Scoppiare: dicesi del carbone. Carbon chi spettisce; Carbone che crepita, che scoppia. Spezie; Spezie, Spezierie. Spiddetto; Spiedino. Spiddo; Spiedo, Schidione, Stidione. Spiddo da man; Spiedo da volgere a mano. Infiâ in to spiddo; Infilzare nello spiedo. Spigo d’ aggio; Spicchio d’aglio. Spinasci; Spinaci. Spinn-a da botte; Cannella. Spinoellâ o vin; Spillare il vino. Spinoëlo; Zipolo. Spolverizzâ; Spolverizzare. Spremme; Spremere. Parlando di limoni, dicesi Strizzare. Spremmelimoin; Strizzalimoni. Sprûssâ; Spruzzare. Stagnæa; Stagnata. Stagnon; Brocca di rame, Mezzina di rame. Stallo de carne; Posto. Stampa da corzetti; Stampa. Stecchi da frûgase in ti denti; Stecco, Steccadente, Stuzzicadenti, Dentelliere. — Stecco; Stecco. Voce dell’uso: Sorta di vivanda molto gustosa. Stissa; Stilla, Goccia, Gocciola. Stissâ; Stillare, Gocciolare, Gocciare. Stocchefisce; Stoccofisso. Strachêutto; Stracotto. Stracchin; Stracchino. Stramûâ o vin; Tramutare o Travasare il vino. Strinnâ i pollastri, i oxelli; Abbrustiare. Ströscio de cöu; Torso, Torsòlo. Strûto; Strutto. Stûffôu; Stufato. Sûâ; Gemere: dicesi della botte od altro recipiente quando pianamente e sottilmente versa. Sûcca; Zucca, dimin. Zucchetta, Zucchettina. Cavi de sûcca; Cime di zucca. Sûccâ; Zucca candita. Sûccao; Zucchero. — gianco; Zucchero bianco. — canto; Zucch. candito. — rosso; Zucchero rosso. — de feccio; Zucchero di Cuba o d’Avana. Sûccao in püvee; Zucchero in polvere. — rosôu; Zucchero rosato. — de læte; Zucchero di latte. Sûcchëa; Zuccheriera. Sûcchin V. Sûccotti. Sûccotte; Zucchetti, Zucchettini. Sûppa; Zuppa. Sûppëa; Zuppiera. T Taggiâ; Tagliare, Trinciare. Taggiæn; Tagliolini. Taggiôu; Tagliere. Tappâ e bottigge; Turare e nell’uso anche Tappare le bottiglie. Tappâ a botte; Tappare, Zaffare la botte. Tàppani; Càpperi. Tappo; Turaccio, Turacciolo e nell’uso anche Tappo, parlandosi di quello delle bottiglie: ché se parlasi di quello delle botti, dicesi Tappo o Zaffo. Tassa; Tazza, dimin. Tazzetta, Tazzino. Teìga; Baccello. Terraggia; Vasellame, Vasellamento, Stoviglie. Terrinn-a V. Sûppëa. Tersaiêu; Terzeruola. Testa; Testa, Capo. Levâ a testa a-i anciöe, sardenn-e, ecc.; Scappare le acciughe, le sardelle, ecc. Testa in cascetta; Soppressata. Testæla; Neccio, Niccio. Testetta de bæ; Testicciuola. Testo; Tegghia e Teglia. Testo da panelle; Testo da necci, da castagnacci. Tettinn-a; Poppa. Tiâ o collo a ûn pollastro; Tirare il collo ad un pollastro. — Tiâ e croste; Tirare le sfoglie. Tian; Tegame. Tianâ; Tegamata. Tianetto; Tegamino. Tinn-a; Tino. Tiôu da-o fêugo; Disseccato, Alido. Tirabûscion; Cavaturaccioli, Cavatappi. Tissoni; Tizzo, Tizzone. Töa; Tavola, Mensa. Mette töa; Apparecchiare. Töa missa; Tavola apparecchiata. Levâ de töa; Sparecchiare. Portâ in töa; Portare o dare in tavola. Andâ a töa; Andar a tavola. Mettise a töa; Mettersi a tavola. Ese a töa; Esser a tavola dicesi della persona. Ese in töa; Esser in tavola dicesi delle vivande. Servî in töa; Servir la tavola. Levâse de töa; Levarsi da tavola. Cappo de töa; Capo di tavola. Finimenti da töa; Finimenti da tavola. Giancaia da töa; Biancheria da tavola. Toâ; Tavolata. Unn-a toâ d’amixi; Una tavolata di amici. Toccâ o pan in to tocco o bagna; Intingere il pane. Tocco; Sugo. Toffanïa; Tafferia. Tomata; Pomodoro e Pomo d’oro, al plur. Pomi d’oro o Pomidoro. Tomaxelle; Bracciuole avvolte e Tomaselle. Tondin; Tondino, Piattellino, Piattelletto. Tondo; Tondo, Piatello. Tonninn-a; Tonnina. Tonno; Tonno. Tonno in te l’êuio; Tonno sott’olio. Tordo; Tordo. Torta; Torta. Fàssene di varie qualità, cioè di funghi, di carciofi, di cardi, di zucca, di cipolla, di riso alla genovese (pasqualinn-a), alla cappuccina, dolce, ecc. Tortaiêu; Imbuto. Tortaiêu grosso da botte; Imbottatoio. Tovaggetta; Tovagliola, Tovaglietta. Tovaggia; Tovaglia. Se essa è grossa e dozzinale dicesi Mantile. Tovaggiôu; Tovagliolo, Salvietta. Tovaggin; Tovagliolino. Trâ o vin; Trarre o Cavare il vino. Travasâ o vin; Travasare il vino. Treìfêuggio; Trifoglio o Trefoglio. Treìfêuggio agro; Acetosella, Alleluia. Treìpê; Treppiede o Treppiè. Trenette; Stringhe: Sorta di pasta piana da vermicellaio. Trenettinn-e; Stringotte. Triffolëa; Tagliaretto da tartufi. Triffolo; Tartufo. Trinciante; Coltello da trinciare, Coltello trinciante, ed anche sempl. Trinciante. Trionfo da töa; Trionfo da tavola. Trippa; Trippa. Trippa d’êuve; Frittata trippata. Trippin; Ventricolo. Tritolâ; Trittare, Tritturare, Stritolare. Trôffie; Gnocchi. Turron; Torrone. U Uga; Uva. Havvene di più specie; io non registrerò che le principali e le più note: — barbarossa; Uva barbarossa. — barbèra; Uva barbera. — braiêua; Uva brachetto. — canaiêua; Uva canaiola. — do Monferrâ; Dolcetto di Monferrato o Uva d’Aqui. Uga gianchetta; Uva albarola, Uva bianchetta. — moscatella; Uva moscatella o moscadella. — nebbiêu; Uva spana o Nebbiolo. — piagnêua; Uva pignola bianca o Claretta di Nizza. — rosseìse; Uva rossese. Uga treggia; Pergolese. — vermentin; Vermentino o Uva vermentino. — sarvæga; Lambrusca, Raverusto, Affricogna, Uvizzolo. Uga buzza; Agretto V. Agrazio. Ughetta; Uva di Corinto, Uva passola di Corinto. V Vacca; Vacca. Vainiglia; Vainiglia. Vascellæa; Scanceria. Vasetto do formaggio; Navicella del cacio o da cacio. — Vasetto de sarsa; Salsiera. Vaso da infainâ; Vaglietto. Veggette; Vecchioni, Anseri: Castagne secche lessate col guscio. Ventresca de tonno; Ventresca, Sorra. Verme di oive; Beco. Vermentin; Vermentino V. Uga. Vermut; Vermouth. Vianda: Paste casalinghe. Vin; Vino. — nostrâ; Vino nostrale. — foestê; Vin forastiere. — gianco; Vin bianco. — pernixôu; Vin di mezzo colore. — cârego de cô; Vin carico di colore. — rosso; Vin rosso. — rosso aççeiso; Vin vermiglio. — neìgro; Vin nero. — dôçe; Vin dolce. — abboccheìve; Vino abboccato. — sciûto; Vino asciutto, Vino austero. — aspio; Vin aspro. Vin aspretto; Vino asprigno. — brûsco; Vin brusco. — buzzo; Vino acerbo. — allegretto; Vin bruschetto. — cö raspante; Vin raspante. — cö pessigo; Vin piccante, frizzante. — chi scciûmma; Vino spumante. — chi fûmma; Vin fumoso. — chi säta a-i êuggi; Vino smagliante, brillante, sfavillante. — de spalla; Vin di schiena, gagliardo, generoso. — spiritoso; Vino spiritoso. — rinforsôu; Vin sforzato. — sostanzioso; Vin polputo. — grosso; Vin grosso. — sottî; Vin sottile, Vino di poco corpo. — leggiero; Vin leggiero, passante. — da pastezzâ; Vin pasteggiabile. — a ûso de famiggia; Vin da famiglia. — da scignöe; Vino da dame. — zòveno; Vin giovane. — nêuvo; Vin nuovo. — vëgio; Vin vecchio. — de dûäta; Vino serbevole. Vin chi ha dæto vôtta; Vin volto, Vin incerconito, Cercone, Vin che ha dato la volta. — co-a fïa; Vin che fila. — sccetto; Vin puro o pretto. — scciappôu; Vin tagliato. — acconsôu; Vino concio o acconciato. — miscio; Vin scipito, Vino insulso. — grammo; Vin cattivo. — co-a muffa; Vin colla muffa: Vin muffato, muffito. — chi ha piggiôu o fortô; Vino che ha pigliato il fuoco. — cô legno; Vin che sa di secco. — co-e cannie; Vin fiorito. — cö punto; Vin infortito, Vin che ha la punta. — axoïo; Vino inacetito. Vin battezzôu; Vino annacquato, innacquato, Vino battezzato. — fæto cö bacco; Vin fatturato, artefatto. — Dâ a consa a-o vin; Conciare o Dar la concia al vino. — Alzâse o vin; Levare il capo. Ascciaise o vin; Chiarirsi, Schiarirsi. Vinetta; Vinello, Acquerello. Vitella; Vitella. Vitella da læte; Vitella di latte o mongana. Vitella a oxelletto; Vitella all’uccelletto. Vitello; Vitello. Vitello da læte; Lattonzo, Vitello di latte. Vivanda arrammâ; Vivanda che ha il verderame. V. Arrammôu. Vortâ a frïtâ; Rivoltar la frittata. Vunze; Ungere. Usasi anche per Pilottare. V. Inûmidî. X Xambon V. Prezûtto. Xatta; Scodella. Z Zänello de castagna; Baco. Zebibbo; Zibibbo. Zemî; Grillettare, Friggere. V. Fâ fô. Zemin; Zimino. Zimma; Favilla, Scintilla. Zizzoa; Giuggiola, Zizzola. Zizzoa de tæra; Giuggiola di terra, Zizzola di terra. Zuncâ; Giuncata. Zunta da carne; Giunta, Aggiunta. Zutta; Fondaccio, Posatura, Sendimento. Zutta dell’êuio V. Giurda. Zuvo; Collottola: Taglio di carne di bue e di vacca macellata tratto nel collo, e propriam. sovra cui si mette il gioco.

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432. Prendete ¼ di latte, poi 3 tuorli d’uova freschi, zucchero; mestolate bene insieme e farete un buon latte alla spagnuola. Preparatevi poi 3 tavolette di cioccolatta buona, fondetela con poca acqua, che resti densa; lasciate raffreddare tutto a parte. Prendete poscia ½ litro di buona crema, la monterete a fioca: preparatevi anche 50 grammi di colla di pesce fusa; questa però sempre tiepida. Avrete pronta una dozzina di nocciole, ben pulite, abbrustolite nel zucchero rosolato, pestatele nel mortaio. Unitevi il latte alla spagnuola e lo passerete al setaccio. Preparato tutto questo, prendete uno stampo, cominciate a mettere uno strato di colla di pesce, regolandovi però di averne per tutto il composto, metterete poi uno strato di cioccolatte colla crema montata, colla di pesce e lasciate raffreddare, poi latte alla spagnuola con nocciole e nuovamente colla, o procedete sempre così mettendovi alternativamente il composto, lasciando raffreddare ogni strato; arrivati in cima coprite l’ultimo strato con colla, mettetelo nel ghiaccio e lasciatevelo fino al suo punto. Avrete un dolce di bellissima figura e di tre colori, che servirete freddo nel tovagliuolo e guernito di dette pastine a piacimento.

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362. Operate istessamente come nelle pernici allo spiedo (n. 366).

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404. Togliete le punte e le fila ai fagiuoli, lessateli a largo d’acqua con sale e, quando sono cotti, sgocciateli e conditeli con salsa piccante (numero 9).

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202. Lavate in acqua tiepida quella quantità di fagiuoli capponi che vi abbisognano, indi metteteli in pentola pure con acqua tiepida e fateli cuocere a fuoco lento per due ore: quando saranno quasi cotti gettatevi il sale necessario, o appena cotti, levateli e, fatteli bene sgocciolare, poneteli quindi in nell’umido che volete servire in tavola. Nota. — Si possono anche, quando sono cotti, far rosolare in casseruola con burro, e allora si servono per guarnizione ai lessi.

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203. Tagliate a liste navoni, sedano e carote: unitevi dei fagiolini in erba e fateli cuocere in acqua con sale. Cotti che siano, fateli bene sgocciolare, poneteli in casseruola con alquanto sugo liquido e un po’ d’aceto, e aggiungeteci peperoni, melanzane e citriuoli (chighêumai) acconciati in aceto e tagliati essi pure a liste, e una piccola dose di capperi; fate dare al tutto ancora un bollore e guernitene il lesso.

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170. Fate prendere ad essi una mezza cottura, poscia infarinateli e friggeteli come sopra.

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189. Prendete farina di castagna di egual peso a quello della farinata (n. 186) e nel resto eseguite alla stessa maniera come nella medesima, se non che prima di metterla in forno vi spargerete sopra pinocchi, finocchio, e se volete, anche un po’ d uva passola (ûghetta). Essa ama pochissimo sale e non ammette pepe.

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188. Prendete farina di grano ed operate in tutto alla stessa maniera, come nella farinata (n. 186), se non che prima d’infornarla, vi spargerete sopra alquanta cipollina (çiôuletta) ben tritata. Servitela con sopra un po’ di pepe spolverizzato.

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187. Prendete la stessa quantità di farina e 5 litri d’acqua, la stessa doso d’olio, sale necessario e versatela nel tegame; dopo averla rimestata e passata al setaccio, fatela cuocere e servitela come sopra. — Si preferisce però il modo primo.

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186. Prendete 1 Cg. di farina di ceci, mettetela in una conca e versateci sopra a poco a poco 3 litri e ¼ d’acqua, mettendovi il sale necessario, lasciatela per 4 ore nella conca, e poi, prima di muoverla, soffiate via la schiuma che fa, la quale sta alla superficie dell’acqua, indi rimestate bene colla spatola; preparatevi intanto il tegame grande della farinata, prendete un bicchiere e ¾ da tavola d’olio, ungete bene il tegame e versatevi entro il composto, passandolo al setaccio, e rimestate ben bene fino a tanto che si unisca con l’olio. Fate attenzione che il forno non sia tanto caldo, e fatela cuocere fino a tanto che non abbia preso il colore dell’oro; servitela calda.

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417. Prendete quella quantità di fave che volete cuocere, ponetele in molle nell’acqua tiepida sin dalla sera, quindi alla mattina fatele bollire in pentola con acqua e sale. Conditele con olio, sale e pepe.

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191. Mettete mezzo litro d’acqua in pentola con 300 grammi di favetta e sale necessario, rimestatela bene come la polenta e fatela cuocere per un’ora; dopo ciò levatela, versatela in una scodella e lasciatela raffredare. Fate quindi rosolare in casseruola con olio una cipolla tritata, gettatevi dentro un pezzo di favetta, rimestatela una o due volte, e dopo poco cottura mangiatela con cipolline fresche. Nota. — Si mangia anche fredda, condita con olio, sale e pepe.

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240. Mettete il fegato tagliato a sfalde sottili in casseruola con olio e sale; appena imbianca, servitelo in tavola con limone strizzato.

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239. Cuocesi come il vitello all’uccelletto (numero 223), avendo però attenzione di levarlo dal fuoco, appena imbianca, e ciò affinché non indurisca.

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241. Pestate nel mortaio un po’ di milza di vitello o di manzo, qualche spicchio d’aglio, e mollica di pane inzuppata nell’aceto, e sciogliete il tutto in aceto. Mettete il fegato tagliato a fette sottili in casseruola con olio e sale, e, quando manchi poco a esser cotto, ritiratelo da una parte della casseruola e versare l’agliata dall’altra, la quale dopo breve cottura, mescolerete col fegato, avvertendo sopratutto di non lasciarlo cuocere troppo, altrimenti indurisce.

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245. Prendete mezzo chilogramma di bue, tagliatelo a fette sottili della larghezza di quattro o cinque dita, poscia battetelo bene col matterello sicché divenga frollo, e ponetelo in padella con olio e sale; dopo cinque minuti di cottura spolverizzatelo con un cucchiaio di farina e vino Marsala, e fate cuocere a fuoco ardente altri dieci minuti; gettatevi infine due cucchiai di brodo, e dopo altri quindici minuti di cottura servitelo.

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145. Impastate 600 grammi di fior di farina che farete lievitare per ott’ore con tanto fermento (crescente) quanto una noce grossa e che procurerete riesca soffice e molto elastica. Staccatene quindi due pezzetti eguali e di quella grossezza secondo volete far grande la focaccia; schiacciateli bene colle dita, sicché vengano larghi e di forma rotonda: poscia nel mezzo di uno di questi ponete della quantità di salciccia che volete e copritela coll’altro pezzo; unitene bene tutto all’intorno l’orlo, stringendolo colle dita, ponetela sulla madia e battetela bene colla palma della mano, perché rimanga unita e molto sottile, e friggetela ad olio ben caldo, voltandola e rivoltandola sino a che sia cotta. Infilzatela finalmente collo spiedino e tenetela alquanto sospesa, perché sgoccioli tutto l’olio imbevuto. Servitela con sale spolverizzato sopra.

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184. Ungete d’olio il fondo di una tegghia, poscia spolverizzatelo di sale; prendete quindi un pane di pasta lievitata e schiacciatelo addosso tanto che venga a coprire tutta quanta la tegghia, pizzicatene la superficie come sopra, che poscia aspargerete d’olio e di sale, indi fatela cuocere in forno, oppure in casa al forno da campagna.

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185. Impastate con acqua farina di castagna e un poco di finocchio, procurando che la pasta resti piuttosto soffice; ungete quindi d’olio una tegghia, slargatevi sopra questa pasta, ma in modo che resti alta un dito e mezzo; ungerete d’olio la superficie e mettetela a cuocere al forno.

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183. Mettete due chilogrammi di farina nella madia, ammucchiata, e colla mano fatevi un vano o loro nel mezzo, entro il quale porrete 150 grammi di lievito e un bicchier d’acqua tiepida; impastate il lievito con quella farina che avrà assorbito l’acqua messavi, indi copritela col rimanente della farina, ponetevi sopra una tovaglia e lasciatela riposare per quattr’ore. Dopo ciò levate la tovaglia e, fatto nuovamente un segno o vano nel mezzo della farina che copre la pasta, versatevi dentro un bicchiere di buon vino bianco, mezzo bicchier d’olio fino, 6 foglie di salvia tritata e il sale necessario; impastate il tutto insieme aggiungendovi, se pur l’impasto rimanesse troppo sodo, un po’ d’acqua tiepida in modo da renderlo eguale nella morbidezza alla pasta con cui si fa il pane comune; dopo averlo ben dimenato, copritelo e lasciatelo riposare nuovamente per tre ore, se nella stagione d’estate e per cinque ore se in quella d’inverno. Prendete poscia una tegghia, spolverizzatela con alquanto sale e versateci tant’olio in modo che il fondo della stessa sia unto tutto quanto; mettetevi poscia la pasta suddetta; schiacciatela tanto che la sua larghezza occupi tutta la tegghia e spizzicatene con due dita tutta quanta la superficie, sicché vi restino tante fossettine; aspergetela d’olio e di sale e fatela cuocere in forno oppure in casa con fornello da campagna.

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484. Ponete in una casseruola quattro tuorli d’uovo o due uova intiere: incorporatevi altrettanta farina quanto occorre per fare una densa paniccia che diluirete in seguito in un litro di latte. Ponete al fuoco questo miscuglio e rimescolate sempre fino a che bolla, aggiungetevi 125 grammi di burro chiarificato; fate cuocere per un quarto d’ora mescolando sempre per tema non si attacchi e solidifichi, benché debba esser tenuto assai denso. Quando è cotto versatelo in apposito vaso o qualsiasi altro recipiente e lasciatelo raffreddare. Triturate alquante mandorle dolci (sopra sei ponetene una amara), nonché alquanti amaretti e delle zucchero in sufficiente quantità, riducete il tutto in finissima polvere e mescolate insieme. Servitevi di questa crema pasticciata o frangipane per comporre sia delle torte, sia dei tortelli d’ogni sorta, e di dolciumi di fantasia. A tal effetto stendetela sopra un piano assai perfetto tutto cosparso di burro: tagliatela in forma rotonda o ovale o a guisa di mezzaluna, spalmatela d’uova sbattute, aspergetela di mollica di pane grattugiata, poi fatela friggere.

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259. Alla stessa maniera dei fagiuolini suddetti si fa la fricassea di carciofi, che prima accenderete com’è indicato nelle Avvertenze (pag. 27) e poscia taglierete a quarti; essi si mettono in casseruola crudi.

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260. Procedete come in quella de’ carciofi, bislessando prima i cardi. Quando è cotta a dovere, molti amano unirvi qualche tuorlo d’uovo ben dibattuto, aspettando ad incorporarvelo al momento di servirla in tavola. (*) Lo stesso si può fare con tutte le altre fricasee, ma bisogna sempre avvertire che non si rappigli di troppo l’uovo.

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261. Mettete in casseruola con olio e sale delle cipolle tagliate sottilmente, e fatele rosolar tanto che abbiano preso il colore; quindi unite ad esse zucchini, pur essi tagliati sottilmente, e dei pomidoro, e fate cuocere nuovamente sino a tanto che abbiano asciugata tutta l’acqua. Gettatevi finalmente due uova dibattute, rimescolate il tutto, e quando le uova sono rapprese servite in tavola.

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258. Togliete ai fagiuolini le punte e le fila, bolliteli, sgocciateli e metteteli in casseruola con butirro, prezzemolo, pochissimo aglio e sale proporzionato; poco prima di levarli dal fuoco gettatevi dentro due tuorli d’uova dibattuti assieme a poco cacio parmigiano, un po’ d’agro di limone e poc’acqua, avvertendo che non alzino di bollore.

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219. Prendete carne di vitello o di agnello, tagliatela a piccoli pezzi ed insieme a cipolla tritolata mettetela a cuocere in casseruola con butirro, grascia di vitello e sale. Quando avrà preso un bel colore, gettatevi del prezzemolo tritato, dei pinocchi pestati in mortaio e dei pomidoro pur essi tritati, ovvero della conserva; bagnatela poscia con un po’ di brodo o di acqua in mancanza di esso, e, se volete, potete aggiungervi prima di servirla in tavola anche dei tuorli d’uova sbattuti e un po’ d’agro di limone.

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152. Prendete il baccalà oppure lo stocofisso, mettetelo in molle sino a tanto che sia rinvenuto, battetelo poscia alquanto con un matterello (cannello) e in seguito tagliatelo a pezzetti. Ravvolgete questi pezzetti nella pasta accennata di sopra e a cucchiaiate metteteli a friggere in padella ad olio bollente. Quando hanno preso un color biondo estraeteli nella mestolina da fritti, lasciateli sgocciolare e poneteli sopra carta affinché diano ben l’olio.

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153. Prendete quella quantità di bianchetti che volete, gettateli nella pasta, rimescolateli e a cucchiaiate friggeteli in padella come sopra.

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156. Prendete borraggini o lattughe, mondatele, trinciatele sottilmente e rimescolatele colla pasta, a cui aggiungerete un po’ di maggiorana; friggetele a cucchiaiate come sopra.

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155. Mondate i cardi com’è indicato nelle Avvertenze (pag. 27), fateli bislessare, quindi tagliati a pezzetti ravvolgeteli nella pasta e friggeteli come sopra.

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154. Prendete la testa di questo cavolo, tagliatela a fette, ravvolgetela nella pasta e friggetela come sopra.

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157. Mondate le mele e poscia con un cannoncino di latta togliete loro il torso (rosiggio); tagliatele quindi in tante ciambellette (canestrelletti), ravvolgete nella pasta, la quale formerete con meta vino e metà acqua, e friggetele come sopra. Si servono spolverizzate sopra. Nota. — Colla stessa pasta si faranno pure fritelle di zibibbo; si mondano e si tagliano a fette; al zibibbo si toglie il raspo (rappûsso), si spolverizzano pur esse di zucchero.

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177. Prendete i carciofi necessari e acconciateli come è indicato nelle Avvertenze (pag. 27), quindi tagliati in sottilissime fette metteteli in padella con olio assieme ed un pugno di funghi freschi o secchi, già rinvenuti, ma questi in minore quantità, uno spicchio d’aglio minutamente tritato, due pomidoro e sale necessario e fateli soffriggere finché il tutto sia ben cotto; prendete poscia una dozzina d’uova, sbattetele bene e unitevi un po’ di midolla di pane inzuppato nell’acqua, mezzo bicchier d’acqua, un cucchiaio di buon cacio parmigiano, un po’ di maggiorana ben trita oppure di origano, mescolate bene il tutto, quindi versatelo nella padella ove sarà il soffritto e continuate a rimescolare con un cucchiaio di legno sino a tanto che le uova siano assodate. Preso quindi un piatto di larghezza uguale alla padella, sovrapponetelo alla bocca della stessa e voltate e rivoltate la frittata fintanto che si rapprenda e bene si unisca, avvertendo però di non lasciarla troppo cuocere. Nota. — Alla stessa maniera, farete diverse altre frittate, quali sarebbero di funghi freschi, di cipolle, di zucchini, di cardi, di fagiuoli in erba, di melanzane, di lattughe e di presciutto, surrogando ai carciofi quello di questi generi, che più vi piace, coll’avvertenza però: 1.º che i funghi, gli zucchini, le lattughe e il presciutto, prima di metterli a soffriggere in padella, li taglierete sottilmente; 2.º che i cardi e i fagiuoli in erba li farete prima bollire e poi li triterete; 3.º che le melanzane e le cipolle, dopo tagliate sottilmente, le metterete in acqua fresca, poi bene spremute, le farete assodare in padella.

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179. Prendete quel numero d’uova secondo la grossezza della frittata che volete fare, dibattetele tiene, quindi gettatevi i rossetti o bianchetti cogli altri ingredienti come nella frittata di carciofi, e, rimescolalo il tutto, versatelo in padella: nel resto come sopra.

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178. Rompete 12 uova fresche, l’albume da una parte ed il tuorlo dall’altra, sminuzzate poca cipolla, prezzemolo, un po’ d’aglio e maggiorana (pèrsa), mettete un paio di cucchiai di cacio parmigiano nei tuorli d’uovo, stemprateli con tre cucchiai d’acqua fresca piuttosto abbondanti, riunite il tutto al tritume, montate a fioca gli albumi, riunite il tutto insieme al salo necessario e gettate in padella dove avrete già fatto fondere un ettogrammo di burro allungato con un po’ d’olio, il tutto sul fuoco, fino a che sia rappreso ma non duro, e versate caldo in forma allungata.

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136. Ponete in una tazza 100 grammi di farina, 4 tuorli d’uovo, mezzo bicchiere di vino bianco, un po’ di sale, e rimescolate bone con un cucchiaio, aggiungendovi qualche poc’acqua sicché diventi una pasta molto soffice; dibattete quindi i quattro bianchi d’uova in una tazza a parte e fateli montare tanto che divengano una fiocca. Prendete poscia un’animella, un cervello di bue e una posta di schienali, i quali, prima acconciati com’è indicato nelle Avvertenze (pag. 27), taglierete quindi a pezzi lunghi quanto un dito. Ravvolgete questi pezzi nella pasta preparata come sopra, e poi nella fiocca del bianco d’uovo e friggeteli in padella ad olio bollente. Serviteli in tavola con guarnizione di fagiuolini in erba piccoli prima bislessati e asciugati, quindi infarinati e fritti pure in padella con olio.

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142. Fate prima bislessare un mazzo di borragini, quindi spremetele bene colle mani affinché diano l’acqua. Prendete poscia un cervello di vitello e degli schienali (fletti) idem, e fateli rosolare in casseruola con burro; estraeteli e tritateli minutamente sul tagliere assieme alle borragini; aggiungetevi due tuorli d’uovo, sale necessario e poca spezie e rimescolate il tutto sicché bene si leghi e diventi quasi una pasta. Formate di questo ripieno delle piccole pallotole, intingetele prima nel bianco d’uovo dibattuto e poscia in farina, e friggetele in padella con olio.

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139. Prendete una dozzina di carciofi piccoli, tagliate ad essi le spine e mondateli dalle squame più grosse; quindi con un cucchiaino togliete loro le piccole squame di mezzo, sicché vi resti un vano da capire il ripieno; lasciate loro un po’ di gambo che serva quasi di corto picciuolo e poneteli in casseruola con burro, prezzemolo, cipolla e sale, lasciandoli cuocere per 6 od 8 minuti. Fate quindi rosolare in altra casseruola, con burro e sale una piccola cipolla e alquanto prezzemolo ben tritati; aggiungetevi poscia un po’ di poppa di vitello ed un’animella, esse pure tritate e fate cuocere per 10 minuti, indi tutti gli avanzi spolpati de’ carciofi, un quarto di posta di schienali (fietti) tagliati a piccoli pezzetti e 50 grammi di piccoli piselli freschi fatti prima bislessare, e lasciate nuovamente cuocere per altri dieci minuti. Mettete questo ragoût in un piatto acciò si raffreddi e riempitene poscia i carciofi. Prendete d’altra parte mezzo chilogramma tra fior di petto, magro e poppa di vitello e un’animella, pure di vitello: tagliate il tutto a pezzetti e fatelo rosolare per 15 minuti in casseruola con burro e sale, bagnandolo da quando a quando con sugo, mettetelo poscia in mortaio, aggiungetevi un quarto di posta di schienali, una mollica di pane inzuppata in brodo freddo e spremuta e pestate bene sicché divenga una pasta; unitevi tre rossi d’uova e un intiero, un pugno di cacio parmigiano, sale e spezie e rimescolate bene, prendete poscia i carciofi già ripieni come sopra e fasciateli ad uno ad uno di questo secondo battuto dando loro la forma di un uovo, passateli prima in bianco d’uovo e quindi nel pan grattato e friggeteli. Si servono caldi.

