Il cuoco piemontese perfezionato a Parigi che insegna con facil metodo a cucinare qualunque sorta di vivande, sì in grasso, che in magro, di nuovo gusto: ed avvisi sopra la bontà, e scelta d’ogni cosa appartenente alla cucina; proseguito dal confetturiere

Trascrizione, revisione e edizione digitale a cura di Salvatore Iacolare

  • Sottotitolo: Coi doveri del mastro di casa, e le minute per le quattro stagioni; colla spiegazione degli utensili necessarj, e la maniera di trinciare pulitamente le carni.
  • Autore: Anonimo
  • Tipo opera: Stampa
  • Tipologia testo: Ricettario
  • Collocazione geografica: Torino
  • Datazione: 1766
  • Luogo di edizione: Torino
  • Collocazione (biblioteconomica o archivistica): Parma, Biblioteca gastronomica Academia Barilla – AC 1.1.1.4 0012; Torino, Biblioteca Reale – RARI.I.55; Torino, Biblioteca di Storia e Cultura del Piemonte “G. Grosso” – ANS.i.271.
  • Pubblicata il: 18/07/2023
  • Condizioni accesso: Open Access
  • Licenza di utilizzo: https://creativecommons.org/licenses/by-nc-nd/4.0/deed.it
  • Copyright: AtLiTeG
  • DOI: 10.35948/ATLITEG/Corpus/103

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Pigliate della culotta di bue, tagliatene delle fette della spessezza di una lama di coltello, dopo battetele, poi conditele con un poco di sale, e pepe, fatele cuocere a gran fuoco alla graticola; abbiate riguardo di non lasciarle abbruciare. Essendo cotte accomodatele nel piatto con sugo a l’échalote, o alla rocambole, e servite caldo. Un'altra volta essendo cotte tagliatele alquanto leggermente al disopra, e li metterete del butirro fresco, facendo in maniera che penetri, e servitele subito. Voi le potete spremere sopra il sugo di un melarancio, o di un citrone.

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Tagliate della coscia di vitello più minuta che potrete, larga un dito, e quanto basti a guernire il piatto, che dovrete servire; prendete del prezzemolo, cipollette, carotole triturate, mettetele in una casseruola con un poco di olio, o butirro al fondo, con erbe fine tagliate, sale, e pepe; e fate un letto di coscia di vitello, indi fatene sopra un altro con erbe, butirro, olio, sale, e pepe; rifatene un altro di coscia, e così seguitate fino alla fine, coprite il disopra con pezzi di lardo, coprendo altresì la casseruola, fate cuocere a piccol fuoco sopra cenere calda per un’ora e mezza. Alla metà della cottura aggiugnete un mezzo bicchier di vin bianco; quando sono cotte servitele con la loro salsa ben disgrassata.

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Conditelo, e fatelo cuocere come il pollo d’india alla daube; tutte le daubes si fanno nella stessa maniera.

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Mettete in un vaso proporzionato alla grandezza d’un casi una pinta di latte, con un buon pezzo di butirro, unito con farina, due baccelli d’aglio, quattro carotole, prezzemolo, una cipolletta, quattro garoffani, due cipolle in fette, sale, e pepe; fate intiepidire la marinata, e volgetela al fuoco finché il butirro sia liquefatto; levatela dal fuoco, e mettetevi il casi, lasciandolo per dodici ore; indi sgocciolatelo, ed asciugatelo, e copritelo con una carta ben unta di butirro; fatelo cuocere allo spiedo, e servitelo con una salsa piccante in questa maniera: passate al fuoco due cipolle in fette, con un pezzo di butirro, quando sarà colorito aggiugnete un pugno di farina bagnata con brodo, due cucchiai d’aceto, ed un bicchiere di suco colato, sale, e pepe, fatela bollire per un quarto d’ora, disgrassatela, e passatela allo staccio, servendola sopra del casi. La longia, ed il cosciale si servono nella stessa maniera, eccetto che questo deve esser piccato con lardo.

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Per ghiacciarlo piccatelo di lardo, e fatelo cuocere nella stessa maniera del fricandeau di vitello alla borghese, che spiegheremo qui appresso.

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Aggiustatelo come la coscia di vitello fra due piatti; se volete servirlo freddo non mettetevi suco colato, riducete la salsa corta affinché resti ghiacciata.

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Mettete nella casseruola, o in un pescaiuolo (regolandovi in questo dalla grossezza del pesce) dell’acqua, ed una quarta parte di vin bianco, butirro, sale, e pepe, ed un grosso mazzetto guernito unito insieme con qualche fetta di cipolla, e carotola; fatevi cuocere dentro il pesce senza sgusciarlo (lo stesso court boüillon può servire per molte volte), procurate d’inviluppare il pesce che volete far cuocere nel court boüillon in un pannolino, cosi voi lo maneggiarete più facilmente, e quando sarà cotto non correrete rischio di romperlo.

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Fate una pasta sfogliata, come avanti, distendetene un pezzo della grandezza d’una torta, e della spessezza d’un mezzo scudo, mettendola sopra d’una tortiera, con sopra della crema di franchipanne, copritela d’un altro pezzo frastagliato, unitela assieme, premendoli sopra i bordi, indoratela con uovo sbattuto, e fatela cuocer al forno per un’ora. Se ne fanno ancora delle più piccole, ed altre più grandi delle tartarette.

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Prendete una fetta di coscia di vitello grossa due dita, piccatela di sopra con ventresca, fatela imbianchire un momento all’acqua bollente, indi mettetela a cuocere con brodo, ed un mazzetto guernito, quando è cotta ritiratela dalla casseruola per disgrassare la salsa, che passerete in un’altra casseruola allo staccio, indi la ridurrete al fuoco, sinché sia consumata quasi tutta, mettete in appresso i fricandeau per ghiacciarli, quando saranno ben ghiacciati dalla parte del lardo aggiustateli sul piatto da servire, distaccate al fuoco ciò che vi è nella casseruola con un poco di suco colato, o pochissimo brodo, gustate se la salsa è ben condita, e servitela sopra de’ fricandeau. Ogni sorta di fricandeau si fa nella stessa maniera.

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Prendete della pasta sfogliata, formatene due gateau uguali della grandezza del piatto di tramesso, e della spessezza di due scudi per ciascheduno; mettete sulla prima delle confetture, lasciando un dito di bordo, il quale bagnarete con una penna bagnata nell’acqua, mettete il secondo gateau sopra il primo, ed uniteli bene assieme colle dita, premendoli tutto all’intorno, e dopo averli ben aggiustati indoratelo con uovo sbattuto, fatelo cuocere al forno; cotto che sarà subito che lo cavarete dal forno, passatevi sopra un pennello immerso nel butirro, indi gettatevi da per tutto il disopra della piccola nompareille. Per cangiare un’altra volta, in luogo della nompareille vi metterete del zuccaro fino, passandovi sopra la paletta infuocata per ghiacciarlo.

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Prendete del formaggio che sia ben grasso, ed impastatelo con una libbra e mezza di farina, una libbra di butirro, e pochissimo sale, mettetevi cinque o sei uovi per stemprare la pasta; quando sarà bene unita la bagnarete per lasciarla riposare un’ora, indi formerete il gateau al solito per farlo cuocere. Foccaccia.

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Mettete una libbra di farina sopra la tavola, facendovi un buco nel mezzo per mettervi un quartino di crema doppia, un buon pugillo di sale, impastate leggermente la pasta, lasciandola riposare per lo spazio almeno di una mezz’ora; in appresso vi metterete nella pasta una mezza libbra di butirro, stemprandola per cinque volte, come ad una pasta sfogliata; poscia formatene un gateau oppure molti de’ piccoli, indorandoli con uovi sbattuti, facendoli cuocere poscia nel forno. Questa dose si servirà per fare quanti gateau che bramerete.

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Mettete in una casseruola un pugillo di citrone verde trito, due oncie di zucchero, alquanto di sale, del butirro grosso quanto la metà d’un uovo, ed un bicchiere di acqua, fate il tutto bollire per un momento, e poscia aggiugnetevi quattro, o cinque cucchiai di farina: fate cuocere bene al fuoco, rivolgendo sempre affinché resti ben consistente, e principiando essa ad attaccarsi alla casseruola, mettendovi un uovo per volta, rivolgendola ben forte col cucchiaio, acciò l’uovo s’incorpori bene colla pasta; continuando in tal guisa ad aggiugnervi delle uova uno per volta fino che la pasta sia divenuta molle, senza però che sia liquida; indi vi aggiugnerete alquanti fiori di cedro confettati con due marzapani d’amandole amare, il tutto ben fino; aggiustate le piccole foccaccie della grossezza della metà di un uovo sopra della carta unta di butirro, indorando il disopra con uova sbattute, e fatele cuocere per una mezz’ora al forno con un calore temperato.

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Tagliate una libbra di ventresca in fette piccole sottilissime, mettetele dopo in una casseruola sopra un piccolo fuoco, facendola cuocere per lo spazio di una mezz’ora; poscia metterete sopra una tavola una libbra e mezza di farina, facendovi un buco nel mezzo di essa per mettervi dentro la ventresca, che in cuocendo si sarà liquefatta, con una mezza libbra di butirro, alquanto di sale, due uovi, un gran bicchiere d’acqua, e proccurate d’impastare bene il tutto, lasciando riposare la pasta almeno per lo spazio d’un’ora, e mettete nella pasta le fette sottili di ventresca in modo che rimangano alquanto distanti le une dalle altre; formate poscia la foccaccia all’ordinario, indorandola con un uovo sbattuto, e fatela cuocere una buon’ora nel forno oppure sotto di un coperchio da tortiera.

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Mettete sopra una tavola una libbra di farina, fatevi un buco nel mezzo per mettervi grosso come una noce di butirro, quattro uovi, un pugillo di sale, tre oncie di zuccaro fino, e mezza libbra d’amandole dolci pestate fine, impastate il tutto insieme, e formatene un gateau secondo il solito, facendolo cuocere, ed agghiacciare con del zuccaro, e passandovi sopra la paletta infuocata.

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La carne che impiegherete darà il nome alle foccaccie, come foccaccie di lepre, di coniglio, e di bue, si fanno tutte ad una stessa maniera, con questa differenza che la cacciagione si mischia con altrettanta carne di beccaria. Per fare un gateau di montone prendete della coscia, levatene tutta la carne dopo d’averle tolta la pelle, mettete questa carne con una libbra di lardo tagliato in dadi, sei rossi d’uova, sale fino, spezie fine, un mezzo bicchiere d’acquavita, funghi, cipolline, prezzemolo, ed alquanto di cipollette, il tutto triturato; mettete delle fette di lardo nel fondo della casseruola, e la farsa di carne sopra, dopo averla ben mischiata con tutto il condimento, fatela cuocere al forno almeno per tre ore; cotta che sia lasciatela raffreddare in detta casseruola, indi toglietela per versarla sopra d’un piatto: lasciatevi le fette di lardo che sono attorno alla foccaccia, raschiate leggermente col coltello, e servite sopra un piatto guernito di una servietta.

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Mettete in una piccola pignatta quattr’oncie di riso ben lavato, facendolo crepare sul fuoco con un bicchier d’acqua, indi aggiugnetevi del latte tanto quanto basterà per farlo cuocere; quando sarà consistente lasciatelo raffreddare; fate una pasta con una libbra di farina, sale, quattr’uovi, una mezza libbra di butirro, ed il riso: impastate il tutto assieme, e formatene un gateau, indoratelo con uovi sbattuti, e fatelo cuocere al forno per lo spazio d’un ora, oppure sotto ad un coperchio di tortiera. Sovvengavi di ungere la carta, sopra cui volete mettere il gateau.

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Mettete quattordici uova in una bilancia, pesando dall’altra parte altrettanto zuccaro fino, levate indi dalla bilancia il zuccaro, e mettetevi tanta farina quanto peseranno sette uova, che metterete dall’altra parte; indi rompete le uova, mettendo i rossi in un vaso a parte, e collocando i bianchi in un altro vaso; con i suddetti rossi metterete il zuccaro che avete pesato, con alquanto di cedro raschiato, de’ fiori di cedro abbrustoliti e triti, e sbattete il tutto insieme per un’ora, poscia meschiatevi i bianchi che avanti avrete già sbattuti ben bene a parte, aggiugnendovi per ultimo la farina a poco a poco, rivolgendola a misura che la mettete; procurate di avere una casseruola mezzana profonda oppure una poupetoniere che fregarete con butirro raffinato, asciugandola bene con un pannolino, e poi mettetevi del butirro affinato, facendo che si stenda per tutto, mettetevi poi ripartitamente il biscottino, e fatela cuocere al forno d’un calor moderato per un’ora e mezza: cotta che sarà rinversatela dolcemente sopra un piatto, e se è di un bel colore dorato lo servirete nel suo naturale, ma se avesse preso troppo colore bisognerebbe ghiacciarlo con un ghiaccio bianco, che si fa con zuccaro finissimo, un bianco d’uovo, ed il sugo di mezzo cedro, sbattete il tutto insieme in un vaso di maiolica con un cucchiaio di legno, fino a tanto che il ghiaccio sia ben bianco, servendovi di questo per coprire la foccaccia; procurate di non servire finché il ghiaccio sia ben secco.

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Fate una pasta sfogliata come abbiamo spiegato di sopra, e stendetela coll’opianatoio che divenghi della spessezza d’un mezzo dito, tagliatela poscia in quadrato della larghezza di due dita; indorando con uovo sbattuto il disopra del gateau, fatelo cuocere nel forno per lo spazio d’un quarto di ora, poscia agghiacciatelo col zuccaro, e passatevi sopra la paletta infuocata.

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Prendete della carne arrostita di qualunque sorte, tagliatela in fileti minuti, e mettetela nella casseruola con alquanto di prezzemolo, cipollette, e funghi, il tutto triturato con un poco di buon brodo, sale, e pepe rotto; lasciate tutto al fuoco per un quarto d’ora; prendete il piatto che dovete servire, mettetevi alquanto di salsa della carne, con del pane grattugiato, di cui ne metterete altresì sopra la carne; lasciate cuocere a fuoco lento finché vi sia una piccola crosta nel fondo del piatto; mettete indi il resto della salsa con un poco d’agresto.

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Fate cuocere una spalla di montone allo spiedo, e triturate finissimamente tre, o quattro cipolle, con due cipolline, passandole al fuoco con un pezzo di butirro finché cominciano a prendere colore, aggiugnendovi un buon pugno di farina, che rivolgerete bene assieme finché abbia preso il color d’oro, bagnandolo con due cucchiai di buon brodo, aggiugnendovi un pugno di prezzemolo trito, e fatelo bollire per una mezz’ora a piccol fuoco; poi prendete la spalla arrostita, levandole la carne senza toccare la pelle di sopra, acciò comparisca ancora intiera, e triturate finissimamente la carne levata, mettendola con cipolle al fuoco senza che bolla; conditela poi con sale, pepe rotto, bagnando il disopra della spalla con grasso, e butirro, coprendola con pane grattugiato, con farle prendere un bel colore dorato, ponendovi sopra un coperchio da tortiera con fuoco; aggiustate l’hachis nel piatto, coprendolo colla spalla.

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Prendete tre lingue di montone cotte nell’acqua, tagliatele in pezzi quadrati della stessa grandezza, che passarete al fuoco in una casseruola con un pezzo di buon butirro, sale, pepe, prezzemolo, cipollette, e fonghi, il tutto ben triturato; bagnando con sugo colato, e se non ne avete, mettetevi un buon pugillo di farina bagnato con brodo, e lasciate bollire l’intingolo, finché la salsa sia ben spessa; aggiugnetevi poi due rossi d’uova, unendoli con la salsa al fuoco, senza che bolla; lasciate raffreddare l’intingolo, ed infilzate tutti i pezzi di lingua con piccoli spiedi di legno, inzuppandoli di tutta la salsa, coprendoli poscia con pane grattugiato, e fateli arrostire, bagnandoli con butirro di tempo in tempo; arrostiti che saranno, e ben coloriti, serviteli asciutti con li spiedi.

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Prendete de’ bianchi d’uovi secondo la quantità che ne vorrete fare; per un piccolo piatto di tramesso cinque sono sufficienti: sbatteteli in forma di neve, o sia fiocca; quando che saranno ben elevati aggiugnetevi della scorza di cedro raschiata, e del zuccaro in polvere, ritornate a sbattere gli uovi un’altra volta, in appresso aggiustarete le meringues sopra un foglio di carta bianca, facendovi de’ piccoli mucchi della grossezza della metà d’un uovo, senza che si tocchino l’una con l’altra, mettendovi sopra un coperchio con alquanto di brace per farle cuocere; quando poi saranno cotte, e di bel colore levatela di sopra la carta per togliere il di dentro che non è cotto, e mettetevi in suo luogo alquante confetture, e poscia ne unirete due l’una contro l’altra, e le servirete più secche che potrete.

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Fate cuocere la carne con li piselli nell’acqua, avete riguardo di dissalare la carne a metà, affinché il sugo sia di buon gusto, aggiugnete anche due radici, due cipolle, ed un mazzetto di erbe fine. Quando i piselli son cotti passateli in sugo, servendo sopra la carne. Vi sono anche i piselli detti golosi, i quali quando sono nel lor più verde si fanno cuocere nella loro scorza, come li piccoli piselli già descritti.

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Mettete in una casseruola tre bicchieri di acqua con un buon pugillo di sale, e del butirro quanto la metà di un uovo; fatela bollire, poi levatela dal fuoco per mettervi una mezza libbra di farina; dopo di averla ben bene stemprata rimettetela sul fuoco, rivolgendola sempre finché la pasta divenghi consistente, e che incominci ad attaccarsi alla casseruola, allora levatela dal fuoco, e mettetela in un’altra casseruola, dove ad uno per volta vi stemprarete diversi uovi, finché la pasta rimanga molle senza esser liquida; apparecchiata che avrete una casseruola della grandezza del poupelain che vorrete fare, ungetela per di dentro con butirro affinato, mettendovi la pasta per far cuocere al forno per lo spazio di un’ora e mezza, indi levatela dalla casseruola, e tagliatela per mezzo, volgendo il coltello tutto all’intorno per levarne il disopra; levatevi la pasta di dentro che non è cotta, mettendovi dentro del butirro caldo: fregando con piuma, e spargendovi del zuccaro da per tutto con della scorza di citrone fina, rimettendovi al disopra del poupelain l’altra metà; fregate in ogni parte con butirro, e zuccaro fino, terminando per ultimo con agghiacciarlo colla paletta infuocata.

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Per quest’effetto mettete un buon pezzo di formaggio che voi romperete in una casseruola con un pezzo di butirro di peso quattr’oncie circa, un quartino di acqua fredda, o calda, pochissimo sale, ed un’acciuga trita; fate bollire tutto insieme, e mettete tanto di farina quanto la salsa ne potrà ricevere, fatela disseccare sopra il fuoco finché la pasta sia ben spessa; mettetela poscia in un’altra casseruola per stemprarvi dentro gli uovi, quanti la pasta ne potrà portare senza esser liquida; bisogna che questa pasta si sostenga versandola dal cucchiaio senza colare; aggiustarete questa pasta in piccoli pezzi della grossezza d'un uovo di piccione sopra un piatto profondo, e fateli cuocere al forno. Per essere ben fatti bisogna che i ramequins siano leggieri, e di un bel colore.

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Tagliate in piccoli pezzi quattr’oncie di albicocche, e rompetene i loro nocciuoli per prenderne le amandole, quali dopo che avrete pelate le pestarete bene, mettendole poscia nel vaso colle albicocche, e due pinte d’acquavita, una mezza libbra di zuccaro, un poco di cannella, ed otto garofani con alquanto di macis; otturate bene il vaso lasciandovi il tutto in fusione per quindici giorni, o tre settimane, proccurando di scuotere di tanto in tanto il vaso; indi passatelo per un colatoio per metterlo ne’ vasi che porterete poi in cantina. Sorta di liquore.

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Per fare due pinte di rattafia d’anice mettete una libbra di zuccaro in una pentola con un quartino d’acqua; fatelo bollire insieme finché il zuccaro sia bene ischiumato, e chiaro: indi farete bollire a parte un quartino d’acqua, mettendovi tre oncie d’anice, levatelo poscia dal fuoco senza bollire, lasciandolo infusione per un quarto d’ora, e mettetelo nel zuccaro con una pinta e mezza d’acquavita, rivolgendo poi bene il tutto insieme avanti di metterlo nel vaso che otturarete bene, mettendolo indi al sole per tre settimane. Prima di metterlo ne’ fiaschi lo passerete per una stamigna.

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Per fare dell’acqua rinfrescante prendete quel frutto che bramerete, regolandovi come segue. Per ciascuna libbra di frutto metterete una pinta d’acqua; schiacciando però prima bene il frutto, e stemprandolo poi coll’acqua: indi passatelo in un pannolino bianco, mettendovi alquanto di zuccaro; poscia passatelo in un colatoio. Per avere l’acqua ben chiara tenetela al fresco finché dovrete servirla. Se poi vorrete farne del ghiaccio vi metterete alquanto più di zuccaro, mettendo l’acqua nelle forme di latta, facendola apprendere con del ghiaccio, e del sale, o salnitro. Quando comincieranno ad agghiacciarsi avrete la diligenza di rivolgerla di tanto in tanto con un cucchiaio finché sia bene rappresa, perché non facendo così, si agghiacciarebbero i soli bordi, e non il mezzo. Quando poi sarà bene agghiacciata aggiustatela ne’ piccoli bicchieri a ciò destinati, bisognando beverla nello stesso tempo.

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Prendete delle ciriegie belle, e ben mature, levate loro i gambi, ed i nocciuoli, aggiugnendovi alquanto di mora di rovo, schiacciate poi il tutto assieme, mettendole in qualche vaso che sia ben proprio, e lasciandole per quattro o cinque giorni; proccurate di rivolgere la massa due o tre volte al giorno che così prenderà un bel colore, ed ottimo gusto: allora premete il tutto bene per ricavarne il sugo; e poscia misurarete il sugo ricavato, e sopra tre pinte di sugo vi metterete altrettanto d’acquavita, e sopra questa dose pestarete tre pugilli de’ nocciuoli delle stesse ciriegie, e tre oncie di zuccaro per ogni pinta di rattafia. Mettete il tutto infusione nello stesso vaso con un pugillo di coriandri, ed un poco di cannella; bisogna poi rivolgerlo sette o otto volte al giorno; indi lo passarete in un colatoio ben chiaro, per poi mettere nel fiasco in cantina.

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Prendete de’ cotogni, che mondarete dalla lor pelle, e da’ semi, indi pestateli per cavarne il sugo, premendoli in una stamigna, e secondo la quantità del sugo che ricavarete, cioè se saranno tre pinte ne metterete due di acquavita, e tre oncie di zuccaro per ogni pinta, della cannella, del coriandro, zenzero, e macis, di ogni cosa con discrezione, facendo stare il tutto infusione per dieci, o dodici giorni; otturate poi bene il vaso in cui avrete posto il rattafia, acciocché l’aria non vi penetri dentro; indi passatelo per un colatoio ben chiaro, e mettetelo nel fiasco ben chino, portandolo in cantina, e più sarà vecchio sarà sempre migliore.

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Mettete una libbra di zuccaro in una pentola con un bicchiere d’acqua; facendolo bollire, ed ischiumandolo bene, continuate indi a farlo cuocere finché immergendo la schiumora, e ritirandola con soffiare a traverso de’ buchi ve n’escano delle grosse scintille di zuccaro; allora levatelo dal fuoco, mettendovi una mezza libbra di foglie di fiori di cedro; fategli dare due o tre bolli col zuccaro, togliendolo poscia dal fuoco, e coprendolo bene, lasciandolo per lo spazio di cinque o sei ore nel zuccaro, indi rimettetelo sopra di un fuoco lento con una pinta d’acquavita, lasciandolo sopra il fuoco mediocre fino che il zuccaro sia ben misto, ed incorporato coll’acquavita: indi passate il rattafia in una servietta, mettendolo dopo ne’ fiaschi. Per conservare i fiori di cedro che vi hanno servito a fare il rattafia, dopo che saranno stati ben premuti prendete una mezza libbra di zuccaro, e mettetelo in una pentola con un poco d’acqua, facendolo bollire, ed ischiumandolo: continuate a fare cuocere finché immergendovi due dita nell’acqua, e poi nel zuccaro, e di nuovo nell’acqua fresca, il zuccaro che restò attaccato alle dita si rompa netto, allora mettetevi i fiori di cedro, e fategli dare un piccolo bollo, levatelo dal fuoco, e rivolgetelo finché il zuccaro divenghi in polvere, mettendolo poscia sopra una stamigna; ricordatevi di mettervi sotto qualche cosa per non perdere il zuccaro che passerà per traverso. Questi fiori di cedro vanno messi in un luogo secco per poterli conservare, servendosi poscia di essi per metterli nelle creme, ed in tutto ciò che ha bisogno di fiori di cedro triti.

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Prendete una libbra di fior di cedro mondati, con due pinte d’acquavita, una pinta d’acqua, ed una libbra di zuccaro, mettendo il tutto infusione per tre settimane oppure per un mese; indi passatelo per un colatoio come gli altri.

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Prendete due libbre di ciriegie, e dopo di avere loro tolti i gambi, ed i nocciuoli, prendete una libbra di uva spina (detta uva tramata), una libbra di amarene nere, una libbra di mora di rovo, ed una libbra di more, che metterete appresso se non le avete tutte nello stesso tempo; schiacciate tutti questi frutti insieme per metterli in un vaso col loro sugo, e la metà de’ nocciuoli delle ciriegie ben pesti: lasciate il tutto infusione per tre giorni, indi passate il sugo in una stamigna per rimetterlo nello stesso vaso con altrettanta acquavita, quanto voi avrete il sugo, mettendovi tre oncie di zuccaro per ogni pinta di rattafia, ed un bastoncello di cannella. Lasciatelo infusione per due mesi; indi tirate il rattafia al chiaro per metterlo ne’ vasi.

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Per fare tre pinte di rattafia di ginepro mettete in un vaso due pinte d’acquavita con un buon pugillo di ginepro, ed una libbra e mezza di zuccaro, che farete bollire avanti con un boccale d’acqua finché sia bene ischiumato, e chiaro: otturate poscia bene il vaso, e tenetelo in un luogo caldo per lo spazio di cinque settimane circa avanti di passarlo per il colatoio; quando poi l'avrete passato, e ridotto al chiaro a sufficienza lo metterete ne’ fiaschi otturandoli diligentemente. Questo rattafia quando più è vecchio, più divien buono, essendo stomacale di sua natura, cioè buono per fortificare lo stomaco.

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Prendete otto limoni, oppure otto citroni secondo vorrete, indi pelateli leggermente, prendendo solo la scorza citrina, lasciando il bianco; tagliate questa scorza in piccoli pezzi, e metteteli in un vaso con tre boccali d’acquavita, lasciandoli infusione per lo spazio di tre settimane; poscia mettete una libbra di zuccaro in una pentola con un quartino d’acqua, fate bollire bene insieme, ed ischiumatelo a dovere: aggiugnetelo poscia coll’acquavita, e lasciatelo infusione per lo spazio di dodici, o quindici giorni, indi lo passarete per metterlo ne’ fiaschi. La bontà di questo rattafia consiste nel conservarlo lungo tempo, perché quanto più è vecchio, più divien buono.

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Per fare il rattafia di nocciuoli bisogna prendere una libbra d’amandole d’albicocche, scegliendone le più belle, e migliori; si può anche servire delle altre in mancanza delle prime: mettetele poscia infusione in due pinte d’acquavita, una pinta di acqua, una libbra di zuccaro, un pugillo di coriandri, ed un poco di cannella per lo spazio di otto giorni; indi passatelo in un colatoio che sia ben chiaro, poi mettetelo nel fiasco: ogni sorta di rattafia di semi, e d’altri nocciuoli si fanno nello stesso metodo.

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Allorché le noci saranno formate, prendetene una dozzina, spezzandole in mezzo, mettetele in un vaso con tre boccali di acquavita, otturatelo bene, e tenetelo in un luogo fresco per sei settimane, rivolgendo il vaso di tanto in tanto per incorporarlo insieme; mettete poscia una libbra di zuccaro in una pentola con un quartino d’acqua, facendolo bollire, ed ischiumandolo bene; dopo di aver passata l’acquavita alla stamigna vi aggiugnerete il zuccaro con un piccolo pezzo di cannella, ed un pugillo di coriandri; lasciate poscia il tutto infusione per lo spazio d’un mese, indi tiratelo al chiaro per metterlo ne’ fiaschi, li quali otturarete bene.

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Mettete in una casseruola un piccolo bicchiere di acqua, due oncie di butirro, ed un poco di sale; quando l’acqua principierà a bollire mettetevi due cucchiai di farina che stemprarete finché la pasta sia soda, e consistente: allora levatela dal fuoco, e stempratevi dentro ad uno per volta tanti uovi, quanti la pasta potrà riceverne senza però che divenghi liquida, ma solo tenera; aggiugnetevi in appresso del formaggio bianco alla crema ben sgocciolato, il quale stemprarete con la pasta, pigliate poscia delle forme a piccoli pasticci, e mettetevi un pezzo sfogliato della stessa pasta quanto quella a’ piccoli pasticci, e stendetela sopra le forme in maniera che ve ne avanzi della pasta attorno, aggiustarete in appresso sopra la detta pasta il formaggio della grossezza di un uovo, e l’invilupparete colli quattro cantoni di sfogliata, indorandola sopra con uovo sbattuto; fatele indi cuocere al forno a fuoco dolce, e quando saranno cotte, e di bel colore servite caldamente per tramesso.

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Prendete nella primavera verso il mese di giugno di ogni sorta di piccole erbe, come crescione, pimpinella, cerefoglio, e serpentaria, facendole seccare al sole; secche che saranno mettetele in un vaso della grandezza di sei pinte, con dieci baccelli d’aglio, altrettante cipolline, sei cipolle, un pugillo di senapa, venti garoffani, mezz’ottavo di mace, un ottavo di pepe lungo, un citrone tagliato in fette colla sua scorza; allora riempite il vaso d’aceto, e dopo d’averlo esattamente otturato lo esporrete per dieci giorni all’ardore del sole: indi lo colarete per tirarlo al chiaro, mettendolo in ampolle che chiuderete bene, e ve ne servirete per ciò che più giudicarete a proposito.

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Cominciate a mettere in confettura le albicocche, come si è detto alle prune confette; mettetele indi col suo siroppo al fuoco; quando bolliranno gettatevi dentro una pinta di acquavita, facendo loro dare un bollo, poscia ritiratele, e mettetele ne’ vasi. Bisogna osservare quello che fa d’uopo, cioè di mettere una pinta d’acquavita per ogni centinaia d’albicocche, essendo necessario anche di levare la pentola dal fuoco, poiché nel versarvi dentro l’acquavita potrebbe darsi che dentro s’attaccasse il fuoco oncie bisognerebbe aver in pronto un qualche straccio bianco bagnato nell’acqua per coprirne la pentola subito, e con tal mezzo estinguere il fuoco di dentro; ma il meglio è di proccurare che questo non arrivi.

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Farete tutto come sopra, non mettendo però nella cottura delle lenti le code delle cipollette, ed il prezzemolo. Si servono per entrée.

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Fatele cuocere con alquanto di brodo, ed un mazzetto guernito, sale, pepe, ed alquanto di ventresca, se vi piace; prendete una libbra di piselli cotti nel brodo, e delle code di cipolle, prezzemolo, riducetele in sugo per mezzo della stamigna; mettete nel sugo la cottura delle ale per darli gusto, e servitela sopra delle ale, e della ventresca in una terrina, che sia né troppo chiara, né troppo spessa.

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Coprite il fondo di una casseruola di fette di vitello, e le ale di sopra coperte con fette di lardo, mettete un mazzetto guernito, sale, pepe rotto, un bicchiere di vino di sciampagna, e mezzo bicchiere di buon brodo; lasciate cuocere lentamente; quando tutto è cotto, aggiugnete due cucchiai di sugo colato nella salsa, levatele il grasso, e passatela alla stamigna, servendola sopra le ale ben asciutte dal loro grasso. Cotte cosi in vece del vino voi potete mettervi qualche salsa od intingolo che più vi piacia.

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Fatele cuocere con un bicchier di brodo, mezzo bicchier di vin bianco, un mazzetto guernito, sale, e pepe rotto; quando saranno cotte a piccol fuoco, attaccate tutta la salsa alle ale, quasi ghiacciandole; lasciatele raffreddare, indi immergetele in alquanto d’olio per coprirle con pane grattato; bagnatele pure con olio, e fatele colorire alla graticola; servitele senza salsa oppure con una salsa chiara condita di buon gusto. Le stesse ale possono farsi friggere, non immergendole però prima in olio, ma in uova sbattute, indi coperte di pane grattugiato fatele friggere; si può fare lo stesso con ale, che siano già state servite.

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Dopo d’averle imbianchite, e pelate mettetele in una casseruola sopra delle fette di lardo, con due cucchiai d’olio, un bicchier di vin bianco, altrettanto brodo, un mazzetto di prezzemolo, cipollette, due baccelli d’aglio, timo, lauro, basilicò, due garoffani, sale, pepe rotto, e due pugni di coriandoli; quando sono cotte passate la salsa allo staccio, toglieteli il grasso, ed aggiugnete un poco di sugo colato per unirla; asciugate le ale con un pannolino bianco, e servitele colla salsa di sopra.

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Fate un intingolo di piccole cipolle già spiegato di sopra; mettete le ale in una casseruola con brodo, un mazzetto guernito, sale, e pepe rotto; fatele cuocere, indi levate il grasso della cottura, e passatele alla stamigna, mettetele nell'intingolo delle cipolle per darle corpo, e servite a corta salsa sopra le medesime per entrée.

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Prendete dieci, o dodeci ale di pollo d’india, o quindeci di pollastri ben pelate, piccatele di ventresca, indi fatele imbianchire un poco all’acqua bollente, e cuocere come i fricandeau alla cittadina.

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Fate un piccolo rosso con un cucchiaio di farina, e del butirro bagnato con mezzo bicchiere di vin bianco, ed altrettanto brodo, fatevi cuocere dentro le ale con un mazzetto di prezzemolo, cipollette, e due baccelli d’aglio, timo, lauro, basilicò, e due garoffani, sale, e pepe rotto, alla metà della cottura mettete per lo meno una dozzina di piccole cipollette bianche, imbianchite un quarto d’ora all’acqua bollente, e pelate; tagliate delle molliche di pane della grandezza d’un mezzo scudo, e lasciatele al fuoco con un poco di butirro, finché siano colorite; finito l’intingolo, e ridotto a corta salsa aggiugnetevi alquanti cappari fini intieri, aggiustate le ale con il pane di sopra, ed intorno alla salsa.

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Dopo d’averle pelate, ed imbianchite, fatele cuocere come la fricassea de’ pollastri.

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Prendete sei, o otto ali di pollo d’india, pelatele, poi fatele imbianchire; mettetele in una casseruola con un mazzetto di prezzemolo, cipollette, due garoffani, mezza foglia di lauro, ed alquanto di basilicò; bagnate con un bicchier di vin bianco, ed altrettanto brodo; fate cuocere a lento fuoco per mezz’ora, indi aggiugnete per lo meno una dozzina di piccole cipolle imbianchite un quarto d’ora all’acqua bollente, e ben pelate, un poco di sale, e pepe rotto; lasciatele finire di cuocere, e ritiratele dalla casseruola per sgocciolarle, passate la salsa allo staccio, e riducetela se è troppo lunga, mettetevi alquanto di butirro con un pugno di farina, facendola unire al fuoco; prendete il piatto che dovete servire, mettetevi un poco di salsa nel fondo, con sopra mezzo pugno di formaggio di Savoia, o parmeggiano raschiato, aggiustate di sopra le ale con le piccole cipolle intiere, mettete il resto della salsa di sopra, e coprite di formaggio raschiato, mettendo il piatto sopra d’un piccolo fornello per farlo bollire lentamente finché vi resti più poca salsa; colorite di sopra con una paletta infuocata, o un coperchio da tortiera carico di fuoco; servite caldo.

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Bisogna avere un pane molle di una libbra, lungo e ben tosto, tagliatelo dai due canti, ed inlardate tutto il mezzo con ventresca tagliata in pezzi, indi avrete un coltello ben affilato, e tagliarete il pane in fette della spessezza di due scudi; immergete queste arrostite in uovo sbattuto, e mettetele a misura in una frittura che non sia troppo calda; fatele friggere dolcemente a piccol fuoco finché siano di un bel colore dorato, e servite con una salsa chiara, un poco d’aceto, e pepe rotto.

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Tagliate per metà sei grossi pomi ranetti, togliendoli a ciascuno la pelle, ed i granelli, e gettandoli a misura che li mondarete nell’acqua fresca, fateli poscia cuocere con un gran bicchiere di acqua, il sugo della metà d’un cedro, ed un pezzo di zuccaro; allorché li pomi saranno cotti aggiustateli bene in un compostiere, facendo indi ridurre il siroppo finché s’attacchi alle dita, e poscia versatelo sopra de’ pomi.

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Cavata che avrete colla punta di un piccolo coltello la semente dall’agresto lo metterete in una pentola con tre oncie di zuccaro, ed un bicchiere d’acqua; fatelo bollire a piccol fuoco; quando sarà ben verde, e ridotto il siroppo, aggiustatelo nel compostiere, e servitelo freddo.

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Mettete in una casseruola due cucchiai di olio fino, della cipollina, e funghi triturati, due baccelli d’aglio interi, passate il tutto sopra il fuoco, mettendovi un pugillo di farina, e bagnate con brodo, ed un bicchiere di vino bianco, sale, e pepe rotto, un mazzetto di prezzemolo, e cipollette: fate bollire il tutto insieme a piccol fuoco per mezz’ora, disgrassatela, e non lasciate di olio che ciò che vi abbisogna, perché sia perlata, e leggiera, levatevi il mazzetto, e l’aglio, servendo con ciò che giudicarete a proposito.

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Fate bollire un quartino di vino con altrettanto di brodo, quando che sarà ridotto a metà vi metterete una cipollina con un poco d’aglio, un pugillo di fornitura d’insalata, il tutto triturato ben fino; fate bollire per un momento, mettendovi poscia del butirro grosso come una noce, stemprato con un piccolo pugillo di farina, sale, e pepe rotto; facendo unire il tutto bene sopra il fuoco.

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Mettete in un vaso ben otturato una libbra di fior di cedro, una pinta, e mezza di acqua, due pinte d’acquavita, ed una libbra e mezza di zuccaro: poi mettete questo vaso in una caldaia piena d’ acqua, che farete bollire sopra il fuoco per lo spazio di dieci ore; poscia levatelo dal fuoco, lasciandolo ben raffreddare avanti di tirarlo al chiaro, e si conserva come gli altri sopra.

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Tagliatela in pezzi, e fatela cuocere come se voleste metterla in fricassea di pollastri; quando è pressoché cotta prendete dei talli di lattuche romane ben pelati, e cotti in un’acqua bianca con alquanto di sale, e butirro; fateli sgocciolare, indi metteteli a condire con l’anguilla; aggiugnete in appresso un’unione di tre rossi d’uova stemprati con crema; fate unire al fuoco, ed in servendo versatevi un poco d’aceto, se non avete messo del vino nella fricassea.

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Triturate sottilmente alquanto di finocchio, prezzemolo, cipollette, una punta d’aglio piccola, due carotole, unite il tutto con butirro, della grossezza d’una noce, sale fino, e pepe, fate imbianchire tre, o quattro animelle, piccatele in varie parti al di sopra per farvi entrare il butirro colle erbe: mettete le animelle in una casseruola, con sopra qualche pezzo di lardo, un mezzo bicchiere di vin bianco, altrettanto di buon brodo, fatele cuocere a fuoco lento; quando saranno cotte, disgrassate la salsa, che deve esser corta, e servitela sopra le animelle; se volete mettere un cucchiaio di suco colato nella salsa, riuscirà meglio.

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Prendetene tre, o quattro, lavatele nell’acqua tepida, ed imbianchitele, poscia ritiratele all’acqua fresca, levateli il cornetto, e lasciatele la gola. Mettete a cuocere le animelle, e le gole con un bicchiere di vin bianco, un mazzetto guernito, sale, e pepe, quando saranno cotte, passate la salsa allo staccio, fatela ridurre, se ella è troppo lunga, mettetevi un cucchiaio d’agresto, con butirro della grossezza d’una noce, unito con un pugno di farina, fate unire al fuoco, finché la salsa abbia la consistenza d’una crema doppia, mettetevi un pugno di prezzemolo imbianchito, e triturato fino: aggiustate le animelle nel piatto da servire con la salsa di sopra, e servitele per hors d’oeuvres, e per tramesso.

Pagina 84|85

Prendete tre animelle, lasciatele nell’acqua tepida per lo spazio d’un’ora, ed imbianchire un quarto d’ora nell’acqua bollente, poscia ritiratele all’acqua fresca, e tagliate ciascuna in tre parti, mettete nella casseruola del butirro grosso come una noce unito con farina, ed un mezzo bicchiere d’aceto, un quartino di acqua, tre garoffani, un baccello d’aglio, due carotole, quattro cipollete, un pugno di prezzemolo, una foglia di lauro, timo, basilicò, sale, e pepe, fate intiepidire la marinata, volgendo il butirro fino che sia fonduto, poscia mettetevi le animelle, e levatele dal fuoco, per lasciarle marinare un’ora e mezza, mettetele a sgocciolare, ed asciugatele con un pannolino: infarinatele, e fatele friggere di bel colore; dopo d’averle ritirate, mettete del prezzemolo ben verde, e fatelo friggere bene, che servirete d’intorno alle animelle: ogni sorta di marinata si fa nella stessa maniera.

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Tagliate tre oncie di lardo in picciole fette sottili larghe un dito in quadrato, lasciatele nella casseruola, finché siano mezze cotte; prendete due animelle lavate, ed imbianchite, e tagliatele in dadi; mettete nella casseruola della ventresca con prezzemolo, cipollette, fonghi, una carotola, una punta d’aglio, il tutto trito, passatela al fuoco, mettendovi un pugno di farina, bagnate con brodo, e fate bollire finché non vi sia più salsa, se il lardo non ha condito abbastanza l’intingolo, aggiugnetevi alquanto di sale, e pepe. Non disgrassate l’intingolo, se non quando è quasi cotto, mettetevi quattro rossi d’uova, fate unire al fuoco senza che bolla, e che la salsa sia spessa, in maniera che s’attacchi alla carne; coprite le animelle con pane grattugiato, e fatele arrostire alla graticola, e colorire a piccol fuoco, e servitele asciutte per tramesso, e per hors d’oeuvres.

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Prendete due animelle, lavatele, ed imbianchitele, tagliatele in cinque, o sei pezzi, e mettetele nella casseruola con fonghi, un pezzo di butirro, ed un mazzetto guernito, passate il tutto al fuoco, indi mettete un pugno di farina bagnato con un bicchier di buon brodo, e mezzo bicchiere di vino bianco, condite di sale, e pepe, fate bollire a piccol fuoco per mezz’ora, disgrassatele, ed aggiugnete due cucchiai di suco colato; questo intingolo serve a guernire ogni sorta d’entrées di carne, e di torta. Se si tratta di torte, fate la salsa più abbondante: lo stesso intingolo può altresì servire per tramesso, ed allora v’abbisognano tre animelle, ed in vece del suco colato, quattro rossi d’uova stemprati con crema; e bisogna disgrassar meno l’intingolo: fate unire al fuoco senza che bolla; servite a corta salsa, ed aggiugnetevi alquanto d’aceto se non è abbastanza acida.

