IL CUOCO REALE
CITTADINO
Il quale insegna ad ordinare ogni sorta di Vivanda e la miglior maniera de ragù i più alla moda, ed i più squisiti
MCCLXXXXI
VENEZIA
LORENZO BASEGGIO
La lunga esperienza avendomi fatto conoscere che difficilmente, o pur sol col progresso d’un gran tempo, imparate l’arte di ben cucinare, e che quantunque proccuriate d’approfittarvene con tutta la brama ed attenzione mal vi riesce il farlo, o almen con quella perfezione che si ricerca, poiché o l’economia necessaria, ne’ pessimi anni che corrono, obbliga i Capi Cuochi vostri maestri ad andare schiribizando per salvar la capra e i cavoli, come suol dirsi; o venendo qualche occasion da mostrar la lor capacità, e fondamento in tal arte, non possono, per la brevità del tempo, nel cucinar una gran diversità di vivande, e per qualche altro motivo, che voi pur troppo conoscete, senza ch’io ve lo spieghi, insegnarvi le qualità di esso e gl’ingredienti che indispensabilmente vi occorrono per diversificarle. Onde mosso io a compassione di Voi, e desiderando, che con maggior celerità possiate instruirvi da voi stessi, ho risoluto finalmente di dare alle stampe, la traduzione, che per mio divertimento feci pochi anni sono del famoso, e più recente libro francese intitolato... Il Cuoco Reale, e Cittadino... che insegna con tutta carità ad ordinare, e fare ogni sorta di vivande, e la miglior maniera de’ ragù all’uso delle prime Corti di Parigi, i più alla moda, ed i più squisiti.
4Valetevi dunque con indeffessa attenzione, anche fuor di cucina, delle chiare instruzioni, che col mio debol mezzo vi dà in italiano un tanto celebre autore, che farete onor a voi stessi, a’ vostri maestri, ed a me che bramo col cuore ogni vostro maggiore, e sollecito avanzamento. Ho voluto anche farvi un’aggiunta di molte vivande moderne italiane, di varie salse, e d’altro, che è riuscito d’aver da diverse Corti d’Italia, come pure di quel poco, che ho creduto migliore a giorni d’oggi ne’ libri, da me ora scorsi per vostro vantaggio, tra tanti di simil materia, per maggior vostro comodo ho stimato bene di porvi tutto in questo sol libro. Per dimostrarvi poi, che non solo m’interesso ne’ vostri avanzamenti, ma che mi sta eziandio a cuore l’anima vostra, e la vostra lunga salute corporale, vi do due considerabili, ed importantissimi riccordi, cioè, che siate timorati di Dio, da cui dipende ogni nostro bene, e che vi avvezziate a star lontani più che potete dal vino, giacché so, che la gran fatica, ed il sommo calore del fuoco, ve lo faran continuamente appetire, non ostante che conosciate il vostro gran pregiudizio. Gradite cortesemente lo zelo, ed amor parziale, che ho per voi, e la fatica, che godo di dedicarvi mentre resto con augurarvi dal Cielo ogni bene, e lunga perfetta salute, ch’Iddio vi conceda.
Si prende il petto, e cosce di pollami, lardo bianchito, o sia rifatto di zinna di vitello cotta, qualche latte di vitello rifatto, tartufi, funghi triti, midolla di manzo, mollica di pane bagnata in latte, ogni sorta d’erbe odorose fine, un poco di formaggio grasso fresco, e pana di latte. Il tutto ben pestato, e condito, ci si mettono quattro, o cinque rossi d’ovo, ed una, o due chiare, e si serve di questo pieno per le frigonde ripiene, crochetti, e filetti mignoni. Si formano i crochetti in tondo alla grossezza d’un ovo, bisogna nel medesimo tempo rivolgerli nel pan grattato, e lasciarli riposare sopra ad un piatto; si friggono con buon strutto, e si servono ben caldi.
L’ossature de’ volatili si servono a fare differenti colì per diversificare i ragù.
Si passano i ragù d’antrè, ed antremè a parte dentro differenti cazzarole, e per tutto si mette un mazzetto d’erbe 6odorose fine. Quelli, dove ci entra della pana, conviene, che sien passati al buon burro, o altro simile, ed un poco di farina a ciascun ragù, il quale essendo passato, e cotto ci si mette della pana, ed in servirli si legano con qualche rosso d’ovo.
Si pesta del pressemolo, si trita della cipolla, similmente si tritano dell’acciughe, e capperi, il tutto messo in un piatto con un poco di sale, di pepe, di noce moscata, d’olio, ed aceto, ben sbattuto ogni cosa insieme, e questa si pone sopra filetti di pesce, e quando si servono freddi, vi si aggiugne del sugo di limone.
Bisogna prendere delle radici, come pastinache, radici di pressemolo, topinambo, salsifì, rape, ecc. tutte ben lavate, e ben bianchite, ed essendo come cotte, prendete una cazzarola con quantità di buon burro, e di cipolle trite. Quando il burro è un poco rosso, ci si mette un pugno di farina, dopo ci si gittano le sue radici, si friggono, e si condiscono come bisogna, e si trita dipoi il tutto sopra la tavola per farne un pieno, mescolandovi un poco di pressemolo, e di cipolla, tutte le sorte di fine erbe, qualche pezzetto di tartuffo, e di funghi, un buon pezzo di burro, un poco di mollica di pane, e pana di latte, di maniera che questo pieno sia delicato, e non sia troppo grasso, e condito.
7Con questo pieno si forma sopra li tondi quella maniera di pesci, che si vuole, v. g. in uno delle sfoglie, nell’altro un rombo, sopra un altro delle passere, sopra un altro de’ pesci capponi, de’ draghi di mare, de’ sgombretti, e così del resto. A ciascun tondo bisogna un poco di burro sotto il vostro ripieno formato in maniera di pesci. Poi li spolverizerete di pane sopra propriamente, e il farete cuocere al forno. Per delle sfoglie se li può ancor formar sopra una foglia di Lupazio, che fa assai figura, e la friggerete in questa maniera con molta facilità.
Si può prendere così delle carote, e particolarmente delle bieterave, le quali sieno ben lavate, e cotte a proporzione. Di ciascuna radice a parte se ne faranno belle fette larghe, alcune a similitudine di sfoglie, altre di draghi di mare, e così in altra maniera: e poi metterete il tutto un poco a marinare, frattanto, che con farina, sale, e vino bianco farete una colla, come quella de’ gonfietti di pomi, per impastare le vostre radici, prima che le friggiate con buon burro, ed olio, ciascuna cosa a parte, e le friggerete come l’altro marinato nella stessa maniera, che delle salsifiè, ed altre radici, delle quali si può fare uno, o due piatti per l’arrosto.
Per differenziarli bisogna aver de’ ragù a parte di più sorte, in uno de’ funghi triti, negli altri de’ tartuffi, altri di punta di sparagi, altri de’ spungoli. Una 8buona salsa Roberta a parte, una salsa bianca, in cui non c’entri punto d’acceiuga, e questo servirà principalmente per li piatti a forma di pesci fatti con l’accennato ripieno. Si guarniranno di qualche poco di pan fritto, pressemolo fritto, radici marinate fritte nella colla, fondi di carciofi fritti con la colla, e qualche pezzetto di cetriolo.