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126. Tagliate a fette il fegato di vitello e impanatele. Gettate quindi nell’acqua bollente con un po’ di aceto sopra un cervello, pure di vitello dipellatelo e tagliatelo a fette, le quali prima passerete nella farina e poscia nell’uovo dibattuto. Potrete arricchire questa frittura coll’aggiungervi erbacci a piacere, per esempio della scorzonera che è molto gustosa, dei carciofi, degli zucchini, dei fagiuolini in erba e foglie di salvia fresca, parimenti fritti (vedi più sotto il modo di friggere questi erbaggi).

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173. Tagliate il pesce a fette larghe e sottili che poscia batterete colla costola del coltello; passatele nel bianco d’uovo e quindi in pan grattato e friggetele in padella con burro come le costolette alla Milanese.

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137. Prendete magro di vitello, tagliatelo in tante sfalde sottilissime della grandezza di quattro dita, quindi battetele col matterello e spolverizzatele con un po’ di sale. Fate poscia rosolare in casseruola con burro una cipolla e del prezzemolo ben tritati; gettatevi poppa, animella (laccetto), magro e fior di petto, il tutto di vitello, e fate nuovamente rosolare. Togliete in seguito dalla casseruola tutta questa carne, e, messala sul tagliere, a cui aggiungerete alquanti schienali (fietti), tritate minutamente il tutto colla mezzaluna, indi pestatelo a poco per volta in mortaio assieme ad una mollica di pane inzuppata nel brodo freddo. Riponete questa pasta in recipiente, unitevi delle uova secondo la quantità del cacio parmigiano, poca spezie e sale necessario, e rimestate il tutto sicché bene si unisca. Prendete poscia le costolette e stendetevi sopra e sotto alquanto di questo battuto; infilzatele poscia per traverso dentro uno stecco, passatele nel bianco d’uovo e quindi in pan grattato e friggetele in padella con olio. Nota. — Se di questa frittura volete fare un umido, mettete in tegame con sugo (n. 37), unendovi alquanti piccoli piselli, e fatela cuocere per una mezz’ora.

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182. Preparate la crema in tutto com’è indicato nella formazione dei sopra descritti Stecchi alla crema (N.º 133) ad eccezione che non la riempirete di ragù; ma quando sarà cotta versatela in un piatto unto d’olio e lasciatela raffreddare; tagliatela poscia a piccoli mostaccioli, i quali passati in bianco d’uovo e in pane grattuggiato, friggerete in olio e servirete caldi e croccanti.

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140. Prendete dei granelli di montone, toglieteli da tutti gli involucri, tagliateli nel mezzo per lungo, tagliateli di nuovo per lungo, sottilissimi in modo che divengano come spicchi d’arancio; stendetegli sopra una tovaglia pulita, copriteli di foglie di salvia e involtateli in una tovaglia a modo di cannello: lasciateveli per un paio di ore e se occorre anche più. Pronto l’olio bollente, passateli nella farina come per friggere il pesce e state attenti alla cottura perché non sia né troppa né troppo poca. Guarnite con carciofi fritti.

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172. Prendete quella quantità di pesci che si usano a friggere, sventrateli, disquamateli e togliete loro i branchiali e il didietro delle orecchie, poscia lavateli bene, e, rasciutti, passateli in farina al crivello, avvertendo di lasciarli intieri se sono piccoli e di tagliarli a pezzi se sono grossi; friggeteli finalmente a fuoco ardente in abbondanza d’olio fino e caldissimo; quando avranno acquistato un color biondo, che indicherà la lor giusta cottura, serviteli. Nota — Le triglie e le acciughe non si disquamano. Quanto alle triglie, le infarinerete leggermente e prima di friggerle le passerete in uovo sbattuto.

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143. Tagliateli a pezzi, passateli in uovo sbattuto o in uovo con farina e friggeteli in olio fino. Serviteli con ramicelli (brocche) di salvia e di prezzemolo egualmente fritti.

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144. Prendete mollica di scole alla francese e, messa in un recipiente qualunque ove sia del brodo o altro sugo di carne, lasciatevela stare in molle per qualche tempo; prendete poscia una forma qualunque di latta, ed in mancanza di questa anche una piccola saliera vuota, ed addattatevi la mollica imbevuta del liquido, avendo però cura che la parte superiore resti concava. Prendete Qualmente il ragoût che avrete già preparato, composto d’animelle, di cervello di vitello, di fegati di pollo, qualche pisello e la punta di qualche asparago, il tutto tagliuzzato a pezzettini e leggermente rosolato in casseruola con burro, e mettetene un cucchiaino da caffè ben pieno sulla parte superiore incavata della mollica dentro la forma; copritela bene con alquanto della mollica stessa preparata come sopra, levatela poscia dalla forma e passata prima in bianco d’uovo e poscia in pane grattuggiato, friggetela e servitela calda. — È un piatto eccelente, economico e di bella torma.

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V. Peperoni (peviöin). — Scegliete i piccolissimi, metteteli in sale alla sera e al dimani in alberello con aceto, copriteli con una lastra di lavagna ch’entri nella bocca dell’alberello e sovrapponetevi un peso; dopo 24 ore cambiate l’aceto. Cetrioli (Chighêumai). — Scegliete i piccolissimi e conciateli come sopra; se fossero un poco grossi, tagliateli prima a listerelle; dopo 24 ore cambiate l’aceto. Rape (Râve). — Scegliete le piccolissime, date ad esse un taglio in croce e fatele cuocere alquanto in aceto con molto sale; poscia sgocciatele bene e mettetele in alberello con aceto, che cambierete dopo 24 ore. Melanzane (Meìsann-e). — Scegliete le piccolissime, togliete l’involucro che serve ed esse di calice, lasciandovi il picciuolo (peìgôllo) e fatele alquanto cuocere in aceto con molto sale; a mezza cottura aggiungetevi noce moscata, garofani e pepe in grana; ponetele indi in un sacchetto fortemente legato, sovrapponete ad esse un gran peso e lasciatele stare da 10 o 12 ore. Riponetele finalmente in alberello con olio e droghe e copritele come sopra. Si mettono anche in aceto come i peperoni. Fagiolini in erba. — Scegliete i piccolissimi, fateli alquanto cuocere in aceto con mollo sale, indi sgocciolateli e poneteli in alberello come sopra, coperti dall’olio. Tutti questi frutti si usano per guarnizione al lesso per lo più nell’inverno.

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263. Prendete funghi novelli neri, raschiateli bene nel gambo affine di togliere loro la terra, lavateli bene e fateli sgocciolare; tagliati poscia a fette sottilissime, metteteli a cuocere in casseruola con olio fino e abbondante, uno o due spicchi d’aglio sminuzzato e qualche spicchio intiero, poscia aggiungetevi alquanto origano (cornabûggia), de’ pomidoro in pochissima dose, oppure senza, e sale, avvertendo di rimescolarli di tratto in tratto. Quando saranno ben cotti, in modo però che siano asciutti ma non diseccati, serviteli in tavola con crostini di pani fritti pure in olio. Nota. — Alcuni osano, quando sono quasi cotti, strizzarvi sopra agro di limone.

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171. Prendete cappelli (cappelle) di fungo o rosso o nero a piacimento, ma che siano alquanto maturi, tagliateli a fette dello spessore di uno scudo e strofinateli con un pochino di sale, passateli quindi nell’uovo dibattuto e poscia nella farina e friggeteli in padella con olio. Essi rassomigliano alla frittura di cervello. Nota. — Alcuni gli fanno prima bislessare.

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XVI. Fate cuocere i funghi nella stessa maniera come sopra: legateli in egual maniera strettamente in un sacchetto e lasciateli stare sotto carica da 10 a 12 ore. Poneteli poscia negli alberelli, e invece di versarvi sopra olio e gli aromi anzidetti versatevi soltanto dell’aceto e in quantità che basti a coprirli. Avvertite di cambiar l’aceto da tempo a tempo affinché non ammuffino e si guastino.

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318. Preparati i funghi com’è indicato nelle Avvertenze (pag. 27), pestatene alquanti gambi nel mortaio e, aggiuntivi tutti gli ingredienti indicati nel ripieno delle melanzane, rimescolate bene. Riempitene i cappelli ed anche i gambi, tagliati in due parti, e che prima scaverete alquanto nel mezzo perché contengano il ripieno: metteteli in tegame inaffiandoli sopra d’olio e fateli cuocere a fuoco sopra e sotto. Nota. — I funghi rossi sono d’un gusto molto squisito.

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XIV. Prendete funghi neri giovani, lessateli, poscia adagiateli nell’alberello e versatevi dentro la salamoia come sopra.

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XV. Prendete 8 chilogrami di funghi neri, giovani e molto piccoli, puliteli bene dalla terra, lavateli e fate lor sgocciolar tutta l’acqua, poneteli quindi in casseruola con due litri di aceto bianco, oppure vino bianco, come più v’aggrada, e 250 grammi di sale in polvere; fateli bollire per una buona mezz’ora e aggiungetevi poscia una noce moscata rotta, 50 grammi di pepe in grana, 25 grammi di cannella, alcuni garofani, 2 spicchi d’aglio, 4 ramicelli di rosmarino ed alcune foglie d’alloro, e lasciateli cuocere ancora da 10 a 15 minuti. Levateli quindi dal fuoco, e, toltovi l’aglio, il rosmarino e l’alloro, legateli molto stretti in un sacchetto e poneteli sotto carica con molto peso, lasciandoli stare per 10 o 12 ore; dopo ciò, prendete gli alberelli, accomodatevi all’intorno foglie d’alloro, adagiatevi i funghi, e suolo per suolo spargeteli d’olio, di cannella e di noce moscata; versatevi finalmente tant’olio sicché rimangono dallo stesso coperti e sovrapponetevi una lavagna con peso.

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310. Prendete i cappelli piccolissimi di fungo rosso, dipellateli e lavateli, riempiteli poscia con ripieno di ravioli (n. 42), metteteli in tegame e versatevi sopra sugo d’arrosto e formaggio parmigiano. Fateli cuocere lentamente con fuoco sopra e sotto.

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295. Disossate un buon cappone, senza guastargli la pelle, quindi mettetelo in terrina con cipolla, prezzemolo, agro di limone ed un poco d’olio fino; prendete del buon vitello nella culatta magrissimo, della lingua e prosciutto crudo, tanto da non superare la quantità del vitello, tagliate tutto a filetti sottili e lunghi e lasciate fondere; preparatevi una farsa (n. 131) di buon gusto, poi dopo 3 ore di fusione prendete il cappone e tutto l’altro composto, puliteli dai legumi, stirate bene intanto la pelle del cappone e mettete in giro a questa la farsa, poi tessete sopra tutto il composto, disponendolo per lungo e per il suo verso, ma bene, accioché tagliandolo faccia bella figura; mettete di quando in quando dei pistacchi mondati belli verdi e tartufi o poi cucitelo. Quindi bagnate una salvietta nell’acqua, prendete il cappone ripieno lo metterete entro la salvietta e lo legherete più bene e stretto che potete da una parte e dall’altra. Metterete la gelatina al fuoco, metterete dentro il cappone, lasciandolo cuocere ore 1 ½ o 2 secondo l’età del cappone. Estratto dalla gelatina quando è cotto gli lascerete sgocciolare questa, indi ponetelo al freddo mettendovi un piccolo peso sopra, servitelo bene, tagliandolo a dovere e guarnitelo colla gelatina.

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158. Lessate in pentola con sale otto ettogrammi di patate e quando sono ben cotte pelatele e pestatele fortemente a poco per volta in mortaio con burro finché diventino bianche come il latte e facciano fila; aggiungetevi tre tuorli d’uova fresche, alquanta maggiorana oppur pochi pinocchi ben pestati, un po’ d’origano sminuzzato e rimestale bene il tutto; finalmente a cucchiaiate rotolatele nel bianco d’uovo e poscia nel pan grattato e friggetele ad olio caldo.

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440. Formata in tutto la pasta come al (n. 439), fattene tante pallottoline a guisa di piccole granate, passatele nel bianco d’uovo e nel pan guattuggiato e friggetele in olio ben caldo. Servitele calde, spolverizzate di zucchero raffinato.

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439. Fate bollire in casseruola mezzo litro di buon latte con 100 grammi di zucchero e 75 gr. di burro, e nel frattempo aggiungetevi a poco a poco 350 grammi di farina, rimestando lentamente sicché diventi una specie di polenta. Togliete quindi la casseruola dal fuoco, e, raffreddato che sia, versatevi quattro tuorli d’uova sbattuti, e rimestate assai bene. Sbattete poi le chiare d’uova: aggiungetele a quest’intriso e rimestate lungamente per la terza volta. Avvertirete che questa pasta vuol essere durissima. Formatene in ultimo tante pallottolette della grossezza d’una nocciola e friggetele in olio ben bollente, procurando che esso le ricopra. Servitele calde spolverizzate di zucchero.

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195. Si forma alla stessa maniera della dorata, se non che in questa non si fa rosolare la carne come sopra, e si tralasciano gli erbaggi, cioè in cipolla, il sedano, la carota e il prezzemolo.

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194. Prendete mezzo chilogrammo di bue nella parte muscolosa, senza grasso, 100 grammi fra zampino, muscoloso e guancia di vitella (maschetta) ed un pollastro; sminuzzate il tutto e ponetelo a rosolare in pentola con grascia e sale una cipolla intiera, un gambo di sedano, poca carota e prezzemolo, indi bagnatelo con acqua calda e lasciate ancor rosolare; aggiungetevi poscia tre litri d’acqua e fate bollire lentamente per quattr’ore sintanto che diventi un litro e mezzo; passate il tutto allo staccio, e, ripostolo in pentola, fatelo nuovamente bollire, sbattete quindi due bianchi d’uova e versateli nella pentola, rimestando per ben due bollori speditamente colla mestola, poscia levate la pentola dal fuoco e schiumate il grasso; finalmente passate per un panno di lana, fatela scolare dentro la forma che più vi aggrada, oppure in un piatto ove sia posto un pollo ripieno (farsïo) o altro. Nota. — Alcuni, perché la gelatina resti maggiormente condensata, usano aggiungervi colla di pesce, ma questa ne guasta il gusto; il condensamento di essa si forma di tessuti bianci, quali sarebbero lo zampino di vitella e le zampe di pollo pestate. — Alcuni, volendo dare un po’ d’acido, usano metter nella pentola, prima di gettarvi l’acqua, un mezzo bicchiere d’aceto, oppure strizzarvi mezzo limone. — La forma in cui si farà scolare la gelatina se sarà in tempo d’estate mettasi in ghiaccio affinché la gelatina possa facilmente condensarsi.

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420. Impastate 300 grammi di farina con un tuorlo d’uovo, due cucchiai di vino particolare, 100 grammi di zucchero e 225 grammi di burro; formatene una sfoglia di cui fascierete l’interno della forma da budino, unto prima di burro. Fate quindi cuocere due o tre qualità di frutta della stagione, per es. se di estate, prugne (brignoin), albicocche (bricoccali), visciole (iscioe), pesche, pere ed altre; cotte che siano, unitevi un po’ di rhum e rosolio, un po’ di cedro, alquanta, zucca candita (sûccâ) e fatele raffreddare; ponetele poscia nella forma e cuoprite la parte superiore col resto della sfoglia che sarà avanzata; chiudete la forma col suo coperchio, e fate cuocere a fuoco sopra e sotto per un’ora; dopo ciò levatele, lasciatele alquanto intiepidire e finalmente, rovesciate in un piatto, servitele.

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395. Fate prima bollire in pentola con acqua e sale, i seguenti erbaggi: fagiuolini in erba, scorzonera, zucchettini, ramolacci, barbabietole, navoni e sedano, avvertendo che ciascuno di essi abbia la sua conveniente cottura; quindi tagliateli in tante listerelle e conditeli con olio, sale, limone e poco pepe. Preparate poscia una salsa, che comporrete di tuorli d’uovo, agro di limone, sale e poc’olio, bene sbattuti, procurando che resti molto densa, e che il limone vi si senta: mettetela a cuocere, agitatela bene col frullino e avvertite che non levi il bollore. Prendete quindi una forma appositamente fatta per questa sorta d’insalata, la quale nel suo mezzo avrà un tubo e sarà scanalata tutto all’intorno; adagiate ad ogni scanalatura una lista di ciascuno dei suddetti erbaggi, alternando gli uni agli altri, come nel cappon magro e ciò fino all’ultimo, sintanto che la torma non sia ripiena; rovesciatela in un piatto, versatevi la salsa nel vano lasciato dal tubo e servitela.

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95. Prendete metà farina di grano e metà farina di castagna, impastatela con lievito o senza, della quantità come sopra, e dopo che la pasta sarà stata per un’ora tra due piatti, fatene i gnocchi, cuoceteli e conditeli con battuto all’aglio o con salsa di noci (n. 16).

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93. Fate lessare in pentola con acqua e sale una quantità di patate; quando sono cotte pelatele, impastatele senz’acqua con egual quantità di farina di grano, dimenando bene con forza fino a che le patate siano bene unite colla farina. Fatta questa pasta, formatene lunghi bastoni, i quali poi dividerete in tanti piccoli pezzetti della grossezza di un dado, che poi schiaccerete col dito pollice strisciandoli sulla madia e riducendoli alla forma d’un piccolo truciolo da falegname (risso da banchæ). Metteteli a bollire in pentola o caldaia, secondo la quantità, in abbondanza d’acqua e sale necessario; quando sono ben cotti, estraeteli colla mestola buccherata e fateli bene sgocciare; conditeli col battuto all’aglio e cacio parmigiano. Si possono anche condire con sugo di manzo o di vitello.

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94. Prendete 300 grammi di farina e impastatela con lievito del volume d’una noce grossissima, lasciate stare per un’ora la pasta entro due piatti, quindi fate i gnocchi come sopra, cuoceteli e conditeli nello stesso modo che si è detto di quelli con patate.

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268. Preparate i pomidoro come sopra (Vedi Avvertenze pag. 27) e fateli cuocere in casseruola con olio, aglio affettato, sale, pepe e un mazzettino di prezzemolo con carota legati assieme; quando il tutto sarà ben cotto, togliete il mazzetto e gettatevi delle uova dibattute, rimescolate e appena le uova sono rapprese, servitele in tavola.

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414. Prendete tre o quattro melanzane assai piccole che taglierete a sottilissime fette, due o tre pomidoro non tanto maturi, che romperete a tacchetti, dei peperoni piccolissimi, dei citriuoli e una cipolla che trincerete anch’essa sottilmente; metteteli insieme e conditeli con olio sale, pepe e aceto.

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415. Tritate minutamente aglio e prezzemolo; unitevi olio, sale e aceto e conditene fette d’arrosto o di lesso di bue o di vitello freddo.

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413. Quest’insalata che nasce in primavera ne’ luoghi montuosi, componesi di salvastrella (pimpinella), cicerbita (scixærboa), terracrepolo (rattalegua), raperonzoli (ramponsi), cicoria e finocchio selvatico; aggiungetevi qualche po’ di ruca (riccoa) e di menta e conditela con olio, sale, pepe e aceto.

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410. Si condiscono con olio, sale e aceto e si mangiano crudi i seguenti erbaggi: Carciofi, cavoli fiori, cavolo lombardo, trinciato sottilmente come i tagliolini, cavolini (bertoëli), sedano, lattughe, lattughe romane (leìtûghe ä françeize), lattuga crespa (rissetto), lattughina (leìtûghetta), scariola, indivia, radichiella (radicetta), radicchiella selvatica, cicoria, cime di lattuga (çimelli de rêuza), mazzocchi (costetti) bianchi e verdi, mescolanzina (mescolansa), ravanelli, ramolacci (armoäse), citriuoli (chighêumai), cipolle e pomidoro. Nota. — I carciofi e i cavolini (bertoëli) ammettono limone invece d’aceto e una presa di pepe; come pure ammette un po’ di pepe il condimento del sedano. — Le lattughe e le scariole, l’indivia, la raddicchiella, i raddicchi, la cicoria ammettono, quando piaccia, uno o due spicchi d’aglio minutamente trinciati.

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396. Mondate e lavate i seguenti erbaggi, dando a ciascuno di essi la conveniente cottura e conditeli con olio, aceto e sale: Cavol-fiori, cavoli-romani (bròccoli), cavoli-neri (cöi-neìgri), sparagi, zuccherini (sûcchin) spinaci, come di zucca (cävi de sûcca), fagiuolini in erba, fagiuolini freschi o secchi, sgraniti e bianchi, fave fresche (bazann-e), scariole, cicoria (radiccion), scorzonera, radicchi (radicce), pastinache (bastonagge), navoni, rape, cavoli-navoni (cöi-navoin), patate, barbabietole (giæräve), cipollini (çiôulonn-e); questi due ultimi si cuociono anche in forno. Nota. — I cavoli romani, cavoli-neri e i carciofi ammettono limone invece d’aceto; le patate e i fagiuolini sgranati ammettono un po’ di pepe.

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40. Pestate aglio e rosmarino e fateli soffriggere in casseruola con olio e burro; appena sono soffritti, aggiungetevi funghi freschi o secchi come sopra e fateli cuocere alquanto, avvertendo però di non lasciarli disseccare; poscia dei pomidoro o conserva, che lascierete pure alquanto cuocere. Versatevi finalmente l’acqua necessaria come sopra e fate bollire per mezz’ora. Nota. — Alla stessa maniera si fa l’intinto di funghi rossi quale riesce di un sapore più delicato.

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41. Pestate aglio e rosmarino come sopra, e fateli ben colorire in casseruola con olio e sale, aggiungetevi quindi molti pomidoro, e quando sono ben cotti versatevi l’acqua bisognevole per la quantità dell’intinto e fate bollire per mezz’ora.

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53. Impastate farina di grano (e meglio se lombardo) con uova, mettendovi cioè un uovo per ogni 300 grammi di farina e poco sale; tirate le sfoglie alquanto sottili, le quali lascierete per pochissimi minuti distese sulla madia (meìsoa) affinché rasciughino alquanto; quindi ravvoltate ad una per una intorno allo spianatoio (cannello), darete loro un taglio in tutta la lunghezza dello stesso e nuovamente le taglierete a quadri larghi. Metterete a cuocere in caldaia con abbondanza d’acqua e sale necessario, e, dati cinque o sei bollori, levate la caldaia dal fuoco ed estraetele colla mestola bucherata (cassaræa) lasciandole bene sgocciare; distendetele ad una ad una in piatto largo e conditene suolo per suolo con sugo (n. 34) o con battuto all’aglio (pèsto) come meglio credete, e buon cacio parmigiano.

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437. Fate bollire due litri di latte in casseruola bene stagnata. Sbattete quindi con frusta (cannette) sei bianchi d’uova alla fiocca, unitevi 50 grammi di zucchero bianco in polvere, e nuovamente sbattete. Quando il latte bolle ponetevi dentro a cucchiaiate questa fiocca, la quale, immediatamente rappigliandosi, resterà della forma di tanti frittellini, rivoltateli colla mestolina, poscia colla stessa levateli e metteteli a scolare entro uno staccio. Ritirate quindi il latte dal fuoco, gettatevi dentro 100 grammi di zucchero bianco polverizzato e mezzo cucchiaio di farina e rimescolate il tutto. Sbattete in seguito i sei tuorli d’uova e, quando il latte sarà raffreddato, gettateli dentro lo stesso, e nuovamente rimescolate. Fate quindi bollire assai bene mezzo bicchier di latte assieme ad un cucchiaio di coriandoli ben pestati e versateli nel latte che poscia passerete allo staccio. Rimettetelo al fuoco e dimenatelo leggermente, avvertendo però che non levi il bollore. Prendete finalmente i bianchi d’uova che avete messi a sgocciolare nello staccio e adagiateli in un piatto, versatevi sopra il latte, ma in modo che non restino totalmente coperti. Serviteli in tavola spolverizzati di cannella.

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435. Mettete in un recipiente 10 tuorli d’uova, otto cucchiaiate di zucchero raffinato, un po’ di cannella in polvere e sbattete fortemente con un cucchiaio di busso, sempre dalla stessa parte del medesimo recipiente. Aggiungetevi un litro di latte e, rimestato bene il tutto, versatelo in una casseruola di rame, che porrete al fuoco e continuerete a rimestare acciò il latte non levi il bollore; condensato che sia, versatelo nelle chicchere, lasciatelo raffreddare e servitelo.

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436. Mettete in un litro e mezzo di latte 6 cucchiaiate di zucchero fino, 8 uova ed una presa di cannella; sbattete bene il tutto, quindi ponetelo in una casseruola di rame a fuoco dolce agitandolo sempre con mestolino o cucchiaio di legno, avvertendo sopratutto che non levi il bollore; quando avrete ottenuta la consistenza desiderata, toglietelo dal fuoco, unitevi una cucchiaiata di rhum o rosolio gradito o altro liquore, e rimescolate, versatelo finalmente in un piatto, e, freddo, servitelo spolverizzato di cannella.

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438. Stemperate cento grammi di farina entro un litro di latte; unitevi 100 grammi di zucchero, 4 uova sbattute e rimescolate bene, passatelo quindi allo staccio e, aggiuntavi la raschiatura d’una scorza di limone e un po’ di cannella, fatelo cuocere per un’ora, rimestando continuamente. Versatelo finalmente in un piatto unto di olio e lasciatelo raffreddare; tagliatelo quindi a piccoli dadi o a mostaccioli, che, passati prima in bianco d’uovo sbattuto e poscia in pan grattato, friggerete in padella ad olio vergine. Servitelo spolverizzato di zucchero fino.

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67. Fate bislessare cinque dozzine di lattughe ben lavate e mondate; premetele bene con ambe le mani affinché diano tutta l’acqua, e tritatele minutissimamente sul tagliere. Riponetele quindi a cuocere in buonissimo brodo, ove siano già a lessare da un’ora 150 grammi di carne salata tagliata a piccolissimi dadi. Quando sono cotte, aggiungetevi una dozzina d’uova ben dibattute con cacio parmigiano e alquanta maggiorana. Lasciate dare ancora due o tre bollori, rimescolando una volta colla mestola affinché le uova si sciolgano e si confondano colle lattughe, e versate in terrina ove sia preparato pane tagliato e abbrustolito. Servite in tavola con buon cacio parmigiano.

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411. Acconciate le lattughe come è indicato nelle Avvertenze (pag. 27), lavatele bene, sgocciatele, aggiungetevi uova sode tagliate a quarti e conditele come sopra. Nota. — Potete pure sciogliere nel condimento due o tre tuorli d’uova assodate e aggiungervi un po’ di pepe.

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65. Prendete due dozzine di lattughe, alle quali torrete le foglie guaste e troppo dure, lasciate le foglie bianche nel mezzo, ossia garzuolo; fate dare alle medesime due bollori appena e premetele leggermente nelle mani affinché diano tutta l’acqua. Prendete quindi mezza cipolla, del sedano, del prezzemolo, carota e grascia di vitello, tritate il tutto e mettetelo a rosolare in casseruola con burro e sale necessario, e pochissime spezie. Prendete in seguito magro di vitello, mammella pure di vitello, schienali (fietti) e animelle, che nell’insieme giungano al peso di un chilogramma: tagliateli a pezzi non tanto piccoli e metteteli a cuocere lentamente in casseruola cogli erbaggi già preparati come sopra, fino a che abbiano preso il color d’oro, e aggiungetevi un cucchiaio di farina abbrustolita; versatevi quindi a poco a poco del sugo (n. 37) e fate cuocere il tutto a fuoco lento, rimestando da quando a quando col cucchiaio. Cotto che sia, estraetelo lasciando ben sgocciare l’intinto, e, messo poi sul tagliere, tritatelo minutissimamente colla mezzaluna; presa poscia la mollica d’un pane, ponetela entro la casseruola del sugo rimasto, la quale, dopo che se ne sarà inzuppata, pesterete a poco alla volta assieme alla detta carne tritata nel mortaio con un po’ di maggiorana fresca pure tritata. Finalmente aggiungetevi cinque uova fresche ben dibattute, cacio parmigiano e rimestate bene. Riprendete le lattughe, slargatele e nel mezzo di esse mettetevi questo ripieno; serratele di nuovo torcendo la cima delle foglie affinché il ripieno non esca. Ponetele a cuocere in buonissimo brodo ristretto, versatele poscia in terrina entro cui siano preparate fette o quadrelli di pane abbrustolito e servitele con buon cacio parmigiano.

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66. Preparate le lattughe come sopra, fate rosolare nel burro un pezzo di vitello magro, che quindi triterete minutissimamente sul tagliere, e vi unirete formaggio parmigiano ed aglio ben pestati insieme nel mortaio; rimetterete il tutto con alquanta quagliata, tre uova dibattute, maggiorana (pèrsa) e il sale necessario. Formato questo battuto, riempitene le lattughe, cuocetele e servitele come sopra.

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352. Scorticate e sventrate un giovane leprotto, tagliategli le zampe, e, dopo averlo ben pulito, ponetegli nel corpo del prezzemolo tritato, 50 grammi di burro, un po’ di pepe e sale, qualche fetta di limone, alcuni garofani e una o due foglie di alloro, mettetelo quindi allo spiedo ben cucito e coperto di lardo; procurate che cuocia a fuoco animato e bagnatelo ad intervalli con burro liquefatto; dopo che avrà cotto non meno di due ore e mezzo, servitelo con salsa piccante o con sugo e agro di limone.