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Prendete due animelle grosse, lavatele nell’acqua tepida, poscia imbianchitele in acqua bollente per un mezzo quarto di ora, indi ritiratele all’acqua fresca, levatele il cornetto, e tagliate le animelle, e la gola, che farete marinare con olio, o lardo fonduto, prezzemolo, cipollette, fonghi, una carotola, il tutto triturato, sale, e pepe; fate sei, o otto piccole cassette di carta lunghe tre dita, ungetele di sotto con olio, e metteteci dentro le animelle con tutto il suo condimento, mettete le cassette sulla graticola con un foglio di carta unto sotto; fate cuocere dolcemente per un’ora, ed avvertite di non lasciar abbrucciar la carta: quando saranno cotte, mettetevi leggermente alquanto di suco di citrone, o d’aceto bianco.

Pagina 85|86

Prendete due, o tre anitrini votati, aggiustate loro le zampe in modo che non comparisca altro che l’artiglio; fateli imbianchire un momento all’acqua bollente, poi fate un piccolo rosso con due pugni di farina, e del butirro: mettete dentro gli anitrini con una libbra di piccoli piselli, un mazzetto di prezzemolo con delle cipollette; fate bollire lentamente finché gli anitrini siano cotti; un momento prima di servire aggiugnete alquanto di sale, e servite a corta salsa. Li paperi si aggiustano nella stessa maniera.

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Bene pelato, abbrustolito, e votato un anitro aggiustateli le zampe nel corpo, indi legato mettetelo in una casseruola proporzionata con un mazzetto di prezzemolo, cipollette, un baccello d’aglio, due garoffani, timo, lauro, basilicò, un buon pugno di coriandoli, delle fette di cipolla, una carotola, una pastinaca, un pezzo di butirro, due bicchieri di brodo, ed uno di vin bianco; fate cuocere a lento fuoco, e quando che l’anitro piega sotto il dito, passate la salsa alla stamigna, levando il grasso, e servitela sopra. Voi potete altresì tagliarlo in quattro prima di farlo cuocere.

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Fate cuocere mezza libbra di piselli secchi con alquanto di brodo, prezzemolo, e code di cipolle, indi passateli in sugo molto spesso; se i piselli sono verdi, mettetene una libbra senza prezzemolo, e cipollette; fate cuocere l’anitro con brodo, sale, pepe, ed un mazzetto guernito; indi passata la salsa alla stamigna mettetela nel sugo per darle corpo: fate ridurre il sugo a segno che sia né troppo chiaro, né troppo spesso, e servitelo sopra l’anitro; voi potete ancora mettere un pezzo di lardo tagliato in fette vicino alla cotica, e servirlo d’intorno; ogni entrée al sugo verde si fa in questa maniera.

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Fatelo cuocere con un quartino di vin bianco, altrettanto brodo, sale, e pepe rotto; mettete in una casseruola due cucchiai a bocca di olio, prezzemolo, cipollette, funghi, ed un baccello d'aglio, il tutto triturato, passatelo al fuoco con un pugno di farina bagnata con la cottura dell'anitro, disgrassata, e passata alla stamigna, fate ridurre la salsa, levatele il grasso, e servitela sopra l’anitro per entrée.

Pagina 212

Fatelo cuocere con alquanto di brodo, mezzo bicchier di vin bianco, un mazzetto di prezzemolo, cipollette, timo, lauro, basilicò, e due garoffani: mettete in una casseruola sette, o otto grosse cipolle tagliate in fette con butirro, volgendole al fuoco soventi finché siano colorite; aggiugnete un buon pugno di farina bagnata con la cottura dell’anitro, di poi fate cuocere le cipolle, e ridurre a corta salsa, levate il grasso, aggiugnendo alquanto d’aceto, e servitela sopra l’anitro.

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Aggiustatelo come abbiamo detto di sopra alla pag. 209 dell’oca alla daube.

Pagina 211

Abbrustolito votatelo, e metteteli in corpo un salpicon fatto così: tagliate in dadi un’animella di vitello con ventresca; unite tutto con prezzemolo, cipolla, funghi, e cipolline, il tutto tagliato, sale, e pepe rotto; cucitelo, e fatelo cuocere con una fetta di lardo sopra lo stomaco, un bicchiere di vin bianco, altrettanto brodo, due cipolle, una carotola, mezza pastinaca, ed un mazzetto guernito; subito che sia cotto passate la salsa alla stamigna, e levate il grasso, aggiugnendo alquanto di sugo colato per unirla; fatela ridurre, e servitela sopra l’anitro per entrée.

Pagina 210|211

Prendete un anitro abbrustolito, votato, e con le zampe aggiustate al di dentro; dopo d’averlo ben pelato mettete del butirro in una casseruola con un cucchiaio di farina che farete arrossire, bagnando con brodo, mettete l’anitro dentro con un mazzetto guernito, alquanto di sale, e pepe rotto, facendovi cuocere insieme delle rape tagliate propriamente, mettendole nello stesso tempo se sono dure, se no a metà della cottura dell’anitro; tosto che sia ben cotto l’intingolo, e disgrassato, aggiugnete un poco d’aceto, e servite a corta salsa; così si aggiusta l’anitro con le rape alla cittadina; si può altresì far cuocere l’anitro a parte in una braise bianca, e le rape, ed emendarle, farle imbianchire, e cuocere con buon brodo, sugo di vitello, e sugo colato; quando l'intingolo è fatto servitelo sopra l’anitro.

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Abbrustolitelo, e votatelo dalla parte del gozzo, e disossatelo affatto senza rompere la pelle; quando cominciate a disossarlo, ed a rivolgerlo, a misura che li levate le ossa, riempitelo a metà con una farsa di pollame oppure non avendone altra, di pollo d’india. La farsa di pollo d’india si fa prendendo alquanto di coscia di vitello, il doppio di grasso di bue tagliato insieme con prezzemolo, cipollette, e funghi, il tutto triturato, due uova, sale, e pepe; meschiate bene tutto insieme, e mettetelo nel corpo dell’anitro, legatelo, e fatelo cuocere alla braise, come la lingua di bue. Quando sarà cotto asciugatelo dal grasso, e servitelo con una buona salsa od un intingolo di castagne; fate cuocere dei marroni in un quartino di vin bianco con alquanto di sugo colato, e sale; servite come più vi piacerà.

Pagina 204|205

Disossatelo, e riempitelo come l’anitro con la farsa, poscia fatelo cuocere con un bicchier di vin bianco, ed altrettanto brodo, un mazzetto guernito, sale, e pepe rotto; quando sarà cotto passate la salsa alla stamigna, disgrassatela, aggiugnendo alquanto di sugo colato per unirla; quando sia ridotta servitela sopra l’anitro.

Pagina 211

Abbrustolito, votatelo, e tagliatelo in quarti, fatelo cuocere in una piccola pignatta con rape, un quarto di cavolo, pastinaca, carotole, cipolle, il tutto tagliato, e propriamente aggiustato; fate imbianchire il tutto per mezzo quarto d’ora, indi cuocere in una pignatta con buon brodo, lardo tagliato in fette e attaccato alla cotica, e legato, un mazzetto guernito con alquanto di sale. Quando tutto sarà cotto aggiustate l’anitro in una terrina da servire sopra la tavola con gli erbaggi d’intorno, levate il grasso dal brodo della pignatta, in cui sono cotti gli erbaggi, ed aggiugnete alquanto di sugo colato, servendo a corta salsa sopra gli erbaggi, e l’anitro. Gustate prima se la salsa è di buon gusto.

Pagina 205

Aggiustatelo come il pollo d’india in ballone.

Pagina 210

Prendete una dozzina di aringhe salate, tagliate loro l’estremità della testa, e della coda; lasciatele per quattr’ore nell’acqua, e due ore in un quartino di latte: indi asciugatele, ed immergetele in butirro caldo meschiato con mezza foglia di lauro, timo, basilicò in polvere, due rossi d’uova, e pepe rotto; copritele a misura che le bagnate con butirro, e pane grattugiato, e fatele cuocere lentamente alla graticola, mettete nel fondo del piatto che dovete servire due cucchiai d’agresto, ed aggiustate sopra le aringhe.

Pagina 262

Essi si fanno con un intingolo di spinacci fatto con buon gusto, e ben consistente, indi vi metterete due rossi d’uovo crudi; aggiustate gli spinacci sopra della midolla di pane tagliato come le precedenti, unite con un coltello immerso nell’uovo, coprendo il disopra con pane grattugiato, fatele friggere, e servite senza salsa. Le arrostite ai fagiuoli verdi si fanno nello stesso modo come quelle de’ spinacci.

Pagina 387

Fate un intingolo di cocomeri, come quello alla pag. 304, quando sarà fatto, e ben unito mettetevi tre rossi d’uova, aggiustatelo sopra della mollica di pane, e finite come si è detto degli spinacci.

Pagina 387

Esse si fanno tagliando sei, o sette fette di pane della larghezza di due buone dita, passatele nel butirro finché siano di un bel colore dorato; tagliate indi altrettante fette di giambone della medesima grandezza; levarete il sale, lasciandolo stare nell’acqua un’ora (se non fosse per sorte fresco), mettetelo indi in una casseruola sopra un piccol fuoco per un’ora, quando il giambone sarà cotto toglietelo dalla casseruola, e mettete nella stessa un pugillo di farina per far un piccol rosso, bagnando con brodo senza sale, ed un poco d’aceto; fate bollire per un buon quarto d’ora, dopo di aver disgrassato passate questa salsa alla stamigna, ed aggiustate il giambone sopra le arrostite di pane, e la salsa sopra con alcuni grani di pepe rotto.

Pagina 385

Tagliate de’ pezzi di pane della larghezza di due dita, ed un poco più lunghi, e della spessezza di due scudi, metteteli in una casseruola con olio per passarli sopra di un piccol fuoco, volgendole di tanto in tanto finché siano di un bel colore dorato; aggiustatele nel piatto, mettendovi sopra de’ fili d’acciughe, e dell’olio che già vi ha servito a passare le arrostite, della cipollina, prezzemolo, cipolletta, un baccello d’aglio, il tutto triturato, una mezza foglia di lauro, timo, basilicò in polvere, pepe rotto, ed alquanto d’aceto; fate bollire il tutto per un momento, ed aggiustate sopra le arrostite, e servite freddo.

Pagina 387|388

Tagliate delle fette di pane della larghezza di due dita, e di eguale grandezza, mettetele sopra della ventresca a sufficienza tagliata in piccoli dadi, e stemprata con un uovo crudo, prezzemolo, cipollette, una cipollina, il tutto ben trito, e del pepe rotto; fatele friggere a piccol fuoco, e servite con una salsa chiara, ed un poco d’aceto.

Pagina 385|386

Si fanno colla mollica di pane passata al butirro: aggiustarete sopra mezza dozzina di acciughe ben lavate, e tagliate in fili ben sottili in tutta la sua lunghezza, condite le arrostite con olio, aceto, e pepe rotto.

Pagina 386

Prendete di qualsivoglia sorta di carne di quella che avrete già levato dalla tavola, tagliatela in piccoli dadi per farne un intingolo ben legato, quando sarà freddo mettetevi due rossi d’uova crudi: aggiustate la carne sopra della mollica di pane; fate friggere di bel colore, e servite colla salsa chiara.

Pagina 387

Prendete delle fette di pane tagliate propriamente della lunghezza, e larghezza di un dito, fatele friggere nell’olio, ed aggiustatele in un piatto di tramesso. Mettetevi sopra una salsa fatta con olio fino, aceto, pepe rotto, prezzemolo, e cipollette, il tutto triturato, e coprite a mezzo le vostre arrostite con delle fila di acciughe.

Pagina 263

Esse si fanno tagliando della mollica di pane della stessa grandezza come le precedenti, e mettetele sopra una farsa di un rognone di vitello cotto allo spiedo che voi triturarete con altrettanto di suo grasso, prezzemolo, cipollette, ed una cipollina trita, sale, e pepe, unite con quattro rossi d’uova, sbattendone bene i bianchi; mettete questa farsa sopra le arrostite, unite il disopra con un coltello immerso nell’uovo sbattuto, coprite con pane grattugiato; fatele friggere sopra una tortiera con fuoco sotto, e sopra, servitele con una piccola salsa chiara un poco rilevata con acido, e pepe.

Pagina 386|387

Si mette intiero nello spiedo, piccato di ventresca, e si serve nel suo suco per pezzo di mezzo, e si mette ancora alla sainte Menehoult; allora fatelo cuocere alla braise, come la lingua di bue; quando poi è cotto copritelo con pane grattugiato per farlo colorire, e servite sotto una buona salsa; si può anche quando è ben piccato farlo cuocere come un fricandeau, ed anche ghiacciarlo. Si servono altresì cotti alla braise, ed immascherati con diversi intingoli di legumi, o differenti salse.

Pagina 127

Bisogna sceglierlo ben mondato dalla sua scorza, che sia nuovo di Levante, netto, ben nutrito, e di mezzana grossezza; bisogna osservare che non sia stato bagnato con acqua di mare, e non senta il muffiato. Bisogna abbrucciarlo in una pentola di ferro, o di terra: mentre che è sul fuoco si agita incessantemente, rivolgendolo colla padella finché divenghi quasi nero; poscia si riduce in polvere col molinello. Si fa bollire dell’acqua in una caffettiera, si ritira un poco dal fuoco per gettarvi dentro, cioè sopra una pinta d’acqua un’oncia e mezza di caffè; poi subito si agita l’acqua con un cucchiaio tanto per rimeschiarvi il caffè, che per impedire che l’acqua bollendo esca dalla caffettiera; fategli dare sei o sette bolli circa sul fuoco, finché non vi apparisca più il caffè sull’acqua, ritiratelo poscia dal fuoco, e gettatevi dentro un cucchiaio a bocca pieno d’acqua fresca, e lasciatelo riposare sulla cenere calda. Quando vorrete servirlo lo tirarete al chiaro, e lo farete scaldare a sufficienza. Se lo vorrete servirlo al latte, o al fior di latte: fate separatamente bollire l’uno, e l’altro in una caffettiera che verserete così bollente nelle tazze, versandovi sopra il caffè. Proccurarete per bere il caffè buono, che sia sempre abbruciato di fresco.

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Fate bollire dell’acqua, allorché bollirà prendete un’oncia di cioccolato per ogni tazza d’acqua; mettete il cioccolato in una cioccolattiera, versandovi l’acqua bollente sopra, poscia fategli dare due o tre bolli al cioccolato, levando la cioccolattiera dal fuoco, lasciandolo cuocere dolcemente per un quarto d'ora, rivolgendolo collo sbattitore per terminare di dissolverlo; quando sarete vicino a servirlo cominciarete a sbatterlo dopo averlo tolto dal fuoco finché abbia fatto molta schiuma, quale versarete nella tazza, terminando di riempirla di cioccolato, si ricomincia indi a sbatterlo per fargli venire di nuovo la schiuma, e si riempie medesimamente di mano in mano le altre tazze; allorché collo sbattitore si vuol far montare bene la schiuma bisogna che a misura della quantità di cioccolato che avete, la mazza del frugone sia di tale altezza che senza toccare al fondo della cioccolattiera, da cui essa deve esser lontana un mezzo traverso di dito, sia intieramente coperta di cioccolato poiché, se la parte superiore dello sbattitore eccedesse l’altezza del liquore, la schiuma si farebbe imperfettamente. Il cioccolato al latte si fa nella stessa maniera, ed in luogo dell’acqua, come ho detto qui sopra, vi servirete del latte che farete bollire, procurando che non si rappigli: e se alle volte il cioccolato non fosse abbastanza dolce da se stesso vi aggiugnerete del zuccaro a vostro piacere.

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Bisogna pigliare il tè recente, e che sia in piccole foglie verdi intiere, di un odore, e di un gusto di violetta, e che sia dolce, ed aggradevole. Metterete in infusione caldamente per un quarto d’ora due pugilli di tè in un boccale d'acqua bollente. Il tè si prende col zuccaro in pane: ed allorché si prende col siroppo di capelvenere, allora si chiama bavaresa; alcune volte col tè si mette in infusione due fette di citrone, ed allora si dimanda citronella. Per chi gli piace se ne fa eziandio del tè al latte.

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Prendete due oncie di farina di riso passata alla stamigna, mettetela in una terrina con mezza libbra di zuccaro fino, quattro rossi di uova, ed un pugno di citrone verde tagliato ben fino; sbattete il tutto ben insieme per un quarto d’ora: poscia aggiugnetevi otto bianchi d’uova sbattuti, aggiustando i biscottini in piccole forme di carta unte al di dentro con butirro, e facendole cuocere lentamente nel forno; quando saranno coloriti levateli dalle forme ancor caldi.

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Si fanno nella stessa maniera de’ precedenti, con questo però che basta la sola metà; non metteteli nelle forme: quando la pasta è fatta mettetene un cucchiaio per ciascun biscottino, stendendolo in lungo sopra un pezzo di carta bianca. Indi copriteli con zuccaro fino, e fateli cuocere nel forno più lentamente de’ precedenti, distaccandoli subito cotti dalla carta con un coltello.

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Se ne fanno di due sorta, cioè di amandole amare, e di amandole dolci; questi si fanno con prendere quattr’oncie di amandole dolci pelate, e ben pestate in un mortaio con un pugno di zuccaro affinché non facciano olio; sbattendole per lo spazio di un quarto d’ora con un'oncia di farina, tre rossi d’uova, e quattr’oncie di zuccaro fino, aggiugnendovi poscia quattro bianchi d’uova sbattuti; mettete la pasta nelle forme di carta fatte in forma di cassa, o sia di tamburro, della larghezza ed altezza di due dita, unte al di dentro con butirro, coprendo poscia i biscottini con zuccaro, e facendoli cuocere lentamente nel forno; quando saranno ben coloriti levateli dalla carta che siano ancora caldi. Quelli di amandole amare si fanno nella stessa maniera, con questa differenza che per due oncie di amandole amare vi vuole un’oncia di amandole dolci; regolandovi sopra di questa dose per farne la quantità che vorrete, mettendo il resto a proporzione, secondo quello che abbiamo detto di sopra de’ biscottini di amandole dolci.

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Prendete sei uovi freschi, rompeteli mettendo i rossi in un vaso, ed i bianchi in un altro; indi mettete con i rossi un'oncia e mezza di buon cioccolato, e sei oncie di zuccaro fino; sbattete il tutto insieme più d’un quarto d’ora, aggiugnendovi i bianchi già bene sbattuti; quando poscia saranno bene incorporati assieme infonderete a poco a poco sempre mescolando, sei oncie di farina; indi aggiustateli come quelli al cucchiaio sopra della carta oppure in piccole forme di carta unte al di dentro, coprendoli con zuccaro, e facendoli cuocere come li precedenti.

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Pestate in un mortaio della scorza di citrone confetto con un buon pugno di fiore di melarancio, indi aggiugneteli due cucchiai di marmellata d’albicocchi, tre oncie di zuccaro fino, e quattro rossi d’uova freschi, unendo il tutto insieme, e passandolo in una stamigna, che fortemente premerete con un cucchiaio di legno, aggiugnendovi quattro bianchi d’uova sbattuti, ed aggiustando in lungo sopra la carta bianca, come quelli al cucchiaio, copriteli con zuccaro fino per ghiacciarli, e fateli cuocere lentamente nel forno.

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Si fanno come quelli delle amandole dolci, detto di sopra.

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Prendete dieci uova, mettendo i rossi di cinque in una terrina con del fiore di melarancio, e della scorza di citrone verde, il tutto ben triturato; sbattete il tutto insieme con dieci oncie di zuccaro ben fino, finché il zuccaro sia bene incorporato con le uova, ed alquanto liquido; indi sbattete i bianchi de’ dieci uovi, e quando saranno ben inspessiti meschiateli con il zuccaro; aggiugnendovi sei oncie di farina a poco per volta, volgendo bene il tutto acciò si unisca insieme; aggiustate poscia la pasta nelle forme ben unte, coprendoli di zuccaro, e fateli cuocere a fuoco lento nel forno.

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Secondo la grossezza, e quantità de’ biscottini che vorrete fare accrescerete, o diminuirete la dose quivi espressa. Prendete otto uovi con due libbre di zuccaro, mettete altresì una libbra di farina; rompete poscia gli uovi, mettendo i bianchi in disparte in un vaso, ed i rossi in un altro con il zuccaro, ed alquanto di scorza di citrone verde tagliato ben fino; sbattendo per mezz’ora i rossi d’uova con il zuccaro, indi sbattete li bianchi finché siano ben spessi, e meschiateli con il zuccaro; poscia vi metterete la farina a poco per volta, volgendo bene il tutto; prendete delle forme di latta, o di carta ben unta al di dentro con del butirro, e mettetevi dentro la pasta, non riempiendole più della metà: coprite il di sopra con zuccaro fino, facendole indi cuocere per lo spazio di mezz’ora nel forno; quando saranno coloriti, e quasi raffreddati ritirateli dalle loro forme.

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Mettete cinque uovi con quindici oncie di zuccaro, ed altrettanto di farina, mettendo il zuccaro in una terrina con della scorza di citrone verde tagliata, e del fiore di melarancio triturato con li cinque rossi d'uova, sbattete bene il tutto insieme finché il zuccaro sia bene unito cogli uovi, indi mettete la farina, ritornando a sbattere bene il tutto insieme; sbattete li bianchi d’uova finché siano spessi, e quasi in neve, e meschiateli con il zuccaro, e la farina; indi prendete due fogli di carta bianca, piegateli in lungo, dando loro la figura di un canaletto dell’altezza, e larghezza di un dito, ungendoli con butirro caldo, e mettete loro dentro due cucchiai della pasta; copriteli poscia con zuccaro fino, facendoli cuocere nel forno a fuoco lento: quando saranno coloriti li levarete dalla carta per metterli sopra di una servietta in un luogo secco. Questi sono molto buoni da immergersi ne’ liquori.

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Prendete la quantità che stimate a proposito di tranche di bue, che tritturarete con una quarta parte di grasso di bue, dopo mettete la carne in una casseruola con lardo magro tagliato in piccoli dadi, prezzemolo, cipollette, funghi, due cipolline, il tutto ben trito, pepe grosso, un piccol bicchiere d’acquavita, quattro rossi d’uova, meschiate il tutto bene, mettete al fondo dei vaso di terra delle fette di lardo, mettendovi la carne sopra ben aggiustata, e ferma; coprite con coperchio, chiudendone i bordi con farina stemprata con aceto: mettete a cuocere nel forno per tre o quattro ore. Se voi lo servite caldo per entrée, togliete le fette di lardo, e disgrassate la salcia; per tramesso lasciatelo raffreddare nella sua cottura, e servite.

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Inlardate i pezzi di bue con lardo, aggiustate con prezzemolo, cipolette, funghi, un baccello d’aglio, il tutto ben tritato con sale, e pepe, fatelo cuocere per cinque, o sei ore a piccol fuoco nel suo sugo; a metà della cottura, mettetevi un cucchiaio d’acquavita: quando sarà cotto, e divenuto un po’ denso servitelo caldo, o freddo. Per far meglio fattelo cuocere in un vaso di terra coperto.

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Prendete del petto di bue cotto nella pignatta, se ne avete di quello già cotto tanto serve, tagliatelo in fette molto sottili, prendete il piatto che dovete servire, mettetevi nel fondo due cucchiai di sugo colato, prezzemolo, cipollette, capperi, acciuga, un baccello d’aglio, il tutto ben triturato, sale, pepe grosso; aggiustate sopra i vostri pezzi di bue, e conditeli dissopra come avete fatto dissotto: coprite il piatto, e mettetelo a bollire dolcemente per una mezz’ora, e servite a salsa corta.

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Prendete una carbonata, o costa di bue ben tagliata con proprietà, fatela cuocere a piccol fuoco con brodo, o un boccale d’acqua con sale, e pepe, quando sarà cotta, riducete la salsa in consistenza la quale si attacherà alla costa, poscia marinatela con oglio, o butiro, prezzemolo, cipolette, cipoline, funghi, il tutto triturato con un poco di basilicò in polvere; mettete la costa con la marinata in un foglio di carta bianca, piegate la carta in papigliotte: ingrassatela di fuori, e mettetela alla graticola con un foglio di carta unta dissotto: fate cuocere a piccol fuoco dai due lati, e servitela colla carta.

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Prendete sei carcioffi grossi e teneri, toglietene le foglie più grosse con tutto il verde, il quale va levato dolcemente colla punta di un coltello volgendo a misura il carcioffo dalla parte del tronco, acciò sia tagliato egualmente, procurando di non toccarle il bianco, gettateli di mano in mano nell’acqua fresca, poi fateli imbianchire mezzo quarto d’ora nell’acqua bollente, ritirateli poi nell’acqua fresca per toglierli la barba; fateli cuocere in un bianco di farina stemprata con acqua, sale, butirro, ed un poco d’agresto in grana, o la metà di un citrone tagliato in fette: quando saranno cotti ritirateli per asciugarli con un pannolino, aggiustateli nel piatto servendoli sopra una salsa al bianco di vitello, od altra che più v’aggrada.

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Prendete tre, o quattro carcioffi, toltone il verde di sotto, e tagliate a metà le foglie di sopra; fateli cuocere in una piccola braise, condite leggermente, mettendoli poi a sgocciolare, e mondateli dalla lor barba, servendoli con una salsa fatta in questa maniera. Mettete in una casseruola un pezzo di butirro, un pugillo di farina, due rossi d’uova, un poco di sugo d’agresto, sale, e pepe rotto, fate legare la salsa sopra il fuoco, unita che sia mettetevi dell'agresto in grana, fatto prima bollire un momento nell’acqua, e serviteli per tramesso.

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Prendete tre, o quattro carcioffi secondo la loro grossezza, e grandezza del piatto di tramesso, tagliate il verde di sotto, e la metà delle foglie, metteteli in una casseruola con brodo, o acqua, due cucchiai di olio, un poco di sale, pepe, una cipolla, due radici, ed un mazzetto guernito; fateli cuocere, riducendo intieramente la salsa, quando sono cotti, e che non vi è più salsa fateli friggere un momento nell’olio per farli arrossire; poi metteteli sopra una tortiera coll’olio restato nella casseruola, mondateli dalla lor barba, sopra mettendovi un coperchio da tortiera ben caldo con fuoco sopra per far arrostire le foglie; se aveste un forno caldo essi diverrebbero più belli; arrostiti che saranno, e d’un bel colore serviteli con una salsa all’olio, aceto, sale, e pepe rotto.

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Prendete delle cipolle, tagliatele in fili, fatele cuocere in piccol rosso fatto con butirro, e farina, quando le cipolle sono quasi cotte bagnatele con brodo, e finitele di far cuocere. Abbiate poi delle carote, pastinache, scelleri e nape, il tutto tagliato propriamente in fili, e cotto mettetelo nell’intingolo di cipolle, condite di sale, pepe rotto, ed alquanto d’aceto: quando voi servirete aggiugnetevi della mostarda.

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Prendete due o tre libre di petto di bue, tagliatelo con proprietà in tre o quattro pezzi eguali, imbianchitegli un poco all’acqua bollente, fate altresì imbianchire per un quarto d'ora la metà d’un grosso cavolo, mettete a cuocere il petto di bue con un poco di brodo, un massetto di prezzemolo, cipollette, aglio, due garoffani, una foglia di lauro, timo, basilicò, un’ora dopo aggiugnetevi il cavolo tagliato in tre pezzi ben uniti, e legati con quattro grosse cipolle intiere, e quando il tutto sarà quasi cotto, mettetevi quattro salciccie, un poco di sale, e pepe rotto, facendo cuocere insino che vi resti poca salsa, mettete a sgocciolare la carne, e gli erbaggi, asciugandoli del loro grasso con un panno lino, aggiustate la carne nel mezzo del piatto, i cavoli, e le cipolle all’intorno, le salciccie sopra, passate la salsa alla stamigna, e disgrassata servitela sopra. Vi bisogna cinque o sei ore per la cottura.

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Tagliatele in pezzi, ed imbianchitele per un istante, mettendole in una casseruola, per farle cuocere come la fricassea de’ polastri; quando sarete vicino a servire, e che la salsa sia fatta, aggiugnete un pugno di prezzemolo imbianchito, e tagliato fino. In franzese Tendrons.

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Tagliate le cartilagini, ed imbianchitele, indi mettetele nella casseruola con dei piccoli piselli, un pezzo di butirro, ed un mazzetto guernito, passatele al fuoco, bagnandole con buon brodo, ed aggiugnetevi un poco di suco colato. Quando sarete vicino a servire, mettetevi del sale con alquanto di zucchero, e servite a corta salsa.

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Prendete un petto di vitello, tagliate le cartilagini in pezzi uguali larghi un dito, fatele imbianchire un momento all’acqua bollente, poi mettetele in una casseruola con butirro, ed un mazzetto guernito, passatele al fuoco, mettendovi un buon pugno di farina bagnato con brodo, e condito con sale, e pepe rotto, fatele bollire a lento fuoco, finché siano cotte, e non vi resti più salsa; non disgrassate che a metà, e prendete due pugni di acetosa, levatele la coda, lavandola bene, e premendola finché non vi resti più acqua, mettetela nel mortaio, pestandola fina, poi premetela, e fate escire per lo meno un mezzo bicchiere di suco, passatelo allo staccio, e servitevene, per stemprarvi dentro tre rossi d’uova; mettete il tutto nelle cartilagini, e fate unire al fuoco, senza bollire, come una fricassea di polastri; se la salsa è troppo spessa mettetevi del brodo.

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Prendete un cavolo intiero ben lavato, fatelo bollire per un quarto d’ora nell’acqua, facendolo poi raffreddare nell’acqua fresca, indi premetelo con diligenza per non rompergli le foglie, quali si leveranno poi d’una ad una, riempiendole di farsa fatta come quella dell’anitra farsita; rimettendo poi le foglie così aggiustate le une sopra le altre, come se il cavolo fosse ancora intiero, legatelo poscia con filo, e fatelo cuocere in una braise fatta come quella della lingua di bue, condite di buon gusto. Cotto che sarà toglietelo dalla braise, e premetelo leggermente in un pannolino per farne escire il grasso; tagliatelo poi in due, ed aggiustatelo sul piatto che dovrete servire, mettendovi sopra un buon sugo colato.

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Tagliate un cavolo in quattro, imbianchitelo per un quarto d’ora nell’acqua bollente, messo indi nell’acqua fresca, premendolo per farne escir l’acqua, toltone l’occhio, legatelo, e fatelo cuocere con un pezzo di butirro, buon brodo, e sette od otto cipolle, un mazzetto guernito, un poco di sale, e pepe rotto, quando è tosto cotto aggiugnetevi a cuocere insieme delle salsiccie; quando l'intingolo sarà cotto prendete una crosta di pane che sia più grande della palma della mano, e fatela friggere con butirro, il quale così fritto metterete nel fondo del piatto con cui volete servire il cavolo, mettendo le salsiccie colle cipolle d’intorno, che il tutto sia ben asciutto dal suo grasso; disgrassate anche la salsa de’ cavoli; se avete un poco di sugo colato mettetevene dentro, facendo che la vostra salsa resti corta, e di buon gusto, e servite di sopra.

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Prendete de’ cavoli fiori ben mondati, e fateli cuocere a metà nell’acqua, mettendoli poi nell’acqua fresca, dopo fateli sgocciolare, e prendete una casseruola della grandezza del fondo del piatto che dovete servire, mettetevi delle fette di lardo al fondo, aggiustando li cavoli fiori sopra, e facendo stare la testa sotto, e le code in alto; prendete poscia una buona farsa fatta con coscia di vitello, grasso di bue, prezzemolo, cipollette, e funghi, il tutto triturato, condito di sale, pepe, e tre uova intiere senza crema, né brodo; di questa farsa ben condita, ed unita, ne metterete in tutti i luoghi vuoti de’ cavoli fiori, facendoveli entrare colle dita, indi fateli cuocere con buon brodo condito di buon gusto. Quando li cavoli fiori saranno cotti, e che non vi resterà più salsa rinversate dolcemente la casseruola de’ cavoli fiori nel piatto che dovete servire, togliendovi le fette di lardo, e mettetevi sopra un buon sugo colato con alquanto di butirro, e servite per entrée.

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Prendete un cavolo intiero, fatelo cuocere un quarto d’ora nell’acqua, poi ritiratelo in acqua fresca, premetelo colle mani senza romperne le foglie, indi mettetelo su d’una tavola, dilargate alquanto le foglie in maniera che possiate facilmente toglierne il suo occhio di dentro, ed in luogo d’esso vi metterete dei marroni, e della salsiccia, rimettete poi le foglie ristringendole come prima, in maniera che sembri esservi niente altro, poi legatelo bene, e fatelo cuocere in una piccola braise leggiera fatta con brodo, poco sale, pepe rotto, radici, cipolle, ed un mazzetto; quando sarà cotto mettetelo a sgocciolare, e servite con una salsa ove vi sia del butirro.

Pagina 290

Esse si fanno cuocere alla braise, fatta con vino bianco, sale, pepe, mazzetto guernito; e quando saranno cotte, ritiratele dalla braise, e servitele con una salcia gustosa, che troverete al capitolo delle salcie; o con un intingolo di cipollette, e radici; si servono ancora fritte, allora bisogna marinarle con sale, pepe, aceto, un pezzo di butiro mescolato con farina, aglio, prezzemolo, cipollette, timo, basilicò, e lauro: fatele friggere dopo averle sgocciolate, ed infarinate: servitele ornate di prezzemolo tritto. Per hors d’oeuvre. Mazzetto guernito si fa mettendovi garofolo, timo, lauro, basilicò, e quando vi saranno ancora delle altre cose assieme saranno specificate.

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Immergetene due nell’acqua tepida, fatele cuocere con un poco di brodo, due, o tre cucchiai di aceto bianco, un mazzetto guernito; poscia tagliate ciascuna in due, ed immergetele in una pasta fatta con due pugni di farina, un cucchiaio d’olio, mezzo quartino di vin bianco, e sale fino: fatele friggere, finché siano colorite, e la pasta croccante, e servitele calde.

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Prendete un paio di cervelle di vitello, nettatele, e fatele cuocere con vino bianco, brodo, sale, e pepe, un mazzetto guernito: fate un intingolo di piccole cipolle, e radici, che farete cuocere con brodo, un mazzetto guernito condito di buon gusto, e unito con suco colato, servitelo d’intorno alle cervelle; voi potete ancora servirle nella stessa maniera con diversi intingoli per entrée; oppure se sono marinate, fatele friggere, e servitele per tramesso guernite di prezzemolo.

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Prendete della biada di Turchia, che sia ancora in midolla, e ben verde, fatela cuocere a metà nell’acqua, ritirandola poscia in acqua fresca, mettetela indi a confettare; fate bollire dell’acqua con un terzo di aceto, alcuni garoffani, e sale: mettete questa salamoia ben bollente colla biada sulla cenere calda, all’indomani si rinnova in salamoia, e si rimette sulla biada nella cenere calda, continuandosi la medesima operazione fino che sia ben verde; dopo coprite i vasi, avendola aggiustata colla salamoia come bisogna, e ve ne servirete come li piccoli cocomeri detti di sopra.

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Mettete sopra di una tavola una mezza libbra di farina con tre oncie di zuccaro fino, un bianco d’uovo, un mezzo cucchiaio d’acqua di cedro, butirro grosso come una noce, un mezzo bicchiere d’acqua, ed un piccol pugillo di sale, impastate il tutto insieme, e fate che la pasta sia ben unita, e ferma, stendetela sottilmente, e tagliatene de’ piccoli pezzi che metterete sopra delle forme a piccoli pasticci, fatele cuocere per un quarto d’ora in un forno dolcissimo; quando saranno fredde, mettetevi leggermente sopra della gelatina d’uva spina, o di altre confetture. Questa medesima pasta serve a fare delle cialde frastagliate, con questa differenza che vi metterete più bianco d’uova, e niente di acqua.

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Prendete tre uovi freschi, stemprateli con tanta farina quanta ne possono succhiare, del citrone verde triturato, acqua di fiore di melarancio, e del zuccaro fino; stemprate ogni cosa insieme, aggiugnendovi un poco più di un quartino di crema finché la pasta sia divenuta alquanto liquida, indi fate scaldare la forma sopra di un fornello, ed ungetela con della cera affinché le cialde non s’attacchino; quando la forma è calda mettetevi dentro un cucchiaio a bocca di pasta, chiudetela, e mettetela al fuoco: quando sarà cotta da una parte volgetela dall’altra, indi ritiratela per metterla sopra di uno stenderello di legno, e quando saranno tutte cotte mettetele in un luogo secco. Si possono conservare per moltissimi giorni purché si ritirino in una stufa.

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Tagliate sottili tre o quattro cipolle d’Ivrea, e mettetele in una casseruola con buttiro passandole al fuoco, finché siano quasi cotte, mettetevi un pugillo di farina, che volgerete finché sia di color d’oro; bagnate con brodo, ed un mezzo bicchier di vino, sale, pepe grosso, lasciate bollire, finché le cipolle siano cotte, e non vi sia più salsa; allora mettetevi della carne di bue ben tritta, facendola bollire, affinché prenda il gusto delle cipolle. Servendo aggiugnetevi un cucchiaio di mostarda, ovvero un poco d’acceto.

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Per fare una cipollata prendete delle coscie di pollastre, o polli d’india, o per far meglio prendete le sole ale dei polli d’india, o delle pollastre, secondo la stagione, prendete altresì sei salsiccie lunghe un dito con ventresca tagliata in fette, e imbianchite delle piccole cipolle bianche; fate cuocere il tutto insieme in una casseruola con alquanto di brodo, mettendovi sotto e sopra delle fette di lardo, due fette di citrone, ed un mazzetto di erbe fine; quando è cotto, fatelo sgocciolare per aggiustarlo nel piatto che dovete servire; prendete indi la salsa restata nella casseruola, disgrassatela, e passatela alla stamigna, aggiugnete un cucchiaio di sugo colato per darle un poco di consistenza; gustate poi se la salsa è condita, e servitela di sopra. Le ale di pollastra si aggiustano nella stessa maniera di quella de’ polli d’india. Voi potrete servire un pollastro intiero nella stessa maniera.

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Sopra una pinta d’acquavita mettetevi un boccale di sugo di mora di rovo che avrete schiacciato, e passato alla stamigna per estrarne il sugo; mettete con questo sugo l’acquavita, e una libbra e mezza di zuccaro; quando sarà liquefatto terrete apparecchiate delle belle ciriegie chiare, e mature, tagliatele i gambi a metà, ed aggiustatele nel vaso, versatevi sopra l’acquavita mischiata col zuccaro, bisogna che vi sia abbastanza di umido perché siano ben immerse le ciriegie; otturate bene il fiasco, e servitevene al bisogno. Nell’inverno si può servirsene per ghiacciare in bianco, immergendole nel zuccaro meschiato con alquanto di bianco d’uova, o per mettere al caramel.

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Tagliate una coda di bue in tre pezzi: dopo li taglierete per mezzo, e il più grosso in due col coltelacio, fatela cuocere nella pignatta con un pezzo di bue; quando sarà cotta, lasciatela raffreddare: in seguito fatela marinare per un’ora con un poco d’olio, pepe, sale, prezzemolo, cipollette, e aglio il tutto ben triturato, mettete la marinata vicino alla coda, coprendola di pane gratugiato, fatela arrostire di bel colore, bagnandola col resto della marinata pendente che è sul fuoco. Servite senza salcia.

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Per farlo, tagliate la coda in pezzi, imbianchitela facendola cuocere con buon brodo, ed un mazzetto guernito, e un poco di sale per cinque ore. Quando sarete alla metà della cottura, mettetevi cipolle, carotte, rape, pastinachi, un poco di cavolo, il tutto imbianchito, e tagliato propriamente; quando il tutto sarà cotto, mettetelo sopra d’un panno lino, ed asciugatelo, affinché non resti grasso: aggiustate gli erbaggi colla carne in un catino proprio, per servire in tavola: levate il grasso dalla salsa, dove è cotta la carne, mettetegli un poco di sugo, e fatela un po’ densa al fuoco; guardate che non vi sia troppo sale, passatela alla stamigna, e servitela dissopra la carne, e gli erbaggi; voi potete altresì servire la coda nella stessa maniera, non mettendovi che una sorta di erbaggi per volta. Potete ancora servirla senza erbaggi, e mettere in luogo di essi diverse salse, ma bisogna sempre che la coda sia cotta alla braise, che voi farete come quella della lingua di bue.

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Prendete una coda di bue, tagliatela in pezzi, fattela imbianchire all’acqua bollente, poscia mettetela nell’acqua fresca per farla poi cuocere a metà nel brodo senza alcun condimento; quando sarà mezzo cotta, fate un rosso con un poco di butiro, e farina, bagnate questo rosso col brodo, dove avete fatta cuocere la coda di bue; mettete i pezzi di coda con una donzina di grosse cipolle intiere, che voi avrete prima fatto imbianchire, per toglierne la prima scorza, mettetevi un quartino di vino bianco, un mazzetto di prezzemolo, cipollette, aglio, una foglia di lauro, timo, basilicò, due garoffani, sale, e pepe; fate cuocere a lento fuoco, fino a tanto che la coda, e le cipolle sieno cotte, usando diligenza di toglierne bene il grasso. Mettete nella salcia un’acciuga triturata, due pugilli di tappari intieri, aggiustate i pezzi della coda di bue nel mezzo del piatto, le cipolle all’intorno, e al dissopra mettetevi sette o otto pezzi di pane tagliato della grossezza di un mezzo scudo, che voi passerete al butiro quando sarete vicini a servire, bagnate il tutto con salcia corta; vi bisognano cinque ore per cuocere la coda di bue.

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Mettete nella casseruola due grossi pugni di pane grattugiato passato allo staccio con un boccale di latte; lasciate bollire al fuoco finché il pane grattugiato sia spesso, indi raffreddato che sia, aggiugnete un poco di butirro, prezzemolo, cipollette tagliate, sale, e pepe con due rossi d’uova. Prendete la coda della mollua cotta all’acqua come la precedente, levatele tutta la carne, lasciandole la sola spina: mettete nella casseruola del butirro con funghi tagliati, prezzemolo, cipollette, mezzo baccello d’aglio, il tutto triturato; passate la casseruola al fuoco con mezzo cucchiaio di farina, bagnando con un quartino di latte, e pepe rotto; fate bollire finché la salsa sia corta, poscia aggiugnete la mollua tagliata in fili con tre rossi d’uova, e fate unire al fuoco senza che bolla, lasciandola raffreddare: pigliate il piatto che dovete servire mettetevi sopra la spina della coda, e l’estremità di essa inviluppatela con carta unta di butirro; guernite con la farsa tutta la spina, mettendo nel mezzo l’intingolo della mollua che coprirete con l’avanzo della farsa, dimodoché non si vegga l’intingolo, ma sembri una coda di mollua, unite il tutto con un coltello bagnato in uovo sbattuto, e coprite con pane grattugiato, facendola cuocere, e colorire al forno con sopra un coperchio da forno di campagna; quando poi sarà cotta, e colorita asciugate li bordi del piatto, e servite. Potete anche mettere nel fondo una salsa fatta con un bicchier di buon brodo, un poco di butirro unito con farina, come abbiamo detto di sopra parlando della razza marinata pag. 254, mettendo pochissimo sale nella marinata.