Per far la zuppa alla strage d’anatrotti, prenderete anatrotti, e il farete cuocere in buon brodo, condito d’un mazzetto d’erbe fine, e sale. Essendo cotti li taglierete, e passerete alla padella con lardo fonduto, pressemolo, cerfoglio, un poco di pepe bianco, ed avendo bianchito il tutto, con rossi d’ova, un bicchier d’agresto, ed un sugo di limone imbandite la vostra zuppa sopra croste mittonè.
Se ne può fare tanto di granelli d’altri volatili.
Mettete la strage in pezzi, scottateli, e nettateli; formatene di poi la vostra torta fra due spoglie di pasta fina, condita di pepe, sale, garofoli, erbe fine, cipolle, noce moscata, lardo pestato nel mortaro, fondi di carciofi, funghi spongoli, ed avendola fatta cuocere circa due ore, metteteci una piccola salsa bianca in servirla.
Bisogna prendere le Teste d’agnelli, i 9piedi, ed il fegato, con un poco di lardo: e quando saranno ben scottate, fate cuocer tutto insieme nel brodo, o dentro la vostra gran pentola. Quando saranno cotte, e ben stagionate, fate bollire la vostra zuppa con buon brodo, e buon sugo, disponete le teste d’agnelli al mezzo, fate friggere le cervella, avendole ben dorate di pane grattato, come s’indorano i crochetti, e le rimetterete nel loro luogo, e guarnirete la vostra zuppa di fegati, di piedi, e pezzetti di lardo. Aggiungeteci un colì bianco fatto come segue.
Pigliate un pezzo di mollica di pane inzuppata nel buon brodo, una dozzina, e mezzo di mandole dolci, e tre rossi d’ovi duri, il tutto pestato in mortaro, e passato per stamigna.
Quando la suddetta zuppa sarà ben bollita, e ben stagionata, servitela con un sugo di limone.
Si può ancora fare un colì verde come segue.
Prendete il verde di cipolle, spinaci, e croste di pane, che farete bollire medesimamente in una cazzarola con buon brodo ben condito di garofali, timo, e sugo; pesterete il vostro verde di cipolle, e spinaci nel mortaro, e passato col resto per stamigna, lo gitterete sopra la vostra zuppa con sparagi, e piccoli piselli seminati sopra, ed un sugo di limone.
In luogo di questo colì si può mettere sopra la suddetta zuppa di teste d’agnello, una buona purè verde, e per diversificarla un’altra volta, si farà un colì di fegato, e si guarnirà di piedi, e piccolo lardo. Un’altra volta si può coprirla di piccoli piselli, ed un colì de’ medesimi secondo la stagione; ed un’altra volta si possono scottare le teste d’agnello ben propriamente avendo riguardo, che l’acqua non sia troppo calda; dopo si leveranno via tutti gli ossi, e la lingua, avendo cura, che la pelle resti tutta intiera.
Si fa ancora un piccolo antrè di teste di agnello con un buon ragù sopra, ed una zuppa d’agnello alle lattughe romane ripiena, guarnendosi ancora la detta zuppa di gambe di lattuga passate alla padella con lardo fonduto, e farina fritta, e facendole bollire in un pignatto con buon brodo, che si bianchirà avanti che si preparino con rossi, d’ovo passati per stamigna. Si riempiranno queste teste di qualche buon ripieno; avendole cucite con spago, si facciano cuocere. Dopo che saranno cotte, imbanditele sopra la zuppa, e si guarnischino del medesimo che qui sopra, ovvero di polmone d’agnello marinato, e fritto nella pasta.
Bisogna bene scottare li piedi d’agnelli, dopo farli cuocere, e li riempirete, avendoli levati gli ossi del mezzo. Quando saranno ripieni, bisogna tuffarli in un 11ovo battuto, e ben indorarli, dopo friggeteli, come i crochetti, e guarnite il vostro piatto con pressemolo fritto.
Si posson’ancora servire per ordovè, o per guarnire un antrè di teste d’agnello al bianco, come se fosse di piccioni al bianco. Se ne può ancora guarnire la zuppa di teste d’agnelli sopra descritta, e bisogna servire ogni cosa ben caldo.
Si fa un altro ragù d’agnello, tagliandolo in quarto, e dopo averlo lardato di mezzo lardo, e avergli dato un poco di colore, si fa cuocere dentro una bastardella di terra, o cazzarola con brodo, sale, pepe, garofoli, funghi, ed un mazzetto d’erbe fine. Essendo cotto, passate ostriche per la padella, un poco di farina, due acciughe, e servitelo con sugo di limone, guarnendolo di funghi fritti.
Fate cuocere una bracciola grossa del primo pezzo allo spiede, lardata a mezzo di grosso lardo come il filetto. Essendo mezza cotta, voi la leverete dal fuoco, e la metterete dentro una pignata con un buon condimento, e sugo ben nodrito, un poco di tartufi, funghi, spongoli, carciofi, solamente per darle il gusto, perché averete fatto un altro ragù di tartufi, funghi, spongoli, fondi di carciofi, latti di vitello, creste, il tutto ben legato, quale metterete sopra la vostra bracciola, e 12la guarnirete di marinato di polastri, o costolette marinate.
Prendete una bracciola del primo pezzo, e mettetela per due giorni al sale, e dopo mettetela allo spiede, e quando sarà ben cotta, panatela, e buttateci un buon ragù sopra, e sotto, guarnitela di attaletta, di marinati, o di polpette cotte allo spiede.
Si fa un’altra mezz’antrè d’una bracciola di manzo con un buon ragù di cetriolo, ed un poco di rocambò, ed erbe fine ben trite, e il tutto abbia un buon gusto, la guarnirete di costolette di vitello marinate, o di pane fritto, o altre cose convenevoli.
Potrete riempirla d’un salpicone, quale troverete la maniera di fare sotto la lettera S. Ovvero la vostra bracciola essendo quasi cotta allo spiede, prenderete la carne del mezzo quale pesterete ben minutamente con del lardo, grasso di manzo, erbe fine, spezierie, e buone guarniture, riempirete la bracciola tra la pelle, e l’osso, ricucendola propriamente in maniera che la carne non caschi dentro la ghiotta, ove la metterete a finir di cuocer. Guarnitela di fricondò a foggia di costolette lardate, con pane fritto, ed essendo sopra la tavola, si levano le pelli, per aver la libertà di mangiarla con un cucchiaro.
Scagliatela, e tagliatela, dopo averla unta di burro, e salata, ovvero averla fatta pigliar bene il sale dentro una tortiera con dell’olio, fatela arrostire a lento fuoco sopra la gratela che prenda un bel colore. La potrete servire all’acetosa, ed alla pana. All’acetosa si aggiunge del pressemolo, cerfoglio, cipolla, sale, pepe, noce moscata, e buon burro. Si può ancora servirla con un ragù di funghi, o una salsa scura con li capperi.
Dopo che l’avrete scagliata, e tagliata, fatela cuocer con vin bianco, aceto, sale, pepe, garofoli, alloro, cipolle, e limon verde, e servitela sopra una salvietta.
Potete mettere le lodole in ragù per antrè. Se ne può fare ancora un pasticcio caldo ed una torta. Per la torta, ed il pasticcio non si ha che vedere se non quello che sarà detto per altri volatili simili, tra gli altri per li piccioncini; fuori che non si riempiono le lodole, come si fa de’ volatili più grossi. Si leva solamente il ventricolo, che si mette nel fondo del pasticcio, e si guernisce di funghi, fegatetti, tartufi, lardo pestato, ed altro condimento. In servirlo ci si mette di buon sugo di vitello, o di castrato, ed un sugo di limone, e per la torta qualche caparo.