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236. Sventrate una lepre e dividetela in due parti, tagliandola cioè nella metà del busto, dimodoché la testa, il petto e le gambe posteriori formano una parte, il ventre e le gambe posteriori formino l’altra. Per cucinare questa seconda parte servitevi del modo seguente: Prima di tutto lavatela bene con vino comune bianco o nero, a vostro piacimento; steccatela con aglio e garofani e mettetela a cuocere con olio e burro. Quando avrà preso il colore aggiungetevi del brodo, qualche cucchiaiata di aceto, la scorza di un limone intiera e sale necessario. Fatela cuocere a fuoco lento; cotta che sia, ritirate la scorza di limone e servitela. Per cucinar poi la parte anteriore operate come segue: Tagliatela a pezzi, la testa e il legato compresi, lavatela bene nel vino come sopra, e poscia senza spremerla mettetela a stufato con burro, cipolla e qualche droga, ma in poca quantità. Aggiungetevi del brodo, e prima di servirla unitevi il suo sangue, del vino bianco ed anche dolce; in difetto del sangue suo proprio, mettetevi quello di pollo di cappone. Fatela cuocere come sopra a fuoco lento e servitela.

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204. Prendete un pezzo di culatta di bue tagliata per quanto è possibile in quadro, legatela stretta con ispago e mettetela in pentola a cuocere ad acqua fredda e sale, e ad un fuoco piuttosto vivo; mettendovi una cipolla, carote e sedano. Non appena alzato il bollore, schiumarlo. Riguardo al tempo necessario per la sua cottura, vedansi le Avvertenze; osservasi però che siccome molle cagioni potrebbero o affrettarla o ritardarla, così sarà vostra cura di riconoscerne il vero punto, dal che dipende tutta la bontà del lesso. Si serve con guarnizione di salcraut, salsa di pomidoro, machée od altra a piacere.

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206. Il pollame lesso, e specialmente il capitone, è eccellente cotto con buona carne di bue; si serve con guarnizione di patate arrostite nel burro o salsa machée, ecc. Nota. — Il pollame, perché sia buono, fa mestieri di farlo prima ingrassare, e per ottener quest’intento, convien primieramente separare dagli altri quel pollo o cappone che si vuole ingrassare e metterlo in una stia (capponëa) molto angusta, sicché esso appena vi si possa muovere. Quindi preparasi una polenta piuttosto dura di qualunque farina ella sia (riso, meliga e frumento) cotta con latte; la si divide in tante pallottoline grosse come una noce, che due volte si cacciano entro la gola del pollo o cappone sinché sia rimpinzato sino al becco. Entro quindici giorni avrete un pollo grasso, di un peso doppio e di carne squisitissima.

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205. Per il lesso di vitello scegliete il petto e il muscolo, cuocetelo come il bue e servitelo come sopra. Si lessano pure guancia e lingua di vitello, e si servono con salsa secondo il gusto, p. es. salsa Remolade (n. 26).

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360. Prendete una lonza di maiale, disossatela e marinatela come le costolette di maiale; cuocetela poscia allo spiedo, spolverizzata prima di sale e unta di burro, inviluppata e legata in un foglio di carta unta pure di burro, e, dopo due ore di cottura, nel qual tempo non tralascerete d’ungere di tratto in tratto la carta, servitela con guarnizione di vostro gusto.

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291. Bollite, sgusciate e lavate le lumache com’è indicato al n. 176. Tritate poscia un spicchio d’aglio, una piccola cipolla, un po’ di rosmarino e poco prezzemolo; fateli rosolare per quattro minuti in casseruola con olio e sale, quindi gettatevi le lumache; dopo quattro o cinque minuti di cottura, unitevi dei pomidoro oppure conserva e ranghi e dopo altri quattro minuti un mezzo bicchier di vino bianco, aggiungetevi una o due prese di pepe e lasciate cuocere a rilento per un’ora.

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293. Prendete quella quantità di lumache che volete cuocere, adagiatele vive e senza preparazione di sorta sopra una gratella con sotto pochi carboni accesi. Mettete quindi nell’apertura del guscio d’ognuna una presa di sale, e lasciatevi cader sopra una o due goccie d’olio. Quando vedete rasciugato tutto il liquido formato dalla bava della lumaca e dall’olio, toglietele dalla gratella e sgusciatele colla punta d’uno stecco.

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176. Scegliete lumache col panno (päie), ponetele al fuoco in casseruola con acqua bollente; cotte alquanto, toglietele dall’acqua e con uno stecco estraetele ad una ad una dal guscio, lavate in acqua fresca e fate bene sgocciolare, infarinatele e friggetele in padella con olio.

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70. Fate cuocere lentamente in pentola con acqua e sale un bel pezzo di manzo e un cappone: quando sono cotti levateli dalla pentola e schiumate il brodo. Riponete la pentola al fuoco col brodo e gettatevi del sedano tagliato a pezzeti, della carota sottilmente affettata, un pugno di funghi secchi rinvenuti e gettate a suo tempo i maccheroni. Cotti che siano, servite in tavola con buon cacio parmigiano.

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46. Fate bollire un chilogramma e mezzo di maccheroni, e a mezza cottura estraeteli colla mestola bucherata, lasciandoli bene sgocciolare. Metteteli finalmente in tegame, e suolo per suolo conditeti con sugo (n. 35) e abbondante cacio parmigiano, spargendovi anche qua e là, quando ve ne sia, dei pezzettini di salciccia grossi quanto una piccola noce, e ravvoltati prima entro lo stesso cacio gratato. Riponeteli a cuocere con fuoco sopra e sotto, e quando sono crostati, serviteli in tavola entro lo stesso tegame.

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69. Preparate alquanti funghi secchi come è indicato nelle Avvertenze (pag. 27), una cipolla, del sedano e una carota, e tritate il tutto sopra il tagliere. Prendete poscia tanto burro che basti alla quantità della trippa a cuocersi, e ponetelo al fuoco entro casseruola assieme ai sopradetti addobbi; fate cuocere il tutto per un’ora rimestando da quando a quando col cucchiaio affinché i funghi non dissecchino e prendano l’abbruciaticcio, e aggiungendovi a poco a poco il brodo in cui rinvennero i funghi; mettete in ultimo a crogiolarsi (confëze) per tre ore la trippa preparata; la qual sarà di bue giovane e di qualità bianca e tagliata sottilmente. Cotta che sia, ammanite buonissimo brodo e fatela cuocere con maccheroni.

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47. Fateli bollire in pentola con acqua piuttosto abbondante e sale; estraeteli colla mestola bucherata, sgocciateli bene e conditeli con sugo (n. 35) o con burro e buon cacio parmigiano.

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45. Procuratevi primieramente dal vermicellaio maccheroni freschi e schiacciati da un capo in modo che restino da quella parte turati. Prendete poscia mezzo chilogramma fra magro di vitello, poppa idem, animella (laccetto) e schienali (fietti) e fateli rosolare in casseruola con burro, prezzemolo e cipolla per un quarto d’ora; tritate il tutto sul tagliere, e poscia pestatelo bene a poco per volta nel mortaio. Aggiungetevi tre tuorli e due bianchi d’uovo, un po’ di mollica di pane inzuppata nel brodo, una buona manata di cacio parmigiano, poca spezie, sale necessario, e mescolate il tutto finché diventi una pasta. Riempitene i maccheroni ad uno per uno, e colle dita schiaccerete l’altro capo dei medesimi affinché non esca il ripieno, avendo però diligenza di non stivarli troppo affinché cuocendo non iscoppino. Metteteli finalmente in tegame conditi con buon cacio parmigiano e sugo liquido; fateli cuocere un’ora con fuoco sopra e sotto e servite in tegame.

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21. Fate indurire uova a piacimento, ponetele nel mortaio e pestatele fino a che divengano una pasta, preparatevi una sostanza di (rosto) ben ridotta e bollente, stemperatene questo composto con un po’ di aceto e servite per legumi o carni riscaldate.

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S’ingrassa facilmente ed economicamente il pollame col dargli un pastume composto di patate cotte e lavate, che bisogna acciaccare mentre sono ancor calde e impastare con parti eguali di farina grossa di gran turco, d’orzo o di miglio, secondo che è più facile procurarsi. Aggiungetevi 25 grammi di sale per ogni 3 chilogrammi di tale miscuglio, da darsi mattina e sera ai polli che si vogliono ingrassare. S’ingrassa ancora il pollame in poco tempo, e in modo economico, mescolando tutti i giorni al cibo ordinario una cucchiaina di giusquiamo. Per ingrassare i tacchini, coglierete le ortiche e le mischierete bene sminuzzate con granturco, latte rappreso e un po’ di sale. Le anitre giovani s’ingrassano con un impasto di granturco pestato, unito a un tantino di sale, latte rappreso o trifoglio sminuzzato. I piccioni si nutriscono nella colombaia con canapuccia, granturco, veccia ed ogni sorta di crivellature, mischiando il tutto con po’ di sale.

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Essendo il fuoco la prima e necessaria cosa per cucinar le vivande, comincierò dal medesimo, ossia dal modo d’accenderlo in brevissimo tempo. Mettete entro il fornello alcuni pezzi di carbone, sovrapponete ai medesimi un pugno di trucioli (riççi da banchæ), applicatevi il fuoco, e accesi che siano, coprite il tornello con un arnese chiamato il Diavolo, il quale altro non è che un grosso imbuto con bocca larga e bastante a coprire l’apertura del fornello, e colla canna lunga due palmi circa e proporzionata alla larghezza della bocca. Quest’arnese, impedendo che l’aria circoli sopra il fornello, fa sì che quella ch’entra dallo sportello del medesimo serva di mantice; il fuoco si accende immediatamente e la cucina non si empie di fumo, giacché la canna del Diavolo lo porta dentro la cappa del fumaiuolo. Acceso il fuoco, far bene avvertenza ai ticchi di carbone (mucchi) dannosi alla salute ed alle vivande.

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490. Prendete 600 grammi di fragole, spicciolatele e schiacciatole fortemente con una mestola entro uno staccio posto sopra un catino, in cui raccoglierete il puré delle stesse, aggiungetevi poscia 400 grammi di zucchero, il sugo di mezzo portogallo e il sugo di mezzo limone e tramenate bene finché lo zuccherò sia sciolto; passatelo nuovamente per istaccio di seta finissimo, quindi versatele nella sorbettiera e gelatele adoperando lo stesso metodo descritto di sopra, coll’avvertenza di mettere nel secchiello un misto composto di 4 chilogramma di neve ben franta e di un chilogramma e mezzo di sale ben raffinato, il qual misto dev’essere molto calcato. Nota. — Alla stessa maniera si fanno pure mantecati di qualunque frutta, meno quello d’arancio.

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492. Prendete 300 grammi di zucchero in polvere, un litro di panna e 12 tuorli d’uova; rimestate bene il tutto in una casseruola, la quale poscia metterete al fuoco rimestando continuamente con una mestola di legno affinché non si attacchi al fondo e fintanto che detta composizione non si addensi e aderisca alla mestola, avvertendo di non farle levare il bollore; passatela allo staccio: lasciatela raffreddare, poscia gelatela collo stesso metodo degli altri mantecati. Nota. — Prima di mettere la panna al fuoco vi si aggiunge quel frusto che si vuole; per esempio, se si vogliono i mantecati di caffè, aggiungetevi due oncie di caffè tostato in grana, se di vainiglia, una bacchetta di vainiglia: se d’arancio, mettetevi una corteccia d’arancio tagliata in piccoli pezzi, i quali gusti devono cuocere insieme alla panna.

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491. Prendete 300 grammi di cioccolatto, 100 grammi di zucchero e mezzo litro d’acqua, mettete il tutto al fuoco e lasciate bollire per tre o quattro minuti, indi passatelo per uno staccio di taffetà; fatto ciò, ponetelo per la seconda volta al fuoco e lasciate cuocere per altri tre o quattro minuti; fatelo raffreddare e gelatelo come si è detto sopra (n. 489).

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454. Sbattete sei bianchi d’uova entro un bacino non istagnato con un mazzetto di fil di ferro o d’ottone o di vimini: quando saranno montati a fioca, mischiatevi tre ettogrammi di zucchero in polvere molto fina, passata allo staccio, unendo allo zucchero quel gusto che più v’aggrada, sia di vainiglia in polvere, sia di pistacchi molto verdi e minutamente tritati, sia di cannella, sia finalmente di raschiatura di scorza di limone e rimescolate il tutto fortemente. Formate di questa pasta le marenghe, servendovi a ciò d’una forma di latta simile alla metà d’un guscio d’uovo tagliato per lo lungo; adagiatele dalla parte piana sopra una lamiera coperta di carta, distanti alquanto l’una dall’altra sicché non si tocchino e ponetele in forno appena caldo. Quando queste avranno preso un bel color d’oro, ritiratele e col convesso d’un cucchiaio premetele dalla parte interiore non ancora cotta in modo che vi resti un concavo: riponetele nel forno in senso opposto di prima, cioè volte all’insù dalla parte su cui avrete fatto il concavo e lasciatevele stare fino a che questa parte non abbia preso il colore dell’altra. Al momento di servirle riempitele di crema o di qualche altra marmellata e accoppiatele due a due ben eguali.

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443. Togliete il picciuolo alle fragole e passatele allo staccio; aggiungetevi poscia zucchero sufficiente e finamente polverizzato; rimescolate ben insieme, e passate nuovamente allo staccio.

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469. Sbucciate 300 grammi di marroni, fateli bollir bene sicché restino molto morbidi e mondati della peluia (lûggio), poneteli in recipiente e unitevi 50 grammi di zucchero pilé polverizzato, un po’ di Rhum ed appena tanta vainiglia quanta basti per dar loro il gusto; rimescolate il tutto onde formarne un impasto, che poscia passerete ad un crivello di latta sopra un piatto, il qual servirete e che difficilmente si conoscerà a qual dolce appartenga.

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442. Prendete due chilogrammi di pere, mondatele della buccia e del tòrso (rosiggio), e, tagliate a pezzi, ponetele a cuocere in casseruola con un bicchiere di vino bianco nostrano, mezzo bicchiere di vino di Marsala, 450 grammi di zucchero, la raschiatura d’una scorza di limone e un po’ di cannella in polvere: cotte che siano, passate il tutto allo staccio e aggiungetevi un po’ di zucca candita bene sminuzzata e un cucchiaio di rosolio di vostro gusto. Se la marmelata vi riuscisse troppo liquida, assodatela coll’unirvi biscotti della regina pestati in mortaio. Nota. — Alla stessa maniera si fanno marmellate di qualunque frutta; in quelle però di prugne (brignoin), di albicocche e di pesche puossi tralasciare di mettere il vino bianco nostrano.

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467. Sbucciate due chilogrammi di marroni e fate dar loro una mediocre cottura di guisa che restino alquanto bazzotti (bazzanotti); fateli sgocciolare, mondateli dalla peluia (lûggio) e metteteli ancor caldi in un siroppo leggerissimo, ossia al minimo grado della densità, dove li lascierete stare per lo spazio di 12 ore circa: dopo ciò, estraeteli con un cucchiaio e, fatti sgocciolare, passateli per altre due volte in siroppi, di mano in mano sempre più densi, lasciandoveli stare quattr’ore almeno per ogni volta. Finalmente metteteli a bollire lentamente per dieci minuti circa in un siroppo al grado massimo di densità, da dove poscia li estrarrete e li metterete ad asciugare sopra una rete di fil di ferro. Nota. Nella formazione dei siroppi adoperate zucchero pilé.

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468. Adagiate entro un vaso cupo quattro dozzine di marroni canditi, preparate quindi un zabaione, fatto con vino di Madera invece di vino bianco e spumante, versatelo sopra i marroni. — Serviteli.

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266. Fate soffriggere in casseruola con olio e poco sale due cipolle trinciate a fette. Prendete poscia una dozzina di melanzane, tagliatele pur esse a fette sottilissime, lavatele bene e mettetele in acqua fresca; dopo due o tre minuti spremetele bene e gettatele nella casseruola. Date appena tre o quattro voltate, aggiungetevi 4 pomidoro. Quando le melanzane vi sembreranno abbastanza cotte, versate nella casseruola tre uova ben dibattute con un po’ di pepe, rimescolate e appena le uova son rassodate, servite in tavola.

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317. Togliete alle melanzane l’involucro presso il gambo che serve di calice alle stesse, tagliatele in mezzo e lavatele bene; quindi con un cucchiaio vuotatele della polpa e fatele bislessare: rimettetele poi in acqua fresca, e nella stessa pentola fate bollire la polpa levata, ma molto più delle melanzane; cotta che sia, gettatela essa pure in acqua fresca, poco dopo estraetela, spremetela bene colle mani affinché sgoccioli tutta l’acqua e pestatela in mortaio con aglio e funghi fatti prima soffriggere nell’olio; aggiungetevi tre uova per ogni due dozzine di melanzane, della quagliata o mollica di pane inzuppata nel latte, del formaggio grattato, origano, poca spezie e sale. Rimescolate bene il tutto, e riempitene le melanzane, che prima spolverizzerete nell’interno con un po’ di sale: passatele in chiaro di uovo dibattuto, friggetele in padella con olio e servitele calde. — Le stesse si possono mettere in tegame inaffiandole sopra d’olio e facendole cuocere a fuoco sopra e sotto. Si avverte che le migliori sono le fritte.

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373. Prendete alcuni grossi merli, spennateli, abbrustiateli, sventrateli e tagliate loro le zampe, involgeteli poscia in una sottil fetta di lardo, che legherete con un filo, e poneteli al fuoco in casseruola con un po’ di burro e sale. Quando siano divenuti teneri e d’un bel color d’oro, togliete loro il filo e serviteli con sotto un po’ di sugo.

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72. Preparate un buon brodo, quando leva il bollore gettatevi o riso o quella sorta di pasta che più vi aggrada. Quando sarà cotta, e sarete per levarla dal fuoco, unitevi del sugo (n. 33). Potete anche aggiungervi della verdura.

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77. Fate cuocere in buon brodo sia riso, sia pasta da vermicellaio, come meglio vi piace; prima di levar la minestra dal fuoco e scodelarla (ammenestrâla), gettatevi dentro il battuto (pèsto) formato unicamente di basilico e cacio parmigiano.

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108. Prendete gli uovoli, dipellateli tutto all’intorno, lavateli e, dato un taglio in croce, fateli cuocere in pentola con acqua e sale. Cotti che saranno, estraeteli e gettate in quel brodo una cucchiaiata di buon cacio parmigiano, sufficiente olio fino e qualche fetta di fungo nero. Dopo averlo nuovamente fatto bollire per alquanti minuti affinché cuociono i funghi neri, gettatevi o tagliolini o cappellini (fidê sôttî) a vostro piacimento ed avrete una minestra molto gustosa che servirete in tavola con cacio parmigiano. Nota. — Gli uovoli poi li potrete condire con olio, sale, pepe e limone, oppure metteteli in casseruola con acciughe salate come vedrete ai loro rispettivi numeri.

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107. Regolatevi come per il purée di piselli, sostituendo ai piselli, ceci, di buonissima qualità, onde sieno di facile cottura (preferite i ceci così detti spagnuoli). Servite con pane brustolito o pasta cotta insieme.

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104. Fate cuocere in pentola con acqua, sale necessario e poco pepe, quattro spicchi d’aglio interi, fagioli bianchi sgranati fatti prima alquanto lessare a ristretto d’acqua in pentolino a parte, melanzane, moltissimi pomidoro e funghi freschi o secchi, e quattro cucchiaiate d’olio fino, lasciate cuocere bene il tutto; e gettatevi quindi o del riso lavato e bene sgocciato, o vermicelli o altra pasta. Servite in tavola, e invece di mettervi sopra del formaggio, spolverizzatela con una o due prese di pepe.

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98. Prendete 12 alici od acciughe salate, pestatele nel mortaio con uno spicchio d’aglio, stemperate al tiepido nel fuoco con un bicchiere d’olio, fate sentire il calore fino a che sieno fuse, aggiungete, se di estate, salsa di pomidoro fresco preparata a parte, se d’inverno, conserva in bottiglia; fate bollire a sufficienza, mettete un po’ di pepe e condite paste asciutte. — Regolate il tutto con acqua.

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97. Mettete al fuoco la pentola con acqua e sale necessario; quando leva il bollore gettatevi radichini (trenette) o nastrini (reginette) di pasta ordinaria. Cotti che siano, estraeteli colla mestola bucherata, fateli bene sgocciolare e conditeli in piatto con battuto all’aglio e cacio parmigiano.

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73. Prendete orzo di Germania grammi 75; lavatelo diligentemente e ponetelo a cuocere con sufficiente quantità d’acqua assieme a tre ettogrammi di carne di vitello. Si conosce che l’orzo è cotto a sufficienza quando si presenta quasi sbucciato tutto all’intorno e facilmente si spappola, il che ordinariamente si ottiene nel tempo necessario alla cottura del vitello. Questa minestra è tonica e rinfrescante, e mirabilmente si adatta agli stomachi delle persone nervose e dei fanciulli. Da taluni si fa uso di questa minestra anche in pranzi ordinarii di famiglia nelle calde giornate d’estate. Per questo non si hanno ad accrescerne le dosi in proporzione.

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76. Preparate prima un ottimo brodo; prenderete poscia del pan raffermo (pöso) ovvero galletta, grattugiatelo e fatelo abbrustolire in casseruola o sopra carta grossa e reggente. Quando il brodo leverà il bollore, gettatevi il pane, rimestatelo appena una volta e toglietelo subito dal fuoco. Servitelo in tavola con buon cacio parmigiano. Nota. — Invece di pan grattugiato e abbrustolito come sopra, potete sostituirvi del semolino (sèmoa); ma allora bisogna lasciar cuocere il semolino per alquanti minuti finché la grana di esso abbia smessa la sua durezza.

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75. Prendete un chilogramma di zucche secche, slargatele e tagliatele della lunghezza di mezzo palmo (12 centimetri e ½); mettetele in molle (a bagno) in acqua tiepida e, rinvenute che siano, disguazzatele bene in acqua fresca. Ponetele quindi in pentola ad acqua bollente, e dopo che avranno cotto un quarto d’ora levatele, fatele sgocciare in crivello, spremetele bene entro una salvietta e riponetele in buon brodo, aggiungendovi 300 grammi di pasta di salciccia, mezzo chilogramma di trippa nel centopelle sottilmente tagliata, 5 grammi di funghi secchi, un sedano tagliato a pezzetti, 6 piccoli cardi, tagliati pure a pezzetti e bislessati a parte, 6 cucchiaiate di formaggio parmigiano e un po’ di sugo. Fate cuocere un’ora e servite in tavola con cacio.

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71. Fate lessare in pentola un chilogramma di patate, con sale, dipellatele e pestatele a poco per volta fortemente in mortaio; unitevi poscia 75 grammi di burro, un cucchiaio di farina, del cacio parmigiano, 6 tuorli d’uovo, e rimescolate tanto sinché il tutto bene si leghi; formatene quindi tante pallottole e friggetele in padella con olio. Quando saranno fritte, mettetele sopra la carta straccia accioché diano tutto l’olio, e poscia in terrina. Versatevi sopra ottimo brodo con sugo e servitele con cacio parmigiano.

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74. Prendete sei cavoli cappucci (garbûxi) o anche lombardi, 6 cavoli-rapa (ravacôi), che inonderete dalle foglie guaste e troppo dure, un sedano ed una carota; tagliate il tutto a pezzetti in proporzione e fatelo bislessare con sale. Estraetelo quindi e, fatto bene sgocciolare in crivello, riponetelo in altra pentola ove sia metà di ottimo brodo e metà di sugo (n. 37), aggiungendovi 300 grammi di piselli piccoli, 300 grammi di fave pure piccole e fresche e un ettogramma di carne salata tagliata minutissimamente. Quando il tutto avrà data una mezza cottura, gettatevi 6 carciofi tagliati a fette, tre cucchiaiate di buon cacio parmigiano e lasciate bollire per mezz’ora. Versate finalmente in terrina ove sia pane tagliato a quadrelletti e abbrustolito, e servite in tavola con cacio.

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102. Mettete al fuoco la pentola con acqua e sale necessario, e appena bolle gettatevi 150 grammi di fagiuoli freschi grigiolati (grïxi), già bolliti a parte e in ristretto in altra piccola pentola, mezza dozzina di melanzane piccolissime, che taglierete a fette o a quadrelli di mezzana grossezza, 150 grammi di fagiuoli in erba, da noi chiamati ballin, rotti a piccoli pezzetti: fate prendere al tutto una mezza cottura e unitevi pochi pomi di terra ben mondati e tagliati essi pure a pezzetti, un cavolo stracciato a brandelli, poca zucca o zuccotti tagliati a dadi, tre o quattro pomidoro rotti grossolanamente, 75 grammi di funghi freschi tagliati a fette, e in loro mancanza funghi secchi fatti prima rinvenire, aggiungendovi una piccola mestolata d’olio fino: questi erbacci dovranno essere ben cotti, condizione essenziale della bontà di siffatta minestra. Ciò eseguito, getterete nella pentola quella qualità di pasta che più vi aggrada al gusto, come tagliolini, riso, vermicelli, ecc. Un momento prima di levare la pentola dal fuoco, vi getterete il battuto già preparato e fatto nel modo seguente: Pesterete nel mortaio due spicchi d’aglio del basilico (baxaicò), cacio sardo e cacio parmigiano grattato e mescolato insieme, 75 grammi di funghi non tanto giovani, e scioglierete il tutto con burro, olio ed un poco d’acqua calda. Scodellate e servite in tavola mettendovi sopra buon cacio parmigiano. Nota. — In inverno, in primavera ed autunno si fa il minestrone cogli erbaggi della stagione, e siccome non potrebbesi in qualche epoca trovar del basilico per mettere nel battuto, si sostituisce con maggiorana e prezzemolo pestati insieme.

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103. Prendete una cipolla tagliata a fette sottili, alquanto prezzemolo tritato, e fateli rosolare in casseruola con olio piuttosto in abbondanza; gettatevi cinque o sei pomidoro tritati sul tagliere e lasciate cuocere lentamente fino tanto che non abbiano totalmente perduto l’acido loro proprio, avendo cura di rimestare a quando a quando con un cucchiaio. Fatto questo soffritto, la verserete nella pentola in cui saranno già a cuocere gli erbaggi preparati come sopra, osservando che in questi si devono tralasciare i pomidoro perché già adoperati nel soffritto. Nota. — Alcuni invece della cipolla e del prezzemolo si servono di due o tre spicchi d’aglio minutamente tagliato e di un poco di salvia.

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IV. Si conservano fresche le frutta, come albicocche, pesche, prugne, ecc. fasciandole di stoppa, e quindi immergendole nella cera gialla liquefatta, la quale, raffreddandosi, forma un intonaco impenetrabile all’aria. Avvertite però che la stoppa ricopra bene tutto il frutto acciò la cera non arrivi ad impiastrarne la buccia; come pure siate lesti a ritirare il frutto appena immerso nella cera liquefatta onde non abbia a sentirne il calore.

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III. Copritele più volte di vernice comune o d’olio, ovvero con grasso di montone, affine d’impedire l’accesso dell’aria esterna. Si ottiene lo stesso risultato immergendo le uova nel latte di calce, e tenendovele per qualche giorno; allora i pori del guscio sono turati esternamente dal deposito di calce che vi si forma. Si possono conservare parimente le uova mettendole in un barile con buona cenere stacciata, ovvero con suolo di sale e d’uova alternativamente. Ancora si possono mettere le uova in un orciuolo, e versarvi sopra del grasso di montone liquefatto, ma non troppo caldo. In tal modo si riesce a conservarle per un anno o due.

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338. Prendete un chilogramma di fior di farina di prima qualità, se potete ungherese, altrettanto burro, purgatelo dal siero battendolo colle mani sempre nell’acqua fredda perché non si rammolisca, mettete poi il sale necessario nella farina, prendete dallo stesso burro due pezzetti grossi come due noci, l’impastate colla farina con acqua fredda; farete una pasta morbida come quella della torta pasqualina, ben menata ed elastica. Osservate che non si attacchi al tavolo, poi col matterello la stenderete accioché si possa invilupparvi il suddetto burro già preparato, lo chiuderete da tutte le parti colla pasta, la batterete bene che si unisca tutto insieme osservando però che il burro non esca da nessun lato; col matterello poi la tirerete allo spessore di due scudi quadrata e per sei volte la piegherete a modo libro, stirandola sempre ogni volta che la piegate: preparatevi intanto il forno ben caldo, prendete uno stampo o buca-pasta e tagliate tanti rotondi grandi come la bocca d’un bicchiare da tavola grande, dello spessore di due scudi; poi con un altro buca-pasta più piccolo farete delle impressioni nel mezzo dei rotondi già fatti, ma badate che questa impressione non sia tanto profonda da passare da parte a parte la pasta, perché cuocendo questi rotondi si alzano e quando sono cotti si fa saltare col coltello il coperchio formato dal piccolo stampo, che terrete a parte per metterlo di nuovo quando i petits patés sono ripieni. Sbarazzateli però per poterli riempire del composto che credete. Serviteli caldi. Si possono servire con ripieno di petto di pollo, lingua, presciutto, lacette, con tartufi, tutto però già preparato e tagliato a piccoli dadi.

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495. Sbucciate le castagne fresche e mettetele a cuocere in pentola con acqua, sale e finocchio: quando sono cotte, mondatele della peluia (lûggio). Nota. — Si mangiano anche nel latte.

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30. Ponete in una caldaia 8 chilogrammi di uva sgranata assieme a 2 chil. di pomi di polpa molto soda, tagliata a pezzi, e fate cuocere sino a tanto che non siano disfatti, indi lasciate alquanto raffreddare. Gettatevi poscia 300 grammi di senapa morbida e fresca, la qual sia d’un giallo oscuro, molto friabile, oleosa e di gusto pungentissimo; rimescolate fortemente il tutto affinché bene si unisca, passatelo quindi allo staccio e mettetelo in vasi, avendo cura di conservarlo ben sigillato.

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276. Accomoderete il nasello, sia crudo o già fritto, alla stessa maniera delle animelle con piselli (n. 224). Nota. — Allo stesso modo si accomodano pure altri pesci.

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57. Comprate dal vermicellaio nastrini di pasta fine, cuoceteli e conditene alla stessa maniera dei maccheroni di Napoli (n. 40).

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401. Operate istessamente come sopra; se non che invece d’aglio, pesterete e scioglierete nell’aceto del finocchio.

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400. Mondate i navoni, tagliateli a quarti e fateli bislessare con sale, estraeteli, sgocciateli bene e poneteli poscia in casseruola con molto olio e sale, ove li farete cuocere lentamente per qualche tempo, rimestandoli da quando a quando. Cotti che siano, gettatevi l’agliata, cioè aglio pestato e disciolto nell’aceto, rimestateli di nuovo e poco dopo serviteli.

