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OPERA DI M. BARTOLOMEO SCAPPI, CUOCO SECRETO
DI PAPA PIO V. DIVISA IN SEI LIBRI

Nel primo si contiene il ragionamento che fa l’autore con Gio. suo discepolo.
Nel secondo si tratta di diverse vivande di carne sì di quadrupedi, come di volatili.
Nel terzo si parla della statura, e stagione de pesci.
Nel quarto si mostrano le liste del presentar le vivande in tavola così di grasso come di magro.
Nel quinto si contiene l’ordine di far diverse sorti di paste, e altri lavori.
Nel sesto, e ultimo libro si ragiona de convalescenti, e molte altre sorti di vivande per gli infermi.
Con il discorso funerale che fu fatto nelle esequie di Papa Paulo III.
Con le figure che fanno bisogno nella cucina, e alli Reverendissimi nel Conclave.
Col privilegio del sommo Pontefice Papa Pio V. e dell’Illustrissimo
Senato Veneto per anni XX.


13r
Masseritie di rame stagnate dentro. Cap. XLIIII.

Caldari grandi di 200 libre l’uno con li lor coperchi, e di 400
Caldari di libre 100 con li lor coperchi
13v
Caldari di libre 50 con li loro coperchi e di 25 libre
Caldari mezani di più sorti
Baracchine, che vadano l’una nell’altra con li lor coperchi
Pignate di rame con due manechi
Due balle di caldarette, che vadano l’una nell’altra, le quali siano di otto caldarette l’una, e la più grande non passi sei libre
Catini, over concoline, cioè bastardelle grandi, e picciole per far magnar bianco
Bastardelle di più sorti
Foratori grandi, e piccioli di più sorti
Foratori minuti, cioè stamigne di rame per passar brodi
Conserve tonde e larghe con li lor coperchi
Navicelle di più sorti con li lor coperchi, e anime, cioè piastrelle forate, e non forate
Forni grandi, e piccioli con le lor anime non forate, e coperchi
Crivelli di rame grandi, e mezani per pesci
Cucumi grandi, e piccioli
Conche grandi e mezane per lavar la carne, e herbami
Cocchiare di rame grandi con il manico lungo
Cazzuole con il manico di ferro grandi, e picciole di più sorti
Padelle ad occhi di bove per fare uove frittellate picciole, e grandi
Padelle da torta con li coperchi grandi, e piccioli di più sorti
Padellone più sottili per cuocere uove sparse
Suoli di rame per far gattafure alla genovese
Schiumaroli per pigliare acqua dalle vettine
Ghiottole, cioè leccarde grandi, e picciole
Bottiglie di più sorti per portar brodi per viaggio
Fiaschi di stagno per portare aceto, mosto cotto, e agresto
Boccule per fare struffoli con li coperchi
Siringhe di stagno per passar butiro e altro
Mortari di bronzo grandi, e piccioli con li lor pestoni per pestare spetierie
Setacci con tamburri per passare spetierie
Mortari di marmo, e d’altre pietre con li lor pestoni di legno sodo
Setacci di velo per passar farine di riso
Setacci di setole per passar farine communi
14r
Crivelli di corame di più sorti
Borse per portare, e conservare spetierie
Sacchi di corame fatti a borse per portar farine
Casciette di legno con più poste per poter conservare spetierie
Calzetta da passar gelo
Stamigne grosse, e sottili
Tovaglie per imbandire
Mantili per tener coperte di vivande
Cannovacci di due braccia l’uno
Tele lunghe due canne per coprir carni
Forzieri da viaggio con le lor serrature, e chiavi
Sportoni tramezati con serrature e chiavi
Ceste di vimini per portar masseritie di cucina con serrature, e chiavi
Schifi di legname di più sorti
Soffietti per accender foco
Torchio per sussidio
Vasi di legno con altre ordegne per far neve di latte
Buffoli di legno per far tortelletti
Pale di più sorti di legname dolce, e bianche con il manico lungo per far bianco magnare
Bastoni da tirar paste
Buttiglie di rame grandi, e piccole per olio
Tavole per imbandire
Tavole da pasta
Banconi grossi per tagliar carne
Tavolette da battere
Tavole nodate per viaggio
Lardori, e sproccoli di legno
Aghucchie di più sorti
Sacchetti di tela fatti a borse per tenere uva passa, e mandole
Pale da forno di più sorti
Raschiatori da forno
Spazzatori da forno.


SECONDO LIBRO, NEL QUALE SI TRATTA DI DIVERSE vivande di carne sì di quadrupedi come di volatili cominciando dal bove.

17r
Per accommodar la testa del bove in diversi modi. Cap. I.

Anchorché la testa del bove para, che non sia in uso, ne meno nel numero delle vivande elette, pur si può accommodare in diversi modi, e ritrovo che tal testa è assai saporita nella stagione del bove, la qual comincia l'autunno, e dura per tutto febraro. È vero che li vecchi si ringrassano nella primavera con l'herbetta tenera, e il verno si ringrassano con il panello di noce, e di linosa e d'altre cose. La stagione della vaccina comincia dal fin di maggio per tutto settembre, così anco le seccaticcie, però in queste stagioni si può pigliare una delle sopradette teste subito doppò morto l'animale, e scorticata e spaccata che sarà, e netta in più acque, si potrà alessare in acqua con presciutto, o salciccione che non sia rancido, e cotta che sarà, si servirà così calda con agliata over mostarda sopra. Ma se se ne vorranno fare diverse fracassee delle parti migliori cioè della punta del muso, e delle cervelle, e de gli occhi, e delli polsi, sarà in arbitrio, e quando le dette teste saranno d'animali di meza età, saranno molto migliori. Et le dette parti migliori dapoi che saranno bene alessate, e poi fritte, si potranno coprire di peverata, o di civiero.


18v
Per far brisavoli di schiena di bove, o di vaccina alla venetiana cotti su la graticola. Cap. VII.

Piglisi la schiena d’un delli sopradetti animali quando son grassi, e di meza età, compartendola costa per costa, e con il coltellaccio dalla parte piatta si ammacchino, slargandole alquanto, e battanosi con la costa d'esso coltello dall'una parte, e l'altra. Il che si fa accioché la carne sia più frolla, e più tenera, e dapoi si sbruffino d'aceto rosato, spolverizandole con pepe, cannella, sal trito, fior di finocchio, over pitartamo, e facendo stare l'una sopra l'altra ben soppressate per sei hore, e più o meno, secondo si haverà tempo, e facendole cuocere su la graticola pian piano, con una fetta di lardo sopra per ciascuna, in modo che si conservino morbide, rivolgendole alcune volte; e cotte che saranno vogliono esser servite con un saporetto sopra fatto di aceto, zuccaro, e cannella, e garofali, noci moscate. Il simile si potrà far della schiena del castrato, della seccaticcia, e della vitella mongana, e camporeccia.


22v
Per cucinar le trippe di bove o di vaccina in diversi modi. Cap. XXII.

Le trippe de gl'animali grassi, anchorché siano vecchi, saranno perfette, ma sopra tutto vogliono essere ben nette con acqua calda, ben purgate d'ogni immonditia, facendole stare in acqua corrente per diece hore, overo in vasi, mutandovi l'acqua, tanto che perdano il fetore che hanno, facendole alessare in acqua senza sale, fin'a tanto, che saranno bene schiumate, e dapoi si caveranno, e si sciacqueranno in acqua fredda. Il che si fa accioché non si scoli il grasso, e partasino in più pezzi grossi, e piccioli secondo il giuditio e si poneranno in un'altro vaso con un pezzo di presciutto, over cervellati, e acqua a bastanza, facendole finir di cuocere di modo che rimanghino bianche, e non troppo salate, e il brodo sia grasso, e se saranno pezzi grossi, come in alcuni lochi si usa, e particolarmente in Bologna, e in Ferrara, li quali si dimandano caldumi, si accommoderanno in piatti nel modo che si accommoda la suppa lombarda, cioè l'un pezzo sopra l'altro, tramezati di cascio Parmiggiano grattato, e fette di provatura mescolate con spetierie communi, e con esse tripppe si servirà il presciutto, over cervellato, spargendovi sopra un poco di brodo grasso, tinto di zafferano, e facendole stare in loco caldo, stufate tra l'un piatto, e l'altro, tanto che il cascio, e le provature siano incorporate con le trippe, servendole calde a beneplacito. Ma se si voranno in minestre dapoi che saranno ben cotte, e tagliate minute, si potranno incorporare con uove sbattute, e casci, mescolate con le sudette spetierie, e menta, maiorana, e petrosemolo battute, servendole così calde, con cascio grattato, e cannella sopra. Ma per sapere la parte migliore, che si ha da pigliare, dico, che deve pigliarsi la parte più grossa del bottaccio, e il restante del budello maestro per far l’altre vivande, gli altri budelli son più magri, e più duri, et sono assai più appropriati per far salsiccioni, che altro.
23r
Ma quando saranno gli giovenchi, cioè, manzuoli, si potranno adoperar tutti.


25r
Per arrostire nello spedo la lingua della vitella mongana. Cap. XXIX.

Piglisi la lingua con quelle animelle, che ha d’intorno, e privisi del canaluccio, lavisi in più acque, e facciasi perlessare, e perlessata che sarà, cavisi, e spoglisi di quella pelle, che ha d’intorno, et impillottisi minutamente di lardo con alcuni chiodi di garofani per dentro, inspedisi, et facciasi arrostire con lento foco. Et cotta che sarà, servasi calda con fette di limoncelli sopra, overo coprasi di civiero, o d’altro sapore.


30r
Per accommodare i piedi di vitella in diversi modi. Cap. XLVIII.

30v

Piglinosi i piedi subito morta la bestia, et pelinosi con acqua calda, avvertendo, che quelli dinanzi saranno più polputi, et migliori di quelli di dietro, et netti che saranno dell'unghie, et d'ogni immonditia faccianosi alessare con acqua et sale, et alessati che saranno, partiscanosi per mezo per il lungo, et frigganosi con frutto, et cipollette, overo s'investicano in uove sbattute, et pan grattato, et herbicine nel modo, che s'investe la meza testa della detta vitella al Cap. XXVIII. et frigganosi essi anchora in strutto, et servanosi caldi con zuccaro, et sugo di melangole soprai ma volendosi coprire di salza verde, o di civiero, over d'agliata o d'altro sapore, alessati che saranno, et fritti, così semplici si serviranno con uno d'essi sapori sopra; si potranno ancho porre su la graticola dapoi che saranno alessati, et rifreddati alquanto fuori del brodo, havendoli spolverizzati di fior di finocchio, sale, et pangrattato conservandoli morbidi con una fettolina di lardo sopra per ciascuna parte, et servanosi caldi con sugo di melangole sopra, overo con un sapore fatto d'aceto rosato, zuccaro, et cannella, ma volendo i detti piedi in fricassea con uove sbattute, alessate che saranno, taglinosi in pezzuoli, e faccianosi soffriggere con lo strutto, over lardo colato, e habbianosi apparecchiati rossi d'uove sbattute, mescolate con pepe, cannella, e zafferano, zuccaro, e agresto chiaro, e un poco di brodo di carne freddo, e pongasi ogni cosa nella padella, e diavisi una calda lontano della fiamma, e come sarà presa a foggia di brodetto, servasi con zuccaro, e cannella sopra. ma volendo arrostire i detti piedi nello spedo, come saranno più di mezi alessati, si caveranno così intieri dal brodo, e si lascieranno rifreddare, e s'impillotteranno minutissimamente di lardo, e s'inspederanno, e faranno cuocere a fatto con foco gagliardetto, e cotti che saranno, si serviranno caldi con capparetti sopra si possono ancho stufare i detti piedi nel modo che si stufano la testa, e il petto d'essa vitella.


37v
Per far pottaggio di carne magra di cigotto di castrato con latte di amandole. Cap. LXXIII.

Piglisi il cigotto, e facciasi mezo cuocere nello spedo, (il che si fa accioché non perda il sugo) e cavisi dallo spedo, e essendo così caldo, stacchisi tutta la carne dall'osso, avvertendo però di non mettervi la pelle, e rivolgasi il sugo che esce quando si taglia, e pestisi essa carne magra nel mortaro, e per ogni sei libre della detta carne pestisi con essa una libra di mandole ambrosine monde,
38r
e stemperisi ogni cosa con brodo di carne, che non sia troppo salato, e passisi ogni cosa per un foratoro, giungendovi un bicchiero di agresto chiaro con quel sugo ch'è uscito nel tagliare, e una libra di zuccaro, un'oncia di cannella, e meza oncia di pepe, e pongasi ogni cosa in una cazzuola stagnata, e facciasi cuocere a lento foco, mescolando di continuo, e cotta che sarà, di modo, che habbia un poco di corpo, servasi così calda in piatti con zuccaro, e cannella sopra. Ma volendo con essa compositione polpe di capponi, overo gropponi di piccioni senza esso arrostiti nello spedo; come sarà meza cotta vi si porranno esse polpe, over gropponi, facendo bollire ogni cosa fin’a tanto, che pigli il corpo, servasi nel modo soprascritto. Si potrebbeno ancho pestare con la detta carne sei oncie di cascio, e due oncie d'aglio perlessato, e tal compositione da molti è dimandata capirotata. In questo modo si può far della carne magra del cigotto di ruffolatto.


41v
Per far brodo lardiero del petto, e delle coste delli sopradetti animali. Cap. LXXXV.

Piglisi il petto, o le coste, e partanosi in più pezzuoli, e lavinosi con vino, e acqua, e dapoi colisi quella lavatura per lo setaccio, e pongasi in un vaso di terra, over di rame, con pepe, cannella, noci moscate peste, lardo, e presciutto tagliato a dadi, con essa lavatura ponganosi i pezzi delle dette carni con alcune cime di salvia, e un poco d'uva passa, mosto cotto, over zuccaro, e prugne, e visciole secche, e facciasi bollire su le bracie lontano dalla fiamma con il vaso turato per un'hora, e meza, e poi servasi così caldo, e se nel detto brodo lardiero vi si vorranno porre cipolle intiere, che prima siano state meze cotte sotto le bragie, sarà in arbitrio; e se si vorrà far più spesso il detto brodo, non però troppo, si potrà fare con le mandole torrate peste, overo con pane brustolito imbeverato in mosto cotto, e aceto rosato; e mettendo nel detto brodo le cipolle, si potranno lasciar le prugne, e visciole secche.


44r
Per cuocere la testa del porco cignale con vino, acqua, aceto, e spetierie. Cap. XCII.

Piglisi la testa subito morto il cignale, e pelisi con acqua calda nel modo soprascritto, e nettisi con diligenza, e mettasi a cuocere in un vaso amplo più tosto alto che basso, in modo che stia tutta coperta con il mostaccio in su, con vino, aceto, acqua, sale, e pepe a bastanza; il qual pepe sia ammaccato, e facciasi cuocere con alcun ramo di finocchio secco per darle odore; et cotta che sarà, ma non disfatta, cavisi, e poi servasi calda, o fredda a beneplacito, benché il verno si ha da servire adornata di diversi fiori, e frondi, e melangole in bocca con mostarda o altro sapore in piatti; le guancie si sogliono tagliare in fette, e farle pigliare alquanto di colore su la graticola con foco lento, e si serveno con sugo di melangole, over con aceto rosato, e zuccaro; li musi, e gl'orecchi ancho si tagliano in fettoline, e si serveno con mostarda, o civiero sopra. Li cervelli cavati che saranno si taglieranno in fettoline, e si darà loro una calda su la graticola sopra una carta onta di strutto. Gli occhi si potranno accommodare nel modo che le guancie, e l'orecchie.


45v
Per cucinare in diversi modi il collo, e la scannatura del porco domestico. Cap. XCVII.

Per esser queste due parti le più sanguinose, e le più saporite, scorticate che saranno, e spiccate dalla testa, taglinosi in pezzi, e facciasene brodo lardiero come si fa del petto del capro nel capitolo 85. Li detti pezzi ancho come son cotti, si possono soffriggere nello strutto liquefatto con cipollette, o senza, e si serveno con civiero, o con altro sapor di corpo sopra.


46v
Per far mortatelle di carne magra di cigotto di porco domestico involto della rete. Cap. CIII.

Piglinosi diece libre della soprascritta carne priva d’ossa, pelle, e nervi, la quale habbia del grasso, e magro, e battasi con li
47r
coltelli sopra la tavola, giungendovi otto oncie di sale trito, e sei oncie di finocchio dolce secco, quattro oncie di pepe ammaccato, un'oncia di cannella pesta, meza oncia di garofani pesti, e sia ben mescolata insieme ogni cosa con la mano, e giunganovisi quattro oncie di acqua fredda, e menta, e maiorana battuta con un poco di serpillo, e lascisi riposare in un vaso di terra o di legno per quattro hore in loco fresco, e piglisi la rete d'esso porco ben netta di peli, e mollificata con acqua tepida, e faccianosi di tal compositione le mortatelle con la rete a foggia di tommacelle, e fatte che saranno lascinosi riposare il verno per due giorni in loco asciutto, e poi si cuocano su la graticola, overo nella padella con lo strutto liquefatto. Si potrebbeno anco cuocere le tommacelle nello spedo tramezate con foglie di lauro, e le mortatelle si potrebbeno inspedare per lungo circondate di rame di rosmarino. Ma in qualunque modo sian cotte, vogliono esser servite calde. Della detta compositione si potrebbeno empir budelle di porco, che prima fossero state in sale, et piene che fossero il verno si potrebbeno lasciar stare per due giorni, e dapoi si potrebbeno alessare. Della detta carne magra dapoi che sarà ben battuta si potranno anco far cervellate con la rete, over in budelle, ponendo per ogni quantità di x. libre della detta carne una libra et meza di cascio Parmeggiano grattato, et un'oncia e meza di cannella pesta, un'altra oncia e meza di pepe pesto, un'ottava di zafferano, mezo bicchiero di acqua fresca, e tre oncie di sale; et come sarà mescolata ogni cosa insieme si faranno le dette cervellate con la rete, overo in budelle, et si cuoceranno nel soprascritto modo; se ne potrebbeno ancho far tommacelle in rete, giungendovi otto oncie di uva passa, et otto rossi d'uova, et le dette tommacelle il verno saranno molto migliori se saranno fatte di due giorni. Delle mortatelle et altri salami che si fanno della detta carne non ne parlo, percioché non è mai stata mia professione.


48v
Per far sanguinacci di sangue di porco domestico. Cap. CX.

Subito che sarà morto il porco, cavisi il sangue, e nell'uscir che farà il sangue dal porco facciasi passare per un setaccio, o per un foratoro minuto. Il che si fa accioché li peli, e l'altre immonditie non entrino nel sangue, et passato che sarà così caldo rompasi con le mani, perché se si congelasse, non si potrebbeno fare i sanguinacci, e per ogni quantità di sei libre di sangue pongavisi una libra di latte di capra, o di vacca fresco; il qual latte sia alquanto tepido, otto oncie di
49r
zuccaro, una oncia, e meza di cannella pesta, meza oncia di garofani, meza oncia di pepe, un quarto di noci moscate peste, una libra di songia di porco fresca netta della pellicina, e tagliata in bocconcini, meza libra d'uva passa di Corinto ben netta, un'oncia e meza di anici crudi e ammaccati, tre oncie di sale, quattro oncie di cipolle battute, e soffritte in modo che non siano arse, e habbianosi poi budelle di porco picciole, e grandi, ben nette dentro, e fuori, e pongasi la detta compositione nelle budelle, empiendole in modo che non creppino, e per esser sicuro che non creppino, di ogni due palmi di budello empiasene un palmo, et l'altro si lasci voto) e ligati che saranno da ambi due li capi, in modo che la compositione non possa uscire, ponganosi i detti budelli ad uno ad uno nell'acqua tepida con destrezza, in modo che il pieno sarà per tutto, e faccianosi bollire per un quarto d'hora, e cavinosi poi di quel brodo, e volendoli conservare più d'un giorno, tenganosi coperti con un drappo di lino bianco in loco asciutto, e rimoto dall'aria, e quando si vorranno servire, diasi una caldetta nel brodo, e dapoi faccianosi ricuocere su la graticola; si potranno ancho bagnare di lardo liquefatto, accioché rimangano più morbidi, over si teneranno sopra una fetta di lardo. Si serveno caldi con mostarda in piatti, o con altro sapore. Ma volendoli con il brodo come si usa in Milano, come saranno perlessati si caveranno dal primo brodo e si poneranno in un'altro vaso dove sia brodo di carne, e orecchi, e grugni di porco cotti, che prima siano stati misaltati per un giorno, e pongasi a cuocere con essi della salvia, pigliando alcune cime d'essa salvia, e come saranno cotti i detti sanguinacci, servanosi con il suo brodo, e grugni, e orecchi sopra; si possano ancho quando son freddi tagliare in fette per lo traverso, e soffriggere nella padella con lo strutto liquefatto, e cipollette battute: si serviranno caldi con pepe, e sugo di melangole sopra, e volendosi far migliacci, tengasi l'ordine, che si tiene nel libro delle paste al Cap. 67. e 68. Del detto sangue si possono fare tutte quelle vivande, che si fanno del sangue della vitella nel Cap. 59.


52v
Per alessare ogni sorte di capponi, e servirli con diverse compositioni sopra. Cap. CXXI.

Volendo che il cappone sia più saporito, et il brodo sia migliore, facciasi cuocere in uno stufatoro con brodo d'altra carne, et cervellate fresche, et mez'oncia di cannella pista, et cotto che sarà, servasi caldo, tramezzato con una suppa alla lombarda, spolverizata di cascio grattato, zucchero, et cannella, et in esso brodo si potrà cuocere tortelletti, et con essi tortelletti cuoprire il cappone con cascio, zucchero, et cannella sopra. Anchora si potrebbe alessare esso cappone con cavoli bolognesi, et mortatelle, et servirlo con essi cavoli, et mortatelle sopra tagliate in pezzi. Si può anchora esso cappone alessare con acqua semplice, pieno, et voto, involto in rete di porco, o di castratto, per fare che resti bianco, et cuoprirlo di bianco magnare, o di limonea con grani di mele granate sopra, e zucchero, o di ginestrata con zucchero, et cannella sopra, sciolto che sarà dalla rete.


55v
Per cuocere i detti volatili in brodo lardiero. Cap. CXXXII.

Spiumati che saranno asciutti, e privi delli loro interiori, taglinosi loro il capo, e li piedi, e lavinosi con acqua, e vin bianco. Colisi la detta lavatura per lo setaccio, e pongasi in un vaso di terra, o di rame con fette di presciutto, e gola di porco, e spetierie
p. 56r
communi, e prugne, e visciole secche, e cime di salvia, e mosto cotto, o zuccaro, e uva passa, o zibibbo, e nel detto vaso si pongano i detti volatili, facendo che stiano coperti di brodo, dapoi turisi il vaso, e facciasi bollire su le bragie lontano dalla fiamma. Et cotti che saranno servanosi con le medesime compositioni sopra.


Per cuocere nello spedo, e in altri modi, tordi, merli, e lodole. Cap. CXXXIIII.

Piglisi il tordo nella sua stagione, la qual comincia al fine di Settembre e dura per tutto Febraro, e sopra tutto il detto ucello
56v
vuole esser fresco per esser buono. Si spiumerà asciutto, senza cavarne gl'interiori, e si farà rifare alle bragie, overo al calore del foco, tagliandole la punta dell'ale, e s'inspederà per traverso, tramezandolo con una foglia di lauro, e una fetta di lardo, o con salcizza, e facciasi cuocere con foco gagliardo, e cotto che sarà, seccasi caldo con sugo di melangole, e sale sopra. Nel medesimo modo si può arrostire il merlo, e la lodola, pigliandoli nella loro stagione, la qual comincia da mezo Settembre, e dura per tutto Gennaro. Il tordo è più bianco di piuma, e de piedi, che il merlo, e è migliore d'esso merlo. Dapoi che saranno levati gl'interiori alli detti uccelli, et arrosti nello spedo, si potranno coprir di civiero, o di capirottata, o d'altro sapore a beneplacito. La lodola non capelluta è molto migliore della cappelluta. Li detti uccelli si potranno ancho cuocere in brodo lardiero, et in tutti quei modi che si cuoce il piccione di ghianda quando saranno privi de gl'interiori come s'è ordinato nel capitolo 130. et 131. In questo modo si può accommodare lo stornello, et il gagiotto giovane, et le foleghe. Il detto stornello nel tempo dell'una è più grasso, che d'altro tempo. Ma io non lo lodo con quanta grassezza che egli habbia, percioché sempre è amaro.


63r
Per fare una vivanda di diverse materie detta in lingua spagnola oglia potrida. Cap. CLII.

Tal vivanda d'oglia potrida si nomina dalli spagnoli in questo modo, percioché per la maggior parte si fa in pignate di terra, le quali dimandano oglias, et potride chiamano diverse materie ben cotte. Per far la qual vivanda si piglieranno due libre di gola di porco salata, vergellata, et quattro libre di sommata disalata, due grugni, due orecchi, et quattro piedi di porco tagliati per mezo, et mesaltati d'un giorno, quattro libre di porco cignale con il callo fresco, due libre di salciccioni buoni, et nettata che sarà ogni cosa, facciasi cuocere con acqua senza sale, et in un'altro vaso di rame, o di terra si facciano ancho cuocere con acqua et sale libre sei di coste di castrato, et libre sei di rognonatica di vitella, et sei libre di vaccina grassa, et due capponi over galline, et quattro piccioni domestichi grassi, et di tutte le dette
63v
materie le prime che saranno cotte, e non disfatte, cavinosi dal brodo, e conservinosi in un vaso, et in un'altro vaso di terra o di rame con il brodo delle sopradette carni cuocanosi due quarti di lepre di dietro tagliati in pezzi, tre starne, due faggiani, o due anatre grosse selvatiche fresche, venti tordi, venti quaglie, e tre cotorne, e cotte che saranno le sudette robbe, mescolinosi i detti brodi tutti insieme passati per lo setaccio, avertendosi che non siano troppo salati, e dapoi habbianosi piselli, ceci rossi, e bianchi che siano stati in molle, capi d'agli mondi, cipolle vecchie spaccate, riso mondo, castagne monde, e faggioli che siano perlessati, et ogni cosa si faccia cuocere insieme con il brodo, e quando i legumi saranno presso a cotti, ponganovisi cavoli torsuti, e cauli milanesi, navoni gialli, e cervellate over salcizza, e quando ogni cosa sarà cotta più tosto un poco soda, che brodosa, diavisi una mescolata, accioché ogni cosa venga ad incorporarsi, e facciasi il saggio più volte per rispetto del sale, e aggiungasi con esse pepe, e cannella, e dapoi habbianosi apprecchiati piatti grandi, e pongasi una parte della compositione sopra i detti piatti senza brodo, e piglinosi di tutti gli ucellami grossi compartiti in quarti, e le carni grosse, e salami tagliate in fette, e gli ucelli minuti lascinosi intieri, e compartanosi nelli piatti sopra la compositione, e sopra di essi pongasi dell'altra compositione con li cervellati tagliati in pezzi, e in questi modi faccianosene tre suoli, e habbiasi una cocchiara di brodo più grasso, e spargasi sopra, e cuoprasi con un altro piatto, lasciandola stare in loco caldo per mez'hora, e servasi calda con spetierie dolci sopra. Tal vivanda si usa più il verno, che in altro tempo, e le starne, faggiani, e tordi, l'anatre, e le quaglie non solo si possono alessare, ma ancho arrostire nello spedo, e poi subito compartirle. Et in loco delli capponi o galline si possono alessare oche, o anatre domestiche grasse, e pigliare d'esse anatre, over oche solo li gropponi, e le polpe delli petti. Volendo far tal vivanda d’estade piglinosi le carni che si troveranno, e in loco di lepre, piglinosi li quarti di dietro di capretto arrostiti nello spedo, e tagliati in pezzi, e tal vivanda si potrà far con più materie diverse o meno ad arbitrio, e elettione.


Per fare una vivanda di semolella con diverse altre materie alla moresca, chiamata succussu. Cap. CLIII.