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Prendete due code, tagliatele in due, fatele imbianchire con mezza libbra di ventresca tagliata in fette, indi fate altresì sbianchire un grosso cavolo tagliato in quattro pezzi, dopo un quarto d’ora ritiratelo all’acqua fresca, e premetelo bene; levandogli tutti i tronchi, ed infilzatelo con i piccoli pezzi di ventresca, e le code, mettendo tutto in una piccola pignatta con un mazzetto di prezzemolo, cipollette, mezzo baccello d’aglio, tre garoffani, un piccolo pezzo di noce moscada, bagnate con brodo, sale, e pepe rotto; fate bollire lentamente, finché le code siano cotte, poi cavate il tutto dalla pignatta, lasciando bene sgocciolare, ed asciugate il grasso, aggiustando le code coi cavoli, e la ventresca di sopra, mettendovi del suco colato abbastanza per una salsa in una casseruola, con del butirro, sale, e pepe rotto, fate unire al fuoco, e versatevi i cavoli con la carne; se non avete suco colato, prendete della cottura de’ cavoli passata allo staccio, e ben disgrassata, mettetela in una casseruola con alquanto di butirro unito con farina, fate unire al fuoco, e se volete servire in una terrina, fate la salsa in maggior quantità.

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Mettete cinque code a cuocere con brodo, un mazzetto guernito, sale, e pepe, lasciatele sgocciolare, e raffreddare; prendete circa sei oncie, o più di riso, mettetelo in una piccola pignatta col brodo della cottura delle code, passatelo allo staccio senza disgrassarlo; fate cuocere il riso a piccol fuoco, che sia molto spesso, e poco cotto; quando sarà mezzo freddo coprite il fondo del piatto con alquanto di riso, aggiustatevi le code di sopra, senza che si tocchino, copritele tutte col resto del riso, lasciandole ritenere la forma di coda; coprite poi il di sopra con uova sbattute, mettendo il piatto sopra la cenere calda con il coperchio di tortiera, e buon fuoco di sopra; lasciatele finché siano colorite, ed il riso in crosta; allora levate il grasso, asciugatele, e servite.

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Prendetene quattro o cinque, e mezzo cavolo, e mezza libbra di ventresca, fate imbianchire il tutto, indi ritiratele all’acqua fresca, premete il cavolo, e tagliatelo in pezzi che legarete ciascuno solo, tagliate anche la ventresca, senza separarla dalla cotica, legatela, mettete le code nel fondo della pignatta, li cavoli, e la ventresca con sei grosse cipolle di sopra, un mazzetto con prezzemolo, cipollette, due garoffani, mezzo baccello d’aglio, un piccolo branco di finocchio, alquanto di sale, pepe rotto, bagnate con brodo, facendo cuocere alla braise a lento fuoco; tagliate della midolla di pane in pezzi rotondi della grandezza d’un mezzo scudo; passatele al fuoco con butirro, finché siano colorite, indi sgocciolatele, aggiungete un pugillo di farina nel butirro restato del pane, fatelo arrostire, e bagnate col brodo de’ cavoli, ed alquanto d’aceto; fate bollire mezz’ora finché la farina abbia tempo di cuocere, e che con questo possiate formare un piccolo sugo colato di buon gusto, disgrassatelo, e passatelo allo staccio: quando le code saranno cotte, e non vi sarà più salsa, sgocciolatele, asciugandole con un pannolino, ed aggiustatele con i cavoli, mettendo le cipolle all’intorno della ventresca, ed il pane sopra i cavoli, e servite la salsa sopra.

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Fate cuocere cinque, o sei code in una piccola braise leggiera fatta con brodo, poco sale, pepe, un mazzetto guernito di prezzemolo, cipollette, due garoffani, un mezzo baccello d’aglio; fate imbianchire un mezzo cavolo all’acqua bollente per un quarto d’ora, poi ritiratelo nell’acqua fresca, e premetelo, togliete l’occhio, e triturate il tutto; tagliate quattr’oncie di lardo in piccoli dadi, e mettetelo coi cavoli in un piccolo rosso fatto con un pugno di farina, e butirro, unitelo insieme, bagnandolo con brodo senza sale, lasciate cuocere un’ora a piccol fuoco, finché i cavoli, ed il lardo siano ben cotti, e l’intingolo unito; sgocciolate bene le code, ed asciugatele con un pannolino, aggiustandole sopra d’un piatto in distanza l’una dall’altra, coprendole coll’intingolo; servitele calde.

Pagina 166

Prendete tre code tagliatele in due, ed imbianchitele per un momento all’acqua bollente, mettendole in una piccola pignatta con brodo ben grasso, un mazzetto di prezzemolo, cipollette, un baccello d’aglio, tre garoffani, due carotole, una foglia di lauro, timo, basilicò, sale, pepe, una cipolla, ed una pastinaca, fate bollire finché siano cotte, e vi resti poca salsa, indi ritiratele, e lasciatele raffreddare; passate la salsa ad uno staccio chiaro, affinché il grasso vi passi insieme, e che non ve ne resti più d’un mezzo bicchiere, e poi mettetelo in una casseruola con tre rossi d’uova stemprati con un buon pugno di farina, fatela unire al fuoco, acciò divenghi alquanto spessa, immergendovi poscia le code, e coprendole con pane grattugiato, aggiustatele nel piatto da servire, e fatele colorire, mettendovi sopra un coperchio da tortiera, servendole con una salsa piccante, fatta alla ravigotte, come troverete nel capitolo XX delle salse. Preparate, che siano in questa maniera, voi potrete altresì metterle alla graticola, e servitele con la medesima salsa.

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Bisogna prendere il bianco d’un uovo, e sbatterlo colla mano, aggiugnendovi dell’acqua secondo la quantità del zuccaro che vi metterete; fate bollire, mettendovi di tanto in tanto dell’acqua fredda fino che il zuccaro sia chiaro, e che sia ben stato schiumato, ritiratelo poi dal fuoco, e passatelo in una stamigna, facendone poscia quell’uso che bramerete.

Pagina 329

Prendete il lardo del porco, lasciandovi il meno di carne che potrete, aggiustatelo nella grotta sopra delle tavole, con al disopra una libbra di sale pesto, se il lardo è di dieci libbre, in appresso dopo d’averlo fregato mettete l’uno sopra l’altro, cioè carne contro carne; coprendolo con assi, e delle pietre per di sopra, affinché resti più fermo il lardo, lasciandolo almeno per quindeci giorni nel sale, sospendendolo poscia in luogo asciutto, per farlo seccare. Il grasso si fa dopo d’aver pelato lo scotennato, o cotica; tagliatelo in piccoli pezzi, e mettetelo in una caldaia con un quartino di acqua, una cipolla piccata con garoffani, fatelo poscia liquefare a piccol fuoco, finché la crosta cominci a colorirsi, ed allora ritiratelo dal fuoco, lasciandolo poi raffreddare a metà; in seguito versatelo in un vaso di terra, collocandolo in qualche luogo freddo.

Pagina 119

Qualunque pezzo di porco serve per il piccolo salato, il fileto però è il migliore; tagliate i pezzi della grossezza che più vi piace, prendete del sale pesto, di cui ne metterete una libbra per ogni quindeci libbre di carne, fregatene la medesima in ogni parte, ed aggiustatela in un vaso; quando è ben pieno serratelo forte, e servitevene da lì a cinque, o sei giorni, badate che il salato è sempre migliore quando è più fresco; indi ve ne potete servire sia per mangiare con il suco di piselli, intingolo di cavoli, di legumi, o suco di lenti, o di rape, purché nell’intingolo, in cui aggiugnete il salato, non mettiate del sale; e se il vostro salato ha preso troppo sale, prima di farlo cuocere, immergetelo nell’acqua tiepida, lasciandolo stare il tempo, che basterà, per ridurlo a quel grado, che volete.

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Prendete la quantità che volete d’albicocche, che siano già quasi mature, e spezzatele in mezzo cavandone li nocciuoli: mettete poi del zuccaro nel fondo d’un piatto con mezzo bicchiere d’acqua, aggiustandovi le albicocche sopra, e mettetele sopra un fuoco mediocre per farle bollire finché siano quasi cotte al di sotto, e che non vi resti quasi più di siroppo, poscia levatele dal fuoco, e spargetevi del zuccaro fino sopra, coprendole con un coperchio da tortiera con fuoco sopra finché siano cotte, e di un bel colore ghiacciato; aggiustatele quindi nel compostiere mentre sono calde.

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Imbianchite le albicocche, o meliacche, nell’acqua bollente; quando saranno ben tenere ritiratele con una schiumarola, e mettendole nell’acqua fresca; fate poi bollire tre oncie di zuccaro in una pentola con un bicchier d’acqua, mettendovi le albicocche, fatele dare due, o tre bolli, schiumandole bene; levandole poscia per aggiustarle nel compostiere, e mettendovi il siroppo sotto. Servitele fredde, o calde, come più vi aggrada.

Pagina 412

Fate bollire dell’acqua in una pentola con due pugilli di soda (sorta di pianta); quando avrà bollito alquanto gettarete le albicocche, ed amandole nella pentola; quando avranno dato un bollo ritiratele colla schiumarola, e fregatele bene colle mani per toglierle il tenero pelo, gettandole a misura che le pelarete nell’acqua fresca, poscia le farete cuocere nell’acqua bollente; tosto che saranno cotte, il che si conoscerà pungendole con uno spilletto, se vi entra facilmente, e che l’albicocche caschino da per se stesse è segno che sono abbastanza cotte: le ritirarete poi nell’acqua fresca, facendo appresso bollire del zuccaro in una pentola, aggiugnendovi poscia le amandole, ed albicocche, e facendole bollire dolcemente finché siano ben verdi, e servite. Alcuni vi sono che non le mettono nella liscivia bollente, come abbiamo dimostrato per pelarle, contentandosi di fregarle con sale per levarle il pelo, facendole poi imbianchire, e cuocere come sopra.

Pagina 411

Mettete in una pentola tre oncie di zuccaro, con mezzo bicchiere d’acqua; fate bollire, ischiumare, e ridurre in siroppo consistente; mettete in questo siroppo una libbra d’uva moscatella sgranata, e da cui avrete fatti uscire li semi; fatele dare due o tre bolli, ed aggiustatela nel compostiere, e se v’è della schiuma levatela con carta bianca.

Pagina 415

Prendete una libbra d’uva spina verde, tagliatela da una parte con la punta del coltello per farne escire li semi, mettetela sopra il fuoco nell’acqua calda, e lasciatela finché si elevi, indi levatela dal fuoco, ed aggiugnetevi un bicchiere d’acqua fresca, un poco d’aceto, ed alquanto di sale, lasciandola in quest’acqua finché sia ben raffreddata, perché così diventa più verde, ritirandola poscia nell’acqua fredda. Mettete una mezza libbra di zuccaro nella pentola con un bicchiere d’acqua, fate bollire, ed ischiumate finché sia chiaro, mettetevi l’uva spina bene asciutta, facendola bollire dolcemente, indi ritiratela con la schiumora per metterla nel compostiere, e riducete il siroppo a consistenza versandolo poscia sopra l'uva spina.

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Farete un siroppo ben consistente come sopra, indi prendete una libbra di bell’uva spina che sia stata ben lavata, e sgocciolata, vi lascierete il grappolo se vi piace: mettetela nel siroppo per farle dare almeno tre bolli ben coperta, poi ritiratela dal fuoco, e schiumatela, aggiustandola bene nel compostiere.

Pagina 409|410

Prendete una libbra di agresto, che non sia ancor maturo, spezzate ciascun grano colla punta di un piccolo coltello per toglierne la semente, poi gettatelo nell’acqua bollente, ed allorché comincierà l’agresto ad impallidire levatelo dal fuoco, e gettatevi un mezzo bicchiere d’acqua, lasciandolo stare così finché sia affatto raffreddato, e l’acqua ritorni ad essere fredda, acciocché l’agresto ritorni a rinverdirsi, indi mettete un piccolo bicchiere d’acqua con sei oncie di zuccaro in una pentola per farlo bollire, aggiugnendovi subito l’agresto, e facendoli dare due o tre bolli, appresso schiumatelo bene, con aggiustare nel compostiere l’agresto a dovere, facendo ridurre il siroppo, e versatelo sopra l’agresto.

Pagina 410

Tolta più della metà delle code alle ciriegie mettetele in una pentola con un mezzo bicchiere d’acqua, e tre oncie di zuccaro, mettetele sopra il fuoco, copritele, e fatele bollire alquanto, aggiustandole indi nel compostiere con versarvi sopra il siroppo.

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Bisogna tagliarli in piccoli pezzi, e farli cuocere bene nell’acqua, finché siano molli sotto le dita, poi ritirateli con la schiumora nell’acqua fresca; farete indi un piccolo siroppo con tre oncie di zuccaro, ed un bicchiere d’acqua; fate cuocere a fuoco lento li frutti per mezz’ora dentro, e servite freddo.

Pagina 414|415

Prendete tre grossi cotogni, se sono piccoli ne prenderete di più, metteteli nell’acqua bollente per farli cuocere finché siano teneri sotto le dita, indi metteteli nell’acqua fresca; tagliateli in quarti, e dopo che loro avrete tolta la parte dura di dentro colle sementi, e pelati; metterete tre oncie di zuccaro in una padella con mezzo bicchiere d’acqua; fate bollire, ed ischiumate, mettete li cotogni per finire di farli cuocere, e serviteli caldi.

Pagina 415

Prendete cinque o sei persici ben maturi, pelateli, toglieteli i nocciuoli, e tagliateli in fette per aggiustarli nel compostiere che voi dovete servire, mettendovi zuccaro fino sotto e sopra de’ persici.

Pagina 414

Fate cuocere tre oncie di zuccaro con un bicchiere d’acqua finché il siroppo sia ben consistente, e bisogna bene schiumarlo. Preparate delle belle fragole non troppo mature, mondate, lavate, e ben asciutte mettetele nel siroppo, e levatele dal fuoco per lasciarle riposare un momento nel siroppo, fatele dare un bollo, e poi ritiratele presto se bramate che restino intiere.

Pagina 409

Fate cuocere de’ marroni nella cenere, nella stessa maniera come se vorreste servirli in una servietta; quando saranno pelati metteteli in una pentola con tre oncie di zuccaro, e mezzo bicchiere d’acqua: fateli cuocere a fuoco lento per un mezzo quarto d’ora; avanti di servirli premetevi dentro il sugo d’un citrone, e servendo vi spargerete sopra leggermente del zuccaro fino.

Pagina 416

La farete nella stessa maniera come quella delle fragole, con la differenza però che non lavarete le more.

Pagina 410

Fate ridurre il siroppo finché li frutti cominciano ad attaccarsi alla pentola, allora non bisogna abbandonar la pentola, e maneggiare la composta, rimovendo continuamente la pentola finché la composta abbia preso bel colore, allora mettete un’assietta sopra la composta, che terrete colla mano sinistra, e rinversate la composta sopra, la quale versarete con proprietà nel compostiere; servite freddo, o caldo; ma sarà meglio caldo. Voi potete anco servirvi de’ frutti che abbiamo già spiegato per ridurli in composta in questa maniera, per così fare alcun cangiamento.

Pagina 414

Prendete de’ peri da far cuocere che metterete intieri in un vaso con un bicchiere di acqua, un piccolo pezzo di cannella, due garofani, e due oncie di zuccaro, e fateli cuocere ben coperti sopra alquanto di cenere calda; quando sarete alla metà della cottura aggiugnetevi un bicchiere di vin nero, quando saranno ben cotti, fate ridurre il siroppo, perché ve ne bisogna poco, e servite caldo sopra i peri.

Pagina 409

Prendete dei peri da cuocere, cioè di quelli che non siano ancor ben maturi, e metteteli in un fornello ben acceso finché la pelle sia bene abbrucciata: proccurate di rivolgerli a misura che arrostiscono, finché si levi la pelle fregandoli nell’acqua; allora loro torrete la pelle in questa maniera, poscia tagliateli per metà, togliendoli i granelli; lavateli di nuovo in più acque, e metteteli a cuocere con un boccale di acqua in un vaso di terra, aggiugnendovi un piccolo pezzo di cannella, e tre oncie di zuccaro; coprite il vaso, e fateli cuocere finché ubbidiscono facilmente sotto le dita; fate poscia ridurre a siroppo, e serviteli caldi, se vi aggradirà.

Pagina 408|409

Farete imbianchire li peri intieri senza levarli la pelle nell’acqua bollente, quando saranno al terzo cotti ritirateli nell’acqua fresca, pelateli allora intieri, o per metà mettendoli a misura che li pelate nell’acqua fresca, fate bollire il zuccaro in una pentola con un quartino d’acqua: allora vi metterete i peri dentro con una fetta di citrone, acciocché si conservino bianchi. Quando sono cotti, e della consistenza d’un buon siroppo, serviteli o caldi, o freddi, secondo vi sarà a grado.

Pagina 408

Prendete de’ peri intieri, che pelarete se vorrete ma per lo più si servono così intieri, toglieteli i fondi, e raschiate le code bene, mettendoli in un piccolo vaso di terra, ed aggiugnendovi un piccolo pezzo di stagno per renderli rossi, con acqua, e tre oncie circa di zuccaro; se vi sono molti peri mettetevi un piccol pezzo di cannella, facendoli cuocere davanti al fuoco: quando saranno cotti, e che il siroppo non è più chiaro, serviteli caldi, levandoli il pezzo di stagno.

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Si fanno nella stessa maniera come i precedenti, alla riserva che bisogna servirli intieri.

Pagina 408

Prendete otto o dieci persici quasi maturi, ed interi, metteteli sopra un fornello ben acceso; fatene abbrucciar tutta la pelle egualmente, rivolgendoli a misura; quindi gettateli nell’acqua fresca; quando loro avrete tolta la pelle, e lavati in più acque, metteteli a cuocere con tre oncie di zuccaro, ed un bicchiere di acqua sino che ubbidiscano sotto le dita: aggiustateli nel compostiere, versandovi sopra il siroppo.

Pagina 413|414

Mettete sette o otto persici sopra di un piatto con zuccaro sotto e sopra, copriteli con un coperchio da tortiera, facendoli cuocere a fuoco lento, con fuoco sotto e sopra: quando sono cotti, e ben ghiacciati serviteli caldi.

Pagina 414

Prendete sette o otto persici quasi maturi, tagliateli per metà, dopo averne levati i nocciuoli metteteli un momento nell'acqua bollente, e li ritirarete subito che li possiate levare la pelle; fate bollire tre oncie di zuccaro con un bicchiere d’acqua, schiumandolo bene; mettendo indi li persici per farli cuocere; riducete il siroppo, e versatelo sopra li persici.

Pagina 413

Pigliate de’ piccoli piccioni pelati, aggiustate loro le zampe, e fateli imbianchire, levando loro il collo, e le ale; metteteli in una casseruola con due, o tre tartuffi, o funghi, qualche fegato di pollame, un’animella di vitello imbianchita, e tagliata in quattro pezzi, un mazzetto guernito, ed un buon pezzo di butirro, passate tutto al fuoco, aggiugnendo un buon pugno di farina, e bagnando con metà sugo, e metà brodo, un bicchier di vin bianco, sale, e pepe rotto; lasciate cuocere, e ridurre a corta salsa, indi levate il grasso, e servendo mettetevi del sugo di citrone, od alquanto d’aceto bianco.

Pagina 214

Prendete de’ pomi ranetti la quantità che ve ne abbisogna per ben guernire il compostiere, toglietene il mezzo con una vidella di ferro bianco, o con un coltello, indi aggiustandoli in una tortiera, o sopra un piatto; mettete in ciascun pomo alquanto di zuccaro, ed un poco nel fondo della tortiera: poscia metteteli a cuocere nel forno, o sotto un forno di campagna, con del fuoco sotto e sopra, e serviteli caldi, spargendovi alquanto di zuccaro in polvere di sopra.

Pagina 406

Tagliate de’ pomi per metà, togliendoli il mezzo, ed aggiustateli in una pentola voltati colla pelle, o sia scorza di sopra; mettetevi circa tre oncie di zuccaro, ed acqua abbastanza per farli cuocere; quando saranno cotti da una parte, volgeteli acciò possano cuocere ancora dall’altra; allora poi che saranno ben cotti, e che siano ridotti a consistenza di un siroppo, aggiustateli in un compostiere col suo siroppo sopra, servendoli caldi, o freddi, secondo che più vi sarà di genio.

Pagina 406

Li pomi che non sono ranetti non hanno tanta consistenza per la cottura, perciò non li pelarete, tagliateli solo per metà, e levateli i granelli, pertugiando in più luoghi il disopra, e facendoli cuocere con un bicchiere d’acqua, ed alquanto più di due oncie di zuccaro, e quando comincieranno a divenir molli, e teneri aggiustateli in un compostiere, facendo ridurre il siroppo, e versatelo sui pomi.

Pagina 407

Tagliate il disopra a sei Portogalli, in maniera che possiate rimetterli come se fossero intieri; pertugiateli con un piccolo coltello in più luoghi del di dentro; fatevi entrare del zuccaro fino, rimetteteli il disopra, e serviteli. Potete ancora servirli dopo averli pelati, o tagliati in fette, aggiustateli nel compostiere con zuccaro fino sotto, e sopra.

Pagina 415|416

Fate bollire dell’acqua, e gettate le prune per imbianchirle; quando saranno molli sotto le dita ritiratele colla schiumarola nell’acqua fresca, indi le metterete in una pentola con alquanto di zuccaro chiarificato se ne avete: mettendole poscia sopra d’un piccolo fuoco affinché divenghino verdi, e servite freddo.

Pagina 412|413

Fate bollire per lo spazio di un quarto d’ora tre oncie di zuccaro con un bicchiere d’acqua, schiumatelo, poi quando sarà ridotto in siroppo mettetevi una libbra di prune già quasi mature; fatele dare alcuni bolli finché le prune siano cotte, schiumatele poscia, ed aggiustatele nel compostiere, facendo ridurre il siroppo se non è ancora ridotto, versandolo sopra delle prune.

Pagina 413

Per ogni libbra di frutto bisogna mettervi una libbra di zuccaro in polvere, aggiustando bene il tutto nella pentola, e facendolo cuocere sopra un buon fuoco: fatelo bollire ben coperto due o tre bolli, e se l’agresto non è ben verde, bisogna lasciarlo bollire a fuoco lento finché sia divenuto ben verde, ed allora voi lo metterete ne’ vasi.

Pagina 423

Levate tutte le sementi dell’agresto, e mettete una libbra di zuccaro per ciascuna libbra di agresto; poscia pigliate una parte dell’agresto che metterete nella pentola, mettendovi anche una parte del zuccaro sopra, il quale dovrà essere in polvere, aggiugnendovi poscia un’altra parte dell’agresto sopra, con un’altra parte di zuccaro, pure in polvere, e così continuando un suolo sopra l’altro fino alla fine: allora metterete l’agresto sopra il fuoco per farlo bollire dolcemente finché divenghi ben verde, il che sarà un segno certo della perfetta cottura, e mettetela subito ne’ vasi.

Pagina 423

Si usa lo stesso metodo per le albicocche, come s’è fatto alle prune.

Pagina 421

Dopo che loro avrete levata la lanugine, o sia pelo dalle albicocche, ed amandole, come sopra si è detto alla composta alla pag. 411, fatele cuocere nell'acqua nella stessa maniera finché pungendole con una spilla entri dentro facilmente, e le albicocche caschino da loro stesse. Chiarificate una libbra di zuccaro per ciascuna libbra di frutto, facendo bollire il zuccaro per quattro o cinque giorni sera, e mattina senza il frutto, che metterete a sgocciolare, come si è detto alle prune, e poscia le metterete in un vaso di terra, versandovi di sopra il zuccaro, proccurando che resti un poco più che tepido. Quando poi le albicocche, od amandole saranno ben verdi, allora la confettura sarà fatta.

Pagina 422|423

Bisogna chiarificare il zuccaro, come alla pag. 331, prendete poscia l’uva spina che metterete in una pentola, e fatela liquefare sul fuoco, facendole dare due o tre bolli, mettetela poscia a sgocciolare sopra una stamigna: misurate poscia il sugo che avrete ricavato dall’uva spina, e metterete altrettanto di zuccaro chiarificato in un’altra pentola, che farete cuocere alla consistenza di cassè come il precedente, e vi metterete dentro il sugo d’uva spina, facendole dare due bolli ben coperta, schiumatela bene, e mettete indi la gelatina ne’ vasi.

Pagina 419

Chiarificato che avrete il zuccaro, come sopra alla pag. 331, mettete per ogni libbra di zuccaro una libbra di frutto. Fate cuocere il zuccaro alla consistenza di cassè pag. 332, che si conosce mettendo un dito già bagnato nell’acqua poi nel zuccaro, e subito ritirato immergerlo di nuovo nell’acqua, che avrete cura di tenerla in un bicchiere colla sinistra mano; e se il zuccaro secca nell’acqua, e premendolo colle dita si rompa, è segno che è tempo di mettere il frutto col zuccaro, ed allora le farete dare due bolli ben coperto; poscia ritirate la confettura dal fuoco, passatela alla stamigna, e mettetela subito ne’ vasi. Quando sarà fredda coprite i vasi, bagnando la prima carta che volete mettervi sopra nell’acquavita, affinché la confettura si conservi meglio; osservarete questo metodo in tutte le confetture, e giammai coprirete i vasi se la confettura non è del tutto fredda.

Pagina 418|419

Si fa nello stesso modo che quella d'uva spina, con questa differenza che bisogna estrarre il sugo de’ pomi, facendoli bollire in alquanto d’acqua, poscia li passerete in una stamigna, premendoli un poco: e vi servirete di questo sugo per mettere nel zuccaro. La cottura è la stessa come quella di uva spina; voi conoscerete la giusta cottura, mettendo la schiumora nella pentola, e levandola con tenerla alquanto inclinata, se la gelatina nel colare dalla schiumora cade in forma di perla, il che è segno che è cotta, mettetela subito ne’ vasi.

Pagina 419

Tagliate sei libbre d’albicocche non troppo mature, più sottili che potrete, e mettetele a misura che le tagliate in un caldaio: rompete li nocciuoli, levandoli la pelle, e tagliandoli finissimi per unirli alle albicocche; pesate quattro libbre e mezza di zuccaro per metterlo colle albicocche. Mettete il caldaio ad un fuoco chiaro, rivolgendole sempre con la schiumora, per timore che la marmellata s’attacchi al fondo: poi quando le albicocche saranno quasi cotte, discendete di tanto in tanto il caldaio per schiacciare li pezzi d’albicocche che non sono ancor ridotti in marmellata. Facendola cuocere finché s’attacchi, toccandola colle dita senza troppa resistenza, mettendola poscia ne‘ vasi, che per tal effetto avrete preparati. Questo metodo, benché semplice, tuttavia è buonissimo.

Pagina 417|418

Pelate bene le albicocche, se pur volete, toglietele i nocciuoli: poscia per ogni libbra di frutto prendete nove oncie di zuccaro, che chiarifìcarete come avanti alla pag. 331, indi fatelo cuocere al grosso boulet pag. 332, che si conoscerà quando immergendo la schiumora nel zuccaro, e ritirandola vi soffierete sopra, e vedrete volar in aria il zuccaro, questo è un segno della sua giusta cottura; allora vi metterete le albicocche, e le farete bollire, rivolgendole sempre con una spatola di bosco finché la marmellata si attacchi alle dita, allora sarà segno che la potrete mettere subito ne’ vasi.

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Prendete le prune che vi saranno più in grado, come mirabelle, ec., fatele imbianchire, quando saranno molli sotto le dita, ritiratele con una schiumora, e mettetele nell’acqua fresca; chiarificate cinque libbre di zuccaro per ogni centinaio di prune; mettete le prune ad una ad una nel vaso affinché non si guastino, e sopra versatevi il zuccaro un poco più tepido; ogni giorno sera, e mattina metterete a sgocciolare le prune sopra d’una stamigna, e farete bollire il zuccaro, schiumandolo bene; poscia rimettete le prune nel vaso, versandovi di sopra il zuccaro un poco più tepido, e farete la stessa operazione per lo spazio di quattro o cinque giorni. Bisogna che la pruna Reine Claude sia verde, e le altre prune del loro colore: alla fine se vedete che il zuccaro non sia abbastanza in siroppo all’ultima cottura lo tirarete alla sua consistenza, aggiugnendovi due bicchieri di acqua per disgrassarlo, allora ancor bollente gettatelo sulle prune.

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Prendete del sidro di pera fatto senz’acqua; per fare questa confettura quello di pomi non è abbastanza dolce; fatelo ridurre ai due terzi prima di mettervi il frutto, indi fate la confettura come quella del vino dolce.

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Prendete una secchia di vino dolce, o meno, secondo la quantità delle confetture che volete fare, mettetelo in una caldaia, e fatelo bollire a fuoco chiaro finché sia ridotto ai due terzi, ed abbia una consistenza sufficiente per confettare il frutto. Prendete poi il frutto, fatelo cuocere nell’acqua finché sia un poco molle, poi pelatelo, e mettetelo nel siroppo di vin dolce, lasciandolo bollire finché sia cotto, schiumando bene. Per conoscere se il frutto è cotto prendete del siroppo, e messolo sopra di un’assietta, se chinandola il siroppo resta fermo è segno che il frutto è cotto, mettetelo poi nel vaso, quando sarà freddo: quantunque il vino fosse bianco non importa, purché sia dolce.

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Riempite due conigli con una farsa fatta con i loro fegati, un pezzo di butirro, prezzemolo, cipollette, e funghi, il tutto tagliato, sale, e pepe rotto; cuciteli, ed aggiustate loro le zampe d’avanti sul naso, e quelle di dietro sotto il ventre, mettendoli de’ piccoli spiedi per farle stare; fateli cuocere con un bicchier di vin bianco, brodo, lardo, butirro, sale, pepe rotto, ed un mazzetto guernito: quando sono cotti passate la salsa alla stamigna, levate il grasso, ed aggiugnete alquanto di sugo colato, e fatela ridurre, aggiustate i conigli come se fossero nel covile.

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Tagliateli in pezzi, e fateli cuocere con buon brodo, ventresca, un mazzetto guernito, sale, e poco pepe. Fate altresì cuocere una libbra di lenti alla regina con brodo senza sale, passandole indi alla stamigna con il loro brodo, ritirate il coniglio con la ventresca dalla sua cottura, mettendo questo brodo nel sugo delle lenti, e facendo ridurre al fuoco, ed unire: fateci scaldare dentro il coniglio, e la ventresca, e servitelo in un catino per entrée.

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Tagliateli in pezzi, e metteteli in una casseruola con prezzemolo, cipollette, funghi, ed un baccello d’aglio, il tutto triturato, un pezzo di butirro, timo, lauro, e basilicò quasi in polvere; passateli al fuoco con un pugno di farina bagnata con un bicchier di vin bianco, un poco di sugo, e brodo; fate cuocere, e ridurre alla consistenza di una salsa: quando siete vicini a servire prendete i fegati che sono cotti con la fricassea, triturateli, e metteteli nella salsa.

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Tagliateli in pezzi, e fateli cuocere in intingolo, che finirete come li piccioni in surtout.

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Disossate affatto uno o due conigli, e fate una farsa de’ loro fegati, ed altra carne cotta, del pane grattugiato, inzuppata di latte, prezzemolo, cipollette, funghi, sale, e pepe; unitela con quattro rossi d’uova, e distendetela sopra de’ conigli, rotolandoli in seguito, ed infilzandoli; fateli cuocere con alquanto di vin bianco, brodo, ed un mazzetto guernito; quando sono cotti levate il grasso dalla salsa, e passatela alla stamigna, aggiugnendo alquanto di sugo colato per unirla. Servitela sopra de’ conigli con circa due dozzine di pistacchi pelati.

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Tagliatelo in pezzi, e mettetelo in una casseruola con del butirro, un mazzetto guernito, dei funghi, e degli occhi di carcioffolo imbianchiti: passare tutto al fuoco con un pugno di farina bagnata con brodo, un bicchier di vin bianco, sale, e pepe. Quando è cotto, e non vi è più salsa aggiugnete un’unione di tre rossi d’uova stemprati in brodo, ed un poco di prezzemolo trito, e servitelo condito di buon gusto per entrée. Li conigli vecchi, se si tratta d'intingoli, si servono come li giovani, avendo il tempo da cuocere. Non sono però buoni né allo spiedo, né marinati, né in papigliotte, e né meno in tamburri.

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Votate un coniglio, lasciandogli il fegato senza l’amaro; disossatelo solamente nel mezzo della schiena, e fate un buco nella pelle per farvi passare la metà della parte d’avanti, cosicché essendo rovesciato abbia la forma di una testuggine; infilzatelo, e fatelo cuocere con un bicchier di vin bianco, alquanto di brodo, un mazzetto guernito, sale, e pepe; quando sarà cotto passate la cottura alla stamigna, e levate il grasso, aggiugnendovi un poco di sugo colato per unirla; fatela ridurre alla consistenza di una salsa, e servitela sopra del coniglio.

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Tagliate il coniglio in pezzi, e fate un rosso con un piccolo cucchiaio di farina, ed un pezzo di butirro; poi mettetevi dentro i pezzi del coniglio con il fegato: passate tutto al fuoco, bagnando con un bicchier di vin rosso, due di acqua, brodo, un mazzetto guernito, sale, e pepe rotto; lasciate cuocere a lento fuoco per mezz’ora, poscia aggiugnete una dozzina di piccole cipolle imbianchite; potete altresì aggiugnere un’anguilla tagliata in pezzi che metterete quando il coniglio sarà ai tre quarti della cottura; prima di servire levate il mazzetto, ed il grasso della salsa, e mettete un buon pugillo di cappari intieri, un’acciuga tagliata, e servite con delle croste passate al fuoco con butirro, bagnando il tutto con la salsa. Servite per entrée.

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Fate cuocere una libbra di zuccaro, come si è detto alla conserva di violette; cotto che sarà levatelo dal fuoco, rivolgendolo per due minuti circa, poscia mettetevi una marmellata d’agresto fatta in questa maniera. Prendete una libbra d’agresto maturo, e toltogli il grappo mettetelo al fuoco per farlo cuocere in marmellata, indi passatelo in una stamigna, premendolo forte finché non vi resti che la semente, e la pelle, rimettete al fuoco la marmellata affinché prendi alquanto di consistenza, indi mettetela nel zuccaro, rimescolandola bene sin a tanto che il zuccaro incominci ad imbianchire attorno a’ bordi della pentola; allora versatela subito nella forma come le violette.

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Fate cuocere una libbra di zuccaro, come si è detto alle violette, cotto che sia mettetevi quattr’oncie di marmellata d’albicocche fatta in questa maniera. Prendete quindeci, o dieciotto albicocche secondo la loro grossezza, che non siano affatto mature, mondatele da’ nocciuoli, e dalla pelle; tagliatele in pezzi, e fatele cuocere con alquanto d’acqua finché siano ridotte in marmellata ben secca e consistente, allora mettetela nel zuccaro, terminando la conserva come le precedenti. La conserva di persici si fa nella stessa maniera come quella d’albicocche.

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Tagliate in piccoli pezzetti una libbra circa d’altea, e dopo di averla raschiata, e lavata bene, fatela cuocere in un vaso di terra con alquanto d’acqua finché sia ridotta in marmellata, allora passatela per una stamigna, premendola forte; rimettete poscia sul fuoco tutto ciò che vi sarà passato, rivolgendolo sempre finché si riduca alla consistenza: fate poscia cuocere una libbra di zuccaro nella stessa maniera, come si è detto dell’uva spina, mettendovi dentro la marmellata, e terminatela come sopra.

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Prendete una libbra d’uva spina rossa, togliendole i grappi, e mettendola al fuoco con un bicchiere d’acqua, facendola bollire finché abbia reso tutto il sugo, passatela alla stamigna, premendo forte; mettendo indi tutto ciò che vi sarà passato sopra il fuoco, affinché si riduca in marmellata densa. Poscia mettete una libbra di zuccaro con un bicchiere d’acqua in una pentola, facendolo bollire, ed ischiumandolo: seguitate a farlo cuocere finché immergendovi due dita già bagnati nell’acqua, e poi di nuovo in essa, il zuccaro che resta nelle dita si rompa netto; allora levatelo dal fuoco, e mettetevi la marmellata, rivolgendola bene insieme finché vedrete che si forma di sopra un piccolo ghiaccio, allora versatela in una forma di carta, come si è detto alle violette di sopra.

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Mettete una libbra di zuccaro in una pentola al fuoco con un bicchiere d’acqua, fatelo bollire, ed ischiumatelo bene, continuando poscia a farlo bollire finché immergendovi la schiumora dentro, e soffiando a traverso ve n’escano delle piccole scintille di zuccaro; allora levatelo dal fuoco, lasciandolo alquanto raffreddare, indi mettetevi un’oncia di caffè macinato di fresco, e rivolgetelo bene insieme; quando il caffè sarà poi bene incorporato, verserete la conserva nelle forme di carta, come le precedenti. La conserva di cioccolato si fa nella stessa maniera, colla differenza però che per ogni libbra di zuccaro vi vuole solamente una mezz’oncia di cioccolato raschiato finissimamente.

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Fate cuocere una libbra di zuccaro come sopra; prendete una libbra di ciriegie togliendole tutti i gambi, ed i nocciuoli, e facendole rendere tutto il suo sugo sopra il fuoco; indi passatele alla stamigna, premendo forte con un cucchiaio di legno: poscia mettetele sopra il fuoco per toglierle la umidità superflua, e terminarete come si è detto alla conserva di violette.

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Mettete una libbra di zuccaro in una pentola con un gran bicchiere d’acqua; fatelo bollire, ed ischiumatelo, indi continuando a farlo cuocere finché immergendovi la schiumora, ed un colpo di mano gettando ne volino scintille che si tenghino unite l’una all’altra; indi levatelo dal fuoco, e mettetevi li fiori preparati in tal modo. Prendete delle foglie di fiori di cedro ben bianche, frastagliatele un poco con un coltello, bagnandole con la metà del sugo di un citrone, mettendole nel zuccaro, e rivolgendole senza però che sia al fuoco, finché il zuccaro divenghi bianco attorno la pentola, allora versate la conserva nelle forme di carta, come si è detto nelle precedenti.

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Fate cuocere una libbra di zuccaro come sopra, e mettetevi le more preparate in tal maniera. Schiacciate, e passate alla stamigna una libbra di more con due oncie di uva spina rossa, il tutto ben mondato, mettendo ciò che sarà passato in una pentola al fuoco per toglierle la superflua umidità, mettendola poscia nel zuccaro, e terminandola come si è detto a quella di violette.

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Mettete una libbra di zuccaro in una pentola con mezzo bicchiere d’acqua, e fatelo bollire senza schiumarlo finché immergendovi la schiumora nel zuccaro, e soffiando a traverso de’ buchi ve n’escano di grandi scintille di zuccaro, allora levatelo dal fuoco, e quando sarà mezzo freddo vi metterete la scorza d’un Portogallo raschiata ben fina, e la rivolgerete col zuccaro finché incominci a divenir consistente: allora verserete la conserva nella forma di carta, come si è detto delle altre. La conserva di citrone, di melarancio, e di limoni si fa nello stesso modo.

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Prendete dell'uva moscatella, perché è la più buona, del peso di una libbra, e mezza, e tolti bene i grappi mettetela sul fuoco per farla crepare, indi passatela in una stamigna a tutta forza, mettendo ciò che vi sarà passato al fuoco, e riducendo la marmellata in una buona consistenza; indi farete cuocere una libbra di zuccaro nella stessa conformità, come si è detto all’uva spina: cotto che sarà aggiugnetevi la marmellata d’uva, terminandola come si è detto nelle precedenti.

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Prendete un foglio di carta bianca, che lasciarete doppio, piegandolo all’intorno per fargli un bordo dell’altezza di un pollice, che faccia la figura di una cassa. Indi prendete una libbra di zuccaro, il quale metterete in una pentola con un bicchiere d’acqua, facendolo bollire ed ischiumandolo; continuate a farlo cuocere finché immergendovi la schiumora dentro, e scuotendola d’un rovescio di mano s’alzino in aria delle piccole scintille lunghe, che siano unite. Levatelo allora dal fuoco, e quando che sarà divenuto a metà freddo, mettetevi le violette preparate in questo modo. Prendete due oncie di violette monde, che pestarete ben fine in un piccolo mortaio, stempratele col zuccaro, rimenando presto con un cucchiaio di legno, o con una spatola senza rimettere al fuoco, versandola subito nelle casse di carta; quando che sarà fredda passatevi il coltello sopra, segnando in quadro, ed in lungo in varie maniere, ed in piccoli quadrati, e quando sarà del tutto fredda la pasta, potrete romperla per servirvene.

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Tagliate una coscia di montone per traverso in tre, o quattro pezzi, inlardate ciascun pezzo di lardo condito di sale, spezie fine, erbe fine triturate, fate cuocere nella stessa maniera del bue alla reale, e la servirete calda per entrée, o fredda per tramesso.

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Fate cuocere la coscia, ed i cavoli fiori come sopra, con questa differenza che bisogna mettervi molto sale, il tutto essendo cotto, prendete il piatto che dovete servire, mettendovi un poco di salsa, come sopra, coprite la salsa col formaggio parmigiano raschiato, versandovi sopra il resto della stessa salsa, facendo un nuovo coperto di formaggio; allora mettetelo a cuocere a fuoco lento, coprendolo con un coperchio di tortiera, sopra di cui vi metterete del fuoco, finché abbia preso color dorato, e li riduca in corta salsa; prima di servire asciugarete i bordi del piatto, e lasciate sgocciolare il grasso, che si trova nella salsa.

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Fatela cuocere come sopra, e dopo d’averla aggiustata sopra il piatto da servire; mettendovi all’intorno de’ cavoli fiori, i quali imbianchirete per un momento, e ritirati li porrete a cuocere in acqua bollente con sale, ed un pezzo di butirro, allorché saranno cotti, e sgocciolati, acconciateli propriamente attorno alla coscia, e mettete i cavoli fiori in alto, versandovi sopra una buona salsa fatta col suco colato ordinario, pepe, butirro, e sale; stemprandola al fuoco, e quando dovrete servire, mettetevi dell’aceto.

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Mettete a cuocere una coscia di montone in una pignatta con brodo, od acqua, un mazzetto di prezzemolo, cipollette, un baccello d’aglio, tre chiodi di garoffani, timo, lauro, basilicò, due cipolle, due carote, una pastinaca, sale, e pepe; e quando sarà cotta passate la salsa alla stamigna, disgrassandola acciò si riduca in gelatina, che servirete sopra la coscia, mettendo di sotto un intingolo di piccoli cocomeri tagliati in due o tre pezzi, secondo la loro grossezza, raschiateli un poco, e fateli imbianchire un momento, per togliere la forza dell’acido, servendoli in una salsa stemprata.

Pagina 132

Tagliate un poco la coscia sul fine, e la pelle sopra l’osso della giuntura, per piegarla senza la sfigurare; inlardate il tutto per traverso con lardo, legatela, e mettetela in una pignatta con brodo, un mazzetto di prezzemolo, cipollette, un baccello d’aglio, tre garoffani, una foglia di lauro, timo, basilicò, sale, e pepe; quando sarà cotta lasciatela sgocciolare, togliendole il grasso con un pannolino, servendola con una salsa fatta come segue. Mettete in una casseruola un bicchiere di brodo, e quasi altrettanto di suco colato, de’ cappari, un’acciuga, alquanto di prezzemolo, cipolletta, cipolline, un rosso d’uovo indurito, il tutto ben triturato, fatele dare due, o tre bolli, servendola sopra la coscia.