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386. Mondate la quantità di navoni che volete, date loro un taglio in croce e fateli bislessare con sale; messi poscia in acqua fresca, trinciateli a liste piuttosto grosse e metteteli in tegame con burro, cacio parmigiano, pasta di salsiccia a pezzettini e poco sale; fateli cuocere con fuoco di sopra e poco di sotto.

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499. Impastate farina di castagna e, fattene tante piccole stacciate di pasta soffice, involgetela poscia ad una ad una in una foglia parimente di castagno e mettetele a cuocere in forno.

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374. Introducete nel corpo dell’oca diligentemente sventrata e pulita alquanto butirro ed una scorza di limone. Ponetela quindi in casseruola con sufficiente burro e due chiodi di garofano, spolverizzatela di sale e lasciatela cuocere a fuoco leggero sopra e sotto per lo spazio di due ore almeno, avvertendo di rivoltarla, da quando a quando; poco prima di servirla schiumate il grasso ed aggiungetevi qualche cucchiaio di brodo. Fatta cuocere ancora un istante, lavatela, mettetela in un piatto e versatevi sopra il sugo; servitela calda.

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455. Schiacciate 12 uova fresche, separatene i tuorli dai bianchi e per mezz’ora sbattete prima i tuorli; unitevi poscia 300 grammi di zucchero bianchissimo in polvere e nuovamente sbattete per un’altra mezz’ora, aggiungendovi alquanta acqua di fior d’arancio. Sbattete quindi bene i 12 bianchi e quando saranno montati a fiocca uniteli ai tuorli e continuate a sbattere insieme unendovi a poco alla volta 300 grammi di fior di farina. Versate finalmente questa pasta in una padella quadra o rotonda con orlo alto due dita, unta prima di burro e ponetela a cuocere in forno a lento fuoco. Quando avrà ottenuto la sua cottura, levatela e accomodatela sopra un foglio di carta addattato alla forma del pane e ritagliato sull’orlo a frangia e stacciatevi sopra zucchero bianchissimo.

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461. Sorta di pane indispensabile, dirò così, ai Genovesi nel giorno del S. Natale e nelle altre due successive solennità del primo giorno dell’anno e dell’Epifania. Esso differisce di molto da quello che vendesi tutto l’anno dai pasticcieri; è molto più gustoso e sostanzioso. La vera maniera di manipolarlo è la seguente: Prendete quattro chilogrammi di fior di farina, separatene uno e impastatelo con 200 grammi di buon lievito che abbia almeno 24 ore e tant’acqua tiepida che basti a formare un pane di pasta piuttosto soda; fasciatelo quindi con un panno e lasciatelo lievitare per 18 ore; se d’estate mettetelo framezzo ai tre chilogramma di farina rimasta e lasciatelo parimente lievitare per 18 ore. Dopo ciò impastatelo assieme ai tre chilogramma di farina, versandovi tant’acqua tiepida sicché la pasta riesca alquanto soffice; unitevi un bicchiere e mezzo di vino di Marsala buono, 600 grammi di burro liquefatto, un cucchiaio d’acqua di fior d’arancio e un chilogramma di zucchero spolverizzato. Impastate il tutto e menate bene e lungamente la pasta, unendovi man mano 50 grammi di finocchio dolce, 75 grammi di pinocchi, 75 grammi di pistacchi ben mondati, 100 grammi d’uva passola di Smirne bianca (ûghetta), 100 grammi di zucca candida tagliuzzata a pezzettini; formate un pane e mettetelo a lievitare per 12 ore; lasciatelo all’intorno con un tovagliuolo a guisa di turbante affinché non ischiacci di troppo, avvertendo che se fosse tempo assai freddo fa mestieri tenerlo in una camera molto calda. Mandatelo a cuocere in forno.

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324. Prendete dei piccoli panici versati in scodelline fatte a tal uopo e freddati. Tagliatene la parte convessa, levandone una sfalda larga quanto uno scudo: quindi con un cucchiaino da caffè toglietene con garbo l’interno, avvertendo di non lasciare una buccia troppo sottile. Riempite questo vuoto con un farcime composto di alici salate, capperi in aceto, alquanto sedano e pochissima cipolla, il tutto trito e rosolato in olio assieme a poca quantità della paniccia levata da quelle stesse che riempite. Ciò fatto, copriteli colla sfalda che avete levata come si è detto sopra, e metteteli in tegame con olio, cuoceteli con fuoco sopra e sotto.

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385. Tritate minutamente della cipolla e del prezzemolo e fateli rosolare in casseruola con olio abbondante e sale, gettatevi indi la paniccia tagliata a dadi, fate che prenda un bel color d’oro e servitela.

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161. Prendete paniccia raffreddata, tagliatela a striscio in forma di biscotti reali, ma alquanto più sottili, friggetela in padella ad olio caldo facendole prendere un bel color d’oro e alquanto disseccare, in modo però che non abbracci. Servitela con sale polverizzato.

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190. Fate prima intiepidire in pentola o casseruola un litro e un decalitro d’acqua, quindi levatela dal fuoco e gettatevi a poco a poco con una mano 300 grammi di farina di ceci, e rimenatela con matterello dall’altra come la polenta sino a che bene si unisca. Ponetela poscia al fuoco e fatela cuocere per un’ora e un quarto non cessando di rimenarla lentamente. Cotta che sia, versatela in piatto e mangiatela calda con olio, limone e un po’ di pepe. Nota. — Se poi volete friggerla o metterla arrosto, stemperate 300 grammi di farina in un litro d’acqua soltanto, ed anche scarso; cotta che sia, fatela raffreddare, e nel resto operate come è indicato al numero 161.

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489. Prendete 600 grammi di zucchero bene polverizzato, stemperatelo entro un bicchiere e mezzo di caffè caldo, ben fatto e di prima qualità: raffreddato che sia, ponetelo entro tre litri di panna fresca e doppia, rimenatelo alquanto con spatola, poi passatelo allo staccio; versatelo nella sorbettiera, gelatelo, mettetelo poscia nelle tazze e servite. Per gelare si mette la sorbettiera entro un secchiello appositamente formato, che si empie di neve o ghiaccio rotto a piccoli pezzetti ed asperso di sale macinato tanto sotto quanto all’intorno della sorbettiera stessa, alternando il sale al ghiaccio sino a tanto che il secchiello sia ripieno, poi si gira continuamente la sorbettiera chiusa e di tempo in tempo con una spatola di busso si distacca dalle pareti la composizione agghiacciata all’intorno della sorbettiera e si sbatte bene continuamente dalla stessa parte, onde bene si mantechi e sino a che sia venuta ad una forte consistenza.

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456. Sbattete col frullino 9 uova, sicché montino al doppio del loro volume; unitevi due ettogrammi di burro fuso, la scorza di un limone sottilmente raschiata, tre ettogrammi di fior di farina; una presa di sale e rimescolate bene il tutto. Prendete poscia una cassetta di latta piana, versatevi dentro la pasta, uguagliatela e, spolverizzata con un po’ di zucchero, ponetela a cuocere in forno al calor moderato. Quando avrà ottenuto un bel colore dorato o sia ferma nel mezzo, riversatela sopra una lastra piana, copritela con ghiaccio di limone, come al n. 444 e riponetela per un momento nel forno fino a che la crosta non diventi lucida.

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99. Fate prima bislessare le melanzane trinciate a fette o i fagiuolini in erba acconciati come nelle Avvertenze (pag. 27), poscia riponeteli a cuocere in nuova acqua con sale; a mezza cottura gettatevi dentro la pasta suddetta e, quando sarà cotta, estraetela e conditela come sopra.

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447. Ungete di burro le forme da pasticcini e fasciatene l’interno colla suddetta pasta frolla, lasciandole vuote nel mezzo, riempitele di quella marmellata che più vi piace e poscia copritele con una sfalda della medesima pasta; formatevi in ultimo sull’orlo una specie di ricamo a smerlo (a raviêu) e metteteli a cuocere in forno, oppure al forno di campana con fuoco sopra e sotto. Si servono con zucchero fino, spolverizzato di sopra.

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448. Formate i frusci dei pasticcini con pasta frolla, in tutto come sopra; prendete quindi un litro di latte e stemperatevi dentro 75 grammi di farina e 100 di zucchero, ponetelo al fuoco e fatelo bollire per 20 minuti rimestandolo sempre; sbattete poscia sei tuorli d’uova, ai quali unirete pochi pistacchi dipellati, zucca candita, cedro, pinocchi e un poco di cannella in polvere, e fate cuocere per altri 20 minuti; raffreddato che sia, riempitene i pasticcini che coprirete come sopra con una sfalda della stessa pasta, ricamateli come i suddetti nell’orlo e metteteli a cuocere come sopra. Nota. — Lo stesso latte si può mettere anche nella torta invece della marmellata; in tal caso si tralasciano i pistacchi e i pinocchi.

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451. Formate questi pasticci alla stessa maniera delle sfogliatine, se non che vanno tagliati con una forma rotonda e il ripieno da mettere in essi dev’esser composto nel modo seguente: Fate rosolare alquanto in casseruola con burro una piccola cipolla o del prezzemolo, minutamente tritati: aggiungetevi un po’ d’animella, qualche fegato di pollo, creste e granelli idem, il tutto tagliato a piccoli pezzettini, il sale necessario, un cucchiaio di farina abbrustolita, una presa di spezie e a poco a poco alquanto sugo, e fate cuocere per mezz’ora, rimestando adagio; raffreddato che sia, mettetelo a cucchiaini sulla sfoglia com’è indicato nelle sfogliatine.

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312. Ammanite prima una fasciatura o di riso cotto in buon sugo, o di patate lessate e ben pesto in mortaio con burro, o di polenta cotta pure con burro e tagliata a sfalde ovvero di pasta frolla, e adattatela entro la forma del budino, spalmata di burro. Prendete quindi due carciofi tagliati a fette, tre o quattro fegatelli di pollo divisi a lobi, un’animella, un po’ di magro di vitello ed un piccione, ovvero alcuni uccelletti, alcune once di salciccia e delle olive in concia disossate, ponete il tutto in casseruola a rosolare con burro, indi aggiungetevi sugo d’arrosto, e quando comincia ad avere una discreta cottura levatelo dal fuoco; empitene la forma già fasciata come sopra, copritene la parte superiore colla medesima pasta che avrete serbata e fate cuocere con fuoco sopra e sotto. Servitelo caldo.

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180. Lessate 600 grammi di patate e quando sono ben cotte, pelate e fatele passare ad uno staccio di crine; mettetele quindi in casseruola con un ettogramma di burro tre tuorli d’uova ben dibattuti, un po’ di spezie e sale necessario e rimescolato bono; fattele cuocere per un quarto d’ora, quindi versatelo in piatto e raffreddate che siano, tagliatele nella forma che meglio vi aggrada; passatele nel bianco d’uovo e poscia nel pan grattato o friggetele in padella ad olio caldo.

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181. Prendete le patate, mondatele, tagliatele a fette non molto sottili e friggetele in padella con olio. Fate poscia soffriggere in casseruola con olio, dell’aglio e del prezzemolo affettati; soffritti che saranno, levateli e pestateli in mortaio con una mollica di pane inzuppala nell’aceto; riponete quest’agliata nella casseruola, gettatevi le patate e fatele terminar di cuocere, aggiungendovi, ove occorra, anche un po’ d’acqua. Servitele per guarnizione ai lessi.

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311. Scegliete patate non troppo grosse e di forma rotonda; mondatele e tagliatene da una parte una fetta che servirà loro di coperchio allorché le avrete riempiute, vuotatele con diligenza della polpa interna e ponetele a bagno in acqua fresca. Fate quindi un buon sugo di carne (n. 37) piuttosto grasso, nel quale porrete a cuocere le patate bene sgocciolate; a mezza cottura toglietele dal fuoco e riempitele del ripieno di stecchi (n. 131) che procurerete di preparare con molto grasso affinché le patate, assorbendo, diventino morbide. Copritele finalmente colla fetta tagliata come sopra, intinta prima nel bianco d’uovo acciò si attacchi alle stesse, e fatele cuocere lentamente in tegame a fuoco sopra e sotto col suddetto sugo di carne (n. 37). Quando avranno preso un bel color d’oro servitele in piatto collo stesso sugo prima digrassato.

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300. Procedete come sopra, invece della lepre potete mettervi capponi, pernici, vitello, cinghiale, daino, capriolo, insomma quello che credete, avvertendo però che per i generi selvatici, aggiungerete un bicchiere di Rhum di più e le droghe necessarie.

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299. Prendete una buona lepre, cercatene le parti tenere, senza moscoli, disossatela bene e pulitela però senza lavarla; tagliatela a filetti lunghi e sottili, preparatevi presciutto magro in quantità di un terzo della lepre, altrettanta lingua allo scarlatto, unite tutto in terrina e lasciatela per 4 ore circa con sale e limone, cipolla e prezzemolo; bisogna però regolarsi nel sale perché la lingua ed il presciutto sono già dosati di sale abbastanza. Preparatevi una pasta composta di mezzo chilogramma di farina buona, con 2 o 4 tuorli d’uova, un po’ di sale, un ettogramma di buon burro; impasterete tutto insieme con acqua fino a che la pasta sia resistente e morbida come quella delle lasagne, mettetela sulla madia e col matterello tiratela quadrata, fino allo spessore di uno scudo, della grandezza che credete, quindi datele la forma di uno astuccio lungo, oppure ponetela nella forma apposita. Prendete poi il preparato, pulitelo bene da tutti i legumi; avrete già pronto una buona farsa (n. 131), la stenderete sottilmente in giro alla pasta; prendete il suddetto preparato, lo metterete per istesso entro la forma di bel garbo perché tagliandola faccia bella figura. Metterete di tanto in tanto dei buoni tartufi bianchi, poi chiudete la forma o l’astuccio, e perché cuocendo non si rompi il composto farete incima alla forma un buco, intorno al quale formerete una rosa della stessa pasta. Mettete quindi entro al buco un cartoccio di carta spessa accioché il vapore abbia posto per uscire durante la cottura. Prima di metterla a cuocere nel forno la ungerete di uovo. Lasciatela cuocere per 1 ora e mezza o 2 ore secondo la tenerezza della lepre. Appena levata la forma vi metterete mezzo bicchiere di Rhum; lasciatela raffreddare: quando è freddo prendete la gelatina già pronta e liquida ma quasi fredda e versatela nel buco, levando la carta, e mettetevi fino a che ce ne sta. Servite freddo e tagliatela ben sottilmente, guernitela di gelatina e, se ne avete, con una pioggia di tartufi.

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391. Pestate nel mortaio le foglie di un mazzo di prezzemolo, uno spicchio d’aglio, 75 grammi di pinocchi, 25 grammi di capperi, due acciughe salate, due tuorli d’uova sode, una mollica di pane inzuppata nell’aceto, la polpa di sei ulive di Spagna e sale. Passate questo battuto allo staccio e poscia unitevi un mezzo bicchiere compito d’aceto, un bicchier d’olio fino e rimescolate bene. Questa è la salsa con cui condirete quanto segue, avvertendo che la stessa sovrabbondi piuttosto che mancare. Prendete 300 grammi di biscottini di semola, strofinateli con aglio, poscia bagnateli in acqua in cui avrete messo aceto e sale; e poneteli tra due piatti a rinvenire. Fate bollire insieme un cavolfiore, 300 grammi di fagiuolini in erba, un sedano e carote; fate pur cuocere a parte e divisi in pentole diverse un mazzo di barbabietole (giæräve), 200 grammi di patate e due mazzi di scorzonera. Condite separatamente tutti questi erbaggi con olio, aceto e sale, osservando che le patate e le barbabietole devono essere spellate e tagliate sottili, il restante tagliatelo a pezzetti. Lessate quindi un pesce di prima qualità, che dovrà esser o pesce lupo (loäso) od un’ombrina o nasello, tagliatelo a pezzi e conditelo con olio, limone e sale. Lessate pure un’arigusta, sgusciatela, tagliatela a pezzi e conditela come il pesce; lessate anche un mazzo di ramolacci e 6 carciofi tagliati a fette e messi prima in acqua fresca. Imbianchite due dozzine di gamberi; fate assodare 8 uova, e appena fredde tagliatele a quarti; preparale 24 olive di Spagna, 6 acciughe salate, pulite, diliscate e divise per metà in lunghezza, 50 grammi di mosciame tagliato in sottilissime fette, 25 grammi di capperi, 20 funghi sott’olio (n. XV) e due dozzine d’ostriche. Ammanite separatamente i suddetti oggetti, prendete una fiamminga, oppure un piatto rotondo, a vostro piacere. Cominciate dai biscottini preparati come sopra e stendetene un suolo, sovra cui spargerete un po’ d’olio, distribuirete qua e là, fettoline di mosciame e poi condirete colla salsa; proseguite poscia a stendere e a condire colla salsa, suolo per suolo, tutti i camangiari suddetti (ad eccezione delle ostriche, dei gamberi e delle olive) che disporrete in bell’ordine e verrete su su accumulandoli, procurando che il pesce e l’arigusta siano collocati verso la sommità del cappon magro. Quando il tutto sarà a suo posto, copritene ben di salsa la superficie; mettete in giro, sull’orlo del piatto, le ostriche; quindi infilzate in istecchi 24 gamberi, in altrettanti stecchi le olive, e in altrettanti 24 fette rotonde di carote, tagliuzzate a smerlo (a raviêu) all’intorno e conficcateli simmetricamente per guarnizione, alternandone i colori, sulle sponde della sommità del cappone magro. Servitelo. Nota. — Il suddetto cappon magro si può accrescere di vari altri articoli, come pure si può render più semplice, ciò dipendendo dalla maggiore o minore economia di chi lo compone; è però sempre necessario che vi sia una buona salsa, parte importantissima di questa insalata.

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42. Prendete otto scariole (scarolle) e due mazzi di boraggini (borâxe), togliete loro tutte le foglie guaste e troppo dure e fatele bollire 5 minuti, quindi premetele affinché diano tutta l’acqua. Prendete poscia mezzo chilogramma di manzo di vitello e fatelo rosolare (piggiâ o cô de l’öu) nel burro in una casseruola (evitando però che non arrostisca di troppo) e 300 grammi di poppa (tettinn-a) di vitello femmina, che farete bollire 10 minuti; mettete un cervello, parimenti di vitello, in acqua bollente, e, toltavi le pelle unitamente a 50 grammi di schienali (fietti) e ad una animella (laccetti) tritate il tutto, cioè, magro, poppa, erbe, ecc., minutissimamente sul tagliere colla mezzaluna, poscia pestatelo a poco per volta nel mortaio sintanto che addivenga una pasta (1), la quale metterete in un recipiente e vi verserete sopra otto uova fresche bene sbattute (2), aggiungendovi una piccola mollica di pane inzuppata nel brodo o in sugo di vitello, una manata di buon cacio parmigiano, un poco di spezie, poca maggiorana ben tritata e abbastanza di sale: rimestate bene con cucchiaio o (1) Taluni invece di pestare usano tritare minutamente gli oggetti, nell’idea che questi col pestarli scemino di gusto. (2) Alcuni usano mettervi i soli tuorli, togliendo il bianco, il che rende i ravioli molto più solli. mestolino ed avrete il ripieno, parte principale dei ravioli (1). Prendete quindi un chilogramma e mezzo di farina di grano (e tanto meglio se Lombardo), stemperatela in acqua tiepida a cui unirete tre uova fresche, e, ridotta in pasta, dimenatela lungamente e con forza fino a che diventi morbida e solla, quindi staccatene tanta che basti per tirare una sfoglia (crosta), coprite il resto con vaso cupo in maniera che non prenda aria e dissecchi; tirata il più che si può larga e sottile di prima sfoglia per mezzo dello spianatoio (cannello), distendetela sulla madia, e, preso subito il ripieno già preparato, col manico d’un cucchiaino da caffè fatene tanto piccole pallottoline uguali, che ad una ad una farete cadere sulla metà della sfoglia disposte in tante linee orizzontali e separate l’una dall’altra da uno spazio di due o tre dita. Comincierete a coprir la prima linea col lembo della sfoglia, indi coi polpastrelli delle dita ne formerete tanti piccoli cuscinetti: toglierete questa prima linea colla girella (roëtta), e poscia (1) Nella formazione del ripieno, taluni sogliono aggiungervi un po’ di salciccia, ma questa rende i ravioli alquanto ordinari: altri poi, invece di mollica di pane, usano mettervi della quagliata (prescinsêua), ma questa ha ben altro inconveniente, perché costumasi per lo più nelle famiglie farne tanti da cuocerne anche all’indomani e se la quagliata non è assolutamente buona, fa sì che dopo un giorno prendano facilmente l’acido; altri finalmente sogliono mettervi del midollo di osso di bue (môula), ma questo pure ha l’inconveniente di rendere i ravioli d’un grasso nauseante. colla stessa girella taglierete ad uno ad uno i cuscinetti, ripetendo la stessa operazione sino all’ultima linea (1). Terminata la prima sfoglia, passerete a formare la seconda, su cui ripeterete il tutto come sopra; poi la terza, la quarta, ecc. fin a che vi sia pasta e ripieno, avvertendo però di tenere sempre coperta la pasta sino all’ultimo, altrimenti disseccherebbe e riescirebbe inservibile. Spiegata in seguito una tovaglia sopra la tavola, distendetevi addosso i ravioli separati in modo che non possano attaccarsi, e copriteli. Quando sono abbastanza rasciutti, gettateli a poco per volta in una grande caldaia di acqua bollente, osservando però che non sia troppo salata, e che sopratutto vi sia molto fuoco onde non cessi il bollore. Devesi anche avvertire di cuocerli al largo, e da quando a quando spingerli leggermente al fondo colla mestola quando vengono a galla. Cotti che siano, estraeteli colla mestola bucherata (cassaræa) e lasciateli bene sgocciare. Metteteli in largo piatto distesi in (1) Questi ravioli si mangiano anche cotti in buonissimo brodo. Alcuni, invece di formar tante pallattoline come sopra, usano per maggior speditezza di stendere il ripieno sopra una metà della sfoglia, appianandolo e unendolo colla lama di un coltello, il qual poi ricoprono coll’altra metà della sfoglia, e vi si applicano addosso una forma quadrangolare appositamente fatta (forma da raviêu) o vi fanno passare sopra per lungo e per traverso uno spianatoio scanalato (cannello da raviêu), il quale dà la forma ai cuscinetti, che poi si tagliano ad uno ad uno colla girella. diversi suoli e conditeli ad ogni suolo con intinto d’arrosto di vitello (n. 34) e ottimo cacio parmigiano a profusione.

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466. Mondatele dalla buccia, lasciandovi il picciuolo, ponetele quindi al fuoco in casseruola di rame stagnata con vino bianco, zucchero, un po’ di cannella e un po’ di scorza di limone e fatele cuocere, avvertendo di aggiungervi del vino man mano che va sciugando, affinché quando le pere saranno cotte, rimanga nella casseruola una certa quantità di siroppo. Aggiungetevi pure dello zucchero assieme al vino quando non fossero abbastanza dolci.

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215. Ponete in casseruola con burro e sale fette di vitella o di bue, della cipolla rotta, del prezzemolo, del sedano, poca carota e un piccolo pomidoro; indi sventrate e lavate bene una o due pernici, alle quali legherete le zampe e la testa; adagiatele nella casseruola con una fetta di vitello e una di lardo sul petto, sale necessario e poca spezie se vi piace; fatele cuocere con fuoco sopra e sotto per lo spazio di due ore, avvertendo che non si attacchino al fondo ed aggiungendovi da quando a quando un po’ di brodo. Quando il tutto sarà cotto, ritirate le pernici e fate passare il rimanente allo staccio, rimettete questo sugo nella casseruola assieme alle pernici, fate dar loro una o due rivoltate affinché si scaldino e servitele in tavola.

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366. Prendete due pernici mortificate (*), abbrustiatele, sventratele, tagliate loro i piedi, e, ben nettate, cucitele dando loro bella forma, mettetele una bella fetta di lardo sul petto e, spolverizzate di sale a sufficienza, fatele cuocere a fuoco lento bagnandole da quando a quando con burro fuso fino a che non siano tenere ed abbiano preso un bel dorato. Tolta quindi la carta ed il filo con cui le avete cucite, disponetele sopra un piatto con sotto due larghe fette di pane dello spessore d’un dito, abbrustolite alla graticola e poi intinte in sugo (n. 34), oppure semplicemente fritte in padella con burro, o con altra guarnizione di vostro gusto; preferite crescione condito.

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367. Sventrate diligentemente le pernici, abbrustiatele e pulitele bene nell’interno; dopo un’ora e mezzo di lenta cottura, schiumate il grasso e lasciate lor dare ancora uno o due bollori; levatele finalmente di casseruola e servitele con guarnizione d’erbaggi, come spinaci od altro a vostro piacere.

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471. Ponete in casseruola di rame un litro d’acqua e 1200 grammi di zucchero e fate cuocere sino a tanto che non faccia il filo. Mondate poscia un chilogramma di pesche moscatelle duracine (taccalosso) e tagliate a fette sottili e rotonde, mettetele in questo siroppo e fatele bollir tanto finché lo stesso faccia nuovamente il filo. Dopo ciò, ritiratele dal fuoco o fate raffreddare, mettetele in alberello con su una carta tagliata in fondo e bagnata di spirito di vino. — Questa persicata è molto buona all’inverno nell’acqua calda e per renderla più gustosa vi si può aggiungere un po’ di Rhum e un po’ di scorza di limone. Nota — Alla stessa maniera di questo o del siroppo di mele, farete il siroppo di Ribes e di Lamponi (frambuasi).

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314. Fate prima fondere in casseruola del burro, poi mettetevi a soffriggere prezzemolo, poca maggiorana e pomidoro, se ve ne sono, ovvero un po’ di conserva, e, se volete, anche un po’ di cipolla e sale necessario. Dopo ciò prendete quel pesce che meglio v’aggrada, come boldrò (bûddego), scorpena, sgombero (laxærto), cappone od altro, e ponetelo a cuocere in questo soffritto. Cotto che sia, passate il tutto per lo staccio e aggiungetevi un po’ d’acqua per farne il sugo od intinto. Rimettete questa passatura in casseruola, indi prendete il pesce calamaio, staccatene dal sacco (borsa) che avrete cura di non guastare, la lesta, i piedi e le natatoie, e metteteli a cuocere in questo sugo; cotti, levateli, pestateli bene in mortaio e passateli per lo staccio; riponete questa nuova passatura nel mortaio e, aggiuntovi un egual volume di mollica di pane, inzuppata prima in detto sugo oppure in acqua semplice, e leggermente premuta sicché non riesca troppo molle, ripestate fortemente. Unitevi laidi tuorli d’uovo quanto bastino a farne il legamento e qualche pisello già bislessato; riempite di questo battuto il sacco del calamaio, che avrete già dipellato da quella sottilissima membrana che lo ricopre e mettetelo a cuocere nel sugo anzidetto. Quando sarà cotto, tagliatelo a fette larghe, della grossezza di un dito, e servitelo caldo. È questo un piatto unicamente genovese, e di un gusto squisitissimo.

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281. Fate rosolare in casseruola con olio e sale una cipolla, uno spicchio d’aglio, un po’ di carota, del sedano e del prezzemolo, il tutto minutamente tritato, e aggiungetevi poscia un’acciuga salata che farete disfare. Preparato quindi un chilogramma di pesce da voi scelto, tagliatelo a rocchi e gettatelo in questo soffritto; dopo cinque minuti di cottura unitevi 25 grammi di pinocchi interi e 23 di pestati, 12 grammi di funghi secchi, rinvenuti in acqua tiepida e tritati, alcuni pomidoro o in loro mancanza poca conserva di essi, un piccolo cucchiaio di farina e un po’ d’acqua per formarne alquanto intinto (bagna). Cotto che sia, servitelo in tavola. Nota. — Si può fare un miglior tocchetto al pesce, coll’aggiungere nel soffritto anzidetto dei sauri (soî) ovvero pesci da scoglio, prima lessati e poscia passati per lo staccio.

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462. Prendete 12 pesche spiccatoie (spartilosso), apritele in mezzo o togliete loro il nocciuolo; pestate poscia 450 grammi fra cedro e zucca, le mandorle di quattro nocciuoli di pesca dipellate, una pesca dibucciata e formatene un impasto; riempitene le pesche e ricongiungete insieme le due parti, mettetele in tegame con vino, metà bianco nostrano e metà particolare, zucchero sufficiente e cuocetele a fuoco sopra e sotto.

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463. Prendete le pesche come sopra e togliete loro il nocciuolo; pestate quindi in mortaio 75 grammi di amaretti, 4 mandorle d’osso di pesca dipellate, due pesche dibucciate e 75 grammi di zucchero; unitevi poscia due tuorli d’uovo e rimescolate bene affinché il tutto si leghi ed unisca; riempitene le pesche e mettetele in tegame senza però ricongiungerle, come le precedenti; fatele cuocere alla stessa maniera con vino particolare e zucchero e servitele in piatto con zabaione (n. 434) al vino o al Rhum, come meglio vi piace.

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464. Prendete pesche moscatelle duracine (taccalosso), dipellatele e ponetele in casseruola di rame stagnata con un bicchier di vino bianco nostrano e zucchero e fatele cuocere; aggiungetevi del vino; se asciugassero di troppo e quando saranno quasi cotte, mettetevi un cucchiaio di Rhum, di nuovo zucchero e vino, piuttosto copioso, in maniera che quando si servono abbiano un siroppo abbondante.

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210. Prendete quei pesci che si usano a mangiar lessati (V. Pesci), sventrateli, disquamateli, lavateli e metteteli in casseruola con prezzemolo, sedano, cipolla, rosmarino, una bucchia di limone, sale copioso, e versatevi sopra tant’acqua fredda sicché venga a coprirli. Metteteli a cuocere avvertendo che per la cottura dei piccoli basterà che bollano appena cinque minuti; e per quella dei grossi 5 o 6 minuti. Levateli poscia dal fuoco e lasciateli per un altro quarto d’ora nell’acqua stessa dove hanno bollito. Quindi serviteli con sale, olio, pepe e limone, ovvero con salsa brusca. Nota. — I pesci quanto più sono ordinari richiedono maggior dose di sapore. — Le acciughe si lessano scapate (senza testa) e l’epoca migliore di lessarle è il mese di maggio. — I bianchetti, appena dato un bollore, si levano: nella cottura di essi non si mettono sapori, cocendosi a semplice acqua, ma appena si tolgono dal fuoco bisogna spruzzarli d’aceto e di limone. Moderare sempre il bollore dell’acqua onde il pesce non si abbia a guastarsi.

