Risposta del signor Carlo Fontana alla lettera dell'illustriss. Sig. Ottavio Castiglioni

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Risposta del signor
Carlo Fontana
Alla lettera dell’Illustriss. Sig.
Ottavio Castiglioni

Poteva ben V.S. Illustriss. replicar con infinite lettere l’istanze, e rinovar con efficaci persuasive le preghiere, che né l’une, né le altre haverebbono mai potuto dispormi a comunicarle se non una semplice, e breve notizia del nobilissimo rinfresco dato sotto nome della signora principessa di Farnese, dal signor Cardinal Chigi alla signora D. Caterina Rospigliosi, e ad altre principesse, e prencipi ; ma havendo veduto correrne publicamente diverse relazioni, manchevoli nelle descrittioni, mal regolate nelle dispositioni dell’ordinato proseguimento dell’apparenze prolisse, e poco veritiere, nei racconti d’alcune particolarità accidentali, e maligne, nel tacere i nomi di molti operatori, ho volentieri mutato pensiero: stimolato giornalmente da questo potente motivo, e dalla degna curiosità di molti miei padroni, e dall’importunità degl’amici, che non mi fu possibile d’introdurre al godimento di sì vaghi spettacoli, presi sollecitamente il conseglio, per liberarmi dalle frequenti narrative, e dai continui richiami, tirando di tutta l’opera i disegni, con farli intagliare per maggior prestezza in acqua forte. Facilitandosi dunque a me, che hebbi la totale incumbenza di essequire i pensieri suggeritimi dal signor Cardinal Chigi, la fortuna di servirla, le trasmetto hora per maggior dichiaratione degl’annessi fogli il sincero ragguaglio di tutto il successo. La prego pertanto a gradire quest’
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atto d’ubidienza, benché tarda, e di compatire lo stile d’un’architetto, solito a maneggiar più il compasso, che la penna e a valersi più del lapis, che dell’inchiostro.


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Appena questi si ritirarono, che spiegatesi dal loro posto, si spinsero fuori degl’archi le due tavole, che caminando direttamente con egual moto si portarono davanti alle dame, e prencipi dirimpetto la fontana illuminata, e congiontesi insieme formarono un tavolone di trenta palmi con trionfi di tal vaghezza, e nobiltà, che l’arte, non ha finhora saputo architettarne de’ più belli come nel disegno.
Erano sei i trionfi di credenza alti palmi cinque, e mezzo in circa. Il primo dupplicato a tre piatti riportato in aria, rappresentava tre cornucopii, le bocche de’ quali versavono frutti diversi, e fronde di pasta di zucchero colorite al naturale, e dall’estrenuità della bocca di detti cornucopii usciva una guglia alta un palmo composta di cedroli confettati; la guglia del secondo era tutta di persiche, e del terzo di brugne verdacchie candite. Nel mezzo del piatto sorgeva un’albero co’rami, e foglie di pasta di zucchero fino, che sosteneva in aria il secondo piatto adornato di tre altri cornucopii minori, che gettavono frutti alzandosi dalla bocca una guglia dell’istessa altezza fatta di biscotti alla francese; la seconda di biscotti di pasta di cannella, la terza di pasta di moscardini. Il terzo piatto sostentato dalle punte di dette cornucopii scopriva un rosone a guisa di peonia, e dal seme di esso usciva una guglia alta
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palmi uno, e mezzo fatta di limoncelli tutti nostrani canditi coperti di zucchero in bianco, sendo l’altre due, a questa uniforme.
Il secondo trionfo doppio similmente a tre piatti riportati in aria, racchiudeva tre mostri marini, le code de’ quali formavano nell’orlo del piatto un cerchio, che abbracciava un tondino con una guglia dentro alta un palmo fabricata di briccocole confettate, e tra ciaschuno mostro si fraponeva in un tondino una piramidetta di frutti alla francese in bianco, e li medesimi mostri con la testa e una mano reggevano il secondo piatto, e coll’altra mano sostentavano una vite, che crescendo dal fondo coronava i piatti sino alla cima con foglie, e rampazzi d’uva colorata al naturale. Tre altri mostri simili si appoggiavono al secondo piatto con una guglia in mezzo di ciascuno di loro, fatta di pasta di zucchero, con ambra, e muschio, e l’altre due erano lavorate d’ova spongate. Il terzo piatto sostenuto dalla testa, e mano di detti mostri, chiudeva nel mezzo un rosone doppio che reggeva una guglia alta palmi uno, e mezzo di melangholelle di Portogallo confettate, e coperte in bianco.
Il terzo trionfo erano due vasoni di pasta di zucchero historiato di basso rilievo, divisi in due piatti imperiali, e dalle bocche loro uscivano quindeci rami di gigli che terminavano in una campanella che buttava fuori frutti sciroppati; d’intorno al giro del piatto sorgevano cinque guglie alte un palmo di diversi frutti sciroppati.
Volle Mastro Pietro detto Cavolfiore primo cuoco segreto di S. Eminenza mettere in così nobile congiuntura anch’egli le mani in pasta, e col consiglio, e approvatione del sudetto signore Theodosi scalco lavorò dieci trionfi, che portavono venti piatti.