Piglisi semolella del Regno bianca, che non habbia tristo odore, e
64r
netta di polvere: passisi per un foratoro minuto, over setaccio chiaro, e per ogni libra di semolella passata habbianosi sei oncie di fior di farina in un'altro vaso, e pongasi la detta semolella in un vaso di legno grande sparso, e vengasi a mescolare la detta semolella con la palma della mano sbruffandola con il granatino di acqua tepida, tinta di zafferano, e spolverizzandola alle volte con fior di farina, e facciasi in questo modo più volte fin'a tanto, che si sarà consumato il for di farina, e sarà riddotta la semolella in grani come miglio, o panico, passinosi poi li detti granelli per un foratoro chiaro in un'altro vaso di legno molto più largo, e men fonduto. Lasciandoli riposare in esso vaso per un'hora, e meza; ongasi poi la palma della mano con oglio di mandole dolci, o di olive, che non habbia tristo odore, mescolando essi granelli leggiermente fin'a tanto che tutti verranno lustri come il miglio. Habbiasi apparecchiata una pignata di terra o di rame, stagnata con sei libre di carne vaccina grassa, compartita in pezzi di meza libra l'uno, e quattro libre di schiena di castrato tagliata in pezzi, e due libre di gola di porco salata, tagliata in fette, e un cappone tagliato in quarti, et ogni cosa si faccia cuocere con acqua, e quando le dette carni saranno presso a cotte, ponganovisi cervellate gialle milanesi, e un'oncia tra pepe, e cannella, e zafferano a bastanza, et facciasi finir di cuocere ogni cosa con il vaso ben turato, e cotte che saranno le carni cavinosi dal brodo, e conservinosi in loco caldo, e colisi il brodo per un setaccio, e pongasi esso brodo in una pignata di terra, o di rame larga di corpo, e stretta di bocca, e habbiasi un'altra pignata sbusciata dal mezo in giù a modo d'un foratoro, e ponganovisi dentro i detti granelli di semolella, e turisi la pignata con il coperchio in modo che non possa fiatare, e pongasi la pignata sbusciata con la semolella dentro sopra quella dove è il brodo, avvertendo che in essa pignata entri tutta la parte sbusciata, e non tocchi il brodo, percioché se si toccasse il brodo, tal vivanda non riuscirebbe, e sigellisi intorno intorno con pasta, e facciasi bollire la pignata del brodo su le bragie lontano dalla fiamma fin'a tanto che la semolella per forza del fumo del brodo si cuoca. Non vuol però stare nel foco men di due hore, e poi si caverà la pignata sbusciata dalla pignata del brodo, e si scoprirà, e si caverà la semolella che sarà come una pala, e si ponerà nel primo vaso di legno, disfacendo la semolella che sarà agruppata insieme pian piano di modo che torni nel primo stato cioè in granelli. Habbiasi poi un piatto grande simile a quello dell'oglia
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putrida, e pongasi una parte d'essi granelli con una parte delle dette carni cotte, e sopra le dette carni pongasi il restante delli granelli della detta semolella, spolverizzando il primo, e l'ultimo vaso di cascio grattato, zuccaro, e cannella: e quando sarà accommodata ogni cosa nel piatto, piglisi una cocchiara di brodo grasso, ove son cotte le carni con un poco di butiro fresco dentro, e bagnisi la vivanda, e cuoprasi con un'altro piatto, e lascisi stare per un'hora su le ceneri calde, overo nel forno caldo temperatamente, e servasi così calda. In questo medesimo modo si potrebbon accommodare i millefanti cotti nel brodo, ponendoli nelli piatti con le carni cotte, e tagliate nel modo sudetto.


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Per far farina di riso, della qual si potranno far diverse minestre calde. Cap. CLV.

Piglisi il riso di Salerno, o d’altro loco, che non passi l’anno, e non habbia tristo odore, e levisene ogni immonditia, lavisi in più acque tepide, e trafichisi con due vasi di legno, dove sia acqua tepida, cioè buttisi pian piano d'un vaso in un'altro più volte fin'a tanto, che ne sia cavata l'arena, la qual rimane nel fondo de i vasi, lascisi riposar nell'acqua tepida per un'hora, e dapoi cavisi di quell'acqua, e facciasi scolare, e pestisi in un mortaro di marmo con un peston di legno, e quando sarà pesto, passisi la farina per un setaccio di velo, o di setole fisso, e se pur si volesse fare asciugare il riso prima che si pesti nel mortaro, sarà in arbitrio. Però pestandolo così humido non occorrerà sbruffarlo d'acqua come si fa quando si pesta asciutto. Di questa farina si fa bianco magnare, e se ne fanno altre vivande come si dice nelli suoi capitoli.


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Per far capirotata bastarda. Cap. CLVII.

Pestinosi nel mortaro libre due di mandole ambrosine monde con le polpe di due petti di capponi arrostiti nello spedo, e tre oncie di mollica di pane, imbeverata in malvagia, o in vin greco, e stemperisi ogni cosa con libre quattro di brodo freddo di carne, e passisi per lo setaccio, giungendovi sei rossi d'uove fresche crude, e passata la detta compositione pongasi in una bastardella di rame cupa con sei oncie di malvagia moscatella, e una libra di zuccaro, e un'oncia di cannella pesta, meza oncia tra garofani, e noci moscate, e facciasi bollire ogni cosa lontano dalla fiamma su le bragie, mescolando di continuo con la spatola fin'a tanto che pigli un poco di corpo, e habbianosi diece piccioni, o quattro anatre salvatiche arrostite nello spedo, e piglinosi le polpe, e li gropponi d'essi piccioni, o d'anatre, et ponganosi in un piatto grande, spolverizzate di zuccaro, e cannella, e sopra esse pongasi la compositione, lasciandola riposare su le ceneri calde, o in forno non troppo caldo per un quarto d'hora. E servasi così calda con zuccaro, e cannella sopra, e d'essa compositione si potranno coprire diversi arrosti.


Per fare un’altra capirotata con la qual si potranno coprire diversi arrosti. Cap. CLVIII.

Pestisi nel mortaro una libra di mandole ambrosine torate, cioè brustolite su la pala, o nella padella con una libra di uva passa di Corinto, e due oncie di mostaccioli napoletani fini, e un rognon di vitella arrostito nello spedo con il suo grasso, over con polpe d'anatre salvatiche arrostite nello spedo, e come sarà pesta ogni cosa insieme, stemperisi con quattro libre di brodo freddo, e meza libra ďagresto chiaro, e passisi per lo foratoro o per lo setaccio, e giungavisi
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un'oncia di cannella, meza oncia di pepe, e meza tra garofani, e noci moscate, sugo di melangole di mezo sapore, una libra di malvagia garba, o moscatella, due libre di zuccaro, una libra di zibibbo senza anime, che prima habbia tratto il bollo in vino, e zuccaro, e dapoi facciasi cuocere nella bastardella o cazzuola sopra le bragie, mescolandola di continuo fin'a tanto che pigli un poco di corpo, et habbianosi apparecchiate fette di pane brustolite su la graticola, e dieci piccioni di torre grassi, arrostiti nello spedo, overo sei starne, le quali siano compartite in quarti, e dapoi ponganosi le fette del pane compartite nel piatto, spolverizzate di zuccaro, e cannella, e ponganovisi li quarti d'essi volatili con una parte della compositione, e faccianosene in questo modo due o tre suoli, et coprasi il piatto, e lascisi riposare su le ceneri calde, overo in forno per meza hora, e servasi calda con zuccaro, e cannella sopra. Di questa medesima compositione si possano coprire diversi volatili arrostiti nello spedo.


Per fare una compositione detta capirotata comune. Cap. CLIX.

Piglinosi due libre di cascio Parmiggiano, o di riviera grasso, et buono et una libra di cascio grasso non troppo salato, et pestisi nel mortaro con diece spigoli d’aglio, che prima siano stati alessati, et le polpe delli petti di due capponi, che prima siano state arrostite nello spedo, e come sarà pesta ogni cosa insieme giunganovisi diece rossi d’uova crudi, et una libra di zuccaro, e stemprisi ogni cosa con brodo freddo di carne, o di pollo, percioché se fosse caldo non si potrebbe stemprare, né passar la compositione come richiede esser passata per lo foratoro, o setaccio per rispetto del cascio, e passata che sarà pongasi in una bastardella o cazzuola bene stagnata, et facciasi che sia alquanto chiara facendola cuocere su le bragie lontan dalla fiamma, et giungavisi un’oncia di cannella, meza oncia di pepe, meza oncia tra garofani, et noci moscate, et zafferano a bastanza, et nel cuocere che fa essa compositione, mescolisi con un cocchiaro di legno o con una spatola, fin’a tanto che piglierà corpo, e come sarà cotta, facciasi il saggio, et dapoi habbianosi animelle di vitella, o di capretto soffritte, mescolisi ogni cosa insieme, et servasi con zuccaro, et cannella sopra. In luogo dell’animelle si potrebbe ponere la punta del petto della vitella di latte alessata, et poi soffritta. Della detta compositione si possono coprir tordi, et altri ucellami arrosti nello spedo.


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Per far minestra di bianco magnare. Cap. CLXII.

Piglinosi libre dodeci, che son due boccali romaneschi, di latte di capra, o di vacca fresco, et grasso, et passisi per lo setaccio con ventidua oncie di farina di riso nuovo di Salerno o di Milano, fatto nel modo che si dice nel cap. 154. et come sarà passata ogni cosa per lo setaccio, pongasi in una bastardella, o cazzuola stagnata, et habbiasi avvertenza, che esso vaso sia liscio, percioché molte volte le battiture del martello che son nel vaso, son cagione, che la vivanda si attacchi, pongasi esso vaso con il latte al foco, cioè sul trepiedi, o sul focone, et vengasi a mescolar con la spatola, et come comincierà a scaldarsi, pongavisi un poco di sale, et il petto d'una gallina alessata morta in quel giorno, e sfilato sottile come il capello, le quali sfilature prima che si pongano nel vaso, si potranno sbattere in un'altro vaso, con un bicchiero di altro latte, et se vi si vorranno dare due, o tre botte con il pestone nel mortaro di marmo, sarà in arbitrio, et dapoi un'altra volta si sbatteranno col latte, di modo che si vengano a separare una dall'altra, et mettanosi in essa bastardella con tre libre di zuccaro fino, non mancando di mescolarlo continuamente fin'a tanto che sia cotta. Per conoscer quando sia cotta, alzisi la paletta, percioché se esso bianco magnare si attaccherà alla paletta, et farà fila, et sarà transparente, alhora sarà cotto. Trovo bene per isperienza, che quando tal vivanda è soda, e non ha l'odor della farina, alhora si può cavar dal trepiedi, e dapoi battasi per un quarto d'hora con la spatola, giungendovi meza libra d'acqua di rose, tenendo però sempre il vaso su le bragie, e quando esso bianco magnare sarà come il nome mostra che ha da essere, candido, e lustro, e corrispondente il gusto alla bellezza, si potrà servire caldo o freddo a beneplacito con il zuccaro sopra. Se di tal vivanda si volesse coprir capponi, o testa di vitella, o di capretto alessate, tengasi più liquida, e quando il latte non fusse grasso, come è il verno, ponganosi per ogni bocca le oncie quattro di butiro fresco lavato a più acque e l'estade per far che tal bianco magnar sia sodo, in loco di butiro mettasi grasso liquefatto
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di rognon di vitella o di capretto, e purgato con l’acqua dapoi ch’è liquefatto, cioè pesto che sarà nel mortaro, e levatagli la pellicina che ha d’intorno, si farà liquefare in una pignata con un poco d’acqua, e liquefatto che sarà, si colerà per un setaccio in un vaso grandissimo pien d’acqua fredda, e esso grasso verrà di sopra, e come sarà congelato, cavisi d’essa acqua, e mettasi in un’altra, e come il bianco magnare sarà presso a cotto mettasi dentro, e pongasi cura a tener l’ordine sudetto di servirlo. Et quando non si havesse tempo di sfilare il petto, pestisi nel mortaro di marmo sbruffandolo sempre con latte, e pesto che sarà stemprisi con esso latte, e senza esser passato mettasi nel vaso, ma per pestare sarà sempre migliore il petto del cappone frolletto, che morto alhora, e non avendo mortaro battasi con li coltelli sopra una tavola bianca d’olmo sbruffandolo con latte, avvertendo che pigli men’aria che sia possibile, percioché l’aria il fa venire rosso, et duro.


Per fare una ginestrata over zambaglione con rossi d’uove fresche. Cap. CLXIII.

Piglinosi quindeci rossi d'uove fresche nate in quel giorno, e sbattanosi con diece oncie di malvagia moscatella, overo vin greco di somma, e passisi per lo setaccio con otto oncie di brodo freddo di pollo, e otto altre di zuccaro fino, e tre quarti di cannella pesta, e facciasi cuocere in una bastardella over cazzuola di rame stagnata con quattro oncie di butiro fresco mescolando di continuo con la cocchiara fin'a tanto, che pigli corpo, e servasi con zuccaro et cannella sopra. Si può ancho cuocere in un'altro modo, cioè ponendolo in una caldarina di rame stagnata, overo in una pignata raccolta, e ponendo quella sopra la bocca del cucumo, pien d'acqua che bolla, e tal caldarina o pignata tocchi l'acqua, e sigilli la bocca del cucumo e tengasi turata, e lascisi stare per meza hora, e fin'a tanto che haverà preso corpo, e servasi caldo con zuccaro, e cannella sopra.


Per fare una minestra di bianco magnare con farina di amido, e pignoli ammogliati. Cap. CLXIIII.

Pestinosi nel mortaro libre due di mandole ambrosine, monde e stemprinosi con libre diece di brodo di carne freddo non troppo
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grasso né troppo salato, e passisi per lo setaccio con una libra di farina di amido nuovo, e due libre di zuccaro fino, e sale a bastanza, et mettasi nella cazzuola, e facciasi cuocere come il bianco magnare nel cap. 161. e come sarà presso a cotto, ponganovisi otto oncie di sugo di limoncelli chiarificato, e sei oncie di pignoli mondi, che siano stati in molle nell’acqua fredda; e quando sarà cotto ponganovisi oncie quattro di limoncelli mondati della prima pelle, senza l’anime, e tagliati in bocconcini, li quali limoncelli siano stati in molle nell’acqua di rose così tagliati per due hore, e quando sarà mescolata ogni cosa insieme servasi calda, o fredda a beneplacito con zuccaro sopra.


Per far minestra di bianco magnare con mollica di pane, e mandole ambrosine. Cap. CLXV.

Pestisi nel mortaro una libra di mandole ambrosine monde con una libra, e meza di mollica di pane imbeverata in brodo di carne e un petto di pollo alessato, e stemprinosi con quattro libre di brodo, ove sia stata in molle la mollica di pane, e passisi per lo setaccio, e facciasi cuocere come la soprascritta con una libra e meza di zuccaro, e quando sarà quasi cotta giunganovisi quattro oncie di acqua di rose, e facciasi finir di cuocere, e quando sarà cotta, servasi calda, o fredda con zuccaro sopra; si potrebbe ancho porre in tal vivanda un bicchiero di agresto però con men brodo, e si farebbe a foggia di ginestrata, giungendovi pepe, garofani, cannella, noci moscate, e zafferano.


Per far minestra di amido con brodo di carne. Cap. CLXVI.

Piglisi una libra di farina di amido, e pongasi a molle in libre sei di brodo freddo di pollo, e passisi per lo setaccio, e giungavisi una libra e meza di zuccaro, e un poco di sale, e facciasi cuocere nella cazzuola o bastardella nel modo che si cuoce il bianco magnare si come nel cap. 161. giungendovi quando sarà presso a cotto quattro oncie di acqua di rose, e tre di grasso di pollo liquefatto, e servasi calda, o fredda con zuccaro fino sopra, sarà in arbitrio il farla soda, o liquida, ma volendola con latte di mandole, per ogni libra di mandole vi si poneranno oncie sei di farina di amido stemperata con libre cinque di brodo di carne freddo.


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Per far minestra di bianco magnare all'improvista. Cap. CLXVII.

Cuocanosi due libre di riso ben netto con libre dodeci di latte di vacca, o di capra, e libre due e meza di zuccaro fino, e sale a bastanza, in modo che sia ben sodo, passisi per lo setaccio, e giunganovisi oncie tre di acqua di rose, e oncie quattro di grasso di rognone di vitella o di capretto liquefatto, e purificato, come si dice nel cap. 162. e diasele una calda nella cazzuola, e servasi calda o fredda a beneplacito, con zuccaro fino sopra.


Per far minestra bianca di ricotta. Cap. CLXVIII.

Piglinosi quattro libre di ricotta fresca di pecora, o di vacca, fatta di quel giorno, che sia grassa, con libre due, e meza di butiro fresco, e pongasi ogni cosa in una bastardella con una libra di zuccaro, e oncie tre d'acqua di rose, e tre altre oncie di farina di amido stemperata con oncie sei di latte di capra fresco, e facciasi cuocere nella cazzuola, o bastardella come il bianco magnare nel cap. 162. e servasi calda con zuccaro fino sopra, volendola però a foggia di ginestrata, pongavisi pepe, cannella, e zafferano.


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Per fare una minestra con fior di farina, e pan grattato, volgarmente detta mille fanti. CLXXI.

Piglinosi oncie diece di fior di farina, e oncie otto di pan grattato, passato per un foratoro, emescolinosi insieme con la farina, e con un quarto di pepe pesto, e habbianosi quattro rossi d'uove fresche, battute con un bicchiero di acqua fredda, tinta di zafferano, e stendasi essa farina su la tavola, e sbruffisi con l'uove sbattute, mescolandola leggiermente con li coltelli, overo con una paletta di legno, in modo che tal farina venga in ballottine picciole, et le dette ballottine passinosi in una tortiera per un foratoro, over crivello leggiermente senza porre la mano nel foratoro, et quelle che da sé saranno passate nella tortiera, si poneranno su la cenere calda nel modo che si pongono le torte con il coperchio caldo sopra, et lascinosi stare finché si asciughino, et non havendo coperchio ponganosi nel forno non troppo caldo, et perché tal compositione sempre sarà humida, aspettisi che siano asciutte però non arse, et dapoi cavinosi dalla tortiera, et mettanosi sopra una tavola percioché come i detti grani saranno all'aere verranno sodi, e rimettanosi in un foratoro ben netto, o in un setaccio chiaro, e setaccisi fuora il farinaccio, e habbiasi apparecchiato brodo grasso che bolla, e ponganovisi dentro essi mille fanti, ogni libra de quali vuol sei libre di brodo, e quando saranno cotti, servanosi
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con cascio grattato, e cannella sopra. In questo medesimo modo si potrebbeno cuocere con il latte di capra, o con il butiro, e acqua. Si possono ancho conservar tre o quattro mesi dapoi che son fatti nella tortiera. Ma volendo farne quantità, la parte ch'è rimasta nel foratoro, o nel crivello riponasi su la tavola, e spolverizzisi di farina, e battasi leggiermente con li coltelli, rivoltandola sotto sopra più volte fin'a tanto che si vedrà, che sia ben battuta, e dapoi nel passarle per lo foratoro, e nel seccarle tengasi il medesimo ordine che si è detto di sopra.


Per far mille fanti di fior di farina per conservarlo. Cap. CLXXII.

Piglisi fior di farina macinata sotto la luna di agosto perché è più durabile, e la quantità sua secondo se ne vorrà fare, stendasi sopra una tavola grande, e larga, habbiasi acqua tepida, mescolata con sale, e con una scopettina di mellica sbruffisi la farina di tale acqua, rivolgendola con la paletta al modo che s'è fatto degli altri fin' a tanto, che tutta sia convertita in granelli grossi come miglio, e dapoi passinosi essi granelli con il crivello sopra un'altra tavola, e faccianosi seccare al sole, facendosi così fin'a tanto che sia consumata tutta la farina, e quando saranno asciutti, si crivelleranno per un foratoro minuto, o setaccio chiaro, accioché se n'esca fuora il farinaccio, e si riporranno su la tavola, e si lascieranno stare per un'altro dì nel sole, e dapoi si conserveranno in sacchetti, o in vasi di legno, per tutto l'anno. Et volendone far minestra con brodo di carne, e con latte tengasi l'ordine delli soprascritti.


Per far minestra di tagliatelli. Cap. CLXXIII.

Impastinosi due libre di fior di farina con tre uova, e acqua tepida, e mescolisi bene sopra una tavola per lo spatio d'un quarto d'hora, e dapoi stendasi sottilmente con il bastone, e lascisi alquanto risciugare il sfoglio, e rimondinosi con lo sperone le parti più grosse, che son gli orlicci, e quando sarà asciutto però non troppo, perché creperebbe, spolverizzisi di fior di farina con il setaccio, accioché non si attacchi, piglisi poi il bastone della pasta, e comincisi da un capo, e rivolgasi tutto lo sfoglio sopra il bastone leggiermente, cavisi il bastone,
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e taglisi lo sfoglio così rivolto per lo traverso con un coltello largo sottile, e tagliati che saranno, slarghinosi, e lascinosi alquanto rasciugare, e asciutti che saranno, settaccisi fuora per lo crivello il farinaccio, e facciasene minestra con brodo grasso di carne, o con latte, e butiro, e cotti che saranno, servanosi caldi con cascio, zuccaro, e cannella, e volendone far lasagne taglisi la pasta sul bastone per lungo, e compartasi la detta pasta in due parti parimente per lungo, e taglisi in quadretti, e faccianosi cuocere in brodo di lepre, overo di grua, o d'altra carne, o in latte, e servanosi calde con cascio, zuccaro, e cannella.


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Per far tortelletti con pancia di porco, e altre materie dal vulgo chiamate annolini. Cap. CLXXVIII.

Piglinosi libre quattro di pancia di porco fresca, senza cotica, e facciasi alessare in modo che sia ben cotta, e quando sarà ben cotta cavisi dal brodo, e lascisi rifreddare, e battasi minutamente con li coltelli, avvertendo che non vi sia osso né pelle, e habbiasi altre tanto di zinna di vitella ben cotta, e battasi con essa, e una libra, e meza di carne magra di porco giovane meza arrostita nello spedo, overo alessata con la pancia, e quando sarà battuta ogni cosa insieme, mettavisi una libra di cascio Parmeggiano grattato, e un’altra di cascio grasso, sei oncie di provatura o di altro cascio fresco, grattato,
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non troppo salato, otto oncie di zuccaro, un’oncia di cannella pesta, tre quarti di pepe, tre altri tra garofano, e noci moscate, sei oncie di uva passa di Corinto ben netta, diece oncie di radica di enula, che prima sia stata cotta sotto le bragie, overo alessata, e dapoi monda, e pesta nel mortaro, otto uove fresche battute, e zafferano a bastanza, e come sarà fatta tal compositione, habbiasi un sfoglio di pasta fatto come il sopradetto, e faccianosi gli anolini piccioli come faggiuoli o ceci, e congiunti con li lor pizzetti in modo che siano venuti a foggia di cappelletti, e quando saranno fatti lascinosi riposare alquanto, e cuocanosi in buon brodo di carne, e servanosi con cascio, zuccaro, e cannella sopra. Questi tortelletti il verno si conservano per un mese, e più o meno secondo li lochi più caldi, e più humidi, In questo medesimo modo si possono ancho fare con pancia di rufalotto, e di porco cignale priva di cotica.


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Per far minestra di farina di castagne. Cap. CLXXXVII.

Piglinosi libre quattro di fior di farina di castagne, la qual'è dolce più d'ogn'altra farina, e men nervosa, e habbianosi quattro boccali di latte di capra o di vacca grasso, e pongasi esso latte al foco in una bastardella con la farina mescolata, e facciasi cuocere nel modo che si cuoce il bianco magnare detto nel capitolo 162. e se vi si vorrà porre zuccaro, sarà in arbitrio, ma non si manchi di ponervi sale a bastanza, e quando farà cotta, pongavisi zuccaro, e cannella sopra, e servasi calda, o fredda a beneplacito. Si può ancho lasciare rifreddare, e tagliare in fette dapoi che sarà cotta, e friggere in strutto o butiro, e servirsi parimente con zuccaro, et cannella sopra. Alcuni dapoi ch'è cotta con brodo di carne, o con acqua, ne fanno migliacci su le foglie di castagne, o di viti, e le cuoceno sotto testo, o in forno, e di quella ch'è cotta con latte, mescolata con cascio, rossi d'uova, e spetierie se ne fanno torte.


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Per fare una cominata alla romanesca. Cap. CXCIII.

Piglinosi quattro piccioni di colombara, over selvaggi, e una anatra domestica, o selvaggia, benché per far tal vivanda saranno sempre migliori i volatili selvaggi, che li domestici, e ponganosi con essi due grugni, e due orecchi di porco, et una libra e meza di barbaglia d'esso porco salata, et li detti grugni, et orecchi siano stati in molle in acqua tepida, e sopra tutto siano ben netti, e la barbaglia sia tagliata in fette grosse, et con le dette materie ponganovisi quattro libre di coste di vaccina, et mettasi ogni cosa in un vaso di terra, o di rame, et faccianosi cuocere con acqua, e schiuminosi bene, et quando le dette carni saranno cotte mezo quarto d'hora prima che si vogliano servire, ponganovisi quattro oncie di comino pesto, et più o meno secondo il gusto di chi la vorrà, et subito si turi il vaso che non possa sfiatare, et faccianosi bollire, et servanosi le carni, et ogni cosa calda; et volendola fare in giorno di magro in loco di carne mettavisi un luccio grosso overo una merluccia. Tal vivanda i romaneschi usano il verno come i spagnoli l’oglia putrida.


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Per far minestra di petrosemolo et altre herbette dimandata nelle corti di Roma brodo apostolorum. Cap. CCVI.

Habbiasi brodo di carne, dove siano bollite cervellate gialle, et barbaglia di porco, e schiena di castrato, et esso brodo sia tinto di zafferano mescolato con pepe, et cannella, et nel tempo dell'estade pongasi con esse uva spina, o agresto intiero, et quando saranno cotte esse materie piglisi il petrosemolo ben netto, e lavato con l'altre herbuccie, e si taglino minute, e ponganosi in esso brodo, e levato che haverà il bollo, servasi subito con fette di pane sotto, e le carni siano compartite in pezzuoli nel piatto. Avvertasi però che tal brodo non vuole star fatto, percioché il petrosemolo perderebbe il colore, e questa vivanda si usa l'estade in Roma, e starà in arbitrio, se si vorà maritare con cascio grattato, e uove sbattute.


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Per far minestra di tartufali con polletti, e altre materie. Cap. CCXIIII.

Piglinosi li tartufali nella loro stagione, la qual comincia al fin di settembre, e dura per tutto marzo, e nettinosi dell’arena, e faccianosi cuocere con vino o con acqua, e dapoi si cavino, e si mondino della scorza, e quando saranno mondi ponganosi in una bastardella, over cazzuola con lardo liquefatto, e faccinosi soffriggere pian piano, giungedovi pepe, cannella, brodo di carne, agresto chiaro, e sugo di melangole, e dapoi habbianosi polletti picciolini ripieni involti in rete, e mezi arrostiti nello spedo, e ponganosi a finir di cuocere senza la rete con essi tartufali, e come saranno quasi cotti, incorporisi il brodo con mandole ambrosine monde, e peste nel mortaro con tartufali cotti sotto le bragie, e mondi, e prima che si servano giungavisi una mano piena di herbuccie odorifere, e servanosi caldi. Si può cuocere con essi tartufali alcuno ostrega cavata dalla coccia, e vi si possono ancho cuocere piccioni di prima piuma in loco di pollastrelli, e tal vivanda vuol pizzigare di spetieria, e haver dell’agresto.


82r
Per alessare e cuocere in forno le soprascritte zucche intiere piene di diverse compositioni. Cap. CCXXI.

Volendo alessare le sudette zucche, nettinosi con diligenza delle loro scorze, havendo avvertenza di non romperle, e facciavisi un buco tondo nella parte del fiore, o del pedone, e conservisi quel ruotoletto che si leva, e con ferri roncigliati che taglino cavinosine destramente gl’interiori, e come sarà netta empiasi d’una composition fatta di carne magra di vitella o di porco battuta con altretanto lardo e presciutto, e giungavisi cascio, rossi d’uova, uva passa, spetierie communi, e zafferano, e habbianosi pollastrelli, o piccioni piccolini senza osso ripieni, e ponganosi nella zucca, con essa compositione, et come sarà piena, turisi il buco, e pongasi essa zucca in un vaso proporzionato, di modo che non possa moversi, con tanto brodo, che stia più di meza coperta con presciutto tagliato in fette o ventresca di porco salata. Il che si fa accioché la zucca pigli il sapore, e non sia insipida, e con esso brodo pongasi pepe, cannella, e zafferano, e facciasi cuocere su le bragie, tenendo il vaso turato, che non possa fiatare, e quando haverà bollito per un pezzo, fin’a tanto che la compositione sia presa, giungavisi più brodo, facendola finir di cuocere, e quando sarà cotta, colisi il brodo con il proprio vaso, e facciasi andar con destrezza la zucca in un piatto grande, servendola così calda con il presciutto o ventresca intorno. Si potrebbe ancho empire la detta zucca con latte, uove battute, zuccaro, e presciutto vergellato tagliato a dadi. Si potrebbe ancho fare in un’altro modo, cioè fatto che sarà il buco senza esser netta della scorza, cavinosigli l’interiori, e con destrezza circondisi la zucca di dentro sì nel fondo come nelle sponde con fette di presciutto vergellato, e habbianosi cervellate gialle crude tagliate, overo della composizione, et facciasi un suolo nel fondo, et habbianosi piccioni piccioli, pollastrelli, et quaglie, et altri ucelletti piccioli privi d’interiori, e con ossa ammaccati, e spolverizzati di pepe, cannella, garofani, et noci moscate, et ponganosi ad un per uno nella zucca, accommodandoli con la medesima compositione di cervellate, et nell’ultimo sopra li detti volatili
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mettasi una fetta di carne di vitella spolverizzata della sudetta spetieria, et essa fetta copra tutta la compositione, turisi poi il buco con quella parte di cucuzza che si è cavata, et circondisi la zucca con fogli di carta, et lighisi la bocca con lo spago, et pongasi in forno men caldo che se si volesse cuocere il pane, et mettasi in modo che possa havere lo caldo temperato per tutto, et siavi sotto un suolo di rame o di terra senza sponda. Il che si fa accioché quando sarà cotta, si possa cavare senza romper la zucca, et quando sarà stata in forno per due hore, et più o meno secondo la grossezza, cavisi e sciolgasi dalla carta, et turisi il buco, et pongasi sopra un’altro coperchio di scorza cruda la quale habbia attaccate alcune frondi, et servasi calda. In essa zucca si può fare una oglia potrida, havendo però cotti li ligumi come si dice dell’oglia potrida nel cap. 152.


83v
Per far suppa di capirotata con brodo grasso di carne. Cap. CCXXVII.