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Disossate la coscia alla riserva del fine, poi fateli de’ buchi al di dentro, senza pertugiare la pelle, per mettervi un salpicon fatto di questa maniera. Tagliate del lardo, un poco di giambone, dei fonghi, de’ piccoli cocomeri tagliati in dadi, condite di sale, spezie fine mischiate, prezzemolo, cipollette triturate, timo, basilicò in polvere, lauro, unite tutto insieme, e fatelo entrar per tutto nella coscia, in seguito legatela, e mettetela in una casseruola con un bicchiere di brodo, ed altrettanto di vino bianco, una cipolla, una carota, ed una pastinaca, fatela cuocere a piccol fuoco ben chiuso per cinque ore, e quando sarà cotta, disgrassate la salsa, passatela per la stamigna, e se sarà troppo liquida, riducetela a lento fuoco a giusta consistenza, aggiugnetevi un poco di suco colato per legarla; servite sopra la coscia.

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Fate cuocere la coscia alla braise nella stessa maniera di quella de’ cavoli fiori, e servite sopra un intingolo d’animelle di vitello, fonghi, e piccoli uovi; per far questo intingolo voi farete imbianchire nell’acqua tepida un’animella di vitello, indi la metterete nell’acqua fresca, e taglierete in grossi dadi, e dopo d’averle tolto il cornetto, la metterete nella casseruola con fonghi triturati nella stessa maniera, passandoli al fuoco con un mazzetto di prezzemolo, cipollette, due garoffani, un mezzo baccello d’aglio, mettendovi in seguito un pugillo di farina, bagnate in appresso con metà suco, e metà brodo, facendo cuocere a fuoco lento, condite di sale, e pepe rotto; quando sarà pressoché cotta, disgrassatela, e mettetele i detti piccoli uovi, che avanti farete imbianchire nell’acqua bollente, bisogna ritirarli all’acqua fresca per togliere la piccola pelle che si trova di sopra, dopo che avranno bollito mezzo quarto d’ora nell’intingolo; aggiugnetevi del suco di citrone oppure d’aceto, e servitela sopra la coscia; se avete poi del suco colato, mettetevi meno di farina, e di suco di citrone. Per i piccoli uovi, come non si può sempre averne, se ne può fare in questa maniera. Fate indurire due uova, prendendone li rossi che metterete in un mortaio, con mezzo pugillo di sale, pestateli, aggiugnendovi un rosso d'uovo crudo; allorché saranno stemprati, ritirateli, per metterli sopra d’una tavola coperta di farina, volgendoli a guisa d’una piccola salsiccia, e tagliandoli in piccoli pezzi uguali, volgendo ciascun pezzo nel fondo delle mani per farli rotondi, mettendoli sopra d’un piatto, facendoli poscia cuocere alquanto nell’acqua bollente, con ritirarli nell’acqua fresca, e metterli a sgocciolare sopra uno straccio prima di metterli nell’intingolo. Questo intingolo vi può servire a mascherare varie sorta di carne in entrée, e quando è solo, si serve per tramesso.

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Fate alquanto di farsa con un pezzo di coscia di vitello grosso come un uovo, altrettanto di grasso di bue, che triturerete insieme, aggiugnetevi prezzemolo, cipollette tagliate, un rosso d’uovo crudo, un cucchiaio d’acquavita, sale, e pepe; fate dei buchi in tutto il di sopra della coscia, per far entrare questa farsa, che farete cuocere allo spiedo inviluppata di carta, allorché sarà cotta, servitela con una salsa fatta come segue. Mettete in una casseruola un quartino di vin bianco, altrettanto di brodo, con prezzemolo, cipollette, una mezza foglia di lauro, timo, basilicò, un baccello d’aglio, due garoffani, una carota, mezza pastinaca, sale, e pepe rotto; fate bollire il tutto per un’ora a piccol fuoco, riducendo la salsa a metà, passatela alla stamigna, aggiugnendovi un uovo duro triturato, ed un pugillo di prezzemolo imbianchito triturato finissimo, e butirro grosso come una noce stemprato con farina; fate unire al fuoco, e servite sopra la coscia.

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Inlardatela per ogni parte con piccoli cocomeri, giambone, e lardo, il tutto tagliato in dadi, infilzatela, mettendola in una pignatta con un quartino di brodo, un bicchier di vin bianco, un pezzo di giambone, un mazzetto di prezzemolo, cipollette, tre chiodi di garoffano, un baccello d’aglio, timo, foglia di lauro, e basilicò; fate cuocere a piccol fuoco per tre, o quattro ore, poscia passate una parte della salsa alla stamigna, disgrassatela, e mettetevi tre rossi d’uova duri, cappari, acciughe, e prezzemolo imbianchito; aggiugnetevi un pezzo di giambone cotto con la coscia, triturate tutto ben fino, mettendovi alquanto di butiro con farina; fate unire la salsa al fuoco, e servitela sopra la coscia.

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Aggiustate un poco la coscia del montone, tagliandola verso il fine, affinché non resti così lunga; lardate la carne con lardo, ed alcune file d’acciughe, o pure mettetevi alquanto più di sale nel farla cuocere, legatela, e mettetela in una pignatta con un boccale d’acqua, ed altrettanto brodo, fatela bollire, schiumandola, aggiugnetevi un mazzetto di prezzemolo, cipollette, mezzo baccello d’aglio, tre cipolline, due garoffani, due cipolle, una carotola, ed una pastinaca. Quando sarà cotta, passate il brodo alla stamigna, con disgrassarlo, mettendolo poi al fuoco per ridurlo alla consistenza di gelatina, la quale dovete poi mettere sopra la coscia, mettete poscia qualche cucchiaio di brodo, o suco colato per distaccare ciò che vi resta nella casseruola, e dopo di averla passata allo staccio, servitela sotto la coscia.

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La coscia del montone che è una parte del arrosto, si aggiusta ancora nella stessa maniera, e di più alla Perigord; voi prendete allora de’ tartuffi tagliati in piccole fette, che volgerete insieme con piccoli pezzi di lardo, sale, spezie fine, prezzemolo, cipolle, ed aglio, il tutto ben trito; coprite per ogni parte la coscia di tartuffi, e lardo, lasciandola per due giorni inviluppata bene in una carta, acciò non prendi aria, poscia fatela cuocere cinque ore a piccol fuoco, dentro di una casseruola nel suo succo coperto di pezzi di vitello, e di lardo; quando sarà cotta, levate il grasso dalla salsa in cui è cotta, aggiugnendovi un cucchiaio di succo, e servite.

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Prendete una coscia già mortificata, e poi tagliatela in fette di tutta la sua larghezza, e grossa due dita, fate quattro pezzi della coscia, ed inlardatela condita di lardo, prezzemolo, cipollette, fonghi, un baccello d’aglio, sale, e pepe; mettete al fondo di una casseruola qualche pezzo di lardo, e cipolla, aggiustando la coscia di sopra; coprite bene la casseruola, e fatela cuocere a fuoco lento nel suo suco; quando sarà già mezza cotta, disgrassate la salsa, e se avete del sugo colato mettetene un poco, e servitela a corta salsa.

Pagina 129|130

Prendete una coscia di montone mortificata, levategli la pelle senza distaccarla del tutto da detta coscia: infilzate nella carne dei pezzi di scelleri mezzi cotti alla braise, o nel brodo de’ piccoli cocomeri tagliati grossamente, del lardo, il tutto ben condito leggermente, ed alcune file d’acciuga; rimettendo poi la pelle in modo che non sembri staccata; attaccandola con filo, affinché non si ritiri, e cuocendola allo spiedo al solito, e servite con una salsa, mettendo alle uova un poco di cipollina.

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Prendete una coscia mortificata, infilzatela, fatela cuocere cinque ore con brodo, e pochissimo sale, con un mazzetto guernito; quando sarà cotta la coscia, levatela, e disgrassato il brodo, lo ridurrete in ghiaccio, rimettendo poscia la coscia nella stessa casseruola, affinché prenda tutto il sapore della carne; abbiate cura di rivolgerla, affinché non si attacchi; quando non vi sia più di salsa nella casseruola, aggiustate la coscia sul piatto che dovrete servire, mettendo nella casseruola del suco colato chiaro per staccarne il resto. Togliete un buon pugno di prezzemolo, fatelo imbianchire un mezzo quarto d’ora, poi mettetelo nell’acqua fresca, premendolo, e tagliandolo ben fino, e per fine spargetelo nella vostra salsa, la quale proccurarete che sia condita di buon gusto, servendola poscia per disopra la coscia.

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Prendete una coscia mortificata, infilzatela, e mettetela in una pignatta con buon brodo, prendete la metà d’un cavolo, una donzina di radici per accomodarvi d’intorno, sei grosse cipolle, tre occhi di scelleri, e sei rape; fate imbianchire il tutto insieme per un mezzo quarto d’ora, facendolo poscia imbianchire nell’acqua, e spremetelo per levarci l’acqua; infilzate il cavolo, ed i scelleri, e mettete tutti questi erbaggi a cuocere con la coscia, conditela, e mettetevi pochissimo sale. Quando il tutto è cotto, aggiustate la coscia, e li erbaggi su d’un piatto, asciugate il grasso che resta, con un pannolino bianco, prendete poscia il brodo in cui è cotta la coscia, disgrassatelo, e poi passatelo alla stamigna, facendolo ridurre a due cucchiai, e questo sarà il ghiaccio, che metterete leggermente su la coscia, con li erbaggi, per ghiacciarli egualmente, mettete poi del suco chiaro nella casseruola del ghiaccio, per staccarne il resto, passate questa salsa alla stamigna, per renderla più chiara, e conditela di buon gusto; servitela sopra gli erbaggi, senza toccare il ghiaccio.

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Prendete della coscia di vitello tagliata in pezzi, che piccarete con lardo, conditela di sale, pepe rotto, prezzemolo, cipollette, carotole, una punta d’aglio, il tutto triturato; prendete della cotica di lardo nuovo, che non sia rancido, tagliatelo in pezzi, e mettetelo in una terrina, facendo un letto di fette di vitello, ed un letto di cotica fino alla fine, mettete poi un bicchiere di vin bianco, ed un mezzo di acquavita, lasciate cuocere sopra le ceneri calde per quattro, o cinque ore, e servite, come il bue alla moda, per entrée.

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Prendete della coscia di vitello tagliata in varie parti grosse la metà d’un uovo, piccate ciascun pezzo a traverso con lardo; condite di sale, spezie fine, prezzemolo, cipollette, e fonghi, il tutto triturato, metteteli in una casseruola con alquanto di butirro, e passateli al fuoco, aggiugnendovi un pugno di farina bagnata con brodo, ed un bicchier di vin bianco, fate cuocere, e ridurre a corta salsa: in servendo unite tre rossi d’uova con crema, che farete unire al fuoco senza bollire. Servite per hors d’oeuvre.

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Prendete un pezzo di coscia di vitello, il più spesso che potete per fare un buon piatto, piccatelo con lardo; prezzemolo, cipollette, fonghi, una punta d’aglio, il tutto triturato, sale, e pepe, mettete la coscia in una casseruola ben coperta, fatela cuocere nel suo suco con una cipolla, e due radici; quando è cotto a piccol fuoco, disgrassate la sua poca salsa, e servitela sul pezzo di vitello, se avete del suco colato, aggiugnetevene, che renderà la salsa migliore. Servitelo per entrée.

Pagina 106

Fate sgorgare, ed imbianchire un’animella di vitello all’acqua bollente, tagliatela in grossi dadi, con molti funghi tagliati nella stessa maniera, uniteli insieme con lardo, prezzemolo, cipollette, basilicò triturato, sale, pepe rotto, e due rossi d’uova; prendete due coscie di pollo d’india crudo, e ben pelato, e disossatele, lasciandovi però il fine dell’osso unito alla zampa, mettetevi dentro l’animella di vitello con il condimento; cucitele, e fatele cuocere in una piccola braise fatta con un bicchier di vin bianco, altrettanto brodo, un mazzetto di prezzemolo, cipollette, ed un poco di sale; copritele con fette di lardo, e fatele cuocere lentamente; subito che siano cotte, e vi resti più poca salsa, togliete il grasso, le fette di lardo, ed il mazzetto, aggiugnendo due cucchiai di sugo colato per unirla, oppure un poco di butirro con un pugno di farina, ed alquanto di prezzemolo imbianchito triturato; fatela unire al fuoco, e servitela sopra le coscie con del sugo di citrone, o alquanto d’agresto se più vi piace.

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Se vi servite delle coscie d’un pollo d’india cotto allo spiedo, che sia già stato servito, non bisogna piccarle, se poi sono crude, piccatele a traverso di lardo; fatele cuocere alla Sainte Menehoult fatta così: mettete in una casseruola alquanto di butirro con mezzo cucchiaio di farina, sale, pepe, prezzemolo, cipollette, un baccello d'aglio, tre garoffani, una foglia di lauro, timo, basilicò, due pugni di coriandoli, ed un quartino di latte, volgete al fuoco sin che bolla; mettetevi le coscie, facendole bollire lentamente; quando si piegheranno sotto il dito ritiratele per sgocciolarle; prendete il grasso di detta Menehoult, ed immergetevi le coscie, coprendole indi con pane grattugiato, mettendole su la graticola, bagnatele leggermente con il resto del grasso; mettete in una casseruola mezzo bicchiere di sugo con due cucchiai d’agresto, sale, e pepe rotto; fate scaldare, e mettete sopra le coscie.

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Tagliate le coste del collo, levatele le ossa, e non vi lasciate altro che le coste, mettetele in una casseruola con lardo fonduto, prezzemolo, e cipollette, qualche tartuffo, sale, pepe, il tutto triturato finissimo, una fetta di citrone senza pelle, copritele con pezzi di lardo, facendole cuocere a lento fuoco sopra la cenere calda. Quando sono cotte levatele dalla casseruola, asciugatele dal grasso, ed aggiustatele nel piatto da servire; mettete il citrone in alquanto di suco colato, disgrassate la salsa, mettetela al fuoco, e servitela su le coste. Potete fare molti entrées alla poële in questa maniera. In franzese cotteletes.

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Tagliatele molto spesse, e fate un buco dalla parte della costa, ed ingranditelo con il dito per mettervi un poco di salpicon, fatto con un’animella di vitello imbianchita, e tagliata in piccoli dadi, della ventresca tagliata nella stessa maniera, ed unito con prezzemolo, cipollette, carotole, e fonghi triturati, sale, e pepe rotto, unite le coste, affinché l’intingolo non esca, e mettetele a cuocere in una casseruola con pezzi di lardo, alquanto di brodo, e mezzo bicchiere di vin bianco; quando sono cotte aggiustatele sul piatto colle coste in aria, passate la salsa alla stamigna dopo di averla disgrassata, aggiugnendovi un poco di suco colato, per unirla, servitela sopra le coste, e per entrée.

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Se sono tenere, si mettono a cuocere comunemente arrosto, e si servono nel suo sugo, oppure levateci il filetto, e tagliatelo in piccoli pezzi, e mettetelo in una casseruola con salsa fatta di cappari, acciuga, funghi, un baccello d’aglio tritato, e passate al fuoco con un poco di butiro, e bagnate con sugo collato, quando voi avrete disgrassata la salsa, e condita di buon gusto, mettetevi il filetto dentro col sugo delle coste, fate scaldare senza che bollisca, e servire sopra. Potete altresì servire il medesimo filetto con cocomeri, scelleri, cicoria, cardi. Od in fricandò alla braise come abbiamo detto della culotta, usando la medesima salsa.

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Prendete un quarto di montone, tagliatelo in coste, facendole cuocere come sopra, e finitele nella stessa maniera; circa la farsa, fatela consimile, con questa differenza, che vi aggiugnerete del basilicò finissimo, un uovo di più, e meno crema; quando saranno bene inviluppate di farsa, e coperte di pane grattugiato, e fritte con un bel colore, servitele d’intorno ad un pezzo di mollica di pane fritto nel mezzo del piatto. Servitelo per entrée.

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Prendete otto, o dodici rape secondo la loro grossezza ben tenere, e dopo averle bene raschiate, e lavate, tagliatele in piccoli pezzi, imbianchitele per un mezzo quarto d’ora all’acqua bollente, e lasciatele sgocciolare, mettendole in una casseruola con un pezzo di butirro, passatele al fuoco volgendole soventi finché abbiano preso un bel colore, aggiugnendovi allora un pugillo di farina, sale, pepe, e due cipolline tagliate; bagnandole con brodo, e facendole bollire a piccol fuoco, finché siano le rape risolte in gelatina spessa; poi passatele per una mestola, ed intanto che cuocono, tagliate un quarto di montone in coste, le quali marinarete con sale, pepe, ed alquanto di grasso, o sia d’olio, fatele arrostire alla graticola, bagnandole col resto della marinata, servendole sopra la gelatina di rape. Servitele per entrée.

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Tagliate un quarto di montone in coste, ed aggiustatele in una casseruola con butirro grosso la metà d’un uovo, passatele al fuoco finché siano divenute alquanto rosse, poi bagnatele con un bicchier di vin bianco, ed altrettanto brodo, aggiugnendovi una donzina di piccole cipolle bianche, e facendo bollire a piccol fuoco; una mezz’ora dopo mettetevi tre oncie di ventresca, una carota, ed una pastinaca, il tutto tagliato in fili, un piccolo branco di sattureggia, e prezzemolo triturato, un poco di sale, pepe rotto, ed aceto: allorché le coste sono cotte, e vi resta poca salsa, accomodate le coste nel piatto da servire, mettendo le cipolle d’intorno, con le fila delle radici, e lardo sopra le coste, e servitelo per entrée.

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Preparate le coste di montone come sopra, mettendole in una casseruola con del butirro, un mazzetto di prezzemolo, cipolle, due baccelli d’aglio, due cipolline, cinque, o sei foglie di serpentaria, due garoffani, una mezza foglia di lauro, alquanto di timo, e basilicò; passatele al fuoco, mettendovi un pugno di farina, bagnatele con un bicchier di vin bianco, ed alquanto più di brodo, conditele di sale, e pepe, facendole bollire a lento fuoco fino che vi resti più poca salsa, e che siano cotte le coste, allora aggiustatele sul piatto da servire, passate la salsa allo staccio, e sgrassatela, rimettendola al fuoco con del butirro grosso come un uovo, mescolato con farina, ed un pugno di prezzemolo imbianchito, ben premuto, e tagliato fino, con un mezzo cucchiaio d’agresto, volgetela finché sia unita come una salsa bianca, e servitela sopra le coste.

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Tagliate un quarto di montone in coste, e mettetele in una casseruola con alquanto di lardo liquefatto, prezzemolo, cipolletta, due carotole, il tutto tagliato, passatele al fuoco, e bagnatele con brodo, conditele di sale, pepe rotto, facendole cuocere a lento fuoco; quando saranno cotte, sgrassate la salsa, e mettetevi un poco di sugo colato per unirla; prendete il piatto da servire, e mettetevi nel fondo una piccola crosta della spessezza d’uno scudo, fatta in questo modo. Prendete un pugno di pane grattugiato, mescolatelo con alquanto di butirro, tre rossi d’uova, un poco di prezzemolo, cipollette tagliate fine, e sale, mettendo il piatto su la cenere calda, finché la crosta sia attaccata al piatto, sgocciolate il butirro che avanza, e servite le coste sotto la salsa; si servono nella stessa maniera molti altri intingoli.

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Fatele cuocere con brodo, poco sale, un mazzetto guernito; cotte che saranno, disgrassate il brodo, e passatelo allo staccio, poscia riducetelo in gelatina, mettendovi le coste dentro per ghiacciarle, indi ghiacciate lasciatele raffreddare; prendete della coscia di vitello, e grasso di bue, per fare una farsa con due uova, sale, pepe, prezzemolo, cipollette, e fonghi, il tutto triturato, e bagnate la farsa con crema, poscia inviluppate ciascuna costa con questa farsa, mettetele sopra una tortiera coprendola con pane grattugiato, poi fatele cuocere al forno, e quando saranno di bel colore mettetele a sgocciolare dal loro grasso, e servite sotto una buona salsa chiara, e per entrée.

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Tagliate un quarto di porco fresco in coste, che farete cuocere con alquanto di brodo, un mazzetto guernito, sale, e pepe: prendete un’animella di vitello imbianchita, tagliatela in grossi dadi, mettendola in una casseruola con funghi, qualche fegato di volatile, ed alquanto di butirro; passate il tutto al fuoco con un buon pugno di farina bagnata metà con brodo, metà con vin bianco, e con suco sufficiente, per dar colore all’intingolo, sale, e pepe rotto, un mazzetto di prezzemolo, cipollette, mezzo baccello d’aglio, e due garoffani; fatelo cuocere, e ridurre a corta salsa, e servite sopra le coste. Nello stesso modo potrete aggiustare le coste con l’intingolo, e quando saranno mezze cotte, aggiugnetevi l’animella di vitello, il fegato, e de’ fonghi, con lo stesso condimento.

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Mettetele in una casseruola con un pezzo di butirro, ed un mazzetto guernito, passatele al fuoco con un pugno di farina bagnata con brodo, un bicchiere di vin bianco, sale, e pepe rotto, fate cuocere a fuoco lento, e disgrassate la cottura, riducendola a corta salsa, mettendovi butirro grosso come una noce unito con farina, ed un buon pugno di cerfoglio imbianchito, e tagliato; fate unire la salsa, servendo aggiugnetevi un poco di suco di citrone, o dell’aceto. Serve per entrée.

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Tagliate un quarto di vitello in coste, aggiustandole, mettete nel fondo della casseruola quattro oncie di lardo magro tagliato in fette, alquanto di butirro, e le coste di sopra; fatele cuocere a fuoco lento; volgendole soventi nel loro suco; quando sono cotte, aggiustatele nel piatto da servire, con i pezzi del lardo sopra, mettete nella casseruola tre rossi d’uova, con brodo, prezzemolo imbianchito, e trito, una carotola tagliata, e staccate quello che può essere attaccato alla casseruola; fate unire al fuoco aggiugnendovi alquanto di aceto, e pepe rotto; servite sopra le coste con del sale, se il lardo non è salato abbastanza.

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Tagliate un quarto in coste, accomodandole, affinché non siano troppo lunghe, lasciatele marinare un’ora con sale, pepe, fonghi, prezzemolo, cipollette, una piccola punta d’aglio, del butirro alquanto caldo; indi fate attaccare la marinata alle coste, coprendole con pane grattugiato, mettetele alla graticola con poco fuoco, bagnandole con il resto della marinata, quando siano cotte, e colorite, servitele sotto di una salsa di suco chiaro, con due cucchiai d’agresta, sale, e pepe oppure senza salsa; e si servono per hors d’oeuvre.

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Prendete un quarto di vitello, tagliatelo in coste, acconciandole, piccatele di lardo, acciughe, e cocomeri, conditele di sale, e pepe rotto, e fatele marinare con olio, sale, pepe, prezzemolo, cipollette, e carotole, e fatele cuocere a piccol fuoco nella loro marinata in mezzo a due pezzi di lardo; quando saranno cotte servitele con una salsa fatta come segue. Mettete in una casseruola del prezzemolo, cipollette, carotole trite, sale, pepe, due pezzi di butirro, un pugno di farina, un cucchiaio d’olio fino, due cucchiai di buon brodo, unite la salsa al fuoco, ed in servendo aggiugnetevi del suco di citrone. Serve per entrée.

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Tagliate un quarto di vitello in coste, e fatele marinare due ore, con tre cucchiai di aceto, un quartino d’acqua, sale, pepe, due baccelli d’aglio, due carotole, una foglia di lauro, timo, basilicò, tre garoffani, prezzemolo, e cipollette, indi asciugate, infarinatele, e fatele friggere, servendole guernite di prezzemolo fritto; se la frittura è vecchia, fate la marinata men forte, e lasciatele cuocere, finché non vi resti più salsa, levate le spezie, che hanno servito per il condimento, infarinate le coste, e fatele friggere, altrimenti la frittura essendo vecchia, prima di essere cotte, le coste resterebbero nere; e si servono per entrée.

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Prendete tre oncie di ventresca, tagliatela in pezzi, mettetela in una casseruola con un pezzo di butirro grosso la metà d’un uovo; fate abbrustolire la ventresca, e mettetevi le coste di vitello per farle cuocere insieme a lento fuoco, volgetele di tempo in tempo, finché siano cotte, indi levatele dalla casseruola colla ventresca, per metterle sopra d’un’assietta, levate la metà del grasso, e mettete in una casseruola due carotole, un pugno di prezzemolo triturato, un poco di sale, con pepe rotto, bagnate con mezzo bicchiere di vin bianco, e con altrettanto brodo, od acqua; fate bollire, e ridurre a metà, rimettete le coste, la ventresca, e tre rossi d’uova stemprati in due cucchiai di brodo, fate unire al fuoco senza bollire; in servendo aggiugnete un poco d’aceto. Si servono per entrée.

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Tagliatele alquanto minute, e mettetele in quarti di carta bianca con sale, pepe, prezzemolo, cipollette, fonghi, carotole, il tutto ben triturato, con poco di olio, o butirro, inviluppate la carta intorno alle coste, lasciandone però uscire il fine; ungete la carta di fuori, e fatele cuocere a piccol fuoco su la graticola, dopo di aver messo un foglio di carta unto di butirro sotto le coste; servitele poscia inviluppate nella carta, e per entrée.

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Prendete un quarto di montone mortificato, e tagliato in coste, mettendolo in una casseruola con buon butirro, passatele al fuoco, rivolgendole soventi sinché siano cotte, ritiratele dalla casseruola per sgocciolarne il grasso, lasciandone circa un mezzo cucchiaio a bocca di grasso, aggiugnendovi un bicchiere di brodo, cipollina tagliata, sale, e pepe rotto; fate bollire, per distaccarne l’avanzo, appresso mettete le costole con tre rossi d’uova, il che unirete bene al fuoco, senza che bolla; quando servirete mettetevi un poco di noce moscada con alquanto d’aceto.

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Mettete in una casseruola tre quartini di vin bianco, due scorze di cedro verde, un pugillo di coriandri, un pic- col pezzo di cannella, e tre oncie di zuccaro: fate bollire a piccol fuoco per un buon quarto d’ora; stemprate in un’altra casseruola un mezzo cucchiaio a caffè di farina con sei rossi di uova, mettetevi indi a poco a poco il vino già fatto bollire, allorché sarà mezzo freddo, passate tutto alla stamigna, e fate cuocere la crema al bagno maria; quando sarà rappresa mettetela al fresco finché sia ora di servirla.

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Mettete nella casseruola un boccale di latte, ed un quartino di fior di latte con un piccolo pezzo di cannella, un pugillo di coriandri, e scorza di cedro verde; fate bollire per un quarto d’ora, levatela dal fuoco, e mettete in una pentola tre oncie di zuccaro con mezzo bicchiere d’acqua, fatela bollire sopra un fornello finché sia di colore di cannella oscuro, levatela dal fuoco, e mettetevi la crema, rimettetela sopra il fuoco finché il zuccaro siasi stemprato colla crema; indi stemprate cinque rossi d’uova con un pugillo di farina, mettetevi a poco a poco la crema, passatela alla stamigna per farla cuocere al bagno maria, come la precedente.

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Mettete tre quartini d’acqua in una caffettiera, e quando bollirà mettetevi due oncie di caffè, rimenatelo bene con un cucchiaio, lasciandolo al fuoco che bolla finché siasi elevato almeno quattro o cinque volte; lasciatelo riposare acciò diventi chiaro, versandolo poi dolcemente in una casseruola con un boccale di latte, ed un pezzo di zuccaro; fatelo bollire finché non vi resti che ciò che fa bisogno per la grandezza del piatto: stemprate cinque rossi d’uova con un pugillo di farina, ed indi la crema, passandola poi alla stamigna per metterla nel piatto che dovete servire, il quale deve essere sopra una casseruola dove vi sia dell’acqua vicina a bollire; coprite il piatto con un coperchio da casseruola con alquanto di fuoco sopra, e fate bollire finché la crema sia rappresa; servite caldamente.

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Raschiate alquanto di cioccolato, mettendolo in una casseruola con un’oncia, e mezza di zuccaro, un boccale di latte, un quartino di crema; fate bollire dolcemente finché sia diminuito del terzo: ritiratela dal fuoco, quando sarà mezzo freddo stempratevi cinque rossi d’uova, indi passatela alla stamigna, e fatela rapprendere al bagno maria, come la precedente.

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Prendete tre piccoli pani, toglietene la crosta per di sotto per poterne cavar la mollica, senza guastare la crosta di sopra, immergete le croste di sotto e di sopra in latte, e zuccaro. Prendete poscia una casseruola, ove vi metterete due piccoli cucchiai di farina che stemprarete con sette rossi d'uova, mettendo i bianchi in un vaso di terra a parte, mettete co’ rossi tre marzapani infranti, di cedro verde trito, un pezzo di zuccaro, ed un boccale di fior di latte; fate cuocere il tutto per un quarto d’ora sopra il fuoco, e ritiratelo. Togliete li piccoli pani di dentro il latte, e metteteli a sgocciolare. Prendete il piatto che dovete servire, mettete questa crema al fondo, il disotto de’ pani sopra, poi prendete il disopra de’ pani, ed al luogo della mollica che avete tolto mettetevi della crema, e li metterete nel piatto come se fossero intieri, copriteli della medesima crema, ed uniteli sopra della medesima affinché ciascun pane conservi la sua figura; fateli cuocere al forno, o sotto un coperchio di tortiera per mezz'ora, quindi prendete i bianchi d’uova che sbatterete come la fiocca, e mettetevi dentro del zuccaro fino. Ritirate i piccoli pani dal forno per coprirli co’ bianchi d’uova, procurando di conservarli la lor figura, mettetevi sopra del zuccaro, e rimetteteli al forno finché siano d’un bel color giallo, e servite.

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Mettete nella casseruola due cucchiai di farina con del cedro verde raschiato, fiori di cedro arrostiti, e triturati, ed un poco di sale; stemprate con cinque uovi un boccale di latte, un poco di zuccaro, fatela cuocere rivolgendola sempre per mezz’ora; quando sarà fredda essa servirà per far una torta di franchipane o tartelette, e non avete che a metterla sopra una pasta sfogliata; quando sarà cotta bisogna ghiacciarla col zuccaro, e paletta infuocata al solito. Le torte alla midolla di bue si fanno nella stessa maniera, con questa differenza che avanti di ritirare la crema dal fuoco vi aggiugnerete della midolla di bue liquefatta, e passata alla stamigna; lasciatela cuocere nella crema per un momento.

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Prendete sei uovi, due intieri, e quattro rossi, che stemprarete con un piccolo pugno di farina, un boccale di fior di latte, tre marzapani infranti, un poco di cedro verde trito, ed un pezzo di zuccaro; mettete il piatto che dovete servire sopra di un fornello a fuoco lento con la crema, quale dopo averla ben rimenata la farete cuocere per un’ora, passandoli sopra la paletta infuocata per darli un bel colore; se vi metteste troppo fuoco la crosta rimarrebbe abbruciata, e di cattivo gusto.

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Mettete nella casseruola un boccale di latte, ed un quartino di fior di latte, un piccolo pezzo di cannella, una scorza di cedro verde, un’oncia e mezza di zuccaro; fate bollire per una mezz’ora, e diminuire di un terzo, passatela alla stamigna, e stempratevi a poco a poco sei rossi d’uova con un poco di farina, mettetevi alcuni marzapani d’amandole amare, due oncie di cioccolato, ed un poco di fiori di cedro immascherati, il tutto ben triturato; fatela cuocere al bagno maria, come si è detto a quella di caffè.

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Stemprate quattr’uovi con un pugillo di farina, alquanto di cedro verde raschiato, un piccolo pezzo di cannella pesta, alcuni marzapani d’amandole amare infranti, un mezzo cucchiaio d’acqua di cedro, un boccale di fior di latte, un’oncia e mezza di zuccaro, e del sale quanto un pisello; mettete il piatto sopra un fuoco lento, e versatevi la crema; quando sarà cotta spargetevi sopra del zuccaro per ghiacciarla colla paletta infuocata.

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Prendete otto rossi d’uova che stemprerete con due cucchiai di farina, un poco di citrone verde triturato fino, alquanto di acqua di fior di cedro, e tre quartini di fior di latte, ed alquanto di zuccaro; indi prendete tre oncie di midolla che farete liquefare sopra il fuoco, e la passerete in una stamigna; mettete questa midolla nella crema, fatela cuocere per una mezz’ora, indi ritiratela per mettervi gli otto bianchi d’uovi ben sbattuti in un vaso di terra, ed elevati, meschiateli bene nella crema, ed aggiustateli nel piatto che dovete servire; fatela cuocere al forno, o sotto un coperchio di tortiera, come la precedente: quando è cotta prendete alcune piume ben proprie, che immergerete in butirro caldo, e le passerete leggermente sopra la crema, e mettete subito delle nompareille. Le nompareille sono piccoli grani di confettura d’ogni colore, e servite.

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Prendete un boccale di buona crema con un piccolo cucchiaio d’acqua di fiori di melarancio, con due oncie di zuccaro, e due uovi freschi: sbattete il tutto insieme finché la crema sia spessa; mettete ogni cosa in un compostiere sopra della cenere calda, coprendolo con un coperchio carico di fuoco; quando la crema sarà unita mettetela sopra del ghiaccio, o in un luogo fresco, lasciandola raffreddare finché sia tempo di servire.

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Prendete una pinta di crema, e poi mettetela al fuoco con due oncie di zuccaro; fatela bollire, e ridurre a metà, poscia levandola dal fuoco aggiugnetevi un piccolo cucchiaio d’acqua di fiori di melarancio con due bianchi d’uova sbattuti: poi sbattetela per un momento, e quando li bianchi di uova saranno cotti aggiustatela nel compostiere, e servitela fredda.

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Prendete una pinta di latte, un boccale di fior di latte, un pezzo di zuccaro che farete bollire insieme, e ridurre il tutto alla terza parte, mettendolo poi a intiepidire finché possiate colle dita soffrire il suo calore; prendete un poco di coagulo, o sia presame, stemprandolo nell’acqua in un cucchiaio a bocca, meschiatelo bene colla crema, passando il tutto nella stamigna; prendete il piatto che dovete servire, mettendolo sopra la cenere calda, versandovi dentro la crema, e copritela con un coperchio, mettendovi sopra della cenere calda, lasciandolo finché sia rappresa la crema, indi portatelo al fresco per servirla fredda.

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Prendete un quartino di fragole lavate, e sgocciolate, e pestatele in un mortaio: fate poi bollire tre quartini di crema con un quartino di latte, e zuccaro finché sia ridotto a metà, lasciatela poscia raffreddare, indi aggiugnetevi le fragole, stemprandole insieme con un pezzo d’aglio della grossezza d’una grana di caffè; passate il tutto ad una stamigna, e mettetelo in un compostiere che possa resistere alla cenere calda senza rompersi; mettete il compostiere sopra della cenere calda, col suo coperchio con altrettanta cenere calda sopra. Quando la crema sarà ridotta la metterete in un luogo fresco, oppure sopra del ghiaccio finché dobbiate servire.

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Si fa come quella delle fragole, con questa differenza che ritirando la crema dal fuoco, quando conoscerete che sia abbastanza ridotta vi aggiugnerete due rossi d’uova freschi, stemprati con un cucchiaio di crema; rimettete poscia la crema per un momento al fuoco, volgendola per far cuocere le uova, non la lasciando bollire: terminatela nella stessa maniera come la precedente.

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Prendete tre oncie di riso mondato, e ben lavato in acqua tiepida, mettetelo a cuocere in brodo grasso; allorché sarà cotto, ed alquanto consistente, ammaccatelo con un cucchiaio, e fatelo passare nella stamigna, e fregatelo forte con un cucchiaio di legno; aggiugnendovi di tanto in tanto un poco di brodo caldo per aiutare a farlo passare; servitelo della spessezza di una crema doppia.

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Mettete nella casseruola un quartino di fior di latte, ed un boccale di latte, quattr’oncie di zuccaro: fate bollire, e diminuire d’un terzo. Se sarà crema di tè che vorrete fare mettetevi ciò che vi abbisogna di tè bollito per farne cinque tazze, lasciandolo bollire un momento, e passatelo alla stamigna. Se volete fare una crema di serpentaria, prendetene due branchi, che farete bollire un mezzo quarto d’ora nell’acqua, poi fatelo bollir nella crema; bisogna lasciarlo solamente tanto tempo quanto basterà per dargli gusto, e ritirarlo subito per timore che il gusto non domini: farete quella del prezzemolo, e de’ scelleri nella stessa maniera. La crema essendo passata alla stamigna, stempratevi cinque rossi d’uova con un pugillo di farina, e fatela cuocere al bagno maria come quella del caffè; se volete servirle fredde non vi mettete né uova, né farina, dopo che sono passate alla stamigna, e che la crema è tiepida stempratevi del coagulo, o di pelle di volatile triturata; passate indi alla stamigna, e mettetela nel piatto che volete servire, il quale metterete sopra un poco di cenere calda, coprendolo con un coperchio, con sopra alquanto di cenere calda; lasciatelo finché la crema sia consistente, poi mettetela al freddo finché vogliate servirla.

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Mettete in una casseruola della farina circa tre cucchiai a bocca, stempratela a poco a poco con sei uovi intieri, un poco di scorza di cedro raschiata, fiori di cedro inzuccherati, e pesti, un boccale di latte, alquanto di zucchero, un piccolo pugillo di sal fino; fatela cuocere sopra un piccolo fuoco per mezz’ora, rimenandola sempre; quando sarà ben spessa, e consistente stendetela della spessezza d’un mezzo dito sopra d’un piatto infarinato, gettandovi sopra della farina, quando sarà fredda tagliatela come vorrete per farla friggere in una frittura ben calda; in seguito voi l’agghiaccierete, inzuccherandola, e passandovi sopra la paletta infuocata.

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Prendete una casseruola, mettendovi dentro un piccolo pugno di farina, citrone verde triturato fino, un pugillo di fiori di cedro inzuccherati e pestati, un pezzo di zuccaro; stemprate il tutto con otto rossi di uova, mettendo i bianchi a parte in un vaso di terra, i rossi li mescolarete con un boccale di fior di latte, ed un quartino di latte; fate cuocere questa crema sopra il fuoco per mezz’ora finché divenghi spessa: allora ritiratela dal fuoco, sbattendo con un battitore i bianchi che avete messi da parte; quando saranno ben elevati meschiateli nella crema, la quale metterete nel piatto che dovete servire, versandovi sopra del zuccaro da per tutto finché la crema sia coperta; fatela cuocere al forno, o sotto un coperchio da tortiera: quando sarà ben elevata, e ghiacciata servite.

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Fate bollire un boccale di latte, ed altrettanto di fior di latte con tre oncie di zuccaro finché sia ridotto a metà; levatelo dal fuoco; quando sarà tepido fatelo rapprendere con coagulo, o colle pelli di sopra: quando sarà freddo prendete un boccale di crema doppia che sbatterete, ed a misura che essa fa di schiuma levatela colla mestola per metterla sopra uno staccio, sotto mettendovi un piatto; continuate a sbattere la crema finché ne abbiate abbastanza per coprire la crema in forma di piramide unita, e servite subito.

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Mettete in una casseruola tre quartini di latte; fateli bollire mettendovi un poco di scorza di cedro verde, un pugillo di coriandri, un piccol pezzo di cannella, un poco più di tre oncie di zuccaro, due grani di sale; fate bollire, e ridurre a metà, mettendola poscia a raffreddare; poi mettete in una casseruola un pugillo di farina stemprata con sei rossi d’uova, versandovi sopra la crema a poco a poco, rivolgendola di tanto in tanto, quindi passatela alla stamigna, aggiustandola nel piatto che dovete servire: fatela rapprendere nel bagno maria, e prima di servirla passatevi sopra la paletta infuocata per darli colore.

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Mettete in una casseruola tre quartini di latte con zuccaro, scorza di cedro verde, ed acqua di cedro: fate bollire il tutto insieme, e ridurre a metà, ritirandola poi dal fuoco per metterla a raffreddare; stemprate in una casseruola un cucchiaio di farina con sei rossi d’uova, i di cui bianchi metterete a parte in un vaso di terra, indi versate la vostra crema a poco a poco, stemprandola colli detti sei rossi, poi passatela alla stamigna, e fatela cuocere al bagno maria; quando sarà cotta, e rappresa come bisogna levatela dal bagno, e sbattete i bianchi di uova messi a parte finché siano ben elevati; mettetevi del zuccaro fino, e coprite la crema colli bianchi d’uova in forma di piramide, mettetevi del zuccaro fino sopra, e fate cuocere sotto un coperchio da tortiera a fuoco lento, e servite d’un bel colore.

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Sbattete tre quartini di crema bianca, ed a misura che la vedrete ad unirsi, mettetela con la mestola sopra di una stamigna con sotto un piatto per raccogliere quello che caderà. Quando avrete sbattuto il tutto prendete due pugni di fragole, od angeliche, e passatele alla stamigna, premendole forte, indi mischiatele con due oncie di zuccaro fino, sbattendo poscia il tutto insieme con la crema un momento prima di servire, indi aggiustando la crema nel compostiere.

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Prendete una pinta di crema buona, poi mettetela in una terrina con qualche fiore di melarancia pralinée, e tagliata ben fina, un paio d’oncie di zuccaro fino, gomma adragante in polvere grosso come la metà di una noce, ed a misura ch’ella si unisce levatela con una mestola, mettendola sopra di una stamigna con un piatto di sotto per ricevere quello che caderà; proseguite a sbatterla finché non vi resti più nulla nella terrina, e se non ne avete abbastanza prendete quella che sarà sgocciolata nel piatto, sbattetela di nuovo, ed aggiustatela nel compostiere. Alcuni vi sono che la guerniscono con citroni confetti tagliati in file; si serve però comunemente al naturale. Quelli che amano il citrone ne possono mettere un poco di verde triturato ben fino nella crema prima di sbatterla; ed allora non piccatela più con citrone confettato, ma aggiustatela nel compostiere in forma di piramide; e per cambiare voi la potete aggiustare in forma di molte piccole rocche.

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Voi prenderete una bella culotta, disossatela, e fatela cuocere in una buona braise fatta con una pinta di vino bianco, buon brodo, coscia di vitello, una fetta di lardo, un grosso mazzetto guernito, sale, pepe: quando essa sarà cotta a metà, mettetevi circa trenta cipolle delle più grosse; e quando sarà cotta ritiratela per togliergli il grasso, aggiustatela nel piatto da servire colle cipolle d’intorno, e servite dissopra una buona salsa di bel colore. Facendola cuocere in questa maniera alla braise, voi la potete diversificare con vari altri intingoli, o salse secondo il gusto.

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Toglietene gli ossi, ed inlardatela; conditela di sale, e spezie fine: mettetela in un vaso con un boccale di vino bianco, coprite con coperchio, e turate li bordi con pasta, fatela cuocere nel forno per cinque, o sei ore secondo la sua grossezza, e servitela con la sua salsa, levando il grasso. Voi farete pure cuocere le coste di bue in questa maniera.

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Prendete una culotta di bue, legandola mettetela in una pignatta con due carote, una pastinaca, tre, o quattro cipolle, un mazzetto di prezzemolo, cipollette, baccello d’aglio, tre garoffani, foglia di lauro, timo, e basilicò. Bagnatela con brodo, o acqua con sale, pepe, fatela cuocere a piccol fuoco fino a metà della cottura, mettetegli allora dei piccoli cavoli preparati in questa maniera: prendete un grosso cavolo, e levate le foglie verdi fatelo imbianchire, poi ritiratelo in acqua fresca, indi premetelo senza romperne le foglie, levatele a una a una, e mettetegli dentro un poco di farsa di pasticcio, o di carne; mettete tre o quattro foglie a misura di ciò che gli avete messo di farsa, l’una sopra dell’altra, per formarne dei piccoli cavoli un poco più grosso d’un uovo, legateli, e fateli cuocere col bue; finita la cottura fate sgocciolare la culotta nel piatto, indi tagliate ciascun cavolo per metà, mettendoli attorno del bue, ponendo in fuori la parte tagliata: circa la salsa prendete un poco della cottura fatta, e passata alla stamigna, toglietele il grasso, mettendovi un poco di sugo colato per legarla, riducendola a piccol fuoco alla consistenza d’una salsa, e servitela sopra la carne, ed i cavoli.