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288. Sventrate, disquamate e lavate bene i pesci da voi scelti, poscia asciugateli. Fate quindi delle scatole di carta doppia od anche triplice, adattate alla grossezza dei pesci, mettete in esse olio, sale e limone. Ponetelo a cuocere a fuoco lento, voltandolo da una parte e dall’altra.

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287. Scegliete i pesci di vostro gusto, e che si usano a cuocere in umido: sventrateli, disquamateli e, ben lavati, poneteli a sgocciolare. Fate quindi rosolare alquanto in tegame, con olio e sale, del sedano, del prezzemolo, carota, aglio, pochissima cipolla, il tutto minutamente tritato, e qualche acciuga salata, secondo la quantità del pesce; pestate poscia in mortaio poca dose di funghi e di capperi che scioglierete in poc’acqua e getterete quindi nel tegame con un po’ di farina e un po’ di pepe. Adagiatevi finalmente il pesce e fatelo cuocere il tempo necessario. Nota. — La maggiore o minor cottura dei pesci dipende dalla maggiore o minor grossezza dei medesimi.

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146. Friggete i pesci com’è indicato (n. 172), pestate quindi dell’aglio assieme ad una mollica di pane inzuppata in aceto e scioglietelo in aceto. Lo verserete sopra i pesci.

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377. Mettete in tegame quei pesci che avete scelti, se sono grossi tagliateli a tocchi; spargetevi sopra olio e sale, quindi aglio; fatti rinvenire nell’acqua tiepida, il tutto minutamente tritato; aggiungetevi un po’ d’acqua in porzione della quantità dei pesci, un po’ di pepe e spezie e fateli cuocere lentamente con fuoco sopra e sotto sino al lor punto. Nota. — Negli sgomberi (laxærti), invece di prezzemolo vi triterete del ramerino.

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199. I pesci che si usano per lo più marinare sono le bòge, gli sgomberi (laxærti), le acciughe, le anguille e i sanri (soî). Ecco la maniera di marinarli. Prendete fra i pesci soprannotati quelli che meglio vi talentano e friggeteli in padella con olio. Fritti che siano, poneteli su carta affinché diano tutto d’olio possibile, spolverizzateli poscia con abbondanza di sale e adagiateli suolo per suolo entro un alberello (arbanælla). Fate in ultimo soffriggere alquanto in casseruola con olio, dell’aglio e del rosmarino ben tritati, e gettatevi quindi tanto aceto che basti per coprire i pesci e fate bollire. Raffreddata che sia questa concia, versatela nell’alberello ove sono adagiati, che dopo ott’ore saranno marinati e mangiabili.

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382. Prendete quei pesci che volete arrostire, sventrateli, lavateli e fateli bene sgocciolare, metteteli quindi a marinare per 10 minuti in olio, sale, pepe e sugo di limone; adagiateli poscia sulla graticola e fateli cuocere a fuoco lento, avendo cura di rivoltarli da quando a quando e di ungerli colla barba d’una penna dello stesso condimento in cui furono posti a marinare. Nota. — I pesci alla graticola non si disquamano; e se sono grossi, dopo di essere sventrati e lavati si fa ad essi qualche incisione col coltello affinché cuociano più facilmente.

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309. Tritate minutamente sul tagliere magro di vitello o di bue, ovvero carne di pollo, o di cappone, cruda o cotta, a vostro piacimento. Tritate pure a parte e fate soffriggere in casseruola con burro, prezzemolo, carota, un po’ di cipolla e due olive dissestate. Gettate in questo soffritto la carne tritata come sopra e lasciatela cuocere alquanto, aggiungendovi a poco a poco del brodo acciò non asciughi. Nota. — Prima di levarlo dal fuoco potete, se vi piace, aggiungervi qualche uovo sbattuto secondo la quantità della carne.

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208. Mettete al fuoco una pignatta con due terzi d’acqua e fate che bolla; prendete quindi un recipiente formato appositamente da adattarsi alla forca della pentola, e chiudetevi dentro uno o più piccioni, sventrati e lavati, con alquanto sale nell’interno di essi e poco burro sopra. Ponete poscia questo recipiente sulla pentola e lasciatevelo stare per un paio d’ore, avvertendo però che l’acqua nella pignatta non cessi mai dal bollire; da quando a quando li rivolterete, ora da una parte, ora dall’altra. Alla stessa maniera si cuociono pollastri e pesci; avvertendo però che la cottura di questi ultimi è di mezz’ora soltanto. Nota. In mancanza del recipiente appositamente l’alto, potrete servirvi di due scodelle (xatte), in una delle quali metterete il piccione col sale e burro come sopra, e poi copritele coll’altra, chiudendone ermeticamente gli orli all’intorno con carta straccia impastata.

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302. Pestate insieme nel mortaio 100 grammi di magro di vitello, 50 di poppa, tanta mollica di pane inzuppata nel brodo quanto è grossa una noce, alcune foglie di prezzemolo, una presa di cannella e sale, ponete il tutto a rosolare in casseruola con burro, aggiungetevi quindi un po’ di sugo d’arrosto e fate cuocere a lento fuoco, tramenandolo da quando a quando col cucchiaio. Riempitene piccioni, polli o capponi com’è indicato sopra al n. 301.

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201. Fate arrostire in casseruola con molto burro e sale necessario delle piccole patate mondate, e se grosse trinciate, facendole sbalzare da quando a quando invece di rivoltarle con cucchiaio. Prima di levarle dal fuoco gettatevi dentro un po’ di prezzemolo ben tritato, e, quando sono cotte, guernitene il lesso e l’arrosto.

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376. Prendete qualunque sorta di piccoli uccelletti, spennateli, abbrustiateli, sventrateli, e, tolte loro le gambe, arrostiteli in casseruola con burro e sale. Quando hanno preso un bel color d’oro serviteli con guarnizione di vostro gusto.

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257. Mettete in casseruola con burro e piselli sguciati, avvertendo che siano d’ottima qualità e di lungo e largo baccello (teìga), e con essi alcune cipolle novelline (çiôulette) e un po’ di sale; lasciateli cuocere a lento fuoco sino a morbidezza; potrete aromatizzarle con una presa di cannella ed aggiungervi anche uova dibattute.

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64. Fate prima quella quantità di polenta molle di cui abbisognate. Mettete quindi a rosolare in casseruola con burro, degli uccelletti e carne di vitello tagliata a pezzettini; quando sono cotti versateli nella polenta e conditela con burro e formaggio.

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90. La polenta sia molle; conditela con abbondanza di burro e cacio parmigiano.

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87. Fate cuocere in pentola quella quantità di polenta di cui abbisognate, sciogliendovi alquanto burro e avvertendo che riesca ben soda. Lungamente rimenata e ben cotta che sia, versatela sulla madia e lasciatela raffreddare. Staccate quindi da essa la pelle superiore e distendetela nel fondo di un tegame che prima avrete unto di burro liquefatto, e sopra di essa mettete burro, abbondanza di cacio parmigiano e tartufi trinciati in sottilissime fette. Tagliate quindi col refe la polenta in modo di lasagne e adagiatela in tanti strati nel tegame avvertendo di condirla ad ogni strato come avrete fatto nel primo. Prendete finalmente la pelle inferiore rimasta e copritene l’ultimo strato, sul quale metterete nuovamente lo stesso condimento di burro, cacio e tartufi. Fatela cuocere per una mezz’ora a fuoco sopra e sotto, e servite in tavola nello stesso tegame.

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88. Fate la stessa operazione di sopra, tralasciando i tartufi.

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63. Farete la polenta piuttosto molle, la condirete con sugo di manzo o di stufato (n. 36).

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91. La polenta sia soda; conditela con battuto (n. 32).

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92. Fate primieramente cuocere in pentola, e con quella quantità d’acqua richiesta per la polenta tenera e sale necessario, dei cavoli neri o broccoli. Cotti che siano, gettatevi la farina di formentone e fate la polenta nel modo accennato di sopra; aggiungetevi infine dell’olio proporzionato alla quantità e alquanto cacio parmigiano raspato. Servite in tavola con cacio. Nota. — La polenta si può finalmente condire come meglio talenta; si avverte però ch’essa deve essere sempre ben cotta, e rimenata col mastello per un’ora, come abbiamo detto da principio.

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441. Prendete polenta grossamente macinata, fatela cuocere in latte con zucchero e un po’ di cannella. Portata alla debita consistenza, tagliatela a mostaccioli con refe o coltello, e, passata in bianco d’uovo ben diguazzato, friggetela in olio. Volendo, potete aromatizzarla con poc’acqua di fior d’arancio.

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220. Mettete in padella con olio, burro e sale, alquanta cipolla tritata e fatela cuocere, ma non tanto che prenda il colore; gettatevi poscia, dopo averli sventrati, ben lavati e fatti scolare, i polli tagliati a pezzi, dopo quattro o cinque voltate aggiungetevi dei pomidoro tritati e un po’ di pepe; lasciate cuocere a fuoco lento e prima di levarli dal fuoco ponetevi alquanto prezzemolo tritato. Cotti che siano, serviteli.

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349. Sventrate, abbrustiate (strinæ) e lavate bene un pollastro, indi infilzatelo nello spiedo, mettendovi alquanto sale internamente e spolverizzandolo pur di sale all’esterno. Ponetelo a fuoco piuttosto lento, e quando comincia a rosolare ungetelo di burro sciolto nella ghiotta (leccarda) con agro di limone e sale, e continuate a far ciò ad ogni due o tre girate di spiedo sino a che il pollastro sia interamente cotto. — Vi accorgerete della sua piena cottura quando, pungendolo con uno stecco, la sua carne non vi presenterà la minima resistenza. Nota. — Collo stesso metodo si arrostiscono capponi e qualunque altra qualità di carne: coll’avvertenza però che i capponi od altro pezzo di qualche grossezza si ungano prima di burro e si fasciano quindi di carta piuttosto grossa affinché non abbrucino esternamente, dovendo per cuocere perfettamente restar più lungo tempo all’azione del fuoco; non tralasciate però di ungere sempre di tratto in tratto la carta. Gli sfascierete mezz’ora prima della loro cottura e fare loro prendere un bel colore d’oro.

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301. Sventrate ed abbrustiate un pollo; tagliateli poscia il collo, ma in modo che vi rimanga la pelle. Cominciate dalla stessa parte ad estrarre le ossa con molta precauzione affine di non intaccare la pelle e continuate lasciando intatte le ale e le cosce; disossato che sia, lavatelo bene e mettetelo a sgocciolare. Fate quindi rosolare in casseruola con 75 grammi di burro, 150 grammi di vitello tagliato in tre o quattro pezzi e 150 grammi di poppa pure di vitello; aggiungetevi poscia, se pur ve ne ha, un fungo fresco tagliato sottilmente e 75 grammi di piselli già prima bislessati a parte, e lasciate cuocere il tutto per un quarto d’ora; dopo ciò levate dalla casseruola il vitello e la poppa, tritateli sul tagliere e poscia pestateli in mortaio unitamente alla metà di un piccolo cervello prima scottato e dipellato. Disgrassate quindi il sugo rimasto nella casseruola e unitelo al battuto del mortaio con tre tuorli e due bianchi d’uovo, l’altra metà del cervello tagliato a pezzetti, un pugno di cacio parmigiano, il sale necessario, e rimescolate bene con un cucchiaio di legno. Legate finalmente con ispago il codrione (portacöa) del pollo e riempite lo stesso pollo del battuto preparato lasciandone vuota una quinta parte affinché non iscoppi cuocendo; legate l’altra parte del collo parimente con ispago e ponetelo a cuocere in casseruola, bagnandolo da quando a quando con sugo di avanzi di carne e delle ossa dello stesso pollo che avrete preparato. Avvertite di farlo cuocere lentamente con fuoco sopra e sotto non meno d’un’ora e un quarto. Servitelo in tavola con fagiuoli (faxoæle).

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134. Fate prima rosolare in casseruola con burro e un po’ di prezzemolo del magro di vitello, fior di petto di vitello, animella e magro d’arrosto, poscia tritate il tutto sul tagliere. Prendete quindi della quantità di riso di cui abbisognate, pulitelo e lavatelo; mettetelo a cuocere lentamente in sugo di bue o di manzo, avendo cura di bagnarlo sovente con brodo e tramenarlo affinché non si attacchi al fondo; quando avrà presa una mezza cottura, gettatevi due o tre pugni di formaggio, rimestatelo nuovamente e versatelo in piatto grande affinché si raffreddi; raffreddato, unitevi otto uova dibattute e rimescolate bene per la terza volta, formatene finalmente colle mani tante pallotole a guisa di un uovo, mettendo però nell’interno di esse alquanto della carne tritata come sopra; fatele passare in chiaro d’uovo e poscia in pan grattato e friggerete in padella ad olio bollente. Si servono in tavola calde con guarnizione di prezzemolo intiero fritto pure in padella.

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164. Fate dare una mezza cottura in acqua e sale a mezzo chilogrammo di riso, poscia ponetelo in un crivello affinché sgoccioli tutta l’acqua. Mettete quindi a rosolare in casseruola 50 grammi di burro, un po’ di sale, una cipolla, del prezzemolo e una foglia di sedano, il tutto ben tritolato; aggiungetevi in seguito un po’ di pesce boldrò (bûddego) o scorpena, due carciofi, funghi secchi rinvenuti e anche essi tritati, poscia un cucchiaio di farina, e, dopo aver bollito mezz’ora, dei pomidoro o conserva e un po’ di spezie, versandovi a poco a poco dell’acqua bollita a parte con sale e formaggio. Formato in tal modo questo ragoût, prendete il riso e, postolo in un recipiente, conditelo con buon cacio parmigiano e coll’intinto del ragoût suddetto; unitevi tre o quattro uova sbattute e rimescolate bene il tutto. Formatene le polpette (granatinn-e) nel modo stesso di quelle al grasso, friggetele e servitele in tutto come le medesime.

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305. Fare scottare (ingianchî) della poppa di vitello, tritatela sul tagliere e poscia pestatela nel mortaio assieme a magro di vitello e midolla di pane inzuppata nel brodo, funghi, maggiorana, prezzemolo, ½ spicchio d’aglio e sale necessario, unitevi un pugno di formaggio parmigiano e delle uova; rimescolate bene affinché il tutto si unisca e a cucchiaiate mettete in tegame con sugo, introducendovi dei pinocchi intieri, e fate cuocere a fuoco sopra e sotto. Nota. — Si mettono pure a cucchiaiate in casseruola col sugo (n. 37) invece di burro e si fanno cuocere a fuoco lento. Si adoperano in questo modo per guarnizione ad un pezzo di vitello in umido, od un pollo arrostito, ecc., ecc.

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326. Alla stessa maniera del polpettone di zucca farete il polpettone di melanzane, di cardi, di fagiolini verdi, di spinaci, di bietole, di carciofi, di cipolle, di funghi neri, di patate; attenendovi però alle seguenti avvertenze nel preparare i suddetti erbaggi: 1.º le melanzane e i cardi bislessati che siano, si mettono in acqua fresca e poi si tritano, come pure si tritano i fagiuolini verdi, gli spinaci e le bietole, parimente bislessati, invece di pestarli come la zucca; 2.º i carciofi non si bislessano, ma si soffriggono prima con funghi come nel polpettone di zucca; 3.º le cipolle si trinciano minutamente e si fanno prima rosolare in casseruola con olio; 4.º i funghi si mettono prima a funghetto (V. n. 263); 5.º le patate si pestano fortemente in mortaio finché facciano fila e diventino bianche come il latte. — Il rimanente eguale in tutto come nel polpettone di zucca.

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325. Acconciate la zucca com’è indicato nelle Avvertenze (pag. 27); tagliatela a quadrelli e lessatela con poco sale, poscia spremetela il più che potete e pestatela bene in mortaio. Fate quindi soffriggere in casseruola con olio alquanti funghi freschi affettati, e in mancanza di questi dei secchi fatti rinvenire in acqua tiepida, ed uno spicchio d’aglio tritolato; quando saranno alquanto soffritti, avvertendo bene che non dissecchino, gettate nella casseruola la zucca pestata, rimescolate e lasciate cuocere per pochi minuti; togliete quindi la casseruola dal fuoco e mettetevi dentro 75 grammi di qualiata (prescinsêua), un pugno di cacio parmigiano grattato, un po’ d’origano sgretolato, tre uova e sale proporzionato, e rimescolale bene con un cucchiaio o mestolino. Prendete poscia un tegame, ungetene il fondo con olio e copritelo con pan grattato; versatevi sopra il contenuto della casseruola e con un cucchiaio procurate d’unirlo bene: spargetevi sopra nuovamente pan grattato e poscia dell’olio, e fatelo cuocere con fuoco sopra e sotto. Nota. — Procurate di non mettere mai la quagliata in troppa abbondanza, giacché rende le pietanze piuttosto acide.

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390. Tritate aglio, origano e prezzemolo e spargeteli in un tegame con olio e sale. Tagliate quindi i pomidoro per metà, togliete loro i semi e adagiateli parimenti nel tegame; spargetevi sopra nuovo olio, aglio, origano e prezzemolo tritati, formaggio parmigiano e poneteli a cuocere lentamente con fuoco sopra e sotto.

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X. Tagliate nel mezzo i pomidoro, purgateli dai semi e dall’acqua, spolverizzateli di sale macinato, e metteteli a disseccare al sole sinché acquistino l’ultimo grado di siccità, avvertendo di non togliere loro quella poc’acqua, che il sale naturalmente fa ch’essi producano. Disseccati che siano, infilzateli in una gualiata di refe grosso, e appendeteli in luogo arioso, ove non sia fumo e umidità. Dovendo adoperarli, metteteli prima a rinvenire in acqua calda, lavateli poscia per togliervi il sale e servitevene a quell’uso che meglio vi aggrada.

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IX. Adagiate prima in alberello i pomidoro intieri, col loro picciuolo (peìgôllo), quindi fate bollire 300 grammi di sale entro un litro d’acqua, lasciatela raffreddare, poscia versatela addosso ai pomidoro e fate che restino coperti della stessa: copriteli con una lavagna.

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323. Tagliate in mezzo i pomidoro in maniera che la parte superiore sia più sottile dell’inferiore a guisa del coperchio d’una scatola, e togliete loro i semi e l’acqua. Pestate quindi nel mortaio, cipolla, prezzemolo, sedano e funghi, il tutto già tritato e rosolato in casseruola con burro. Aggiungetevi mollica di pane inzuppata nel latte, cacio parmigiano grattato, delle uova secondo la quantità dei pomidoro, sale, pepe e origano, e rimescolate bene fino ad ottenere un impasto morbido e piuttosto consistente. Riempitene la parte più grossa dei pomidoro tagliati, copriteli coll’altra parte quasi a modo di coperchio e metteteli in tegame entro cui avrete già sparso dell’olio; spolverizzateli finalmente di pan grattato e fateli cuocere per mezz’ora con fuoco sopra e sotto.

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Le carni devono essere d’animale ben nutrito e di buon odore. Nel comprare la carne di bue o di manzo ponete attenzione che sia rosso-scura venata di bianco, di fila piuttosto sottili ed abbia il grasso bianco e non giallo. La carne di vitello deve essere bianca e di vitello non troppo vecchio, né soverchiamente giovane. Il fegato dovrà essere senza glandole (gandûgge). I polli siano giovani, grassi, bianchi e di pelle fina. Il selvaggiume, tanto grosso che piccolo, sia grasso, giovane, tenero e di grato odore. I pesci siano freschi, e per essere tali bisogna guardare l’occhio che sia vivo, e non le orecchie. I salumi, od altri generi da pizzicagnolo, non abbiano il rancido, lo stantio od il riscaldato. Il riso sia moretto. La pasta da vermicellaio bianca, a preferenza di quella col zafferano. Il formaggio giallo, serrato (sens’êuggi) e che faccia lagrima. Il butirro sia buono, fresco e di buon gusto. I latti siano buoni e naturali. Le uova più fresche che sia possibile. La verdura, le erbuccie e i sapori in genere che sieno possibilmente del giorno. I frutti maturi a perfezione. L’olio chiaro e del color dell’oro. L’aceto forte. I vini sinceri e non tanto aspri.

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313. Prendete un pollo, sventratelo e lavatelo bene; quindi tagliatevi l’ali e le sott’ali ma che restino in un pezzo, come pure le cosce e sottocosce parimente attaccate insieme; disossatele e serbate le ossa a parte; battetele con un matterello la polpa e fate ch’esse prendano una forma o rotonda od ovale. Ponete poscia a rosolare in casseruola con burro, cipolla, poco prezzemolo e pochissimi funghi il rimanente del pollo, cui avrete egualmente levate le ossa ed anche la pelle. A mezza cottura tagliatelo e ponetelo in mortaio; unitevi un po’ di mollica di pane bagnata in brodo o in sugo di carne e poi spremuta, un po’ di presciutto (xambon) magro, poco cacio parmigiano e pestate fortemente il tutto sinché sia ridotto ad una pasta, la quale passerete allo staccio e poscia legherete con tuorli d’uovo sbattuti. Stendete questo farcime sopra le ali e le coscie del pollo preparate come sopra, avvolgetele in modo che il farcime vi resti dentro e date ad esse la forma di tanti presciuttini; adattatevi infine nella parte più piccola di esse le loro ossa serbate come è detto sopra, passatele in pan grattato e quindi in bianco d’uovo sbattuto, e ponetele a cuocere in tegame con burro a fuoco leggero sopra e sotto. Nota. — Se volete fare un farcime più ricco potete aggiungervi un po’ di cervello; alquanta animella, dei fegatini di pollo, e, se havvene, qualche po’ di tartufo tritato colla mezzaluna.

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Il sale serve a condire e a conservare qualunque cosa. L’aceto serve a dare il brusco alle vivande, postovi sopra dopo fritte, a condire l’insalata e a conservare qualunque legume a piacimento, come funghi, citriuoli, peperoni, ecc. Si possono in esso conservare alcune qualità di frutta acerbe (1). L’infusione serve propriamente a compenetrare un dato gusto nelle cose da cuocere. Usasi anche a qualche uso diverso, cioè: L’infusione nell’olio, cipolla, sugo di limone e aglio serve a conservare le carni nell’estate affinché non puzzino. Le uova, cioè il tuorlo, serve a legare le cose acciò non si sciolgano nel cuocere, a condensare le salse e i latti. — Il bianco bene sbattuto e (1) Per dette conserve l’aceto deve essere ottimo; si raccomanda quello di Cirio. montato in fiocca serve a tener soffici le cose fritte, le salse e diverse paste dolci. — Le uova impastate colla farina fanno crescere e rendono la pasta soda nel cuocere. La farina di frumento serve a condensare le salse e le vivande di latte; abbrustolita, aiuta a darvi il color d’oro agli arrosti, ragouts, stufati, ecc. Le cipolle tagliate in quarti o a fette e messe a rosolare in casseruola servono a dare il colore ai sughi e alle sostanze. Le erbuccie odorose, come prezzemolo, burrana (bôraxa), acetosella (agretta), menta, nepitella (noëla), salvia, regamo, ecc., variano il sapore alle vivande. L’olio unito al butirro dà il croccante ai fritti. Le droghe aromatizzano le vivande, l’abuso di esse ne altera il sapore e danneggia il palato. Il brodo o il sugo che si mette in una vivanda dovrà porsi una sola volta nella giusta quantità, né mai rimetterne, altrimenti si rovina la sostanza del piatto. Lo scottare (ingianchî) serve a conservare gli alimenti, e parlandosi di carni o di pollami, oltre la conservazione di essi, serve a mantenerli durante la cottura in quella figura in cui sonosi posti dapprima. Il fuoco va adoperato con giudizio e regolato secondo la qualità delle vivande. — Per i beefteak e gli arrosti il fuoco dev’essere piuttosto vivo, per i sughi l’abbruciamento delle carni dev’essere fatto a fuoco ardente, regolandolo con degli spruzzi di vino o di brodo, il resto della cottura a fuoco lento. Il fuoco lento e mantenuto si deve adoperare per i brodi onde ottenerli chiari. Tutte le cose, siano brodi, sughi o vivande che si conservano per l’indomani, tengansi sempre in vasi di terra e non di rame.

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368. Sventrate e pulite diligentemente le quaglie, cuocetele poscia allo spiedo con fette di lardo e foglie di vigna alla stessa maniera dei tordi (n. 370). Servitele in tavola con una guarnizione a vostro gusto.

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369. Prendete le quaglie, spennatele, abbrustiatele e sventratele; preparatele poscia come i tordi arrosto (n. 371).

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402. Raschiate e lessate con sale i radicchi o lo pastinache; conditeli con olio, sale e finocchio pestato e disciolto nell’aceto.

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232. Ponete in casseruola con burro e sale una cipolla, del sedano e poca carota, tagliata a pezzi, e fateli ben rosolare; mettetevi poscia la carne che volete, sia di bue, di manzo o di vitello, tagliata a pezzi, e fatele prendere il suo colore. Aggiungetevi quindi dei pomidoro o conserva e un pizzico di funghi secchi o anche freschi se ve ne sono, e lasciate cuocere al suo punto. Nota. — Nel caso che volete condire con sugo di ragoût della pasta asciutta, aggiungetevi, quando la carne sarà rosolata, tanto brodo quanto ve ne abbisogna pel condimento, e un po’ di farina fatta rosolare con burro aggiungendo un bicchiere di vino bianco.

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È questa la regina di tutte le minestre del mondo, inventata da un cuoco genovese, ed ormai per l’eccellente suo gusto generalizzata dappertutto. Io indicherò il modo per comporla nel grado più squisito, ommettendo però tutte le erbuccie (savoî), quantunque adoperate dalla maggior parte dei cuochi, guastano questa eccellentissima vivanda e la rendono conseguentemente men grata ai palati delicati e fini.

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86. Il ripieno di questi sarà composto delle medesime erbe, bollite, spremute e tirate come nei ravioli al grasso, se non che, invece della mollica di pane inzuppata in brodo o in sugo di arrosto, adoprerete mezzo litro di crema ed alla poppa di vitello e qualunque altra materia di carne, sostituirete una quantità conveniente di pesce grasso, come cappone, nasello, bianchetti o rossetti a seconda della stagione, il tutto imbianchito con acqua, sale e mezzo limone. Alzato il bollore porli sopra lo staccio, togliete le lische e preparate dei pignoli brustoliti con bastante burro (2 ettog.) fino al color dell’oro. Gettate il tutto nel mortaio, disfatelo, aggiungendo poca spezie, finché il tutto divenga una pasta, non tralasciando però di versarvi le otto uova fresche dibattute come nel ripieno dei ravioli al grasso. Si preferiscono le suddette qualità di pesce come quelle che hanno in minor grado l’inconveniente del lezzo (refrescûmme). Delle ossa o lische dei medesimi, compresa quella della testa, vi servirete per fare il sugo di pesce da sostituire a quel di vitella pel condimento dei ravioli; questo sugo lo farete con pomidoro, funghi ed erbuccie, che quindi passerete allo staccio. Prenderete poscia un cucchiaio di farina abbrustolita, che passerete in altra casseruola con butirro e pochi pinocchi, essi pure abbrustoliti e pestati. Questa seconda salsa si aggiungerà al sugo dei pesci come sopra e se ne otterrà un condimento abbastanza denso al quale, nel condire i ravioli, si dovrà aggiungere il solito formaggio parmigiano.

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44. Prendete due petti di pollastro, due petti di pernici, un po’ di magro di vitello, un’animella idem e fate rosolare il tutto in casseruola con sale necessario e burro. Preparate poscia delle borragini bislessate e bene premute, mettete il tutto sul tagliere e tritatelo colla mezzaluna minutissimamente il più che si può; ponete questo tritume in un recipiente, unitevi rossi d’uova, poca spezie, buon cacio parmigiano grattato, e rimestate bene insieme. Questo sarà il ripieno per siffatti ravioli; nel resto regolatevi esattamente il tutto come al n. 42.

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42 bis. Il ripieno di questi ravioli si forma in tutto come quello descritto sopra, ad eccezione che invece delle scariole e delle borragini prenderete una zucca matura e ingiallita, del peso di 5 chilogrammi, la quale, rotta in tanti pezzi e purgata dalla midolla e dai semi, disporrete dentro una grande pentola versandovi sopra tant’acqua da coprirla appena, e farete bollire più d’un quarto d’ora col sale necessario. Cotta che sia, estraetela colla mestola bucherata e mettetela in un piatto affinché raffreddi alquanto; quindi con un coltello mondatela dalla corteccia, e, legata strettissimamente entro una salvietta di canovaccio, mettetela sotto un grande peso, lasciatevela stare tre ore affinché dia tutta l’acqua. Rasciutta che sia, tritatela bene sul tagliere colla mezzaluna; ponetela poscia in casseruola con 100 grammi di burro e una manata di formaggio parmigiano, e fatela stare al fuoco tanto da rasciugare quella poc’acqua che possa esservi ancora rimasta. Riponetela in un recipiente col ripieno preparato in tutto come sopra e rimestate bene. Si avverte che invece di mollica di pane inzuppata in brodo o in sugo di vitello, in questa sorta di ravioli si preferisce mettere un mezzo chilogramma di buona quagliata o di ricottone (sâso). In quanto alle sfoglie, alla cottura e condimento, opererete istessamente come nei ravioli su descritti.

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43. Fate bollire, spremete bene e tritate le scariole come sopra (n. 42), le metterete in un vaso con alquanta quagliata o ricottone; vi aggiungerete sufficiente pasta di salciccia, otto uova fresche, buon cacio parmigiano grattato, un poco di maggiorana, il sale necessario, e rimesterete bene affinché il tutto si fonda insieme e si unisca. Metterete questo ripieno tra le sfoglie come sopra, ne farete i ravioli che cuocerete e condirete in tutto come al suddetto n. 42.

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475. Prendete 300 grammi di burro, 300 di zucchero fino e polverizzato, 100 di farina di riso e 8 uova. Cominciate dal fare struggere il burro, avvertendo che non prenda il rifritto (scotizzo), mettetelo quindi in un recipiente e rimestatelo bene finché non sia freddo e spumante e diventi di color bianco; aggiungetevi poscia le uova ad uno alla volta e poscia lo zucchero, continuando a rimestare, poi la farina poco alla volta e un po’ di scorza di limone grattata, e rimestate sempre finché il tutto non sia bene unito. Prendete finalmente una casseruola, ungetela prima di burro, poscia mettetevi questa composizione con fuoco sopra e sotto e fatela cuocere lentamente. Versatela finalmente in un piatto e servitela spolverizzata di zucchero.