Piglisi il rognon di vitella con il suo grasso arrostito nello spedo, e fegato di papari, e di capponi cotto su le bragie, e battasi il rognone con li coltelli dapoi che saranno alquanto rifreddati, e li fegati pestinosi nel mortaro con le polpe del petto d'un faggiano, o di cappone, over d'un'anatra selvaggia, arrostita nello spedo, e stemperinosi le dette materie con brodo grasso freddo, e passinosi per lo foratoro, e pongasi ogni cosa in una bastardella con una libra di zuccaro, meza oncia di cannella, un quarto di pepe, meza oncia tra garofani, e noci moscate, e facciasi cuocere la detta compositione a lento foco su le bragie, mescolandola di continuo, e ponendovi un bicchiere di agresto chiaro. Habbianosi poi fette di pane investite in rossi d'uove sbattute con acqua di rose tinta di zafferano, e faccianosi soffriggere in butiro liquefatto o strutto, e quando saranno fritte, però non arse,
84r
facciasene un suolo nel piatto spolverizzate di zuccaro, e cannella, e bagninosi con la detta composition cotta, e in questo modo se ne potranno fare due o tre suoli, e si servirà calda, spolverizzata di zuccaro e cannella, si potrà ancho pestare con li fegati rossi d'uove dure, e spigoli d'aglio, che prima siano stati alessati, e un poco di cascio Parmeggiano.


84r
Per far crostate, cioè pan ghiotto con rognon di vitella arrostito nelle spedo. Cap. CCXXIX.

Piglinosi fette di pane cotto d'un giorno di grossezza d'una costa di coltello, e brustoliscanosi su la graticola, e habbiasi rognon di vitella con il suo grasso arrostito nello spedo con la lonza, e stacchisi dalla lonza un poco di lomboletto, e lascisi alquanto rifreddare, e dapoi battasi con li coltelli ben minuto con menta, maiorana, pimpinella, e finocchio verde, e non havendo del verde, pongavisi del fioretto secco, e giungasi con essi pepe, garofani, cannella, noci moscate, zuccaro, rossi d'uova, sugo di melangole, overò agresto chiaro, e sale
84v
a bastanza, e quando sarà fatta la compositione, stendasi sopra le fette del pane brustolite, e ponganosi le dette fette coperte in una tortiera in modo che non si tocchino l'una con l'altra, e dando il foco sopra il coverchio, e sotto un poco di cinere calda, e lascinosi star tanto che il pane habbia sorbito un poco del grasso, e la composition sia fermata, e servanosi così calde con sugo di melangole, zuccaro, e cannella sopra. Et si potrà ancho ponere butiro fresco, o lardo liquefatto nella tortiera, accioché il pane sia più grasso. Si potranno ancho cuocere su la graticola con lento foco, dandovi delle calde sopra con la pala focata, overo con il coperchio da torte.


Per fare crostate cioè pan ghiotto con barbaglia di porco, o presciutto Cap. CCXXX.

Tagliato che sarà il pane nel modo soprascritto, friggasi in butiro, overo in lardo liquefatto, e habbiasi barbaglia di porco tagliata in fette, overo presciutto, e soffriganosi nella padella con cipollette battute, e cime di salvia, e come saranno soffritte, pongasi con esse un poco di aceto, e mosto cotto, over zuccaro, e pepe, e cannella, dandovi una calda, e habbianosi apparecchiate le fette del pane nel piatto bagnate con un poco di grasso caldo, e pongasi sopra la barbaglia o il presciutto, con l’altre materie, e servasi calda.


Per fare le dette crostate o pan ghiotto con cervelle, e animelle di vitella. Cap. CCXXXI.

Faccianosi alessare le cervelle, e animelle, e come saranno alessate, cavinosi, e faccianosi ben soffriggere l'animelle nello strutto, o lardo liquefatto, e battanosi minute con li coltelli con menta, maiorana, pimpinella, e finocchio fresco, e mescolinosi con esse le cervelle, con pepe, garofani, cannella, noci moscate, zafferano, cascio grattato, zuccaro, rossi d'uove crude, sugo di melangole, overo agresto chiaro, e sale a bastanza, e d'ogni cosa sarà la quantità secondo parerà con buon giuditio. Et piglinosi fette di pane investite con rossi d'uova, e soffritte in butiro, o strutto, e quando saranno fritte, cavinosi, e lascinosi rifreddare un poco, e stendavisi sopra la compositione, e ponganosi le dette fette coperte della detta compositione in una tortiera dove sia butiro, o strutto, e come
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saranno accommodate, diasi loro una calda sotto, e sopra, come s’è fatto all’altre, overo ponganosi in forno ben temperato, e quando la compositione sarà fermata, servanosi calde con sugo di melangole, e zuccaro sopra.


Per far crostata con cascio grasso, e butiro, dal vulgo detta butirata. Cap. CCXXXIII.

Piglinosi fette di pan bianco quadre levata la lor crosta, e sottestate, e habbiasi in un piatto di argento grande, o tegametto di rame bene stagnato dentro, e fuori, onto grossamente con sei oncie di butiro fresco, e sopra esso butiro pongasi una parte del pane, e sopra il pane fettoline di provatura fresca, che non sia salata, overo d’altro cascio grasso, e spolverizzisi di zuccaro, e cannella, e sopra la detta provatura mettasi altre tanto butiro, e in questo modo faccianosi tre suoli come il primo, e diasi il foco sotto, e sopra, come si fa alle torte, però temperatamente, e più di sopra che si sotto, e come sarà sottestato servasi caldo con zuccaro, e cannella sopra. Si potrà ancho far tal vivanda con le fette di pane indorate, e fritte, e accommodate nel sopradetto modo, esi possono ancho spolverizzar di zuccaro, e lasciar la cannella, e si può far senza provatura, ma solo con il pane senza scaldarla.


Per far frittate in giorno grasso con diverse materie. Cap. CCXXXIIII.

Battanosi diece uova, nati d’un giorno, e habbianosi oncie sei
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di presciutto vergellato tagliato a dadi, e tre oncie di cipolle, che siano state cotte sotto le bragie, e battute minute, e soffrigganosi con lardo liquefatto, e con il presciutto tagliato, ponganosi con l'uova oncie tre di cascio grasso, meza oncia tra pepe, e cannella, et herbette tagliate minute, e pongasi ogni cosa nella padella, ove è il presciutto, e le cipolle, e facciasi la frittata, et servasi calda con sugo di melangole, et zuccaro sopra.


Per far frittata doppia. Cap. CCXXXV.

Battanosi quattordeci uova, e habbiasi una cocchiata, che tenghi due uove, et empiasi d’uove battute, e facciasi d’essa una frittatina quanto è grande la padella, la qual padella non sia molto maggior del piatto, dove ha da esser posta la frittata, e fatta che sarà la detta frittatina, pongasi nel piatto, avvertendo, che per farla bene, basta che il fondo della padella sia solo onto di strutto, e spolverizzisi la detta frittata con zuccaro, cannella, e noci moscate, e bagnisi con sugo di melangole, e ponganovisi sopra fettoline di provatura fresca, overo di cascio grasso, e sopra le dette fettoline bocconcini di butiro, e spigoli, che siano stati in molle ammaccati, e uva passa, e coprasi con un’altra frittata, e così si verrà a far più frittate ponendo l’una sopra l’altra fin’a tanto che siano finite l’uova. Per fare in un’altro modo si potrà in loco della provatura stendersi compositione di cervellate con menta, e maiorana battuta, non mancando però di bagnarle con sugo di melangole, e spolverizzarle di zuccaro, e cannella, e come sarà fatta tal frittata, facciasi finir di cuocere nel modo delle torte. Ma habbiasi avvertenza che ha da esser cotta in piatti d’argento, overo in tortierette.


Per far frittata doppia con animelle di vitella o di capretto, e altre materie. Cap. CCXXXVI.

Habbiasi un paro d’animelle di vitella, over due libre di animelle di capretto, levati via li testicoli, e le borse tanto che restino solo le dette animelle, e faccianosi cuocere con acqua, e sale, e quelle della vitella come saranno cotte, taglianosi in bocconcini; ma quelle del capretto lascinosi intiere, e faccinosi soffriggere nello strutto, over lardo liquefatto, e quando saranno soffritte, cavinosi
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et battanosi minutamente con li coltelli, e habbianosi quindeci uove ben battute con meza oncia di cannella, e un poco di pepe, e maiorana, e cascio grasso gratato, e mescolisi ogni cosa insieme con l’animelle, e facciasi la frittata con lo strutto o butiro, e quando sarà fatta, servasi calda sbruffata d’acqua di rose, e sugo di melangole, e spolverizzata di zuccaro, e cannella, e non havendo animelle adoprinosi le cervelle d’un delli detti animali, e in essa frittata si potrà mettere un bicchiere di latte.


Per fa frittata di sangue di porco o di capretto. Cap. CCXXXVII.

Rompasi una foglietta di sangue d’un delli detti animali, e passisi per lo setaccio, e mescolisi con meza foglietta di latte di capra, e habbianosi quindeci uove battute, et cipollette battute soffritte, e un poco di cascio grasso, pepe, cannella, garofani, e noci moscate, e menta, e maiorana, e sale a bastanza, mescolisi ogni cosa insieme, e facciasi la frittata, e servasi caldo con zuccaro, e cannella sopra.


Per far frittata d’uova in un’altro modo. Cap. CCXXXVIII.

Habbianosi quindeci uova ben battute, e quattro oncie di barbaglia di porco salata, che sia stata alessata, e quattro oncie di cotiche salate, ben nette, alessate, e tagliate in bocconcini insieme con la barbaglia, e tre oncie di cipollette battute, e soffritte, e meza libra tra provatura, e cascio grattato, due oncie di pan grattato sottilmente, tre oncie di midolla di bove tagliata minuta, tre oncie di zuccaro, un’oncia di cannella, meza oncia di pepe, e mez’altra tra garofani, e noci moscate, un poco di menta, e maiorana battuta minuta, e quattro oncie di latte di capra, e facciasene frittata; avvertendo che non si attacchi, e sappiasi, che quando non ci sarà il zuccaro, non si attaccherà nella padella. Tal frittata vuol’esser morbida, e servita calda con zuccaro, e cannella sopra, e sugo di melangole.


90v
Per far civiero, il qual potrà servire come il sopradetto. Cap. CCXLIX.

Piglinosi libre due di prugne secche, che non siano ogliose, e due tra visciole, e marasche secche, e una d'uva passa, e sei oncie di pane bianco brustolito, e pongasi ogni cosa in una pignata di terra con due libre, meza di vino gagliardo, e due di mosto cotto, una e meza d'aceto, un'oncia di cannella ammaccata, meza di pepe, meza di gengevero, e meza tra garofani, e noci moscate, e due di mostacciuoli fini muschiati pesti, e facciasi bollire ogni cosa insieme con il vaso coperto pian piano su le bragie per una hora, e dapoi passisi per lo setaccio o stamigna, e ripongasi in una cazzuola, o bastardella, con quattro oncie di malvagia moscatella, e tre di sugo di melangole, e due oncie d'acqua di rose, e facciasi levare il bollo con un poco di zuccaro se non sarà assai dolce. Cavisi, e lascisi rifreddare, e servasi con zuccaro, e cannella sopra, ma volendo coprire volatili, e selvaggine arrostite nello spedo, tengasi più liquido, e servasi con zuccaro e cannella, e pignoli confetti sopra.


91r
Per far brodo negro il qual potrà servire come il sudetto sapore. Cap. CCLIII.

Habbianosi libre due di mele cotogne monde, tagliate in pezzi e una libra d'uva passa, una di prugne secche, e due tra zibibbo, e una schiava, e un'altra tra visciole, e marasche secche, e sei oncie di pane brustolito su le bragie, otto oncie di vin greco, due libre d'aceto rosato forte, due libre di mosto cotto, e due di vino rosso, tre quarti di pepe pesto, un'oncia di cannella, un'altra tra noci moscate, e garofani, tre oncie di mostacciuoli pesti. Et ogni cosa si ponga in una pignata, e facciasi bollire su le bragie, lontano dalla fiamma con il vaso turato, e come sarà cotta passisi per lo setaccio, o stamigna aggiungendovi quattro oncie di sugo di melangole, e se sarà troppo sodo, e non sarà dolce a bastanza, pongavisi del zuccaro, e diasele una calda nel modo sopradetto. Cavisi poi, e lascisi rifreddare, e servasi per sapore con zuccaro, e cannella sopra, ma volendosene coprire
91vvolatili o salvaticine arrostite nello spedo tengasi più liquida con un poco di brodo.


92r
Per fare agliata con noci fresche, et amandole. Cap. CCLVII.

Piglinosi sei oncie di noci fresche monde, e quattro di mandole ambrosine fresche, e sei spigoli d'agli perlessati, o uno e mezo crudo, e pestinosi nel mortaro con quattro oncie di mollica di pane insuppata in brodo di carne o di pesce, che non sia troppo salato, e come saranno peste, pongavisi un quarto di zengevero pesto. Questo sapore essendo ben pesto, non occorrerà che sia passato, ma solamente stemperato con un delli sudetti brodi, e se le noci saranno secche faccianosi stare in molle nell'acqua fredda fin'a tanto che siano mollificate, e si possano mondare. Nel detto sapore vi si potrebbe pestare un poco di rape, o di cauli torsuti ben cotti in brodo di carne se sarà in giorno di grasso.


94r
Per far sapore d'agresto nuovo. Cap. CCLXXI.

Piglinosi libre quattro d'agresto nuovo sgranato, e lavato, faccianosi cuocere con un'altro bicchiero d'agresto nuovo colato, e aggiunganovisi due oncie di mostacciuoli, e una libra di zuccaro, un poco di mollica di pane così asciutta, due oncie d'aceto forte, un quarto di cannella intera, e due chiodi di garofani, e come sarà ben cotto, si passerà ogni cosa per la stamigna. Tal sapore si serve freddo, e presto si corrompe.


TERZO LIBRO DI M. BARTOLOMEO SCAPPI

104v
Per far minestra di polpa di storione in altro modo. Cap. VI.

Piglinosi libre otto di storione, una parte della schiena, e l'altra della pancia scorticata. Cuocasi con acqua, e sale, e pestisi nel mortaro con una libra di amandole, e un'altra di zuccaro, overo libre due di pasta di marzapani, e sei rossi d'uova freschi, crudi, e pepe, e cannella secondo il gusto, e un poco di sale, e come saranno peste le dette cose giunganovisi oncie sei d'uva passa di Corinto, e di tal compositione faccianosi raviuoli, infarinandoli con il fior di farina, e facendoli cuocere in buon brodo fatto con butiro fresco overo con oglio, o con brodo di carne secondo i giorni, e servanosi in piatti con cascio, zuccaro, e cannella sopra. Si può ancho mettere nella compositione menta, maiorana, pimpinella, e petrosemolo battuti.


108v
Per far caviale d’uova di storione, che subito fatto si può magnare, e ancho conservar molti giorni. Cap. XXIIII.

Piglinosi l’uova dello storione nel mese d’aprile per tutto maggio, percioché in altro tempo non son così perfetti, e quanto son più neri, tanto son migliori, e levisi loro con diligenza quella pellicina
109r
che hanno intorno, avertendo di non romperle: riducasi poi quella parte che si vorrà in vasi di legno, netto, e delicato, e per ogni libra d'uova meza oncia di sale, e un'oncia d'oglio d'olive dolci, e mescolisi ogni cosa insieme con diligenza senza romper l'uova, e dapoi habbiasi una cassetta larga tre palmi, e più, o meno secondo la quantità, e di altezza di quattro dita, e di lunghezza un braccio, e mezo, e sopra tutto sia ben liscia, e ponganovisi dentro le dette uova, cioè la quantità che vi può stare, e mettasi la detta cassetta nel forno dapoi che n'è cavato il pane, over caldo a quella temperatura, e lascisi stare fin'à tanto che si vedrà che comincino a fare un poco di crema, e alhora cavinosi dal forno, e si mescolino sotto e sopra con una spatola di legno, e questo facciasi più volte fin'à tanto, che l'uove siano cotte, e verranno nere, e pastose, facendo la prova più volte, e quando sarà cotto, si potrà conservare in vaso di terra invetriato per alcuni giorni, ma se si vorrà magnar così caldo si potrà, mettendolo su le fette di pane, e servendosi con sugo di melangole e pepe sopra. Ma per conservarlo vi si metterà un poco di garofani, e noci moscate, e un poco d'oglio nel fondo del vaso, e di sopra. Conservisi in lochi freschi, rivedendolo alcune volte, percioché se non fosse coperto d'oglio, si muffarebbe. Del caviale crudo il qual si fa con il sale, e si conserva in barili, che hanno forato il fondo, acciò possa uscir la salamoia non ne parlo, percioché nelle corti non si usa.


118v
Della statura e stagione della sarda maritima, e di lago. Cap. LXXI.

La sarda maritima e di lago è d’una medesima spetie, è pesce picciolo, e non passa due oncie, benché si trovano sardoni, che son più grossi, e della medesima spetie, e tutte hanno una aletta sopra la schiena, e son di color celeste, che ritirano all’argento. Hanno una sola resca, che tiene dalla testa fin’alla coda. Hanno pochissimi interiori, e pochissima scaglia, e quando si tien troppo, la testa divien rossa, e crepa la pancia, è pesce perfetto, e maggiormente quando si piglia nella sua stagione, la qual comincia da ottobre, e dura per tutto aprile, ma in Roma se ne trovano quasi per tutto l’anno.


122r
Per cuocere l’agusella su la graticola, o nello spedo, sottotestata, e fritta. Cap. LXXXVIII.

Piglisi l'augusella che sopra tutto sia fresca, e cavinosi gl'interiori. Quella che si vorrà cuocere su la graticola, facciasi stare in un vaso per lo spatio d'un'hora, nel qual vaso sia oglio, sale, pepe, e fior di finocchio, cavisi, e pongasi su la graticola, e facciasi cuocere a lento foco nel modo che si cuoceno i cefali. Servasi calda con aceto, et mosto cotto, mescolata con il suo sapore, nel quale è stata in molle sopra. Quella che si vorrà arrostire nello spedo si taglierà in rotoli nel modo che si tagliano l'anguille, eccettuando la coda, e la testa: et come sarà stata nella sopradetta compositione, s'inspederà tramezando i pezzi, o rotoli con foglie di lauro over di salvia, et facciasi cuocere nel modo che si cuoceno l'anguille con la sua crostata, et servasi calda con sugo di melangole, et zuccaro sopra. Quella che ha da esser sottestata, si accommoderà in foggia d'una ciambella, et facciasi il simile di quella che si vorrà cuocere su la graticola, et se le si vorrà lasciar la testa sarà in arbitrio, et pongasi in una tortiera over tegame di terra, nel qual sia oglio, mosto cotto, et un poco di agresto, pepe, cannella, et sale a bastanza, et un poco di fior di finocchio, et facciasi cuocere con foco sotto, et sopra come le torte, e come sarà cotta, servasi calda con il suo brodo sopra. Si possono ancho servire dapoi che son sottestate con il sapore di lamprede sopra. Quella che ha da esser fritta, si potrà tagliare anchor essa in rotoli o accommodare in ciambella come di sopra, lasciandole il becco, et si farà trapassare da banda a banda, et s'infarinerà, et friggerà in oglio d'olive, et quando sarà cotta, si servirà calda con sugo di melangole, e tagliature di limoncelli, et sale sopra. Si può ancho dapoi ch'è fritta marinare nel modo che si marina il cefalo nel capitolo 57.


123r
Per sottestar lamprede grosse. Cap. XCII.

Piglisi la lampreda, la quale essendo viva (che sarebbe migliore) si farà morire in un vaso, nel qual sia malvagia, e sale, cavisele il sangue, e facciasi unire con la compositione dove è morta, e levinosele gl'interiori, e lavisele quel loco donde le s'è cavato il sangue con la medesima malvagia dove è morta, et cavisele la viscosità con acqua calda, e come sarà lavata, in ciascun buco pongasi un chiodo di garofani, e uno stecchetto di cannella, e in bocca una noce moscata, over un quarto d'essa noce secondo la grossezza, e dapoi si ridduca in un rotolo a foggia di ciambella, e mettasi in un vaso di terra o di rame, che non possa sciogliersi, e coprasi d'oglio di olive di tre dita di vantaggio, o d'oglio di amandole dolci, over butiro, e sale, e facciasi cuocere pian piano con foco sotto, e sopra, e come sarà bollita per un quarto d'hora, e più o meno secondo la sua grossezza, scolisi l'oglio pian piano, di modo che l'assommatura resti nel fondo con la lampreda, e habbiasi dapoi un sapor fatto di amandole ambrosine torrate, ben peste nel mortaro, con un poco di mostacciuoli, e uva passa, e stemperinosi le dette cose con il sangue, e con la malvagia, nella qual'è morta, giungendovi pepe, cannella, garofani, noci moscate, e zuccaro, ogni cosa sarà con giuditio, e facciasi che la compositione sia liquida come il latte d'amandole, e pongasi nel vaso, nel qual'è la lampreda, il qual vaso scrollisi con la mano in modo che l'assommatura dell'oglio s'incorpori, e facciasi finir di cuocere con il detto sapore, giungendovi un poco d'agresto, e sugo di melangole, e servasi calda con zuccaro, e cannella sopra, e se non si vorrà intiera, taglisi in pezzi. Si può ancho servire fredda, ma sarà sempre miglior calda. Non voglio stendermi a parlar più della lampreda grossa, anchor che si dovesse cuocere in diversi pottaggi, e su la graticola, e friggere, e accommodarla in tutte le vivande, che si fanno dell'
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anguilla al suo cap. perché trovo, che tal pesce è migliore in questi due modi soprascritti, e in pasticci, (come dico nel libro delle paste) che in altro modo. E si ha da sapere, che alle grosse si possono cavare i denti.


Per cuocere lampredozze su la graticola. Cap. XCIII.

Piglinosi le lampredozze, e faccianosi morire in vin bianco dolce, et cavate dal vino, levisi loro quella viscosità con acqua tepida, e lavinosi, e lavate che faranno, cavisi loro il sangue, il qual si ricolga, e conservisi mescolato insieme con sugo di melangole, accioché non si quagli, e pongasi la lampreda per un quarto d'hora in un vaso, nel qual sia oglio, pepe, sale, e un poco d'agresto chiaro, overo aceto, e ciascuna d'esse lamprede si accommodi come una ciambelletta, e dapoi si cavino dal vaso, e ponganosi su la graticola, e faccianosi cuocere rivoltandole, e bagnandole della sopradetta compositione, e quando saranno cotte, servanosi calde con sapore, fatto della detta materia, nella quale sono state in molle, e con il suo sangue conservato con sugo di melangole, zuccaro, e cannella, il qual sapore habbia un poco di corpo, e dell'amabile. Et il corpo si potrà fare con uva passa passata. Si possono ancho cuocere nello spedo dapoi che saranno ridotte del detto modo in ciambelle, e con un sprocco di ferro sottile, sproccate, e leghisi poi lo sprocco con le lamprede sopra un spedo grossetto, e faccianosi cuocere come le lamprede grosse, e servanosi con il medesimo sapor sopra.


128v
Per cuocere trutte alla tedesca. Cap. CXIX.

Piglinosi li pezzi della trutta, se sarà grossa nel modo sopradetto, e ponganosi in un vaso di terra over di rame stagnato con tanta malvagia, o vin bianco, che stiano coperti di due dita di vantaggio, pepe, cannella, garofani, noci moscate, e zuccaro, un poco d'aceto, accommodando la compositione che habbia del dolce, e dell'agro con un poco di butiro fresco, facciasi bollire ogni cosa senza schiumarli, e quando saranno cotti servanosi con fette di pane brustolite sotto, e con il suo brodo sopra. Alcuni pongono il pane brustolito a bollire insieme con il pesce, e fette di limoncelli cedrati, ma perché io so che il limone nel bollire fa la vivanda amara, e il pane ingombra, anchorché faccia spesso il brodo, trovo che è più civilmente servito nel modo sudetto. Tal vivanda si ha da cuocere in fretta percioché rimane più saporosa, e piglia men di rame. In questo medesimo modo si possono cuocere le picciole, e le mezane intiere, o tagliate in pezzi.


136v
Per sottestare anguille, e cuocerle su la graticola. Cap. CLXVII.

Piglisi l'anguilla, e taglisi in pezzi grossi, cioè in rotoli, havendola prima scorticata, e le picciole si accommodino a foggia di ciambelle, e ponganosi i rotoli in una tortiera; nella qual sia oglio, sale, et finocchio in grano, facciasi sottestare con foco sotto e sopra per mezo quarto d'hora, scolisi l'oglio, che sarà soverchio, giungendovi un poco di vin bianco, mosto cotto, agresto chiaro, pepe, cannella, garofani, prugne e visciole secche, che siano state in molle nell'acqua fresca, e faccianosi finir di cuocere, e quando saranno cotte servanosi con il medesimo sapor sopra. Si possono ancho sottestare con cipollette battute: e dapoi che sono sottestate semplicemente, si potranno acconciare con il sapore di lamprede nel modo che si acconcia la lampreda nel capitolo LXXXXII. Volendosi su la graticola, isprocchinosi i pezzi dell'anguilla grossa, e diasi loro solo una buona calda nell'oglio bollente, e sarà in arbitrio se si vorranno prima infarinare, acciò che non si attacchino. Et faccianosi cuocere con fuoco lento, bagnandole d'una salimora fatta di aceto, mosto cotto, e sale: e quando saranno cotti, servanosi con uva passa cotta, insieme con la salimora sopra. Le picciole non occorre sboglienzarle in oglio, ne ancho infarinarle, ma cuocerle accommodate in foggia di ciambella e servirle con sugo di melangole, e pepe sopra. Et non volendo scorticarle, si caverà loro quella viscosità con acqua calda prima che si cuocano.


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Per far bianco magnare con polpe di pesce. Cap. CCXVIII.

Piglinosi libre due di amandole ambrosine monde, che siano state in molle, pestinosi nel mortaro, e facciasene latte con acqua fredda, il quale latte sia in tutto sei libre, piglinosi poi due libre di schiena di luccio alessato, priva di spine, over libre due di polpa di pesce capone, e pestinosi nel mortaro, e stemperinosi con una libra del suo brodo, che non
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sia troppo salato, e passisi ogni cosa per lo setaccio insieme con il latte di mandole, giungendovi oncie nove di farina di riso ben setacciata, libre due di zuccaro fino pesto, e sale a bastanza, facciasi cuocere nella cazzuola alle bragie lontano dalla fiamma, accioché non pigli il fumo, e mescolisi di continuo con la spatola di legno, e come sarà quasi cotta giunganovisi cinque oncie di acqua di rose, e facciasi finir di cuocere, e come sarà cotto servasi in piatti caldo o freddo a beneplacito con zuccaro fino sopra. Se ne potrà ancho far torta giungendovi un poco più di acqua di rose, e zuccaro, e per ogni due libre della sopradetta compositione habbianosi oncie sei di pignoli ammogliati, oncie quattro d'uva passa, e facciasi la torta con due sfogli uno nel fondo, e l'altro sopra fatto a gelosia, o altri lavorieri. Di tal compositione si possono ancho empire diverse paste, come si dice nel libro delle paste.


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Per far minestra di amido con latte di mandole. Cap. CCXX.

Piglisi una libra di amido candido e fresco, e stemperisi con libre nove di latte fatto con libre tre di amandole ambrosine, e passisi ogni cosa per lo setaccio, e pongasi in un vaso di rame bene stagnato, e un poco di zuccaro pesto, e un poco di sale, facendolo cuocere a foco di carbone nel modo che si cuoce il bianco magnare, e mescolandolo di continuo con la spatola, e come sarà quasi cotta giunganovisi oncie sei d'acqua di rose, e quando sarà cotta servisi calda o fredda a beneplacito. Il farla liquida o soda è in arbitrio di chi la vuole. Alle volte vi si può porre della polpa di pesce cappone pesta nel mortaro o di luccio dapoi che sono stati alessati, e privi di spine. In questo modo si potrebbe cuocere la sembolella, benché voglia più cocitura dell'amido.


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Per far ginestrata. Cap. CCXXIII.

Piglinosi libre quattro di mandole ambrosine monde, pestinosi e faccianosene libre dodici di latte, passinosi per lo setaccio con oncie 14 di farina di riso, e nel detto latte pongasi un'oncia di cannella pesta, meza oncia di pepe, sale, e zafferano a bastanza, oncie sei di datteri mondi che habbiano bollito nel vino, e siano tagliati minuti, e oncie sei di fichi secchi tagliati minuti, e altre oncie sei di pignoli ammogliati, e quattro libre di zuccaro fino pesto, e facciasi cuocere nel modo che si cuoce il bianco magnare nel cap. 218. e quando comincierà a pigliar corpo ponganovisi oncie sei di zibibbo senza grani tagliato minuto, che sia stato in molle in vin bianco, e sei oncie d'uva passa di Corinto ben netta, et facciasi finir di cuore, et quando sarà cotta, cioè, che verrà soda come il bianco magnare giungavisi una libra et meza di malvagia garba, o moscatella, et facciasi ribollire un poco con essa, et servasi in piatti con zuccaro, et canella sopra calda o fredda a beneplacito. Di questa compositione si può far torta giungendovi un poco de pignoccati, et mostacciuoli pesti, et la compositione sia alquanto più liquida, tenendo l'ordine di porla nella tortiera con li suoi sfogli, come s'è detto nel libro delle paste.


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Per far suppa di tartufali. Cap. CCLXIIII.

Piglinosi i tartufali netti dell’arena, et faccianosi stare sotto le ceneri calde per mezo quarto d’hora, o si facciano trarre quattro bolli nel vino et pepe, mondinosi della scorza, taglinosi in pezzuoli, et ponganosi in un vaso di terra invetrato, o di rame stagnato con tanto oglio dolce, che stiano coperti, et con un poco di sale, et pepe, et faccianosi soffriggere pian piano, et aggiunganovisi un poco di sugo di melangole, over un poco di agresto, et mosto cotto, et faccianosi finir di cuocere, et dapoi habbianosi apparecchiate fettoline di pane brustolite, et soffritte in oglio, bagnate d’una compositione di vin bianco, sugo di melangole, zuccaro, cannella, et garofani: la qual compositione habbia bollito, at dapoi si ponga sopra i tartufali con il brodo dove son cotti, et servanosi caldi, avvertendo, che non siano troppo salati, né troppo insipidi.