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Levate diligentemente le ossa da una culotta di bue di dieci o dodici libre, tagliate una libra di lardo in grossi pezzi, e disponeteli con spezie fine, e sale, inlardate per tutto il pezzo di bue senza però metterne al dissopra che è coperto, poscia prendete un’oncia, e mezza di salnitro fino per fregare la carne, e così renderla rossa; mettete la culotta in un vaso di terra con un’oncia di ginepro un poco rotto, tre foglie di lauro, un poco di timo, e basilicò, ed una libra di sale, coprite il vaso, lasciando la carne così per otto giorni, quando sarà bene inzuppata di sale, lavatela con acqua calda; indi mettetegli alcune fette di lardo al disopra della culotta dalla parte, che essa è coperta di grasso, inviluppatela d’un panno bianco legandola, di poi fatela cuocere a lento fuoco per cinque ore con tre boccali di vino negro ottimo, una pinta d’acqua, cinque o sei cipolle, due baccelli d’aglio, quattro o cinque carote, due pastinachi, una foglia di lauro, basilicò, timo, quattro o cinque garoffani, un quarto di noce moscada, prezzemolo, e cipollette; quando sarà cotta toglietela dal fuoco, lasciandola raffreddare nella stessa pignatta col condimento. Voi potete fare lo stesso colle coste di bue.

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La culotta è il pezzo più stimato del bue; essa serve a fare eccellenti piatti, e fa onore ad una tavola mettendola nel mezzo. Essa si serve al naturale, e quando è ben asciutta, vi potete mettere sopra una buona salcia fatta con sugo colato, prezzemolo, cipollette, acciughe, tappari, aglio, il tutto ben trito, e condito di buon gusto; alcune volte si serve ancora ornata di piccoli pasticci. Ecco le maniere le più comuni; quelle che sono più ricercate, e le meno in uso sono le seguenti.

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Si servono per un piatto di arrosto cotti allo spiedo, ed inviluppati in lardo, e foglie di vigna. Servendoli allo spiedo abbrustoliteli, e votateli; tagliate il fegato, con lardo, e poco sale, rimettetelo nel corpo; fateli cuocere allo spiedo inviluppati di lardo, e carta. Quando sono cotti serviteli con differenti salse, ed intingoli, come alla cipolletta, alla ravigotte, al butirro, ai piccoli uovi, all’Italiana, o con intingolo di spongioli, di funghini prugnoli, di tartuffi, di punte di sparagi, di piccoli piselli, di cardi, o di lattughe con la farsa.

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Li cannelloni si fanno nella stessa maniera del formaggio ghiacciato; la diversità consiste solo nelle forme in cui li farete ghiacciare.

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Le coscie, e le spalle si mettono in giambone, salandole, ed affumicandole. A quest’effetto fate una salamoia con sale, o salnitro, ed ogni sorta di erbe odorifere, come timo, lauro, basilicò, balsamo, maggiorana, e ginepro; bagnate il tutto con metà acqua, e metà vino unito; lasciando tutte queste erbe in infusione nella salamoia per ventiquattr’ore, indi si passa allo staccio, lasciandovi dentro i giamboni per quindeci giorni, poi ritirateli dalla salamoia, e fateli sgocciolare, ed asciugare, lasciandoli affumicare sotto del fornello. Quando sono secchi, per conservarli fregateli con vino, ed aceto, mettendoli sopra della cenere calda; volendoli poscia far cuocere, puliteli, e lasciateli due, o tre giorni nell’acqua, per levarli il sale, inviluppateli in uno straccio bianco, e metteteli in una pignatta con due pinte di acqua, ed altrettanto di vino rosso, radici, cipolle, un grosso mazzetto guernito d’ogni sorta d’erbe fine, e fateli cuocere cinque, o sei ore a lentissimo fuoco. Quando saranno cotti lasciateli raffreddare nella loro cottura, poi ritirateli, levandoli leggermente la cotica, lasciandovi tutto il grasso, sul quale aggiugnerete del prezzemolo trito, alquanto di pepe, e della crosta di pane triturata, mettendovi sopra un coperchio infuocato, acciò il pane s’inzuppi bene nel grasso, e prenda colore. Serviteli su d’una servietta, che siano freddi per grossi tramessi. Se li giamboni fossero freschi, e piccoli, potete farli cuocere allo spiedo, e servirli caldi, o freddi per tramesso: proccurando però di levarli il sale con maggior diligenza.

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Essi si fanno cuocere alla graticola, aprendoli per mezzo, e passandoli al traverso un piccolo spilletto di legno, conditeli di sale, e pepe; quando saranno cotti serviteli sopra di una salsa alla cipollina. I rognoni esteriori chiamati animelle si servono per tramesso, toltane la pelle tagliateli in pezzi, facendoli marinare con sale, pepe, e sugo di citrone, indi asciugati infarinateli, e fateli friggere, servendoli con prezzemolo fritto.

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Il collet, e quarto di vitello si aggiusta in varie maniere; tagliatelo per costa, levategli l’osso di sotto, e lasciate la costa, servitelo cotto alla graticola come le coste di montone.

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Fatelo cuocere alla braise fatta con brodo, lardo, sale, e pepe, ed un mazzetto guernito; quando sia cotto, servitelo con intingolo di rape, o di cocomeri, scelleri, o salsa triturata, o all’Inglese od alla ravigotte; subito tagliato mettetelo nel vaso a cuocere, e cotto che sarà lo metterete sopra la graticola con grasso di pignatta, prezzemolo, cipollette tagliate, sale, e pepe: poi si copre con mollica di pane, e si serve sotto una salsa d’agresto.

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Prendete un fileto di montone intiero, aggiustatelo, e tagliatelo fino, mettendolo in una casseruola, sopra mettendovi prezzemolo, cipollette, fonghi, ed un baccello d’aglio; il tutto triturato, del lardo liquefatto, sale, pepe rotto, facendo un suolo, con sopra diversi altri, cioè con alquanto di fileto, ed un poco d’intingolo fino alla fine, fatelo cuocere alla braise a piccol fuoco; quando sarà cotto disgrassatelo, e distaccatene i fileti, aggiugnendovi un poco di sugo colato nella salsa, e servite.

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Non voglio ora qui descrivere la maniera di fare i formaggi, spiegherò solamente di certi metodi di cui si può servirlo sopra le tavole, e l’uso che se ne può fare in cucina. Noi abbiamo li formaggi di capra, che son fatti col latte di capra meschiato con un terzo di latte di vacca; poi abbiamo quelli di Aosta, il piacentino, di Savoia, e di grovera, il quale deve essere scielto con occhi grandi, e ben grasso il formaggio parmigiano; abbiamo ancora i formaggi teneri di fresco fatti, quali si servono al grosso sale. I piccoli formaggi al fior di latte che si mangiano colla crema, e col zuccaro; tutte queste sorta di formaggi si servono sopra la tavola nella frutta; in cucina non v’è che il parmigiano, la grovera, e il lodigiano, di cui si serve.

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Prendete della cipolla tagliata in piccoli dadi, e fatela cuocere in una casseruola sopra d’una stuffetta, o nella pentola al fuoco con butirro, e grasso; fate che le cipolle siano molto grasse, poi versatevi il sangue di sopra, volgendolo leggermente al fuoco, come si fa dell’uova sbattute, conditele poi con sale, e pepe; se questa maniera non è così gustosa come il bodino, vi troverete però lo stesso gusto, e con una minore spesa.

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Si serve come il collo, e si fa arrostire nella stessa maniera, come anche si fa cuocere alla braise intiero, o tagliato in pezzi, e servitelo con un intingolo di rape; si fa pure in hauchepot. Vedere la coda di bue in hauchepot pagina 61.

Pagina 151

Il petto si serve in piccolo salato; il filetto, il quarto, e la schiena si servono in coste, o allo spiedo con una salsa di mostarda, od un intingolo di piccole cipolle.

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Il porco da latte si fa cuocere allo spiedo; quando l’avrete ben pelato, ed acconciato, tagliategli un poco di pelle in testa, nelle spalle, e coscie, acciò la pelle non si rompa; indi mettetelo al fuoco, fregandolo soventi con olio, per rendere la pelle più tenera, e mangiatelo subito che l’avrete cavato dallo spiedo, perché ha miglior gusto.

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Se è cotto allo spiedo servitevene per le farse, triturandolo con del grasso, prezzemolo, cipollette, e fonghi, che triturarete separatamente; unite la farsa con rossi d’uova, e conditela di buon gusto. Servitevi di questa farsa per fare delle rostite, delle torte, o dei cannellini, o per gl’intingoli in cui è necessaria la farsa; potete altresì farne delle frittate.

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Fatelo cuocere in una casseruola proporzionata con metà salamoia, e metà latte, quanto basti per far bagnare il pesce: fatelo bollire lentamente dimodoché non si rompa; quando piega sotto le dita è cotto; servitelo sopra di una servietta guernito di prezzemolo fritto d’intorno per un piatto di arrosto; se volete servirlo per entrée in magro mettetelo nel piatto con sopra una salsa all’olio, che farete mettendo in una casseruola dell’olio fino, sale, pepe rotto, ed alquanto di aceto; fate scaldare la salsa senza lasciarla bollire, e servitela sopra del rombo.

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Tagliatelo in fette, e fatelo marinare con alquanto d’olio, o buon butirro, sale, e pepe; mettetelo alla graticola, bagnandolo con la sua marinata, e servitelo con le medesime salse, ed intingoli del rombo. Si può altresì servire cotto in court boüillon con le medesime salse, od intingoli. Se volete servirlo per un piatto di arrosto non levategli le scaglie, e quando è cotto mettetelo a secco su di una servietta con prezzemolo verde d’intorno. Se lo servite per entrée levategli le scaglie, lasciando il pezzo intero come per il rosto. Il court boüillon si fa mettendo in una pignatta del vino bianco, brodo magro, erbe, cipolle in fette, un mazzetto guernito, sale, pepe, e butirro; fatelo cuocere dentro. Ogni sorta di pesce in court boüillon si fa cuocere nella stessa maniera.

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L’anitrino si serve cotto allo spiedo per un piatto di arrosto; se volete servirlo per entrée, mettetelo con varie piccole salse, sempre però cotto allo spiedo. L’anitro, anitrino, oca, e papero si aggiustano tutti nella stessa maniera, facendoli cuocere in una buona braise con brodo, sale, pepe, ed un mazzetto guernito d’ogni sorta di erbe fine; quando saranno cotti serviteli con un intingolo di cocomeri, o piselli, o con altra salsa a voi piacevole.

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La midolla si serve marinata, e fritta per tramesso; vedete le cervelle di bue fritte, come sopra a pag. 57.

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Sopra un quarto di farina mettetevi una libbra e mezza di buon butirro, e circa un’oncia di sale, questo vi servirà per regola, adoprando questa dose secondo la pasta che vorrete fare; mettete la farina sopra la tavola ben propria, facendovi un buco nel mezzo per mettervi il sale, ed il butirro in piccoli pezzi: procurate di non mettervi tropp’acqua acciò la pasta non venghi liquida, e difficile a sostenersi; stemprate il butirro bene coll’acqua, ed a poco a poco colla farina; tosto che la farina ha bevuto tutta l’acqua impastate bene la pasta a forza di braccio che sia bene unita, ed alquanto consistente senza grumi; procurate di farla almeno due ore prima di servirvene acciò la pasta abbia tempo di rinvenire. Con questa pasta farete ogni sorta di timbale per entrée, come carne di beccheria, pollame, uccellame, e pesci. Le torte che voi potete fare in differenti maniere in pollame, sono d’una pollastra tagliata in quattro, de’ piccoli piccioni intieri, o tagliati in due quando sono grossi, delle ali di polli d’india. Prendete ciò che giudicarete a proposito, ed immergetelo nell’acqua bollente, ritirandolo subito per piumarlo nell’acqua fresca, proccurando di piumarlo bene: prendete la tortiera per mettervi un pezzo di pasta della spessezza d’uno scudo, che avrete distesa, sopra di cui vi metterete la carne che avrete preparata con sale, e pepe, mettendovi del butirro in tutti i luoghi voti; coprite con fette di lardo la carne, coprendola con altrettanta pasta quanta ne avete messo di sotto: bagnate con acqua, incolando le due parti che dovranno toccarsi insieme premendole bene all’intorno; fatevi poi col pollice un bordo tutto all’intorno, e prendete un uovo, sbattendolo bene, indi con una piuma bagnata in esso fregate tutto il di sopra della torta; fatela cuocere al forno per tre ore; un quarto d’ora dopo che la torta sia al forno bisogna cavarla per farle un buco nel mezzo acciò possa uscire il fumo, il quale le darebbe cattivo odore se non si usasse questa precauzione; rimettetela poi nel forno per finirla di far cuocere, quando sarà cotta levatevi il disopra, tagliandola all’intorno vicino al bordo; levatele il grasso che è nella torta, e le fette di lardo, levandovi con un cucchiaio ciò che vi è dentro nel bordo non cotto. Tenete preparata in una casseruola una buona salsa che metterete nella torta: se avete di che fare un buon intingolo di animelle di vitello, e funghi di un buon gusto, per mettervi dentro sarebbe buonissimo; ricopritela col suo di sopra, e servite. Ecco la maniera che osservarete per ogni sorta di torte; per entrée sia in grasso che in magro, non vi ha cangiamento che per le carni che sono dentro per il lor condimento, il tempo della cottura, e le salse differenti; per ciò che riguarda la pasta sarà meglio la sfogliata per uso delle torte grasse, e come anche in magro.

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Li cuochi che avranno la destrezza di fare un pasticcio dell’altezza di quattro pollici si serviranno della stessa pasta delle torte già descritte. Osservarete la stessa maniera anche per la composizione del di dentro; la cottura, e le salse sono le stesse. Il piacere che se n’ha, sebben siano le stesse cose, è che si diversifichi, per soddisfare l’occhio d’una tavola, e si farà con un bel accompagnamento condito di buon gusto, per poter sperare onore, e gloria della sua intelligenza. Ecco la maniera di fare la pasta brisée per li pasticci freddi, farete più o meno di pasta secondo ciò che avrete bisogno, e vi regolarete come segue: prendete quattro libbre, o più di farina, due libbre di butirro, e due oncie di sale; mettete la farina sopra una tavola, fatevi un buco nel mezzo per mettervi dentro il sale, ed il butirro; indi prenderete dell'acqua pressoché bollente, che versarete sopra il butirro, meschiando bene colle mani finché sia liquefatto, indi meschiatevi la farina, impastandola bene a forza di braccio il più presto che sarà possibile, acciocché sia ben legata, e più che la pasta sarà ferma migliore sarà la riuscita, basta che sia ben unita. Lasciatela riposare per tre ore questa pasta avanti di servirvene, ed aggiustatela con tal pasticcio di carne che giudicarete a proposito.

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Prendete una libbra di farina (sarà il più che ne potrete mettere per fare una torta) metterete questa farina sopra una tavola, facendovi un buco nel mezzo, in cui metterete alquanto di sale, ed acqua, impastando bene la detta farina, e procurando che la pasta riesca né troppo molle, né troppo dura, lasciatela riposare almeno due ore avanti di servirvene, indi prendete quasi altrettanto butirro quanto vi ha di pasta, e stendete la pasta coll’opianatoio di legno, mettendovi in mezzo il butirro; date cinque giri nell’estate, e sei nell'inverno (ciò che si dice giro è di stendere la pasta col legno fin a tanto che sia della spessezza di un mezzo dito, spargendo di tanto in tanto leggermente alquanto di farina). Quando ciascun giro è finito ripiegate la pasta in tre, ricominciando fino al fine; servitevi di questa pasta per fare ogni sorta di torte, per fare de’ piccoli pasticci, e paste sfogliate.

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La pollastra si serve altresì per un piatto d’arrosto, come abbiamo detto dei pollastri grassi; nel tempo del crescione mettetegliene tutto all’intorno, condite con sale, ed aceto; i fegati grossi delle pollastre, capponi, polli d’india, e grossi pollastri si mettono in vari intingoli, e servonsi per tramesso particolare; fateli cuocere allo spiedo inviluppati in lardo tagliato in fette, coprendoli con pane grattugiato; serviteli con la salsa bachique; potete altresì metterli in tamburri fatti con carta unta d’olio; fateli cuocere nel loro sugo con prezzemolo, cipollette, e funghi, il tutto triturato, delle fette di lardo sotto, e sopra, un poco di olio, ed in servendo del sugo di citrone oppure mettetele in papigliotte ovvero in intingolo secco.

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Essa si aggiusta come la testa del cinghiale, facendola abbrustolire a chiaro fuoco sopra di una stuffetta molto ardente, e fregandola a tutta forza con un mattone, e poscia con un coltello; tosto che sia pulita, disossatela a metà, senza levarle la pelle, piccatela al di dentro con lardo, conditela di sale, e spezie miste, prezzemolo, cipollette, fonghi, ed aglio, il tutto ben triturato, inviluppandola in un pannolino bianco, infilzatela, e fatela cuocere in una buona braise fatta con brodo, vino rosso, un grosso mazzetto guernito, cipolle, erbe, sale, e pepe. Quando è cotta lasciatela raffreddare nella sua braise, e servitela sopra d’una servietta per tramesso per il mezzo.

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La trutta saumonée ha la carne rossa, e la comune bianca; la prima è molto migliore, s’aggiustano però nella stessa maniera. Fatele cuocere in un court boüillon con del vino rosso, e servitele sopra di una servietta guernita di prezzemolo verde. Se volete metterle in entrée versatele sopra una salsa che si serva per gli altri pesci. Potete altresì farle cuocere alla graticola dopo d’averle immerse nell’olio, come abbiamo detto degli altri pesci, e servirle con un intingolo magro. S’aggiustano anche in grasso, come il salmone fresco.

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Ciascuna cottura del zuccaro ha il suo uso, esse si sieguono tutte a misura che continuano a bollire. Dopo di averlo chiarificato, come dissi, rimettetelo al fuoco per farlo bollire. La prima cottura si chiama il piccolo lissè, che si conosce immergendovi dentro un dito, e toccandolo con l’altro, ed apriteli per osservare se forma un piccolo filo, quale si rompe, e si ritira in goccie sulle dita; la seconda che si chiama il gran lissè ha un bollo di più, ed il filo non si rompe così facilmente, e si stende di più nelle dita. La terza che è il piccolo perlato ha un bollo di più, e si conosce facendo la stessa operazione il filo non si rompe. La quarta che è il gran perlato si conosce quando bollendo il zuccaro forma delle piccole perle rotonde, ed elevate. La quinta è la piccola, e grande coda di porco che si conosce facendolo bollire un bollo di più; e prendendo del zuccaro colla mestola, poi lasciandolo cadere forma la coda di porco. La sesta è il soufflé, il che conoscerete continuando a farlo bollire, e immergendo la mestola, o sia schiumarola nel zuccaro, soffiando a traverso i buchi ne vederete uscire delle scintille di zuccaro, o siano specie di piccole botti. La settima, che è la piccola e gran piuma, si conosce come la precedente, colla differenza che le specie delle piccole botti devono esser più forti, e per la gran piuma immergerete la mestola nel zuccaro, e sbattendo colla mano ve ne deve uscire delle scintille lunghe che si uniscono insieme levandosi in aria. La ottava, che è il piccolo e grosso boulet, il che si conosce facendo bollire ancora un poco; proccurate di avere a voi vicino dell’acqua fresca, dove v’immergerete dentro due dita, mettendoli velocemente nel zuccaro, e ritirandoli subito nell’acqua fresca; il zuccaro che voi avrete preso lo rimenerete colle dita, ed essendo freddo deve essere come una pasta molle, nella stessa maniera deve essere il grosso boulet ma la pasta più ferma. La nona cottura è il cassè, e si conosce nella stessa maniera che il grosso boulet, con questa differenza che la piccola palla rinfrescata bisogna che si rompa premendola colle dita. La decima, che è il caramel, è poco differente dal cassè; vi è il caramel oscuro che si fa in differente maniera, bisogna solamente mettere del zuccaro con acqua, e farlo bollire a gran fuoco finché sia pervenuto al grado di colore che voi bramerete. Quando alle volte avreste mancati i gradi di cottura che vi vogliono fare si rimette alquanto di acqua nel zuccaro, riducendolo alla sua consistenza con farlo nuovamente ribollire.

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Fate una forma con un foglio di carta bianca, che lascierete in doppio, e piegherete tutto all’intorno, facendo un bordo alto due dita, come se voleste fare un tamburro, o sia cassa; fate le forme della grandezza delle foccaccie che volete fare; per una foccaccia mezzana mettete una libbra di zuccaro in una pentola, con un bicchiere d’acqua; fatelo bollire, ed ischiumatelo bene finché immergendo la mestola dentro nel zuccaro, e soffiando a traverso de’ buchi si stacchino delle grandi scintille, e si uniscano le une con le altre: aggiugnetevi allora quattro oncie di foglie di fiori di melarancio, e fatele bollire fin a tanto che il zuccaro ritorni allo stato di prima; ritiratelo dal fuoco, volgendolo bene con una spatola, fregando tutto all’intorno della pentola, e nel mezzo finché il zuccaro incominci a divenire più consistente, allora aggiugnetevi alquanto di zuccaro fino, stemprato con un bianco d’uova, volgendo bene il tutto insieme, versando poscia la foccaccia nella forma, fate che il disotto della foccaccia nella pentola resti per disopra nella forma, mentre è caldo; la foccaccia di viole si fa nella stessa maniera, vi bastano però per quattr’oncie di viole dieci oncie di zuccaro. Così pure si fanno le foccaccie di fiori di melarancia abbrustolite; facendo abbrustolire il fiore con alquanto di zuccaro, prima di metterlo nell'altro zuccaro.

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Prendete degli uovi quanti ne vorrete, e metteteli in una casseruola con sale fino, e sbattendoli bene; fate liquefare il butirro in una pentola, mettendovi dentro gli uovi, e fateli cuocere finché la frittata sia ben colorita di sotto, e poi rinversatela nel piatto che dovete servire. Per quelli che amano il prezzemolo, e cipollette si triturano ben fine, e se ne mette dentro. Se volete fare delle frittate più distinte, come al lardo, di rognone di vitello, di punte di sparagi, di tartuffi, o di funghi ecc. bisogna che l’intingolo sia cotto, e condito, come se allora doveste servire, raffreddato che sia trituratelo fino affinché s’incorpori bene cogli uovi, sbattendo bene il tutto insieme, facendo questa frittata nella pentola come le altre; vi regolarete per il condimento in ciò che vi entra nell’intingolo per salar la frittata, acciò non vi mettiate troppo sale. Quelle che si fanno per la farsa di lattuca, o cicoria si fanno in differente maniera. Farete tutti questi intingoli in magro come s’è detto a ciascun articolo di queste erbe, e le aggiustarete nel piatto che dovete servire, mettendovi sopra una frittata, dove non vi entri che uovi, e sale, e servitela per hors d'oeuvres, e le precedenti per tramesso. Le arringhe per le frittate apritele per il dorso, e fatele arrostire, poi trituratele, e mettetele nella frittata come se metteste del giambone; non mettendovi sale nelle uova; questa frittata si finisce come le altre; quella del giambone si fa nella stessa maniera.

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Siccome gli uovi affogati nell’acqua, cioè rotti nell’acqua bollente non restano ben rotondi, quando non sono freschi, e che amano meglio di mangiarli al guscio che sagrificarli in questa maniera ecco ciò che supplirà in luogo. Mettete dell’acqua in una pignatta, fatela bollire, ed allora mettetevi la quantità d’uova che vorrete, fatele bollire cinque minuti ben giusti, e ritirateli presto nell’acqua fresca per pelarli dolcemente senza guastarli; in tal guisa il bianco sarà cotto, ed il giallo sarà molle; ve ne accorgerete toccandoli con le dita, che sono flessibili, e molli; e serviteli intieri. Queste sorta d’uova si servono d’ogni maniera, con una salsa bianca, salsa verde, salsa al sugo colato, salsa ai cappari, ed acciughe, salsa all’agresto in grana, salsa Robert, salsa alle cipolline. Coll’intingolo di funghi, di tartuffi, di animelle di vitello, di sparagi, di cardi, di porri, di scelleri, di lattuche, di cicoria; in grasso, ed in magro, e d’ogni maniera che più vi aggradirà.

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Si fanno cuocere alla braise, come la lingua di bue, con un buon condimento. Quando sono cotte, e raffreddate immergetele nel grasso della loro cottura, coprendole con pane grattugiato, facendole colorire alla graticola, e servendole a secco per tramesso. Se volete farle friggere immergetele in uova sbattute, e coperte di pane grattugiato, fatele friggere, e colorire, servitele guernite di prezzemolo fritto; alcuni sogliono mettere una farsa d’intorno alle zampe prima di coprirle di pane.

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Si serve cotto allo spiedo; fatelo marinare per due, o tre ore in una marinata ordinaria, che farete mettendo in una casseruola un pezzo di butirro unito con farina, sale, pepe, prezzemolo, cipollette, aglio, erbe fine, garoffani, un quartino di acqua, un poco d’aceto: fate scaldare la marinata al fuoco volgendola; quando è tepida mettetevi dentro lo storione, lasciandolo finché sia abbastanza marinato, poscia fatelo cuocere allo spiedo, e servitelo con qualunque buona salsa magra. Si può altresì far cuocere in court boüillon, come il salmone, e servite con la medesima salsa magra.

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Essi servono a fare delle daubes; spiumateli, votateli, ed aggiustate loro le zampe nel corpo, fateli rifare sopra la brace, piccateli con lardo, condite di sale, pepe, prezzemolo, cipollette, ed aglio, il tutto triturato; metteteli a cuocere in una pignatta con un boccale di vin bianco, brodo, radici, cipolle, un mazzetto guernito, sale, e pepe, e fateli cuocere lentamente; quando saranno cotti, passate il brodo allo staccio, riducendolo in ghiaccio, che lasciarete raffreddare, distendetelo sopra il pollo d’india, e se ve ne avanza mettetelo nel corpo; servitelo in un piatto sopra di una salvietta, guernito di prezzemolo verde. Potete altresì servirli per entrées alla braise, come brezolle, fricandeau, degli entrées alla cittadina fra due piatti come le noci di vitello.

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Tagliate il fegato in fili minuti con del prezzemolo, cipolette, due carotole, dei fonghi, mezzo baccello d’aglio, mezza foglia di lauro, timo, basilicò; il tutto ben triturato, prendete una casseruola, copritele il fondo co’ fili del fegato conditi, come sopra, con sale, pepe rotto, olio fino, ed una parte delle vostre erbe fine: sopra di queste rifate di nuovo un suolo co’ fili del fegato, seguitando così fino alla fine, fate cuocere a piccol fuoco per lo spazio d’un ora, poscia ritiratelo, disgrassate la salsa, e mettetevi un piccol pezzo di butirro unito con farina, ed un mezzo cucchiaio a bocca di agresto, o d’aceto; fate unire la salsa al fuoco, volgendola con un cucchiaio, mettete il fegato nella salsa per farlo scaldare, aggiustatelo nel piatto, che dovete servire.

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Tagliatelo in fette, mettendolo in una casseruola con una carotola, prezzemolo, delle cipollette tagliate, e del butirro, passatelo al fuoco, aggiugnendovi un pugno di farina: bagnatelo con un bicchiere d’acqua, ed un altro di vino bianco, sale, e pepe rotto, lasciatelo bollire per mezz’ora; poi stemprate tre rossi d’uova con due cucchiai di agresta, e metteteli quando il fegato sarà cotto, e vi sia poca salsa, fate unire, senza che bolla, e servite. Voi potete altresì servirlo in altra maniera. Tagliato che sia in fette, mettetelo in una pentola al fuoco con molte carotole trite, sale, e pepe rotto, con butirro, fatelo cuocere a lento fuoco, e prima di servirlo mettetevi un cucchiaio da bocca di aceto.

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Tagliate in piccoli dadi due, o tre cipolle, mettendole in una casseruola con un pezzo di butirro, passandole al fuoco finché siano cotte, tagliate il fegato, aggiugnendovi dieci oncie di grasso di bue, e mettetelo colla cipolla cotta, mollica di pane abbrustolita, un quartino di latte, prezzemolo, cipollette, fonghi triturati, sale, pepe rotto, e quattro uova, che siano sbattute; prendete poscia una casseruola, coprendole il fondo con pezzi di lardo, e sopra una rete di porco, che avrete prima lasciata mezz’ora nell’acqua fresca, e ben premuta che sia, mettete nella rete tutta la vostra farsa, unite i bordi con uova sbattute, finché si congiungano, coprendo con carta la casseruola, e soprapponendovi il coperchio; fatela cuocere a lento fuoco per lo spazio d’una mezz’ora; poscia toglietene il grasso, e mettete leggermente la vostra rete su d’un pannolino bianco, asciugandola bene, indi aggiustatela nel piatto da servire, con sopra una buona salsa un poco chiara, con un mezzo cucchiaio d’agresta. È una piccol tela di grassa che copre il ventre dell’animale.

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Prendete un fegato, levategli i nervi, e tagliatelo in fette grosse un dito, fate fondere del butirro in una pentola, e fate cuocere i pezzi del fegato con sale, e pepe; quando sono cotti da una parte volgeteli dall’altra; ritirateli poscia dalla pentola, e mettetelo a cuocere con butirro, prezzemolo, cipolle, carotole, un baccello d’aglio, il tutto triturato: mettetevi un pugno di farina bagnata con un quartino di vino, fate bollire un poco la salsa, e servendo mettetevi un poco d’aceto.

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Prendete della mollica di pane ben tagliata con delle grosse fette di lardo, mettete tutto nella casseruola con butirro al fuoco finché sia colorito; fate sgocciolare, e prendete l’avanzo di un coniglio arrostito, levategli tutta la carne, e tagliatela in grossi fili; prendete il piatto, ed aggiustatevi sopra i filetti di pane con la carne del coniglio, e due acciughe lavate, e tagliate in piccoli pezzi con dei cappari intieri, e delle piccole cipolle bianche cotte nella pentola, meschiando il tutto in proprietà, e disegno, conditelo di sale, pepe rotto, olio, ed aceto: d’ordinario si condiscono in tavola.

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Prendete una lepre, od un leprotto cotto allo spiedo, e già stato servito, levateli la carne per tagliarla in fili; se non è sufficiente per guernire un piatto tagliatela in pezzi grossi, ed eguali, metteteli in una casseruola con una salsa alla peverada, facendoli scaldare senza bollire, e servite caldo; troverete la salsa nel suo capitolo. Servite per hors d’oeuvre, o per tramesso.

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Prendete due grossi cocomeri, tagliateli in fette le più minute che potete, e metteteli in una casseruola con due cucchiai di aceto, e sale; fatele marinare due ore volgendole di tanto in tanto, premetele poscia per farne uscire tutta l’acqua, e mettetele in una casseruola con butirro, ed un mazzetto guernito, passatele al fuoco volgendole soventi finché siano un poco colorite, mettete due pugni di farina bagnata con due bicchieri di brodo, lasciate cuocere a fuoco lento una buona mezz’ora finché l’intingolo sia ben unito, levate il mazzetto, e mettete i fili di coniglio tagliati come il cocomero, fate scaldare senza che bolla, e condite con sale, e pepe rotto, e servite: riguardo ai fili prendete l’avanzo di un coniglio che sia già stato servito arrosto.

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La bechamel si fa riducendo la crema a tal segno che basti per farne una salsa; quando comincia ad ispessirsi volgetela sempre, affinché non si formi in grumo; quando sarete vicino a servire, mettetevi i filetti tagliati come li precedenti; fateli scaldare, senza lasciarli bollire; conditeli di buon gusto, e serviteli. Ogni sorta di filetti alla bechamel si fa nella stessa maniera.

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Mettete in una casseruola un pezzo di butirro, de’ funghi tagliati, un mazzetto guernito; passate il tutto al fuoco, aggiugnendo un pugno di farina, bagnate con brodo, e fate cuocere i funghi finché vi resti più poca salsa; mettetevi dentro i filetti d’agnello cotti allo spiedo, e tagliati in piccoli pezzi minuti, con un’unione di tre rossi d’uova stemprati nel latte; fate unire la salsa al fuoco, non lasciandola bollire; conditela di buon gusto, ed in servendo aggiugnete alquanto d’agresto oppure d’aceto. Serviteli per hors d’oeuvre.

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Prendete del vitello cotto allo spiedo, tagliato in filetti più minuti che potrete, metteteli in una casseruola con prezzemolo, cipollette, una punta d’aglio, carotole, il tutto triturato, sale, e pepe, due piccoli pani di butiro, e mezzo bicchiere d’olio fino; volgete tutto insieme al fuoco, finché la salsa sia ben unita, e non si vegga più l’olio. In servendo aggiugnete del suco di citrone. Questo intingolo si deve mangiar subito per cagione dell’olio.

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Per farlo in paupiettes prendete un fileto intiero, tagliatelo in fette di tutta la sua lunghezza, battetele bene, mettendole sopra una buona farsa fatta con bianco di pollame cotto, e grasso di bue imbianchito, prezzemolo, cipollette, fonghi triturati, sale, pepe, e quattro rossi d’uova, rivolgete le paupiettes, facendole cuocere allo spiedo inviluppate di lardo, e di carta; quando saranno cotte, servite di sopra una buona salsa; potete servire il fileto in fricandeau al naturale, o con intingolo di cicoria, o di lattuca.

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Tagliate il fileto in piccoli quarti, batteteli un poco, mettendovi della farsa come per le paupiettes; dateli la forma di un piccolo pane, facendoli cuocere a piccol fuoco in una buona braise, come la lingua di bue, quando saranno cotti, serviteli in diverse salse secondo il gusto moderno.

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Prendete una lepre arrostita, e già stata servita, levateli tutta la carne, e tagliatela in fili; pestate un poco le ossa che metterete con i fianchi in una casseruola con alquanto di butirro, qualche fetta di cipolla, un baccello d’aglio, una foglia di lauro, e due garoffani; passate tutto al fuoco, aggiugnendo un buon pugno di farina bagnata con un bicchiere di brodo, due di vino rosso, sale, e pepe; fate bollire per mezz’ora, e ridurre a metà; passate la salsa alla stamigna, e mettetevi dentro i fili della lepre, con alquanto d’aceto: fate scaldare senza bollire, e servite per entrée.

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Mettete al fuoco un boccale di crema con due oncie di zuccaro, e quando incomincierà a bollire levatela dal fuoco, lasciandola raffreddare; indi aggiugnetevi un piccol cucchiaio d’acqua di fiori di melarancio, sbattendo bene la crema con una sferza fatta di vinco, ed a misura che diverrà spessa la toglierete con la mestola, e la metterete in un canestrino guernito con un pannolino bianco, continuate a sbatterla finché più non ve ne resti; dopo lasciate sgocciolare il formaggio, e servitelo in un compostiere, o in una assietta.

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Mettete al fuoco un boccale di crema con una pinta di latte, due grani di sale, una scorza di citrone verde raschiata, un pugno di coriandoli, ed un piccolo pezzo di cannella con tre oncie di zuccaro; facendo il tutto bollire insieme, e ridurre alla metà: levatela poscia dal fuoco, e quando sarà intiepidita aggiugnetevi di coagulo grosso come un pisello stemprato in un cucchiaio d’acqua; quindi passate la crema alla stamigna, e rimettetela sopra della cenere calda: quando sarà congelata mettetela in un canestrino di vinco a sgocciolare, facendole prendere la figura di un formaggio, indi roversciatelo in un compostiere, e servitelo sopra di un’assietta.

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Prendete una testa di porco ben nettata, disossatela affatto, e levatele tutta la carne con il lardo, senza tagliare la cotica; tagliate la carne in fili molto minuti, fate lo stesso del lardo, mettete il magro da una parte sopra d’un piatto ben disteso, ed il grasso da un’altra; tagliate altresì le orecchie in fili, condite da ambe le parti il tutto con sale fino, pepe rotto, timo, lauro, basilicò, sei garoffani, due pugni di coriandoli, mezza noce moscada, il tutto triturato finissimo, due baccelli d’aglio, quattro cipolle, e mezzo pugno di prezzemolo in foglie intiere, mettete la pelle della testa in una casseruola rotonda, aggiustate tutti i fili della carne con far un letto di carne con qualche fetta di giambone, se ne avete, e delle foglie di prezzemolo, continuando cosi fino alla fine; cucite la cotica, piegandola come una borsa, ed inviluppatela in uno straccio bianco ben legato con filo, mettete questa in una pignatta di sua grandezza, per farla cuocere sei, o sette ore con brodo, una pinta di vin bianco, cipolle, erbe, timo, basilicò, lauro, un baccello d’aglio, sale, e pepe; quando è cotta, aggiustatela, asciugatela, mettendola in un vaso proporzionato, e ben rotondo; copritela con un coperchio, ed un peso assai grave di sopra, per farle prendere la forma di formaggio, che volete, finché sia fredda; indi servitela per grosso tramesso.

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Prendete un boccale di crema doppia se volete, o dell’altra purché sia buona, un quartino di latte, un rosso d’uovo, ed una libbra di zuccaro: lasciate bollire il tutto per alquanto di tempo, indi ritiratelo dal fuoco; prendete poscia qualche essenza, come sarebbe un qualche fiore di melarancio, bergamotto, o citrone, e mettetela nella forma di latta, facendola ghiacciare; indi mettete la forma in una secchia proporzionata il di cui fondo sia coperto di ghiaccio ben pesto con un pugno di sale, o salpietra o sia salamito, continuando a mettervi del ghiaccio, e sale d’intorno alla forma finché ne sia tutta circondata. Quando il formaggio sarà tutto ghiacciato, e vi trovate vicino a servire mettete dell’acqua calda in una caldaia, immergendovi la forma del formaggio per farlo distaccare, ed aggiustatelo nel vaso per mangiarlo subito.

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Prendete un boccale di buon latte, e fatelo intiepidire al fuoco, ed in volgendolo mettetevi del buon coagulo grosso come un pisello, che stemprarete con lo stesso latte; fate unire il coagulo sopra della cenere calda, con sopra un coperchio con cenere calda, mettetelo poscia in un canestrino fatto di vinco a bella posta, e quando esso sarà asciutto aggiustatelo nel compostiere, e servitelo con della buona crema, e zuccaro fino sopra.

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Tagliate ben fino alquanto di scorza di citrone verde, e mettetelo in una terrina con tre quartini di buona crema, ed un poco di adragante in polvere grosso come un pisello; sbattete bene la crema, ed a misura che diverrà spessa, mettetela con la mestola in un canestrino di vinco, il quale non essendo ben serrato vi metterete nel fondo un pannolino bianco; quando la crema sarà del tutto sbattuta, lasciate bene sgocciolare il formaggio finché sia tempo di servirvene, ed allora roversciatelo in un compostiere, e copritelo con zuccaro.

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Fate cuocere una frezza di vitello all’acqua, come di sopra; quando sarà cotta, lasciatela sgocciolare, e disgrassatela un poco: mettete in una casseruola cinque, o sei cipolle tagliate in dadi, con un pezzo di butirro, passatela al fuoco, sinché siano cotte, e cominciano a prender colore, mettetevi un pugno di farina, e bagnate con un bicchiere di brodo, ed un cucchiaio d’aceto; mettetevi la frezza, e fatela bollire insieme, finché la salsa sia ben unita; fate una crosta con un pezzo di butirro, un poco di pane grattato, ed altrettanto di formaggio d’Aosta raschiato, e due rossi d’uova, mescolate il tutto insieme, e mettetelo nel fondo del piatto da servire, fatele attaccare a fuoco lento; indi prendete delle fette di mollica di pane tagliate in lungo, della larghezza d’un dito, passatele con del butirro, aggiustando la frezza sulla crosta con le fette del pane d’intorno. Mettete nella casseruola del butirro grosso come una noce con un pugno di farina, e mezzo bicchier di brodo, ed un cucchiaio di mostarda; fate unire questa salsa al fuoco, finché sia spessa, e mettetela sopra della frezza, coprite il di sopra la metà con pane, e l’altra con formaggio Piacentino grattugiato, fate prender colore sopra, mettendovi un coperchio di tortiera quando non vi sarà più salsa, servite.

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Quando è cotta, come sopra, la potete servire in varie maniere, se la volete servire fritta, disgrassandola, e tagliandola in piccoli mazzi, bagnata in una pasta, facendola friggere; la servirete guernita di prezzemolo fritto. Questa pasta si fa, mettendo in una casseruola due pugni di farina, un cucchiaio d’olio, sale fino; stemperate questa sino che sia né troppo liquida né troppo spessa. La potete altresì servire con varie salse, purché quando sia cotta, e tagliata come sopra, la lasciarete bollire a lento fuoco nella salsa, con cui la volete servire, che essa sia di buon gusto, e ben disgrassata.

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La fricassea di pollastri à la bordois si fa come la precedente, coprendola però con pane grattugiato: dopo d'averla aggiustata nel piatto, mettete sopra il pane grattugiato de’ piccoli pezzi di butirro grossi come piselli, fatela colorire, sopramettendovi un coperchio da tortiera oppure nel forno; servite caldo, in questa maniera si può mascherare qualunque fricassea, che sia già stata servita.

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Prendete due pollastri comuni bene in carne, abbrustoliteli, spiumateli, votateli, tagliateli in pezzi, ed immergeteli in acqua tepida facendoli sgorgare, indi aggiustate i fegati, i ventricoli, e le zampe senza pelle; tagliatene i sproni, i colli di cui voi tagliarete la metà della testa; quando saranno ben lavati, e sgocciolati, metteteli in una casseruola con del butirro, un mazzetto di prezzemolo, cipollette, lauro, timo, basilicò, due garoffani, dei funghi, una fetta di presciutto; lasciate il tutto al fuoco, finché non vi sia più salsa; allora mettete un buon pugno di farina bagnata con acqua calda, condite di sale, e pepe rotto, facendolo cuocere, e ridurre in salsa, e quando sarete vicino a servire, aggiugnete tre rossi d’uova stemprati con crema, o latte, e fateli unire al fuoco, senza lasciarli bollire, mettetevi del sugo di citrone, o d’aceto; aggiustate la fricassea nel piatto, in maniera che le coscie, e le ali restino di sopra, coprendo il tutto con la salsa, ed i funghi; se volete che la fricassea resti più bianca, levate la pelle dai pollastri prima di dividerli. Potete altresì metterli arrosto con fondi di carcioffolo mezzo cotti, tagliando il pollastro in pezzi, e passandolo al fuoco in una casseruola con un pezzo di butirro, un mazzetto guernito, ed i carcioffoli con un pugno di farina, bagnando con brodo, un poco di sugo, e mezzo bicchiere di vin bianco; fate bollire a lento fuoco, e disgrassate la salsa. Quando il pollastro è cotto servitelo a corta salsa oppure in fricandeau fatta come quella di vitello.

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Mettete in una casseruola due buoni cucchiai di farina, che stemprarete con quattro uovi intieri, un poco di sale, due oncie di zuccaro, del cedro verde raschiato, un mezzo cucchiaio d'acqua di cedro, un quartino di latte, ed altrettanto di fior di latte: fate cuocere a piccol fuoco, rivolgendo sempre; quando sarà cotta, e ben spessa stendetela sopra un piatto che sia infarinato; subito che sarà fredda tagliatela in pezzi con un taglietto da pasta a piccoli pasticci, immergendo ciascun pezzo nella pasta fatta come segue. Mettete in una casseruola due cucchiai di farina, un cucchiaio d’acquavita, ed un poco di sale stemprato con due uovi; fatele friggere, e servitele ghiacciate di zuccaro, facendovi passare la paletta infuocata sopra.