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110. È questa una minestra delle più semplici. Fate bollire in una pentola del latte e poco sale. Quando bolle gettatevi il riso e tramenate ogni due o tre minuti affinché non prenda l’abbrucciaticcio.

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101. Tritate minutamente insieme una cipolla, del sedano, prezzemolo, carota, alquanti funghi secchi, fatti prima rinvenire in acqua tiepida, e tre o quattro pomidoro dipellati e purgati dai semi; fate quindi soffriggere il tutto in casseruola con olio fino e piuttosto abbondante e sale necessario. Preparato questo soffritto, ponetevi a cuocere il polipo tagliato a piccoli pezzetti, avvertendo di batterlo prima alquanto col matterello affine di renderlo tenero e cottoio (de bonn-a chêutta). Quando avrà cotto un quarto d’ora circa versatevi il riso, fatto prima imbianchire, tramenatelo con un cucchiaio e da quando a quando aggiungetevi qualche mestolata d’acqua e copioso cacio parmigiano. Versatelo quindi in fiamminga (fiammenghilla) o in piatto, e servite con nuovo cacio grattugiato.

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49. Prendete una cipolla, tagliatela in quattro parti, del prezzemolo in quantità piuttosto abbondante, poco sale, e fateli rosolare in casseruola con 50 grammi di burro; ritirate quindi dalla casseruola la cipolla e il prezzemolo; e mettetevi 300 grammi di magro di vitello con 200 grammi di poppa pure di vitello, il tutto ben tritato, e fate cuocere per tre minuti. Fate dare una mezza cottura ad un chilogramma di riso nel sugo (n. 35), con abbastanza di cacio parmigiano raspato, ponetevi poscia il magro e poppa di vitello tritati e cotti come sopra, e rimestate bene il tutto. Versatelo poscia in tegame unendolo bene con un cucchiaio; ponetelo a cuocere con fuoco sopra e sotto, e quando sarà crostato, servite in tavola col tegame.

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109. Prendete quattro mazzi del così detto preboggion, mondateli, tagliateli a brandelli e fateli bollire per mezz’ora in pentola col sale necessario; gettatevi quindi un chilogramma di riso e lasciate cuocere per un altro quarto d’ora. Aggiungetevi poscia la metà di copioso battuto all’aglio (pèsto) (n. 32) già preparato e composto di due spicchi d’aglio, molto basilico (2), formaggio d’Olanda e parmigiano grattati e mescolati assieme, un po’ di sale, stemperato in quattro cucchiaiate d’olio e, dati appena nuovamente cinque o sei bollori, versate in terrina coll’altra metà del battuto rimasto e reso liquido con alquanto brodo del riso; rimescolate colla mestola e servite in tavola con formaggio parmigiano. (1) Preboggion, voce talmente genovese e che non ha corrispondenza italiana. Chiamansi così da noi alcuni mazzi di erbaggi, composti di biete (giæe), cavoli cappucci primaticci (gagge) e prezzemolo. (2) In mancanza di basilico si sostituiscono maggiorana (pèrsa) e prezzemolo.

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78. Preparate prima buon brodo in pentola; fate quindi bislessare 75 grammi di navoni ed un cavolo lombardo, che metterete poscia nel brodo assieme a 100 grammi di cotenna di maiale, lavata e tagliata a listerelle; a mezza cottura gettatevi mezzo chilogramma di riso e un pugno di cacio parmigiano. Cotto che sia, servite in tavola con cacio.

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115. Mettete in un litro d’acqua tiepida mezzo chilogramma di piselli secchi, ma di color verde, e lasciateli bollire sintanto che siano ben cotti, avendo cura di tramenarli da quando a quando affinché non si attacchino al fondo della pentola. Nel frattempo fate soffriggere in casseruola con olio abbondante una cipolla, del sedano, del prezzemolo e funghi secchi, il tutto ben tritato; aggiungetevi poscia conserva di pomidoro e mezzo mazzo di cardi, scegliendone il bianco che prima farete bislessare, quindi tagliati sottili e messi in acqua fresca getterete a cuocere nel soffritto. Riprendete in seguito i piselli già cotti e insieme al loro brodo fateli passare per lo staccio e gettate il tutto nella casseruola del soffritto, aggiungendovi uno spizzico di spezie. Ciò preparato, fate cuocere separatamente un chilogramma di riso in un litro d’acqua, e a mezza cottura versatevi il contenuto della casseruola. Quando è cotto servite in tavola. Nota. — Invece di riso potete cuocervi pasta da vermicellaio, e invece di piselli potete far la lattata di lenticchia (lentiggia) o di macco (favetta).

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114. Ponete al fuoco in casseruola burro e olio, cipolla, sedano, prezzemolo e carota tritati, il tutto piuttosto abbondante, sale necessario, un grosso cucchiaio di farina, dei pomidoro, ovvero conserva disciolta, quindi le arselle col guscio e fate cuocere per 10 minuti. Avrete già preparato in pentola dell’acqua calda con sale e formaggio raspato, con cui bagnerete da quando a quando le arselle medesime; dopo un quarto d’ora togliete queste dalla casseruola e lasciate cuocere il rimanente, aggiungendovi un piccolo pugno di funghi secchi rinvenuti, e a poco alla volta quella quantità d’acqua necessaria, per formare l’intinto da cuocervi il riso. Passate il tutto per lo staccio, e riposto l’intinto al fuoco, quando leva il bollore gettatevi il riso, e a mezza cottura le arselle che avete già sgusciate. Aggiungetevi del formaggio, e lasciate cuocere ancora cinque minuti. Nota. — Collo stesso sugo senz’arselle, si può fare un riso magro, ovvero una zuppa di boldrò (bûdego), di scorpena, di grongo (peagallo), sostituendo pane tagliato e abbrustolito al riso, e i pesci nominati alle arselle.

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112. Mettete in molle (a bagno) in acqua tiepida 300 grammi di castagne secche, dopo venti minuti levatele e strofinatele bene colle dita per togliere loro tutta la peluia (lûggia). Ponetele quindi a bollire per due ore e mezzo entro due litri d’acqua con sale e due cucchiai d’olio, dopo ciò mettetevi mezzo chilogramma di riso. Nel frattempo che cuocciono le castagne fate soffriggere nell’olio della cipolla e del prezzemolo bene tritati: a due terzi di cottura del riso versate nella pentola il soffritto e lasciate terminare di cuocere.

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111. Fate cuocere un chilogramma di riso entro tre litri di latte e poco sale, dopo quattro o cinque bollori unitevi due chilogrammi di burro e una cucchiaiata di cacio parmigiano. Quando il riso è cotto gettate nella pentola nove tuorli d’uovo ben dibattuti e rimestate; dopo altri due o tre bollori versate in terrina e servite con formaggio. Rassomiglia ad un risotto.

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51. Prendete quella quantità di riso che volete, lavatelo e fategli dare una mezza cottura in acqua con poco sale; estraetelo quindi e, bene sgocciato che sia, riponetelo in casseruola ove sia abbondanza di sugo (n. 35), nel quale avrete prima disfatta sufficiente quantità di salciccia. Mettetelo a terminare di cuocere spargendolo da quando a quando di copioso e buon formaggio parmigiano e tramenandolo col cucchiaio affinché non si attacchi al fondo; se poi nel cuocere esso diventasse troppo asciutto, vi aggiungerete di tratto in tratto qualche mestolata di brodo. Versatelo in un largo piatto e servite in tavola con cacio parmigiano.

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50. Fate cuocere il riso in buon sugo di vitello, avvertendo che non resti asciutto e unitevi da quando a quando qualche cucchiaiata di ottimo cacio parmigiano. Ammanite intanto delle polpettine fatte con animelle, magro di vitello e schienali pestati insieme nel mortaio, e mettetele a cuocere a parte col sugo medesimo: quando il riso è cotto frammezzatele ad esso e servite in tavola.

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48. Prendete la quantità di riso di cui abbisognate, pulitelo bene e lavatelo; ponetelo quindi a cuocere in casseruola con sugo di manzo o di altro (n. 35), avendo diligenza di tramenarlo da quando a quando con una spatola affinché non si attacchi al fondo, e sull’ultimo qualche manata di formaggio parmigiano. Di mano in mano che il riso gonfia, gettatevi qualche mestolata di buon brodo. Cotto che sia, e preparato già il suo ripieno composto di fegato e petto di pollastri, magro di vitello, animelle tritolati a parte e cotti in burro, che formerete a guisa di budino (bonetto) in un piatto grande, versategli sopra il riso in modo che il budino resti coperto dal medesimo. Quando vi sia della salciccia, potrete metterne sulla superficie qualche pezzetto.

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113. Il tutto come sopra, colla sola differenza che invece di due litri d’acqua debbonsi prendere un litro d’acqua e un litro di latte, e invece di due cucchiai d’olio vi si mette un po’ di burro.

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100. Fate soffriggere in tegame di terra parti eguali di butirro e d’olio entro cui metterete a cuocere una grossa cipolla, sedano, prezzemolo, carote e funghi secchi, il tutto tritato, ed un’acciuga salata per ogni chilogramma di riso. Farete imbianchire il riso in acqua pura, e quando sia a mezza cottura lo verserete nel tegame ove sono gli addobbi affinché finisca di cuocere, tramenandolo con cucchiaio e aggiungendovi da quando a quando qualche mestolata di brodo formato a parte in casseruola con 50 grammi di burro, formaggio ed una cipolla tagliata a fette e rosolata, e spolverandolo tratto tratto con buon cacio parmigiano. Questa minestra, quando sia ben confezionata, ha tutta l’apparenza del risotto al grasso: è molto appetitosa e di facile digestione.

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52. Fate rosolare in casseruola, con alquanto burro e sale, una cipolla e prezzemolo tritati; unitevi poscia 300 grammi di vitello nel magro, tritato pur esso. Dopo una brevissima cottura mettete nella casseruola un chilogramma di riso pulito, lavato e sgocciato; lasciatelo cuocere per qualche minuto e cominciate poi a bagnarlo a poco a poco con brodo e sugo (n. 37); a mezza cottura aggiungetevi un cervello di vitello e 50 grammi di midolla d’osso di bue, parimente tritati; mettetevi infine un poco di zafferano, e, mano mano che cuoce, spolverizzatelo di formaggio parmigiano grattato.

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209. Ponete 300 grammi di salciccia in una casseruola con brodo e due cucchiai di vino bianco nostrale, un pizzico di finocchio e poco formaggio parmigiano, fatela cuocere per venti minuti e servitela.

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243. Bislessate prima i fagiuoli, quindi metteteli in casseruola con burro, prezzemolo trito e sale necessario: quando cominciano a divenir morbidi unitevi la salciccia o intera o a piccoli tocchi, e lasciate cuocere lentamente finché i fagiuoli divengano pastosi. È una eccellente pietanza.

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198. Mondate e lavate bene tre cavoli cappucci (garbûxi) o lombardi, tagliateli sottili, quindi metteteli in casseruola con un po’ di sale, e fate dare ad essi una mezza cottura affinché diano fuori tutta l’acqua, che getterete via; aggiungetevi quindi un terzo di litro di aceto e quattro cucchiai d’olio fino con tre spicchi d’aglio trinciati e fate cuocere per mezz’ora. Serve a guarnire i polli e manzo a lesso.

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247. Prendete pernici a sufficienza e magro di vitello, nonché qualche passerotto, tagliate il vitello a pezzi, fate rosolare tutto insieme con lardo, una foglia di alloro e spruzzate sempre con vino bianco; quando il tutto è ben colorito, togliete il vitello e i passeri, mettete un chiodo di garofano nel mortaio e pestatelo, indi ponete i passeri ed il vitello e continuate a pestare finché il tutto divenga una pasta; allungate con salsa vellutata, passate al setaccio servendovi di brodo, rimettete in casseruola e fatte pervenire a giusta cottura le pernici, aggiungetevi i salmì facendo alzare il bollore colle pernici per 5 minuti. Preparate crostini fritti al burro, trinciate le pernici e servitele in detta salsa. Nota. — Alla stessa maniera si ammaniscono beccacce, fagiani, ecc.

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27. Si forma colla stessa sostanza della salsa vellutata aggiungendovi capperi tritolati ed interi, servendola calda.

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28. Vedi N.º 27 aggiungendo tartufi triti o solamente tagliati, con sugo di limone.

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23. Prendete 100 grammi di burro, due cucchiai da tavola di farina; stemprate il tutto in ¼ di litro di fior di latte, fate bollire per un quarto d’ora circa, mettete un pizzico di capperi e servite detta salsa per uova in bianco e pesce, ecc.

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10. Prendete tre cucchiaiate di farina o anche di più, secondo la quantità della salsa di cui abbisognate, ponetela al fuoco in casseruola stemprandola bene con latte, burro e sale necessario, e lasciatela cuocere finché si raddensi alquanto. Serve a condire le uova affogate (êuve in camîxa).

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17. Prendete quella quantità di mandorle o pignoli secondo la quantità della salsa che volete fare; pestateli bene in mortaio con un poco di finocchio e di basilico ovvero maggiorana ed alquanta mollica di pane inzuppato in aceto. Passateli tutto allo staccio, aggiungetevi il necessario sul macinato e stemperatelo in olio: serve a condire carni e pesci.

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16. Prendete delle noci e dipellatele bene; fate abbrustolire dei pignoli e quindi pestateli insieme alle noci nel mortaio. Soffriggete poscia con olio in casseruola aglio e prezzemolo ben tritati, mettetevi le noci e i pignoli pestati, e fate nuovamente soffriggere. Soffritti che siano, scioglieteli con olio e poc’acqua calda, e conditene gnocchi (troffie), lasagne e tagliolini.

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14. Prendete delle patate, fatele cuocere in pentola con acqua e sale, dibucciatele (spellæ), pestatele bene in mortaio oppure passatele per istaccio. Aggiungetevi burro e latte e rimescolate tanto finché arrivino alla desiderata consistenza; mettetele finalmente a crogiolarsi per mezz’ora in casseruola, e, occorrendo che condensino troppo, aggiungetevi nuovamente altro burro e latte. — Questa salsa si adopera colla carne a lesso. Oppure: prendete patate crude, fatele a pezzi e pelatele bene. Ponetele a cuocere in casseruola coll’acqua appena necessaria e il sale. Raggiunta la necessaria cottura, mettetevi il burro e il latte e dibattete bene con cucchiaio, mestola o spatola finché raggiungano la desiderata consistenza.

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8. Prendete pomidoro (tomäte), prezzemolo, cipolle, sedano, carote e le altre erbe odorose (savoï), tritolate il tutto e mettetelo a cuocere in casseruola; quindi passatelo per lo staccio, e, messolo nuovamente in casseruola con olio e sale, lasciate che ben si crogioli (confëze) finché si raddensi. Con questa salsa (1) si condiscono carne e polli a lesso e costolette alla milanese.

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13. Prendete soltanto il verde di tre mazzi di spinaci e fatelo bislessare con sale; indi spremetelo bene affinché dia tutta l’acqua, ponetelo poscia in casseruola con 60 grammi di burro e sale necessario; dati appena due o tre bollori, aggiungete 36 grammi di farina e a poco per volta mezzo litro di crema semplice, ma fresca, e rimestate il tutto. Fate cuocere a fuoco lento per tre quarti d’ora e guernitene il lesso, le uova ed altro.

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12. Prendete spinaci, mondateli, lavateli e metteteli a bollire con sale; fateli quindi passare per istaccio, riponeteli in casseruola con burro, latte e sale in proporzione, e fate che si raddensino: servono a condire come la salsa bianca.

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20. Prendete 3 o 4 tuorli d’uova fresche a seconda della quantità di cui avete bisogno, stemperate adagio adagio e goccia a goccia con olio finissimo di Nizza o di Lucca, fino a tanto che divengano, uova ed olio, una crema densissima, avendo cura che il tutto raddoppi il volume. Si mette il sale necessario, limone secondo la quantità e si serve per pesce lesso e carni lesse. — Si avverte di fare il tutto a freddo.

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24. Si prendano due spicchi d’aglio, si pestino nel mortaio con quattro pesci salati ben puliti, meglio acciughe che sardine, si aggiunga un po’ di pepe, si allunghi con olio fino ed aceto. — Serve per lo stoccofisso lesso, senza essere allungata; in questo caso il composto va scaldalo con olio ed allungato con l’acqua dello stoccofisso. — Alla stagione dei pomidoro adoperarli invece dell’acqua, facendo soffrigere insieme.

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19. Distemprate 5 tuorli d’uovo, prendete aceto forte, specialmente se è di Sirio, fonderete in casseruola a parte un etto di burro; appena liquefatto, vi unirete i torli d’uovo, li metterete al fuoco con 4 cucchiai di aceto e 5 o 6 cucchiai di buon brodo ristrettissimo, e rimestolate tutto insieme. Abbiate cura che non alzi il bollore e appena invela il cucchiaio ritiratela dal fuoco e servitela calda sulle vivande che credete, come pesce, legumi, ecc.

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15. Prendete delle acciughe salate che possano bastare al pesce che volete condire, pulitele, e, tolto la loro lisca, mettetele al fuoco in casseruola con olio e per mezzo di un cucchiaio fatele disfare, avvertendo però che l’olio non levi il bollore; quando vi piaccia, potete aggiungervi alcuni capperi (tàppani) o sugo di pomidoro.

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22. Prendete cipolla, sedano, prezzemolo e carote, tritate il tutto finissimamente, aggiungete tre torli d’uova sode e mescolate tutto assieme con una lama di coltello, tanto che il tutto divenga ben riunito; stemprate con olio, aceto e sale a piacimento e servitela per carni calde e fredde, nonché pesce a lesso. — In questo ultimo caso aggiungete limone.

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9. Prendete prezzemolo, pinocchi, capperi (tàppani), uno spicchio d’aglio, due acciughe salate ed una mollica di pane inzuppata in aceto; pestate il tutto in mortaio e passatelo poscia allo staccio. Scioglietelo quindi con olio, aceto e poco (1) La stessa salsa si fa sostituendo aglio sminuzzato alla cipolla. sale, e conditene cappon magro, scorzonera lessata, fagiuolini in erba, cavolfiore, pesci e altre vivande.

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26. Fate il tritume come al N.º 20, ponete in casseruola con burro sufficiente e farina, fate stemprare tutto assieme ed aggiungete un bicchiere di aceto, allungato con un po’ di brodo e servitela calda per qualunque lesso di carne.

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25. Tagliare una cipolla, porla in casseruola con burro, far rosolare il tutto con un po’ di farina ed un bicchiere di acedo e renderla liquida con buon brodo.

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29. Adoperate le stesse dosi come per la majonnaise, aggiungete prezzemolo e cipolla trita ed imbianchita nell’acqua; invece di limone, mettete aceto e servite come la maionnese calda.

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18. Prendete due cucchiai da tavola di farina, fate rosolare con burro, preparatevi del brodo molto buono (⅓ di litro), fate bollire e servite per costoletta alla milanese, d’agnello e simili. Abbiate cura di darvi il gusto di Marsala.

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11. Prendete 100 grammi di pinocchi, 50 idem di pistacchi mondi e ammorbiditi prima in acqua tiepida, pestateli assieme in mortaio e, ridotti che siano in una pasta omogenea, mettetevi il sale necessario e stemperateli in aceto bianco forte, aggiungendovi quant’olio basti ad una fluidità conveniente. Questa salsa serve a condire cavoli fiori e cappon magro.

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147. Prendete sardelle fresche, scapatele, sventratele e togliete loro le squame (scagge) e anche la pelle leggermente; mettetele quindi in acqua fresca con aceto e lasciatevele stare per una mezz’ora, poscia apritele, togliete loro la lisca di mezzo e rasciugatele bene; immergetele finalmente in uova sbattute con prezzemolo e aglio ben tritato, impanatele e friggetele in padella con olio.

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148. Prendete sardelle salate, levate e togliete loro la lisca di mezzo, quindi slargatele bene e tuffiate in pasta liquida da fritelle (frisciêu); friggetele in padella ad olio caldo.

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256. Tritate del prezzemolo e una cipolla, metteteli in casseruola con burro e sale e fateli rosolare. Prendete quindi quattro mazzi di scorzonera acconciata com’è indicato nelle Avvertenze, tagliatela a pezzi lunghi quanto un dito e gettatela nel soffritto dopo dieci minuti di cottura; aggiungetevi un cucchiaio di farina e fatela cuocere ancora dieci minuti, quindi preparate tre tuorli d’uovo bene sbattuti con un po’ d’agro di limone e due cucchiai di brodo, e versateli nella casseruola; dopo due voltate, servitela in tavola su piatto.

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403. Raschiate e lessate con sale la scorzonera; quando è cotta copritela di salsa piccante (n. 9).

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165. Prendete due rossi d’uovo, una cucchiaiata di vino bianco, una d’acqua ed una di farina e un po’ di sale e formatene una pasta liquida, a cui aggiungerete due bianchi d’uovo ben dibattuti; fatevi passare la scorzonera e friggetela in padella con olio.

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289. Spellate e lavate con gran diligenza un chilogramma di seppie, quindi tagliatele a liste o a pezzetti, e dopo averle fatte bene sbocciare mettetele al fuoco in casseruola con olio, prezzemolo, sedano, cipolla e aglio, il tutto ben tritato. Prendete poscia due mazzi di biete (giæe), togliete loro le costole, lavatele e fatele bislessare; quindi, bene spremute, gettatele a cuocere colle seppie. Dopo alquanti minuti di cottura, unitevi dei funghi secchi, rinvenuti e tritati, un cucchiaio di farina e in ultimo poc’acqua per fare un po’ d’intinto (bagna). Fatele cuocere per un’ora e servitele.

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450. Impastate 300 grammi di fior di farina lombarda con una presa di sale, un tuorlo d’uova, un cucchiaio grosso di vino bianco, tanto burro come una noce e tant’acqua da far una pasta né troppo molle, né troppo dura, e lasciatela riposare per mezz’ora fra due piatti ben chiusi sicché non prenda aria e dissecchi, preparate poscia 150 grammi di zucca candita ben tritata e un po’ di scorza d’arancio tagliata sottilmente. Ripigliate la pasta e slargatela collo spianatoio sicché resti una sfoglia dell’altezza del dito mignolo, distendete sopra una metà di essa 300 grammi di burro, e, ripiegatavi addosso l’altra metà, passatevi sopra lo spianatoio, ma in modo che il burro non esca fuori; ripiegate nuovamente la sfoglia in terzo, e passatevi nuovamente lo spianatoio, ripetendo quest’operazione per cinque volte: ridotta finalmente la pasta in una sfoglia dell’altezza di un piccolo dito, prendete la zucca candita e scorza d’arancio, preparate come sopra e mettetene tanti cucchiaini del volume ognuno d’una nocciola sulla mela di essa sfoglia, disposti in tante file orizzontali e distanti gli uni dagli altri quanto porterà la forma con cui taglierete le sfogliatine; ripiegatevi sopra l’altra metà della sfoglia, e colla forma calda tagliatele ad una ad una, le quali poscia farete cuocere per tre quarti d’ora sotto la campana con fuoco leggerissimo sopra e sotto, avvertendo di osservar dopo una mezz’ora se cuociono a dovere. Quando avranno preso un bel colore, servitele spolverizzate di zucchero. Nota. — Potrete mettere in queste sfogliatine, invece della zucca candita, qualunque altra marmellata a seconda del vostro gusto.

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472. Togliete il picciuolo a 4 chilogramma di ciriege amarene; schiacciatele fortemente colle mani dentro un recipiente e lasciatele fermentare per 24 ore; ponetele quindi in una salvietta, bagnata prima nell’acqua e spremetele bene affinché diano tutto il sugo, che poscia metterete in una casseruola di rame e vi aggiungerete una parte delle anime dei loro nocciuoli, pestate in mortaio; ponete la casseruola al fuoco e fatti prendere due o tre bollori, versate questo sugo in un sacchetto di flanella, bagnato prima esso pure, e fatelo filtrare in un apposito recipiente; filtrato che sia pesatelo e ad ogni 300 grammi aggiungetevi 600 grammi di zucchero pilé; mettetelo al fuoco in una casseruola di rame e dopo 5 o 6 bollori levatelo e, raffreddato che sia, riempitene le bottiglie. Questo siroppo può durare da due a tre anni. Nota. — In esso si fanno cuocere, per conservarle, le visciole, quando fa filo, si levano e si mettono assieme allo stesso in alberelli per servire all’occasione.

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470. Fate un litro d’acqua di mele, mettetevi 1200 grammi di zucchero e lasciate cuocere sino a tanto che non faccia il filo. Mondate poscia un chilogramma di mele poppine (pippinn-e) o carpendole (carpandû) o fil di cascia, a vostro gusto e tagliate a fette, gettando via il torso (rosiggio); ponetele a bollire nel siroppo sicché lo stesso non faccia nuovamente il filo. Dopo ciò, levatele, fatele raffreddare e ponetele in vaso coperto con cartapecora. Questo siroppo è rinfrescante e molto buono per la tosse e mal di gola.

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192. Mettete a rosolare in casseruola, con olio piuttosto abbondante, una cipolla tagliata a fette sottili, rosolata che sia gettatevi 5 o 6 pomidoro e lasciate cuocere a fuoco lento sintanto che i pomidoro abbiano totalmente perduto l’acido loro proprio, avendo cura di rimestare da quando a quando con un cucchiaio.

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193. Fate soffriggere in casseruola, con olio abbondante e sale necessario, una cipolla, del sedano e del prezzemolo, il tutto ben tritate, aggiungetevi poscia conserva di pomidoro, funghi secchi rinvenuti e finalmente un cucchiaio di farina. Appena dato un bollore, gettatevi un poco d’acqua e fate cuocere per mezz’ora.

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493. Prendete sei limoni se sono grossi e 8 o 10 se piccoli; spremeteli bene unitamente alla lor polpa in un litro d’acqua, quindi aggiungetevi 250 grammi di zucchero e tramenate finché lo zucchero sia sciolto; passate questo liquido allo staccio, poscia versatelo nella sorbettiera e gelatelo come la panna (492). Nota. — Alla stessa maniera e colle stesse qualità si fanno i sorbetti d’arancio, se non che nella composizione di questi si aggiunge il sugo d’un bel limone.

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388. Scegliete tra gli sparagi i più grossi e che abbiano molto verde nelle cime; tagliate loro un po’ di bianco nel fondo e fateli bollire alquanto con acqua e sale. A mezza cottura, estraeteli e poneteli in un piatto con burro, pepe, cacio parmigiano e poco sale; copriteli e riponeteli a terminar di cuocere a fuoco leggerissimo sopra e sotto.

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197. Prendete degli spinaci, mondateli, lavateli e fateli bollire alquanto; a mezza cottura estraeteli dalla pentola, spremeteli bene e poneteli in casseruola con burro e sale, dopo due o tre voltate unitevi pinocchi e uva passola (ûghetta), e lasciate che finiscano di cuocere. Servono a guarnire lessi, uova ed altro.

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273. Prendete quella quantità di spinaci che volete, acconciateli com’è indicato nelle Avvertenze (pag. 27) e fateli lessare alquanto: quindi bene spremuti; metteteli al fuoco in casseruola con butirro e sale in proporzione; dibattete in una tazza delle uova fresche assieme e buon cacio parmigiano e alquanta maggiorana, e quando gli spinaci sono cotti versatevi dentro le uova e rimescolate, procurando di non farli bollire. Appena avranno presa una certa consistenza, toglieteli dal fuoco e serviteli con crostini di pane fritti nell’olio oppure abbrustolati.

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274. Fate rosolare dei pinocchi in casseruola con olio: ponetevi dentro gli spinaci con poc’aglio e sale, e un poco di uva passita (ûghetta); serviteli con crostini fritti nell’olio.

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167. Mondate tre mazzi di spinaci com’è indicato nelle Avvertenze (pag. 27), fateli bislessare con un po’ di sale, indi, bene spremuti, metteteli in casseruola con burro e un cucchiaio di farina e fateli cuocere dieci minuti unendovi qualche po’ di latte e tramenando sempre senza fermarvi; dopo ciò levateli dal fuoco, gettatevi due tuorli d’uovo e nuovamente rimestate affinché bene si leghino. Fatene finalmente tante pallotole che passerete prima nel bianco d’uovo e poscia nel pan grattato e friggetele in padella con olio.

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162. Fate prima fondere in casseruola del burro, poi mettetevi a rosolare prezzemolo, poca maggiorana e pomidoro (se ve ne sono), e se volete anche un po’ di cipolla. Dopo ciò scegliete quel pesce che meglio vi aggrada, come boldrò, scorpena, sgombero, cappone od altro, e ponetelo a cuocere in questo sugo: cotto cha sia, passate il tutto allo staccio e aggiungetevi un po’ d’acqua. Rimettete questa passatura nella casseruola e ponetevi a cuocere dentro altro pesce di qualità superiore, la qual poscia levarete e pesterete in mortaio con egual volume di mollica di pane inzuppata prima in detto sugo od anche nell’acqua, e leggermente spremuta, sicché non riesca troppo molle. Aggiungetevi tanti tuorli d’uovo quanti sono necessari per farne il legamento. Di questo battuto servitevi per far la pasta dello stecco. Prendete in ultimo il sugo e, passato nuovamente per lo staccio, della parte più densa di questa passatura, infarcitene lo stecco medesimo, il qual, passato prima in bianco d’uovo sbattuto, poscia in pan grattuggiato, farete friggere in olio fino e servirete.

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163. Prendete una casseruola, fate fondere un ettg. di burro abbondante, quattro cucchiai di farina, fate rosolare, aggiungete a poco a poco 1 litro di latte e fate bollire per mezz’ora: avrete sei uova sode già preparate e ben trite, con 1 ettg. di tartufi bianchi, buoni; riunite il tutto e fate cuocere ancora per 10 minuti, prendete due uova sbattute, ritirate dal fuoco, riunite insieme, versate in un piatto a raffreddare, tutto dosato con sale e pepe. Prendete 4 ostie, bagnatele in metà vino e metà acqua, stendetele sopra una tovaglia pulita, mettetevi entro il detto composto, una ad una ravvolgetele, passatele nell’uovo e nel pan grattato e friggetele secondo il solito, guernite con verdure fresche fritte quelle che avete p. e. zucchetti o scorzonera.