Per fare crostate di caviale cotte, et crude con fette di pane brustolite. Cap. CCLXV.

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Piglisi il caviale più negro, e più ontuoso, che sarà sempre migliore, stendasi sopra le fette di pane brustolite, e quelle fette si pongano in una tortiera, e spargasi sopra il caviale un poco di pepe, e sugo di melangole, e un goccio d'oglio di mandole, et coprasi la tortiera con un coperchio caldo, e come sarà bene scaldato il pane con il caviale servasi caldo.


Per far suppa dorata detta dal vulgo capirotata in giorno di quaresima. Cap. CCLXVI.

Piglinosi mandole ambrosine brustolite su la pala, che non siano arse, e levisi la ruggine con un drappo grosso, e pestinosi, e per ogni libra d'esse ponganovisi sei oncie d'uva passa, tre di zibibbo, due di mostaccioli, una di cannella, e una di scorze di melangole condite, e come ogni cosa sarà pesta nel mortaro con una libra, e meza di zuccaro, stemperisi con sugo di melangole dolci, e malvagia, e agresto chiaro, e passisi ogni cosa per la stamigna, facendo che la compositione sia liquida; e passata che sarà, pongasi ogni cosa in una cazzuola, e facciasele levare un bollo, mescolando: e habbianosi apparecchiate fette di pane brustolite, e soffritte in oglio di mandole dolci, o d'olive buono, e facciasi la suppa. Del detto sapore si possono coprire diversi pesci cotti su la graticola, sottestati, e alessati.


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Per cuocere uova affrittellate nella padella con butiro. Cap. CCLXX.

Accioché l'uove vengano bianche, e belle facciasi purgare il butiro, percioché pigliandosi così crudo, anchorché sia fresco, nondimeno v'è sempre dentro latte cagliato, e ricotta, dal che procede, che l'uove vengono rosse, e si attaccano nella padella. Et quando il butiro sarà purgato facciasi disfare pian piano a lento foco, e come farà disfatto, e non troppo caldo, rompanosi l'uova in esso butiro tenendo la padella alta dal manico, accioché il butiro copra l'uova, e facciasi cuocere pian piano piu tosto su le bragie, che alla fiamma, spargendo sopra il rosso del medesimo butiro caldo con la cocchiara fin'a tanto, che si vedrà, che il rosso sia coperto, e alhora poi cavinosi l'uova con la cocchiara aguzza, quando sarà venuto a foggia d'un calicione di marzapane, e servasi con sugo di melangole, e zuccaro sopra . Et se si vorranno più cotti volganosi con la cocchiara.


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Per far cannoncini in un altro modo soffritti. Cap. CCLXXV.

Piglinosi l’uova, et facciasi la frittata nel modo sopradetto, e dapoi si habbia una compositione di rossi d’uova duri pesti nel mortaro con pasta di marzapane, e cascio grasso mescolato con pepe, cannella, e uva passa, e empiasi la frittata nel modo sopradetto, e habbianosi uove sbattute con un poco d’acqua di rose, e involganosi dentro il detto cannoncino, e frigganosi in butiro colato, e servanosi caldi con zuccaro e cannella sopra. Et se non si vuolessero così grossi, ma in foggia di frittelle, cavisi il cannoncino dalla padella, e subito taglisi in bocconcelli, e essi bocconi si bagnino nell’uove battute, e s’infarinino, e friggano, e servano con zuccaro, et cannella sopra.


Per fare frittate doppie. Cap. CCLXXVI

Piglinosi uova diece, et battanosi con un poco d'acqua di rose, et acqua chiara, et sale a bastanza, et faccianosi diece frittate simili a quelle del cannoncino, et cavisi la frittata con un tagliero, o con un tondo della grandezza della padella, et pongasi in una tortiera, o in un piatto d'argento grandetto, et sopra di tal frittata spargasi zuccaro, cannella, sugo di melangole, et uva passa cotta in vino, et fettoline di provatura fresca, over cascio grasso grattato, et menta et maiorana, così facendo frittata per frittata fin’al numero delle diece, et sopra d'esse frittate pongasi un poco di butiro squagliato, et zuccaro et acqua di
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rose, e servanosi calde. In loco dell’acqua chiara quando si batteno si può mettere un bicchiero di latte di capra o di vacca.


Per far frittate con herbicine battute e altre materie. Cap. CCLXXVII.

Piglinosi otto uova di due giorni, e sbattanosi, che son migliori delle fresche per far frittate, percioché le fresche le fanno indurire, e non riescono così giallette come dell'altre, e sbattuti che saranno, aggiungasi con esse un bicchiero di latte di capra, e menta, e maiorana battuta, e un poco di mostacciuoli fatti in polvere, e pignoli mondi ammaccati, che siano stati in molle, e tartufali cotti alle bragie tagliati minuti, e di tal compositione faccianosi frittate con butiro, volgendole di modo che sian cotte da ambedue le bande, e servanosi calde con zuccaro, sugo di melangole, e cannella sopra.


Per far frittate communi. Cap. CCLXXVIII.

Piglinosi sei uova, e sbattanosi con un poco di sale, e tre oncie di acqua chiara, e passinosi per la stamigna, e facciasene frittata con butiro nel modo solito, e servasi con zuccaro, cannella, e sugo di melangole, o agresto chiaro, e in loco dell’acqua vi si può mettere latte di mandole. Et volendosi verdi, piglisi sugo di cime di spinaci, e biete, e nella verde aggiungasi zuccaro e cannella. Si può ancho aggiungere nelle frittate communi un poco di pan grattato, e nel mese di Aprile, e di Maggio si porrà con esse fior di sambuco.


Per far frittata in acqua, dal vulgo detta torta in acqua. Cap. CCLXXIX.

Piglinosi diece uove fresche, e battanosi, che son migliori per tale effetto dell’altra, e accioché sia più tenera pongavisi un poco d’acqua, e passisi per la stamigna per rispetto della calcatura dell’uova: habbiasi dapoi in vaso con acqua, butiro, e sale, che bolla, e buttinovisi dentro l’uova, e coprasi il vaso per un poco fin’a tanto che l’uova verranno a galla, e ridducasi in una balla con la cocchiara forata, e dapoi cavisi, e pongasi in un foratoro, lasciando colar l’acqua, e servasi così calda con zuccaro, cannella, e sugo di melandole, o
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agresto, chiaro sopra, e volendosi bianca, in loco dell’acqua, pongavisi un bicchiero di latte di capra, e volendosi verde un bicchiero di sugo di biete, e spinaci, posto in quello instante insieme con l’uova quando il brodo bolle, percioché se il sugo stesse troppo con l’uova, perderebbe il colore, e non verrebbe così verde. In loco del sugo si possono porre herbicine battute minute, over fior di sambuco.


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Per far salviata. Cap. CCLXXXIIII.

Battanosi diece uova, e mescolinosi con un bicchiero di sugo di salvia, e spinaci, e passisi ogni cosa per la stamigna, e aggiungavisi un poco di sale, zuccaro, e cannella, e dapoi habbiasi una padella con butiro liquefatto, e facciavisi cuocere dentro questa compositione mescolandola con il cocchiaro, e come sarà poco men che cotta, aggiungavisi un poco di agresta, e servasi calda con zuccaro et cannella sopra. Si può ancho cuocere come si cuoceno l'uove tenere cioè barbagliata nel Cap. sopradetto.



LIBRO QUARTO DELLE LISTE




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Conosco, Reverendo S. Don Francesco, che volendo fare gl'antedetti conviti, è necessario che la credenza, (appresso alle tovaglie, mantili, salviette, saline, coltelli, forcine, e cocchiari d'oro, e d'argento, e candellieri di più sorte, piatti, bacini, e boccali d'argento, e oro, con piatti, scotelle, e tazze di porcellana, e di maiolica, e d'altra terra, per insalate, frutte, e altre robbe fredde) sia provista delle sottoscritte robbe, cioè d'ogni sorte condite, asciutte, et sciroppate di geli, di visciole, di marasche, e di cotogne, e cotognate di più sorte, di mostaccioli napoletani, e romaneschi, di lavorieri di marzapane in più forme, pignoccati, pistacchea, coppete, e ďaltri lavorieri di zuccaro, di biscotti pisani, et romaneschi, et d'altra sorte, e d'ogni tempo di cialdoni, e ciambellette di dattoli pistacchi, pignoli, e d'amandole ambrosine crude, di fichi secchi di varie sorte, d'ogni sorte di confettioni bianche, d'olive, e capparini di più sorte, di finocchio in composta, et d'altre frutte composte, et uve secche, cioè uva passa, uva schiava passarina di Corintho, zibibbo,
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e uve fresche conservate, di melegranate, di cotogne, di melangole dolci, e di mezzo sapore, e forti, di cedri, di limoncelli napoletani piccoli, e limoncelli da far sugo. Di pere caravelle, papali, d'acciole, riccarde, ruspe, bergamotte, fiorentine, e d'altra sorte, di mel'appie, mele rose, mele ruggini, e d'altra sorte, di casci marzolini, e raviggioli fiorentini, cascio romagnolo, romanesco, di Riviera, maiorichino, e cascio cavallo fresco, e secco, provature marzoline, e ďaltre sorti casci. La primavera, l'rstate, et l'autunno, di giuncate, capi di latte, butiro fresco, ricotte fiorite, mozzarelle fresche, e neve di latte. Per i giorni grassi, di salami freddi, cioè salciccioni, mortatelle, presciutto, sommata, lingue di bove, di bufalo, e di porco salato, di carne di vaccina misaltata, carne di manzo salata, giambudelli, ventresca, e gola di porco salata. Tutti i detti salami hanno da esser cotti benché alle volte i salciccioni, e presciutto grasso, si servono crudi tagliati in fette sottili, e le mortatelle, et giambudelli si servono caldi, e freddi a beneplacito. Pasticci grossi freddi, di capro, cignale, rufalotto, e vitella, e d'ogn'altra sorte di quadrupedi domestici, et salvatici usati. Et il simile di pasticci grossi freddi di pavoni nostrali, galli d'India, grue, fagiani, starne, cotorne di montagna, pollanche nostrali, e d'India, di capponi, e d'altri uccellami a beneplacito. Et pasticci di salami freddi grossi, di presciutto di sommata, di salciccioni, di mortatelle, e di barbaglia, cioè gola di porco. Et per i giorni magri sia provista di tarantello, sorra, pesce salmone salato, aringhe affumate, e bianche, d'alici, sardoni, anguille salate, d'ogni lago, di moronella, schinale, bottarghe, e caviale, di orate, e cefali in aceto, di carpioni accarpionati, di trutte, e cefali grossi, cioè migliaccine affumate, di corbi, trute, spigole, e d'ogn'altro pesce, di foglia, d'orate vecchie, e pezzi di storione marinati, con marinatura reale, che si servono freddi con zibibbo sopra, pasticci grossi freddi di pesce marittimo, come di storione, tonno, cefali, spigole, corbi, ombrine, palamidi, laccie, e con altri pesci marittimi, e il simile pasticci grossi freddi, di trute, carpioni, lucci grossi, e d'anguille grosse, di gelatina Schiavona, e d'altri pesci accommodati in gielo. Delle frutte nove sarà provista secondo i tempi. Nel mese d'aprile, di fragole, mandorlette fresche, carciofani, et palmette napoletane. Del mese di maggio, oltre le soprascritte frutte si potrà servire, visciole palombine, cerase romanesche, e pere moscarole, del mese di giugno se gli giungerà, arbicoccole, prugne mirabolane, celse more, e nocelle fresche. Del mese di luglio, giungasi
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melloni bianchi, e rossi, fichi freschi mondi, uve fresche, come moscatella, e d'altra forte, noci fresche state in vino rosso. Del mese d'agosto, e settembre, si servirà le soprascritte del mese di luglio, giungendoli, pere, e mele di più sorte, lazzarole, marroni arrostiti, persiche duraci, apertore, monde, e non monde. D'ottobre per tutto marzo, si servirà oltre le soprascritte, tartufoli mondi, e sorbe, e di novembre nespole mature. Dell'insalate di verzura non ne farò mentione, perché compariscono alla giornata.


LIBRO V. DELLE PASTE, DI M. BARTOLOMEO SCAPPI.

345v
Per fare pasticcio d’ogni sorte di mortatelle. Cap. XXXIII.

Lavisi la mortatella con acqua tiepida, et così cruda si ponga in cassa, circondata di carne fresca di porco, o di vitella, spolverizzata di zuccaro; cuoprasi il pasticcio, e facciasi cuocere, e servasi caldo, et freddo a beneplacito, e con essa se gli può mettere de navoni gialli, che solo habbino levato il bollo nell’acqua, e anchora delle fave fresche, ma se la mortatella sarà fatta di fegato, cuocasi con essa di piselli freschi, overo pedoni di cardi battuti con tartufoli mondi, e essi pasticci vogliono essere serviti caldi.


348r
Per fare pasticcio di biancomagnare, sfogliato, e non sfogliato. Cap. XLIII.

Impastisi fior di farina con rossi d’ova, un poco di strutto, sale, zuccaro, e acqua rosa, e il resto acqua tepida, facendo di modo che la compositione sia ben soda, e si facci la cassetta grande, e piccola, alta, e bassa, secondo che si vuole, e fatta che sarà, lascisi alquanto reposare, fino a tanto che sia sodetta, e friggasi essa cassa nello strutto, usando diligenza in metterla dentro nella padella, che il strutto non sia troppo caldo, e che la cassa non si pieghi, e per conservare il vacuo del pasticcio, habbiasi un legno a foggia di pistone grande quanto la cassetta, e si ponga la cassetta sopra esso legno, e facciasi friggere in questo modo, perché come sentirà il caldo, da se si spiccherà dal legno, e fritta che sarà si cavi, e lascisi scolare, et poi empiasi di bianco mangiare, e pongasi esso pasticcio in una tortiera, e si metta nel forno, e come ha havuto una calda, si cavi, et servisi con zuccaro, et acqua rosa sopra, et volendolo sfogliato, si faccia il sfoglio, e ruotolo della medesima pasta sopradetta, e taglisi il pasticcio, facendolo in quel modo, che si fa quello dell’animelle di vitella a cap. II. ma in essi pasticci in luogo del fondo di pasta grossa che si fa, facciasi della medesima, perché il bianco magnare sendo sodo conserverà la cassa di modo che non cascherà, et piena che sarà a piramide, cuoprasi, et si faccia cuocere nel modo che si cuocono gli altri pasticci sfogliati, et come sarà cotto, si serva caldo con zuccaro, e acqua rosa sopra. Si puon mescolare col bianco magnare avanti che si ponga in cassa chiare d’ova sbattute, ricotta fresca, e più zuccaro.


Per fare orecchine, e sfogliatelle piene di bianco magnare. Cap. XLIIII.

Fatto che sarà il pastone sfogliato, nel modo che si è fatto il sopradetto, taglisi il ruotolo per traverso di manco grossezza di quello del pasticcio, e con destrezza ongasi la mano di strutto liquefatto, e slarghisi esso ruotolo, e facciasi a foggia d’una fucaccina, advertendo fare in modo che le sfogliature non
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si cavalchino l'una con l'altra, e nel mezzo d'essa fucaccina nella parte men sfogliata, pongasi un pezzo di biancomagnare, mescolato con ricotta fresca, e chiare d'ova fresche battute, e pignoli ammogliati; bagnisi il sfoglio con un poco di chiara d'ovo, perché amendue le parti si congiunghino insieme, e faccisi l'orecchina ovata a foggia d'offelle, et ungasi di sopra con strutto liquefatto, e friggasi nel strutto non troppo caldo, e nel vaso ce ne sia assai, perché essa orecchina non vada al fondo, e non volendosi friggere, cuocasi al forno, in la tortiera, o senza su la carta, e servasi calda con zuccaro sopra. A un'altro modo si può fare, prima fare un sfoglio tondo, come un tagliere piccolo di pasta che non sia sfogliata, e nel mezzo porvi del biancomagnare, a piramide, e sopra esso pongasi un'altro sfoglio sfogliato, tanto grande, che la cuopra, havendo bagnato sotto con chiaro d'ovo, e faccisi il suo oratello incirca, e friggasi, o cuocasi nel modo sopradetto, e si serva calda con zuccaro sopra. In questo si può fare del biancomagnare, e di riso cotto con zuccaro, e latte di capra, et della ginestrata.


Per fare pasticci in diversi modi di compositione di crema. Ca. XLV.

La crema è vocabolo francese, et è fatta di fior di farina, latte, et ova, pertanto piglisi una foglietta di latte di capra, o di vacca fresco, e si mescoli con quattro oncie di zuccaro, e quattro oncie di butiro fresco, et un poco di acqua rosa, et sale a bastanza, e si metta al fuoco dentro nella cazzuola, et come comincia a bollire habbisi un'altra mezza foglietta di latte con oncie quattro di fior di farina, et sei ova battute, e ogni cosa si mescoli insieme con essa farina, e buttisi nella cazzuola, mescolando sino a tanto che pigli corpo, poi cavisi, e pongasi in un settaccio chiaro, e lascisi scolare, e rimettasi in un vaso di terra, o di rame stagnato, con un poco più zuccaro, e acqua rosa, e se si gli vorrà giungere rossi d'ova crudi, sarà in arbitrio. Habbiasi apparecchiata la cassetta del pasticcio sfogliata, e non sfogliata, e s'empia d'essa compositione, e facciasi cuocere al forno, e si serva caldo. D'essa compositione se ne puon fare tutti quei lavorieri, che si fan del biancomagnare, e se ne può empire corone imperiali, e reali, havendo poco prima cotto le corone nel forno, et esse corone s'empiano più per bellezza de conviti, che per altro, et piene che sono, se gli da una caldetta in forno, e si servono calde, e fredde a beneplacito con zuccaro sopra, e anchora d'essa compositione se ne può empire diverse armi tirate a mano, e altre armi fatte a forma.


349r
Per fare pasticci di diversi grani a quattro cantoni, i quali dal vulgo sono chiamati fiadoni. Cap. XLVII.

Facciosi cuocere il formento grosso con brodo grasso di carne, e così cotto che sarà, piglisi cascio parmigiano, e cascio fresco, tanto de l’uno, quanto de l’altro, e per ogni libra di formento cotto, si adoperi una libra e mezza di cascio, e zafferano a bastanza, e quattro oncie d’uva passa, un’oncia di cannella, mezza oncia di pepe, tre oncie di pignoli ammogliati, e quando il grano sarà raffreddato, si mescoli ogni cosa insieme; poi habbiasi uno sfoglio di pasta, fatto di fiore di farina, e rossi d’uova, acqua rosa, sale, e acqua tiepida impastata in modo che sia soda, come quella de pasticci grossi, e per ogni libra di pasta, piglisi otto oncie di butiro, e a poco a poco mettasi in la pasta, mescolando del continuo, fino a tanto che sia finito il butiro, e come essa pasta sarà venuta pastosa, e liscia, se ne farà uno sfoglio tondo, di grossezza d’una costa di coltello, e esso sfoglio si faccia grande, e piccolo, secondo che si vorrà. Pongasi nel mezzo d’esso sfoglio la compositione, e si serri, e faccisi a quattro catoni a foggia di lucerna, e diasegli il colore intorno, e sopra con ova sbattute e zafferano,
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et pongasi in forno alquanto caldetto di sopra, perché la pasta si venga più presto a fermare, et faccisi cuocere, et non volendo che pigli troppo colore, gli si ponga sopra un sfoglio di carta straccia, et cotto che sara, servasi caldo, et si può ancora servirlo freddo, et riscaldarlo in forno, o su la graticola, et volendo fare tal fiadone in giorno che non si magna carne, faccisi cuocere il formentone in latte di vacca, o capra con butiro. In questo modo si potra fare fiadoni d’orzo mondo, di riso, et farro, e anchora di miglio, et panico infranto, e si può fare solo di cascio parmigiano, cascio bazzotto grasso, zuccaro, et spetierie, et uva passa.


Per fare offelle in diversi modi. XLVIII.

Piglisi libra una di cascio parmigiano grasso, o di riviera, et quattro libre di cascio di vacca, cioè bazzotto fresco che non sia salato, et si grattino, et pongasi dodici ova fresche, et più e manco secondo che si vorrà, avvertendo che la compositione non sia troppo liquida, né troppo soda, et con essa mettasi mezza libra d'uva passa netta, che habbia tratto un boglio nell'acqua, o vino, et oncie 6. di zuccaro, et un'oncia di cannella pista, et zafferano a bastanza, poi habbisi una pasta fatta di fior di farina, et altretanto butiro, quanto pesa la farina, et sale et acqua fredda con acqua rosa, et se ne pigli tanta quanta sarebbe una melangola picciola, et con un bastoncello da pasta, che non sia lungo più di due palmi, stendasi, et si facci il sfoglio tondo, di grossezza di mezza costa di coltello, bagnisi intorno con chiare d'ova sbattute, et nel mezzo si ponga tre oncie di compositione, et chiudasi l'ofella, nel modo che si fa i tortelli, et se gli si vorrà fare l'oratello intorno sarà in arbitrio, ma essendo bagnato con le chiare d'ova, non occorrerà, diasegli il colore con acqua tinta di zafferano, et si facci cuocere al forno, che sia alquanto più caldo di sopra, et come sono presso a cotte, col pennello se gli dia un'altra volta il colore, con rossi d'ova battuti, et subito se li ponga sopra tresia, cioè folignata, et si lasci stare nel forno, con alcuni sfogli di carta straccia sopra, sino che sia cotta, et poi cavisi, et servasi calda. Si può anchora fare a un'altro modo, cioè, porre nella compositione altretanta pasta di marzapane, quanto è il cascio, et pignoli mondi ammogliati, et di essa compositione se ne può fare lucernette, et fiadoncelli, serrati, et aperti.


350r
Per fare diverse sorte di crostate, da napoletani dette coppi, e da lombardi sfogliati: principiando alla zinna di vaccina. Cap. XLIX.

Allessata che sarà la zinna con acqua, e sale, di modo che sia benissimo cotta, cavisi, et si lasci raffreddare, et taglisi fatte sottili, e con essa altretanta sommata alessata, e dissalata, e fette di provatura fresca, e habbiasi una tortiera onta di strutto, o di butiro, con un sfoglio di pasta alquanto grassetto fatta di fiore di farina e acquarosa, rossi d’ova, butiro, e sale, e sopra esso sfoglio pongasene dui altri sottili onti di strutto, o di butiro, e si spolverizzino di zuccaro, e facciasi il tortiglione sfogliato intorno non molto grosso, e sopra l’ultimo sfoglio, facciasi un suolo di fette di provatura, spolverizzate di zuccaro, cannella, e uva passa, e menta e maiorana battuta, e sopra esso suolo mettasi bocconcini di butiro, e una parte delle fette della zinna, e della sommata, et così si verrà a fare tre suoli, cuoprendola con un’altro sfoglio, alquanto più sottile, e sopra il sfoglio alcune liste sfogliate, tagliando con la punta del coltello caldo il tortiglione incirca, et con destrezza con la mano unta, si accommoderà la sfogliatura a onde, overo col coltello si tagliera a merletti, e pongasi nel forno, et si faccia cuocere, havendo avvertenza d’ongere le sfogliature di strutto, o butiro liquefatto, perché meglio venghino sfogliate, et cotta che sarà servasi calda: Si potrà ponere in essa crostata dell’uva spina, overo agresto senz’anime, et anchora volendola più amabile, avanti che si ponga nel forno, mettasi mezzo bicchiere d’agresto chiaro temperato con zuccaro; A un’altro modo si potrebbe fare, coprirla solo con un sfoglio alquanto grossetto, et in mezzo d’esso sfoglio, facciasi un buchetto, come si fa a pasticci, et come è cotta cavisi, et mettasi in piatto, et per il buco pongasi dentro un poco di brodo tinto di zafferano, et agresto, et zuccaro, et servasi calda.


Per fare crostata d’animelle di vitella mongana, et altre materie. Cap. L.

Piglisi la parte migliore dell’animelle, et si facci alessar con altretanta mendrolla, o barbaglia cioè gola di porco salata, et l’un’et l’altro si taglierà in fettoline, poi habbisi apparecchiato la tortiera con tre sfogli di
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pasta, fatti come i sopradetti, e onti tra l'uno et l'altro di strutto, o butiro liquefatto, e spolverizati di zuccaro, e cannella, e il suo tortiglione sfogliato incirca, e sopra essi sfogli pongasi bocconcini di medolla di bove, e uva spina, overo una passa, e sopra esse materie, pongasi la mendrolla, e l'animelle tagliate, e un poco di menta e maiorana battuta, e non sendovi uva spina, spargasi agresto chiaro, e sugo di melangole, spolverizisi di pepe, garofali, cannella, noci moscate, e zuccaro, e cuoprasi con tre altri sfogli sottili, onti tra l'uno, e l'altro di strutto, o di butiro, overo un solo alquanto grossetto, con alcune liste sfogliate sopra; Taglisi il tortiglione con la punta del coltello calda, e ongasi le liste e il tortiglione di strutto, accioché meglio possino sfogliare, e faccisi cuocere al forno, o sotto il testo, e servasi calda con zuccaro sopra.


Per fare crostate d'animelle, occhi, orecchi, e testicoli, con le sue borsette di capretto. Cap. LI.

Mezz’alessate che saranno in acqua e sale le dette materie, habbisi apparechiato la tortiera con li tre sfogli di pasta, onti tra l'uno e l'altro di strutto, overo butiro liquefatto, et il tortiglione sfogliato incirca, nel modo sopradetto, et sopra essi sfogli pongasi grasso di rognone di vitella battuto, overo di capretto mescolato con zuccaro, cannella, pepe, garofoli, noci moscate, et uva spina, overo uva passa, et presciutto vergellato tagliato a dadi, et sopra le dette cose pongasi gl'occhi privi della luce negra, con l'altre materie, con altretanta compositione sopra, che è sotto, poi habbiasi rossi d'ova freschi battuti, con sugo di melangole, agresto, et brodo, et spargasi sopra, et subito cuoprasi con gl'altri sfogli, et liste sfogliate, tenendo l'ordine d'ongerla, et cuocerla, come la soprascritta, servendola calda con zuccaro sopra, et acqua rosa.


Per fare crostata di rognone di vitella, et di polpa di lonza di detta vitella arrostita allo spedo. Cap. LII.

Piglisi la parte della lonza della vitella, dove è attaccato il rognone, et facciasi refare all'acqua, et impillottisi di presciutto vergellato che non sia rancido, et facciasi più di mezzo cuocere allo spedo, cavisi, et così calda levisi la polpa dagl'ossi, in modo che non ci sia né,
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pelle né nervi, e battasi minuta su la tavola, con i coltelli, et battuta che sarà mescolisi con menta, maiorana, pimpinella, e pepe, cannella, garofali, e noci moscate, et zuccaro, e pignoli che sieno stati in mollo, e tartufoli mondi perlessati, tagliati minuti, e poi habbisi apparecchiato la tortiera con i suoi sfogli, e tortiglione sfogliato incirca nel modo detto di sopra, e pongasi dentro essa compositione, la quale sia stata sbruffata d'agresto chiaro, e sugo di melangole, e volendosi tal crostata doppia, pongasi nel mezzo della compositione un sfoglio della grandezza della tortiera, fritto in strutto, facendo che la compositione sia tanto di sopra, quanto di sotto; cuoprasi con li tre sfogli onti tra l'uno, e l'altro di butiro, overo un solo alquanto grossetto con alcune liste sfogliate sopra, ongasi, e cuocasi nel forno nel modo soppascritto. In questo modo si può fare delle polpe di galline d'India, de fagiani, e de capponi, e d'altri volatici grossi arrostiti allo spedo, mescolati con rognone di vitella arrostita allo spedo, overo con medolla di bove, e l'altre materie soprascritte, e volendosi fare torta, giungasegli cascio, e ova, con un bicchiere di latte, eservasi calda con zuccaro fino sopra.


Per fare crostata di lingua di vitella, et altre materie. Cap. LIII.

Facciasi ben cuocere la lingua che sia fresca, e come è cotta, gli si levi quella pelle che ha di sopra, e taglisi per traverso in fette sottili, e habbisi apparecchiata la tortiera onta di strutto, o butiro con tre sfogli di pasta sottile onti tra l'uno, e l'altro di strutto, o butiro, e polverizzati di zuccaro, et cannella con il suo tortiglione sfogliato in circa, e sopra essi sfogli pongansi fettoline di provatura fresca non salata, e menta, e maiorana tagliata minuta, e uva spina, overo uva passa, e salciccione che non sia rancido grattato; e sopra esse materie pongansi le fette della lingua spolverizzate di pepe, garofali, cannella, noci moscate, e zuccaro, e si sbruffino non sendoci uva spina, d'agresto chiaro, e sugo di melangole, cuoprasi con un sfoglio di pasta alquanto grossetto con liste sfogliate sopra, e ungasi, e accommodisi il tortiglione, e faccisi cuocere al forno, e servasi calda. Di questa compositione se ne può empire fiadoncelli fatti di pasta reale, e cuocerli in forno.


Per fare crostata di gropponi, e polpe di piccioni. Cap. LIIII.