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Mettete in una casseruola tre oncie di farina di riso, che stemprarete con due uovi, un boccale di latte, e due oncie di zuccaro; fate cuocere sopra il fuoco, e bollendo rivolgete sempre per due ore finché sia ben spessa, poi levatela dal fuoco, mettendovi un pugillo di cedro verde raschiato, fiori di cedro confettati triti, ed un poco di sale, essendo tutto ben mischiato, stendete sopra un piatto infarinato la crema, spargendovi sopra della farina; quando sarà fredda tagliatela in piccoli pezzi per arrotondirli colle mani della grossezza d’una palla mezzana, fateli friggere in una frittura ben calda, allorché sono ben colorite ritiratele prontamente per involgerle in zuccaro fino.

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Mettete in una casseruola un quartino di fior di latte, un mezzo boccale di latte, un poco di sale, un pugillo di citrone verde trito finissimo; fate bollire, e ridurre a metà, poi aggiugnete tre grandi cucchiai di farina che stemprarete diligentemente sul fuoco colla crema, e rivolgerete fino che sia ben consistente, levatela dal fuoco per metterla sulla tavola; stendetela bene con un legno finché sia sottile più d’uno scudo, tagliatela poi in quadro, facendola friggere, ed agghiacciare col zuccaro, e paletta infuocata sopra.

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Prendete un pugno di farina che stemprarete con tre uovi intieri, e sei rossi, quattro marzapani infranti, un poco di fior di cedro confettato, altrettanto di citrone confetto, e trito, un quartino di fior di latte, altrettanto di latte, ed alquanto di zuccaro; fate cuocere il tutto al fuoco per un quarto d’ora, tanto che la crema divenghi ben spessa; mettete a raffreddare, versandola sopra un piatto infarinato, mettendovi anche sopra della farina dopo averla distesa della spessezza d’un pollice: quando essa è fredda tagliatela in piccoli pezzi per renderli rotondi nelle mani con farina; fateli friggere con frittura ben calda, ed inzuccherateli sopra, e serviteli.

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Fate immergere per un’ora delle foglie di vite con un poco d’acquavita, poi fatele sgocciolare, mettendovi dentro un poco di crema di franchipanne, che invilupparete bene colle foglie, immergendole poscia bene in una pasta come le fritelle precedenti, e finitele come sopra.

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Fate cuocere una frezza con acqua, sale, ed un mazzetto guernito, facendola sgocciolare, e disgrassandola, tagliatela poscia in piccoli pezzi, e fatela marinare un’ora con un poco di butirro, due cucchiai d’aceto, prezzemolo, cipollette, e carotole, il tutto triturato, con sale, e pepe rotto, facendo intiepidire la marinata; poscia ritirate i pezzi della frezza, e volgendoli lasciateli unire colle erbe; quando sono freddi, immergeteli in uova sbattute, copriteli con mollica di pane, e fateli friggere di bel colore.

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Prendete quattro o cinque portogalli, toglietene la superficie della scorza attorno con un piccolo coltello della spessezza della costa del coltello, poi tagliateli in quarti per toglierli gli acini, e metterli a cuocere con alquanto di zuccaro; fate una pasta con vino bianco, e farina, un cucchiaio di buon olio con un poco di sale; stemprate bene questa pasta, e fate che sia né troppo chiara, né troppo corta, e che versandola dal cucchiaio fili, immergetevi i quarti di portogallo dentro, per farli cuocere in una frittura finché siano di bel colore; serviteli agghiacciati di zuccaro fino, colla paletta infuocata passata di sopra.

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Prendete due dozzine di grandi pani d’ostia, prendetene uno, sopra il quale vi metterete alquanto di crema di franchipanne, o delle confetture; bagnatene i bordi con acqua fredda, applicandovi sopra un altro pane, uniteli bene intorno per incollarli assieme; allorché saranno tutti fatti immergeteli in una pasta fatta con farina, vino bianco, un cucchiaio d’olio, e del sale; fateli friggere, e ghiacciare con zuccaro, con la paletta infuocata passata di sopra.

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Fate bollire un quartino di latte, e ridurre a metà, con un poco di zuccaro, un pugillo di sale, un mezzo cucchiaio d’acqua di cedro, ed un poco di citrone verde trito; prendete della mollica di pane tagliata della grandezza d’un mezzo scudo, ed un poco più spessa, mettetele nel latte per farle bagnare un momento; quando che saranno inzuppate le fette di pane mettetele a sgocciolare, poi infarinatele, e fatele friggere, agghiacciandole con zuccaro, e la paletta infuocata sopra.

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Mettete sopra una tavola mezza libbra di farina, del butirro grosso come un uovo, un buon pugillo di sale, e circa un mezzo bicchiere d’acqua, impastate bene la pasta, poi stempratela molto sottile, tagliandola con il coltello con cui si taglia la pasta a pasticci; mettete su di ciascun pezzo un poco di crema di franchipanne, sopra mettendovi un pezzo di pasta come sotto; bagnatene i bordi, incollandoli insieme, e premeteli all’intorno; fatele friggere di bel colore dorato, ghiacciate il disopra con del zuccaro, e la paletta infuocata.

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Prendete due piccole foccaccie, tagliatele per metà, togliendole la mollica, mettendovi in vece una crema corta oppure delle confetture, riunite insieme le due metà, in modo che esse sembrino intiere, immergetele in una pasta fatta con farina, un poco d’olio, e del sale: stempratele con vino bianco, e fatele friggere di bel colore, ghiacciandole con zuccaro, e passatevi sopra la paletta infuocata.

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Mettete in una casseruola grosso come un uovo di butirro, un poco di cedro verde raschiato, acqua di cedro, un cucchiaio di caffè, tre oncie di zuccaro, un poco di sale, tre quartini d’acqua; lasciate bollire tutto assieme per un momento: poi mettete dentro tanto di farina quanto ne potrà capire per far una pasta ben unita, e spessa, rivolgetela bene sopra il fuoco con un cucchiaio di legno finché si attacchi alla casseruola, allora versatela prontamente in un’altra casseruola, stemprandovi due uovi per volta, rivolgendo bene la pasta col cucchiaio di legno, e continuarete a mettere due altri uovi finché diventi molle la pasta senza che sia chiara, indi mettetela sopra un piatto, distendendola con un coltello della spessezza d’un dito; farete scaldare della grassa, o sia frittura che non sia troppo calda, immergete il manico di un cucchiaio nella frittura a prendere della pasta della grossezza di una noce, fatela cadere nella pentola battendo sul bordo: fatele friggere tutte così a piccol fuoco, rivolgendole continuamente; quando sono bene elevate, e di bel colore, servitele caldamente dopo d’averle ben inzuccherate; se sono ben fatte devono essere leggiere, e vote di dentro. Potete ancora aggiustarli altrimenti per friggerli: fate de’ piccoli mucchi della grossezza d’una noce gli uni vicino agli altri sopra un foglio di carta bianca, roversciateli nella frittura a mezzo caldi, quando le fritelle saranno distaccate, levate la carta, e fate friggere come sopra. Con questa stessa pasta si fanno de' piccoli pasticcetti, non essendovi altro cangiamento da farsi che mettervi più butirro nella pasta, e farli cuocere al forno.

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I frutti secchi al naturale servono molto per quelli che sono alla campagna, e che ne hanno abbondanza nei loro giardini; la maniera di farli seccare è questa: prendete delle ciriegie ben mature che non siano guaste, aggiustatele su delle craticcie, non mettendole una su l’altra, lasciatele le code, e fatele seccare nel forno non troppo caldo, come sarebbe appena levato il pane: lasciatele nel forno finché vi sarà del calore, indi ritiratele per poscia rimetterle di nuovo nel forno caldo, e lasciarle finché siano abbastanza secche, lasciatele poi raffreddare, ed unitele in mazzetti, chiudendole in luogo secco. Le prune si fanno seccare nella stessa maniera, ma bisogna raccoglierle molto mature; quelle che cadono da loro sono le migliori, perché sono più piene, e di miglior gusto. Li persici si fanno seccare come le prune, con questa differenza, che raccolti dall’albero sono migliori; tagliateli per mezzo, levandoli l’osso: quando saranno a metà secchi metteteli sopra della tavola pulita, ed appianateli acciò secchino ugualmente, rimettendoli poi nel forno finché siano secchi. Fate lo stesso degli albicocchi, facendoli però uscire i nocciuoli senza dividerli. Le pera, se le pelate prima di farle cuocere saranno migliori: prendete la pelle, e mettetela con le pera in una caldaia piena d’acqua, facendole bollire finché comincino a venir molli; lasciate loro le code, indi fatele seccare al forno come le precedenti.

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Si fa nella stessa maniera, come quella di uva spina alla cittadina.

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Mettete nella pignatta una polastra abbrustolita, nettata, e pelata, un garetto di vitello d’una libbra e mezza, con due pinte d’acqua, fate bollire, ed ischiumate, indi rilasciate bollire a piccol fuoco per tre ore, disgrassate bene il vostro brodo, e passatelo ad uno staccio, mettendolo in una casseruola sopra d’una stuffetta con una fetta di citron verde pelato, o qualche goccia d'aceto bianco, tre oncie di zuccaro, due o tre grani di sale, due pugni di coriandolo, ed un pezzo di cannella, fate bollire per un quarto d’ora, ed aggiugnete tre uova rotte col suo guscio, lasciate bollire lentamente, volgendo soventi sino che la gelatina sia chiara, e ridotta a circa tre quartini, allora passatela in una servietta bianca bagnata, e ben premuta, mettete la gelatina nel suo vaso in luogo fresco, o sopra del ghiaccio.

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Fate una pasta brisée, come in principio di questo capitolo, stendetela della spessezza di un mezzo scudo, e tagliatela della medesima grandezza, mettendo sopra ciascun pezzo un cucchiaio a caffè di crema di franchipanne, bagnate un poco i bordi, coprendo con un altro pezzo di pasta come sotto, uniteli bene assieme, premendoli tutto all’intorno; fateli friggere di bel colore, lasciateli sgocciolare su di un pannolino, ed agghiacciateli il di sopra con zuccaro, e paletta infuocata.

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Prendete del presciutto tagliato in fette molto minute, mettetele in una casseruola, o pentola con alquanto di grasso, o di lardo, fatelo cuocere a lento fuoco, e quando sarà cotto, aggiustatelo nel piatto, mettendo nella stessa casseruola alquanto d’acqua, e d’aceto, con pepe rotto, per distaccarne l’avanzo, il che farete volgendo la vostra salsa con un cucchiaio; indi servitela sul presciutto.

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Fate cuocer per lo spazio di tre quarti d’ora una mezza libbra di riso in una piccola pignata con brodo, e lardo liquefatto; quando sarà quasi cotto, ben spesso, e molto grasso, mettetene grosso due scudi nel piatto da servire, che dovrà essere di maiolica che resista al fuoco; poi mettetevi sopra la carne che giudicherete a proposito, benché sia di diversa specie, purché sia cotta in una buona braise, e condita di buon gusto. Coprite poi tutto il disopra con riso, di modo che non si vegga la carne; unitelo bene con il coltello, mettendo il piatto sopra la cenere calda con un coperchio di tortiera al di sopra, ed un buon fuoco, lasciandolo finché il riso resti ben colorito; prima di servire levate il grasso, e servite a secco; oppure aggiugnetevi una piccola salsa nel fondo. Voi potrete altresì aggiustare nella stessa maniera ogni sorta d’intingolo, di cui vi siate già servito, purché la salsa sia molto corto.

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Prendete del grasso di poppa cotto nell’acqua, dopo averlo ben nettato, e tagliato della lunghezza di quattro dita, fatelo marinare con sale, pepe, prezzemolo, cipollette, e aglio, il tutto tritturato con butiro fresco liquefatto, incorporate tutto il condimento col grasso di poppa coperto di pane gratugiato, e fatelo arrostire servendolo con una salsa all’aceto. Per hors d’oeuvre.

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Tagliate della cipolla in forma di dadi, passatela al fuoco con un poco di butiro; quando sarà mezzo cotta, mettetegli del grasso di poppa cotto nell’acqua, e tagliato in quarti; condite di sale, pepe, aceto, un poco di brodo, lasciate bollire una mezza ora, e quando servirete mettete un poco di mostarda.

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Spiumate un gravagno, e votatelo, fatelo cuocere sopra della brace, come se voleste far cuocere allo spiedo un pezzo di pollame; tagliatelo in quattro, e mettetelo in una casseruola con butirro, lasciandolo per un’ora al fuoco, indi mettetelo in una piccola pentola con brodo magro, un bicchiere di vin rosso, sale, pepe rotto, ed un mazzetto guernito; fate cuocere lentamente per quattro, o cinque ore. Prendete delle rape tagliate propriamente, e fatele imbianchire mezz’ora all’acqua bollente, facendo un piccolo rosso con farina, e butirro bagnato con la cottura del gravagno, e fatevi cuocere dentro le rape; quando le rape, ed il gravagno sono ben cotti, tagliate della mollica di pane della grandezza d’un mezzo scudo, passatelo al fuoco con alquanto di butirro finché siano ben colorito. Aggiustate il gravagno, e le rape nel piatto con il pane di sopra, bagnando il tutto con una salsa ben disgrassata, e condite di buon gusto.

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Fateli cuocere in una braise come la lingua di bue, aggiustandoli nel piatto, con intorno de’ cavoli fiori cotti in bianco, e serviteli sotto di una salsa al butirro oppure con un intingolo di cocomeri, e di piccole cipolle, o cardi come più vi piacerà.

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Prendete un quarto di montone, tagliate le coste doppie affinché siano più grosse, non lasciando a ciascuna che una costa, tagliatele cortissime, ed aggiustatele con proprietà, appianatele un poco, mettendole a cuocere nel brodo con un mazzetto di prezzemolo, cipollette, una mezza foglia di lauro, ed un poco di timo, basilicò, due garoffani, un mezzo baccello d’aglio, sale, e pepe rotto, prendete delle rape, e tagliatele come amandole, fatele bollire un mezzo quarto d’ora, indi mettetele nell’acqua fresca, fatele cuocere nel brodo, e del suco per colorirle, poco sale, e pepe rotto; allorché saranno quasi cotte, mettetevi due altri cucchiai di suco colato; le coste quando saranno cotte, disgrassatene la salsa, e passatela allo staccio, per metterla nell'intingolo delle rape, procurando che non sia troppo salata, riducendola alla consistenza d’una salsa, poi aggiustate le coste nel piatto da servire, con l’intingolo di rape sopra, e servitelo per entrée.

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Per fare un guazzetto di montone al gusto cittadinesco, tagliate una spalla di montone in pezzi larghi due dita, ed alquanto più lunghi; fate un rosso con alquanto di butirro, ed un cucchiaio a bocca di farina, facendoli arrossire a piccol fuoco, volgendoli sempre con un cucchiaio sino che divenghino del colore della cannella; poi mettetevi la carne, e passatela cinque, o sei volte al fuoco, volgendola di tanto in tanto, dopoché vi avrete posto un boccale di brodo, o d’acqua calda, a poco per volta, affinché il rosso si stempri bene, volgendo sempre col cucchiaio finché l’abbiate messo tutto, condite la carne con sale, pepe, un mazzetto di prezzemolo, cipolle, una foglia di lauro, timo, basilicò, tre garoffani, un baccello d’aglio, fate cuocere a piccol fuoco; a mezza cottura inchinate la casseruola per sgocciolare il grasso levatelo con un cucchiaio, lasciandone il meno che potrete, prendete delle rape ben raschiate, e lavate, tagliatele in pezzi, mettendole nella carne, e fatele cuocere assieme; quando che il tutto sarà cotto, levate il mazzetto, inchinate di nuovo la casseruola per togliere l’avanzo del grasso; se la salsa è troppo lunga, fatela ridurre al fuoco, finché sia né troppo chiara, né troppo spessa; cioè che sia della consistenza d’una doppia crema; aggiustate i pezzi di carne nel fondo del piatto, con le rape di sopra, e bagnate il tutto con la salsa, e servitelo per entrée.

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Tagliatelo in pezzi non sgusciandolo, e fatelo cuocere nel court boüillon. Quando è cotto, e siete presto a servire, sgusciatelo, ed aggiustatelo nel piatto con sopra una salsa bianca, od un’altra di vostro gusto. Si serve ancora in fricassea di pollastri dopo d’averlo sgusciato, e tagliato in pezzi: mettetelo al fuoco nella casseruola con butirro, un mazzetto, de’ funghi, aggiugnete poscia un pugno di farina, e bagnate con brodo, e vino bianco, e fate cuocere a gran fuoco. Quando è cotto, e condito di buon gusto, aggiugnete una unione di rossi d’uova, e crema. Il luccio s’aggiusta ancor in matelotta, o marinato, e fritto: la marinata fatela come quella di vitello.

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Trovarete il metodo per farlo alla pag. 297.

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Prendete un quartino di olive, che taglierete una per volta, girando attorno il nociuolo in maniera che tutta la polpa resti insieme attaccata, mettetele a misura nell’acqua, e ben sgocciolate mettetele in una buona salsa di un sugo colato di vitello condito di buon gusto.

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Fateli cuocere come li cardi di Chieri, spiegati avanti a pag. 297, e serviteli nella stessa maniera.

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Prendete della passe-pierre confetta solo le foglie, le quali per un momento imbianchirete nell’acqua bollente per toglierne la forza dell’aceto; poscia dopo di averle ben premute per farne uscir l’acqua, mettetele in una buona salsa fatta con sugo colato unito.

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Mettete nella casseruola un’animella di vitello imbianchita, due fondi di carcioffi pure imbianchiti, e funghi, il tutto tagliato in dadi, con un mazzetto di prezzemolo, cipollette, un mezzo baccello d’aglio, garoffani, mezza foglia di lauro, un poco di basilicò, ed un pezzo di butirro, passatela sopra il fuoco, e mettetevi un buon pugillo di farina, bagnate con sugo, vino bianco, un poco di brodo, sale, e pepe rotto: fate cuocere, e ridurre in salsa corta; disgrassate avanti di servire.

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Questo lo farete come è notato sopra alla pag. 297.

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Fate bollire nell’acqua per una mezz’ora la metà d’un cavolo mezzano, ritirandolo nell’acqua fresca, poscia premetelo bene, e cavatene l’occhio: triturate un poco il cavolo, e mettetelo in una casseruola con un pezzo di butirro, passandolo sopra il fuoco, mettetevi un buon pugillo di farina, bagnando con brodo, e sugo finché ve ne sia abbastanza per dare un color dorato all’intingolo; fate bollire a piccol fuoco finché il cavolo sia cotto, e ridotto in salsa corta; condite di sale, pepe rotto, ed un poco di noce moscada raschiata. Servite sotto la carne che vorrete.

Pagina 380

Voi avrete trovato la maniera di farlo alla pag. 293, e lo servirete con del pollame cotto allo spiedo, o alla braise, e tal carne di beccaria che vorrete.

Pagina 378

Troverete la maniera di farlo sopra alla pag. 304.

Pagina 378

Mettete in una casseruola dell’acetosa, lattuga, cerefoglio, cipollette, e porcellana, il tutto ben lavato, triturato, e premuto con un buon pezzo di butirro, passandolo sopra il fuoco finché non vi sia più acqua, mettendovi un pugno di farina, bagnate con brodo, e sugo colato, sale, e pepe rotto; fate cuocere bene tutto insieme, e servite in salsa corta. Se fosse in magro, dopo avervi messo la farina bagnate con brodo magro, facendo bollire finché le erbe siano cotte, e che non vi resti più salsa; mettetevi poscia un’unione di tre rossi d’uova, quali farete stemprare con crema o latte, facendoli unire assieme sopra il fuoco senza bollire.

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Togliete l’amaro dei fegati, lasciandoli intieri, fateli imbianchire un momento nell’acqua bollente, mettendoli poscia in una casseruola con due cucchiai a intingolo di sugo colato, un mezzo bicchiere di vin bianco, ed altrettanto di brodo, un mazzetto di prezzemolo, cipollette, un mezzo baccello d’aglio, sale, e pepe rotto; fateli bollire una mezz’ora, poi disgrassateli, e serviteli colla carne che vorrete, o soli per tramesso.

Pagina 379

Mettete de’ funghi mondati con un pezzo di butirro in una casseruola, un mazzetto di prezzemolo, e cipollette, passateli sul fuoco mettendovi un pugillo di farina, bagnate con un bicchiere di brodo, ed un mezzo bicchier di vin bianco con altrettanto sugo, e fatelo cuocere per lo spazio di un’ora; disgrassatelo, aggiugnendovi poscia un poco di sugo colato se ne avete, in difetto vi metterete alquanto più di farina; quando lo passerete al fuoco conditelo di sale, e pepe rotto. Gli intingoli di prugnoli, e di spognuole si fanno nell’istesso modo, solo proccurando che le spognuole siano ben lavate, e sbattute in più acque per farne escire l’arena.

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Dopo averli fatti bollire un momento nell’acqua, e mondate le code le quali metterete in una casseruola con mezzo bicchiere di vin bianco, ed altrettanto brodo, con un bicchiere di sugo colato, fatele bollire per lo spazio d’un quarto d’ora, e servite con ciò che vorrete; se volete servirle con sugo colato di gambari, voi le farete cuocere con alquanto di brodo, e vino bianco; quando non vi sarà quasi più di salsa le metterete in un sugo colato di gambari, fatto come quello che si è spiegato pag. 275.

Pagina 378

Fate imbianchire per un momento all’acqua bollente il latte di due carpio, mettendolo in una casseruola con due cucchiai di sugo colato, un mezzo bicchier di vin bianco, ed altrettanto brodo, un mazzetto di prezzemolo, cipollette, un mezzo baccello d’aglio; fate bollire per un quarto d’ora, conditelo di sale, e pepe rotto. Se è in magro mettete in una casseruola due cipolle in fette, una radice, una pastinaca tagliata in pezzi, un mazzetto di prezzemolo, un poco d’aglio, due garoffani, una mezza foglia di lauro, timo, basilicò, ed un pezzo di butirro, passandola sopra il fuoco, e mettendovi un pugillo di farina bagnata con un bicchiere di vin bianco, ed altrettanto brodo magro; fate bollire il tutto insieme, e ridurre a metà, passate la salsa alla stamigna, mettendovi il latte de’ pesci per farlo bollire insieme un quarto d’ora, aggiugnendovi avanti di servire un’unione di tre rossi d’uova stemprati con crema, o latte, sale, e pepe rotto; fate unire il tutto insieme sopra il fuoco senza lasciar bollire.

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Vedete il modo di farlo alla pag. 295.

Pagina 381|382

Levate la prima scorza a cinquanta marroni, metteteli in una pentola pertugiata per rivolgerli di tanto in tanto sul fuoco, finché possiate toglierli la seconda pelle, indi metteteli in una casseruola con un mezzo bicchier di vin bianco, due cucchiai di sugo colato, un poco di brodo, e del sale; fate cuocere e ridurre in salsa corta; proccurate che siano ben cotti, ed intieri.

Pagina 384

La maniera di farlo è come sopra alla pag. 294.

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Voi avrete trovata la maniera di farlo alla pag. 266.

Pagina 379

Lo troverete sopra pure alla pag. 306.

Pagina 378

Prendete un mezzo pugno di pistacchi che metterete per un momento nell’acqua bollente per levargliene la pelle, gettateli a misura nell’acqua fresca, lasciandoli sgocciolare, indi metteteli in una salsa fatta con buon sugo colato.

Pagina 378|379

Avrete trovato il modo di farlo alla pag. 294.

Pagina 379|380

Pelate degli tartuffi mezzani, i quali poscia taglierete in fette, mettendoli in una casseruola con un piccolo pezzo di butirro, un mazzetto di prezzemolo, cipollette, un mezzo baccello d’aglio, due garoffani, passate sopra il fuoco il tutto, aggiugnendovi un pugillo di farina, bagnandola con un bicchiere di brodo, ed altrettanto vino bianco, fate cuocere per un’ora a piccol fuoco; disgrassate, ed aggiugnetevi un poco di sugo colato, sale, e pepe rotto.

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Esse s’aggiustano in magro, come viene spiegato alla pag. 265. In grasso mettete in una casseruola alcuni funghi, un mazzetto di prezzemolo, cipollette, ed un baccello d’aglio, due garoffani, un piccolo pezzo di butirro, una cipolla in fette, ed una radice, passate il tutto sopra il fuoco finché sieno coloriti; mettetevi un pugillo di farina bagnata con un bicchiere di vin bianco, dell’acqua della tellina, e del sugo; fate bollire una mezz’ora, disgrassatelo, aggiugnendovi un poco di sugo colato, e se non ne avete, vi bisogna un poco più di farina, e più di sugo: fate ridurre in salsa, passandola alla stamigna, mettendovi le telline senza conchiglie; dopo di averle aperte sul fuoco, mettetevi un poco di pepe rotto, del sale, se l’acqua delle telline non ha a sufficienza salato la salsa.

Pagina 383

Mettete in una casseruola de’ funghi tagliati in quattro, dei fegati grassi, due o tre fondi di carcioffi cotti a metà nell’acqua, e tagliati in pezzi, un mazzetto di prezzemolo, cipollette, un mezzo baccello d’aglio, ed alquanto di butirro; passate il tutto sopra il fuoco, mettendovi un pugillo di farina, bagnate con mezzo bicchier di vin bianco, brodo, ed un poco di sugo colato, facendolo cuocere per una mezz’ora, disgrassatelo poscia, e conditelo di sale, e pepe rotto. Se voi aveste delle uova piccole le farete bollire nell’acqua per toglierne la piccola pelle, e le metterete nell’intingolo: se non ne aveste di naturali, e ne vorreste fare degli artificiali, prendete due rossi d’uova duri che pestarete, aggiugnendovi un rosso d’uovo crudo, un poco di sale fino, metteteli sopra di una tavola infarinata, volgendoli come una piccola salsiccia, e poi tagliateli in pezzi di eguale grandezza, ed arrotondite ciascun pezzo colla palma delle mani, posandoli di mano in mano a misura che gli farete sopra di un piatto infarinato; allorché saranno tutti finiti metteteli per lo spazio di un momento nell’acqua bollente; dopo ritirateli nell’acqua fresca, e fateli sgocciolare avanti di metterli nell’intingolo. Se vorrete mettere quest’intingolo al bianco non vi metterete punto di sugo colato; avanti di servire vi metterete un’unione di tre rossi d’uova con crema.

Pagina 382|383

Prendete delle lattuche pomate, otto o dieci secondo la loro grossezza, fatele bollire una mezz’ora nell’acqua, poi ritiratele in acqua fresca, per poi premerle colle mani, indi mettetele sopra di una tavola, ed alzate le foglie di ciascuna lattuca, senza però separarle, mettetevi nel mezzo una farsa di carne condita di buon gusto, come quella che troverete qui appresso per i piccoli pasticci: inviluppate la farsa colle foglie di lattuca, e fatele cuocere in una piccola braise; quando sono cotte sgocciolatele, premetele in un pannolino, immergetele poi in una pasta a friggere fatta con farina, vin bianco, un cucchiaio d’olio, ed un poco di sale: fatele friggere di bel colore. Si puonno immergere ancora nel bianco d’uovo sbattuto, poi coprirle di pane grattugiato, e farle friggere. Essendo farsite in questa maniera servono a guernire degli entrées di carne.

Pagina 296

Spogliate una lepre, e votatela, mettete da parte il fegato dopo d’avergli levato l’amaro, e tagliatelo in pezzi, mettendo il tutto nella casseruola con butirro, un mazzetto guernito, cipollette, un baccello di aglio, tre garoffani, una foglia di lauro, timo, e basilicò, passare tutto al fuoco con un cucchiaio a bocca pieno di farina bagnata con un quartino di vin bianco, due cucchiai d’aceto, e due o tre bicchieri di acqua, o brodo: lasciate cuocere un’ora, indi se avete delle rape tagliate propriamente, fatele imbianchire per un quarto d’ora all’acqua bollente, e mettetele a cuocere con la lepre, condite di sale, e pepe rotto; finite di far cuocere, e ridurrete la salsa; levate il mazzetto, e servite caldo: se la lepre è tenera potete far cuocere le rape nello stesso tempo.

Pagina 234

Spogliando, e votando un leprotto mettete da parte il sangue, poi tagliatelo in pezzi, e piccatelo con lardo; mettetelo in una casseruola con il fegato, un poco di butirro, ed un mazzetto guernito, passatelo al fuoco con un buon pugno di farina che bagnerete con tre bicchieri di brodo, un quartino di vin rosso, un cucchiaio d’aceto, sale, e pepe rotto: fate bollire finché il leprotto sia cotto, e ci resti più poca salsa; prendete allora il fegato cotto trituratelo, e mescolatelo con il sangue; quando sarete vicino a servire mettete il sangue nella salsa per farla unire al fuoco, non lasciando però bollire come si fa di una unione di rossi d’uova; aggiugnete poscia un mezzo pugillo di cappari che siano fini, ed intieri. Servite caldo per entrée.

Pagina 235

Prendete una lingua di bue, fatela cuocere in una pignatta dopo d’averla imbianchita, e quando sarà cotta tagliategli la pelle, e lasciatela raffreddare; tagliatela in fette, triturate del prezzemolo, una cipoletta, cinque, o sei foglie di serpentaria, tre cipolline, dei capperi, ed un’acciuga; prendete un mezzo pugnello di pane gratugiato, mescolatelo con butiro tanto quanto la metà di un uovo, aggiungendovi parte di ciò che avete triturato. Per mettere il tutto insieme nel fondo del piatto, aggiustate la metà della lingua di sopra, conditela di sale, pepe grosso, ed il resto delle piccole erbe trite, aggiustategli un secondo coperto del resto della lingua, con sale, e pepe grosso sopra, bagnando con tre o quattro cucchiari di brodo, e mezzo bicchiere di vino; fate bollire insino che cominci a farsi una piccola crosta al fondo del piatto; quando servirete mettetevi quanto basti di brodo per dimostrare che sia una salsa. Per entrée, ed hors d’oeuvre.

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Si mette a cuocere alla braise, che si fa con sale, pepe, un mazzetto guernito di prezzemolo, cipollette, timo, basilicò, lauro, garoffani, cipolle, radici, e brodo quanto basta per bagnar la carne. La farete cuocere a lento fuoco, e quando sarà cotta, toglieteli la pelle, e piccatela di ventresca, facendola cuocere in appresso allo spiedo; servitela con una salsa come quella del montone, aggiungendovi un poco d’acceto. Per entrée. La salcia al capitolo 19. Mettetela ancora in miroton, quando essa è cotta a la braise come sopra, levate la pelle, e tagliatela in fette, aggiustandole sopra il piatto che dovete servire, fattela bollire lentamente in una salcia del cap. 19, e servitela a corta salsa.

Pagina 49|55

Fatela imbianchire all’acqua bollente per un quarto d’ora, in seguito inlardatela con lardo, e mettetela a cuocere nella pignatta con un pezzo di bue, e quando sarà cotta tagliategli la pelle, tagliandola un poco più della metà in tutta sua longhezza, per aprirla in due senza separarla; servitela con brodo, sale, pepe, aceto, e prezzemolo triturato. Per entrée, ed hors d’oeuvre.

Pagina 57

Lasciatela cuocere più della metà nell’acqua, levategli la pelle, e tagliatela in fili sottili da aggiustare in una casseruola con prezzemolo, cipolette, e funghi, il tutto ben triturato, sale, pepe grosso, ed olio, e fattela cuocere a fuoco lento. Quando comincierà a bollire, mettetegli un bicchiere di vino bianco, e quando sarà cotta tagliategli il grasso, e mettetegli un poco di sugo colato, e servendo, se non è abbastanza piccante, aggiugneteli il sugo d’un citrone; la lingua si mette ancora con un intingolo di cocomeri, e diversi altri erbaggi, e con varie salse differenti. Se ne fanno delle polpette, le quali si servono per tramesso freddi dopo d’averle pertugiate, salate, e seccate.

Pagina 55

Prendete una lingua di bue mondata, fatela imbianchire nell’acqua bollente per un mezzo quarto d’ora, poscia fatela cuocere nella pignatta col pezzo di bue insino a che si possa levare la pelle; essa non guasterà il brodo: toglietegli la pelle, e lasciatela raffreddare, e poi tagliatela in pezzi sottili di tutta la sua larghezza, e lunghezza; coprite ciascun pezzo con della farsa di pasticcio od altra farsa di carne dello spessore d’un scudo, e passategli sopra un coltello immerso nel uovo, volgetela in seguito, ed infilzatela in uno spiedo, dopo aver messo a ciascuna un piccol pezzo di lardo, fattela arrostire, e quando sarà presso che cotta gettate del pane gratugiato sopra le fette di lardo facendogli prendere un colore dorato a fuoco chiaro, e servitela con una salcia piccante che troverete nel capitolo delle salse. Per entrée, ed hors d’oeuvres.

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Dopo di averla fatta cuocere nell’acqua, per toglierle la pelle, tagliatela per metà, immergendola in olio, prezzemolo, cipollette, fonghi, un baccello d’aglio triturato, sale, pepe, coprendola di pane, con farla arrostire sopra la graticola, e servitela con una salsa d’agresto. Per fare un bel piatto ve ne abbisognano tre, o due se sono grosse.

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Quando saranno imbianchite nell’acqua, e pelate, tagliatele nel mezzo senza dividerle, facendole prender gusto, e mettendole a bollire con un quartino di latte, un pezzo di butirro, prezzemolo, cipollette, un baccello d’aglio, due carote, il tutto intiero, due garoffani, sale, e pepe rotto; poscia levate le erbe fine, e prendete il più grasso della cottura delle lingue, per bagnarle, coprendole con pane grattugiato; fatele arrostire, e colorire, servendole con una salsa piccante in questa maniera. Mettete in una casseruola delle radici, cipolline, mezza foglia di lauro, timo, basilicò, mezzo baccello d’aglio, alquanto di butirro, passandola al fuoco, finché si cominci a colorire, poscia mettetevi un pugno di farina bagnata con brodo, un cucchiaio a bocca d’aceto, sale, e pepe, fate bollire la salsa un quarto d’ora, sgrassatela, e passatela allo staccio; questa salsa potrà servirvi per ogni sorta di entrées di arrosto, che abbia bisogno di essere rilevato. Servitelo per hors d’oeuvre.

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Fatele cuocere con brodo, un mezzo bicchier di vin bianco, un mazzetto di prezzemolo, cipollette, mezza foglia di lauro, alquanto di timo, basilicò, mezzo baccello d’aglio, due garoffani, sale, e pepe rotto, fatele bollire a piccol fuoco un mezzo quarto d’ora, aggiugnetevi alquanto di sugo colato; per la crosta prendete un piatto, che resista al fuoco, mettetevi nel fondo una farsa della spessezza d’uno scudo, fatta con pane, un pezzo di butirro, o lardo raschiato, due rossi d’uova, prezzemolo, cipolle tagliate, sugo colato, un cucchiaio a bocca di brodo, sale, e pepe rotto; mettete il vostro piatto sopra la cenere calda, finché la farsa si attacchi al piatto, poscia sgocciolatene il butirro, asciugate i bordi del piatto, e servite sopra la lingua con la loro salsa.

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Tagliate in fili tre lingue cotte, prendete un piatto che resista al fuoco, e mettete nel fondo alquanto di sugo colato, con prezzemolo, cipollette, mezzo baccello d’aglio, e fonghi, tutto triturato, sale, pepe rotto; aggiustatevi sopra le file di lingua, e conditele sopra come sotto, coprendo il di sopra con pane grattugiato, e spargete sopra di essa dei piccoli pezzi di butirro grossi come piselli, il che condirà il vostro intingolo, ed impedirà che il pane diventi nero al calore del fuoco; mettetelo a cuocere a piccolo fuoco, coprendolo con un coperchio di tortiera, e fuoco sopra; quando sarà di bel colore servite in salsa corta.

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Mondate che siano tre lingue di montone, tagliatele per metà, senza dividerle; e mettetele in una casseruola con buon brodo, due cucchiai di sugo colato, oppure due cucchiai a bocca di pane tritturato con brodo; fatelo bollire un tantino, passatelo per la stamigna, premendolo con un cucchiaio; così potete servirvi per altri intingoli alla Cittadinesca per ischivare la spesa, e pena di fare il sugo colato; dopo del sugo colato mettetevi un bicchier di vin bianco, prezzemolo, cipollette, un baccello d’aglio, fonghi triturati, un piccol pezzo di butirro, sale, e pepe rotto, fate bollire per una mezz’ora, finché la salsa sia né troppo unita, né troppo chiara.

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Dopo di averle arrostite come sopra, mettete in una casseruola del butirro della grossezza d’un piccol uovo, due rossi d’uova, e due cucchiai di sugo d’agresto, alquanto di brodo, sale, pepe, e noce moscada; volgetela bene sopra il fuoco, acciò si riduca il tutto come una salsa bianca, che servirete sotto le lingue.

Pagina 153

Pigliate due, o tre cipolle tagliate in fette, passatele al fuoco con butirro finché comincino a colorirsi, mettetevi un pugillo di farina, bagnando con un bicchier di vin bianco, e mezzo bicchiere di sugo, aggiugnetevi de’ fonghi, due cipolline, prezzemolo, e cipollette, il tutto ben triturato, sale, pepe rotto, ed un poco d’aceto, fate tutto bollire insieme mezzo quarto d’ora, in appresso preparate tre lingue di montone cotte e mondate, tagliatele in due senza però separarle, e mettetele nella salsa per farle bollire finché abbiano preso buon gusto, e vi resti poca salsa; servite.

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Prendete quattro lingue cotte nell’acqua con sale, una cipolla piccata con due garoffani, una carota, ed una pastinaca, levatele la pelle, ed inlardatele per traverso con lardo; o per il meglio piccate tutto il di sopra con ventresca, ed infilzatele nello spiedo inviluppate di carta ingrassata, quando saranno cotte, e colorite, servitele colla salsa in questa maniera. Mettete in una casseruola tre cucchiai di sugo, due di agresto, un piccolo pezzo di butirro stemprato con farina, sale, pepe rotto, unite tutto al fuoco, e servite sotto le lingue; fatele prendere del gusto con brodo, sale, pepe, un mezzo baccello di aglio, ed una cipollina; quando le farete cuocere, come abbiamo fatto nella precedente.

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Pigliate due lingue cotte, tagliatele in cinque, o sei pezzi di eguale grossezza in lunghezza, fatele prender gusto in brodo, aceto, sale, e pepe; fate una farsa con tre uovi duri, un poco di prezzemolo, cipollette, il tutto ben triturato, alquanto di basilicò in polvere con un pezzo di butirro; unite tutto con tre rossi d’uova; fate sgocciolare i pezzi di lingua, ed asciugati con un pannolino, immergete ciascun pezzo in questa salsa, volgendoli poscia in pane grattugiato, ed immergendoli in bianchi d’uova sbattuti, ricoprendoli col pane grattugiato, fateli cuocere, e colorire. Servite.

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Mettete in una casseruola del butirro grosso come un uovo, stemprato con un buon pugillo di farina, un bicchier di vin nero, due cucchiai di buon brodo, prezzemolo, cipollette, cipollina, fonghi, un mezzo baccello d’aglio, il tutto triturato, basilicò in polvere, sale, e pepe rotto; unite la salsa al fuoco, facendola bollire finché sia spessa; prendete due, o tre lingue cotte, e fredde, tagliatele in fili, mettete un poco di salsa nel fondo, e poscia un coperto di fili su la salsa, e di nuovo altra salsa, con altri fili, seguitando così sino al fine, terminando con la salsa. Metterete attorno il bordo del piatto dei fili di pane tagliati con proprietà, coprite il di sopra con pane grattugiato, bagnando in appresso con buon butirro caldo; mettetelo poscia a fuoco lento, coprendolo con un coperchio da tortiera con fuoco sopra per colorire il pane grattugiato, inchinate poscia il piatto per far sgocciolare il butirro d’avanzo; asciugate indi i bordi, e servite.

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Dopo di averle imbianchite, e pulite, fatele marinare con sale, pepe rotto, prezzemolo, cipollette, fonghi, aglio triturato, mezzo citrone tagliato in fette, ed olio; mettete ciascuna metà di lingua con ogni sorta di detto condimento in carta bianca fregata d’olio, con fette di lardo sotto, e sopra; piegate la carta molto forte attorno, affinché non vi possa uscir niente, indi fatela cuocere alla graticola a piccol fuoco, e servite colla carta.

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Si servono le lodole che sono cotte allo spiedo, e già state servite, levando loro la testa, e quello che hanno nel corpo, gettate via il ventricolo, e servite il resto con le arrostite, pestando il tutto in un mortaio, e stemprandolo con brodo, e passandolo alla stamigna, condite con sugo colato, sale, pepe rotto, ed alquanto di rocambole pesto, ed un poco di aceto: fate scaldare tutto al di dentro delle lodole senza farle bollire, e servitele guernite di croste fritte. Ogni sorta di salmis alla cittadina si fa nella stessa maniera, prendendo gli avanzi, ed i carcami per pestare.

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Prendete una dozzina di lodole spiumate, abbrustolite, e votate, fate loro passare le zampe nel becco come se doveste farle arrostire; mettetele poscia al fuoco in una casseruola con butirro, un mazzetto guernito, dei funghi, un’animella di vitello, con un pugno di farina, bagnando con un bicchier di vin bianco, brodo, e sugo quanto basti per dar colore; fate bollire e ridurre alla consistenza di una salsa, levando poi il grasso, condite con sale, e pepe rotto; lo stesso intingolo tolto da tavola, si può aggiustare in tamburri: coprendo il fondo del piatto in cui dovete servire con una buona farsa di carne, mettete l’intingolo sopra, e ricopritelo con la medesima farsa, unendo con un coltello bagnato in uovo, coprendo con pane grattugiato, fate cuocere con sopra un coperchio di tortiera, indi sgocciolate il grasso, e servite con sotto una salsa di sugo chiaro.

Pagina 227

La longia di vitello si serve per il mezzo della tavola. Fatela cuocere allo spiedo inviluppata di carta. Quando è ben cotta, servite di sotto con una peverada, e per far meglio, piccatela di sopra di ventresca, e servite con la medesima salsa. Il casi si aggiusta nella medesima maniera.

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Fate cuocere degli uovi a metà, dopo metteteli nell’acqua fresca, e lasciateli raffreddare; essendo freddi metteteli in una cassa con un suolo di sale, ed altro di uovi, avendo riguardo di non romperli. Quando vi vorrete servire metteteli dentro l’acqua bollente fuori del disopra del fuoco, ed in seguito li servirete.

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Comunemente si prende della carne di porco, la più tenera, e più tralardata, o pure di carne di vitello, lepre, o coniglio, purché abbia molto grasso; prendete dunque della carne a proporzione dei cervellati che volete fare, tagliatela con alquanto di prezzemolo, cipollette, sale, e spezie miste; prendete delle budella, riempitele di carne, e legate i due estremi, lasciandoli affumicare due giorni sotto il fornello, indi fateli cuocere due, o tre ore nel brodo senza sale; se volete farli con la cipolla, prendetene a proporzione della carne che avete, trituratele, e fatele cuocere con lardo, o grasso liquefatto; quando siano quasi cotte, mettetele nella carne, terminando li cervellati, come abbiamo detto. Se volete farne con i tartuffi, tagliate la carne, indi mettetevi i tartuffi, senza farli cuocere; ed il resto come sopra.