Varii furono nell’assaggiamento di tante paste, e frutti, le diversioni, e i trattenimenti dei discorsi, ma fra gl’altri dilettevolissimo fu quello della signora Giulia Massotti unica, e vera sirena del Tebro, che con la soavità della sua canora virtù fa invidia alle tre favolose del mare. Questa comparsa improvisamente nel bosco, e veduta dalla signora principessa di Farnese fu invitata a cantare una canzone, ordinandosi che si preparasse il cembalo, mentre le principesse, e dame s’inviavano ad osservare diligentemente i cristalli, e gl’addobbamenti della bottiglieria. Quivi il signor Cardinal Chigi riempendone alcuni lavorati a ramoscelli, e ad altre bizzarre fogge co i vini rossi, e bianchi, mostrava loro la rarità di quelli artificiosi vetri tirati con tanta maestria. Ritornate le dame, e prencipi verso la tavola si posero nelle sedie poste in giro attorno al cembalo,
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la stessa signora Giulia cantò un bellissimo recitativo interrotto da un’echo doppio replicato con particolar godimento di tutta la conversatione, e la compositione era del signor Giovanni Filippo Appolloni gentilhuomo del signor Cardinal Chigi ingegno celebre per l’Italia, e per la Germania, dove su quei superbi teatri ha fatto rappresentare molti vaghissimi drammi.
In questo punto cominciò ad udirsi un tuono, e replicarsi per tre volte, e mentre il signor Cardinal Chigi serviva verso la credenza le principesse, caddero alcuni spruzzi d’acqua odorifera, e una grandine leggiera di confetti. Simile accidente diede motivo alla partenza, onde D. Caterina facendo i dovuti complimenti servita dalla principessa di Farnese, e dal signor Cardinal Chigi con la comitiva delle principesse, e dame montò in carrozza, e si licentiò.
Qui si deve avvertire, che doveva in tre siti solamente piovere, e grandinare, rimanendo il quarto occupato dalle tre dame destinate, ma poi empitosi tutto il luogo, che doveva restar vuoto, da principesse, da dame, da’ cardinali, e principi, fu di mestieri dar subitamente ordine, che l’una, e l’altra operatione si tralasciasse, o si diminuisse in forma, che solo si dimostrasse con poche gocce, e pochi, e piccioli confetti come operai, che seguisse, poiché se si fosse compita la dispositione di tutte l’acque odorose, e de’ confetti posti già negl’istromenti, e a quest’effetto fabricati, e sospesi in aria, haverebbono bagnato senza riparo, e forsi offeso tutti gl’astanti.
Dopo il signor Cardinal Rospigliosi, e tutta l’eccellentissima casa Rospigliosa ringratiando, e lodando partirono, come fecero gl’altri principi, e le loro mogli: e ben vero, che dovendosi subito mandar tutti i trionfi alla signora D. Caterina, non fu possibile di farlo, perché la gente, che vi penetrò, e quei che operarono, pigliando senza riguardo le paste, e i canditi, fu di mestieri aggiustarli di nuovo, e mandarli la mattina seguente.
Hor per non lasciar V.S. Illustriss. allo scuro di cosa alcuna le significherò il rigalo, che hebbero i musici, perché anch’io vi fui presente, furono invitati nell’habitatione del sudetto sig. Baldini in Sapienza al desinare, che fu fatto con molte inventioni degne d’esser
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vedute, e nel tempo di portare i frutti, scopertosi da se stesse due credenze d’ori, e d’argenti, e di verdure alzate dentro dui fenestroni coperti con quattro teli di damaschi trinati d’oro, e apertosi un credenzone apparato dentro di damasco cremesino con frange d’oro, mostrò improvisamente piatti dorati, e d’argento in numero infinito impostati, frutti, crostate, formaggio, canditi, e confetti, e quattro sottocoppe d’argento di venticinque scudi l’una, che furono presentate a’ musici recitanti piene di confetti, e canditi, e al compositore di musica una sotto coppa simile di valuta sopra scudi trenta. Terminato il convito, il medesimo signore Baldini disse, che in segno del loro buon servigio, e di gradimento il signore Cardinal Chigi lasciava a ciascuno la sottocoppa, tutti gl’habiti, e abbigliamenti, che portavano nella funzione, e questi tutti separatamente stavano nella medesima sala sopra scabelloni dorati dentro certe zaine fine con un’altra zainetta con dentro quattro para di calzette di Milano involti in un taffettà incarnato merlettato d’oro, e d’argento per il sudetto signore Giovanni Battista Mariani.
E qui terminarono tutte le funzioni del rinfresco, che travagliò molto i curiosi esclusi per l’angustia del sito, da sì bizzarre apparenze, e delicate sostanze con estremo rammarico però di chi haverebbe voluto dar gusto a tutta Roma, se l’havesse permesso il tempo, e il luogo.A gl’altri particolari della gentilissima di V.S. Illustrissima risponderò nell’ordinario venturo, perché io son stanco di scrivere, come ella sarà di leggere, e me la rassegno. Roma li 30. novembre. 1668