Piglinsi sei piccioni giovani, e si faccino mezz'arrostire allo spedo,
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cavisino, e si lascino alquanto raffreddare, e piglinsi le polpe del petto, e i gropponi, poi habbisi la tortiera con gli sfogli, e tortiglione sfogliato intorno, onta, e spolverizzata nel modo sopradetto, e nella tortiera sopra l'ultimo sfoglio faccisi un suolo di cervellate fine, over di salciccia, et non havendo né l'uno, né l'altro, piglisi medolla di bove tagliata minuta con gola di porco salata, e pongasi sopra le polpe, et gropponi di piccioni, spolverizzati di zuccaro, e spetierie dette di sopra, giungendoli uva spina o agresto intiero senza anime, et essendo Invernata, sugo di melangole, et agresto chiaro, et uva passa, o zibibbo senz'anime; cuoprasi con il sfoglio, e liste sfogliate, e ungasi di strutto, o di butiro, e si faccia cuocere al forno, o sotto il testo, e servasi calda con zuccaro sopra. Anchora essa crostata si potrebbe fare con li piccioni senza cavargli l'ossa, cioè fare alessare i piccioni, e poi tagliarli in quattro quarti, et soffriggerli in strutto con cipollette battute, giungendoli sugo di melangole, e soffritti che saranno, si poneranno in la tortiera con le dette materie, e ordine soprascritto. In questo modo si può fare d'ogni sorte di piccioni, tortore, pollastrelli, paperini, et anatrine.


Per fare crostata di beccafichi, ortholani, e rondoni. Cap. LV.

Piglinsi li detti uccelletti spiumati, e netti, e con un coltellino gli si cavin le budellette, e si partino per il mezzo, e poi piglisi rognone di vitella arrostito allo spedo, e battuto con i coltelli, e con esso sia presciutto tagliato minuto, con menta, maiorana, un poco di serpillo fresco, et habbisi apparecchiata la tortiera onta di butiro, o strutto con li tre sfogli, e tortiglione sfogliato intorno; e mettansi sopra essa compositione con tartufoli mondi tagliati minuti, overo prugnoli, gl'uccelletti tagliati, e spolverizzisi ogni cosa di pepe, garofali, cannella, noci moscate, e zuccaro, giungendo con essa uva spina, o agresto intiero senz'anime, overo uva passa, secondo i tempi, e pongasi sopra essi uccelli altretanta compositione, che è sotto, sbruffandoli di sugo di melangole, e agresto chiaro, non sendovi uva spina, o agresto intiero, cuoprasi con tre sfogli lavorati a diverse foggie, e onti tra l'uno, et l'altro di butiro, o strutto, et con la punta del coltello caldo taglisi il tortiglione, et ungasi di strutto, o butiro liquefatto, acciò possa meglio sfogliare; facciasi cuocere al forno, o sotto il testo, et servasi calda con zuccaro, et'acqua rosa sopra; e anchora si può fare con gl'uccelletti intieri, e non hauendo né rognone, né presciutto, adoperisi
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compositione di cervellate gialle, overo di salciccia fina. In questo modo si può fare dell’ova non nate, e fegatelli di pollo.


Per fare crostata di presciutto. Cap. LVI.

Piglisi il presciutto di porco giovane, e se sarà di montagna, sarà assai meglio, facciasi stare in mollo nell'acqua tiepida, e facciasi cuocere in acqua, e cotto che sarà lascisi raffreddare, e poi si tagli in fette sottili, e si facciano stare in mollo in vino bianco, e zuccaro per quattro hore. Habbisi apparecchiata la tortiera con i suoi tre sfogli, e il tortiglione incirca, e sopra essi pongansi fette di pro provatura non salata, spolverizzate di pepe, zuccaro, noci moscate, garofali, e cannella, giungendoli menta, maiorana battuta, e uva passa, e zibibbo senz'anime, e sopra esse materie mettansi le fette di presciutto, e spolverizzisino anchora esse della detta spetieria, e zuccaro, mettendoli altretanta materia sopra, che è sotto, e si sbruffino con un poco d'agresto, e sugo di melangole, e se si vorrà tramezzare con un sfoglio di pasta fritta, sarà in arbitrio; cuoprasi con un sfoglio alquanto grossetto, e alcune liste sfogliate sopra, ungasi di strutto, o butiro liquefatto, e cuocasi nel modo sopradetto, e servasi calda con zuccaro, e acqua rosa sopra. In questo modo si può fare della barbaglia, cioè gola di porco salata, e della sommata che prima sieno state alessate, e delle fette di mortatelle crude, e anchora de salciccioni ben cotti.


Per fare crostate, e pasticci di diverse frutte dando principio al fongo detto prugnolo. Cap. LVII.

Piglinsi i prugnoli nella sua stagione, come si dice nel secondo libro delle vivande a cap. 214. nettisino di quella pellicina che hanno intorno, e sopra tutto il pedone sia privo della rena, e si faccino stare in mollo nell'acqua per un quarto d'hora, acciò meglio si nettino dell'arena, cavisino, e si lascino scolare da per sé, e habbisi apparecchiata la tortiera con i tre sfogli, et il tortiglione sfogliato incirca, et sopra l'ultimo sfoglio si ponga un poco di prevatura, e cascio secco grattato, et menta, et maiorana battuta, et bocconcini di medolla di bove, spolverizzisi ogni cosa di zuccaro, pepe, garofali, cannella, et noci moscate, et sopra essa compositione mettasegli prugnoli con altretanta compositione, e spetierie sopra, et si sbruffino con agresto, et sugo di melangole, e cuoprasi con tre altri sfogli sottili, onti tra l'uno, e l’altro di strutto, o butiro, et facciasi cuocere nel forno, o sotto il testo, et
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servasi calda con zuccaro sopra. In questo modo si puon fare de fonghi spongioli, e altri fonghi teneri nell’Autunno, e d’essa compositione se ne puon fare pasticci in cassa, sfogliati, e non sfogliati.


Per fare crostata, et pasticcio di tartufoli, et altre materie. Cap. LVIII.

Piglinsi i tartufoli nella sua stagione, come si dice nel libro secondo delle vivande a cap. 213. nettisino della rena, e si faccino levare il bollo nel vino, overo nel brodo, o mezzi cotti sotto le bracie, poi si mondino della scorza, e si taglino in pezzuoli, mescolandogli con altretanti prugnoli, e menta, e maiorana battuta, e bocconcini di medolla di bove con pepe, cannella, garofali, noci moscate, e zuccaro, e sugo di melangole, e faccisi la crostata nel modo de prugnoli sopradetti. Si potrebbe anchora accommodare della medesima compositione, che s'adopera a prugnoli, e di tal compositione se ne potrà fare pasticci sfogliati, et non sfogliati.


Per fare crostata, e pasticcio di pedoni di carciofani, e di cardi. Cap. LIX.

Piglinsi i carciofani nella sua stagione, come si dice nel secondo libro delle vivande a cap. 212. e facciansi cuocere in brodo di carne, overo in acqua, e sale, e piglisi il pedone, che è la parte migliore, e sia ben netto, e se sarà grosso taglisi in fette, e faccisene la crostata, e pasticcio, con le medesime compositioni che si fa del prugnolo. In questo modo si potrà fare del pedone del cardo alessato, e tagliato in fette.


Per fare crostata, e pasticcio di piselli freschi. Cap. LX.

Piglinsi i piselli teneri freschi, e sgranati nella sua stagione, come si dice nel secondo libro delle vivande, a cap. 187. se si vorranno fare trarre un bollo nel brodo grasso, sarà in arbitrio, ma se saranno teneri non occorrerà. Habbisi apparecchiato la tortiera con i suoi sfogli, e tortiglione incirca, et mettansi dentro i piselli mescolati con provatura fresca, e cascio secco grattato, e menta, maiorana, e petrosemolo battuto, e alcuni bocconi di butiro per dentro, polverizzisi
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di spetierie, e zuccaro dette nel soprascritto cap. giungendoli rossi d'ova sbattuti con l'agresto; cuoprasi la tortiera con un sfoglio alquanto grossetto, e alcune liste sfogliate sopra. Facciasi cuocere nel forno, o sotto il testo, e servasi calda con zuccaro sopra, e in luogo di cascio grattato si puon adoperare compositioni di cervellate fine, o di salciccia. In questo modo si può fare delle fave fresche tenere, havendo prima tratto un bollo nell'acqua, e sale, e anchora se ne puon fare pasticci in cassa.


Per fare crostata, e pasticcio di mele appie. Cap. LXI.

Piglinsi le mele appie, et si mondino della scorza, overo si brustolischino alle bracie, e si taglino in fette sottili, e faccisino alquanto stufare in un vaso di terra, o di rame con butiro fresco, e zuccaro, et un poco di malvagia, overo vino bianco, e stufate che saranno si cavino, e faccisene crostata con fette di prevatura fresca sotto, e sopra, spolverizzisino di zuccaro, e cannella, e per dentro alcuni bocconcini di butiro, e zibibbo senz'anime. In questo modo si può fare delle mele rose, e mele ruggini, e pere di più sorte, e anchora delle pere moscarole, quando saranno tagliate in due parti. Le mele appie, e pere moscarole si possono mettere in crostata così crude senza essere stufate, havendole tagliate in fette piu sottili.


Per fare crostata di mele cotogne. Cap. LXII.

Piglisi il cotogno nella sua stagione, come si dice nel secondo libro delle vivande a cap. 222. e faccisi brustolire alle bracie, e poi levisi la scorza col vino, o acqua, e si tagli in fette sottili. Poi habbisi apparecchiata la tortiera con i suoi tre sfogli, e tortiglione sfogliato incirca, spolverizzato di zuccaro, cannella, e garofali, e si ponga sopra le fette del cotogno, con zibibbo senz'anime, o uva passa, e butiro in bocconcini, e si spolverizzi ogni cosa di mostaccioli Napoletani pesti fatti in polvere, e zuccaro, e cannella; cuoprasi la tortiera con un sfoglio alquanto grossetto, e alcune liste sfogliate sopra, e cuocasi nel forno, o sotto il testo, e servasi calda con zuccaro, e acqua rosa sopra; si può giungere con esse cotogne fette di dattali freschi, che habbiano tratto un bollo nel vino, e zuccaro, e tagliati minuti, e anchora de pistacchi mondi, o pignoli ammogliati, e anchora alcune fettoline di provatura fresca o di raviggioli fiorentini.


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Per fare crostata di persiche, arbicoccole, e prugne fresche. Cap. LXIII.

Piglisi il persico che non sia troppo maturo, e se sarà durace, sarà assai meglio de gl'altri, mondisi, e si tagli in fette, habbisi apparecchiata la tortiera con i suoi tre sfogli, e tortiglione intorno, onti di butiro, o strutto, spolverizzati di pepe, garofali, cannella, noci moscate, zuccaro, e uva passa, e mostaccioli Napoletani fatti in polvere, e sopra esse materie pongansi le fette del persico, e mettasi altretanta materia sopra, che è sotto, e cuoprasi con tre sfogli sottili, onti tra l'uno, e l' altro, di strutto, o butiro, e polverizzati di zuccaro, e cannella, e faccisi cuocere al forno, o sotto il testo, e non vuole troppo cuocitura, perché si ridurebbe in brodo, servasi calda con zuccaro, e acqua rosa sopra, e anchora si può giungere con esse provatura, o cascio grattato.


Per fare crostata di visciole, e marasche, e fraule, e uva spina, o agresto fresco intiero. Cap. LXIIII.

Piglinsi le visciole, o marasche fresche, prive del picollo, e non siano troppo mature; cavisegli l'osso, e habbisi apparecchiata la tortiera, con tre sfogli, e l'ultimo sfoglio bagnisi di chiaro d'ovo battuto, e subito si spolverizzi di zuccaro. Questo si fa perché il sugo non penetri la pasta, e lascisi stare un poco, poi si pigli le visciole spolverizzate di zuccaro, cannella, e mostaccioli napoletani muschiati fatti in polvere, mescolati con rossi d'ova battute, questo si fa per confervare insieme la materia, e pongasi ogni cosa nella tortiera, e cuoprasi con tre sfogli sottilissimi, lavorati a diversi modi. In questo modo si potrà fare dell'uva spina, e dell'agresto nuovo senz'anime mondo, e delle fraule, e d'essa compositione se ne può fare pasticci in cassa.


Per fare crostata di rape. Cap. LXV.

Piglisi la rapa nella sua stagione, come si dice nel libro delle vivande a cap. 210. e faccisi cuocere alle bracie, e cotta che sarà, nettisi della scorza, lasciandoli quella rosolata; taglisi in fette di grossezza d'una costa di coltello, e habbisi apparecchiata la tortiera con i suoi tre sfogli, e il tortiglione sfogliato incirca, spolverizzato di
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zuccaro, e cannella il fondo della tortiera, e sopra essi pongansi fette di prevatura grassa, overo di cascio grasso, e facciasi un suolo di rape sopra, spolverizzando anchora esse rape della medesima spetieria, e zuccaro, ponendoli alcuni bocconcini di butiro fresco, overo di medolla di bove; cuopransi le rape con altretante fette di provatura, o cascio, e così ne verrà a fare tre suoli, e spolverizzisi di zuccaro, e cannella, e cuoprasi con liste sfogliate fatte a gelosia, e cuocasi nel forno, o sotto il testo, nel modo che si cuoceno l’altre, e servasi calda con zuccaro sopra, e in essa crostata si può giungere cascio parmigiano grattato, non essendo provatura salata.


Per fare torta di carne vitellina. Cap. LXVI.

Piglisi la parte della lonza della vitella con il rognone attaccato, e facciasi arrostire al spedo, senza essere impillottata, e come è presso a cotta, cavisi dal spedo, e lascisi alquanto raffreddare, levinsi le polpe da gli ossi, privi di pelle, e nervi, e si battino col rognone minutamente sopra una tavola con i coltelli, giungendoli menta, e maiorana, e per ogni libra di carne battuta, oncie quattro di cascio grasso, e due oncie di cascio secco, grattato l'uno, e l'altro, et tre ova fresce, e zuccaro, pepe, cannella, garofali, zafferano, e noci moscate, secondo il gusto, e sugo di melangole. Poi habbisi apparecchiata la tortiera con un sfoglio di pasta fatto di fior di farina, rossi d'ova, zuccaro, butiro, acqua rosa, e sale, e pongasi sopra la compositione, cuoprendola con un'altro sfoglio fatto a gelosia, o a gruppi, e in essa compositione si potrà mettere un bicchiere di latte di capra, o di vacca. Facciasi cuocere nel forno, o sotto il testo, e servasi calda con zuccaro, e acqua rosa sopra. In questo modo si può fare della polpa, e lonza di porco domestico, e salvatico fresca mezza arrostita al spedo, e ancora de lomboli d'essi animali, e delle polpe di zigotto di castrato, e in luogo del rognone si adoperi medolla di bove, o zinna di vitella allessata. L'estate se gli potrà mettere uva spina o agresto intiero. L'Invernata uva passa, e volendone fare ravioli con spoglia, e senza spoglia, battuta che sarà la carne, si pesti nel mortaro, e giungasegli più cascio secco, e più ova, e più zuccaro, e spetierie, e faccisene ravioli con spoglia, e senza spoglia, e si cuochino in brodo grasso di cappone, o d'altra carne, e servisino con cascio, zuccaro, e cannella sopra. Così si può fare dell'animelle di vitella, et anchora della zinna di vaccina ben alessata.


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Per far torta di sangue di porco domestico, dal vulgo detta migliaccio. Cap. LXVII.

Piglisi il sangue subito morto il porco, e passisi così caldo per il setaccio, per rispetto de peli, e altre immonditie, mescolandolo acciò non si cagli, e per ogni quattro libre di sangue, pongasi una libra e mezza di cascio grattato grasso, e sei oncie di cascio secco grattato, e un'oncia di cannella, e mezz'oncia di pepe, e tre quarti tra noci moscate, e garofali, un quarto di gengevero pesto, una libra di zuccaro, menta, maiorana, e altre herbicine battute, et un poco di cipollette battute soffritte, e una libra di medolla di bove tagliata in bocconcini, overo songia d'esso porco, priva della pellicula, et mezza foglietta di latte, et quattro rossi d'ova battuti, quattro oncie d'uva passa ben netta. Poi habbiasi apparecchiata la tortiera con un sfoglio di pasta alquanto grossetto, senza il tortiglione, et pongasi dentro la compositione, che habbia alquanto del liquido, più presto che soda, et si faccia cuocere nel forno, et sotto il testo con lento fuoco, et come è presso a cotta, facciasi la crostata di zuccaro, et cannella, et servasi calda. D'essa compositione se ne può empire budelli, et cuocerli nel modo che si cuocon i sanguinacci; si potrebbe anchora cuocere senza pasta, cioè pongasi strutto, o butiro nella tortiera, et facciasi che sia ben caldo, avanti che si ponga la compositione. Questo si fa acciò non s'attacchi.


Per fare torta di cervella, et animelle di vitella. Cap. LXIX.

Le cervelle della vitella vogliono essere fresche, et richiedeno essere perlessate nell’acqua, et sale, e per ogni libra e mezza di cer
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velle, piglinsi sei oncie di animelle d'essa vitella perlessate, e battute minute con i coltelli, con tre oncie di presciutto vergellato, e una bona manciata d'herbuccie, mescolando con esse materie oncie quattro di cascio grasso, e quattro di cascio secco grattato, e sei ova, un bicchiere di latte di capra, mezz'oncia di cannella, sei oncie di zuccaro, mezz’oncia di pepe, tre oncie di pignoli ammogliati, e ammaccati, tre oncie d'uva passa, d'essa compositione facciasene torta con il sfoglio sotto e sopra, e facciasi cuocere al forno, o sotto il testo, e in luogo delle cervelle di vitella, si puon adoperare cervelle di porco, e animelle di capretto. D'essa compositione se ne puon empire cassette di pasticci fatti di pasta reale, e fritti nel modo che si fanno quelle del bianco magnare, a capitolo. 43.


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Per fare torta reale di polpa di piccioni, da napoletani detta pizza di bocca di dama. Cap. LXXIII

Piglinsi le polpe di tre piccioni mezz'arrostiti allo spedo, prive di pelle, ossa, e nervi, e le polpe di tre piccioni alessati, e pestisi ogni cosa nel mortaro, con oncie quattro di dattoli mondi, e otto oncie di pasta di marzapane, e quattro oncie di medolla di bove piste, di modo che si possa passare per il foratoro, e non havendo pasta di marzapane, oncie sei d'amandole ambrosine monde con acqua fredda, e oncie quattro di zuccaro fino, giungendoli con esse sei capi di latte freschi, e non havendo capi di latte, una libra di fiorita fresca di pecora, e passata che sarà ogni cosa per il foratoro, pongansi dentro dieci rossi d'ova fresche crude, e quattro altre oncie di zuccaro fino, e con esse un'oncia di cannella, et mezza oncia tra garofali, e noci moscate. Habbisi apparecchiata la tortiera con un sfoglio di pasta alquanto grossetto
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e il suo tortiglione sfogliato intorno, fatto di fiore di farina, rosse d’ova, zuccaro, butiro, acqua rosa, et sale a bastanza, e in essa tortiera pongasi la compositione di modo che non sia troppo alta, e volendosi cuocere con un'altro sfoglio fatto a gelosia, sarà in arbitrio, ma comparisce meglio senz'essere coperta, e solo essergli fatta la crostata di zuccaro liquefatto, et acqua rosa, e faccisi cuocere al forno, come si cuoce il marzapane, et cotta che sarà, servasi calda, e fredda a beneplacito. In essa torta se gli potrebbe mettere un poco di mostaccioli muschiati, e quando la compositione sarà ben pista, non occorrerà passarla, e volendo che habbia del amabile, pongasi un poco di malvagia, sugo di melangole, e più zuccaro.


Per fare torta reale di pignoli, amandole, et altre materie. Cap. LXXIIII.

Mondisi una libra d'amandole ambrosine, state in mollo nell'acqua fredda per otto hore, e monde che saranno si pestino nel mortaro, con altretanti pignoli mondi, che sieno stati in mollo nell'acqua fredda per sei hore, e pista che sarà ogni cosa con due libre di zuccaro fino, giungasi con essi otto capi di latte freschi, overo una libra e mezza di fiorita pecorina fresca, e non havendo né l'uno né l'altro, piglinsi mozzarelle fresche, ma meglio sarà sempre i capi di latte, giungansi con esse materie; sei rossi d'ova freschi sbattuti, e quattro oncie di mele appie ben piste nel mortaro, e un grano di muschio, e mezza oncia di gengevero, e un poco d'acqua rosa, e non volendosi bianca in luogo di gengevero pongansi garofali, cannella, noci moscate, e habbisi apparecchiata la tortiera, con un sfoglio di pasta reale sotto alquanto grossetto, e il suo tortiglione sfogliato incirca, fatto di fior di farina, zuccaro, butiro, acqua rosa, e sale a bastanza, e mettasi dentro la compositione, di modo che non sia né troppo alta, né troppo bassa, e facciasi cuocere nel forno, come i marzapani, facendoli la sua crostata di zuccaro, e acqua rosa, et si serve calda, et fredda a beneplacito.


Per fare torta reale di varie compositioni. Cap. LXXV.

Piglinsi oncie sei d’amandole ambrosine monde state in mollo per otto hore nel’acqua fredda, e oncie 6. di pignoli stati in mollo, oncie
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quattro di dattali mondi, et quattro oncie di pistacchi mondi, et tre oncie di zibibbo senz'anime, et ogni cosa sia ben pista nel mortaro, giungendoli oncie tre di mollica di pane imbeverata nel latte di capra, et ogni cosa passisi per il setaccio, giungendoli libre cinque di latte fresco, et due libre di zuccaro pisto, et si mescoli ogni cosa insieme di modo che venga liquefatto, e mettasi dentro nella cazzuola ogni cosa, et con lento fuoco di carbone cuocasi di modo che pigli corpo, mescolando di continuo con il cocchiaro di legno; giungasi in esse un'oncia di cannella, et mezz'oncia tra garofali, et noci moscate, oncie quattro di butiro fresco, et due oncie d'acqua rosa, et cotta che sarà ogni cosa, cavisi della cazzuola, giungendoli sei rossi d'ova fresche, et quattro capi di latte, overo oncie 6. di fiorita di pecora, et non havendo né l'un né l'altro, pongasi ricotta, e d'essa compositione facciasene torta nel modo sopradetto, et servasi calda, et fredda a beneplacito, et quando si cava del forno, sbruffisi d'acqua muschiata.


Per fare torta reale di bianco magnare. Cap. LXXVI.

Piglisi libre due di bianco magnare, fatto di polpa di cappone, farina di riso, latte di capra et zuccaro, nel modo che si dice nel libro delle vivande a cap. 163. et pongansi con esso otto chiare d'ova fresche battute, et oncie 6. di zuccaro, et due capi di latte, mez'oncia di gengevero pesto, due oncie d'acqua rosa, et ogni cosa si mescoli insieme, et facciasene torta nel modo soprascritto, et servasi calda, et fredda a beneplacito, et in essa torta se gli potrebbe mettere de pignoli mondi, ammogliati, et pisti, et si potrebbe ancora cuoprire con un’altro sfoglio di pasta fatto a gruppi, o a gelosia. Di tutte le compositioni delle sopradette torte se ne può fare tortelletti, et friggerli in strutto overo butiro purificato.


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Per fare torta di capi di latte, e altre materie, reale. Cap. LXXVIII.

Piglinsi dieci capi di latte, e due libre, e mezza di ricotta fresca, e quattro oncie di cascio grattato, quattro oncie di pignoli ammogliati, e ammaccati, una libra, e mezza di zuccaro, due oncie di mostaccioli napoletani, fatti in polvere, un’oncia di cannella, mezz’oncia tra noci moscate, e garofali, e sei ova fresche, e d’essa compositione se ne faccia torta, nel modo, che si fa quella del bianco magnare a cap. 76. e servasi nel medesimo modo.


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Per fare torta di tagliatelli overo lasagne cotte in brodo grasso di carne, overo in latte. Cap. LXXXIIII.

Piglinsi tagliatelli, overo lasagne fatte di fior di farina, ova, latte di capra tiepido, o acqua tiepida, e si faccino cuocere in brodo grasso di carne, overo nel latte di capra, o di vacca, e cotte che saranno si cavino, e si lascino raffreddare, di modo che si possino tagliare, e poi habbiasi la tortiera onta di butiro con un sfoglio di pasta reale fatta di fior di farina, acqua rosa, zuccaro, e butiro, e sopra esso sfoglio facciasi un suolo di fette di provatura, spolverizate di zuccaro, pepe, cannella con alcuni bocconcini di butiro fresco, e cascio parmigiano grattato, e poi pongasi sopra le tagliature di tagliatelli, overo lasagne, e sopra esse lasagne facciasi un suolo delle medesime materie che sono sotto, in questo modo se ne potrà fare più suoli. Facciasi cuocere al forno, o sotto il testo senza essere coperta, e quando sarà presso a cotta si spolverizi di zuccaro, e cannella, et faccisi che sia abbondevole di butiro. In questo modo si può fare d’ogni sorte di maccaroni fatti a ferro, cotti nel modo sopradetto, si può alle volte tramezzare con menta, maiorana, et spighi d’aglio ammaccati, et servasi calda d’ogni tempo.


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Per fare torta di latte con diverse compositioni, la quale dal vulgo è dimandata coppi romagnoli. Cap. LXXXV.

Piglinosi quindici ova fresche, con tre libre di lattaroli, cioè giuncata, e un mezzo di latte grasso, e una libra di zuccaro grattato, e un’oncia di cannella, e un’oncia di mostaccioli napoletani fatti in polvere, mezza libra d’uva passa, e sale a bastanza, e habbiasi un tegame di terra, overo tortiera alta di sponde con butiro che bolla dentro, e pongasi dentro la detta compositione, dondogli il fuoco adagio, sino a tanto che si vederà che sia ben presa, e soda, e cotta che sarà servasi calda, e fredda a beneplacito, con zuccaro, e acqua rosa sopra. Ad un’altro modo si può fare la detta torta, ponendoli in luogo di giuncata ricotta fresca, e in luogo di zuccaro, mele, e fettoline di mele appie, overo cotogne, e mollica di pane grattata, ma riuscirà meglio cuocere il pane grattato col mele overo col mosto cotto, essa torta verrà più scura dell’altra, per rispetto del mele, e vuole più spetiarie dell’altra, e si può fare in tegame di terra, e nella tortiera con pasta sotto, e sopra.


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Per fare gattafura alla genovese. Cap. XCVII.

Piglinsi struccoli overo agretti, i quali sono casci freschi fatti d'un giorno senza sale, e quando hanno alquanto del forte sono assai meglio, pestisino nel mortaro tanto che venghino come butiro, e si mescolino con biete trite, e un poco di menta battuta, e pepe pisto, poi habbisi uno sfoglio di pasta, e stendasi sopra il suolo di rame onto di butiro, e pongasi sopra esso sfoglio la compositione che non sia alta più di mezzo dito, e sopra essa compositione spargasi olio dolce, e cuoprasi con un'altro sfoglio sottilissimo, e facciasi cuocere nel modo sopradetto, e servasi calda, perché fredda non val niente; è ben vero che molte volte si riscaldano sopra la graticola, e in questo modo si possono fare anchora nelle tortiere.


Per fare gattafura di cipolle alla Genovese. Cap. XCVIII.

Pestinsi struccoli, over provatura fresca, o provaggiole che sieno acetose, e sieno tanto ben piste, che venghino come butiro, giungendoli con esse un poco d'olio dolce d'olive, e habbinsi cipolle perlessate, e ben battute col coltello, e si mescoli con esse cascio pesto, e pepe; e habbisi il suolo spolverizzato di pan grattato con un sfoglio di pasta sopra, fatto di fior di farina, acqua, e olio, e mettasi sopra esso sfoglio la compositione alta mezzo dito, e con il cocchiaro vadasi spargendo un poco d'olio dolce sopra. Habbinsi poi altretante provaggiole piste come di sopra, mescolate con olio dolce, e compartiscasi su la compositione a pizzicotti, cuoprasi con un'altro sfoglio, e bagnisi con acqua chiara, e col cocchiaro spargasi sopra del olio, e facciasi cuocere sotto il testo, o nel forno, e servasi calda con zuccaro sopra, e in luogo del olio si può adoperare butiro.


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Per fare tortiglione ripieno. Cap. CXXII.

Impastinsi libre dui di fior di farina con sei rossi d’ova freschi, e due oncie d'acqua rosa, e un'oncia di lievido, stemperato con acqua tiepida, e oncie quattro di butiro fresco, overo strutto, che non habbia tristo odore, e sale abastanza, e per spatio di mezz'hora sia ben rimenata essa pasta, e facciasene sfoglio sottile, e ongasi di butiro liquefatto, che non sia troppo caldo, overo strutto, et con il sperone della pasta taglinsi gl'orli a torno a torno, gli quali sono sempre assai più grossi che’l resto; spolverizzisi il sfoglio d'oncie quattro di zuccaro, e un'oncia di cannella, poi habbisi una libra d'uva passa di Corinto, che habbia levato il bollo nel vino, e libra una di dattoli cotti in esso vino, e tagliati minuti, e una libra di zibibbo senz'anime che habbia levato il bollo in vino, e tutte le dette materie sieno raccolte, e mescolate insieme con zuccaro, cannella, garofali, et noci moscate, et pongasi la detta compositione sparsa sopra il sfoglio con alcuni bocconcini di butiro, e commincisi per il lungo del sfoglio a rivolgere in su come i cialdoni, avvertendo di non rompere la pasta, e a tal tortiglione non gli vuole essere dato più di tre rivolture, per meglio poterlo cuocere, né vuole essere troppo calcato, ongasi di sopra di butiro liquefatto non troppo caldo, comincisi da un capo venendo a rivolgerlo non troppo serrato, di modo che venga a foggia di scorza di lumaca, o di laberinto; habbisi apparecchiata la tortiera con un sfolio della medesima pasta alquanto
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grossetto, onto di butiro liquefatto, e mettasi sopra il tortiglione leggiermente senza essere calcato, e facciasi cuocere nel forno, o sotto il testo con fuoco temperato non mancando alle volte d'ongerlo di butiro liquefatto, e come è presso a cotto spargasi sopra zuccaro, e acqua rosa, e servasi caldo. La tortiera dove si cuocon i tortiglioni ha da esser sparsa, et bassa di sponde.