Pagina 121|122

Prendete della coscia di vitello, coscie di montone, pernici, beccaccie, filetti di lepre, pollastri, capponi, non importa che il condimento, e la maniera di aggiustarli appresso a poco n’è tutto l’istesso. In tutti li pasticci qui sopra descritti se volete sempre aggiugnervi della coscia di vitello, per guernire, sarà sempre bene dovunque ella si troverà. Li polli d’india disossati, guerniti di vitello fanno ancor de’ pasticci eccellenti. Le pernici, beccaccie, capponi, e pollastri dopo che sono stati votati aggiustateli le gambe nel corpo, e rompeteli un poco le ossa col manico del cortello; fateli abbrustolire sopra il fuoco, dopo averli asciugati, e mondati inlardateli per tutto con lardo stemprato con sale fino, e spezie mischiate, prezzemolo, e cipollette trite. Farete nella stessa maniera alla coscia di vitello, e di montone, fuorché questi non si fanno abbrustolire; quando la carne sarà ben preparata tagliate delle fette di lardo quanto basta per coprirne tutta la carne. Prendete la metà della pasta già preparata, arrotonditela con le mani, girandola sopra la tavola, il che si dimanda molar la pasta, poi distendetela coll’opianatoio di legno finché sia della spessezza d’un mezzo dito; mettete questa pasta sopra un foglio di carta unto di butirro, poi sopra la pasta metterete la carne ben serrata, e stretta insieme, condite di sale, e spezie fine; coprite di fette di lardo con molto butirro sopra, mettendovi poi un coperchio di pasta sopra più sottile di quello che avete messo sotto; bagnate con una penna i bordi che devono unirsi, acciocché s’attacchino bene insieme, premendoli poscia da ogni parte con le dita; indi colla stessa penna che immergerete nell’acqua bagnate tutto il disopra del pasticcio, rilevando d’ogni intorno la pasta per formare un bordo all’intorno del pasticcio, ed unitela presto senza appoggiarvi troppo per timore di rompere, o guastare la pasta. Quando sarà bene aggiustata farete un buco nel mezzo al disopra della larghezza d’un pollice: fate un camino di pasta, dove vi metterete una carta rotolata, affinché cuocendo il pasticcio non venga a chiudersi il buco, indi con un uovo sbattuto insieme colorirete tutto il pasticcio, e per abbellirlo vi aggiugnerete delle fiori fatte colla medesima pasta, colorendole similmente coll’uovo sbattuto; un momento avanti di metterlo al forno vi metterete per il camino del pasticcio due cucchiai di acquavita, la quale gli darà un buon gusto, senza che si senta l’odore dell’acquavita, atteso tutti i miscugli d’odori che vi sono dentro assieme; fatelo cuocere al forno almeno quattr’ore, più, o meno secondo la sua grossezza: quando sarà cotto mettetelo a raffreddare, otturando bene il camino con un pezzo di pasta cruda finché dovete servirlo.

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Prendete la carne di porco più grassa, tagliatela con prezzemolo, cipollette trite, conditele con sale, e spezie fine. Imbottate il tutto in budella di vitello, o di porco, legandola, e facendola abbrustolire. Voi potete darle il gusto, come più vi piace, come di tartuffi, o di cipolle; se si tratta de’ tartuffi, tagliatene con la carne quel che volete; se delle cipolle, mettetene una pochissima porzione. Le salsiccie piane si fanno nella medesima maniera eccetto che mettete la carne nella graticella di un porco, facendola poi abbrustolire nello stesso modo.

Pagina 122

Mettete al fuoco dell’acqua, e quando sarà vicina a bollire mettetevi dentro quattro libbre d’agresto, levandoli prima il grappolo; quando sarà vicino a bollire levatelo dal fuoco, coprendolo per farlo ritornar verde, lasciandolo nella stess’acqua, finché sia affatto fredda, levatelo poscia per passarlo alla stamigna, e cavarne il più di marmellata che potrete, premendolo fortemente con un cucchiaio, mettete poscia questa marmellata in una pentola per farla disseccare sul fuoco finché resti consistente. Sopra ciascuna libbra farete cuocere altrettanto di zuccaro in consistenza della grande piuma pag. 332, mettendovi la marmellata per stemprarla bene col zuccaro, rimettetela poscia sul fuoco solo per farla scaldare, rivolgendola sempre finché vedrete che sia vicina a bollire, allora mettetela subito ne’ vasi.

Pagina 423|424

Togliete la lanugine alle amandole od albicocche, come sopra si è detto alla pagina 411, fatele cuocere finché divengano ben tenere, ritirandole nell’acqua fresca, e facendole poscia ben sgocciolare, indi schiacciatele per passarle alla stamigna; mettete poscia questa marmellata sopra il fuoco per farle consumare tutta la superflua umidità, rivolgendola però sempre finché cominci ad attaccarsi alla pentola; poscia secondo il peso della marmellata mettete altrettanto zuccaro in altra pentola sopra il fuoco con un quartino d’acqua, fatelo bollire, e schiumatelo bene: continuando a farlo bollire finché immergendo due dita nell’acqua fresca, poi mettendole nel zuccaro, e di nuovo nell’acqua, il zuccaro che resta sulle dita si rompa tutto; allora mettetevi subito la marmellata per stemprarla assieme col zuccaro senza che bolla, e poscia mettetela ne’ vasi.

Pagina 425

Fate cuocere una libbra e mezza di zuccaro nella stessa maniera della marmellata di peri, indi mettetevi l’epine-vinette preparata in questa maniera. Prendete una libbra d’epine-vinette sgranellata, che metterete in una casseruola con un bicchiere d’acqua: facendola bollire finché sia ridotta in marmellata; passatela indi alla stamigna, premendola forte acciò non vi resti che la pelle sopra la stamigna; rimettete poi sopra il fuoco nella pentola ciò che vi è passato, rivolgendola sempre finché si attacchi alla pentola, indi mischiatela col zuccaro per unirla insieme finché voglia bollire, poscia la metterete ne’ vasi.

Pagina 427|428

Prendete la quantità d’agresto che vorrete, il quale non sia affatto maturo: levategli il grappo mettendolo nell’acqua che sia vicina a bollire; allorché comincia l’agresto ad impallidire, e che si è alzato sopra dell’acqua gettatevi un poco d’acqua fresca, e levatelo dal fuoco, coprendolo finché sia divenuto verde, e lasciandolo nella stess’acqua, che farete scaldare finché divenghi verde abbastanza: dopo lasciatelo ben sgocciolare, indi passatelo per una stamigna, premendolo fortemente con un cucchiaio di legno; poscia secondo il peso della marmellata mettete altrettanto zuccaro fino nella pentola, facendo bollire tutto insieme finché immergendovi un dito nella marmellata, ed appoggiandolo contro un altro si attacchino insieme, senza però troppa resistenza; indi mettetela dentro de’ vasi, dopo che si sarà alquanto raffreddata.

Pagina 424

Fate cuocere due libbre di zuccaro come sopra; indi mettetevi quattro libbre di ciriegie, dopo averle tolti i nocciuoli, ed i gambi, rivolgetele col zuccaro, e fatele bollire insieme, finché il siroppo s’attacchi alle dita: allora levatela dal fuoco per metterla ne’ vasi.

Pagina 426

Prendete la quantità di cotogni che vorrete, fateli cuocere nell’acqua finché siano teneri; dopo fateli raffreddare nell’acqua fresca, indi tagliateli in quarti, togliendoli il mezzo con la semente, e la pelle, schiacciateli poscia, e passateli alla stamigna, mettendo tutto ciò che avrete passato in una pentola sopra il fuoco, rivolgendo sempre finché la marmellata divenghi consistente; poscia secondo il peso della marmellata mettete altrettanto zuccaro in altra pentola, facendolo cuocere, come si è detto nella marmellata di peri alla pag. 422, indi mischiatela col zuccaro per stemprarla sopra il fuoco, ritirandola quando comincia a fremere per metterla ne’ vasi.

Pagina 428

Mettete oncie venti di zuccaro in una pentola con un quartino d’acqua; fatelo bollire, e ben ischiumare, continuando a farlo bollire finché immergendovi la schiumora dentro, e scuotendola con soffiare a traverso de’ buchi vi escano delle piccole scintille di zuccaro: mettetevi poscia de’ fiori di cedro preparati in questa maniera. Prendete una mezza libbra di fiori di cedro men duri, fateli bollire per lo spazio di un mezzo quarto d’ora nell’acqua, poi levate quest’acqua dal fuoco, mettendovi un piccolo pugillo di alume; mettete poscia dell’altr’acqua al fuoco, e quando bollirà premetevi dentro il sugo di un citrone, aggiugnetevi poscia i fiori di cedro, quali avrete già ritirati colla schiumora, lasciandoli però prima ben sgocciolare, e fateli bollire in dett’acqua di citrone finché siano ben teneri sotto le dita, indi metteteli un’ora appresso nell’acqua fresca con alquanto sugo di citrone: premete poscia i fiori di cedro in un pannolino per farne uscire l’acqua, e pestateli in un mortaio per farli in marmellata. Mettete questa marmellata nel zuccaro per stemprarla insieme sopra un piccolo fuoco, versandovi il zuccaro più volte senza lasciarla bollire, aggiustatela quindi ne’ vasi, gettandovi sopra quando sarà fredda alquanto di zuccaro fino.

Pagina 426|427

Mondate, e lavate mezza libbra di fragole, facendole sgocciolare, e passandole in una stamigna per metterle in marmellata; mettete sopra il fuoco una libbra di zuccaro con un bicchiere d’acqua, fatelo bollire, ed ischiumare, continuando a farlo bollire finché immergendovi dentro la schiumora, e scuotendola ve n’escano delle lunghe scintille. Mettetevi allora la marmellata di fragole per stemprarla col zuccaro, rivolgendola sempre sopra un fuoco mediocre senza lasciarla bollire, e poscia mettetela ne’ vasi.

Pagina 425|426

Fate cuocere una libbra di zuccaro, come si è detto sopra per le fragole; quando sarà cotto mettetevi le more preparate in questa maniera: mondate due libbre di more, passandole in una stamigna per metterle in marmellata, la quale disseccarete sopra il fuoco finché s’attacchi alla pentola, indi mettetela nel zuccaro, facendola alquanto bollire, rivolgendola sempre, e poscia collocatela ne’ vasi a ciò destinati.

Pagina 426

Fate cuocere nell’acqua finché siano teneri sotto le dita la quantità di peri che vorrete, levateli la pelle, e prendete solo la polpa, la quale passarete in una stamigna, mettendoli al fuoco, con rivolgerli sempre finché comincino ad attaccarsi alla pentola, indi secondo il loro peso mettete altrettanto zuccaro in una pentola con un quartino d’acqua, facendolo bollire, ed ischiumare, continuando a farlo bollire fin a tanto che immergendo dentro la schiumora, e scuotendola si alzino lunghe scintille di zuccaro unite assieme, allora mettetevi la marmellata per stemprarla col zuccaro assieme sopra del fuoco, quando principierà a fremere mettetela ne’ vasi, e quando sarà fredda aggiugnetevi sopra del zuccaro fino.

Pagina 421|422

Pelate de’ persici non troppo maturi, e dopo di aver loro tolti i nocciuoli tagliateli in pezzi, indi farete questa marmellata nella stessa maniera che le albicocche sans façon alla pag. 417.

Pagina 427

Fate bollire nell’acqua de’ pomi di ranette intieri finché cominciano ad esser molli sotto le dita, poi metteteli nell’acqua fresca per levargli a ciascuno la pelle, e poscia fateli passare per una stamigna, premendo forte, mettendo ciò che vi sarà passato in una pentola per farla disseccare al fuoco, fino che la marmellata sia ben consistente. Fate cuocere secondo il peso della marmellata altrettanto zuccaro in consistenza della gran piuma (così detta la settima cottura del zuccaro pag. 332), mischiate il tutto insieme, rivolgendo con una spatola, o cucchiaio di legno; rimettetela sul fuoco solo per farla scaldare, rivolgendola sempre, ed allorché comincia a bollire levatela, e mettetela ne’ vasi, quando poscia sarà alquanto intiepidita, ricordandovi bene di non coprirla finché la marmellata sia fredda affatto.

Pagina 419|420

Tagliatele li nocciuoli alle prune che vorrete impiegare, fatele bollire sul fuoco con un poco d’acqua finché siano ridotte in marmellata, passatele per una stamigna, e rimettete sul fuoco ciò che vi sarà passato, e fate bollire finché la marmellata cominci ad attaccarsi alla pentola, indi mettetevi altrettanto zuccaro quanto avrete di marmellata, mettete il zuccaro con un quartino di acqua, fate bollire, e schiumate; la giusta cottura del zuccaro la conoscerete immergendo due dita nell’acqua fresca, indi mettendoli nel zuccaro, poi nell’acqua; se il zuccaro attaccato alle dita si rompe netto, allora vi aggiugnerete la marmellata per stemprarla col zuccaro, rivolgendo sempre finché freme; mettetela ne’ vasi, e quando sarà fredda spargetevi un poco di zuccaro fino di sopra.

Pagina 420|421

Prendete una libbra di amandole dolci, pelatele, e mondatele, facendole pestare, bagnandole poscia con tre bianchi d’uova: meschiatele poscia con marmellata di albicocche, ed altre confetture non liquide, e con fiore di melarancia confetto, e pesto; quando sarà il tutto ben unito, mettete le amandole con del zuccaro in polvere in una casseruola, e fatele seccare al forno, indi mettetele sopra della tavola per impastarle con zuccaro fino, indi rotolate la pasta per farne de’ marzapani di qualunque figura; prendete sei bianchi d’uova sbattuti a metà con del citrone verde ben triturato, immergetevi dentro li marzapani, indi rimetteteli in zuccaro fino, lasciandoveli finché siano bene inzuppati; aggiustateli poi sopra de’ fogli di carta bianca, che metterete sopra de’ fogli di rame, e li farete cuocere lentamente al forno. Per essere sicuro del forno mettete alquanto di pasta sopra di una carta, se la carta prende colore il forno è troppo caldo.

Pagina 465|466

Per fare una minestra di castagne in magro metterete in una casseruola un pezzo di butiro con tre cipolle tagliate in fette, una carotta, un occhio di scellero, e tre porri, il tutto tagliato in piccoli pezzi, un mezzo bacello d’aglio, due garofani, mettete tutto al fuoco, finché sia un po’ colorito, bagnate con acqua facendo bollire per un’ora, colate il brodo per la stamigna, aggiungendovi sale, poi prendete un centinaio di castagne di quelle marroni, oppure di quelle grosse, levategli la prima scorza, mettendole al fuoco in una padela pertuggiata, maneggiandola sempre finché si possa levare la seconda scorza, quando saranno ben mondate fatele cuocere con una parte del brodo, in appresso sciegliete quelle che sono intiere per ornamento della minestra, e le altre le pestarete, e passerete per una stamigna facendone un sugo colato, che bagnerete col brodo che si adoperò per farle cuocere; fate mittonare la minestra col brodo di erbaggi, e quando servirete mettetegli il sugo delli marroni. La minestra grassa si può fare nella stessa maniera, mettendo in luogo del brodo magro il grasso.

Pagina 41|42

Voi avrete delle lasagne preparate, e le code di un centinaio di gambari, pigliate un piatto con un bordo di pasta, come sopra, mettete nel fondo un suolo di formaggio, dopo uno di lasagne, ed un altro di butirro, con sopra delle code di gambari, impolverate con formaggio, e continuate fino al fine, e dopo fatele prender colore al forno, e servitela per hors d’oeuvre, e per entrée. La potrete anche cangiare, in luogo delle lasagne mettendo de’ maccheroni.

Pagina 473|474

Fate un bordo di pasta ben sottile, e ben lavorato intorno al piatto che volete servire. Avendo le lasagne preparate, ed un piccolo luccio cotto all’acqua, e sale, levate le scaglie, e la spina, e levatela per foglie, mettete un poco di formaggio nel fondo del piatto, dopo alquanto di luccio in foglie, dipoi un suolo di lasagne ben distese nel piatto. Indi accomodate il luccio, e conditelo di un poco di pepe, sale, noce moscada grattugiata, con dei piccoli pezzi di butirro disopra, spargendovi del formaggio grattugiato, e continuate fino al fine, terminandola col formaggio, e coprendola con pezzi di butirro. Vi potete servire di ogni sorta di pesci in luogo del luccio, tanto di mare, che di acqua dolce, osservando che il pesce d'acqua dolce, di cui vi servirete non senta di fango.

Pagina 473

Prendete una libra di riso più o meno, secondo la quantità di minestra che volete fare, lavatelo nell’acqua tepida fregandolo colle mani, fatelo cuocere con buon brodo, e sugo di vitello, e quando sarà cotto, levategli il grasso, assaggiate se è condito abbastanza, servite né troppo consistente, né troppo liquido.

Pagina 45

Farete un brodo magro con ogni sorta di erbe cioè radici, cavoli, rape, cipolle, scelleri, porri, il tutto a proporzione della loro forza; una mezza libra di piselli: voi metterete a parte in una piccola pignatta una mezza libra di lenti, che farete cuocere con questo brodo; quando saranno cotte ne estrarete il sugo; prendete poscia una mezza libra di riso, dopo averlo ben lavato, fattelo cuocere in una pignattina con un pezzo di butiro, ed il vostro brodo magro; quando è cotto, e condito come bisogna, mettetegli il sugo di lenti, e procurate che la vostra minestra non sia troppo consistente.

Pagina 47

Per fare una minestra in magro farete un brodo di erbaggi come il precedente, dopo d’averlo passato per la stamigna prendetene una parte per far cuocere una libra di piselli verdi, prendete degli sparagi mezzani quanti basteranno ad ornare la minestra; tagliateli della lunghezza di tre dita, fategli imbianchire all’acqua bollente, mettendoli dopo in acqua fresca, fattegli sgocciollare, e poi legategli in piccoli pacchetti. Tagliate un poco il fine della punta, mettendogli a cuocere coi piselli, e quando saranno cotti estraetene il sugo; mittonate la minestra col brodo di erbaggi, fate un ornamento sopra il bordo del piatto con gli sparagi, e servendo mettete il sugo dei piselli. La minestra in grasso si fa nello stesso modo, mettendogli in luogo del magro un buon brodo grasso.

Pagina 42|43

Essendo cotta la carne, ed il brodo di buon gusto, e non torbido, passatelo in un pannolino, e mettete questo brodo in una marmitta di terra, ben disgrassato, ne passerete la quantità che avrete di bisogno, mettetela al fuoco, e quando bollirà mettete dentro la quantità di vermicelli che stimerete a proposito. Quando avranno dato alcuni bolli in questa maniera, discendeteli avanti al fuoco, e lasciateli ancora cuocere per un quarto d’ora che sarà sufficiente. Se i vermicelli sono di qualità più grossi allora lasciateli cuocere per mezz’ora. Si può tener chiara oppure spessa, come più piace. Questa minestra si serve in un catino, oppure in un piatto; si deve pur anche servire assieme, sopra un altro piatto il formaggio grattugiato per quelli che lo amano. Avrete riguardo che quando mettete i vermicelli nella marmitta che il brodo bolla, altrimenti si unirebbero tutti assieme. Ve ne sono de’ bianchi, e de’ gialli, grossi, e piccoli, e sono tutti egualmente buoni, e quelli di pasta di Genova sono i migliori. Vi sono delle altre sorta di paste dei gusto de’ vermicelli detti Dandarini, che sono molto buoni per minestra; ve ne sono de’ rotondi come piselli, ed altri come la semenza di meloni, ed altri come la semenza de’ spinacci: in somma contraffanno ogni sorta di semenza, e queste minestre di pasta sono buone, massime per persone ammalate. Vi è pur anche la semola, la quale è buonissima per gli ammalati, o per persone che mangiano poco a cena, e che vogliono conservarsi la loro salute; mettendone un buon pugno nel brodo, facendo cuocere dolcemente per una mezz’ora, e nello stesso tempo rivolgendo con un cucchiaio di legno. Questa si può tener più chiara, o più spessa, secondo il gusto del padrone. Vi sono anche i maccheroni che si fanno cuocere con brodo, ed una pollastra, quando i maccheroni saranno cotti, la pollastra sarà pur anche cotta; si leva la pollastra, e si taglia in pezzi, si mette un suolo di maccheroni nel piatto, sopra spandendo del formaggio grattugiato, alquanto di pepe, e del sale se sarà di bisogno, mettete qualche pezzo di pollastra, con sopra del formaggio, dopo un altro suolo di maccheroni con del formaggio, in seguito il resto della pollastra, e de’ maccheroni, con sopra alquanto di pepe, qualche pezzo di butirro fresco, e formaggio abbondantemente. Fateli prender alquanto di colore al forno. Essendo come si deve serviteli per entrée, o per hors d’oeuvre.

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Prendete una parte della mollua sgusciata, e lavata mettetela con acqua in una caldaia al fuoco; quando è vicina a bollire schiumatela, e bollendo levatela tosto, lasciandola coperta con un pannolino per mezzo quarto d’ora, indi ritiratela dall’acqua, e fatela sgocciolare. Aggiustatela nel piatto con prezzemolo, cipollette tagliate, pepe rotto, noce moscada raschiata, un buon pezzo di butirro, ed un cucchiaio d’agresto; fate scaldare il tutto volgendo, e servite.

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Prendete una mollua cotta nell’acqua, e bene asciutta, tagliatela in pezzi che immergerete in una pasta fatta con farina, vino, olio, e poco sale, e farete friggere, servendo con del prezzemolo fritto.

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Tagliate della coscia di vitello nella stessa maniera delle polpette, senza farsa però, conditele con olio, sale, pepe rotto, prezzemolo, cipollette, carotole, e fonghi, il tutto triturato, rotolatele, infilzandole, con farle cuocere allo spiedo, servendole con una salsa condita di buon gusto. Servitelo per hors d’oeuvre.

Pagina 110

Prendete tre noci di vitello, unitele, ed aggiustatele, levando la carne che convien meno, piccatele con lardo, e tartuffi uniti insieme, sale fino, prezzemolo, cipollette, tartuffi bianchi, fatele cuocere con buon brodo, quando sono cotte, e la salsa ben disgrassata, mettetevi due cucchiai di suco colato, fate ridurre la salsa, di modo che sia né troppo corta né troppo lunga, e servitela su le noci di vitello per entrée.

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Tagliate della coscia di vitello grossa un dito della stessa grandezza de’ fricandeau, fate una cassa di carta bianca proporzionata alla carne che avete, ungetela con butirro al di fuori, mettetevi dentro la carne con olio, o butirro, prezzemolo, cipollette, carotole, fonghi, il tutto ben fino, sale, e pepe rotto, mettete la cassa alla graticola, con un foglio di carta unto sotto, fatelo cuocere a piccolissimo fuoco sopra la cenere calda; guardatevi di lasciare abbruciare la carne; quando sarà cotta da una parte, volgetela dall’altra; servite con la cassa di carta, dopo d’avervi versato sopra leggermente alquanto di aceto bianco.

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Prendesi per l’ordinario un’oca non tanto tenera come per mettere allo spiedo, votata aggiustateli le zampe nel corpo, indi fatela rifare al fuoco, piccandola da per tutto con lardo condito unito con prezzemolo, cipollette, mezzo baccello d’aglio, una foglia di lauro, timo, basilicò in polvere, sale, pepe rotto, alquanto di noce moscada raschiata, legatela, e fatela cuocere in una pentola proporzionata con due bicchieri di acqua, altrettanto vin bianco, mezzo bicchiere d’acquavita, un poco di sale; coprite la pentola, lasciandola cuocere tre o quattr’ore; quando la salsa è corta riducetela in ghiaccio, aggiustando la daube nel suo piatto; quando sarà quasi fredda versate la salsa sopra, ed aspettate a servire per tramesso freddo quando la salsa sia affatto gelata.

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Prendete un’oca giovane, e tenera, pelatela, abbrustolitela, e votatela; tagliateli il fegato, che mescolarete con due cipollette, mezzo baccello d’aglio, prezzemolo, e cipolle, il tutto triturato, una foglia di lauro, basilicò trito od in polvere, timo, un buon pezzo di butirro, sale, e pepe rotto, riempitene l’oca, e cucita fatela cuocere allo spiedo, bagnandola di tempo in tempo con butirro, ed a misura che la bagnerete mettete un piatto di sotto per non perdere quello che cade; quando l’oca sarà quasi cotta aggiugnete un cucchiaio di mostarda nel butirro con cui l’avete bagnata, rimettetelo sopra l’oca, e copritela tutta con pane grattugiato, fatela finir di cuocere, e colorire, servendola con una salsa fatta in tal guisa. Mettete alquanto di butirro in una casseruola con due pugilli di farina, ed un cucchiaio di mostarda, con un cucchiaio da caffè di aceto, un piccolo bicchiere di sugo, o brodo, sale, e pepe; fate unire al fuoco, e servite sopra dell’oca per entrée.

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Prendete dei marroni, o delle grosse castagne, levate loro la prima pelle, e mettetele al fuoco in una pentola pertugiata, volgendole per levar loro la seconda, conservando le più belle per fare l’intingolo; se non avete pentola pertugiata, mettete li marroni nell’acqua bollente, lasciandoli bollire per levarli la seconda pelle, ritirate quelle che avete destinato per l’intingolo, le altre triturate mettetele in una casseruola con la carne di tre, o quattro salsiccie, il fegato dell’oca tagliato, due cucchiai di grasso, od un buon pezzo di butirro, una cipolla, un baccello d’aglio, prezzemolo, cipolline, il tutto triturato, lasciando tutto insieme al fuoco per un quarto d’ora, poi lasciatelo raffreddare, e prendete un’oca giovane e tenera, pelata, abbrustolita, e votata, mettendovi questa farsa nel corpo e cucita, fatela cuocere allo spiedo, e servitela con l’intingolo di castagne, come troverete al capitolo degl’intingoli. Servite per un grosso entrée.

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Prendete la fricassea, che comprende il cuore, la milza, il fegato, tagliatela in piccoli pezzi, e fatela imbianchire; mettetela poscia in una casseruola con butirro, ed un mazzetto guernito, passatela al fuoco, e mettetevi un pugno di farina, bagnate in appresso con brodo, quando l’intingolo è cotto, e condito mettetevi tre rossi d’uova stemprati con latte, fatelo unire al fuoco, e prima di servire mettetevi un poco di suco di limone.

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Fatene imbianchir quattro; tagliatele pel mezzo senza separarle; e per farle stare aperte passate a traverso di ciascheduna un piccol pezzo di legno: fatele cuocere in una pignatta, come le precedenti; quando saranno cotte, e sgocciolate, immergetele in butirro caldo, e copritele con pane grattugiato; fatele abbrustolire, bagnandole leggermente col resto del butirro, in cui le avete immerse; quando saranno di bel colore servitele con una salsa chiara, fatta con brodo, suco di limone, una cipolla trita, sale, e pepe rotto.

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Pigliatene quattro, che voi farete bollire per un momento, poscia ritiratele nell’acqua fresca; quando le avrete pelate fatele cuocere con brodo chiaro, un poco di citrone, sale, pepe, un mazzetto guernito, e servitele coll’intingolo di piselli, che segue. Prendete una libbra e mezza di piselli passati al fuoco con un poco di butirro, un mazzetto di prezzemolo, e cipollette, mettetevi un pugno di farina, bagnate con metà suco, e metà brodo, e fate cuocere a lento fuoco: quando sono cotti mettete del zuccaro della grossezza di una noce, un poco di sale fino, un cucchiaio di suco colato, e servite l’intingolo sopra le orecchie.

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Prendetene sei, imbianchitele per un mezzo quarto d’ora, poscia ritiratele all’acqua fresca, e pelatele: fatele cuocere con un bicchier di vino bianco, due di brodo, sale, pepe, ed un mazzetto guernito; quando sono cotte fatele sgocciolare; poscia fate una farsa con un pugno di pane grattugiato, un quartino di latte, ed un poco di formaggio raschiato; volgete bene il tutto, finché il pane sia consistente, lasciatela raffreddare, poscia mettetevi un poco di butirro, con quattro rossi d’uova crudi; mettete tutto al di dentro delle orecchie; in appresso immergetele in butirro caldo, per coprirle con pane grattugiato, e formaggio raschiato mescolato insieme, aggiustatele sul piatto da servire, fatele colorire, mettendovi sopra un coperchio da tortiera: asciugate i bordi del piatto, e servitele senza salsa.

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Fate imbianchire le cipolle, tagliate loro la prima scorza, fatele cuocere a parte in una piccola pignatta, e quando saranno cotte, ornatene il bordo del piatto, che dovete servire la zuppa. Per farle stare sul bordo mettetegli dei fili di pane bagnato nel bianco d’uovo; porrete il piatto un poco sopra il fuoco, affinché il pane s’attacchi; e questi fili vi serviranno per ornare qualunque altra minestra.

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Prendete una cinquantina di ostriche, mettetele nell’acqua calda; quando è vicina a bollire ritiratela nell’acqua fresca, asciugatele, e poi o prendete solo il tenero, o se volete prendere tutto, il più duro tagliatelo a parte ben fino. Se volete meschiarvi della carne di carpio, questa accrescerà l’hachis (da’ francesi così detta la carne triturata), e gli darà buon gusto. Mettete in una casseruola un buon pezzo di butirro, con prezzemolo, cipollette, funghi tagliati, passate al fuoco con un pugno di farina che bagnarete con un quartino di vin bianco, ed altrettanto brodo magro: fatevi cuocere dentro l’hachis finché non vi sia più salsa, e conditelo di buon gusto. Quando siete vicino a servire aggiugnete una unione di tre rossi d'uova con della crema, e servite per entrée. In francese hachis.

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Prendete due palati di bue cotti nell’acqua, dopo averli mondati, e tagliati della lunghezza, e grossezza de’ solfanelli, marinateli con cittrone, aceto, sale, prezzemolo intiero, cipolletta intiera, e lasciateli insino che abbiano preso gusto; poscia sgocciolateli, e immergeteli in una pasta fatta così: mettete in una casseruola due buoni pugni di farina, un cucchiaio d’olio, un poco di sale pesto, stemprate a poco a poco con acquavita, insino a che la vostra pasta sembri una doppia crema; immergetegli dentro i palati facendoli friggere, e colorire, serviteli più caldi che potrete. Per hors d’oeuvre.

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Prendete tre palati di bue cotti nell’acqua, mondateli, e tagliateli in due in traverso per tutta la sua lunghezza, fateli marinare per mezz’ora, facendoli cuocere sopra un piccol fuoco con brodo, aglio, due garoffani, timo, lauro, basilicò, sale, e pepe; e sgocciolati, e raffreddati mettetegli sopra ciascun pezzo della farsa di carne condita di buon gusto, della spessezza d’un mezzo scudo, volgete i palati per immergerli poi in una pasta fatta con farina stemprata in un cucchiaio d’olio, ed un quartino di vino bianco, e sale fino. Bisogna che la pasta fili versandola dal cucchiaio, fatteli friggere, e serviteli ornati di prezzemolo fritto.

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Prendete dei palati di bue cotti nell’acqua, dopo averli mondati tagliateli della lunghezza, e larghezza d’un dito, marinateli con pepe, sale, ed aglio, aceto, brodo, ed un pezzo di butiro mescolato con farina, una foglia di lauro, tre garoffani; fate intiepidire la marinata, e mettetegli dentro i palati di bue, lasciandogli due, o tre ore; poscia ritirateli per lasciarli sgocciolare; asciugateli, infarinateli, e fatteli friggere, e serviteli. Per hors d’oeuvre.

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Vi bisognano tre palati di bue per fare un piatto. Per netarli fateli cuocere nell’acqua, mondandogli poscia della loro pelle: tagliateli il nero, e poi tagliateli in fili; passate delle cipolle al fuoco con un pezzo di butiro; quando saranno mezzo cotte, mettetegli i palati, bagnando il vostro intingolo con buon brodo, un poco di sugo colato, un mazzetto guernito; quando avrete tolto via il grasso, e la salsa ben cotta, mettetegli della mostarda, quando vorrete servire. Per hors d’oeuvre. Voi potete altresì servirla intiera sopra la graticola facendogli la marinata con olio, sale, pepe, prezzemolo, cipollete, funghi, aglio, il tutto triturato; immergetelo bene nella marinata, e copritelo con pane gratugiato, e fatelo arrostire, servendolo di sotto una salsa chiara, e piccante, o senza salsa. Per hors d’oeuvre.

Pagina 57|58

Prendete una libbra di coscia di vitello, altrettanto di grasso di bue tagliatelo insieme, mettetevi del prezzemolo, cipollette, e carotole triturate, sale, pepe, due uova, ed un piccol bicchiere di crema; mettete dei pezzi di lardo nel fondo di un piatto, con dentro la farsa; e se avete un intingolo, o sia salsa di carne, o di erbaggi cotti, e raffreddati, metteteli nel mezzo della farsa, coprite con pezzi di lardo, e fateli cuocere al forno, quando sarà cotto ritiratelo senza romperlo, fate un buco nel mezzo, per aggiungervi una buona salsa chiara, e piccante.

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Prendete le ale, zampe, collo, fegato, e ventriglio di uno, o due polli, scaldateli per pelarli; metteteli in una casseruola con butirro, un mazzetto di prezzemolo, cipollette, un baccello d’aglio, due garoffani, timo, lauro, basilicò, e funghi, passate tutto al fuoco con un buon pugno di farina, bagnando con acqua, e brodo, condite di sale, e pepe rotto, fate cuocere, e ridurre a corta salsa; quando siete vicini a servire, levate il mazzetto, ed aggiugnetevi una unione di tre rossi d’uova, con della crema: fateli unire, non lasciando bollire, ed in servendo un poco d’aceto, o d’agresto, se volete servirli in rosso; dopo d’averli infarinati, bagnateli con mezzo brodo, e mezzo sugo, e lasciate ridurre a corta salsa, se poi volete servirli con i piccoli piselli, metteteli nella casseruola con i piselli, ed un pezzo di butirro, infarinateli, e bagnateli con metà brodo, e metà sugo, lasciandoli cuocere, e ridurre a corta salsa.

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Prendete una libbra di amandole dolci, le metterete per alquanto di tempo nell’acqua tepida per pelarle, gettandole di mano in mano a misura che le pelarete nell’acqua fresca; indi le pesterete bene, gettandovi dell’acqua di tanto in tanto affinché non si riducano in olio: quando che saranno ben pestate, mischiatevi una mezza libbra di zuccaro ben pesto, facendo una pasta insieme per servirvene al bisogno, e questa si conserva quasi un anno. Quando poi vorrete servirvene ne prenderete un pezzo grosso come un uovo, stemprandolo bene con tre quartini d’acqua, e poscia passatelo in una servietta.

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Mettete sopra una tavola una libbra di farina, fate un buco nel mezzo di essa e mettete alquanto di sale, ed acqua per stemprare la pasta di una sufficiente consistenza, impastandola bene per ridurla tanto sottile come vorrete, oppure gettate alquanto di farina sopra una servietta, mettete la pasta mezzo distesa, passate le mani disopra, tirando da una parte all’altra per ben unirla. Poi stendetela coll’opianatoio della sottigliezza che volete, e grande come un mezzo foglio di carta; ne farete diversi fogli, che rotolarete, e tagliarete caduno separatamente della larghezza di un mezzo dito. Essendo tutti tagliati fateli imbianchire all’acqua bollente, e quando avranno dato alcuni bolli levateli, e metteteli nell’acqua fresca. Quando saranno freddi lasciateli sgocciolare sopra uno staccio; dopo mettete nel fondo del piatto che volete servire del formaggio grattugiato, e poi condite i tagliatelli con alquanto di sale, e pepe, aggiugnendovi qualche pezzo di butirro, ed in seguito di formaggio di sopra; continuate nella stessa maniera sino al fine che adacquarete con un bicchier di fior di latte, e copriteli con formaggio, fateli prender colore al forno, e serviteli per entrée, o per hors d’oeuvre.

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Mettete una libbra di farina sopra una tavola, impastatela con un poco d’acqua calda, ed alquanto più di una mezz’oncia di lievito di birra, e se per avventura non ne avete vi metterete in suo luogo un piccolo pezzo di quella di pane, inviluppate questa pasta in un pannolino, e mettetela in qualche luogo caldo a rinvenire, cioè per un quarto d’ora nella state, e per lo spazio di un’ora nell’inverno: metterete poscia due libbre di farina sopra una tavola colla pasta fatta in lievito, ed una libbra e mezza di butirro, dieci uovi, un mezzo bicchiere d’acqua, ed un’oncia circa di sal fino; impastate il tutto colla palma delle mani ben insieme per tre volte, spargendovi di tanto in tanto della farina, ed inviluppatela in una tovaglia per lasciarla rinvenire nove, o dieci ore; tagliate poscia questa pasta secondo la grandezza del gateau che vorrete fare, dandole una forma rotonda colle mani, ed appianandola un poco al disopra, indorandola coll’uova bene sbattute; fatela cuocere al forno, cioè per le piccole lo spazio di una mezz’ora, e per le grosse di un’ora e mezza.

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Mettete sopra una tavola ott’oncie di farina, quattr’oncie di butirro, un pugillo di sale, ed un bicchiere d’acqua, impastate il tutto assieme per fare una pasta consistente; stendete questa pasta coll’opianatoio di legno, che resti della spessezza di un mezzo dito, tagliatela in pezzi della larghezza delle forme a piccoli pasticci, appoggiate il dito sopra ciascun pezzo, ed elevatelo sopra i bordi, premendoli tutto all’intorno per farne un bordo dell’altezza di un dito, e della spessezza di un testone, metteteli al forno di un calor moderato per un mezzo quarto d’ora; appresso mettetevi un quartino di crema stemprata con due cucchiai di farina, pochissimo sale, un’oncia di zuccaro; quando saranno cotti spargetevi del zuccaro fino sopra.

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Spogliatela, votatela, tagliatela in pezzi, piccatela per ogni parte con grosso lardo, e volgetela nel sale, pepe, prezzemolo, cipollette, ed aglio, il tutto triturato; mettetela poscia in una piccola pentola con mezzo bicchiere d’acquavita, un pezzo di butirro, e fatela cuocere a fuoco lento; quando è cotta, e non vi è più salsa mettetevi il suo sangue, fate scaldare, non lasciando bollire, ed aggiustate la lepre nel piatto che dovete servire, unendola ben assieme, dimodoché sembri un pezzo solo. Servite questo pasticcio freddo per tramesso.

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Secondo la quantità d’aceto che far vorrete prendete un vaso più o meno grande; per farne venti pinte prendete un barile di tal capacità che sia nuovo, e se fosse di legno vecchio bisogna farlo appianare per di dentro; indi prendete una pinta d’aceto del più forte, fatelo bollire, e mettetelo così bollente nel barile che chiuderete subito col turacciolo, e scuotendolo bene, rivolgendolo, ed agitandolo finché l’aceto sia divenuto freddo; sei ore dopo togliete l’aceto, mettendo il barile a suo luogo al caldo; dopo averli messo il turacciolo fategli un buco nell’alto abbastanza grande, affinché vi possiate mettere un gran tenivello, per cui vi farete entrare due pinte di aceto del più forte, otto giorni dopo aggiugnetevi una pinta di vino proprio per far aceto, continuando a far lo stesso di otto giorni in otto giorni finché il barile sia già mezzo pieno, ed allora ne potrete mettere davantaggio, ma bisognerebbe procurare che l’aceto che vi avete messo fosse della stessa forza del primo perché l’aumento che fareste non avrebbe la stessa forza; essendo il barile pieno, e l’aceto essendo ridotto in tutta sua bontà, ritiratene li due terzi che metterete in un altro barile, rimettendo poscia in esso del vino, come sopra si è detto, e con tal mezzo voi avrete sempre dell’aceto. Il vino più proprio per far l'aceto è quello che si cava vicino alla feccia, quale è forte, ed acido senza aver fiori; allorché l’aceto non fosse abbastanza colorito, vi aggiugnerete un poco di sugo di more salvatiche ben mature. L'aceto bianco si fa col rosso; per farlo metterete al fuoco dieci pinte di aceto, e fatelo bollire finché siano ridotte ad otto pinte, indi fatelo distillare in un alembicco secondo la quantità che ne vorrete. Per far l’aceto rosato fate seccare due giorni al sole un’oncia di rose muscate, che metterete in una pinta d’aceto, quale poscia esporrete al sole per quindeci giorni in un’ampolla bene otturata; quello di serpentaria, di fior di garoffani, e di sambuco si fa nello stesso modo: per quello poi di fior di cedro vi si mette la foglia senza essere seccata: quello d’aglio per ogni oncia vi bisogna quattro pinte d’aceto bianco, dodici garoffani, ed una noce moscada tagliata in pezzetti.

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Prendete la quantità d’uva che volete, premete le grane nella caldaia, in cui la volete far cuocere, mettendola ad un fuoco chiaro, ed a misura che bollirà, con una mestola levate tutti gli acini, lasciandola indi bollire finché sia ridotta al terzo, diminuendo il fuoco a misura che divien spessa, volgetela soventi con una spatola di legno acciò non si abbrucci, indi ritiratela, e fatela passare per un pannolino bianco, premendola bene colle mani; ciò fatto rimettetela sul fuoco per farla ancora un poco bollire, volgendola continuamente finché abbia preso una sufficiente consistenza, indi levatela dal fuoco, e mettetela subito ne’ vasi. Quando sarà mezza fredda mettetela ne’ vasi, che lasciarete scoperti per cinque o sei giorni, indi copriteli con carta, osservandola quando la carta si ammuffirà per cambiarla, finché sia svaporata tutta l’umidità; poiché allora se sarà bene cotta non si guasterà più la carta, altrimenti vi converrà farla cuocere ancor un poco, indi la coprirete. Alcuni mettono con l’uva delle pera pelate, e tagliate in piccoli pezzi, o de’ cotogni, i quali bisogna far cuocere a metà prima di metterli nell’uova.

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Pelate le pera, raschiatele un poco la coda, e tagliatele l’estremità, mettendole nell’acqua fresca, dopo fatele bollire finché pieghino sotto il dito, ritiratele poscia con la schiumora nell’acqua fresca; quando che saranno sgocciolate per ogni cinquanta pera mettete una libbra di zuccaro in due pinte d’acqua, e liquefatto che sia vi metterete le pera, lasciandole per due ore; indi aggiustatele sopra dei craticcioni con la coda in alto, e lasciatele stare una notte nel forno che sia tepido, come resta dopo levato il pane: la mattina seguente immergetele di nuovo nel zuccaro, rimettendole nella stessa maniera nel forno, il che continuarete a fare per quattro giorni, e l’ultima volta non ritiratele prima che siano affatto secche. Si possono conservare lungo tempo in un luogo secco.

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Si fanno nello stesso modo, come di sopra si è detto delle albicocche all’acquavita.

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Imbianchitelo, e fatelo cuocere con alquanto di brodo, mezzo bicchiere di vin bianco, un mazzetto guernito di erbe fine, sale, e pepe, aggiustatelo poscia sul piatto, volgendo la pelle sui canti, per lasciare le cartilagini scoperte, versatevi sopra una salsa all’alemanna, fatta con suco colato, cappari, alice, due fegati di volatile cotto, prezzemolo imbianchito, una carotola, il tutto ben fino; fatelo bollire poco, aggiungendovi alquanto di pepe rotto. Se volete una salsa più semplice, prendete la cottura del petto disgrassata, e passata allo staccio, mettetevi del butirro grosso come una noce unito con farina, ed un pugno di prezzemolo imbianchito, e fate unire al fuoco.