In quanto al ragù: votate che avrete le 14lodole passatele alla padella con lardo, ed un poco di farina, dipoi mettetele dentro una bastardella di terra, con brodo, vino bianco, dateri in pezzi, scorza di cedro confetta, pistacchi, cannella, sale, pepe, prugne, de’ brignoli, e si servano con sugo di limone. Guarnitele con le medesime cose e servirete a corta salsa.
Le lodole grasse si mangiano arrosto.
Bisogna pigliare delle mandole, che sieno ben scottate, e lavate dentro l’acqua fresca, di poi bisogna pestarle, e bagnarle con un poco di chiara d’ovo sbattuta, con un poco di acqua di fior d’arancio sbattuto insieme, ed a misura che si sono pestate le mandole, si continuerà a bagnarle poco a poco, affinché non diventino per unto oliose, altrimenti non si saprebbe pestarle. Quando sono come bisogna, si tira questa pasta sopra un tavoliere, e si dissecca con del bel zucchero, come se questa fosse una pasta ordinaria, sino che questa si veda, che sia ben maneggiabile.
Questa pasta vi servirà a fare delle spoglie di torta, ed ogni sorta di piccolo lavoro, del quale ve ne vorrete servire per guarnire. Bisogna avanti lasciar riposare un poco la pasta, e formar poi quel, che desiderarete.
Se ne fa ancora in quest’altra maniera. Dopo che le mandole sono pestate, e bagnate come sopra, e dopo che sono pestate a bastanza, bisogna avere una 15padella da confetture e mettervi del zuccaro più che della pasta. Si chiarificherà il zucchero con una chiara d’ovo, e si farà cuocere sino alla cottura della plum. Dipoi metteteci dentro la pasta, prendendo la mazza da stancheggiare in mano, si stempra ogni cosa insieme propriamente. Portate la vostra padella sopra il fornello, e menate sempre a forza di braccia, fino a tanto che la pasta si stacchi dalla padella. Si tirerà dipoi sopra il tavoliere con zucchero fino sotto, e si rotolerà in grossi bastoni, per lasciarla riposare qualche poco di tempo, avanti che ve ne serviate. La potrete adoprare in più maniere; ghiacciarla, passarla alla stringa, e farne altra cosa. Li ritagli, che vi resteranno, essendo secchi, non ci sarà altro, che metterli nel mortaro, e pestarli nuovamente con un poco di chiara d’ovo per riammollirli, e di questi ve ne servirete a formare piccole frittelle, o altra galanteria per guarnire i vostri piatti.
Si serve il latte di mandole per antremè. Eccovi come si fa. Si prendono le mandole, si fanno scottare per pelare, e pestatele nel mortaro, come qui sopra. Prenderete dipoi un poco di latte, e lo passarete tutto ben propriamente per stamigna. Quando sarà ben passato, bisogna aver quattro rossi d’ovo colla sua chiara battuta insieme, e ci si versa del latte a poco a poco, dipoi ci si mette un poco 16di sale, e noce moscata. Per cuocerla, voi avrete una pentola sopra il fornello con acqua, e quando bollirà, metterete un piatto sopra la medesima pentola, con un pezzo di buon burro di cascina, o altro di simil bontà. Verserete entro questo piatto il vostro latte di mandole, e lo menerete sempre, finché se ne formi una crema. Bisogna servirlo caldo, e senza zucchero.
Prenderete una libra, o due di mandole secondo la grandezza del vostro piatto, e quando saranno ben scottate, pestatele tutte in un tempo, bagnandole con un poco d’acqua fresca. Dipoi che saranno ben pestate, bisogna aver una cazzarola sopra il fuoco con acqua, che sia tiepida, e solo un pochetto di sale. Verserete quest’acqua dentro il vostro mortaro, e passerete il tutto per stamigna due, o tre volte. Dipoi mettete questo latte in una pentola, che sia ben netta con un buon pezzo di zucchero, e di cannella in stecchi, e fate cuocere ogni cosa a poco a poco. Per disponere la vostra zuppa, tagliate della mollica di pane in fette, e ordinatele propiamente nel piatto, e quando saranno secche all’aria del fuoco, fate bollire la vostra zuppa nel medesimo latte, e quando sarete vicino a servirla, bagnatela tanto che basti.
Qualcuno fa bollire circa due boccali d’acqua entro una pentola, e ci mette la mollica di due pagnote, quali si 17mescolano insieme nel mortaro con le mandole, e le fanno poi bollire dentro la pentola lo spazio di tre, o quattro ore con zucchero, e cannella, come qui sopra, dipoi le passano, e le accomodano nella stessa maniera.
Voi guarnirete con del marzapane, o mandole alla perlina, che potrete fare in questa maniera, se volete usar questa diligenza, cioè:
Pigliate delle mandole, scottatele bene, e pelatele, fatele ben sgocciolare dall’acqua; dipoi inzuccheratele, e gittatele tutte in un tempo in una padella a friggere, che averete lesta con buon olio caldo. Andatelo dimenando per la padella, sin che prendano il color d’oro, e allora cavatele prestamente: e ne farete quattro, o cinque mucchi, perché s’attacchino insieme, e con essi guarnitene la vostra zuppa sopra descritta.
Bisogna pestare circa due buoni pugni di mandole dolci, e nel pestarle bagnatele con acqua di fior d’aranci. Ci si aggiunga della scorza di cedro candito, altra scorza di limon verde, e del zucchero, e si pesti bene il tutto insieme, con solamente un pochetto di farina, che ci si mette. Dipoi si sbattano due chiare d’ovo per farne la schiuma, che se gli gitta dentro, e tre rossi d’ovo; e tutto questo pieno, essendo ben mescolato, si mette dentro un picciol piatto. Si fa una 18pasta di farina, di burro, un rosso d’ovo ed un poco di sale: bisogna sopra il tutto, che questa pasta sia ben fatta: dopo di che se ne distende una spoglia, che si mette dentro la tortiera, con un piccolo orlo attorno, quale si fa con la punta del coltello. Quand’è tempo di farla cuocere, si mette dentro il pieno, che si ha preparato, in maniera, che tenga, e riempisca tutta la spoglia, o fondo della tortiera. Si ghiaccia con un poco di zucchero fino, e si mette in forno, avendo cura al fuoco di sopra, e ci se ne mette ancora di sotto.
Quando avrete le vostre mandole verdi, mettete un caldarotto o cazzuola a fuoco con acqua, e cenere dentro quale farete scaldare. Nel bollire schiumerete li carboni, che verranno di sopra, e allorché essa avrà bollito lungo tempo, e che voi troverete nel sentirla, che quest’acqua sarà divenuta dolce, e sdrucciolante quasi come una buona lisciva, gittateci le vostre mandole, e fateci dare tre, o quattro bollori, e quanto prima le leverete via per gittarle in altra buon’acqua fresca. Lavatele in questa maniera dentro quattro, o cinque acque, dopo di che bisogna avere il caldarotto sopra il fuoco con acqua, che sia come bollente, e che frattanto non bolla punto. Si gitteran le mandole dentro quest’acqua, affinché esse non vengano punto a galla, e fondate 19nello stesso caldarotto un piatto della medesima larghezza, ma che entri dentro, e con questo meno gl’impedirete, che vengano nere. Bisogna sempre mantenerli un buon fuoco, ed in caso che l’acqua volesse bollire, metteteci altra acqua fredda a poco a poco per impedirglielo, essendo necessario ancora che le vostre mandole si cuocino a forza di calore. Per sapere se sono assai bianchite, o rifatte, prendete una spilla, e forate una mandola a traverso: se ella resiste alla spilla, è segno che non è ben bianchita, e se essa cede, è contrassegno, che è rifatta abbastanza. Allora le caverete dall’acqua, e le rimetterete subito in buon’acqua fresca, dipoi dentro un buon siroppo di zucchero chiarificato. Per servirle liquide, bisogna che il vostro zucchero sia a mezzo gelo, e per tirarlo al secco, dopo che le mandole sono cotte nella maniera, ch’è stato detto, cavatele, e lasciatele ben sgocciolare: fate cuocere il vostro zucchero alla gran plum, e che non sia punto grasso, ma abbia un bel ghiaccio, affinché le mandole che ci gitterete appariscano ben verdi. Lo stesso si fa ancora all’albicocche verdi.