Per fare tortiglione ripieno a un’altro modo. Cap. CXXIII.

Tirisi un sfoglio sottile fatto di pasta nel modo soprascritto, e ongasi di butiro squagliato non troppo caldo, e spolverizzisi di zuccaro, e cannella, e sopra esso sfoglio mettasi medolla di bove tagliata minuta, et altretanta compositione di cervellate fine sparse minutamente, rivolgasi in su, e facciasene tortiglione, e cuocasi nel modo sopradetto, e servasi caldo. Si può in luogo della compositione di cervellate porvi salciccione crudo grattato.


Per fare tortiglione ripieno a un’altro modo. Cap. CXXIIII.

Fatto che s'haverà un sfoglio di pasta simile a sopradetti, ongasi di butiro squagliato, e spolverizzisi di zuccaro, e cannella, poi habbinsi rossi d'ova dure battute minute mescolate con pignoli ammogliati, uva passa, e spargasi sopra con alcuni bocconcini di butiro fresco, e facciasi il tortiglione, e cuocasi nel forno in la tortiera nel modo sopradet.


Per fare tortiglione sfogliato di sfogliatura aperta. Cap. CXXV.

Tirisi un sfoglio di pasta alquanto più lungo del primo antescritto, e ongasi di strutto, o butiro purgato liquefatto, et faccisi un ruotolo di grossezza del bastone di pasta, e lascisi raffreddare, e habbisi la tortiera sparsa con un sfoglio della medesima pasta, e il tortiglione sfogliato incirca, e con il coltello caldo, taglisi per il lungo il ruotolo, e partito che sarà in due partì, piglisene una parte, et vadasi accommodando in la tortiera con la sfogliatura in su, havendo la mano onta di butiro caldo, per rispetto ch'essa sfogliatura non s'attacchi alla mano nell'accommodarlo, e così si verrà a fare dell'altra parte, fino a tanto che la tortiera sia piena, poi spargasi sopra butiro liquefatto non troppo caldo, et facciasi cuocere nel forno, o sotto il testo con più fuoco sopra che sotto, e come è cotto, servasi caldo con zuccaro fino, e acqua rosa sopra.
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Volendone fare mostaccioli sfogliati, faccisi il pastone alquanto più grossetto, e come è raffreddato taglisi il ruotolo in pezzi lunghi un sommesso, e partisino detti pezzi in due parti per il lungo con il coltello caldo, ponghisino nella tortiera i detti pezzi con la sfogliatura in su, onta di butiro liquefatto, o di strutto non troppo caldo, e si faccino cuocere al forno nel modo sopradetto, e si servino caldi con zuccaro fino sopra.


Per fare tortiglione di sfogliatura ferrata. Cap. CXXVI.

Impastisi due libre di fior di farina con sei rossi d’ova, e quattro oncie di mollica di pane, che sia stata imbeverata in latte di capra, overo in brodo grasso, un'oncia e mezza di lievido stemperato con acqua rosa, tre oncie di zuccaro fino, sale a bastanza, quattro oncie di butiro, e per spatio di mezz'hora sia ben menata essa pasta, poi faccisi un sfoglio sottilissimo, e con lo sperone levinsi gl'orli a circa a circa. Ongasi di butiro liquefatto purgato, spolverizisi di zuccaro, e cannella, e finocchio dolce secco fatto in polvere con alcuni bocconcini di butiro, grossi come nocelle sopra, e faccisi il tortiglione di quattro rivolture: Habbisi apparecchiata la tortiera con un sfoglio di pasta onta di butiro, e con destrezza si verrà ad accommodargli dentro il tortiglione, sino a tanto che sarà presso a piena la tortiera, e poi con la palma della mano asciutta spianisi il tortiglione fino a tanto che sarà piena la tortiera, advertendo a non rompere la sfogliatura, perché esso tortiglione non gonfiarebbe, e pongasi sopra butiro liquefatto non troppo caldo, e facciasi cuocere al forno con fuoco temperato, e cotto che sarà servasi caldo con zuccaro et acqua rosa sopra. Volendo il tortiglione in dui modi, cioè di sfogliatura aperta, e serrata, fatto che sarà il tortiglione per il lungo d'otto rivolture taglisi per il mezzo, nel modo che s'è fatto a quello aperto. Et quello che si vorrà di sfogliatura serrata, faccisi di quattro rivolture, e nel mezzo della tortiera con il sfoglio sopra, si comincierà con la parte del tortiglione sfogliato, dandoli due giri, e col tortiglione serrato se ne farà dui altri giri, et così se ne verrà a fare più giri, facendo che l'ultimo giro circa alle sponde sia sfogliato, e quello che sarà sfogliato non si spolverizerà di zuccaro né di cannella, perché il zuccaro, et la cannella non lasciano sfogliare.


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Per fare fiadoncelli pieni di varie materie. Cap. CXXVII.

Impastisi libre due di fior di farina, e tre oncie di butiro fresco, quattro oncie d'acqua rosa, e sei rossi d'ova, il restante latte di capra tiepido, o di vacca, e sale a bastanza, facciasene sfoglio sottile, e habbiasi libra una d'animelle di vitella perlessate, e battute minute con li coltelli, mescolate con tre oncie di medolla di bove, e due oncie d'uva passa, che habbia tratto in bollo nel vino, quattro rossi d’ova dure tagliate in bocconcini, e due rossi d'ova crudi, quattro oncie di zuccaro, un'oncia di cannella, due oncie di cascio grasso grattato, poi taglisi il sfoglio in più parte larghe un sommesso, e lunghe un palmo e mezzo, e sopra ogni parte pongasi la compositione da un canto, e rivolgasi in su tre volte ungendo tra ogni rivoltura; dopo che sarà onta, bagnisi con chiare d'ova sbattute, acciò si venga ad attaccare insieme, e con lo sperone se gli dian tre tagli da canti voti, e facciasi cuocere nel forno, nel modo che si cuocono i pasticci sfogliati, overo friggasi in strutto, e cotti che saranno, si servino caldi con zuccaro sopra. Volendo empire di varie compositioni li fiadoncelli, piglisi di tutte le compositioni delle crostate, torte, e tortiglioni antescritte, eccettuando gl'herbami, e tartare.


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Per fare un’altra sorte di pasta, della quale se ne potrà fare struffoli, e altri lavorieri. Cap. CXXXV.

Battansi dieci ova fresche nate di quel giorno, e impastisi con esse fior di farina alquanto più liquida della sopradetta, e per spatio dei mezz’hora sia ben rimenata sopra la tavola, e poi distendasi essa pasta in ruotoli sottili, come se si volessero fare ciambellette, e con
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un coltello si taglierà essi ruotoli a dadi, e tagliati che saranno in gran numero, si lascieranno alquanto rasciugare, e poi con strutto che non sia troppo caldo si friggeranno, avvertendo che non piglino troppo colore, e con la cocchiara forata cavisino, e si lascino scolare, poi habbisi una cazzuola con mele schiumato, che sia ben caldo, e frigghisino in esso mele, dandoli una volta, e subito si cavino, e cavati che saranno, faccinsene castelli, e altre fantasie, e servisino freddi.


Per fare varie sorte di frittelle; e prima per fare frittelle alla venetiana. Cap. CXXXVI.

Faccinsi bollire sei libre di latte di capra in una cazzuola ben stagnata con sei oncie di butiro fresco, e quattro oncie di zuccaro, e quattro oncie di acqua rosa, e un poco di zafferano, e sale a bastanza, e come il bollo si comincia ad alzare, si poneran dentro libre due di farina a poco a poco, mescolando continuamente col cocchiaro di legno, fino a tanto che sarà ben soda come la pasta del pane, cavisi d’essa cazzuola, e pongasi nel mortaro di pietra, e pestisi per un quarto d’hora; poi cavisi, e pongasi in un vaso di rame, overo di terra, mescolandola con la cocchiara di legno, o con le mani, fino a tanto che si raffreddi; poi habbinsi venti quattro ova fresche, e ponghisino dentro a uno a uno, mescolando di continuo con la cocchiara di legno, o con le mani, sino a tanto che essa pasta sarà diventata liquida: finito che sarà di mettere l’ove, battasi per un quarto d’hora, sino a tanto che faccia le vesiche, e lascisi reposare per un quarto d’hora nel vaso ben coperto in luogo caldo, e ribattasi un’altra volta. Poi habbiasi apparecchiata una padella con strutto caldo, e piglisi della compositione, e pongasi sopra un tagliere, e con la bocca della caraffa, bagnata di strutto freddo, overo col cannone di ferro bianco taglinsi le frittelle, e ponghisino nel strutto, dandoli il fuoco adagio, e alcune volte muovasi la padella, facendo che le frittelle si voltino nel strutto, senza toccarle, e quando le frittelle comicieranno ad essere cotte creperanno, perché di natura gonfiano, e vengono a foggia di nespole, e molte volte si volgono da sé. Come si vedrà che haveranno preso alquanto di coloretto, e saranno leggieri, cavisino con la cocchiata forata, e servisino calde con zuccaro fino sopra. D’essa pasta se ne puon fare diversi lavorieri con la siringa, ma vuole essere alquanto più sodetta di quella delle frittelle, dipoi che sarà quella della
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siringa per fare che la sia migliore, faccisi stare per mezz’hora nel forno non troppo caldo, e servasi con zuccaro fino sopra.


Per fare frittelle di latte a un’altro modo. Cap. CXXXII.

Piglisi libra una di fior di farina, e oncie due di butiro liquefatto freddo, e due oncie di zuccaro, et due oncie d’acqua rosa, e un poco di zafferano, e sale, et otto ova, un bicchiere di latte di capra tiepido, e d’ogni cosa faccisene una pasta a foggia di colla ben battuta, lascisi reposare nel medesimo vaso in luogo caldo per un quarto d’hora, e ribattisi un’altra volta, et faccisene frittelle nel modo soprascritto, e cuochisino nello strutto, e servisino calde con zuccaro sopra; in essa compositione se gli può mettere fiori di sambuco, o menta, e maiorana battuta.


Per fare frittelle domandate frascate. Cap. CXXXVIII.

Impastisi otto oncie di farina con dieci ova fresche, e tre oncie di butiro liquefatto, e due oncie di zuccaro, un poco di zafferano, et sale a bastanza, due oncie d’acqua rosa, et sopra tutto faccisi che sia ben battuta, e habbisi la padella col strutto caldo, e d’essa pasta liquida pongasene in una cocchiara forata, o in uno foratoro mezzano, e con un’altra cocchiara non forata si farà passare, facendola andare per tutto, di modo che tenga tutta la padella, e subito che si vederà ch’haverà fatto il fiore, volgasi con destrezza, perché non pigli troppo colore, e cavisi perché tal pasta cuoce presto, e mettasi l’una sopra l’altra, spolverizzate di zuccaro, e se si vorranno conservare tenghisino nel forno caldo temperatamente, e coperte con la carta straccia.


Per fare un’altra sorte di frittelle. Cap. CXXXIX

Habbiasi libra una di cascio grasso grattato, e oncie quattro di mollica di pance grattato stato in mollo nel latte di capra, e ogni cosa di mescoli insieme con dieci ove ben battute, e oncie due di zuccaro, e dieci oncie di fior di farina, un poco di fior di sambuco, che sia stato in mollo nel latte, poi faccinsi le frittelle grandi, e piccole a bene placito, e cuochisino in strutto, e servisino con zuccaro sopra.


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Per fare frittelle a un’altro modo. Cap. CXL.

Impastisi libre due di fior di farina, con una libra di latte di capra, o di vacca tiepido, e oncie due di lievido stemperato con sei oncie di latte, e oncie sei di cascio grasso grattato, mezz’oncia di cannella, un poco di zafferano, otto ove fresche, quattro oncie di zuccaro, tre oncie di butiro, e quattro oncie di provatura fresca pista nel mortaro, e faccisi che la pasta venga come una colla ben battuta, e lascisi reposare per un’hora in luogo caldo ben coperta, e poi un’altra volta si ribatta, e faccisene frittelle con la bocca della caraffa, o col cannone di ferro bianco, e frigghisino in strutto, e servisino calde con zuccaro sopra, e con essa compositione se gli può mettere dell’uva passa.


Per fare frittelle con polpa di pollo. Cap. CXLI.

Piste che s'havera nel mortaro le polpe del petto di due capponi che prima sieno stati allessati, giungendoli libre due di cascio banzzotto, e mezza libra di cascio parmigiano grattato, tre oncie di latte, quattro oncie di zuccaro, sei ova, mezz'oncia di cannella, e d'essa compositione facciansene palle di grossezza d'un rosso d'ovo duro, e habbisi un vaso nel quale sian sei ova sbattute con due oncie di farina, e involghisi a una con esse palle, e subito involte ponghisino nel strutto caldo, e si frigghino, e cotte che saranno si servino calde con zuccaro sopra. In questo modo si può fare delle cervelle di vitella, e di capretto alessate.


Per fare frittelle di riso. Cap. CXLII.

Cuocansi libre due di riso con brodo grasso di carne, overo con latte di capra, o di vacca, e zuccaro in modo che sia ben sodo; cavisi del vaso, e lascisi raffreddare, pestisi nel mortaro con libra una di cascio grasso, quattro oncie di zuccaro, e ott'ova fresche, e d'essa compositione facciansene palle, et infarinisino in fior di farina, e poi frigghisino nel strutto, e fritte che saranno si servino calde con zuccaro sopra.


Per fare frittelle di fior di sambuco. Cap. CXLIII.

Piglisi libra una di cascio grasso, et una libra di cascio fresco, overo ricotta, e pestisi nel mortaro, giungendoli oncie tre di pan
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grattato, e quattro oncie di zuccaro, sei ova, un poco di zafferano, tre oncie di fior di sambuco ben netto che sia stato in mollo nel latte, poi d’essa compositione facciansene palla, e infarinisino in fior di farina, e ponghisino a friggere nel butiro liquefatto, overo strutto, e fritte che saranno, servisino calde con zuccaro sopra.


Per fare un’altra sorte di frittelle, dal vulgo romano dette pappardelle. Cap. CXLIIII.

Piglisi ricotta pecorina fresca, e con la stamigna spremisi fuora il siero, e per ogni libra d'essa ricotta tre ove, tre oncie di zuccaro, tre oncie di mollica di pane imbeverata nel latte di capra tiepido, e poi spremuto, e faccisi la compositione che habbia alquanto del sodo, et faccinsene frittelle col collo della caraffa, o con il cannone di ferro bianco, e frigghisino nel strutto, overo butiro liquefatto, e cotti che saranno servisino calde con zuccaro sopra.


Per fare frittelle, dal vulgo romano dette zeppolle. Cap. CXLV.

Habbiasi libra una di ceci rossi, stati in mollo, e mondi della prima scorza, e facciasino alessare in buon brodo di carne con sei oncie di castagne monde, e poi cavisino del brodo, e faccisino scolare, pestisino nel mortaro con sei oncie di noce vecchie monde, che non sieno rancide, giungendoli oncie quattro di zuccaro, un'oncia di cannella, mezz'oncia tra garofali, e noci moscate, poi habbisi un'oncia, e mezza di lievido, stemperato con un bicchiere di vino bianco tiepido, e un poco d'acqua rosa, e ogni cosa mescolisi insieme, giungendoli menta, maiorana, pimpinella, e serpillo battuto con li coltelli, et d'essa compositione facciansene palle, e frigghisino in strutto, o butro; e fritte che saranno sbruffisino d'acqua rosa, et servisino calde con zuccaro, e cannella sopra; ma se la compositione dopo ch'è fatta, starà riposata per un'hora, coperta in luogo caldo per rispetto del lievido, sarà assai meglio, e non havendo lievido, in luogo d'esso adoperinsi sei chiare d'ova.


Per fare una pasta liquida, della quale se ne potran fare diversi lavorieri con forme da getto, dette frutte di Sardegna. Cap. CXLVI.

Piglisi una libra e mezza di fior di farina, et facciasene una pasta
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liquida come colla, con una foglietta di latte di capra freddo, e quattro oncie di butiro liquefatto, due oncie d'acqua rosa, e sale a bastanza, sei rossi d'ova crudi, e fatta che sarà la detta pasta, battasi di modo che venga liquida, come quella che si fa i cialdoni, habbinsi le forme di getto ben nette, e sieno state scaldate nel strutto, e poi con un drappo di lino rasciugate. Questo si fa perché la forma getti meglio; habbiasi apparecchiata la padella con strutto caldo, e pongasi dentro la forma a riscaldare, come è riscaldata improntisi nella pasta, non passando il segno della forma, e friggasi nello strutto caldo, e quando son cotte, servisino con zuccaro sopra, e si possono empire di biancomagnare, di ginestrata, e d’altre materie, e d’essa compositione di pasta, quando sarà alquanto più sodetta, se ne potran fare diversi lavorieri con l’imbottatore, e poi fritti.


Per fare berlingozzi alla senese. Cap. CXLVII.

Impastinsi libre tre di fior di farina, con sedici ova ben battute, e un poco di sale, facendo di modo che la pasta sia più presto tenera che soda, poi d'essa pasta faccisene una ciambellotta tonda; bagninsi amendue le pizze di chiare d'ova battute, accioché s'attacchino insieme, infarinisi la pala del forno, e pongasi sopra la ciambellotta, e taglisi in tre luoghi, e diasegli il colore con ove battute, e subito si spolverizzi di zuccaro, e ponghisino al forno che sia ben netto, e alquanto caldetto, e come si comincia ad alzare, e pigliare il colore, pongasi sopra un sfoglio di carta, e cotta che sarà servasi calda, perché quando è fredda non è così buona, e non è così ghiaccente, et saporita.


Per fare ciambelloni con ova, e latte. Cap. CXLVIII.

Impastinsi libre tre di fior di farina con otto ova fresche sbattute, et sei oncie di zuccaro, e tre oncie d'acqua rosa, e il restante latte di capra tiepido con un poco di sale, facciasi la pasta, che non sia troppo soda, ma sia ben menata, e faccinsi i ciambelloni di quattro oncie l'uno, e ponghisino in una caldara d'acqua che bolla, e lascisino stare fino a tanto che venghino a galla, poi cavisino, e lascisino raffreddare, e asciugare, e faccisino cuocere in forno su la carta, o sul suolo che sia ben netto, e cotte che saranno, servisino calde, e fredde a beneplacito; si può mettere con esso finocchio dolce secco, o anici.


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Per fare ciambelle ripiene. Cap. CL.

Piglisi una libra di cascio bazzotto grasso, cioè di vacca, senza sale, e una libra di cascio parmigiano grattato, oncie sei d'uva passa ben netta, un'oncia di cannella, quattro oncie di zuccaro, tre oncie di butiro fresco, dodici ova fresche, e un poco di zafferano, e d'ogni cosa faccisi una compofitione. Poi impastinsi libre tre di fior di farina, con dieci oncie di latte di capra tiepido, e quattro oncie di mollica di pane imbeverata in esso latte, sei rossi d'ova, quattro oncie di butiro, e sale a bastanza, e ben menata che sarà la pasta, giungendoli nel menarla altre quattro oncie di butiro in più volte compartiscasi in bocconcini di due oncie l'uno, e con il bastone spian sino di modo che venghino tondi, lasciandoli la grossezza del sfoglio della torta; pongasi da un canto d'esse paste due oncie di compositione sopradetta per ciascheduno tondo, dandogli una volta, e mezza in su, ungendoli di butiro squagliato, e poi facciansi ciambellette, spianandole con la palma della mano, mettisino sopra la carta onta di butiro in una tortiera, e diasegli il colore come all’
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offelle, e faccisino cuocere al forno, e cotte che saranno, servisino calde: a un'altro modo si può fare tirare un sfoglio grande d'essa pasta, e per il lungo porgli la compositione d'altezza d'un dito, e farne tortiglione ripieno, e cuocerlo al forno nella tortiera con butiro squagliato sopra. D'essa compositione se ne puon fare lucerne, e cascatelle alla Bresciana, e ravioli in minestra cotti in buon brodo con la medesima pasta.


Per fare una compositione della quale se ne potrà fare ciambellette, et fiadoncelli. Cap. CLII.

Facciansi stufare nel butiro libre quattro di mele appie monde tagliate in bocconcini con un'oncia di cannella pista, e stufate che saranno si cavino, e si lascino raffreddare; giungasi con esse un'oncia, e mezza di mostaccioli pisti, sei oncie di cascio grasso, quattro oncie di pignoli mondi ammaccati, che sieno stati in mollo, sei rossi d'ova crudi, sei oncie di zuccaro, e d'essa compositione facciansene ciambellette, e fiadoncelli, tortelletti, e altri lavorieri fritti nel strutto. Se ne puon anchora fare tortiglioni ripieni, e cuocerli nel forno nella tortiera, e cotti che sono vogliono essere serviti caldi.


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Per fare crostata di fegato, e latte di storione. Cap. CXCVIII.

Pinglisi il fegato dello storione privo del fiele, e lavisi, e taglisi in fettoline, il simile facciasi del latte, involgasi nella compositione di pepe, cannella, garofali, e zuccaro, et habbiasi apparecchiata la tortiera, onta d'olio, o di butiro con tre sfogli di pasta sottilissimi, e il suo tortiglione sfogliato intorvo,fatti di fior di farina, rossi d'ova, butiro, acqua rosa, sale, et latte di capra tiepido, o acqua commune, e essi sfogli sieno onti di butiro, tra l'uno, e l'altro, e sopra essi sfogli spolverizzisi della medesima spetieria, e zuccaro, e pongasi sopra menta, e maiorana battuta, e uva spina, overo uva passa, e rossi d'ova dure infrante minutamente, pongasi poi il fegato, e latte sopra, e con essi la Primavera prugnoli freschi, l'Invernata secchi flati in mollo, rimettendogli di quella compositione sopra, che si è messa sotto, con sugo di melangole. Cuoprasi la tortiera con dui altri sfogli onti di butiro, e di sopra alcune liste sfogliate; poi col coltello che tagli, e sia caldo in punta, taglisi il tortiglione, e ongasi di butiro squagliato a torno a torno, il simile faccisi a quelle liste sfogliate, che si sono messe sopra, e faccisi cuocere nel forno, o sotto il testo, non mancando d'ongerla di butiro squagliato, accioché le liste, e il tortiglione sfogli meglio, e cotta che sarà servasi calda con zuccaro, e acqua rosa sopra, e alcune volte si può mettere in essa crostata fettoline di provatura fresca.


Per fare crostate di fegato, e latte di storione per giorno Quadragesimale. Cap. CXCIX.

Piglisi il fegato, e latte del storione, tagliati nel modo sopradetto, involghisino nelle medesime spetierie, e herbuccie battute,
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et uva spina, overo uva passa, e per ogni due libre di fegato, e latte, una libra di pancia di storione misaltata, scorticata, e alessata in acqua, e sale, e taglisi in fette sottili. Poi habbisi la tortiera onta d'olio d'amandole dolci, o d'olive buono con tre sfogli di pasta l'uno sopra l'altro onti di detto olio, fatti di fior di farina, e latte fatto di pignoli mondi, overo d'amandole, e zuccaro, e sale, e un poco d'olio, e tengasi l'ordine di mettere le sopradette materie, che si tiene di sopra, giungendoli un poco di sugo di melangole, e con tre altri sfogli cuoprasi la tortiera, e faccisi cuocere nel forno, nel modo che si cuoce la soprascritta, havendola prima onta d'olio, si può lavorare di sopra a diversi modi; questo sarà secondo il giuditio del cuoco, et in luogo della pancia di storione si puon mettere fettoline di tarantello dissalato, e cotto, e anchora in luogo dell'uva passa, si può mettere zibibbo senz'anime, e pignoli ammogliati nell'acqua, e l'Estate uva spina.


Per fare torta di fegato, e latte di storione. Cap. CC.

Piglisi il fegato privo del fiele, e il latte, e siano ben netti, t faccisino trarre un boglio nell'acqua, et sale, e con essi un poco di pancia scorticata del medesimo storione, e bolliti che saranno cavisino, e si lascino raffreddare, battisino con li coltelli, e con essi menta, et maiorana, mescolandosi ogni cosa con rossi d'ova crudi, e uva passa ben netta, e della medesima spetieria, e zuccaro, che s'è adoperato di sopra, e un poco di provatura fresca grattata con un poco d'agresto tinto di zafferano, non sendovi uva spina, poi habbisi la tortiera onta di butiro con un sfoglio di pasta alquanto grossetto, e il suo tortiglione intorno fatto della medesima compositione che si dice a cap. 108. e pongasi la compositione nella tortiera, facendo che la torta non sia più alta d'un dito, e mezzo, e con un'altro sfoglio lavorato a gelosia o altro modo si coprirà, e facciasi cuocere al forno, o sotto il testo, e servasi calda, spolverizzata di zuccaro, e acqua rosa. Volendosi fare in giorno Quadragesimale, in luogo di butiro adoperisi olio, e in luogo di ova di gallina, e provatura, ova di storione crude, e pistacchi mondi ammaccati, e dattoli tagliati minuti. In tutti i sopradetti modi si può accommodare il latte, e fegato dell'ombrina, e del spigolo, e di qualunque altri pesci usati, si marittimi come d'acqua dolce.


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Per fare torta di polpe di storione. Cap. CCI.

Piglisi la pancia del storione scorticata, che è la parte migliore, facciasi alessare con acqua, e sale, e cotta che sarà, cavisi, e lascisi raffreddare, e battisi con li coltelli, e con essa menta, maiorana, e un poco di serpillo verde, mescolandosi con esse mostaccioli pisti, fichi sechi tagliati in pezzuoli minuti, uva passa, e pignoli freschi ammaccati, pepe, cannella, e garofali pesti, zuccaro, e sale a bastanza, rossi d'ova crudi con un poco di cascio parmigiano grattato, e habbisi apparecchiata la tortiera onta di butiro con un sfoglio di pasta alquanto grossetto, et il suo tortiglione sfogliato incirca, pongasi dentro la compositione con un poco di sugo di melangole, o agresto, perché habbia dell' amabile, e alcuni pezzuoletti di butiro per dentro, acciò si confervi morbida, e cuoprasi con un'altro sfoglio di pasta, e si faccia cuocere nel modo, che si cuoceno le sopradette, e servasi calda spolverizata di zuccaro, et acqua rosa, e volendosi in giorno Quadragesimale, in luogo dell'ova, et cascio, pongasi pasta di marzapane, e ova d'altro pesce, et in luogo del butiro adoperisi l'olio. In questi modi si può fare torta delle polpe d'ogni pesce si maritimo, come d'acqua dolce usato, ogni volta che faranno prive di pelle, et spine.


Per fare crostate di lamprede grosse. Cap. CCII.

Piglisi la lampreda, e cavinsegli i denti, raccogliasi il sangue, e nettisi con acqua calda, taglisi in ruotoli, et faccisi stare per mezz'hora in una compositione di sale, pepe, garofali, noci moscate, et zuccaro, facciasi mezza cuocere al spedo, poi cavisi, et taglisi in ruotoli per il mezzo facendone due parti, habbisi apparecchiata la tortiera onta di butiro con tre sfogli sottilissimi di pasta onti di butiro, et il suo tortiglione intorno, et sopra essi sfogli faccisi un suolo di menta, maiorana battuta, et mostaccioli fini pesti, et dattoli freschi tagliati minuti, et uva passa, et bocconcini di butiro, et zuccaro, et della medesima spetieria, nella quale è stata involta la lampreda, et sopra esso suolo ponghisino i pezzi della lampreda, et sopra essi altretanta compositione, che s'è messo sotto con un poco di malvagia mescolata col suo sangue, et sugo di melangole, cuopransi con due altri sfogli, e alcune liste sfogliate sopra, facciasi cuocere al forno, o sotto il testo, et cotta che sarà, servasi con zuccaro, et acqua rosa sopra, et volendosi in giorno Quadragesimale in luogo
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di butiro adopersi l’olio; in questo modo si puon acconciare le lampredozze, senza essere arrostite al spedo, e il gongaro, e l’anguilla ogni volta che saranno scorticate, e prive della spina di mezzo, e la morena, quando sarà ben netta della viscosità, e delle spine.


Per fare crostata di sarde fresche. Cap. CCIII.

Piglinsi le sarde fresche, scaglisino, e taglisi loro la testa, e con un coltello che rada partisino per mezzo, levandogli la spina, lavisino e faccisino stare in una compositione di pepe, garofoli, cannella, e finocchio dolce secco fatto in polvere, e sale, e agresto chiaro, overo sugo di melangole; habbisi apparecchiata la tortiera onta di butiro, con tre sfogli sottilissimi di pasta, onti tra l'uno, et l'altro di butiro e il tortiglione incirca, e faccisi un suolo sopra essi sfogli, di menta, e maiorana battuta, e uva passa, e noci secche monde infrante, e alcune fettoline di provatura fresca, spolverizzata ogni cosa di zuccaro, e della medesima spetieria, e sugo di melangole o agresto chiaro, e sopra esse s'accommoderan le sarde, facendone tre suoli, tramezzati tra l'uno, e l'altro delle medesime materie, e quando si volesse porre un sfoglio di pasta fritto nel butiro, o nell'olio, nel mezzo non occorre fare se non un suolo sotto di sarde, et l'altro suolo sopra la pasta fritta. Et accommodate che saranno le sarde, e l'altre materie di sopra a detto sfoglio fritto, con due altri sfogli sottili di pasta cruda, o un solo con liste sfogliate, si cuoprirà, e si cuocerà al forno, nel modo che si cuoceno l'altre, e servasi calda con zuccaro, e acqua rosa sopra: volendosi in giorno Quadragesimale in luogo di butiro adoperisi olio, e in luogo della provatura spighetti d'aglio, che prima sieno stati allessati. In questo modo si puon acommodare le polpe dell'alici, delle triglie, e del pesce cappone, et del gho, e d'ogn'altra sorte di polpe di pesce, prive di scaglie, pelle, e spine, e sieno tagliate sottili, et volendosene fare torta, tengasi l'ordine della torta di storione a cap. 201.