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Fatelo cuocere in una buona braise ben condita, e servitelo colla salsa, od intingolo, che vi piacerà.

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Tagliatelo in pezzi larghi un dito, e fatelo imbianchire, e cuocere con buon brodo, mezza libbra di ventresca tagliata in fette, un mazzetto di erbe fine, un baccello d’aglio, poco sale; nello stesso tempo fate cuocere mezza libbra di lenti, o di piselli secchi con acqua, o brodo; quando sono ben cotti, spremetene il suco per mezzo della stamigna; se il suco è di piselli, prima di colarlo prendete un pugno di spinacci cotti all’acqua, premuti, e pesti, e metteteli coi piselli, affinché il suco resti verde, indi colateli, bagnandoli con la cottura delle cartilagini; prima di mettere le cartilagini, e la ventresca fate ridurre il suco, se è troppo chiaro, e servite in una terrina.

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Tagliatelo in pezzi larghi un dito, fatelo per un momento imbianchire all’acqua bollente, poi mettetelo a cuocere con brodo, ed un mazzetto guernito, sale, e pepe; quando sarà cotto riducete la salsa, che resti attaccata alla carne; appresso ritirate la carne dalla casseruola sopra d’una assietta, lasciandola raffreddare, indi bagnate ciascun pezzo in uova sbattute come una frittata; copriteli con pane grattugiato, fateli friggere, e colorire, servendoli guerniti di prezzemolo fritto. Potete fare lo stesso con un petto in intingolo, che sia già stato servito, e coll’avanzo d’una fricassea di polastri, o di piccioni.

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Tagliatelo, senza distaccarne la pelle, e mettete tra questa, e le cartilagini la farsa di carne che istimerete a proposito, cucite la pelle, acciò la farsa non esca; fate cuocere il petto allo spiedo, o alla braise, e servitelo con una salsa, o intingolo di legumi, ai piccoli piselli, ai cocomeri, od altro simile.

Pagina 94|95

Si mette in fricassea di polastri tagliato in pezzi, e lavato nell’acqua, poi imbianchitelo, passatelo al fuoco con un pezzo di butirro, un mazzetto guernito, con fonghi, aggiugnete un pugno di farina bagnata con brodo. Quando sarà cotto, e disgrassato, unitelo con tre rossi d’uova stemprati con latte, ed in servendo mettetevi un poco d’agresta. Si serve ancora coi cavoli, alla ventresca, ed allora tagliatelo in pezzi, facendolo imbianchire, con fare ancora imbianchire un cavolo, ed un pezzo di ventresca tagliato in fette, appresso infilzate ciascun pezzo, e fate cuocere tutto insieme con buon brodo; non vi mettete sale. Quando il tutto è cotto, ritirate il cavolo, e la carne, che aggiustarete in una terrina da servire; disgrassate il brodo in cui è cotta la carne, mettete alquanto di suco colato, e fate ridurre la salsa se è troppo lunga; servitela nella terrina sopra la carne. Voi potete altresì servirla in fricandeau, o cotta alla braise con un intingolo di punte di sparagi; le cartilagini sono ottime coi piccoli piselli.

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Prendete un petto di vitello, tagliatelo in pezzi come il precedente, oppure lasciatelo intiero, fate del rosso con del butirro, ed un cucchiaio di farina; quando sarà di bel colore, aggiugnetevi un boccale d’acqua, o brodo, ed in seguito il pezzo di vitello, che farete cuocere a lento fuoco; condite con sale, pepe, ed un mazzetto guernito, con mezzo cucchiaio d’aceto: quando la carne sarà cotta disgrassate la salsa, e servite a corta salsa. Tutti gli altri pezzi possono aggiustarsi nella stessa maniera col rosso. I piccioni col rosso si servono nella stessa maniera, oppure si può servire il petto marinato, e fritto, tagliando i pezzi larghi un dito, mettendoli in una casseruola con del butirro unito con un cucchiaio di farina, sale, pepe, aceto, prezzemolo, cipollette, timo, lauro, basilicò, tre garoffani, una cipolla, delle radici, ed acqua; fate intiepidire la marinata al fuoco, volgendola di continuo, indi mettete la carne, e lasciatela bagnare due, o tre ore; poi ritiratela per asciugarla, ed infarinarla; fatela poi friggere, e quando è cotta servitela guernita di prezzemolo fritto. Ogni sorta di marinata si fa nella stessa maniera come quella dei polastri, conigli ec. dopo di averli tagliati in pezzi.

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Prendete qualunque carne di beccaria, o pollame cotta allo spiedo, tagliatela minutamente, e mettetela nella casseruola con un pezzo di butirro, prezzemolo, cipollette, due carotole trite; passate tutto al fuoco, aggiugnendovi un pugno di farina bagnato con mezzo bicchiere di bròdo, altrettanto di suco, sale, e pepe; fate bollire per un quarto d’ora, mettete poscia la carne, per farla scaldare, senza che bolla, se poi fosse dura, fatela bollire almeno un’ora a fuoco lento, e per unire la salsa aggiugnete alquanto di suco colato oppure due pugni di pane grattugiato ben fino: in servendo mettetevi d’intorno delle croste di pane fritto, come si suol fare a’ spinacci.

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Fate un intingolo di piccioni; quando è condito di buon gusto, e freddo mettetelo in una casseruola, come spiegheremo nel capitolo della pasticcieria, in cui troverete ogni sorta di timbale.

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Prendete cinque piccioli piccioni bene aggiustati, mettete li loro fegati da parte; fateli imbianchire, poi mettete nella stessa acqua cinque belle lattughe arrotondite, e fatele bollire alquanto, ritirandole poscia nell’acqua fresca, premetele, ed apritele in due senza distaccarne le foglie; mettete di sopra una piccola farsa fatta con li fegati dei piccioni, prezzemolo, cipollette, cinque, o sei foglie di serpentaria, alquanto di cerfoglio, il tutto ben fino, e mescolato con butirro, o lardo raschiato, sale, e pepe rotto, ed unito con due rossi d’uova; mettete indi un piccione su ciascuna foglia, ed inviluppatelo in maniera che non si vegga; legateli, e metteteli a cuocere per un’ora a lento fuoco in brodo alquanto grasso con un mazzetto guernito, asciugateli poscia con un pannolino, levate loro il filo, e serviteli con sopra un buon sugo colato di vitello; passate la salsa alla stamigna, togliete il grasso, e fatela ridurre, aggiugnendovi alquanto di butirro unito con farina, e due rossi d’uova; fate unire al fuoco, non lasciando bollire, e servite li piccioni inviluppati nelle lattughe.

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Prendete dei piccoli piccioni, votateli, ed aggiustate loro le zampe nel corpo, fateli cuocere in una braise come la lingua di bue, mettendovi alquanto più di basilicò, cotti che saranno ritirateli, lasciandoli raffreddare, poscia immergeteli in due uova sbattute, come per una frittata, copriteli con pane grattugiato, e fateli friggere, servendoli guerniti di prezzemolo fritto.

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Prendete de’ piccoli piccioni appena nati, pelateli, votateli, lasciate loro le ale, la testa, e le zampe; passate a traverso delle coscie di ciascheduno un piccolo spiedo affinché non s’allontanino mentre li farete imbianchire per un momento nell’acqua bollente, poi fateli cuocere nella casseruola con un bicchier di vin bianco, un mazzetto guernito, ed un poco di butirro: asciugateli, e lasciateli raffreddare per immergerli poscia in una pasta, e farli friggere, e colorire. Serviteli caldi con all’intorno del prezzemolo fritto. La pasta si fa mettendo nella casseruola due pugni di farina, sale pesto, un poco d’aglio, stemprando a poco a poco con vino bianco finché sia né troppo chiara, né troppo spessa, acciò fili versandola dal cucchiaio.

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Puliteli, votateli, ed aggiustate loro le zampe nel corpo, fateli imbianchire per un momento, poi ritirateli all’acqua fresca; metteteli in una casseruola con un mazzetto guernito di funghi, l’ochio di carcioffolo tagliato in quattro, e mezzo cotto, sale, e pepe; quando saranno cotti aggiugnete alquanto di sugo colato, e servite a corta salsa; se non avete sugo mettete un’unione di tre rossi di uova stemprati con brodo, ed alquanto di prezzemolo trito.

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Prendete dei buoni piccioni, aggiustate loro le zampe al di dentro, se sono grossi tagliateli in due, se piccioli tagliateli di dietro, ed appianateli senza loro rompere troppo le ossa, fateli marinare con olio fino, sale, pepe rotto, prezzemolo, e cipollette, e funghi, il tutto triturato; lasciateli condire il più che potete, e coprite con pane grattugiato; metteteli alla graticola, bagnandoli con l’avanzo della loro marinata; fateli cuocere, e colorire a piccol fuoco, indi serviteli con questa salsa: mettete una cipolla tagliata in un mortaio con dell’agresto, pestate bene tutto insieme per far uscire il sugo più che potrete da mettere con brodo, sale, e pepe rotto; fate scaldare, e servite sotto i piccioni. I medesimi piccioni si servono anche senza agresto, con un’altra salsa chiara, alquanto piccante; in vece dell’olio si può altresì mettere butirro, o grasso.

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Aggiustate tre piccioni come li precedenti, ed appianateli un poco con il coltello; metteteli nella casseruola con due cucchiai d’olio, un bicchiere di brodo, sale, pepe rotto, e due foglie di lauro; fateli bollire adagio sopra della cenere calda; quando sono cotti aggiustateli nel piatto da servire, asciugandoli dal grasso; levate altresì il grasso della salsa, ed il lauro, ed aggiugnete un’acciuga triturata, tre cipolline, un pugno di cappari; il tutto tagliato, ed un poco di noce moscada unita con sugo, ed un pugno di farina, fate unire al fuoco, e servite sopra de’ piccioni.

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Spiumate e votate dei piccoli piccioni, lasciate loro le zampe, e fateli riffare leggermente al fuoco, indi metteteli in una casseruola con butirro, prezzemolo, cipollette, funghi, un baccello d’aglio, il tutto triturato, sale, e pepe rotto; indi metteteli con tutto il loro condimento in un’altra casseruola, con al fondo delle fette di vitello imbianchite per un momento all’acqua; aggiugnete un mezzo bicchiere di vin bianco, e copriteli con fette di lardo ed un foglio di carta bianca; mettete un coperchio sopra la casseruola, e lasciateli cuocere a fuoco lento; levate poscia il grasso della cottura, e mettete un poco di sugo colato per unirla, e servitela sopra de’ piccioni.

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Prendete tre grossi piccioni pelati, e votati, lasciate loro i fegati, ed aggiustateli le zampe nel corpo; fateli rifare, e mettete in una casseruola alquanto di butirro unito con due pugni di farina, del prezzemolo in branchi, cipollette intiere, due cipolle in fette, de’ pezzi di carotole, e pastinache, un baccello d'aglio intiero, tre garoffani, sale, pepe, una foglia di lauro, timo, e basilicò; bagnate con un bicchiere di latte, fate bollire, indi mettetevi li piccioni per farli cuocere lentamente per un’ora; quando sono cotti ritirateli per asciugarli, levate il grasso della Sainte Menehoult, e mettetelo su di una assietta, immergetevi dentro li piccioni, e coperti con pane grattugiato fateli colorire alla graticola, bagnandoli con l’avanzo del grasso: servite a secco. Mettete una salsa alla remoulade nel vaso da salsa, e la maniera di farla la troverete nel capitolo XX delle salse.

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Sono piccioli piccioni cotti fra due fette di lardo, con un poco di brodo, una fetta di citrone, un mazzetto guernito, servonsi anche con animelle di vitello ghiacciati come il fricandeau.

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Dopo d’averli bene aggiustati, e fatti imbianchire, tagliateli sopra la schiena per appianarli alquanto; metteteli poi in una casseruola con i loro fegati tagliati, un pezzo di butirro unito con un buon pugno di farina, sale, pepe rotto, funghi, cipollette, prezzemolo, mezzo baccello d’aglio, il tutto tagliato ben fino, mezza foglia di lauro, timo, e basilicò in polvere, fare cuocere per mezz’ora al fuoco, aggiugnendo poi mezzo bicchiere di vin bianco con altrettanto brodo; fate terminare di cuocere, levate il grasso, e servite a corta salsa per entrée.

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Prendete tre, o quattro piccioni mezzani imbianchiti, e votati, tagliateli un poco sopra la schiena per allargarli lo stomaco, e fateli cuocere con alquanto di buon brodo, un bicchier di vin bianco, un mazzetto guernito, sale, e pepe; poi mettete in una casseruola una dozzina di gambari con funghi, e butirro: passate il tutto al fuoco, aggiugnendo un pugno di farina che bagnarete con la cottura dei piccioni passata alla stamigna; fate bollire l'intingolo finché non vi resti più salsa, aggiugnete un’unione di tre rossi d’uova con crema, alquanto di noce moscada, un piccolo pugno di prezzemolo trito; fate unire al fuoco, volgendo sempre, e non lasciando bollire; asciugate i piccioni, ed aggiustateli nel piatto con sopra l'intingolo de’ gambari.

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Tagliate la testa, e le zampe delle testuggini, e fatele cuocere con vino bianco, brodo, un mazzetto guernito, indi levate loro la scorza, e l’amaro, e metteteli in un intingolo di piccioni condito di buon gusto.

Pagina 222

Prendete tre, o quattro piccioni imbianchiti, aggiustate loro le zampe, e se sono grossi tagliateli in due, mettendoli in una casseruola con del butirro, una libbra di piselli, un mazzetto di prezzemolo, e cipollette, mettete tutto al fuoco con un pugno di farina, che bagnarete con un bicchiere d’acqua; fate cuocere a lento fuoco; quando sono cotti, e non vi è più salsa, aggiugnete alquanto di sale, con un’unione di due uova con crema; fate unire al fuoco, non lasciando bollire, e servite a corta salsa. Se volete metterli in rosso, mettete un poco più di farina, e bagnate con metà sugo, e metà brodo, lasciate cuocere, e ridurre finché vi sia più poca salsa, e ben unita, ed un momento prima di servire mettetevi del sale con alquanto di zuccaro.

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Tagliate il tenero di piccoli sparagi, del peso di una libbra e mezza, metteteli in acqua fresca per lavarli, indi fateli imbianchire mezzo quarto d’ora all’acqua bollente, ritirati poscia, ed asciugati, aggiustateli nella stessa maniera de’ piccioni con li piccoli piselli, aggiugnendo però nel mazzetto alquanto di sevoreggia con due garoffani.

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Prendetene di quei che siano già stati serviti, tagliateli per metà, e fateli condire, indi raffreddati immergeteli in una pasta fatta con farina, vin bianco, un cucchiaio d’olio, e sale; fateli friggere, e serviteli guerniti di prezzemolo fritto.

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Prendete tre, o quattro grossi piccioni piumati, abbrustoliti, e votati, aggiustate loro le zampe nel corpo, piccateli di lardo, metteteli in una pentola con un mazzetto di prezzemolo, cipollette, un baccello di aglio, timo, basilicò, una pastinaca, due garoffani, una foglia di lauro, una carotola, due cipolle, alquanto di butirro, sale, e pepe, bagnate con un bicchier di vin bianco, ed altrettanto brodo, e fate cuocere lentamente, passate la salsa alla stamigna, e fatela ridurre, aggiugnendo un mezzo cucchiaio d’agresto, ed alquanto d’aceto; servite sopra li piccioni.

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Prendete cinque piccoli piccioni imbianchiti, aggiustate loro le zampe nel corpo, e fateli cuocere per mezz’ora con un poco di brodo, mezzo bicchier di vin bianco, ed un mazzetto guernito; lasciateli poi raffreddare, e fate una farsa con della coscia di vitello, grasso di bue, mollica di pane secco, latte, o crema, prezzemolo, cipollette, funghi tagliati, sale, e pepe, unite con tre rossi d’uova, ed i bianchi sbattuti; inviluppate ciaschedun piccione in questa farsa, coprendolo poscia con un pezzo di reticella che unirete con un uovo sbattuto; copriteli con pane grattugiato, e fateli colorire, sopra mettendo un coperchio di tortiera che lascierete mezz’ora con piccol fuoco, affinché la farsa abbia tempo di cuocere; asciugateli poscia del grasso, e serviteli con la salsa della cottura de’ piccioni disgrassata, e passata alla stamigna con un poco di sugo colato per unirla.

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Piccateli tutto al di sopra con lardo fino, e fateli cuocere, e ghiacciare come il fricandeau di vitello alla cittadina pag. 107.

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Prendete un intingolo di piccioni già stato servito, mettetevi dentro un pezzo di butirro, e fatelo scaldare, e per far meglio aggiugnete due, o tre rossi d’uova; indi metteteli in piccoli spiedi tutti coperti di salsa, e di pane grattugiato, e fateli colorire alla graticola, servendoli senza salsa.

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Fate un intingolo come quello de’ piccioni alla cittadina. Quando l’avrete ridotto a corta salsa mettetelo a raffreddare; indi prendete il piatto che dovete servire che resista al fuoco, e metteteli nel fondo una buona farsa di carne; aggiustate l’intingolo di piccioni sopra, e copritelo con la medesima farsa, in maniera che non si vegga, unendo con un coltello bagnato in uovo; coprite con pane grattugiato, e fate cuocere sopra mettendo il coperchio di tortiera finché sia colorito; levate il grasso, e servite con sopra una buona salsa di sugo chiaro.

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Tagliate de’ grossi piccioni in quattro pezzi, e li mezzani per metà, e fateli cuocere come la fricassea di pollastri pag. 172.

Pagina 220

Prendete dei piccioni mezzani bene aggiustati, metteteli in una casseruola con butirro, una dozzina di piccole cipolle bianche cotte in acqua per mezzo quarto di ora, e pelate; aggiugnete quattr’oncie di ventresca tagliata in fette, un mazzetto guernito, un pugno di farina che bagnerete con metà brodo, e metà vin bianco; quando li piccioni saranno cotti, e vi resti poca salsa, aggiugnete un'unione di tre rossi d’uova con un poco di latte, ed in servendo alquanto d’aceto. Voi potete altresì aggiustarli come i piccioni cauçhois, ed i piccioni di colombara.

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Vedete il capitolo XVII de’ pasticci.

Pagina 222

Tagliateli in pezzi, e fateli cuocere con mezzo bicchier di vin bianco, alquanto di brodo, un mazzetto guernito, sale, e pepe, e serviteli con una salsa alla spagnuola che troverete nel capitolo delle medesime.

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Tagliateli per metà, e fateli cuocere come i pollastri con i piccoli piselli.

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Fateli cuocere come li precedenti, lasciando però le erbe fine intere, ed in mazzetto; serviteli sopra di una crosta fatta come quella delle quaglie con la crosta.

Pagina 242

Prendete due o tre conigli teneri, spogliati, e votati, tagliate loro i fegati per farne una farsa con del lardo raschiato, un poco di butirro, e della midolla di bue, prezzemolo, cipollette, dell’erba savoreggia tagliata, sale, e pepe rotto: unite questa farsa con tre rossi d’uova, e mettetela nel corpo de’ coniglietti che cucirete, e farete rifare sopra la brace. Tagliate delle file di mollica di pane della lunghezza de’ coniglietti, ed altrettante file di lardo, coprite tutto il corpo de’ coniglietti mettendo una fila di pane, ed un’altra di lardo, di modo che non si vegga altro che la testa, inviluppateli in carta ben unta con butirro, e fateli cuocere lentamente allo spiedo; quando saranno cotti, ed il pane abbrustolito levate la carta, e serviteli con il pane, il lardo, ed il sugo della sua cottura, aggiugnendo un poco d’aceto. Serviteli per entrée.

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Prendete l’avanzo di un piccolo coniglio arrostito, già stato servito, levategli tutta la carne, e tagliatela insieme con alquanto di montone arrostito: prendete le ossa del coniglio, e tagliateli in piccoli pezzi; metteteli nella casseruola con butirro, cipolline, mezzo baccello d’aglio, timo, lauro, e basilicò; passare tutto al fuoco con un buon pugno di farina, bagnando con un bicchier di vin rosso, ed altrettanto brodo; fate bollire lentamente per mezz’ora, indi passate la salsa alla stamigna, mettetevi dentro la carne tagliata con sale, e pepe rotto; fate scaldare senza lasciar bollire, e servite caldo per hors d’oeuvre. Potete guernire l’hachis con delle croste fritte, come quella de’ spinacci.

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Tagliateli in pezzi, e fateli cuocere con mezzo bicchier di vin bianco, brodo, un mazzetto guernito, sale, e pepe rotto; quando sono cotti riducete la salsa, e fatela attaccare alla carne, metteteli a raffreddare, poi infilzateli in piccoli spiedi, ed immergeteli in uovo sbattuto; copriteli di pane grattugiato, bagnate con grasso per ricoprirli di nuovo; fateli colorire alla graticola, e serviteli a secco con li spiedi.

Pagina 243

Disossateli affatto, ed aggiustateli come il porco da latte in galantina, capitolo V. Quando saranno cotti se volete servirli per entrée ritirateli caldi, ed asciugati dal loro grasso, e serviteli con la salsa alla spagnuola: d’ordinario si servono per tramesso freddi, ed allora lasciateli raffreddare nella loro cottura come abbiamo detto del porco da latte.

Pagina 242|243

Prendete un coniglio tenero, tagliatelo in pezzi, e fatelo marinare con prezzemolo, cipollette, funghi, un baccello d’aglio, il tutto triturato, sale, pepe rotto, ed olio fino; inviluppate ciascun pezzo col condimento, una fetta di lardo, in un foglio di carta bianca unta con butirro, od olio; fate cuocere lentamente alla graticola, mettendo un altro foglio di carta unta di sotto. Servite con la carta.

Pagina 241

Fate un intingolo bene unito di un coniglio tagliato in pezzi con un’animella di vitello, e funghi; quando è cotto e freddo prendete una farsa fatta come quella del pane di vitello al cap. IV, e finite il polpettone di coniglio pure come il pane di vitello.

Pagina 243

Farete de’ piccoli pasticci ordinari che si fanno colla pasta sfogliata, prendete un poco di coscia di vitello, ed altrettanto di midolla, o grasso di bue, che triturarete bene insieme, mettendovi prezzemolo, cipollette, e funghi, il tutto triturato, due uovi intieri, pepe, e sale; stemprate questa farsa con sei oncie di fior di latte; gustando se è buona, indi prendete delle forme per i piccoli pasticci, mettendovi dentro della pasta spessa come uno scudo, e sopra la pasta aggiustatevi la farsa, coprendola con altrettanta pasta; indorateli sopra, come si è detto nel precedente, fateli poi cuocere al forno, e servite caldamente. Questi medesimi pasticci per farli delicati, mentre cuocono prendete del bianco di pollame cotto allo spiedo, trituratelo fino; mettete in una casseruola circa un boccale di buon brodo, un piccolo mazzetto di erbe fine, ed un poco di butirro, riducendo il brodo al quarto, allora levateli il mazzetto, ed in vece mettetevi il bianco di pollame triturato con alquanto di sale; fate scaldare senza bollire, e mettetevi un’unione di tre rossi d'uova fatta con fior di latte: fate legare sopra del fuoco, mettendovi appresso del sugo di citrone; essendo ritirati dal fuoco i pasticci togliete a ciascuno il di sopra, e levateli la carne di dentro, ed in luogo di detta carne, o farsa, mettetevi dell’intingolo di bianco di pollame un cucchiaio per ciascheduno, rimettendovi sopra ciaschedun pasticcio il suo coperto, e serviteli più caldamente che potrete.

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Prendete una libbra e mezza di piccoli piselli ben lavati, che metterete in una casseruola con un pezzo di butirro, un mazzetto di prezzemolo, e cipollette, una lattuca rotonda tagliata in quattro. Fateli cuocere nel loro sugo a piccol fuoco per un’ora e mezza. Quando sono cotti, e che non vi resta quasi più salsa v’aggiugnerete un poco di zuccaro, e sale fino, indi vi metterete un’unione fatta con due rossi d’uova stemprati con sufficiente quantità di crema, si unisca il tutto al fuoco, poi si serva. Alcuni si servono semplicemente senza aggiugnervi le uova, e la crema, con una salsa corta.

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Tagliate ciascun piede in tre pezzi, dopo di averli fatti cuocere nell’acqua e ben pelati, metteteli in una casseruola con altrettanti cocomeri tagliati in grossi dadi, che marinarete per un quarto d’ora con un cucchiaio d’aceto, ed alquanto di sale; premeteli bene colle mani, poi mettetevi un pezzo di butirro, ed un mazzetto guernito; passate il tutto al fuoco, mettendovi un pugno di farina bagnata nel brodo, lasciate bollire a piccolo fuoco, finché i cocomeri siano cotti, e non vi sia più salsa; allora mettete tre rossi d’uova stemprati con crema, fate unire la salsa al fuoco che bolla; prima di servire gustate se vi è abbastanza di sale, ed aceto, ed aggiugnetevi un poco di pepe rotto.

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Fateli cuocere, e condire come abbiamo detto dei piedi di montone in diverse maniere, ed in vece della salsa mettetevi un intingolo di cocomeri.

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Fateli cuocere al solito, e lasciateli raffreddare, poscia immergeteli in uova sbattute, per coprirli poi di pane grattugiato; fateli friggere nel grasso finché siano coloriti, e serviteli guerniti di prezzemolo fritto. I piedi farsiti si fanno nella stessa maniera, con questa differenza, che quando sono freddi, voi metterete intorno a ciascun piede una salsa ben unita con uova, immergendoli poscia in uova, per coprirli di pane grattugiato.

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Prendete dodici piedi di montone cotti all’acqua, mettendoli in una casseruola con brodo, un cucchiaio d’agresto, sale, pepe, qualche fetta di cipolla, un baccello d’aglio, una radice tagliata in fette, fate bollire mezz’ora per darli gusto; quando che saranno cotti, e sgocciolati cavatene le ossa, mettendovi in vece altrettanta mollica di pane tagliata in lunghezza, e grossezza delle ossa; poi così tagliata fatela passare al fuoco con butirro. Serviteli con salsa piccante per hors d’oeuvre.

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Dopo d’averli fatti imbianchire nell’acqua, pelateli, e levateli l’osso grosso, poi metteteli in una casseruola con un buon pezzo di butirro, ed un mazzetto guernito, e lasciateli al fuoco, quando saranno cotti, e ridotta la salsa, disgrassateli, mettendovi tre rossi d’uova stemprati con latte, o crema, fatela unire al fuoco, e servendo mettetevi alquanto di sugo di citrone, ed aceto.

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Cotti che saranno toglieteli l’osso grosso, metteteli nella casseruola con buon butirro, un mazzetto guernito, brodo, sugo colato, sale, e pepe, fateli bollire finché la salsa sia quasi ridotta; quando sarete vicini a servire, mettetevi dentro la vostra ravigotte composta d’ogni sorta di fornitura d’insalata, come cerfoglio, pimpinella, porcellana, ecc., fate imbianchire il tutto mezzo quarto di ora al più, ritiratele dall’acqua, premetele, triturandole finamente, e servitele nell’intingolo, avvertendo che la salsa non sia né troppo chiara, né troppo densa, e condita di buon gusto. Serviteli per hors d’oeuvre.

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Quando saranno imbianchiti nell’acqua levateli l’osso grosso, mettendoli poscia in una casseruola con un buon pezzo di butirro, prezzemolo, cipolletta, una punta di aglio triturata, sale, e pepe; fate cuocere, finché non vi sia più salsa; alla fine volgeteli, acciò non s’attacchino; quando saranno raffreddati immergeteli nel resto della salsa, coprendoli con pane grattugiato, fateli arrostire, e serviteli a secco, o con una salsa chiara, e piccante. Serviteli per hors d’oeuvre.

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Fateli cuocere nell’acqua, poscia metteteli a condire in una casseruola con un bicchiere di vin bianco, tre cucchiai di brodo, altrettanto sugo colato, un mazzetto di prezzemolo, cipollette, un mezzo baccello d’aglio, due garoffani, sale, e pepe rotto, fateli bollire a lento fuoco, e ridurre a corta salsa; toglieteli il mazzetto, e serviteli su d’una crosta come quello delle lingue di montone pag. 157.

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Pigliate della cipolla tagliata in fili, mettendola in una casseruola con butirro, facendola cuocere a metà, mettendovi poscia i piedi di montone mondati, e tagliati in tre, aggiugnetevi del brodo, alquanto di sugo colato, condite di sale, e pepe; quando sarà cotto l’intingolo aggiugnetevi della mostarda, con alquanto d’aceto, e servite in salsa corta. Per hors d’oeuvre.

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Prendete dodeci piedi di montone cotti, metteteli nel brodo con sale, pepe, una foglia di lauro, timo, basilicò, un baccello di aglio, fateli cuocere a lento fuoco per mezz’ora, poi ritirateli, levandoli le ossa il più che potrete, in luogo de’ quali farete entrare una farsa così fatta. Triturate un piccolo pezzo di carne cotta, con altrettanto grasso di bue, alquanta mollica di pane bagnata con latte, condite di sale, pepe, prezzemolo, e cipollette tagliate, unite con tre rossi d’uova; dopo che i piedi saranno farsiti, se li volete fritti immergeteli nell’uova sbattute, coprendoli con pane grattugiato, facendoli friggere, e servendoli; se volete servirli, senza farli friggere, immergeteli in butirro caldo, coprendoli con pane grattugiato, fateli arrostire alla graticola, e fateli prender colore sul piatto da servire, coprendolo con un coperchio da tortiera, con fuoco sopra, sgocciolando il grasso se ve n’è; servendo nettate i bordi del piatto; vi si può aggiugnere una salsa di sugo chiaro, se più piace.

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Dopo di averli fatti cuocere come sopra prendete il piatto da servire, che resista al fuoco, mettetevi nel fondo una farsa di carne ben condita, e di buon gusto, aggiustandovi sopra i piedi, coprendoli con la medesima farsa, uniteli di sopra con un coltello bagnato nell’uova sbattute; copriteli in seguito con pane grattugiato, mettendoli a cuocere a piccol fuoco finché siano coloriti; toglietene il grasso, e servite nel fondo una salsa piccante chiara, che sarà la prima, che voi troverete all’articolo delle salse.

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In qualunque maniera li vogliate aggiustare, fateli sempre cuocere nell’acqua: quando saranno ben cotti levate l’osso della gamba, lasciando il piede intiero; se volete servirli con salsa, dopo d’averli pelati metteteli in una casseruola con un pezzo di butirro, brodo, un mazzetto guernito, sale, e pepe; fateli bollire a lento fuoco per una mezz’ora; quando saranno abbastanza cotti metteteli su di un pannolino, per asciugarli dal loro grasso, e poscia aggiustateli sul piatto da servire, con porvi sopra una salsa a vostro gusto di quelle, che troverete nell’articolo delle salse.

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Le rosolate si possono fare con ogni sorta di farsa, come quella de’ piccoli pasticci; voi potete ancor farle coll’avanzo di carne cotta allo spiedo, e tagliata in pezzi grossi come un pisello, passatele al fuoco con un buon pezzo di butirro, prezzemolo, cipollette tagliate, aggiugnete un pugno di farina, bagnate con un poco di brodo, sale, e pepe, fate ridurre a corta salsa, finché sia unita, di maniera che s’attacchi alla carne, e lasciate raffreddare; fate una pasta di farina, butirro, acqua, e sale fino, riducetela alla sottigliezza d’un paolo, mettetevi la carne di sopra in distanza d’un dito un pezzo dall’altro; bagnate la pasta tutto all'intorno della carne, rivolgendo un coperchio di pasta sulla carne, simile a quello di sotto, e bagnate leggermente, unitene tutti i bordi: tagliatele poscia collo sperone, o pure col cortello, e fatele friggere, e colorire, e servitele per hors d’oeuvres. In Franzese Rissoles.

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De’ piccoli fagiuoli verdi.

Prendeteli verdi quando ne vorrete confettare, e scieglieteli ben teneri con poche fila, mondate le punte, indi metteteli a cuocere per un quarto d’ora nell’acqua bollente, poi ritirateli nell’acqua fresca per lasciarli ivi raffreddare, lasciandoli sgocciolare; ben asciutti si pongono ne’ vasi a ciò destinati ben propri, indi mettetevi della salamoia sopra; poi vi si versi del butirro liquefatto, il quale sta di sopra alla salamoia, ed impedisce che li fagiuoli prendino l’aria, indi mettete i vasi in un luogo né troppo umido, o freddo, né troppo caldo, si chiudono bene con carta forte, e non apriteli se non nel bisogno.

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Ben mondati, e cotti un quarto d’ora, ed asciutti infilzateli con un ago in filo, attaccandoli al solaio in luogo asciutto, e si conservano in questa maniera lungo tempo, e quando volete servirvene immergeteli nell’acqua tepida sino che abbiano ripigliata la loro primiera verdura, e vigore: poscia fateli cuocere nell’acqua, ed aggiustateli come si è detto de’ fagiuoli verdi. Circa alli fagiuoli confettati messi nella salamoia quando vi servirete lavateli, poi fateli cuocere nell’acqua, e serviteli come i fagiuoli verdi.

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Tavola di 12 coperti per cenare servita a 5 Primo servizio Una coscia di castrato arrostita per il mezzo. Quattro entrées. 1. Di coste di vitello alla lyonnoise. 1. Di una coda di bue in matelotte. 1. Di una anitra alle rape. 1. Di due pollastri alla gibelotte. Secondo servizio 1. Insalata per il mezzo. Due piatti d’arrosto. 1. Di un pollo d’india. 1. Di un anitrino. 1. Assietta di melarancia. 1. Assietta con una remoulade in un vaso da salsa. Terzo servizio Cinque tramessi. 1. Di talmouse sorta di pasticceria per il mezzo. 1. Di uova al lardone. 1. Di cardi di Chieri. 1. Di fritelle di pasta. 1. Di crema abbruciata. Frutta. Quarto servizio 1. Di formaggio ghiacciato per il mezzo, o un piatto di frutta cruda. 1. Composta di pomi alla portoghese. 1. Composta di persichi. 1. Assietta di confetture. 2. Assiette di noci fresche. 1. Assietta di uva.

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Tavola di dieci coperti per cenare servita a 5 Primo servizio Un pezzo di carne di beccaria arrostita per il mezzo. Due entrées. 1. Di torta di vitello battuta. 1. Di una pollastra. Due hors d’oeuvre. 1. Di carne trita di conigli, o altra vivanda cotta. 1. Di tre lingue di montone in papillotes. Secondo SERVIZIO a 7 1. Tramesso di piccioli pasticci per il mezzo. Due piatti d'arrosto. 1. Di due pollastri alla Regina. 1. Di un leprotto. Due tramessi caldi 1. Di piccoli piselli. 1. Di crema alla Maddalena. Due insalate. 1. Di latughe romane. 1. Di melarancia. Frutta. Terzo servizio 1. Di 12 persichi per il mezzo. 1. Di cirieggie. 1. Di prune. 1. Di formaggio alla crema. 1. Di ciambelle. 1. Assietta di more.

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Tavola di 15, o 20 coperti a pranzo Primo servizio Un sourtout per il mezzo, il quale resta per tutto il servizio. Due minestre ai due lati. 1. Di riso. 1. Di legumi. Quattro hors d’oeuvre a canto del sourtout. 1. Una lingua di bue. 1. Di pasticci di frezza di vitello. 1. Di sanguinacci di coniglio. 1. Di filetti d’agnello in blanquette. Quattro entrées per i quattro cantoni della tavola. 1. Di riso, o coda di montone al riso. 1. Di una torta di beccaccia. 1. Di sei piccoli piccioni arrostiti con una salsa al butiro. 1. Di due pollastri arrostiti serviti con intingolo di tartuffi. Secondo servizio Due rilievi per le minestre. 1. Di un pezzo di vitello con una salsa trita guernita di pane arrostito all’intorno. 1. Di una longia di vitello arrostita con una salsa piccante. Terzo servizio Arrosto, e tramesso assieme servito a 13. Quattro piatti di arrosto pei quattro cantoni del sourtout. 1. Di una grossa pollastra. 1. Di 3 pernici. 1. Di 18 grive. 1. Di un anitrino. Due insalate per i fianchi. 1. Di cicoria. 1. Di cipollette, e belle rape cotte. Due tramessi per i due canti. 1. Pasticcio freddo. 1. Focaccia di Savoia. Quattro tramessi caldi per i quattro lati. 1. Pasticetti di crema. 1. Di tartuffi in court-bovillon. 1. Di cardi. 1. Di tartellette. Frutta. Quarto servizio a 13 Per i quattro lati. 2. Gran vasi di frutta, o cristali guerniti di frutti confetti. 2. Di cialde. Quattro composte per i quattro canti del sourtout. 1. Di pomi. 1. Di cirieggie. 1. Di cotogni. 1. Di marroni. Quattro assiette per i quattro canti della tavola. 1. Di formaggio piacentino. 1. Di pasticeria. 1. Di uva. 1. Di biscotti di Cuneo.

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Tavola di 12 coperti a cena servita a 5 Primo servizio Per il mezzo una costa di bue arrostita con una salsa tritta. Due entrées. 1. Di fricandeau di vitello. 1. Di una pollastra in court-bouillon. Due hors d’oeuvre. 1. Di tre lingue di montone alla fiaminga. 1. Della testa, fegato, cuore, e piedi di agnello alla cittadina. Secondo servizio 1. Insalata per il mezzo. Due piatti d’arrosto. 1. Di 3 piccioni. 1. Di 6 beccaccine. Due tramessi. 1. Di uova alla bagnolet. 1. Di crema alla cioccollata. Frutta. Terzo servizio 1. Piatto di frutta per il mezzo. 1. Composta di peri. 1. Composta di pomi alla portoghese. Quattro assiette. 1. Di castagne arrostite, o bollite. 1. Di confetture. 1. Di formaggio d’Aosta. 1. Di conserva.

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Tavola di 12 coperti per pranzare servita in magro. Serve ancora per cenare, levando la minestra. Primo servizio 1. Minestra per il mezzo. Due entrées. 1. Del baccalà alla crema. 1. Torta di pesce. Quattro hors d’oeuvre. 1. Frittata d’uova. 1. Di uovi freschi, in una servietta. 1. Di uovi colla farsa. 1. Di uovi fritti. Secondo servizio Un pesce cheppia arrostito con salcia di caperi per rilevar la minestra. Terzo servizio Per il mezzo 1. Di gamberi in court-bouillon accomodati in piramide sopra una servietta. Due piatti d’arrosto per i due lati. 1. Di sparagi con piselli. 1. Di sisari fritti. 1. Di tartelette di confiture. 1. Di crema all’italiana. Due insalate. 1. Di piccole lattughe ornate. 1. Di melarancia. Frutta. Quarto servizio Per il mezzo sei grossi biscottini. Quattro composte. 1. Di albicocchi, o amandole verdi. 1. Di cirieggie. 1. Di fragole crude in un compostiere. 1. Di persici. Quattro Assiette. 1. Di ciambelle. 1. Di biscottini, ed amandole amare. 1. Di frutti sechi confettati. 1. Di conserva di viole.

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Tavola di 12 coperti a pranzo servita a 5 Primo servizio Una minestra di rape per il mezzo. Quattro hors d'oeuvre. 2. Di sanguinacci, o bodini, e salciccia fritta. 2. Di ostriche crude. Secondo servizio 1. Di un pezzo di bue per rilevare la minestra. Quattro entrées per rilevare i quattro hors d’oeuvre. 1. Di coste di montone in vesta da camera. 1. Fegato di vitello. 1. Composta di piccioni. 1. Di torta di conigli. Terzo servizio Arrosto, e tramesso assieme. 1. Insalata per il mezzo. Due piatti d’arrosto. 1. Di 12 grive. 1. Di una polastra. Due piatti di tramesso 1. Di cavoli fiori al butiro. 1. Di crema al caffè. Frutta. Quarto servizio 1. Piatto di frutta per il mezzo. 1. Composta di pomi. 1. Composta di peri. 1. Assietta d’uva. 1. Assietta di noci verdi. 1. Di castagne arrostite. 1. Di formaggio lodigiano.

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Tavola di 15 coperti per pranzare servita a 7 Primo servizio Un pezzo di bue per il mezzo. Due minestre. 1. Guernita di cocomeri. 1. Di coste col sugo collato di piselli verdi. Quattro hors d’oeuvre. 1. Di piedi di montone fricassati. 1. Nocetta di vitello nella cascia di carta. 1. Di pasticci piccoli. 1. Di melloni. Secondo servizio Sei entrées per rilevare le due minestre, e li quattro hors d’oeuvre. 1. D’una coscia di montone a l’acqua. 1. Di un quasi di vitello alla crema. 1. Un anitrino con piselli. 1. Due piccioni con erbe fine. 1. Due pollastri con cipollette bianche. 1. Dei filetti di conigli con cocomeri. Terzo servizio 1. Tramesso freddo per il mezzo di un bell’arrosto. Quattro piatti di arrosto, e due insalatte. 1. Di un pollo d’India. 1. Di una pollarda. 1. Di 4 perniciotti. 1. Di 6 piccioni inlardati. 2. Insalate di erbe. Quarto servizio Sei tramessi per rilevare i quattro piatti d’arrosto, e le due insalate. 1. Di tartellete di albicocchi. 1. Di uova lessate. 1. Frittella di foglie di vigna. 1. Di piccole timballe di biscottini. 1. Di piccole fave alla crema. 1. Di carcioffi alla salcia col butiro. Frutta. Quinto servizio 1. Piatto di frutti crudi per il mezzo. Quattro composte. 1. Di persici. 1. Di prune. 1. Di peri. 1. Di agresto. Quattro piatti di ghiaccio alla crema. 1. Di noci verdi. 1. Di formaggio alla crema. 1. Di ciambelle.

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Tavola di 8, o 10 coperti a pranzo Primo servizio Una minestra di cavoli. Due hors d'oeuvre. 1. Di sanguinacci bianchi, o neri. 1. Di frezza di vitello al naturale. Secondo servizio 1. Pezzo di bue per rilevar la minestra. Due entrées per rilevare li due hors d’oeuvre. 1. Di coste di montone con rape. 1. Una torta di piccioni. Terzo servizio Arrosto. 1. Di un quarto di agnello per il mezzo. 1. Insalata da una parte. 1. Salsa di agnello dall’altra. Due tramessi per li due lati. 1. Di una torta di franchipane ossia di pasta. 1. Di pasticcetti. Frutta. Quarto servizio 1. Di biscottini per il mezzo. 1. Di composta di melarancie crude, e tagliate in fette. 1. Composta di castagne marroni. 1. Assietta d’uva. 1. Assietta di formaggio.

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Tavola di 12 coperti per pranzare servita a 5 PRIMO SERVIZIO. Un pezzo di bue per il mezzo. Due minestre. 1. Di erbe. 1. Di sparagi col suco di piselli verdi. Due hors d’oeuvre. 1. Di rape. 1. Di butiro fresco. SECONDO SERVIZIO. Lasciate in tavola il pezzo di bue, e mettete in luogo delle due minestre, e dei due hors d’oeuvre quattro entrées. 1. Un quarto di montone in salsa. 1. Del petto di vitello con dei piselli. 1. D’una fricassea di pollastri. 1. Dei piccioni in fricandò. TERZO SERVIZIO. Due piatti d’arrosto, tre di tramesso, e due insalate. 1. Di due piccoli conigli. 1. D’una pollarda giovane, o due pollastri grassi. Frutta. QUARTO SERVIZIO. 1. Un piatto di pasticeria per il mezzo. 1. Composta di cirieggie. 1. Delle fragole di San Mauro. 1. Di crema sbattuta. 1. Di ciambelle. 1. Della gelatina d’uva spina. 1. Marmelata d’albicocchi.

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