Si fa un colì d’acciughe, qual entra in più sorte di ragù, tanto grassi, che magri, che sarebbe inutile replicarlo qui, poiché ciò sarà abbastanza spiegato a suoi luoghi; onde non è necessario replicarne 20la spiegazione. Si descriverà solo, che si può friggere le lische dell’acciughe, che avrete adoprate, avendole bagnate dentro una colla fatta con vin bianco, farina, un poco di sale, e pepe, ne guarnirete varie cose, o ve ne servirete per ordover con arancie e pressemolo fritto.
Li salsiccioni, o andoglie si servono per antrè più che per antremè. Si fanno questi di porco nella maniera qui sotto.
Prendete delle budelle grosse di porco dette il budello gentile, e levategli la punta grossa, per farlo stare in molle un giorno, o due. Quando sarà ben bagnato, e lavato, fatelo bianchire nell’acqua, con un poco di sale, e qualche pezzo di cipolla, e di limone. Fendete questo budello, e metteteci ancora un poco di vin bianco, per levargli il cattivo gusto. Dopo che sarà bianchito, cavatelo dall’acqua fresca, mettetelo sopra la tavola, tagliandola alla lunghezza che vorrete le andoglie. Prendete del ventre di porco e levate via il grasso, e tagliate questa carne in grossi lardoni della medesima grandezza delle vostre andoglie, e formatele ancora con metà d’uno, e d’altra, condendolo come bisogna. Dopo di che prendete le camice, delle quali si leva via la picciola budella di dentro, si nettano bene, e fatele ancora stare in 21molle qualche tempo, per levargli il cattivo gusto. Tagliatelo alla lunghezza delle vostre andoglie, ed avendo legate l’estremità di ciascuna andoglia, passatele propiamente dentro la camicia per rivestirle, e legarle. Quando avrete fatte le vostre andoglie, bisogna cuocerle dentro una pignatta, con dell’acqua, fette di cipolla, una cipolla steccata di garofolo, due foglie d’alloro, un poco di Zinna di Porco, e le farete cuocere dolcemente, schiumandole bene, gittandoci, dopo che l’avrete schiumate, uno o due bicchieri di vino bianco. Lasciatele raffreddare dentro il medesimo brodo, cavandole dipoi, ed avendo cura di non romperle. Si fanno grigliare sopra della carta, e si servono tutte a un tempo.
Si può servire una zuppa d’andoglie alli piselli passati con buon brodo, e per farla si fa cuocere l’uno, e l’altro a parte. L’andoglie con un mazzetto d’erbe fine, ed un pezzo di limon verde. Si metton dentro la purè dell’erbe fine minute passate alla padella con lardo fonduto; l’andoglie si tagliano in tocchi, per imbandirle sopra le vostre croste mittonè, con pepe bianco, sugo di castrato e di limone in servirla: guarnitela di pan fritto, e di fette di limone.
Abbiate de’ budelli di vitella, che siano un poco grossi ben lavati, e ben 22aggiustati, e tagliati alla lunghezza, come voi volete fare le vostre Andoglie: legate una dell’estremità di detti, e prendete del lardo bianchito, della zinna di vitella bianchita, della trippa di vitello, e tagliate il tutto in piccioli dadi, e pezzi, li metterete in una cazzaruola, e li condirete con spezierie fine in polvere con una foglia di alloro. Ci bisogna del sale, pepe, un poco di scalogna trita, e ci aggiungerete circa mezza foglieta di buona pana di latte. Passerete il tutto insieme sopra il fornello, e tirerete poi la cazzaruola indietro. Bisogna metterci quattro, o cinque rossi d’ovo, un poco di mollica di pane, e tutto essendo ben legato ne formerete caldamente le vostre andoglie con un imbuto, e le legherete tutte. Dopo le farete bianchire nell’acqua, e le metterete a bollire nella pentola, come quelle di porco. Si fanno cuocere nella stessa maniera, e bisogna ancora lasciarle raffreddare dentro il loro brodo. Per servirle, si fanno arrostire alla gratella sopra della carta, e si servono caldamente.
Queste sorte d’andoglie si possono fare l’estate, quando è fuori di tempo de’ porci, come ne’ paesi, ove non se ne ammazza tutto l’anno, come si fa a Parigi.
Si fanno le andogliete di vitello con della carne di vitello pestata, lardo, erbe fine, rossi d’ovo, sale, pepe, noce 23moscata, cannella pesta, facendole prendere un bel colore; nel servirle ci si stemprano rossi d’ovo con agresta, e sugo di limone. Queste medesime andogliette si mettono allo spiede fra due fette di lardo, e si bagnano, perché non caschino, con rossi d’ovo, e mollica di pane, ora l’una, ed ora l’‘altra, per farli prendere una bella crosta: per servirle ci si mette del sugo di castrato, o altro, un sugo di limone, e pressemolo fritto per guarnitura.
Si fanno ancora polpette di pesce con carne d’anguilla, e di carpa, battuta, o pestata nel mortaro, e condite come il solito. D’una parte di questa carne si forma un cervellato, o salsicciotto in un panno lino, e si fa cuocere con vin bianco, burro, un mazzetto d’erbe fine, e del resto se ne formano polpette, quali si mettono a cuocere nel burro con brodo, ed un mazzetto. Passate de’ funghi per la padella con latti di carpa, ed un poco di farina, e dopo che le avrete fatte bollire un poco con brodo di pesce, e limon verde, metteteli con le vostre polpette.
Le potrete servire ancora per antrè, ovvero in zuppa, accomodandole sopra le vostre croste mitonè, o guarnite di cervellato in fette, e sugo di limone.
Le potete riempire sopra la spina in forma di salciccia imperiale. Fate un 24buon godivù della carne dell’anguilla, che pesterete bene nel mortaro, mettendovi della pana, della mollica di pane, due o tre rocambò, la metà d’uno spicchio d’aglio, e il vostro godivù, o carne trita, essendo di buon gusto, e ben condito ne riempirete le spine ben propriamente, doratele bene con mollica di pane grattata, e fatele cuocer al forno in una Tortiera, e che prendano un bel colore.
Quando l’anguilla sarà scorzata, tagliatela in pezzi che farete bianchire all’acqua bollente. Essendo sgocciolati sopra una salvietta, passateli al burro bianco e fateli cuocere con sale, pepe, garofoli, noce moscata, foglie d’alloro e un pezzo di limone; alcuni ci mettono un bicchiere di vino bianco. Passate ancora de’ fondi di carciofi, funghi, e punte di sparigi con buon burro ed erbe fine, che ce le aggiunterete, e fate una salsa bianca nel modo seguente.