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133. Preparate primieramente in ragoût composto nel modo seguente: Fate rosolare per cinque minuti in casseruola, con burro e sale, poca cipolla e del prezzemolo tritati; gettatevi poscia un’animella, qualche cresta di pollo, degli schienali e un carciofo, tagliati a piccoli pezzettini e fateli cuocere per altri dieci minuti; prendete quindi un poco dello stesso ragoût e pestatelo in mortaio assieme a pochi pinocchi abbrustoliti; passatelo allo staccio e aggiungetevi un po’ di sugo affinché diventi alquanto umido, gettatelo nuovamente nella casseruola che poscia leverete dal fuoco e lascierete raffreddare. Tritate d’altra parte poca cipolla e del prezzemolo e fateli soffriggere in altra casseruola con 75 grammi di burro e sale necessario. Ponete in un recipiente un litro di panna fresca semplice con entro 100 grammi di farina, rimescolatelo bene e versatelo nel soffritto, continuando a rimestare e facendolo cuocere per mezz’ora; dopo ciò, aggiungetevi quattro tuorli d’uovo ben dibattuti, rimestate sempre e lasciate cuocere per un’altra mezzora. Levate quindi la casseruola dal fuoco, prendete una cucchiaiata di questa panna che sarà quasi una pasta, e, messovi nel mezzo un poco del suddetto ragoût, involgetela e formatene una pallotola della forma d’un uovo, continuando la stessa operazione sino all’ultimo stecco: passate finalmente quelle pallotole in bianco d’uovo e quindi in pan grattato e friggetele in padella ad olio caldo. Nota. — Invece di panna puossi far uso di latte buono.

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132. Prendete magro, fegato, animelle e schienali; il tutto di vitello, dei funghi freschi, e in mancanza di questi dei carciofi; tagliate il tutto a piccoli pezzetti, e spolverizzateli con pochissimo sale: cominciate dall’infilzare in uno stecco di legno un pezzettino di fegato, quindi un pezzetto di animella, poscia uno di magro ed uno di schienali, un pezzettino di carciofo e due piccole foglie di salvia, l’una alquanto distante dall’altra, e proseguite la stessa operazione sino all’ultimo degli stecchi che volete ammanire. Immergeteli in uova dibattute con poco sale e poscia nel pan grattato e friggeteli in padella come sopra.

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131. Fate rosolare in casseruola con burro 200 grammi di magro di vitello, aggiungetevi a piccoli intervalli 150 grammi di fior di petto di vitello, un’animella pure di vitello, 6 funghi, 3 carciofi, 8 creste di pollo, 150 grammi di granelli di vitello e cervello idem. Quando il tutto sarà rosolato mettetelo sul tagliere, unitevi 150 grammi di schienali (filetti) pure di vitello, trinciatelo a pezzetti separando però un oggetto dall’altro. Prendete poscia un pezzetto di ciascuno dei suddetti articoli e infilzateli in uno stecco di legno, ripetendo la stessa operazione fino a quanti saranno gli stecchi che dovrete formare. Pestate quindi nel mortaio tutti gli avanzaticci di carne assieme ad una mollica di pane inzuppato in brodo freddo, aggiungetevi 8 rossi e tre bianchi d’uovo dibattuti, od anche qualche uovo di più se questo battuto restasse troppo duro, un buon pugno di cacio parmigiano, poca spezie, il sale necessario e dei tartufi tagliati sottilissimamente col taglieretto (triffolëa), e rimescolate insieme. Fasciate di questo ripieno gli stecchi già preparati, date ai medesimi colla mano la forma di un uovo, lasciando però che spunti in fuori un quarto circa dello stecco di legno, fateli passare nel bianco d’uovo e poscia nel pan grattato, e friggeteli in padella ad olio bollente. Serviteli in tavola con prezzemolo intiero, parimente fritto in padella. NB. Con dette quantità si possono fare n. 30 stecchi.

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285. Diliscate e lavate bene quella quantità di stoccofisso di cui abbisognate; quindi tagliatelo a pezzi non tanto piccoli e messo in casseruola con olio, aglio tritato e poco sale, ponetelo al fuoco e coprite la casseruola con coperchio bene adattato. Durante la sua cottura, impugnate colla mano destra il manico della casseruola, e colla sinistra tenendo ben fisso il coperchio sulla medesima, fate sbalzare a frequenti riprese dentro la stessa lo stoccofisso, non cessando da questa operazione sino a che esso non divenga quasi una pasta. Servitelo caldo.

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381. Prendete prima quella quantità di stoccofisso che vi abbisogna, ma che sia di qualità bianco e morbido, toglieteli diligentemente tutte le lische e tagliatelo a pezzi piuttosto larghi. Fate quindi soffriggere in casseruola con copioso olio fino, del prezzemolo, dei funghi, cipolla, carota, pinocchi abbrustoliti, il tutto prima tritato e poi pestato in mortaio, e tre o quattro acciughe salate che farete ben disfare col cucchiaio; aggiungetevi poscia dei pomidoro dipellati e purgati dai semi, ovvero conserva, un po’ di pepe, poca spezie e mezzo bicchiere di vino bianco. Tagliate in seguito della carota a fettoline sottili; prendete in ultimo lo stoccofisso e adagiatelo a strati nella casseruola, alternando suolo per suolo salsa e fettoline di carota. Coprite la casseruola con un foglio di carta e quindi col suo coperchio affinché sigilli ermeticamente, e fate cuocere lentamente con fuoco sopra e sotto. Servitelo caldo.

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282. Accomodate lo stoccofisso alla stessissima maniera del suddescritto pesce in tocchetto, o volendo in questo si aggiungono o melanzane, o patate, o uovoli di fungo, mondati e tagliati a pezzi, molti pomidoro e un po’ di pepe e spezie. Nota. — Nello stoccofisso accomodato a questo modo si possono mettere anche dei budelli (bëli) pure di stoccofisso, ben lavati e spellati.

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151. Il tutto come sopra V. Baccalà (n. 150).

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487. Disponete sulla madia 240 grammi di farina bianca, fatevi nel mezzo un buco e mettetevi una presa di sale ed un uovo intiero. Fate pasta, aggiungendo di tanto in tanto dell’acqua tiepida salata e del latte, in modo che la pasta resti molle e non si attacchi alla madia. Lavoratela fino a che cominci a far bolle, poi involgetela in un pannolino infarinato e mettetela in sito caldo a posare per mezz’ora. Stendetela col matterello il più sottile che potete, indi continuate a distenderla ed assottigliarla lavorandovi per dissotto colle dita ben infarinate. Ridotta alla grossezza di un foglio di carta, copritela con fettine sottili di pomi mondati; disponete fra le fette dei pomi dell’uva di Corinto nella dose di 3 onde; spolverizzate i frutti con tre oncie di zucchero, la raschiatura d’un mezzo limone e un quarto d’oncia di cannella: seminatevi dei pezzetti di burro del peso in tutto di 4 oncie, oppure fatelo fondere ed ungete con esso i frutti servendovi a ciò di un mazzo di penne di cappone. Giunti a questo punto, prendete un angolo della pasta e piegatelo sulla parte vicina, poi continuate a ruotolare pasta e frutti insieme finché datale la forma di un polpettone, l’attorcerete in ispirale, perché occupi minor spazio nella tegghia, spalmata di butirro. Ungete di butirro fuso il di sopra dello strudel e lasciatelo cuocere in essa tegghia per tre quarti d’ora con fuoco sotto e sopra. Ai pomi si potranno sostituire le pesche, le albicocche, le pere, le fragole, l’uva moscatella.

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233. Tagliate la qualità di carne che avete prescelto, a dadi grossi come una noce, mettete un pezzo di burro in casseruola e gettatevi la carne: fatela cuocere a fuoco ardente spruzzandola con un poco di vino. Preparatevi rosmarino, aglio e cipolla ben triti, avrete in pronto pomidoro, o conserva degli stessi, allungati con brodo, gettateli a rosolare assieme alla carne; spruzzatela nuovamente di vino, buttate il tritume, fate rosolare di nuovo pochi minuti ed aggiungete il brodo necessario per portare a giusta cottura. Se volete utilizzare il condimento per paste asciutte preparatevi tre cucchiai di farina brustoliti nel burro e la gettate nell’intinto ben tramenato. Nota. — Lo stufato si fa con o senza patate: mettendo le patate, vanno aggiunte a metà cottura del manzo. Castrato nonché vitello, si prestano benissimo per lo stufato.

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35. Il sugo di manzo si fa come il precedente; potete aggiungervi dell’erbuccie (savoï), come carola, funghi secchi messi in molle e rinvenuti, ecc.

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34. Prendete un bel pezzo di vitello nel coscione, mettetelo al fuoco in casseruola con burro o grascia di vitello, una cipolla tagliata in quarti, sale e carote, fate che prenda un bel color d’oro, rivoltandolo bene da tutte le parti e spruzzandolo in tre tempi con mezzo bicchier di vino bianco: quando è ben rosolato, aggiungetevi tre o quattro pomidoro (tomäte) dipellati, purgateli dai semi e rotti in pezzetti, e in mancanza di questi un cucchiaio di conserva disciolta in un po’ di acqua calda, alquanti funghi, se ve ne sono dei freschi, e lasciate cuocere un quarto d’ora. Versatevi finalmente tanto brodo quanto sia bastante alla quantità del sugo di cui abbisognate, una cucchiaiata di farina abbrustolita e fate cuocere il tutto a fuoco lento. Cotto che sia, versate il sugo allo staccio e rimessolo al fuoco, conditene poi le vivande.

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36. Tritolate insieme aglio e rosmarino (romanin), fate ben soffriggere in casseruola con buttirro e sale, mettetevi poscia la carne di vitello o di manzo o di castrato, secondo avete scelto, tegliata a pezzi, e fatela rosolare (piggiâ o cô de l’öu); aggiungetevi quindi mezzo bicchiere di vino bianco, dei pomidoro, farina abbrustolita e lasciate alquanto crogiolarsi (confëze). Versatevi finalmente il brodo necessario per la quantità del sugo di cui abbisognate e fate cuocere il tutto a fuoco lento.

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39. Fate prendere il colore a 18 pignoli (pignêu) in casseruola entro 200 grammi di burro fresco, ritirateli poscia e nella stessa casseruola ponete due grosse cipolle tagliate a quarti, uno o due spicchi d’aglio, sale necessario, e fateli rosolare; aggiungetevi poco rosmarino ben tritato e 5 grammi pomidoro, 50 grammi di funghi freschi tagliati a fette, e in mancanza di questi un piccolo assaggio di secchi, messi prima in molle (a bagno) in acqua tiepida, fintanto che siano rinvenuti, e lasciate crogiolarsi (confëze). Cotto che sia il tutto e rasciutta l’acqua dei pomidoro, fatevi sciogliere dentro due acciughe salate, ben nettate, e tolta loro la spina (rèsca de mëzo), aggiungendovi anche dei crostoni di formaggio; riponete quindi nella casseruola i pignoli, che avrete ben pestati in mortaio, e un po’ di farina abbrustolita. Aggiungetevi finalmente tant’acqua di cui abbisognate pel sugo e lasciate cuocere per tre quarti d’ora. Esso è ottimo per condire qualunque pasta invece del sugo al grasso.

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38. Fate rosolare in casseruola con burro e aggiungetevi qualche pezzetto di carni, dei funghi freschi o secchi, dei pomidoro o conserva, e fate cuocere alquanto; gettatevi quindi un po’ di brodo per formare il sugo, passate tutto allo staccio, e quando la minestra è quasi cotta versatelo dentro la pentola.

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350. Si arrostiscono allo stesso modo dei pollastri, involti nella carta come è detto nella Nota di sopra, colla differenza che nell’interno vi si mettono due piccole cipolle e alcuni garofani, e si fascia loro il petto di lardo.

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294. Prendete il tacchino, e dopo averlo sventrato, abbrustiato (strinnôu), ben lavato e fatto sgocciolare, invillupatelo e legatelo bene entro una salvietta con erbe odorose e specialmente timo, nonché carota, sedano, rosmarino, due spicchi d’aglio, cipolla, ecc., quattro o cinque chiodi di garofano, noce moscata e pepe in grana, non trascurando di mettervi entro e fuori bastante sale. Ben chiuso nella salvietta, si pone a bollire in acqua e sale. Cotto che sia, si toglie dall’acqua e fasciato come sta si lascia sgocciare e raffreddare. Una volta freddo si pulisce, si taglia e si serve con gelatina e tartufi a freddo.

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54. Striscie larghe di pasta tagliate dalle sfoglie delle lasagne ravvolte sopra sé stesse. Si condiscono con sugo o con battuto all’aglio come le lasagne.

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96. Formate le sfoglie alla stessa maniera delle lasagne, colla differenza che invece di un uovo per ogni 300 grammi di farina, ne metterete due; ravvolgetele poi ad una ad una sovra sé stesse e tagliatele in sottilissime fila col coltello da madia ben arrotato. Cuoceteli allo stesso modo delle lasagne e conditele come le stesse, con sugo o con battuto all’aglio (n. 32). — Si condiscono anche col burro.

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60. Impastate quella quantità di farina che vi abbisogna, mettendovi un tuorlo d’uovo per ogni 25 grammi ed uno, ovvero due bianchi, secondo la quantità di farina impastata. Si condiscono con sugo di vitello (n. 34).

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59. Impastate un chilogramma di farina con due pezzi di borragini lessate e tritate, tre uova, una manata di formaggio parmigiano, ed essendovene, alquanta salciccia del peso di 60 grammi. Tirate le sfoglie, tagliateli, cuoceteli e conditeli con sugo d’arrosto (n. 34).

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449. Fate i gusci colla stessa pasta e nella forma dei pasticcini suddetti, riempiteli di visciole (iscioe) oppure di pere moschine siroppate, non li coprite superiormente colla sfalda di pasta e fateli cuocere come i suddetti pasticcini.

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370. Prendete alquanti grossi tordi, spennateli, sventrateli, abbrustiateli e togliete loro le zampe, poscia spolverizzateli di sale. Tagliate in seguito tante sfalde di lardo quanto sono i tordi, inviluppateli di lardo sullo stomaco e legateli con filo. Così preparati, metteteli allo spiedo a fuoco lento, bagnandoli da quando a quando con burro liquefatto. Quando saranno dorati e teneri, togliete loro il filo e serviteli con crostini di pane abbrustoliti e fritti nel burro.

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372. Sventrate e pulite bene quella quantità di tordi che vorrete e infarciteli di ripieno formato nella seguente maniera: Fate bislessare dell’animella, tritatela assieme a magro di vitello, e unitevi pasta di salciccia e tartufi trinciati sottilmente, il tutto in quella quantità proporzionata al numero dei tordi che volete riempire; aggiungetevi del sugo (n. 37), e, rimescolato bene il tutto, riempitene i tordi, i quali poscia porrete in casseruola con burro durante la loro cottura, che dovrà essere d’un’ora almeno; bagnateli da quando a quando di sugo. Servite in tavola con crostini di pane tagliati a mostacciuoli e intinti prima nel sugo e poscia fritti nel burro.

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371. Spennate, sventrate e abbrustiate alquanti tordi, legateli con filo e metteteli in casseruola con burro e sale e qualche foglia di salvia o di alloro a cuocere su fuoco dolcissimo, versate poi il grasso in padella e friggetevi tante fette di pane quanti sono i tordi; stendetele poscia su di un piatto e adagiatevi in ciascuna un tordo. Disgrassato in ultimo il sugo che rimane, aggiungetevi un po’ di brodo e, fatto bollire un istante, bagnatene i tordi e serviteli caldi. Nota. — I beccafichi, le allodole e gli ortolani si preparano alla stessa maniera dei tordi, cioè in casseruola o allo spiedo.

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328. Si fa alla stessa maniera della torta pasqualina, colla differenza che le bietole, la quagliata e le uova, invece di essere divise le une dalle altre, in questa si rimescolano tutte insieme e si distendono sulle foglie.

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336. Quando avrete disteso sulla tegghia quelle sfoglie di pasta indicate nelle torte antecedenti, fatevi sopra un piccolo segno in croce sicché forminsi quattro parti: un quarto riempitelo di carciofi e piselli, a lato di questi disponete i funghi, presso i funghi mettete gli spinaci, e fra questi e i carciofi collocate le cipolle; e invece di queste cose debbonsi preparare com’è indicato in ciascuna specie delle torte precedenti, riducendo ad un quarto la dose d’ogni ingrediente. Coprite finalmente la torta colle altre sfoglie, regolandovi nel resto come nella torta pasqualina. In questa non si mettono uova.

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329. Prendete 12 carciofi e acconciateli com’è indicato nelle Avvertenze (pag. 27), quindi tagliati a fette non tanto sottili, poneteli in acqua fresca con un limone tagliato a quarti. Dopo alcuni minuti toglieteli dall’acqua meno il limone, fateli bene sgocciolare e metteteli al fuoco in casseruola dentro cui avrete fatto prima rosolare con burro ed olio della cipolla e del prezzemolo tritati. A mezza cottura levateli dal fuoco, e, aggiuntovi un po’ di buon cacio parmigiano grattato, un po’ di pepe e sale, rimescolate bene il tutto e distendetelo sulle sfoglie colla quagliata sopra, preparata in tutto come nella torta pasqualina; copritelo colle altre sfoglie e fate cuocere in forno o sotto la campana come sopra. Nota. — In questa torta si possono mettere o tralasciare le uova a piacere.

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330. Prendete due o tre cardi, a seconda della grossezza acconciateli come è indicato nelle Avvertenze (pag. 27) e bislessateli, tritateli quindi grossamente sul tagliere e pestateli in mortaio. Nel rimanente operate in tutto come nell’anzidetta torta di carciofi.

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334. Mondate e trinciate minutamente due chilogrammi di cipolle, lavatele bene in acqua fresca e fatele bislessare alquanto; quindi levatele e, dopo averle fatte bene sgocciolare, mettetele a rosolare in casseruola con 150 grammi di burro e sale necessario, unitevi 50 grammi di funghi secchi rinvenuti e tritati, fatele cuocere per mezz’ora e togliete la casseruola dal fuoco; aggiungetevi buon cacio parmigiano, un po’ di pepe e rimescolate il tutto. Del resto regolatevi come sopra.

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331. Prendete due chilogrammi e mezzo di funghi neri giovani, e dopo averli puliti dalla terra, lavati e fatti sgocciolare, tagliateli a fette sottili e metteteli al fuoco in casseruola con alcuni spicchi d’aglio intieri (che alla fine leverete) e sale; dopo due bollori gettate via l’acqua che essi avranno data cuocendo, poscia aggiungetevi molto olio, dell’origano e un po’ di pepe; a mezza cottura levateli dal fuoco, e nel resto regolatevi alla stessa maniera come nella torta di carciofi. Nota. — Invece di funghi neri si possono adoperare anche uovoli di fungo rosso. — Secondo il gusto, si possono mettere o tralasciare le uova.

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460. Prendete 5 uova, 100 grammi farina di patate, 215 grammi zucchero in polvere, 45 grammi zucchero vainigliato, un cucchiaio di sugo di limone. Si mettono i cinque tuorli in un recipiente messo a sua volta a bagnomaria nell’acqua bollente; si aggiunge lo zucchero e si sbatte fino a che l’acqua sia divenuta tiepida. Allora si aggiunge il cucchiaio di sugo di limone, parte dello zucchero vainigliato, la fecola di patate e finalmente i bianchi d’uova sbattute alla fiocca, dimenando sempre fino a che il tutto sia ridotto a pasta perfettamente omogenea. Si versa poi il tutto in una tegghia unta di burro fresco e freddo e si mette la tegghia a lento fuoco sotto e sopra; quando ha preso un bel color d’oro deve essere spolverizzata di zucchero vainigliato e servita. Questa torta per dessert è delicatissima, poco costosa, leggerissima allo stomaco e riconfortante, sicché serve assai bene per convalescenti, per bambini, ecc. Ha poi questa proprietà (rara nella pasticceria) che si conserva più giorni senza irrancidire, senza nulla perdere né di gusto né di leggerezza.

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485. Ungete ben prima una tegghia con butirro, quindi polverizzatela con pane grattugiato. Disponetevi un suolo di pere crude, spargetele di zucchero, poi copritele con un suolo dello stesso pane grattugiato, e seminatevi qua e là dei pezzetti di burro. Sopra questo suolo stendete un altro suolo d’uva di Corinto (ûghetta) e pezzetti piccoli di cedrato, e ricominciate nuovamente con altro suolo di pane grattugiato, di pere e di zucchero come da principio, e così via fino che la torta abbia la grossezza di un pollice. Coprite questa torta con una carta grossa ben unta di butirro e mandatela al forno. Ottima torta, facile ed economica.

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335. Fate bislessare con acqua e sale tanta quantità di riso quanto ve ne abbisogna per la torta, bislessate, toglietelo e fatelo bene sgocciolare. Fate quindi rosolare in casseruola con olio due cipolle tritolate, aggiungetevi funghi e prezzemolo pure tritati, e dopo qualche bollore gettatevi il riso, che toglierete dal fuoco dopo due o tre minuti di ebollizione; lasciatelo raffreddare e distendetelo fra le sfoglie. Nota. — In questa torta non si mette formaggio, perché fatta al magro puro.

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332. Prendete 8 mazzi di spinaci, mondateli, lavateli e fateli bislessare; poscia spremeteli bene, tritategli sul tagliere colla mezzaluna e poneteli al fuoco in una casseruola entro cui avrete già fatto rosolare con molto burro alquanta cipolla e prezzemolo ben tritati. Dati due o tre bollori, levateli dalla casseruola e metteteli a raffreddare in un recipiente, ai quali poscia aggiungerete la quagliata eguale a quella della torta pasqualina, abbondante cacio parmigiano, 12 uova fresche, pepe e sale, e rimescolate il tutto insieme come nella torta alla cappuccina. Distendete questo ripieno sulle sfoglie, copritelo con altre sfoglie e mettetelo in forno o in campana con fuoco sopra e sotto, come sopra. Nota. — La torta di spinaci si fa pure col verde diviso dalla quagliata, alla stessa maniera della torta pasqualina, adoperando gli spinaci invece delle bietole. Le uova allora si lasciano intiere.

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333. Prendete una zucca matura e ingiallita, del peso di tre chilogramma circa; tagliatela e tritatela alla stessa maniera com’è indicato nei ravioli con zucca (n. 42 bis), ponete poscia in casseruola con 150 grammi di burro, una cipolla e dei funghi secchi fatti rinvenire in acqua tiepida; dopo che avranno alquanto rosolato, gettatevi la zucca, a cui lascierete dare qualche bollore sintanto che ne sia rasciutta tutta l’acqua. Levatela quindi dal fuoco e mettetela a raffreddare, unendovi copioso buon cacio parmigiano, otto tuorli e tre chiari d’uovo, un po’ di pepe e sale necessario, e rimescolate il tutto. Nel resto regolatevi come nella torta di carciofi.

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445. Impastate 600 grammi di fior di farina con un po’ di vino bianco, 400 grammi di burro e un cucchiaio d’acqua di fior d’arancio; quando l’avrete lungamente menata, dividetela in due parti eguali e tiratene due sfoglie. Fate quindi bollire un litro di latte con un po’ di quint’essenza di menta; sbattete nel frattempo colla frusta (cannette), 6 tuorli d’uovo e fate disfare 100 grammi di cioccolatte di prima qualità: gettatelo nel latte assieme ai tuorli sbattuti, e rimettete il tutto al fuoco, dimenandolo con matterello sino a che non sia molto condensato. Ungete di burro una tegghia e spolverizzatela di zucchero; distendetevi sopra una delle due sfoglie e col lembo della stessa formatevi un orlo alto un dito; versatevi addosso il latte, copritela coll’altra sfoglia, e stringetela all’orlo colle dita tutt’all’intorno sicché resti ben serrato. Mettetela a cuocere in forno non molto caldo, oppure a fuoco lento di sotto e poco di sopra con coperchio a campana. Cotta, spolverizzatela di zucchero.

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444. Prendete 300 grammi di farina 225 gr. di burro, un ettogramma di zucchero fino, ben pestato e passato allo staccio, un tuorlo d’uovo, una cucchiaiata di vino bianco particolare oppure d’acqua di fior d’arancio, impastate bene il tutto e dividetelo in due parti. Prendete poscia una tegghia (testo), ungetene il fondo di burro e copritela con una parte della pasta spianata e allargata col matterello; stendetevi sopra la marmellata che avrete scelto, e dell’altra pasta avanzata, parte formatene un orlo tutto all’intorno della estremità della sfoglia distesa sulla tegghia, e parte fatene diverse liste che porrete per diritto e per traverso al modo d’inferriata sulla marmellata. Cuocetela a fuoco lento sopra e sotto. Nota. — Colla suddetta pasta si fanno pure gusci di pasticcini (cobelletti), di tartallette, di budini e ciambelle (canestrelletti).

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337. Tagliate la torta, raffreddata che sia, a pezzi piuttosto grossi, fatela passare in uovo sbattuto e friggetela in olio, avvertendo che non bolla di troppo affinché la torta non annerisca.

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327. Specie di torta comunissima pei Genovesi, è chiamata così perché generalmente si usa a mangiare alla stagione della Pasqua. Gli elementi principali per una buona torta sono le uova fresche, l’olio fino e le sfoglie sottilissime. Ecco la vera maniera di comporla: Prendete prima un chilogramma di fior di farina, impastatela con acqua, sale e una cucchiaiata d’olio fino e dimenatela fortemente sicché divenga molto morbida e soffice; dividetela in 27 pezzetti uguali che serberete da una parte della madia con un po’ di farina sotto affinché non si attacchino ad essa, e li coprirete quindi con una salvietta umida e un’altra asciutta di sopra. Prendete poscia tre mazzi di bietole (giæe), togliete loro tutte le costole in guisa che non vi restino che le pure foglie, le quali rivolgerete strettamente sovra sé stesse formandone un rotolo e tagliarete a guisa di sottilissimi tagliolini: lavatele bene più volte e spremute fino a che dieno il verde, ponetele di nuovo nel setaccio affinché per qualche minuto asciughino. Riponetele sulla macina, infarinatele con farina di grano e stendetele sulla prima sfoglia come si va a dire in seguito. Dateci il sale necessario, copritele di cacio parmigiano e conditele con olio fino in abbondanza. Prendete poscia un chilogramma di buona quagliata che avrete già preparata asciuttissima di siero, legandola strettamente con ispago dentro una salvietta e lasciata per più ore sotto peso; pestatela poco alla volta assieme a tre cucchiaiate di farina e sale proporzionato, e, sciolta e dimenala quindi in tre quarti di litro di buona e fresca crema, con un poco d’olio, si stende sopra la bistola. Ungete d’olio con una piuma il fondo d’una tegghia, prendete poscia uno dei 27 pezzetti di pasta serbati sulla madia e collo spianatoio tiratene una sfoglia molto sottile, la quale poi renderete della massima sottigliezza a guisa d’un velo, rovesciandola sulle mani strette a pugno e dolcemente tirandola; copritene tutta la tegghia fino all’orlo, usando la massima precauzione per non romperla, e poscia ungetene la superficie colla piuma intinta nell’olio. Seguitate a tirare nella stessa maniera le altre sfoglie sino al numero di 19, le quali metterete una sopra dell’altra, avvertendo di ungerle sempre tutte come la prima, ad eccezione dell’ultima, sulla quale distenderete le bietole preparate, che leggermente aspergerete d’olio colla stagnara (stagnæa). Distendete finalmente sulle bietole la quagliata spianandola bene con un cucchiaio, e, preso un ettogramma di burro, dividetelo in 12 parti eguali e distribuitelo a eguali distanze sulla quagliata su cui avrete fatte col cucchiaio 10 fossettine. Dentr’ogni fossettina scocciate un uovo fresco, e sovr’esso mettete un po’ d’olio, del formaggio grattato, un po’ di pepe e poco sale, quindi tirate le altre sfoglie nella stessa maniera delle prime, e ad una ad una distendetele sulla torta, avvertendo di ungerle tutte sino all’ultima, la prima più delle altre. Tagliate poscia col coltello la pasta pendente dall’orlo della tegghia, ma in modo che ne sopravanzino due dita, colle quali formerete l’orliccio alla torta, attortigliandole la pasta tutt’intorno a modo di cordone ed intagliandola per traverso colla costola del coltello. Date un’ultima untura sulla torta e sull’orlo, e puntatela due o tre volte con uno stecco affinché non iscoppi cuocendo, mettetela a cuocere per un’ora nel forno ovvero nella campana con fuoco sopra e sotto.

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246. Ponete al fuoco in casseruola con burro e sale una dozzina d’uccelletti, un’animella tagliata a pezzetti, sei creste di pollo intere, 15 grammi di funghi freschi, una cipolla e del prezzemolo ben tritati e fateli rosolare per cinque minuti; poscia aggiungetevi sei fegati di pollo, un po’ di spezie, una piccola cucchiaiata di farina e fate cuocere per altri quattro minuti; versatevi finalmente un po’ di sugo (n. 37) e lasciate terminare di cuocere. Avrete nel frattempo stesso già preparata la pasta sfogliata per la torta, la qual comporrete nel modo seguente: Prendete un chilogramma di farina di prima qualità, e sempre meglio se di grano lombardo, stemperatela con acqua a cui aggiungerete tre tuorli d’uovo e tanto burro quanto una noce: impastate il tutto in modo che riesca una pasta abbastanza soffice ed elastica, quindi formatene collo spianatoio una sfoglia (crosta), la quale nuovamente impasterete con un chilogramma di burro ben purgato dal siero, il che farete ponendo lo stesso burro sulla metà della sfoglia, poi coprendolo coll’altra metà, e ripiegate in sette ed otto pieghe la sfoglia medesima, spianandolo ad ogni piega col matterello, sicché il burro vi penetri dappertutto. Ne formerete nuovamente una larghissima sfoglia, la quale stenderete sulla tegghia, e, tagliata tutt’all’ingiro la pasta che sopravanza dalla medesima, formerete, un orlo intorno alla tegghia largo due dita. Versate addosso a questa sfoglia gli uccelletti e il resto contenuto nella casseruola raffreddato e uniteli bene col cucchiaio; poi della pasta avanzata che avrete ritagliata intorno alla tegghia; fate tante liste le quali porrete per diritto e per traverso a modo d’inferriata sugli uccelli medesimi, e, fattovi un altro orlo, farete cuocere questa torta nel forno, oppure in casa con fuoco sopra e sotto per lo spazio di tre quarti d’ora. Invece delle sfogliate è più spiccio servire il composto in Vol-au-vent.