Per fare crostata di pesce ignudo. Cap. CCIIII.

Piglisi il pesce ignudo, lavato con acqua tiepida, tanto che sia netto di qlla viscosità, e per ogni libra piglinsi oncie tre di pesce salmone crudo dissalato, e battasi minuto, e mescolisi col pesce. Habbisi apparecchiata la tortiera onta di butiro con tre sfogli simili a soprascritti, e tangasi tutto l’ordine di far la crostata, che si tiene nel capitolo delle
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sarde soprascritto, con le medesime materie. In tutti questi modi si puon acconciare tutte le pescarie minute prive di spine, e volendosene fare torta giungasegli un poco di cascio grattato, e rossi d’ova. Et in giorno di vigilia in luogo del cascio, e rossi d’ova, noci secche monde piste, e polpa di pane ammogliato pisto con le noci, e facciasi la torta ne i modi sopradetti.


Per fare crostata di gambari grossi, maritimi, e d’acqua dolce. Cap. CCV.

Piglinsi i gambari, e faccisino cuocere con vino, e aceto, e pepe, e cavinsi le polpe della coda, e zanche, quelli di mare si taglieranno in fette, e le code, e zanche de gambari d'acqua dolce, si lascieranno intere, e se pure si vorranno tagliare per il lungo le code, cavisi prima quel nervetto, soffrigghisino nel butiro, e soffritte che saranno, si lascieranno raffreddare, havendo apparecchiata la tortiera onta di butiro, con tre sfogli sottilissimi di pasta, onti tra l'uno, e l'altro di butiro, e il suo tortiglione sfogliato intorno, e sopra gli sfogli pongansi fettoline di provatura fresca, spolverizzate di pepe, noci moscate, garofali, e cannella, e zuccaro, e sugo di melangole, e sopra essi menta, maiorana battuta, e uva passa, e zibibbo senz'anime tagliato minuto, e sopra le dette materie pongansi le polpe di gambari soffritti con altretante materie sopra, che si sono messe sotto, e se si vorranno tramezzare come le sarde con un sfoglio di pasta fritto nel butiro a cap. 203. sarà in arbitrio, cuocasi con altretante fettoline di provatura fresca, et pezzuoli di butiro, e due sfogli sottilissimi, fatti nel modo soprascritto, e faccisi cuocere come l'altre, e servasi calda con zuccaro, e acqua rosa sopra, e volendosi in giorno Quadragesimale, non vi si metta provatura, e in luogo di butiro, olio d'amandole dolci, over d'olive, e volendose fare torta, doppo che saranno battute le polpe minute, tengasi l'ordine della torta di storione a cap. 201. In questi modi si può fare delle code delle squille, e de gambarucci, e spanocchie.


Per fare crostata di granchi teneri, cioè mutati, e gambari mutati. Cap. CCVI.

Piglinsi i granchi teneri, e per potergli meglio accommodare, faccisino morire in vino bollente con pepe, e subito cavisino, et lascisino
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raffreddare, poi habbiasi apparecchiata la tortiera onta di butiro con tre sfogli di pasta, onti tra l'uno et l'altro, et il tortiglione sfogliato intorno, et sopra essi sfogli pongasi menta, e maiorana battuta, et pedoni di carciofani che prima sieno stati alessati, et ben battuti, overo tartufoli mondi, et pepe, cannella, garofali, noci moscate, et zuccaro, et bocconcini di butiro, poi mettansi i granchi sopra interi, o in pezzi, con altretanta compositione sopra, et sugo di melangole, overo agresto chiaro, et sale a sufficienza, cuoprasi la tortiera con dui altri sfogli di pasta, et alcune liste sfogliate, et faccisino cuocere al forno, nel modo che si sono cotte l'altre, et servisino con zuccaro et acqua rosa sopra, et in giorno Quadragesimale in luogo di butiro adoperisi olio d'amandole dolci, o d'olive, et volendosene fare torta, battisino i granchi, o gambari dopo che sono alessati, et tengasi l'ordine, che si tiene nel cap. soprascritto.


Per fare crostata d’ostreghe. Cap. CCVII.

Piglisino le ostreghe cavate della coccia, conservando la sua acqua, et se l’ostrega sarà cavata cruda, piglisi la parte più bianca, et facciasi soffriggere nel butiro, et l’altra parte che e rimasta pestisi nel mortaro con un poco di amandole ambrosine torate, stemperate con la sua acqua, et un poco di agresto, et habbisi apparecchiata la tortiera onta di butiro con tre sfogli simili a sopradetti, et sopra essi sfogli sia uva passa, menta, et maiorana battuta, et spolverizzisi ogni cosa di pepe, cannella, et zuccaro, et poi pongasi sopra l’ostreghe, con altretanta compositione sopra, che si mette sotto, et col sapore sopra, cuoprasi con due altri sfogli sottili, et alcune liste sfogliate, et faccisi cuocere nel forno, o sotto il testo, et servasi calda con zuccaro, et acqua rosa sopra, et in giorno Quadragesimale in luogo di butiro adoperisi olio, si può anchora mettere con esse sei tartufoli mondi, tagliati minuti. In questo modo si puon acconciare l’ostreghe in adobbo, et salate, et ogni sorte di gongole, et cappe longhe, et telline, et paverazze, et padelle, et arcelle, et queste crostate serviranno per torte.


Per fare crostate di lumache cavate. Cap. CCVIIII.

Piglinsi le lumache ben purgate, et faccisino alessare nell’acqua in modo che siano ben cotte, et cavisino della coccia, pigliando la parte migliore, et rilavisino, et purghisino col sale, faccisino poi soffriggere
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con cipolle battute, e habbisi apparecchiata la tortiera onta di butiro, con tre sfogli di pasta sottilissimi, onti di butiro tra l'uno, e l'altro, et il tortiglione sfogliato intorno, e sopra essi sfogli si ponerà menta, e maiorana battuta, e uva passa con zibibbo senz’anime tagliato minuto, e spolverizzisi ogni cosa di pepe, garofali, cannella, et zuccaro, e sale; ponghisino poi le lumache con altretanta compositione sopra che s’è posta sotto, e spolverizzisino della medesima spetieria; si può anchora mettervi un poco di cascio parmigiano grattato, giungendoli un poco d’agresto chiaro, o sugo di melangole; cuoprasi con due altri sfogli, e alcune liste sfogliate sopra, e facciasi cuocere al forno, o sotto il testo, servasi calda con zuccaro, e acqua rosa sopra. In questo modo se ne può fare torta, havendo battute le lumache avanti che si frigghino, et in giorno di vigilia in luogo di butiro adoperisi olio, e in luogo del cascio, noci vecchie monde infrante.


Per fare crostate d’interiori, di tartarughe d’ogni sorte. Cap. CCIX.

Piglisi il fegato privo del fiele, e l’ova prive della scorza, e per ogni libra d’essa, tre oncie di polpa d’anguilla salata cotta, pista nel mortaro, con un’oncia di mostaccioli fini, faccisi soffriggere il fegato, e l’ove alquanto con butiro, poi habbiasi apparecchiata la tortiera con tre sfogli simili alli soprascritti, e il tortiglione sfogliato intorno, e sopra essi sfogli si porrà menta, maiorana battuta, e uva passa, pepe, garofali, zuccaro, e cannella, e pongasi sopra il fegato, e l’ova, e l’anguilla pista, stemperata con sugo di melangole, o agresto, e altretanta materia sopra, che si mette sotto, e spolverizzisi della medesima spetieria, cuoprasi la tortiera con due altri sfogli simili, e alcune liste sfogliate, e faccisi cuocere nel forno, o sotto il testo, e servasi con zuccaro, et acqua rosa sopra. Si può in luogo dell’anguilla pistare prugnoli, e stemperarli con sugo di melangole, o agresto chiaro, e mettere sopra la compositione, e in luogo del butiro, olio d’amandole dolci, o d’olive, e volendosi fare con la medesima carne della tartaruga, faccisi alessare di modo che sia ben cotta, piglinsi poi le polpe, e faccisino anchora esse soffriggere, e tengasi l’ordine soprascritto in fare la crostata.


Per fare crostata di fegato, et polpa di rane. Cap. CCX

Piglisi la polpa, e fegato delle rane che prima sieno state in mollo in
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più acque e così crude esse polpe, e fegato privo del fiele, si faranno soffriggere con butiro, o olio, tenendo poi l’ordine che si tiene nella crostata de gl’interiori del storione a cap. 198. e 199.


Per fare crostata d’alici salate. Cap. CCXI.

Piglinsi l’alici, e lavisino con vino, partisino per mezzo, e cavisegli la spina, habbisi apparecchiata la tortiera con i tre sfogli, e tortiglione, sopra i quali sia menta, e maiorana battuta, e uva passa, e zibibbo senza grani, spolverizzisi di pepe, cannella, garofali, e noci moscate, e mettisino sopra l’alici, e sopra esse tanta compositione, quanta è sotto; si può anchora tramezzarle con uno sfoglio di pasta fritto nel butiro, e se si vorrà porvi fettoline di provatura fresca, sarà in arbitrio; e cuoprasi con due altri sfogli simili, e liste sfogliate sopra, e cotta che sarà si servirà con zuccaro, e acqua rosa sopra, e in giorno Quadragesimale in luogo del butiro, e provatura, adoperisi olio, e pignoli mondi ammaccati.


Per fare crostate di tarantello, d'altri pesci salati. Cap. CCXII.

Piglinsi libre tre di tarantello, che non sia rancido, e sia stato in mollo in più acque, tanto che habbia perso una gran parte del sale; facciasi bollire, rimutandogli l'acqua, e come è presso a cotto cavisi, e taglisi in fettoline, e faccisi stare in aceto, e mosto cotto, e habbisi apparecchiata la tortiera onta di butiro con i tre sfogli simili a' sopradetti, et il tortiglione sfogliato intorno, e sopra gli sfogli pongasi zuccaro, pepe, garofali, cannella, menta, e maiorana battuta, uva passa, e zibibbo senz'anime, pignoli ammaccati, e prugne secche senz'anime che prima sieno state in mollo. Pongansi poi sopra le dette materie, le fettoline del tarantello con alcuni pezzuoli di butiro, provatura fresca, overo altro cascio senza sale, e altretante materie sopra esso tarantello, che si sono messe sotto, et volendosene fare più suoli, sarà in arbitrio, e volendosi tramezzare con un sfoglio di pasta fritto si potrà fare, facendo dui suoli con le medesime materie, e il tarantello; poi cuoprasi con dui altri sfogli, e alcune liste sfogliate sopra, e faccisi cuocere al forno, o sotto il testo, e servasi calda, sbruffata d’acqua rosa, e spolverizzata di zuccaro, e in giorno
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Quadragesimale adoperisi olio, in luogo di butiro. Et anchora si potrà porre con esso delle cipollette battute, soffritte, e volendosene fare torta, battasi il tarantello minuto, e mescolisi l’altre materie, giungendogli l’ova, e ricotta fresca; e in giorno di vigilia in luogo dell’ova, et ricotta, pasta di marzapane, e ova crude d’altro pesce. In questo modo si può acconciare la sorra, e il pesce salmone, l’anguilla salata, e il muggine, doppo che sarà stato in mollo, e scagliato, perché esso muggine non va perlessato.


Per fare crostata di bottarghe, schinale, schiena d’aringhe affumate, e di caviale. Cap. CCXIII.

Piglisi la tortiera con li tre sfogli, et il tortiglione sfogliato in circa, et sopra essi sfogli sia della medesima compositione, et spetieria, che s'adopera nel cap. sopradetto del tarantello, poi faccisi un suolo sopra esse di fettoline di caviale, et di bottarghe, et della schiena d'aringhe col suo latte, o ova, et del schinale, spolverizzandole di zuccaro, et pongasi sopra altretanta compositione che si è messa sotto con sugo di melangole, et in questo modo se ne verrà a fare due suoli, et se si vorrà tramezzare d'un sfoglio di pasta fritto, sarà in arbitrio: cuoprasi con due altri sfogli, et alcune liste sfogliate sopra, et facciasi cuocere al forno, et cotta che sarà servasi calda, spolverizzata di zuccaro, et sbruffata d'acqua rosa, et in giorno di vigilia in luoco di butiro adoperisi olio d'amandole dolci, ò olio d'olive dolce; e in giorno che non sia vigilia, si potrà mettere in detta crostata fettoline di cascio fresco senza sale.


Per fare crostate di prugnoli in giorno Quadragesimale, in primavera. Cap. CCXIIII.

Piglinsi i prugnoli raschiati, et ben netti dell'arena, et lavisino bene, et se saranno grossi, partisino in bocconcini, et faccisino soffriggere in olio: habbisi apparecchiata la tortiera onta d'olio con tre sfogli di pasta fatta di fior di farina, et latte d'amandole, o di pignoli tiepido, sale, et zuccaro, e sopra gli sfogli pongansi i prugnoli mescolati con menta e maiorana battuta, e fettoline di tarantello perlessato, e dissalato, et zibibbo senz'anime, spolverizzata ogni cosa di pepe, garofali, e cannella e zuccaro con sugo di melangole, o agresto chiaro, sopra, cuoprasi con due altri sfogli di pasta simili, onti tra l’uno, e l’altro d’olio,
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e facciasi cuocere nel forno, o sotto il testo. In questo modo si può fare d’ogni sorte di fonghi freschi, e piselli, fave fresche tenere, e servasi calda.


Per fare crostate di prugne, e visciole secche, e altre materie. Cap. CCXV.

Piglinsi le prugne, e visciole secche che sieno state in mollo, e cavinsi loro gl’ossi, poi habbinsi dattoli netti plessati tagliati in pezzuoli, e zibibbo senz’anime, e uva passa di Corintho, e fichi secchi di barili tagliati in pezzuoli, e pignoli, e pistacchi mondi ammogliati, pepe, cannella, garofali, noci moscate, e zuccaro, e ogni cosa mescolisi insieme, le frutte saranno tanto dell’uno quanto dell’altro, habbisi apparecchiata la tortiera onta d’oglio d’amandole con tre sfogli sottilissimi di pasta, fatta di fior di farina, latte di pignoli, olio, zuccaro, e sale, i quali sfogli sieno onti tra l’uno, e l’altro d’olio d’amandole. Pongasi la compositione dentro nella tortiera, et se si vorrà tramezzarla con un sfoglio di pasta della grandezza della tortiera fritto nel butiro, sarà in arbitrio. In questo modo, se ne potran fare più suoli, et cuoprasi con due altri sfogli sottili, e il terzo sia lavorato a diversi modi, et facciasi cuocere al forno, o sotto il testo, spolverizzata di zuccaro, e servasi calda. Si può mettere con esse de tartufoli; et volendosene fare torta mescolisi con esse materie, ove crude di pesce, et più herbe.


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Per fare torta cannellata, e d'altra sorte. Cap. CCXVIII.

Piglisi libra una d'amandole ambrosine, e pestisino con una libra di zuccaro, due oncie di mostaccioli napoletani, tre oncie di pignoccati, e un'oncia di cannella, quattro oncie di mele monde, due oncie di persiche secche state in mollo, due oncie di scorza di melangole condite. Pista che sarà ogni cosa nel mortaro, giungasegli un bicchiere d'acqua rosa, per ridurre la compositione più liquida. Poi habbiasi apparecchiata la tortiera, con un sfoglio di pasta alquanto grossetto, fatta di fior di farina, sale, olio, latte di pignoli, e zuccaro, e pongasi sopra la detta compositione, e tal torta non vuole essere troppo grossa. Cuoprasi con un'altro sfoglio lavorato a diversi lavori, faccisi cuocere a lento fuoco, facendo la sua crostata di zuccaro, e acqua rosa, e servasi calda, et fredda a beneplacito. In questo modo si può fare la torta marzapanata, fatta d'amandole piste, e zuccaro, et acqua rosa, overo pasta di marzapane, e anchora si potrebbe fare torta nel medesimo modo, di diversi frutti conditi, mescolati con pasta di
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marzapane, et pignoccati pisti con essi. Et in quella che si vorrà che habbia un poco del bruschetto, pongasi sugo di melangole, o agresto chiaro.


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Per fare torta d'amido in giorno Quadragesimale. Cap. CCXXVIII.

Piglisi libra una di pasta di marzapane pista, e oncie tre di pignoccati, oncie quattro d'amido cotto con latte d'amandole, e zuccaro, mescolisi ogni cosa insieme con tre oncie d'acqua rosa, et d'essa compositione si farà torta tenendo l'ordine di fare il sfoglio grossetto nella tortiera onta d'olio d'amandole dolci, et di sopra cuoprirla con
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un'altro sfoglio fatto a gruppi, o a gelosia, faccisi cuocere al forno, o sotto il testo, et servasi calda, et fredda a beneplacito con zuccaro, e acqua rosa sopra.

Per fare tortelletti di marzapane, et di varie compositioni. Cap. CCXXIX.

Piglisi libra una d’amandole ambrosine monde, quattro oncie di pignoccati, una libra di zuccaro, et pestisi ogni cosa insieme come tre oncie d’acqua rosa, et d’essa compositione faccinsene tortelletti grandi, et piccoli col sfoglio di pasta fatto nel modo del sottoscritto cap. tagliati col sperone, overo col buffolo di legno, et frigghisino nel olio, et fritti che saranno, servisino caldi con zuccaro sopra. In questo modo si puon fare tortelletti della compositione di tutte le crostate, e torte soprascritte.


Per fare fiadoncelli di varie compositioni. Cap. CCXXX.

Piglisi fior di farina, impastisi con vino bianco, acqua rosa, zuccaro, sale, olio, et zafferano, facendo però che l’acqua rosa sia più del vino bianco, et ogni cosa sia tiepida, facciasi la pasta, che non sia troppo soda, et faccisene un sfoglio lungo sottilissimo, poi habbisi pignoli mondi stati in mollo, et dattoli perlessati in vino, et tagliati minuti, et uva passa di Corintho ben netta, perlessata in vino, e zibibbo senz’anime tagliato minuto, et ogni cosa mescolisi insieme con zuccaro, et cannella, et un poco di menta, e maiorana battuta; d’essa compositione facciansene fiadoncelli col sfoglio della pasta nel modo sottoscritto, et frigghisino con olio bonissino, et servisino caldi con zuccaro sopra. In questo modo si può fare fiadoncelli di tutte le crostate, et torte antescritte, cioè della loro compositione, et d’essa pasta se ne può fare grostoli, et altri lavorieri fritti nell’olio.


Per fare fiadoncelli di polpa d’anguille fresche. Cap. CCXXXI.

Piglisi l’anguilla fresca scorticata, e tagliata in ruotoli, e arrostita al spedo, partansi per mezzo i ruotoli, e levisi la spina, e habbisi un sfoglio di pasta fatto di fior di farina, acqua rosa, vin bianco, sale, e olio, overo latte di pignoli tiepido, spolverizzisi l'anguilla di pepe, zuccaro, e cannella, e garofali, e pongansi due o tre pezzi sopra il detto sfoglio sottile, e largo un palmo, e appresso all'anguilla uva passa, e un poco di menta, e maiorana battuta, e rivolgasi,
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lo sfoglio in su, circa l’anguilla, facendone tre doppi a foggia di cialdoni, e fatto che sarà il fiadoncello, bagnisi la pasta, e appicchisi insieme, accioché la compositione non possa uscire, e d’amendue le bande se gli darà tre tagli con il sperone, frigghisino in olio, e fritti che saranno servisino caldi con zuccaro sopra.


Per fare pasta liquida, della quale se ne potran fare frittelle, e altri lavorieri. Cap. CCXXXIII.

Piglisi fiore di farina, e pongasi in un vaso di terra invetriato, o di rame stagnato, impastisi con acqua, vin bianco, olio freddo, e sale, e tingasi di zafferano, e sbattasi assai col cocchiaro di legno, di modo che venga come una colla liquida; poi habbinsi forme da getto, cioè lioni, aquile, gruppi, e altre fantasie, e facciansi scaldare esse forme nell'olio, e tenghisi il modo a fare detti lavorieri che si è tenuto a cap. 145. e servisino calde con zuccaro sopra. Tali paste s'empieno alle volte di diverse compositioni, e anchora d'essa pasta se ne puon fare frittelle con foglie di lauro, e rametti di rosmarino, e di salvia, giungendoli uve secche ammogliate in vino caldo, e un poco di lievido, e zuccaro, e stata che sarà la pasta in luogo caldo, per fare frittelle sarà assai meglio, e ogni sorte di frittelle vogliono essere servite calde con zuccaro, et mele sopra.


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Per fare pasta liquida della quale se ne potrà fare diverse sorti di frittelle. Cap. CCXXXIIII.

Piglisi libra una d'amandole ambrosine, et pestisino nel mortaro, et stemperisino con tre libre d'acqua tiepida, et faccisi scaldare il detto latte, poi habbiansi oncie due di lievido stemperato con acqua tiepida, et pongasi nel latte d'amandole con un poco di sale, et quattro oncie di zuccaro, et otto oncie di vino bianco, et quattro oncie d'olio, et due libre di fior di farina, et un poco di zafferano per dargli il colore, et battasi essa pasta per mezz'hora col cocchiaro di legno; lascisi reposare in luogo caldo per tre hore; ribattasi un'altra volta col cocchiaro, ricuoprasi il vaso, et per mezz'hora faccisi stare al caldo temperato, et ribattasi la pasta un'altra volta, et faccisi la prova nell'olio caldo, et se tal pasta gonfierà, sarà a perfettione, altrimenti ribattasi, et lascisi stare. Poi col cocchiaro si faran le frittelle grandi, et piccole come si vorrà, et cotte che saranno, così calde vogliono essere servite con zuccaro sopra, et volendole amare, con herbe, tengasi la pasta piu liquida, et pongansi l'herbe amare tagliate minute, et d'essa pasta se ne puon fare frittelle con pastinache, dopo che sono state perlessate, et anchora fare frittelle di sarde, et alici salate, et fette di mele appie, et di cocuzze marine tagliate in fette fottili, e di porri bianchi alessati, et di code di gambari alessate, et di rame di rosmarino, et di salvia, et d'altre materie; Si può anchora fare la pasta, senza latte d'amandole, con acqua tiepida solo, et più farina.


Per fare frittelle di riso. Cap. CCXXXV.

Piglisi libra una di riso, nettisi, et lavisi a più acque, et pongasi al fuoco con tanta acqua fresca che stia coperto, et come ha sorbito l'acqua, habbiasi latte fatto d'una libra d'amandole, et mezza libra di zuccaro, et pongasi dentro la metà, giungendoli il resto a poco a poco, sino a tanto che sarà ben cotto, et sodetto, et cotto che sarà si stenderà sopra una tavoletta, e si lascierà asciugare da se, piglisi poi et facciansene ballotte di grossezza d'una mezza palla Fiorentina, e esse ballotte involghisino in una pasta liquida fatta di fior di farina, acqua, sale, olio, et vino bianco, et frigghisino nel olio, et fritte che saranno, servisino calde con zuccaro sopra. A un'altro modo si potranno fare,
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asciutto che sarà il riso, pestisi nel mortaro, e giungasi con esso una mollica di pane, imbeverata nel brodo, dove è cotto il riso, faccisino poi ballotte nel modo soprascritto e involghisino in fiore di farina, e frigghisino nel olio, e servisino calde con zuccaro sopra.


Per fare un lavoriero di pasta fatto con la siringa. Cap. CCXXXVI.

Piglisi libre una d'acqua chiara, mezza libra di vino, quattro oncie d'olio, due oncie di zuccaro, un'oncia di lievido stemperato con essa acqua, un poco di sale, e zafferano, e ogni cosa faccisi bollire in una cazzuola, e come bolle piglisi fiore di farina, e pongasi dentro a poco a poco mescolandola col cocchiaro di legno fino a tanto che venga soda, cavisi, e pestisi nel mortaro per un quarto d'hora, e se essa pasta sarà troppo soda, giungasegli un poco di vino, e olio, e poi habbisi una padella con olio d'olive buono caldo, e pongasi essa pasta nella siringa, e facciasi passare che entri nel detto olio caldo. In questo modo se ne può fare gruppi, e altre fantasie, e come è cotto cavisi, e servasi con zuccaro sopra, e ancora si potrà fare senza siringa, solo con stendere la pasta a foggia di ciambelle, non mettendo farina nel maneggiarla, ma bagnisi la mano con buonissimo olio.


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LIBRO SESTO ET ULTIMO, DE CONVALESCENTI

A me parrebbe haver fatto nulla, se appresso all’ammaestramento datovi nelli cinque libri, per fare diverse sorti di vivande appartenenti ad huomini sani, non vi mostrassi anchora l’ordine da tenersi in fare acque cotte, brodi, consumati, pisti, orzati, e molt’altre vivande necessarie per gl’infermi, e convalescenti, sperimentato ogni cosa da me con molti Signori nelle loro infermità, e massime con la buona memoria del Reverendissimo Cardinale di Carpi, nelle sue lunghe malatie, come voi sapete, e come sanno e ne possono far fede l’Eccellente Signor Federigo Donati medico secreto di Nostra Signoria et il Reverendo Signor Alessandro Casale maestro di Camera di sua Santità; Da i quali sono essortato a volere dare in luce la presente operetta, e indirizzarla con li detti cinque libri al Reverendo Signor Francesco Rinoso scalcho secreto di Nostra Signoria. Però all’occasione ve ne servirete operando il tutto con quella diligentia, e fiducia, che da me vi è sempre stato mostrato.


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Per fare brodo consumato con cappone. Cap. XI.

Piglisi il cappone carnuto, e non pastato, e sia di mezza età, e non giovane, né decrepito, perché il giovane non dà quella sustanza, e il decrepito è troppo duro, e porta troppo tempo a fare il brodo, benché faccia il brodo più gagliardo de gl'altri, e si consuma più presto il brodo che si cuoca il cappone, e volendosi aggiungere acqua, il consumato non è buono. Sia dunque di mezza età, e sia morto all'hora, perché quanto più spatio starà morto, tanto il consumato haverà minor forza, e dapoi che sarà netto de gl'interiori, si taglierà in pezzuoli, e se sarà scannato sarà migliore che se gli fosse stato tirato il collo, percioché la carne rimarrà più bianca, e se si potesse fare senza lavarlo, sarebbe meglio, ma per far la cosa più netta, e delicata, si laverà in un'acqua sola senza spremerlo, ponendo li detti pezzuoli in una pignata di terra invetriata, che non habbia tristoodore, e stiano coperti d'acqua fin'a quattro dita di vantaggio. Facciasi bollire a lento foco, e schiumisi con diligenza, et con un coperchio di terra, schiumata che sarà si turerà la pignata, sigillando il coperchio intorno con pasta, di modo che non si sventi, et pongasi poi la pignata su le bragie lontana dalla fiamma con un mattone sopra il coperchio, overo con altro carico, accioché il bollore non sollevasse il coperchio. Facciasi bollire pian piano per tre hore, e più o meno secondo la vecchiezza del pollo. Vuole calare delle tre parti le due per esser buono, ma per esser sicuro, e non scoprire tante volte la pignata, ponganosi li piedi del pollo in un'altra pignata, e facciansi bollire con acqua anchor essi tenendo turato bene il vaso, e quando i piedi saranno cotti alhora il brodo sarà ben consumato, e sarà fatto. Et colisi per lo setaccio, o per la stamigna. Diasi a bere con zuccaro, e altre materie secondo sarà ordinato dal Phisico.


Per fare brodo consumato con galline, e capponi in un’altro modo, e con brevità. Cap. XII.

Piglisi il pollo della bontà, e grossezza di quello di sopra, e morto in quel giorno, nel medesimo modo. Taglisi in pezzuoli più piccioli,
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che si può, e con una sola acqua levisegli il sangue, et pongasi nella pignata con men acqua di quel di sopra, faccianosi bollire per un hora, schiumandola molto bene; cavinosi dapoi li pezzuoli, et ponganosi nel mortaro di marmo, et dianovisi tre o quattro botte col pistone, ritorninosi a bollire nella pignata col medesimo brodo. Schiumisi un'altra volta di quella schiuma grossa, e bianca che farà, giundovi un poco di cannella, e facciasi bollire per un'altra hora, tenendo stufata la pignata al modo di quella di sopra, dapoi quando si vorrà adoperare per bere, o per far brodetti, si colerà. Del sale io non ne parlo, perché sarà in arbitrio.


Per far brodo consumato di cappone saporito. Cap. XIII.

Maravigliosa materia parrà ad alcuni che per li convalescenti si habbia a dare brodo simile, ma io l’ho fatto più volte per commissione de Phisici; piglisi il cappone tagliato in pezzi al modo sopra detto, faccisi bollire in una pignata con acqua a lento foco fin’a tanto che sia bene schiumato, tengasi la pignata coperta col coperchio di terra, lasciandola bollire con una fettolina di presciutto, che non sia rancido per un’hora (il che si fa per dare un poco di gusto al brodo, e per sodisfattione delli svogliati) cavisi fuora il presciutto, bollito che haverà il termine sopradetto, et pongavisi un mezzo quarto d’oncia di cannella intiera, e come haverà bollito fin’a tanto che sia consumato più della metà, si colerà per lo setaccio, e d’esso brodo se ne faranno minestre, perché è più appropriato per far minestre, e brodetti, che per dare a bere.


Per far brodo consumato delli sopradetti polli con diverse altre materie. XIIII.