Fatta con rossi d’ovo, di agresto, quando il tempo lo permette.
Ed essendo vicino a servire le suddette anguille, guarnitele di pan fritto, e limone in fette, servite col sugo medesimo.
Passatele alla padella con burro rosso, erbe fine ben minute, cipolle, sale, pepe, garofoli, noce moscata, e capperi, un 25poco di agresto, e vin bianco, se volete, e farina fritta. Fate dipoi cuocere il tutto insieme in un piatto, o in una bastardella, e guarnite di limoni in servirle.
Non si debbono scorzare, ma solamente levar via la spina, tagliar in pezzi, marinarle con aceto, pepe, alloro, cipolle, e limone, dipoi infarinarle, e friggerle, nel burro raffinato. Per servirle, fateci una petrosemolata, o persillata, fatta come qui sotto.
Fatta con aceto rosato, e pepe bianco.
Dopo che le avrete scorticate, e tagliate in pezzi, fatele marinare come sopra, ed avendole fatte arrostire sopra la gratella, fateci la qui sotto salsa, cioè:
Con burro rosso, farina, capperi, pepe, noce moscata, garofoli, aceto, ed un poco di brodo, e fateci bollire un poco le vostre anguille, quando saranno cotte.
Si servono ancora alla salsa roberta, ed alla salsa dolce.
Pestate della carne d’anguilla, e di tinche, conditela di sale, pepe, garofali, noce moscata, e fate de’ lardoni d’altra carne d’anguilla, delli quali metterete un letto sopra le pelli, e un letto della carne trita, continuando così come un pan lungo. Inviluppatele dentro un panno di lino, 26fatele cuocere, come il prosciutto di pesce, come sarebbe metà acqua, metà vino rosso, conditi di stecchi d’alloro, e pepe. Essendo raffreddato nel suo brodo, servitelo in fette per antremè più tosto che per antrè.
Scorticatele, e tagliatele in pezzi, passatele alla padella con burro rosso, erbe fine, farina e condimento, e mettetele in pignatta, con brodo di pesce fatto nella maniera, che vedrete al suo luogo, le vostre croste essendo mittonè, imbandite la vostra zuppa, e servitela con capperi, e sugo di limone.
Si fa un pasticcio caldo d’anguille per antrè, avendola tagliata in pezzi, dopo averla scorticata conditela secondo il solito con sale, pepe, stecchi, moscata, erbe fine, cipolle, burro, capperi, alloro, e pan grattato, a mezza cottura un bicchier di vino bianco, e nel servirla sugo di limone, imbandite il pasticcio in ovato, o tondo con pasta fina.
Per la torta potete o tritare l’anguilla dopo averla scorticata e tor via la lisca, o tagliarla in tocchi. Conditela come sopra con funghi in pezzi, e rossi d’uvo, e sugo di limone nel servirla per fare una salsa bianca.
Fate cuocere de’ piccioli carciofi nell’acqua, ed un poco di sale. Quando 27saranno cotti, passate li fondi per la padella con pressemolo, conditi di sale, e pepe bianco, e fate una salsa con rossi d’ovo, un bicchier d’aceto, ed un poco di brodo.
I vostri carciofi essendo cotti, come sopra, levate via il pelo, e fateli una salsa con burro bianco, aceto, sale, e noce moscata.
Tagliateli in fette, levategli il pelo, e fateli bollire tre, o quattro giri, metteteli in molle con aceto, pepe, sale, e cipolla, poi infarinateli, e fateli friggere dentro lo strutto, o burro affinato: serviteli con pressemolo fritto.
Li carciofi essendo cotti, e nettati del lor pelo, fate una pasta con farina, sale, pepe, ed acqua, e impastateli per friggerli in gran frittura. Si servono ancora con pressemolo fritto, ed un bicchiero d’aceto rosato.
Si servono ancora i carciofi alla pana, come li sparigi, altri alla Saingarà, ed alla salsa al prosciutto per i giorni di grasso, sopra di che vedete l’essenza di prosciuto, e le lepri alla Saingarà, ogni cosa alle sue lettere; ed in fin d’altri allo stufato, ed al ghiaccio. Sono ancora di grand’aiuto tutto l’anno per quasi tutti li ragù, zuppe, ed antrè, così è necessario farne buona provisione, osservando ciò, ch’è qui sotto.
Prendete dell’acqua secondo la quantità de’ vostri carciofi in maniera, che possino bagnarsi, e fateli bollire con sale a proporzione. Tiratela poi via dal fuoco, e lasciatela riposare, affinché la feccia del sale vada al fondo. Dipoi bisogna colarla nella pentola, ove volete mettere i vostri carciofi, che devono essere ben nettati in giro, e li bianchirete, con solamente levarli il pelo e la feccia. Si lavino in due, o tre acque, e si mettano dipoi nella salamoia, che averete fatta, versandovi sopra dell’olio, o buon burro, affinché l’aria non ci possa penetrare. Se si vuole, si può mettere un poco d’aceto. Bisogna coprirli sollecitamente con carta, ed un’assa per di sopra, perché questa non respiri la minima aria. Per adoperarli, si dissalano prima nell’acqua fresca, e si possono custodire un anno intiero.
Se ne può ancora conservare de’ secchi, e per questo, che i vostri carciofi sono bianchiti, e che avete levati via i peli, come abbiamo detto, metteteli sopra gratelle, o craticci di giunchi, per farli sgocciolare, facendoli dipoi seccare al sole, o al forno moderatamente caldo in maniera che sieno secchi come il legno. Avanti di porli in opra, bisogna farli stare in molle in acqua tepida per due giorni, quali rinveranno per questo mezzo, come se fossero freschi, e si vedrà, che saranno molto migliori, che in altra maniera. Nel farli 29bianchire ci bisogna dell’acqua, un poco di agresto, e sale, e buon burro per i giorni di magro, e per li giorni grassi, si può metterci del buon grasso di manzo.
Li sparagi si mangiano in più maniere. Se ne fan delle zuppe con differenti volatili, o alla purè verde, come se ne posson vedere molti esempi, e si servono negli antremè per ordover, o altri piatti, ora in insalata, ed ora alla pana.
Bisogna rompere i vostri sparagi in piccoli pezzi, e farli un poco bianchire nell’acqua bollente. Dipoi si passano al buon brodo nella cazzarola, o con lardo, se non si ha punto di buon burro, avendo riguardo, che il tutto non sia troppo grasso.
Ci si mette di poi del latte, e pana, e si condiscono dolcemente, mettendoci ancora un mazzetto d’erbe fine. Avanti di servirli, bisogna stemprare uno, o due rossi d’ovo, pana di latte per legare i vostri sparagi, e serviteli nello stesso tempo.
Se ne può fare tanto con li fondi di carciofi, e con li piccoli piselli, ma a questi bisogna del zucchero, ed un poco di pressemolo tritto: del resto si passano nella stessa maniera
Non vi è, che sia più cognito che gli sparagi in insalata, ed in quanto alla zuppa ed alle torte vedete a’ luoghi loro, che vedrete la maniera di farle agli sparagi.
Potrete ancor servir gli sparagi alli 30piccoli piselli, con un colì verde di scorze di piselli, o altra cosa, una crosta al mezzo, e guarniti d’un cordone di pan di prosciutto.