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Arrosto di vitello.

342. Eseguite il tutto come al n. 341, tralasciando però di aggiungere brodo; metterete crema stando attenti che non abbruci.

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AVVERTENZE

Dipellatele, togliete loro le glandule dure (gandûgge) e bislessatele.

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Spiccate dal loro gambo le foglioline non guaste, lavatele e sgocciolatele bene. Il prezzemolo, quando deve servire di guarnizione, si frigge col gambo.

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Ponetelo nell’acqua fresca e purgatelo dal siero spremendolo e rispremendolo colle mani. Lo potrete anche conservare per due e tre mesi facendolo prima soffrigere, sintanto che ne svapori tutta l’acqua.

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Tagliate loro il gambo e mondateli di tutte le squame esterne verdi fino a che compaiano le squame quasi bianche, recidete le punte spinose, poscia, divisi in due parti, togliete loro con un cucchiaino da caffè la barba che hanno i già vecchi, strofinateli con mezzo limone affine d’impedire che annerino e metteteli a bagno in acqua fresca.

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Togliete loro le foglie troppo grosse e dure, mondateli dalle fila e tagliateli a pezzetti; il gardo va per lo più bislessato.

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Prima di metterle a cuocere entro la pentola od in casseruola, siano queste di manzo, di vitello o di montone, battetele con un matterello (cannello): esse diventano più tenere e cuociono più facilmente. Farete lo stesso per avere ottime costolette o beefteak.

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Mondateli dalle foglie guaste e troppo dure, lavateli e prima di adoperarli bislessateli, ossia fate dar loro due bollori.

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Dipellatelo, toglieteli il sangue, spruzzatelo d’aceto e bislessatelo.

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Discioglietela in una tazza di acqua calda o di brodo.

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Togliete loro le due punte e le fila: se sono piccoli lasciateli intieri; se grossi, rompeteli a pezzetti.

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Raschiatene bene con un coltello i gambi per toglier loro tutta la terra, staccatene i cappelli (cappelle), lavateli e trinciateli sottilmente. Dovendoli riempire, i cappelli lasciateli intieri.

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Raschiatene i gambi come sopra, dipellate bene l’involucro bianco che dal gambo si estende al cappello, staccate i cappelli come sopra e dipellateli esternamente, poscia lavateli bene.

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Sciacquateli prima in acqua fresca, quindi metteteli in molle (a bagno) in acqua tiepida o brodo e lasciatevi stare tanto che siano rinvenuti.

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Recidete ad esse il picciuolo e l’involucro polposo che serve loro di calice, trinciatele poscia in due parti o a quadrati o a fette, secondo l’uso cui devono servire, e mettetele a bagno in acqua fresca. Dovendole riempire, bislessatele prima.

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Pelatele se cotte a lesso, mondatele in giro come le mele, se crude.

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Dev’essere ucciso due giorni prima se nella station fredda, e un giorno soltanto, se nella calda.

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Poneteli a bagno in acqua tiepida per poterli facilmente disbucciare (spellâ); sbucciati che siano, purgateli dai semi, rompeteli poscia a pezzetti o trinciateli dal tagliere.

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Raschiatele bene ad una ad una col coltello, e mano mano gettatele in un vaso d’acqua fresca, tagliate loro la punta. I radicchi e la scorzonera, se saranno troppo lunghi, li taglierete in due o tre pezzi, le pastinache, essendo per lo più piccole, le lascierete intere; le carote trinciatele a fette sottili o come vi verrà indicato.

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Mondateli come le mele, date loro un taglio in croce, bislessateli e poscia poneteli in acqua fresca.

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Dipellateli, spruzzateli di aceto e bislessateli.

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Fregateli diligentemente con un spazzolino o con un panno ruvido per toglier loro tutta la terra (se sono neri pelateli) e lavateli; poscia col taglia-tartufi trinciateli in sottilissime fette.

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Beccacce arrosto.

365. Sventrate le beccacce, pulitele bene e mettetele in casseruola con burro e sale, un po’ di cipolla, del prezzemolo, poca carota e sedano, il tutto tagliuzzato, con una fetta di bue o di vitello al di sotto e un’altra di presciutto sul petto. Lasciatele cuocere lentamente per un’ora e guernitele con crostini fritti nell’olio e fette di tartufi sopra.

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Braciuole di maiale sulla graticola.

358. Fate sciogliere in un tondo sale macinato con agro di limone; intingetevi le costolette di maiale e mettete a cuocere sulla graticola, avvertendo di rivoltarle da quando a quando, e ad ogni rivoltata inumidirle per mezzo d’una piuma collo stesso sugo di limone.

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Budino dolce di latte.

425. Fate prima temperare in due bicchieri d’acqua tiepida 50 grammi di colla di pesce fina, e tenetela a vista del fuoco affinché non si raffreddi. Mettete quindi in casseruola bene stagnata mezzo litro di panna e mezzo litro di buon latte, gettatevi dentro un po’ di vaniglia, 300 grammi di mandorle dolci dipellate e pestate, ovvero pistacchi, come più vi aggrada; e 300 grammi di zucchero; rimescolate il tutto e fatelo bollire per 20 minuti. Dopo ciò, levate la casseruola dal fuoco, e versatevi dentro la colla di pesce già disciolta, rimescolate alquanto affinché bene si unisca al latte, poscia passate il tutto allo staccio; versatelo finalmente nella forma del budino, unta prima di burro; e lasciatelo tanto che raffreddi. Quando volete servirlo, fate prima passar lentamente la forma sul fuoco acciocché se ne stacchi il latte, poscia scuotetela leggermente e rovesciatela in un piatto. Nota. — Questo latte va preparato alla sera, e se è d’inverno si lascia fuori della finestra; di estate, si tiene la forma in ghiaccio.

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CATALOGO DEI VINI.

Il Capo di Buona Speranza, vino che nasce nell’estremità meridionale dell’Africa; è molto spiritoso e lo dicono anche igienico, ma fassene in poca quantità.

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Alta Borgogna o Costa d’oro — I vini della costa di Nuitz sono neri ed hanno corpo, odore e finezza. Si dividono nei seguenti tre ordini: 1. Chambéry, Clos-Vouget, Romanée-Conti; 2. Richebourg, Saint-Georges, Vosnes; 3. Chambolle, Murrey, Nuitz, Premeaux. I vini (neri) della costa di Beâune hanno gli stessi caratteri dei sopraddetti, e si dividono parimente in tre ordini: 1. Beâune, Corten, Chassagne, Pomard, Volney; 2. Aunay, Santenai, Savigny; 3. Givry, Mercury, ecc. Tra i vini bianchi della medesima costa, i più rinomati sono il Montrachet, che è il primo vino dell’Alta Borgogna, il Chevalier-Montrachet, il Blegnay, il Miursalt, il Buxy. Bordeaux — I Vini di Bordeaux hanno i seguenti caratteri: finezza, delicatezza di sugo, gusto leggermente astringente senz’asprezza, color franco, puro, pronunziato, limpidezza impareggiabile. Tra i neri si distinguono le seguenti qualità: 1. Château-Lafitte, Château-Margaux, Château-Latour, e Haut-Brion; 2. Branne-Mouton, Cor-Destournelles, Durfort, Gruan-Laroze, Lascombe, Leoville, Mouton-Touret, Pichon-Longueville, Ranzan; 3. Calon, Château-Giscoir, Château-d’Issam, Château-Lagrange, Malescot-Saint-Exupéry, Palmer ecc. Sonovi ancora altre due qualità non classificate, ma che sono considerate come vini fini ed hanno, più o meno, gli stessi caratteri delle tre precedenti, fra i quali il Château-d’Agassac, Château-Lanjac, Linch-Baga, Le Bos, Sainte Gemme-Lachenege, Canon ecc. Tra i vini bianchi primeggiano le seguenti tre qualità: 1. Château-d’Eyquem (Sauterne); 2. Rabeaud, Lalour-Blanc, Peyraguey e Vignau (Bommes), Bayle e Rieussec (Sauterne), Coutet e Climens (Barcas) e Suduiraut (Preignac). 3. D’Arche, Filhot, Bamotte-Baptist (Sauterne), Peiroto (Dommes), Broustel-Nerac, Caillou, Suan (Barsac) Malle e Romer (Preignac). Champagne — Il vino di Sciampagna è lavorato colla massima perfezione ed è importato in tutto il mondo; è finissimo, spumante, dolce, asciutto, bianco, rosato. Hanno la preminenza quelli d’Aï, Avize, Bonzy, Epernay, Mareuil, Pierry, Reims, Sillery. L’Aï non spumante e il Sillery secco sono particolarmente stimati dai conoscitori e sopratutto quando sono stati posti in ghiaccio; bevuti anche in gran quantità, non fanno alcun male. La proprietà di questo vino è che se si lascia per dieci minuti in ghiaccio frantumato, concentra in sé tutte le sue perfezioni per isvilupparle rapidamente quando si beve; raffreddato, acquista una finezza inesprimibile. I vini spumanti, naturali o fatti ad imitazione dello Sciampagna, tra i quali alcuni bianchi d’Arbois, di Château-Schâlons, d’Agen, di Chaors, d’Angers, di Saumur, di Vouvray, nelle vicinanze di Tours; di Mer (Loir-et-Cher) ecc., che brillano e spumano naturalmente; ma i vini d’Angers, Saumur, Bordeaux, Neâuzé (Deux-Sevres), Chablis, Tonnerre, Semur (Côte d’Or) ecc., quando sono stati lavorati ad imitazione dello Sciampagna sono paragonabili ai veri vini di Sciampagna della seconda qualità. I Clarettes di Diè (Drôme) e di Clavisson, nelle vicinanze di Nimes, la blanquette di Limoux (Aude), il Condrieu bianco (Rhône) e il Saint-Peray bianco (Ardèche), che spumano come lo Sciampagna, sono vini dolci, leggeri, di buon gusto, di soave profumo. I vini fini dei seguenti dipartimenti, cioè: Delle Coste del Rodano, Condrieu, e Côte Rôtte, rossi — Dell’Ermitage (Drôme), rosso e bianco, che può star a fronte coi più grandi vini di Francia — Del Saint-Péray (Ardèche), rosso e bianco, d’un gusto distintissimo — Della Costa de Saint André (Isère) rosso e bianco — Dei Nidi e del Roussillon, cioè il Château-neuf-du-Pape (Vaucluse) rosso, e il Rochegude, bianco — Il Bagnols, rosso (Pirenei orientali), uno dei più buoni vini di Francia — Il Jurançon (Bassi Pirenei), rosso e bianco, d’un colore bellissimo e d’un gusto molto delizioso — Il Saint-Géorges e il Saint-Crostil, rossi (Herault), amabili e molto stimati. Il Frontignano ed il Lunel, generalmente conosciuti i primi moscati del mondo pel loro delicatissimo sapore e soavissimo profumo. Il Maurassan e il Sauvian, dello stesso dipartimento, si approssimano al Frontignano e al Lunel. Nei Pirenei Orientali, il moscato Rivesalte si rassomiglia molto al Frontignano e al Lunel; e il Macabeo ha un gusto che fa risovvenire quello del Tokai d’Ungheria. Il Tokai-princesse facendo parte del vigneto di Saint-Gilles (Garde) e Tokai del conteau de Foncendreuse vicino a Lunel, sono vini perfettamente simili al Tokai ungherese. Il Macon vecchio, che nasce vicino a Lione, è assai stimato, e se ne consuma molto a Parigi; esso rassomiglia molto al Barolo del Piemonte. Nizza — Il Belletto di Nizza, vino asciutto, molto stimato, assai stomatico ed equiparato al piccolo Bordeaux.

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Il vino di Samos, così detto perché nasce nell’isola di Samos nell’Arcipelago, è bianco, dolce, naturale; occorre sia ben raffinato.

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Il vino di Cipro è uno di quelli che durano maggiormente ed hanno minori eventualità di guastarsi. Si conserva per lunghissimo tempo senza cangiarlo di fusto, e ve n’ha di cent’anni che viene venduto a piccole quantità e rimpiazzato gradualmente nello stesso fusto da vino meno vecchio; ma se non si facesse invecchiare sulle feccie, riuscirebbe più generoso.

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Il Malvasia delle Canarie e il Teneriffa, vini dolci e amabili.

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Liguria. — I vini di Polcevera, dei luoghi Coronata, Rivarolo, Murta, Sant’Olcese, messi in bottiglie, sigillati e lasciati invecchiare, acquistano il sapore del vino del Reno, particolarmente quello di Murta. La Val di Trebbia, presso Bobbio, si presta in modo speciale per ottenere vini fini. I vini delle Cinque-Terre, fra i quali distinguesi quello di Monterosso. Il vin di Bolano, vicino a Spezia, vino eccellente, secco e nel tempo stesso amabile. I vini d’Ovada, dei luoghi di Lerma, Grana, Tagliolo, Belforte, Cremorino, Rocca Grimalda e villaggi circonvicini, sono molto stimati per bontà e forza alcoolica, di grand’esportazione nel Genovesato e nel Milanese. I vini di Novi, e quelli d’Alessandria, di Valenza, di S. Salvatore, alquanto leggeri, ma preferiti a Genova e a Milano per pasteggiare. Piemonte. I vini del Piemonte sono forse i più salubri, perché meno carichi di sostanze eterogenee. Fra i vini neri si distinguono: Il Barbera di Mongardino — Vino che ha molta gagliardìa; in bottiglie si conserva molti anni; il suo sapore si avvicina all’amaro della mandorla di pesca; è assai stomatico quand’è vecchio. Il Barbera dolce — Meno forte del precedente e più gradevole al gusto avendo fermentato poco. I vini dolci ed amabili sono meno consigliabili non essendo igienica la naturale loro fermentazione secondaria. Il Grignolino — Vino delicato ed asciutto, con molto brio. Il Bracketto — Vino asciutto ed amabile. Il Nebiolo — Delicato e fino, piuttosto dolce, amabile. Il Barolo — Gagliardo, gustoso, stomatico; squisito quando è vecchio. Il Caluso — Bevuto ai tre anni e proveniente da posizioni esposte a mezzogiorno, il primo vino del Piemonte. Il vino d’uvaggio (uva mista) — Vino comune per pasteggiare, leggero allo stomaco. Il vino d’uvaggio di Biella — Secco, sottile, ma spiritoso dopo un anno; richiede tempo a maturare. Il vino d’uvaggio di Pinerolo — Leggero, ma buono sul posto per pasteggiare. Soffre la esportazione. Tra i vini bianchi sono i seguenti: La Malvasia di Canelli, posizione buona dove si ha grande cura per fare il miglior vino. Così dicasi del Moscatello, che è dolce, spumante e molto delicato. I vini di Montebello, Santa Giulietta e Broni sono comunemente riconosciuti tutti sotto il nome di Vini del Monferrato. Nota. — Ogni qualità di vino, in genere, soffre l’esportazione se non è raffinato. L’aggiunta dell’alcool a regolata dose giova solamente a rendere impotente l’azione dei fermenti, ma non li può mai distruggere senonché usata in forte dose. Emilia — Vini sani come quelli del Piemonte. I principali sono: Il Lambrusco di Sorbara — Vino secco ed eccellente nella provincia di Modena. Lo Scandiano, il Montericco, l’Albinea — Vini bianchi, secchi, nella piovinc. di Reggio, molto buoni. Il vino della riviera di Salò, nel lago di Garda — Vino asciutto, di un grato sapore. Toscana — Montepulciano, nero e bianco, Santo, Aleatico, Chianti, Val di Chiana, tutti vini prelibati e amabili; Poggi, Bonzi, S. Geminiano, Colle, vini rossi e secchi; San Cassano, rosso e secco. Romagne — Montefiascone, vino bianco, dolce, molto stimato; Orvieto, vino bianco, amabile. Napoli — Lagrima Christi — Vino rosso coltivato alle falde del Vesuvio. Questo vino è d’un sapore soavissimo. Nettare — Vino dolce, amabile, molto stimato, che nasce vicino al Vesuvio. Capri (bianco e rosso) — Vini leggeri per antipasto. Falerno — Vino più gagliardo. Gragnano — Vino comune. La Sprigna — Vino leggerissimo che si beve nelle campagne. Sardegna — Agagliastro e Campidano — Primi vini di quest’isola per pasteggiare. Torre Alba e Sorzo — Vini da pasteggiare di seconda qualità. Monaca e Moscato — Vini bianchi, più dolci. Malvasia e Nasco — Vini bianchi, secchi. Canonao — Vino nero per pasteggiare. Girò — Vino nero, poco dolce. Vernaccia d’Oristano — Vino bianco, molto secco. Sicilia — Isola feracissima d’uve e perciò abbondantissima di vini come la Spagna. Le qualità principali sono le seguenti: Marsala Vino eccellente, molto rassomigliante al Madera, ed in fatti da alcuni come tale si vende. Scoglietti — Vino nero riconosciuto fra i migliori per pasteggiare se ben raffinato. Malvasia di Lipari — Vino dolce. Segestano — Vino scelto, leggiero, bianco. I vini di Siracusa, de’ quali sonvi molte qualità; cioè asciutti, dolci, bianchi, neri, forti, leggieri ecc.; i neri invecchiando diventano come un piccolo Bordeaux.

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I migliori vini di questo Regno sono quelli del Porto, dell’Alto Duro e di Bucellas, presso Lisbona; sono secchi, spiritosissimi, e, per conservarli e portarli lontano, vi si aggiunge quasi sempre dell’alcool. Il Setubal è il più stimato, il più caro e il più raro a trovarsi nel suo stato naturale. Il vin secco di Madera è ancor più stimato del Setubal, ma siccome è imitato dappertutto e malamente gli amatori lo riconoscono facilmente alla bellezza del suo colore leggermente ambrato, al tono generale indicante una certa vecchiezza, ad una leggera acerbità che non dispiace.

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I vini grandi del Reno si distinguono per essere abboccati, leggeri, per un’acerbità che non dispiace e pel loro aroma d’una soavità suprema. Fra tutti i vini grandi bianchi il Joannisberg è il più famoso ed è riservato alle mense reali e principesche. Le terre di Rudesheim, di Gensenchein (Nassau) e di Hechheim (Baden), producono i vini più stimati e più cari. La Prussia renana, in qualche vigneto vicino alla Mosella, possiede vini spumanti, di molto merito.

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Questa gran parte meridionale dell’Europa abbonda di moltissimi vini gagliardi, asciutti, dolci e molto spiritosi. I principali tra essi sono i seguenti: l’Alicante, il Tintiglia, il Malaga, il Granaccia, il Rancio di Peralta, il Rota, il Xeres de la Frontera, il Xeres abocado (dolce), il Pedro, il Ximenes; questi non si bevono se non in piccoli bicchieri e come liquore.

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Gallipoli — Vino che nasce vicino a Costantinopoli, è asciutto e rassomiglia al Madera ed anche al Marsala.

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Conserva di pomidoro per l’inverno.

VIII. Passate i pomidoro allo staccio e lasciate riposar quella passatura per una notte affinché faccia il suo sedimento; indi dell’acqua che avranno fatto gettatene via due terzi, e rimescolalo l’altro terzo assieme alla polpa sicché divenga una pasta unita; ponete questa conserva in bottiglie nere avvertendo di non empirle sino al colmo, ma di lasciarvi un vuoto di quattro dita. Turatele poscia alla macchina e allacciatene il turacciolo come si usa colla birra; fasciatele finalmente di fieno che fermerete con ispago, mettetele in caldaia d’acqua fresca, la qual posta al fuoco farete bollire da 7 a 8 minuti. Dopo ciò togliete la caldaia e lasciatevi dentro le bottiglie sino a che l’acqua non sia nuovamente raffreddata, allora levatele e ponetele in luogo fresco ed abbattute, giacché con facilità salta il turacciuolo e talvolta esse scoppiano. Questa conserva si adopera nell’inverno addobbandola con tutti gli ingredienti precisamente come se fossero pomidoro freschi.

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Crochetti.

(138. bis) Prendete gli avanzi di pollo, oppure arrosti buoni del giorno prima, aggiungendovi qualche poco vitello, indi procedete in tutto e per tutto come sopra.

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DEL VINO

Non devesi mai asportare da una cantina vini in barili, senz’averli prima travasati, vale a dire cavatone il liquido chiaro che è al disopra della feccia, il che richiede l’intervento di persona pratica.

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Una cantina, perché il vino posto in essa non venga a guastarsi, è necessario che abbia la condizioni seguenti: 1.º dev’essere esposta al nord; in allora la sua temperatura è meno variabile; 2.º dev’essere profonda, perché la temperatura sia costantemente la stessa; 3.º l’umidità dev’esservi costante, non però troppo forte, giacché l’eccesso dell’umidità produce la muffa nelle botti, ecc.; l’arsura invece fa disseccare le doghe, le piega, le slarga e fa trasudare il vino; 4.º la luce dev’esservi moderata; una viva luce dissecca, un’oscurità quasi assoluta fa marcire; 5.º la cantina dev’essere al sicuro delle scosse, le quali agitano la feccia del vino, la mescolano con esso, la trattengono sospesa e provocano l’acetificazione; 6.º devonsi allontanare dalla cantina le legna verdi, gli aceti e tutte le materie suscettibili di fermentazione; 7.º finalmente bisogna evitare il riverbero del sole, il quale variando necessariamente la temperatura della cantina deve alterarne le proprietà.

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Filetto di manzo o bue lardellato (insteccôu).

347. Procuratevi un pezzo di manzo o di bue nel filetto, di forma quadrata e dell’altezza di due dita. Prendete poscia del presciutto o carne salata, della carota e del sedano e tagliateli a listerelle lunghe e sottili, che poscia, infilate nel lardatoio (agoggia da cuxinn-a), introdurrete nel filetto per mezzo dello stesso. Mettetelo quindi in casseruola, ed eseguile, il resto come sopra. Nota. — Allo stesso modo si può lardellare (insteccâ) il filetto di vitello, il qual si fa cuocere, con solo burro e sale a fuoco sopra e sotto.

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Fricassea fina di pollastri.

218. Prendete i polli, sventrateli e lavateli, quindi, tagliati a pezzi, cuoceteli alla stessa maniera e con gli stessi ingredienti come la suddetta.

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Galetti di farina di cece. (Cuculli de fænn-a de çeìxao).

160. Stemperate la farina di ceci in acqua unendovi un po’ di lievito e dibattetela bene con una mestolina, aggiungetevi poscia un soffritto di cipolla, prezzemolo e funghi secchi tritati e sale necessario; ponetela a cucchiaiate in olio bollente lasciandovela stare tanto che rigonfi ed acquisti un bel color d’oro, e servite.

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Insalata alla russa.

393. Prendete come sopra, la prima cosa però è una buona maionese; potete anche mettere i fagiuolini, zucchini, punte di sparagi, ecc., quelli erbugi che credete, fatela sempre rapprendere e servitela come sopra.

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Lepre a stufato.

235. Scorticata e sventrata la lepre, serbatene a parte il sangue e il fegato, poscia tagliatela a pezzetti, spruzzatela d’acqua e aceto con sale e mettetela a sgocciar bene sopra il tagliere, inclinato da una parte. Prendete quindi lardo buono e burro e fatelo fondere in casseruola con olio fino; pestate poscia in mortaio sedano, aglio, cipolla, pinocchi, carota, funghi e ponete il tutto a cuocere per dieci o dodici minuti nel grasso fuso come sopra; spremete finalmente bene la lepre in una salvietta e ponetela in casseruola entro la salsa con poca spezie, un po’ di noce moscata e sale; e lasciatela cuocere lentamente, bagnandola da quando a quando di vino bianco; pestate nel frattempo il fegato ed il sangue serbato come sopra, sicché divengano quasi una pasta, e a mezza cottura della lepre versatelo sopra di essa, bagnandola di tratto in tratto sino alla perfetta sua cottura con conserva di pomidoro disciolta in brodo.

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Modo di conservare le carni.

II. Prendete un vaso di terra o di vetro, copritene il fondo con uno strato di carbone polverizzato, mettetevi sopra la carne, poscia riempite il vaso di detta polvere in modo che essa non permetta alla carne di toccare le pareti del vaso stesso, e che non la lasci scoperta in alcun luogo. Chiudetelo ermeticamente e ponetelo in sito secco; quando volete servirvi della carne per la cucina, lavatela diligentemente per estrarne tutta la polvere. Con questo processo la carne si conserva per più di un mese senza che soffra.

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Patate a stufato.

238. Fate prima rosolare in casseruola con olio e sale necessario una cipolla tagliata e uno spicchio di aglio trifolato; il resto come sopra.

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Polpette di pesce al magro puro.

253. Scegliete il pesce che meglio v’aggrada per far l’intinto, come boldrò (bûddego), scorpena, sgombero (laxerto), cappone od altro. Fate quindi ben soffriggere in casseruola con burro del prezzemolo, poca maggiorana, dei pomidoro ovvero conserva, e, se volete, anche un po’ di cipolla; ponete a cuocere in questo soffritto il pesce tagliato a pezzi, e, cotto che sia, passate il tutto allo staccio. Rimettete questa passatura, a cui unirete un po’ di acqua nella casseruola, e ponetevi a cuocere altro pesce, e meglio se di qualità superiore, il quale cotto leverete e pesterete in mortaio con egual volume di mollica di pane inzuppata prima in detto sugo od anche nell’acqua, e leggermente premuta sicché non riesca troppo molle. Aggiungetevi tanti tuorli d’uova quanti son necessari per farne il legamento, formatene poscia colla mano tante piccolo pallotole, le quali passate prima in pan grattugiato e quindi in chiaro d’uovo, metterete a cuocere nel sugo anzidetto. — È questo un umido eccellente che si può anche mettere per guarnizione ad altro pesce. Nota. — Volendo usare una maggiore economia, invece di prendere altro pesce di qualità superiore per far il battuto delle polpette, servitevi della stessa carne di quello che avrete messo a cuocere nel soffritto, cioè boldrò, scorpena ecc., facendo unicamente passare per lo staccio la testa, le ossa e le squame del medesimo affine d’ottenere il sugo.

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Ravioli dolci ossia Pasticciotti a buon boccone.

419. Pestate bene in mortaio un po’ di scorza di limone tagliata sottilmente, aggiungetevi 100 grammi di zucca candita, 30 di cedro, 125 di midolla di bue, 75 di biscotti della regina, 25 di zucchero pilé e un tuorlo d’uovo, e pestate nuovamente; mettetevi poscia qualche goccia di liquore, e a preferenza l’anisette di Bordeaux; formatene colle mani tante pallottoline simili ad una grossa nocciola, le quali passate prima in bianco d’uovo, porrete sopra la sfoglia di pasta, dello spessore d’uno scudo, e formata con 300 grammi di farina, 150 di burro, 25 di zucchero; un po’ di raschiatura di limone e acqua in poca dose, e che pure ungerete di bianco d’uovo; copritele come i sopraddetti pasticciotti con liste tagliate dalla sfoglia medesima, e nel rimanente operate come sopra.

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Stoccofisso alla marinaresca.

284. Prendete sei acciughe salate, scapatele e togliete loro la lisca; prendete quindi una cipolla, uno spicchio di aglio, una carota, alquanto sedano e prezzemolo, dei capperi e dei funghi freschi o secchi; tritate il tutto minutamente sul tagliere, poscia pestatelo in mortaio sino a tanto che diventi una pasta, mettete questo battuto in casseruola con sufficiente quantità d’olio fino e fatelo rosolare per 10 minuti; gettatevi poscia lo stoccofisso tagliato a pezzetti e fatelo cuocere a lento fuoco per un quarto d’ora, avvertendo di rivoltarlo da quando a quando con un cucchiaio; dopo ciò aggiungetevi alcuni pomidoro dibucciati e rotti come è indicato nelle Avvertenze (pag. 27) o, in mancanza di questi, un po’ di conserva disciolta in acqua; mentre sta cuocendo aggiungetevi da quando a quando un po’ d’acqua, ma non molta affinché la salsa non riesca dilavata, e lasciate terminare di cuocere. Potrete anche mettervi, se pur vi piace, un pizzico di spezie.

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Tomaselle (Tomaxælle).

307. Invece di cuocerle nel sugo, ponetele bene avviluppate sopra del burro e fatele rosolare senza muovere; appena rosolate di sotto, voltatele aggiungendo vino e servite ben calde con poco sugo ben ridotto.

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Triglie al piatto.

278. Tritate sul tagliere cipolla, prezzemolo, pinocchi, capperi, acciughe salate e funghi, mettete il tutto a rosolare in casseruola con olio e poscia unitevi conserva di pomidoro; due o tre cucchiai di vin bianco e un po’ d’acqua calda. Quando tutte avrà cotto per un quarto d’ora, versatelo nel tegame dove avrete già preparalo le triglie sventrate, disquamate, lavate e sgocciate. Fate cuocere 10 minuti con fuoco sopra e sotto.

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279. Prendete le triglie, sventratele, lavatele e adagiatele in casseruola o tegame con olio e sale, poco agro di limone, dei capperi e un poco di vino bianco. Fatelo quindi cuocere a fuoco lento, e quando sono al loro punto servitele.

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280. Prendete le triglie come sopra, tritate un poco di aglio, di prezzemolo a sufficienza, stendete questo tritume sopra e sotto al pesce, un bicchiere di vino bianco nostrale, fate cuocere dieci minuti con fuoco sopra e sotto e servite calde.

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Zuppa di magro.

117. Fate soffriggere in pentola alquanto burro: quando questo sarà colorato, gettatevi una grossa cipolla bianca tagliata a piccoli dadi e un pizzico di farina, e lasciate nuovamente soffriggere finché il tutto abbia acquistato un bel colore dorato; versatevi in seguito quella quantità d’acqua necessaria per la zuppa di cui abbisognate e una buona cucchiaiata di cacio parmigiano, e lasciate bollire per un quarto d’ora. Alcuni minuti prima di bagnare il pane prendete due uova per ogni porzione di zuppa, sbattetele bene e fatele quindi sciogliere entro l’acqua che bolle. Versato questo brodo in terrina ove avrete preparato il pane tagliato a fette e abbrustolito, e servitela con cacio parmigiano.

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