Piglisi il pollo grosso, e carnuto privo del grasso, taglisi in più pezzi, et sopra tutto sia morto in quel giorno; lavati che saranno i detti pezzuoli in un'acqua sola, si faranno bollire in una pignata con un pezzo di cannella al modo sopradetto fin'a tanto che ne siano calate delle tre parti le due. Colisi così caldo per lo setaccio, e con esso pongasi per ogni scodella un rosso d'ovo fresco, e un'oncia di zuccaro, e sugo di due melangole, o un poco di agresto, e diasi da bere
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al convalescente. Questo dicono i phisici che è di gran sustanza.


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Per fare un consumato a Lambicco. Cap. XXI

Piglinosi due polpe di petto di cappone, prive delle pelli, e nervi tagliate per lungo a guisa di polpette crude, e morto il cappone di quel giorno senza essere lavate, solo con un drappo candido asciugate, e si porrano l'una sopra l'altra nella boccia di vetro, con fette di limone mondo sì della scorza, come della pellicola bianca, ma solo il sugo, e mettasi tra l'una fetta, e l'altra, e in loco del limone si può mettere ancho herba acetosa, e dell'oro macinato, e diverse altre cose, secondo che il phisico ordinerà. Accommodati che saranno li petti, e le polpe nella boccia, essa boccia si accommoderà sopra il buco della caldara, la qual sia di rame piena d'acqua, e non habbia altro che una cannella per respiro, e sia a foggia di bottiglia d'acqua, e essa caldara sarà posta sopra un focone, dove con foco lento di carbone si farà bollire, e per forza di quel calore verrà a stillarsi il petto, quando sarà coperta la boccia del suo coperchio pur di vetro grosso, e sigillata intorno con pezzoline bagnate con chiare d'ova battute, e con farina di modo che non possa sfiatare. Il pizzo della boccietta, cioè coperchio di sopra, donde ha da uscire il liquore, risponderà nel collo d'un caraffone, il qual sarà circondato con pezzoline, che non possa sfatare, e tal materia non durerà meno di quattro hore a lambiccarsi
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Il qual consumato affermano i phisici essere di gran sustanza, e si dimanda consumato fatto a bagno maria, benché si può fare in diversi altri modi, e tal consumato si fece nel 1564 all'ultimo di aprile per l’Illustrissimo, e Reverendissimo Cardinal di Carpi Ridolfo Pio.


Per fare un consumato di pollastri. Cap. XXII.

Piglinosi tre pollastri maschi non troppo grossi, ma carnuti, e subito morti, spiumati, e netti de loro interiori, levando loro il collo, e li piedi, e così intieri si lavino nell'acqua, taglinosi minuti sopra una tavola di legno, che non sia di noce, ponganosi nella boccia sopradetta, e tengasi il medesimo ordine di sopra, e quando non si havesse la commodità di farlo al modo sopradetto, pestati che saranno i pollastri con gli ossi ponganosi in un cucumo, che habbia la bocca tonda, e stretta, et quello si faccia bollire nella caldara si come sarà scritto nel seguente capitolo, lascisi bollire per quattro hore, colisi poi quel consumato, che sarà alquanto torbido, e grasso, e esso consumato si potrà incorporare con rossi d'uova freschi, e darlo a bere a chi ne haverà bisogno. In questi sopradetti modi si potrà fare di starne¸ di faggiani, di galline d'India morte in quel giorno, e ancho di polpa di vitella morta in quel giorno.


Per fare consumato di polpe di cappone. Cap. XXIII.

Piglinosi le polpe delli petti di tre capponi morti in quel giorno, faccianosi tagliare in pezzuoli, e stiano per un'hora nella malvagia, o nel brodo magro, freddo, e questo sarà secondo la commission dei Phisici, e con un ago infilato di seta cremesina faccianosene più filzette di quattro per filzetta; habbiasi dapoi apparecchiato un cucumo di terra invetriato tondo di bocca, e non troppo largo, e non havendosi cucumo piglisi un caraffone di vetro doppio; al cucumo si poneranno le filze a torno a torno di dentro in modo che non arrivino al fondo, e siano ligate presso al collo, e si turerà la bocca con una pezza candida a più doppi piena di stoppa in modo che non possa sfiatare, e poi mettasi in un caldaro, ove sia acqua fredda, in modo che la bocca del cucumo avanzi tre dita sopra l'acqua, e non meno, et
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posta che sarà la caldara sopra il tripiede con fuoco sotto, si porrà un peso di sopra la bocca del cucumo, di modo che il tenga fermo, e che il bollo non lo volti sottosopra, ma per essere più sicuro che non si riversi, ponganosi cordicelle intorno al collo del cucumo, le quali stiano ferme intorno alla caldara di modo che non abrucino, lascisi bollire per tre hore, e per essere più sicuro, piglisi un piede del detto pollo, e con un filo ligato mettasi a bollire nella caldara, e quando il detto piede sarà cotto, e disfatto, all’hora si potrà cavare il cucumo, et con destrezza si caveranno le filzette. Piglisi quel liquore, ch’è ito al fondo, e diasi al convalescente, e volendolo fare nel carafone doppio, il qual però è più pericoloso, accommodate che saranno le filzette nel modo sopradetto, e turata la bocca con una medesima pezza, e con un’altra coperta di sopra di carta pecorina, pongasi il caraffone nella caldara con acqua fredda, nella qual caldara sia fieno o paglia che conservi il caraffone acciò non dia nelle sponde del caldaro, e ligato il collo del caraffone con due cordelle, che sostenghino, e non lo lascino girare qua e là, lascisi bollire, e facciasi la prova nel modo sopradetto. Et questo si fece nel 1548. per l’Illustrissimo, et Reverendissimo Cardinale Pietro Bembo Venetiano. Si potrebbe anchora delle sopradette polpe farne stillato a campana, overo boccie di vetro, come si suole, cioè doppo che saranno partite in fettoline, e asciutto con un drappo di panno tramezzate con fettoline di pane bianco, che prima sia stato inbeverato in brodo di pollo consumato.


Per far brodo consumato di carne di vitella. Cap. XXIIII.

Piglisi la punta del petto con gl'ossi, e carne delli stinchi rotti insieme con gl'ossi, e spezzata in più bocconcini mettasi a bollire in una pignata con tanta acqua, che siano coperti di quattro dita, e un poco di sale, e facciasi bollire fin'a tanto che siano bene schiumati, dapoi coprasi la pignata con pasta a torno a torno come s'è fatto in quella del cappone, e cotta che sarà in modo che sieno calate delle tre parti le due, e più, si colarà per setaccio, e d'esso brodo se ne potranno far brodetti, esuppe, e se ne potrà dar da bere secondo il
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bisogno, e quando non si havessero le sopradette parti di vitella, piglisi della coscia con il suo osso, percioché dove sarà l'osso sempre sarà migliore ma si ha da avertire, che tal carne sia di vitella morta in quel giorno.


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Per far brodo consumato di carne di vitella. Cap. XXVII.

Piglinosi libre sei di carne di vitella nella coscia, morta in quel giorno priva di pelle, e nervi, battasi minutamente nel modo che si batte la salciccia senza grasso, bagnisi nel battere con un poco di brodo magro di vitella, pongasi in una tortiera stagnata, o in un tegame di terra, e diasi il foco sotto e sopra, ma più di sotto che di sopra, rivolgasi alcune volte con la cocchiara, e sottestato che sarà per un'hora, colisi il brodo con una stamigna struccando la carne. Di questo brodo se ne potrà far pane stufato, e brodetto da bere, giungendovi zuccaro, et sugo di melangole secondo la commission del Phisico, e alle volte vi si pone uva passa a sottestar con esso. Della carne che sarà rimasta nella stamigna, giungendovi un poco di grasso, e d'uva spina se ne potrà fare minestra con rossi d'ova. In questo modo si può fare della coscia di castrato, della pollanca d'India, e del cappone, cioè delli lor petti.


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Per far un pottaggietto di testicoli di polli. Cap. XLVIII.

Piglisi brodo consumato di pollo o di vitella con uva spina, overo agresta senza anime, menta, maiorana, herba acetosa, et pimpinella battute, et un poco di pan grattato, over mandole monde piste, di modo che habbia un poco di corpo, facciasi bollire ogni cosa con li testicoli di gallo per un pochetto, rivolgendole alcune volte con il cocchiaro. Questo pottaggetto si può servire con fette di pane sotto. In questo modo si potranno conciare quelli di capretto.


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Per fare brodetti diversi, et prima per fare brodetto con brodo di Pollo, et rossi d’uove fresche. Cap. LX.

Piglisi il brodo di pollo o di carne di vitella, il qual sia mezzo consumato, e sia freddo, e per ogni mezza foglietta tre rossi d'uove fresche sbattute con sugo di melangole, o agresto, e zuccaro, passisi per la stamigna per rispetto del gruppo dell'uova, pongasi ogni cosa in una caldarina o pignatina, la qual si ponga sopra la bocca d'un cucumo, che habbia la bocca tonda, e sia pieno d'acqua, e bolla, e sia turata la caldarina, e lascisi stare per un quarto d'hora, et più o meno secondo la quantità del brodetto, e come si vedrà che cominci a far presa, si leverà dal foco, e si gli daranno due volte con la cocchiara, e si servirà caldo. Si potrebbe ancho fare con il brodo caldo, cioè quando il brodo bolle in un tratto ponervi i rossi d'ova battuti
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con le sopradette materie, ma perché sia più delicato si fa col brodo freddo. Servisi caldo.


Per fare brodetto d'uove fresche. Cap. LXI.

Piglinosi l'uove fresche, battasi il chiaro, e il rosso tutto insieme, habbiasi dapoi un vasetto delicato con brodo consumato di pollo o di vitella che bolla con un poco di agresto chiaro, e zuccaro, mettanosi dentro l'ova, mescolando con il cocchiaro di legno o d'argento fin'a tanto che pigli il corpo. Si può ancho cuocere sul cucumo nel modo di sopra. Servisi caldo con fettoline di pane sotto.


Per fare brodetto con herbicine battute. Cap. LXII.

Piglisi il brodo di pollo o di vitella con un poco di cannella pesta dentro, e uva spina, o agresto intiero senz'anime, e senza pelle, facciasi bollire con herbicine, maiorana, e pimpinella, e petrosemolo battute per un quinto d'hora, mettanosi poi dentro l'ove battute, mescolandosi con il cocchiaro fin'a tanto che piglino un poco d'ombra. Di tal brodetto quando sarà chiaro se ne può fare pane stufato, e le fette del pane siano sottili; volendosene servire per minestra, si lascierà pigliare un poco più corpo, e servisi caldo, e il verno in loco dell'uva spina, pongavisi agresto chiaro.


Per far brodetto bianco con latte di mandole. Cap. LXIII.

Piglinosi mandole ambrosine monde, facciasene latte con brodo freddo, e magro di cappone, e con esso latte battanosi chiare d'ova con agresto chiaro, e zuccaro, passinosi per lo setaccio in un vaso di rame bene stagnato o di terra ben netto, facciasi cuocere al modo che s'è cotto il primo sul cucumo, overo su le bracie, mescolando spesso col cocchiaro. Cotto che sarà, servisi caldo con fettoline di pane sotto o senza.


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Per fare brodetto detto zambaglione. Cap. LXIIII.

Piglinosi sei rossi d’ova senza chiare crude, e fresche, e oncie sei di malvagia amabile, oncie tre di zuccaro, un quarto di cannella pista, oncie quattro d’acqua chiara, mescolisi ogni cosa insieme, e passisi per lo colatoro o foratoro, facciasi cuocere nella caldarina con acqua bollente, cioè piglisi una bastardella di rame con tanta acqua, che la caldarina avanzi tre dita, e facciasi bollire l’acqua fin’a tanto che il zambaglione faccia presa al modo del brodetto, e con esso zambaglione si può mettere un poco di butiro fresco, e in luogo di malvagia tribbiano di Pistoia, overo altro vin bianco dolce, e se non si vorrà così fumoso, piglisi men vino, e più acqua. Tal vivanda in Milano si usa dare alle donne gravide, benché si può fare con chiare, e rossi d’ova, ma bisogna passarlo per la stamigna, per rispetto della calatura dell’ova; servasi caldo.


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Per fare un zambaglione con latte di mandole. Cap LXVII.

Piglinosi oncie sei di mandole ambrosine, e faccianosi stare a molle nell’acqua fredda per otto hore. Il che si fa perché siano più saporite, e più candide, monde che saranno pestinosi, e facciasene latte con brodo magro, e freddo di pollo, passisi per la stamigna con diece rossi d’uove fresche, e con sei oncie di malvagia amabile, overo tribbiano da Pistoia, o altri vini bianchi dolce, e oncie quattro di zuccaro fino, un mezzo quarto di cannella pesta, e un poco d’acqua di rose per dargli l’odore. Facciasi cuocere in un vaso di rame stagnato, lontano dalla fiamma, fin’a tanto che piglierà corpo, mescolando sempre con la cocchiara di argento o di legno, e volendosene servire per minestra si farà alquanto sodetto, ma se si vorrà servire per bere si farà liquido, e dicono i Phisici, che questo, e l’antescritto sono di grandissima sostanza.


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Per far minestra di panata in giorno grasso, e magro. Cap. LXIX.

Piglisi mollica di pane bianco d'un giorno tagliata a dadi, di grosezza d'una nocella, bagnisi con brodo magro bollente, lascisi stare per un quarto d'hora (il che si fa perché il pane sia più saporito, et più tenero) cavisi poi d'esso brodo, et rimettasi in brodo buono di cappone mezzo consumato, che non sia troppo salato, facciasi finir di cuocere, e diasigli un poco di corpo con rossi d'ova, di modo che venga quagliata, e habbia quel grassetto giallo di sopra. L'estade in luogo dell'ova pestisi seme di mellon mondo, e facciasene latte con del medemo brodo magro, e un mezzo quarto d'hora prima che s'habbia da servire, vi si metta dentro tal latte, e non si lasci bollire perché agrupperebbe. In tal panata sarà in arbitrio di mettere zuccaro fino, e in loco del latte del seme di mellone si può mettere latte di mandole, facendole levare il bollo con essa panata, et nelli giorni di venere, et sabbato in loco del brodo si adopererà buttiro fresco lavato, et in giorno di vigilia oglio di mandole dolci. In questo modo si potrebbe fare il pan grattato.


Per far panata con latte di mandole. Cap. LXX.

Taglisi la mollica del pane come di sopra, facciasi stare in molle nell'acqua bollente, (il che si fa per cavare la viscosità del pane, et acciò che il latte il possa più facilmente penetrare, perciò che se si ponesse il pane così asciutto, la mandolata cuocerebbe, et il pane nel mezzo sarebbe asciutto) però stato che sarà il pane in molle, et colata l'acqua per un colatoro, pongasi nel latte di mandole, et con esso latte vi sia zuccaro fino, et un poco di sale, mettasi a bollire per un quarto d'hora, et sia in arbitrio di farla liquida, et soda, et quanto più bollirà più verrà soda, et sarà men bianca. Se nell'ultimo si vorrà mettere un poco di latte di seme di mellone, prima che si cavi, et si serva, sarà in arbitrio, dando la volta col cocchiaro.


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Per far panata con latte di seme di mellone. Cap. LXXI.

Piglisi la mollica di pane tagliata come nel primo ca. delle panate, e facciasi bollire con acqua, e sale, e bollito che sarà colisi per un foratoro, habbiasi apparecchiato il latte del detto seme con zuccaro, e mettasene tanto nella panata, che non sia troppo liquida, pongasi in una caldarina o pignata, et mettasi in una caldara piena d'acqua, che sia grande, e l'acqua bolla, o sopra un cucumo che habbia la bocca tonda, pieno d'acqua bollente, e in quel modo tenendo il vaso della panata coperto, s'incorporerà il latte con il pane, e non bollirà, perché se bollisse farebbe certi gruppi come ricotta. Servesi calda, e il detto latte si faccia con acqua o brodo di pollo.


Per fare una panata semplice, la qual potrà servire quando alcun sarà rifreddato. Cap. LXXII.

Piglisi la mollica di pane tagliata come di sopra, e come sarà stata in molle nell'acqua bollente per un quarto d'hora, scolisi l'acqua, e facciasi cuocere con altra acqua, e zuccaro senza sale, e servesi calda.


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Per fare pane passato per lo setaccio, o per la stamigna. Cap. LXXV.

Cotta che sarà la panata in qualunque modo detto di sopra, si colerà il brodo o latte; la parte più sottile, e la più soda si passerà per la stamigna, o per lo setaccio, rimettendola in un vaso di rame stagnato con rossi d'ova battuti, e con zuccaro fino, o con grassina di latte di mandole cotto, e facciasi solo levare il bollo, acciò non faccia il gruppo, mescolandola con il cocchiaro di legno o d'argento, e servasi così calda.


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Per fare mangiar bianco con latte di capra. Cap. LXXVII.

Piglinosi cinque libre di latte di capra, munto all'hora, e passato per lo setaccio, e otto oncie di fior di farina di riso, e un petto di cappone o di gallina giovene alessato, e poi sfilato come capelli, e pesto nel mortaro, mettasi prima il latte, e la farina nella cazzuola sopra un tripiede con foco sotto di carbone con un poco di sale bianco, mescolandosi con la paletta, e come si vedrà che farà un poco di corpo si ponga il petto sfilato, o pesto mescolato con latte freddo con zuccaro fino a bastaza, facciasi finire di cuocere. Si può ancora insieme con il latte mettere quattro capi di latte freschi, perché faranno il bianco magnare più delicato, e come si vedrà che il biancomagnare si appicchi nella paletta nell'alzar d'essa paletta, all'hora sarà cotto, e si caverà dal foco, et si sbatterà con la paletta, giungendovi acqua di rose, e servasi caldo, o freddo ad arbitrio.


Per fare biancomagnare con latte di mandole. Cap. LXXVIII.

Piglisi meza libra di farina fatta di riso lavato, e ben purgato, e per ogni oncia e meza di farina una libra di latte di mandole, il qual latte sia fatto con acqua dove sia cotta una libra di riso, e tre oncie di zuccaro, mettasi ogni cosa in una cazzuola, o bastardella bene stagnata, facciasi cuocere a lento fuoco di carbone, mescolando con la paletta fin'à tanto che sia ben cotto, non mancando di giungervi sale, e acqua di rose, e se dal phisico sarà concesso in giorno di vigilia polpe di pesce cappone alessato, o schiena del luccio alessato in luogo del pollo, si potrà fare; e servesi poi caldo, o freddo a beneplacito con zuccaro sopra.


Per fare minestra di amido con latte di mandole. Cap. LXXIX.

Piglisi per ogni sei oncie di farina d’amido bianca che non sia vecchia libre quattro di latte di mandole, stemprisi ogni cosa, et passisi per lo setaccio in una cazzuola ben stagnata, con sei oncie di zuc
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caro fino pesto, e un poco di sal bianco, facciasi cuocere nel modo che s’è fatto al magnar bianco, e come sarà cotta si caverà dal foco, giungendovi un poco d’acqua rosa, e se si vorrà in foggia di biancomagnare, tengasi più soda, e si metta più zuccaro, e servasi caldo o freddo a beneplacito.


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Per far torta di magnar bianco senza cascio. Cap. CXVIII.

Piglinosi due libre di magnar bianco fatto nel modo che s’è detto nel cap. 76. e sei oncie di pignoccati, e sei chiare d’ove fresche, tre capi di latte, passisi ogni cosa per lo setaccio dapoi che saranno ben pestate nello mortaro, pongasi nella tortiera, dove sia uno sfoglio di pasta, fatta di fior di farina, et rossi d’ove, butiro, e sale, zuccaro, e acqua di rose, con un’altro sfoglio di sopra lavorato a diversi modi, facciasi cuocere nel forno, o sotto il testo, facendo la sua crostata di zuccaro, e acqua di rosa. Servesi calda, o fredda a beneplacito.


Per far torta di capi di latte. Cap. CXIX.

Piglinosi venti capi di latte, una libra di pignoccati pesti nel mortaro, oncie tre di biscotelli di marzapane, otto chiare d'ove fresche, e pesta che sarà ogni cosa, si passerà per lo setaccio con un poco di acqua di rose, e un poco di sal bianco, giungendovi sei oncie di zuccaro fino, e mettasi nella tortiera, dove sia un sfoglio fatto come il sopradetto, facciasi cuocere nel forno o sotto il testo, facendo la sua crostata di zuccaro, et acqua rosa, e servasi calda o fredda a beneplacito.


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Per fare crostata di fragole senza cascio. Cap. CXXIX.

Piglinosi le fragole nella Primavera fin’a tutto maggio, ch’è la loro stagione, habbiasi apparecchiata una tortiera con due sfogli di pasta uno sopra l’altro, spolverizzati tra l’uno, et l’altro di zuccaro, e cannella, e onti di butiro fresco; e spiccate che saranno le fragole dal piede; et lavate nel vino, et bene scolate, una parte se ne metterà sopra il primo sfoglio, spolverizzandole di zuccaro, et cannella con sugo di malangole di mezzo sapore, l’altra parte si mescolerà con rossi d’uove fresche sbattute, et zuccaro, e cannella, il simile si potrà fare delle prugne, et con dui altri sfogli simili a quelli di fondo si coprirà, facendoli cuocere al forno o sotto il testo. In questo modo si può fare delle visciole, overo marasche, havendo cavate l’anime, e si potrebbeno ancho accommodar le prugne dapoi che saranno prive dell’anime, e della pelle. Non si parla della zuppa delle fragole, percioché la fragola è miglior essere magnata cruda con zuccaro, che a farne zuppa di qualunque sorte. In questo418rmodo si potrebbe far la crostata di fior di sambuco nella primavera.


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Per fare berlingozzi. Cap. CXXXVIII.

Piglinosi diece uove fresche sbattute, impastinosi con fior di farina, di modo che rimanga più tenera che soda, e rimenisi per una quarto d’hora, facciasi poi una ciambella tonda, e diasele tre tagli, pongasi al forno che sia più caldo sopra che sotto, e sia ben netto, e quando saranno alzati, si darà il colore con rossi d’uove battute, e con acqua di rose, subito vi si butterà sopra il zuccaro, e cotto che sarà, si serveno caldo, Gli si può dare anchora il colore prima che si metta nel forno.


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Per fare zuccarini a foggia di ciambelle. Cap. CXXXIX.

Piglisi zuccaro fino fatto in polvere, e habbianosi chiare d'uove fresche battute, mettanosi in un catinello, e pongasi in esse chiare tanto zuccaro quanto ne possono portare, cioè che vengano in pasta soda, e d'essa pasta se ne faranno ciambelle, le quali si pongano in una tortiera a cuocere che sia spolverizzata di farina, o onta di cera bianca, faccianosi cuocere con poco foco sotto, e alquanto più di sopra, vogliono poca cuocitura, percioché per vigor delle chiare d'uova sgonfiano, e rimangono leggiere; con esse si può mettere un poco di acqua di rose, o muschio a beneplacito.


Per fare ciambellette con uova. Cap. CXL.

Piglinosi diece uove fresche, e oncie sei di zuccaro fino, e impastisi fior di farina, quanto esse uova possan portare, e sia la pasta soda, e rimeninosi per un'hora, havendosi avvertenza di non mettere farina quando si rimenano, né quando si fanno, ma ongasi la mano con oglio di mandole o con vin greco, e come son fatte, ponganosi in acqua bollente, e lascinosi bollire fin'a tanto che vengano di sopra. Cavinosi con una cocchiara forata, e mettanosi in un cesto, lascinosi colare, e rifreddate che saranno si accommodino su le tortiere, le quali siano sparse, e non troppo alte di sponde senza cosa alcuna sotto, et vi si accommodino dentro per ordine le ciambelle, faccianosi cuocere al forno temperato, il qual forno sia più caldo di sopra che di sotto, e prima che si cavino dal forno, si darà loro la rosa con una piuma bagnata in chiara di uove fresche, e cavinosi a beneplacito.


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Per fare capi di latte. Cap. CXLV.

Piglinosi diece boccali di latte di vacca munto di quel giorno, e facciasi scaldare, e dapoi compartiscasi in diversi vasi di legno, o di rame stagnati che tengano un boccale l'uno, e lascinosi stare in loco fresco fin'a tanto che faranno la crema, cioè la telerina di sopra, e con la cocchiara levisi la detta telerina ch'è il capo di latte, et mettasi in piatti, e quando si serveno spolverizzinosi di zuccaro fino, e ogni volta che si vorrà levare essa telerina facciasi riscaldare il latte, e tengasi l'ordine di compartirlo in vasi detto di sopra, e volendo portare essi capi di latte di loco a loco, mettanosi in vasi di terra, o di vetro, tenendoli turati per rispetto dell'aere che li farebbe venire rossi, e agri.


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Per far frittata verde. Cap. CLVI.

Battanosi l’uova, e passinosi per un foratoro con un bichiero di sugo fatto di biete, e spinaci, e un poco di sale, facciasi la frittata con butiro fresco senza essere rivoltata, acciò rimanga più tenera, ricolgasi solo con la cocchiara aguzza, e riducasi nella padella che sia tonda col piatto sopra quando sarà cotta, et rivoltisi la padella sul piatto. Servasi così calda con un poco su sugo di melangole sopra et zuccaro. In questo modo si potranno fare frittate senza sugo, ponendovi un poco d’acqua, acciò venga tenera.


Per fare frittata con mandole. Cap. CLVII.

Pestinosi nel mortaro mandole ambrosine monde, stemprinosi con acqua chiara, passinosi per lo setaccio, la qual passatura sia piu tosto soda che tenera, rimescolinosi con uove, battendole molto bene, et ripassando ogni cosa per lo foratoro, facciasi la frittata con butiro
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fresco, vi si può ancho mettere un poco di zuccaro fino a beneplacito. Servasi così calda con sugo di melangole, e zuccaro sopra. Si può ancho fare con polpe di cappone peste nel mortaro, et pignoli pesti in loco di mandole, e tal frittata vuole essere abbondante di butiro acciò che non si attacchi.


Per fare frittata con diverse herbuccie. Cap. CLVIII.

Piglinosi uova d’un giorno, e battanosi con un poco di sale, giungasi con esse menta, e maiorana, pimpinella, acetosa, e petrosemolo, pesta ogni cosa, e mescolata insieme, e facciasi frittata, e servasi così calda con zuccaro sopra, e in loco di herbuccie nel mese d’aprile, e di maggio si possono mettere fiori di sambuco freschi.


Per fare frittata nell’acqua. Cap. CLIX.

Piglinosi uova d’un giorno, battanosi, e passinosi per lo setaccio con un bicchiero di sugo fatto di cime di spinaci, e biete, habbiasi una cazzuola o bastardella piena d’acqua, che bolla con sale, e butiro, e ponganovisi dentro l’uova, coprasi il vaso per un poco, e con la cocchiara vadasi ricogliendo la frittata sparsa, e riducasi in una palla, e essa palla pongasi in un foratoro, e lascisi colare, e come sarà colata, servasi in piatti con zuccaro, e cannella sopra, e se non si volesse con il sugo, piglisi menta, e maiorana, e pimpinella battute minute insieme con esse. In questo modo si può fare la frittata d’ova solo, e ancho con mandole peste, e con fiori di sambuco.


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Per far zuppa con butiro fresco, la qual si chiama dal vulgo butirata. Cap. CLXI.

Nel mese di maggio si fa tal vivanda. Piglinosi fettoline di pane di grossezza d'una costa di coltello, e di larghezza tre dita, faccianosi stare nel forno o nella tortiera, piglisi poi un piatto d'argento alquanto fonduto, overo un tegametto di argento, o di rame stagnato dentro, con butiro fresco freddo, spianato nel fondo, e sopra il detto butiro facciasi un suolo di fette di pane spolverizzate di zuccaro fino, e altretanto butiro freddo, e così si faranno due o tre suoli, facciasi poi cuocere con poco foco sotto e sopra, come si fa alle torte, facendovi la crostata di zuccaro, e acqua di rose.


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Per fare un gelo di polli tagliati minuti, e sugo di cotogne. Cap. CCII.

Piglinosi quattro capponi carnuti, e non pastati, morti di quel giorno, spiumati, e netti delli suoi interiori, taglinosi in bocconcini con li lor piedi, e colli netti del sangue, e con essi venti piedi di capretto, netti e pelati, facciasi bollire ogni cosa in una pignata di terra invetriata, con tanta acqua chiara, che stiano coperti, e con essa acqua siano sei libre d'agresto chiaro, e se sarà nuovo sarà meglio, bollita che sarà fin a tanto che siano scemate delle tre parti le due, havendola bene schiumata, e levato il grasso con un cocchiaro di legno o d'argento, si farà la prova col bicchiero nel modo che s'è fatto nel capitolo 26. del brodo di giunture di vitella riddotto in gelo; colisi poi per lo setaccio la dicottione, e ripongasi nella pignata con due libre di zuccaro fino pesto, meza oncia di cannella pesta, et otto oncie di sugo di cotogne chiaro, quattro oncie d'aceto, sei oncie di vin bianco, sale a bastanza, tre mele appie tagliate minute, facciasi ribollire ogni cosa insieme con sei chiare d'uove fresche battute, fin'a tanto che le chiare d'uova
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vengano di sopra, passisi poi per la calzetta di panno bianco più volte fin’a tanto che verrà chiaro come ambra, mettasi in bicchieri o in piatti in loco fresco a gelare. Sotto questo gelo si possono porre lanzette di cappone alessate, e non havendosi cotogne, facciasi sugo di mel'appie, e non havendosi piedi di capretto piglisi altretanti capponi, e quando tal gelo si passa per la calzetta, si possono porre nella calzetta due oncie di mostaccioli fini interi muschiati.


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IL FINE DEL SESTO, ET ULTIMO LIBRO di M. Bartholomeo Scappi.