Passate i vostri sparagi, rotti che sieno in pezzi, con lardo fonduto, pressemolo, cerfoglio tritato minuto ed una cipoletta, che voi caverete; conditeli di sale e noce moscata e fateli boliire in una pignatta a piccolo fuoco. Dipoi sgrassateli, e metteteci un sugo di castrato e di limone serviti a corta salsa.
Fate cuocere gli sparagi nell’acqua con un poco di sale: fateli una salsa come qui sotto.
burro, sale, aceto, e noce moscata, o pepe bianco, rimenandola sempre, e versatela sopra i vostri suddeti sparagi quando saranno imbanditi.
Levate via il duro, fateli dare un bollo con sale, e burro, e rimetteteli nell’acqua fresca, e fateli sgocciolare. Essendo freddi, metteteli in un vaso, ove essi possino stare colla loro lunghezza con sale, garofoli intieri, limon verde, e tanto d’acqua, che d’aceto. Copriteli di burro fonduto, come i carciofi, e serrando la bocca con un panno lino doppio, tenendoli in un luogo temperato. Per servirli fateli stare a molle, e cuoceteli come gli altri.
Il barbio è un pesce di lago, e di riviera. Lo potete servire in pasticcio, e farne una zuppa al brodo scuro.
Nettate i barbi del loro fango con acqua calda, ed avendoli infarinati, fattegli friggere in buona frittura, e metteteli in un bacino, con burro rosso, farina, acciughe fondute; il tutto passate insieme. Conditelo di sale, e noce moscata, una cipolla, capperi, e sugo di aranci, o agresto in grani. Guarniteli di pressemolo fritto, e fette di limone, e serviteli per antrè, come tutti li ragù di pesci.
Nettati dalla morchia i barbi, serbateli il fegato, e passateli alla padella con burro rosso, poi metteteli in una bastardella di terra collo stesso burro, un poco di farina fritta, e vin bianco. Conditeli di sale, pane, noce moscata, un mazzetto d’erbe fine, ed un pezzo di limon verde, fate un ragù a parte della medesima salsa de’ barbi, con li fegati, e funghi, e guarnitene il vostro piatto, aggiungendoci un sugo di limone nel servirli.
Dopo averli lavati, passateli intieri alla padella con burro rosso, ed un poco di farina, poi fateli cuocere in una bastardella di terra con sale, pepe, un mazzetto di erbe fine, brodo di pesce, o purè, ed un poco di vin bianco, ed 32essendo cotti, imbanditeli sopra le vostre croste mittonè e guarnitela di funghi, e capperi.
Mettete il barbio, ed imbandite una pasta fina, ove le metterete co’ suoi fegati, funghi, latti, code di gambari, fondi di carciofi conditi di sale, pepe, moscata, erbe fine, cipolle, e sugo di limone nel servirli.
Tagliatelo sopra la schiena, affinché il marinato penetri, e quando sarà marinato, doratelo bene con pane grattato, e mettetelo a cuocere nel forno, guarnitelo di piccoli pasticcetti.
Fatelo cuocere al corto brodo, ed essendo freddo tagliatelo in filetti, co’ quali guarnirete un tondo, per farne una piccola insalata, e condirete di sale, pepe, aceto, ed olio, ovvero fateci la remolata, che abbiamo detto a carte 6 e servono per antremè.
Se non avete alcun altro piatto al bianco, lasciate il vostro barbù intiero e servitelo caldamente con una salsa bianca, e pana per antrè.
Si serve ancora in filetti alla salsa, all’acciughe, ed al corto brodo sopra una salvietta, essendo freddo per antremè.
Potrete ancora metterlo in pasticcio come il turbò, fuori che esso non si deve cuocere sì lungo tempo.
Bisogna prendere le beccacce, e tagliarle in quarto, come si fa li pollastri per una fricassea bianco. Abbiate de’ tartufi, che taglierete in fette, latti di vitello, funghi, prugnoli, e passate il tutto insieme, bagnandole con buon sugo. Ci si metton dipoi due bicchieri di vin bianco, non importando, se fosse rosso. Quando ciò è ben cotto, e condito, ci bisogna del buon colì di beccacce, per legare la salsa, o di qualche altro buon colì, del quale s’avrà la comodità. Si può ancora metterci una cucchiarata d’essenza di prosciutto, il tutto ben sgrassato. Accomodate le vostre beccacce nel piatto, e metteteci il ragù per di sopra, e spremeteci un sugo di limone avanti di servirlo caldamente.
Fate arrostire le beccacce, e quando saranno a mezza cottura, tagliatele in pezzi, e mettetele in una cazzarola con vino, secondo la quantità delle beccacce, che avrete, metteteci de’ tartufi, e funghi pesti, un poco d’acciuga, e capperi, e fate cuocere il tutto insieme. Si lega la salsa con qualche buon colì: si accomodano dipoi le sue beccacce, e si tengono calde, senza che bollino. Innanzi che le serviate, sgrassatele bene, e spremeteci un sugo d’arancia, e servitele caldamente.
Si vede la maniera all’articolo de’ piccioni.
Li beccaccetti si posson servire in ragù come anche arrosto. Fendeteli in mezzo, e non levate niente di dentro, passateli alla padella con lardo fonduto, conditeli di sale, pepe bianco, una cipolla, qual va poi levata, ed un poco di sugo di funghi, e di limone, servendoli guarniti di fette di limone.
Si fanno i gonfietti di più sorte. gonfietti di pomi, gonfietti al latte, gonfietti di bianco mangiare e gonfietti all’acqua, e si servono gli uni e gli altri in antremè.
Prendete una cazzarola, e metteteci dell’acqua, ed un poco di sale con scorza di limon verde, e candita tritate ben minuto. Fatela bollire sopra un fornello, ed avendoci messi due buoni pugni di farina, ed un poco di burro; giratela a forza di braccia, sinché questa si distacchi dalla cazzarola. Allora tiratela indietro, e metteteci due rossi d’ovo, mescolandoli ben insieme, continuando a mettervi due ovi, sino a dieci, o dodeci, che la vostra pasta sia delicata. Bisogna di poi infarinare il vostro tavoliere, come pure le mani, e tirate la pasta in pezzi sopra il detto tavoliere. Quando sarà riposata, bisogna rotolarla, 35e tagliarla in piccoli pezzetti, avvertendo che non s’attacchino uno all’altro, e quando sarete vicino a servirli, friggeteli nel grasso di porco, e quando gli avrete cavati, gittateli del zucchero sopra, e dell’acqua di fior d’aranci, e serviteli prontamente per ordover. Se ne può ancora guarnire delle torte di crema.
Prendete del riso e lavatelo in cinque o sei acque, e fatelo seccare all’aria del fuoco, ma bene. Pestatelo dopo questo in un mortaro, e passerete questa farina per il tamburo, affinché sia ben fina. Ne bisogna una buona mezz’oncia, secondo la grandezza del vostro piatto. Prendete una cazzarola, metteteci questa farina e stemperatela bene con latte, aggiungendoci di poi una foglietta di latte, e mettendo ogni cosa sopra il fornello, avendo cura di menarla sempre. Ci si mette ancora qualche petto di gallina cappona arrosto pestata; e formerete la vostra pasta, come se fosse per fare una crema pasticciera. Bisogna infarinare il suo tavoliere, votarci sopra questa pasta, e distenderla con la vostra cannella. Si può ancora metterci un poco di zucchero, scorza di cedro condito, e limon verde raspato nel cuocere. Essendo la vostra pasta raffreddata, e ben distesa sopra il tavoliere, bisogna tagliarla in piccoli pezzetti, come li gonfietti all’acqua. Infarinatevi le mani, e con esse rotolateli propriamente, e fatteli friggere nel buon 36grasso di porco, come gli altri. Quando sarete vicino a servirli, inzuccherateli, e spargeteci medesimamente acqua di fior d’aranci, e se gli servirete nel piatto, guarniteli di gonfietti all’acqua, o altri.
Si fanno nella stessa maniera che li gonfietti all’acqua, ma non bisogna metterci tanta farina, affinché la pasta sia un poco più delicata. Se ella non è a bastanza: metteteci qualche rosso d’ovo di vantaggio nella cazzarola. Bisogna dipoi prendere un tondo e versare la pasta sopra il fondo del detto tondo ben distesa, ed avendo dello strutto di porco ben caldo, ed un cucchiaro in mano, formerete i vostri gonfietti con l’estremità di esso, che bagnerete di quando in quando nel grasso di porco affinché non s’attacchino punto al cucchiaro. Dimenate sempre la padella dolcemente, e quando li gonfietti saranno ben coloriti, cavateli dalla padella, ed inzuccherateli così caldi, e spruzzateci acqua di fior d’aranci, dopo di che gl’inzucchererete ancora un poco. Se ne può giacciare, se si vuole, con la pala del fuoco, e servirli caldamente.
Si fanno ancora dei gonfietti di pomi, di albicocche in confetture secche di prugne, di ciliege all’orecchio, di pistacchi lisci, di uva spina rossa confetta, di grani di pomo granato, e di parmigiano, facendosi con la pasta chiara, o altra più forte, 37ma essendo questo un affare più da credenziere, che da cuoco, non ne discorreremo di vantaggio.
Per sapere il mondo d’accomodare la daina si può guardare l’articolo della cerva, essendo della stessa natura, se non ch’ella è più molle, e più insipida. Bisogna dunque bagnarla dentro un marinato simile, dopo averla lardata minutamente. Si bagna nel farla arrostire collo stesso marinato, ed essendo cotta, si mettono capperi, e farina fritta nel suo degù con un poco di limon verde, e si fa bollire nella sua salsa.
Si può ancora, essendo lardata, marinata, ed arrostita, involtarla nella carta, fare una salsa dolce come qui sotto.
Con aceto, pepe, zucchero, cannella, ed una scalogna intiera.
Vedete qui avanti.
Prendete tre o quattro ova ben fresche, più o meno, secondo la quantità de’ biscottini che volete fare. Piglierete una bilancia, e metterete i vostri ovi dentro una delle parti, dall’altra della farina cotta nel forno. Alzerete la bilancia, per rendere il peso eguale di una parte, e l’altra, e se ci avete messe quattro ova, per esempio, ne leverete uno, e lascierete gli altri tre. Peserete il zucchero fino in polvere al 38 peso degli ovi, e leverete le quattro chiare per formarne della schiuma, la più soda che si possa. Bisogna tritarci della scorza di limone verde, che sia ridotta come in polvere, e metterci la farina, che avete pesata. La sbatterete un poco, e ci metterete dipoi lo zucchero, e dopo averla ancora un poco sbattuta, ci aggiungerete li rossi d’ovo, e sbatterete tutto insieme qualche tempo. Dipoi formerete i vostri biscottini sopra della carta in tondo, o in lungo, secondo la maniera, che gli vorrete, e li ghiaccierete propriamente con zucchero in polvere. Si fanno cuocere al forno, avendo riguardo, che non sia troppo caldo, e subito che son cotti, distaccateli dalla carta con un cortello ben sottile. Si servono alli frutti, o per guarnir qualche torta.
Bisogna prendere tre o quattro ovi, secondo la quantità di biscottini che volete, e li sbatterete poco poco. Ci si mette dipoi quattro o cinque buoni pugni di zucchero grattato, e scorza di limone: il tutto mescolato insieme, con quattro o cinque cucchiarate di farina cotta al forno. Bisogna vuotare questa composizione sopra della carta, che avrete impolverata di zucchero grossamente, ed avendola spolverata di zucchero ancora di sopra, la metterete al forno per farla seccare. Avendola cavata, taglierete i vostri biscottini tutti a un tempo, con la carta sotto, 39secondo la grandezza e Ia forma che voi li volete, e con un temperino leverete la carta dolcemente, per paura che non si rompino, il che si fa facilmente, perché devono essere ben secchi. Si servono come li primi, o per i frutti, o per guarnir qualche torta.
Si fanno le bische di quaglie, di capponi e pollastre cappone, e più comunemente di piccioni. Noi descriveremo primieramente la maniera di queste.
Bisogna prendere li piccioni più ammazzati di fresco, gli scotterete, bianchirete, e netterete attentamente, farli cuocere nel buon brodo chiaro, con più fette di lardo, una cipolla steccata di garofalo, due fette di limone, il tutto ben schiumato. Non si metterà al fuoco che un’ora avanti di servirla, secondo la grossezza de’ vostri piccioni, ed essendo cotti li tirerete indietro. Per fare il ragù, bisognano latti di vitello ben bianchiti tagliati in mezzo, funghi tagliati in piccoli pezzetti, tartufi in fette, fondi di carciofi tagliati in quarto, ed un intiero, per metter nel mezzo della vostra zuppa. Passate propriamente questo ragù con un poco di lardo e di farina ed una cipolla steccata, e non aspettate che s’arrossisca punto. Quando sarà così passato, ci si mette un poco di buon brodo, e lasciatelo cuocere con una fetta di limone. Farete cuocere a parte in 40una piccola pignatta delle creste bene scottate, e bene nettate, con fette di lardo, del grasso di vitello, del brodo chiaro, una fetta di limone, una cipolla steccata con tre garofali, sopra il tutto, che ogni cosa sia ben bianchita, passate per questo un pezzo di mollica di pane nella stamigna, con buon brodo, del qual non bisognano, che due cucchiarate. I vostri piccioni, le vostre creste, e il vostro ragù essendo pronti, fate la vostra bisca della crosta di pan da zuppa secco al fuoco. Si fa bollire la sua zuppa con buon brodo, si accomodano li piccioni sopra ed il fondo di carciofo al mezzo. Il ragù in mezzo alli piccioni, le creste sopra il petto, il tutto ben sgrassato, e ricordatevi di mettere tutto il ragù sopra. Bisogna avere nel medesimo tempo un pezzo di manzo o vitello arrosto allo spiedo a mezza cottura. Si taglia in una cazzaruola, o in un piatto, ed a forza di mano si spreme per cavarne tutto il sugo. Non si metterà punto al fuoco, affinché divenga bianco, e quando la vostra zuppa sarà imbandita, la bagnerete con questo sugo, affinché sia ben marmorita; la guarnirete con limone, e ce ne spremerete sopra un mezzo, e la servirete caldamente.
Aggiusterete le vostre quaglie ben propiamente, come i polastri, e le passerete al rosso, che prendano un bel colore. Le metterete in una piccola pentola con buon 41brodo, fette di lardo, un mazzetto, stecchi di garofali ed altro condimento, con un pezzo di prosciutto e di limone verde, e le farete cuocere a lento fuoco. Guarnirete la vostra bisca, come l’altre, di latti di vitella, fondi di carciofi, funghi, tartufi, braciole di vitello battute, creste, delle quali farete un cordone attorno con le più belle, e marmorite la vostra zuppa d’un colì di vitello, e sugo di limone nel servirla.
Si fanno nella stessa maniera, che le precedenti.
Come le suddette.
Tritate de’ funghi ben minuti e li metterete sopra le croste, che farete bollire con buon brodo di pesce. Farete il ragù di latti di carpa, fegati di luccio, code e zampe di gambari e sugo di limone guarnito del medesimo.
Si serve del bianco mangiare nell’antremè, o per piatto, o per ordover. Per farlo, prendete de’ piedi di vitello ed una gallina, che non sia troppo grassa. Bisogna far cuocere ogni cosa senza sale e passarla, quand’è ben cotta, avendo riguardo che non sia né troppo duro, né troppo tenero. Se avete troppa gelatina, levatene. Dipoi metteteci del zucchero, della cannella, scorza di limone, e fate bollire il tutto un poco di tempo in una 42cazzarola sopra il fuoco, e dopo averla ben sgrassata, bisogna aver delle mandole dolci, e, se si vuole, se ne può mettere sette o otto d’amare, secondo la quantità del vostro bianco mangiare. Si pestano bene, e si bagnano di latte, affinch’esse non vengano punto oliose. Passate il vostro bianco mangiare, che non sia troppo caldo, con le vostre mandole, due o tre volte. Dipoi rilavate ben la stamigna, e ripassateli ancora una volta, affinché sia ben bianco. Dopo averlo messo in un piatto, giacciatelo propiamente, e passateci sopra due fogli di carta bianca, per levargli il grasso. Ci si mette una goccia d’acqua di fior d’aranci, quando sarà ben gelato, lo servirete ben freddo, guarnendolo di limone.
Si può fare il bianco mangiare di diversi colori, e per questo vedrete quel che si dirà qui per la gelatina.
Pigliate circa una libra di corno di cervo, raspato secondo la quantità che ne volete fare, e fatelo cuocere ragionevolmente in maniera che, toccandolo con le dita, troviate che l’acqua sia divenuta come viscosa, essendo questo un segno ch’ell’è assai cotta. Passate questa gelatina per una stamigna ben fina e pestate delle mandole, bagnandole con latte ed un poco di pana. Passerete la vostra gelatina con queste mandole tre o quattro volte, affinché sia ben bianco, e metteteci una goccia di acqua di fior d’aranci.
43Se questo è per i giorni di digiuno in quaresima la sera, bisogna passare il bianco mangiare a forza di mandole pestate spremendoci un poco di sugo di limone, e non ci si mette punto di latte; lo servirete, quand’è ben rappreso, in ghiaccio.
Siccome il manzo è una cosa assai comune, altrettanto però è necessario ne’ pasti: bisogna dunque trovare diverse maniere d’accomodarlo che possino dargli della delicatezza e fare onore sopra le migliori tavole. Osservate qui la braciola grossa alla Godurd, che intanto vi descrivo qui la maniera per altri pezzi.
Prendete una culatta di manzo grande, o piccola come voi volete, lardatela di prosciutto, e lardo ben condito, di pepe, sale, coriandoli, cannella, garofali, e noce moscata trita, pressemolo, cipolle, rocambò, il tutto ben mischiato insieme, farete che i lardoni se ne impolverino ed impastino quanto potrete, e la larderete sotto e sopra. La condirete ancora di tutti i vostri ingredienti, e la metterete in una cazzarola per farla un poco marinare con cipolle, pressemelo, rocambò, bassilico, timo, agresto, pezzi di limone ed un poco di brodo. Bisogna lasciarcela due ore, e farla cuocere sin dalla sera per la mattina seguente. Mettetela in una salvietta, affinché non c’entri punto di grasso. 44Sceglierete una pentola proporzionata, mettendo un tondo d’argento al fondo, perché la salvietta non bruci, o la carne, e per condimento ci metterete della zinna di porco fresca, o grasso di manzo ben fresco circa tre libbre, secondo che il vostro pezzo di manzo sarà grosso. Ci aggiunterete agresto, vin bianco, zenzero, cannella, pepe lungo, fette di limone, noce moscata, cipolla, pressemolo, alloro, sale, quel che bisogna, bassilico intiero, coriandi intieri, finocchio e anisi. Tutte queste cose essendo nella vostra pentola, la coprirete, e lascierete ben consumare il vostro prezzo di manzo nella cottura dolcemente. Quando sarà cotto, lasciatelo raffreddare nel suo grasso. Fate un gran godivù, quale metterete nel piatto ove volete servire il vostro pezzo di manzo, lo coprirete nel medesimo godivù, e lo metterete al forno per un’ora di tempo. Per servirlo, bisogna aver un colì di manzo ben fatto e di buon gusto, fate un buco di sopra al godivù, mettetevi dentro il vostro colì, che penetri ben da per tutto, ed un sugo di limone, per di sopra.
Questo medesimo manzo si può servire in fette ben sottili, essendo freddo in qualità di manzo alla reale.
Prendete la parte di dietro della culatta, che larderete di grossi lardi, ed avendolo messo in una pentola con due libbre di strutto, di buone fette di lardo, 45condendola necessariamente. Fate cuocer tutto alle brace dolcemente per dodici ore in circa e fate in maniera che non respiri punto cuocendo, avvertendo pure che sia salato a proporzione. Alla fine ci potrete mettere un poco d’acqua vite e guarnirlo di marinato.
Si può servire una culatta di manzo mezza salata, che bisogna metterla propiamente in una pentola con ogni sorta di speziarie fine e cipolle. Empierete la pentola d’acqua, la farete cuocere e schiumerete bene. Ci si mette buon sugo di carni, che avrete cavato per ben nudrirla. Essendo cotta, e nell’accomodarla nel suo piatto, la sgrasserete un poco per di sopra e ci metterete un piccatiglio di prosciutto guarnito di marinato, di vitello fritto lardato, e delli citrioli ripieni, come si troverà qui vicino la maniera, ovvero di fondi di articiocchi tagliati in mezzo con latti di vitello, il tutto fritto, e bagnato come li citrioli.
Bisogna tagliar di buone fette di manzo, e ben spianate sopra la tavola col mannarino da macellaro. Si prendon, per esempio, tre o quattro fette, secondo la grandezza del vostro piatto. Fate un pieno di carne di cappone, d’un pezzo di coscia di vitello, di lardo, e del grasso bianchito, di prosciutto cotto, di pressemolo, e di cipolla, qualche latte di vitella, 46tartufi, e funghi, il tutto pestato, ben condito di fine speziarie e d’erbe fine. Ci si mette ancora tre o quattro rossi d’ovo ed un poco di pana di latte, e dopo che il vostro pieno è ben pestato, lo metterete sopra le fette di manzo, che rotolerete propriamente in maniera che sieno ben ferme e d’una bella grossezza. Le farete cuocere nelle brace e per lungo tempo; e quando saranno cotte, le caverete sgocciolando il grasso, le tagliarete in mezzo, e le imbandirete nel piatto dalla parte ch’esse sono state tagliate, cioè la parte del pieno sopra. Essendo accomodate, ci potrete mettere qualche ragù, o colì, e niente altro, se si vuole.
Questo pieno può servire per più sorte di volatili, quando ne’ gran pasti se ne han molti da riempiere.
Servirà ancora per la vitella all’escialope, braciole ripiene, ed altre cose.
Si fanno simili antrè, o ordover, con fette di vitello accomodate nella stessa maniera.
Prendete la costa falsa di un manzo ben tenera, fatela arrostire bardata di lardo ed inviluppata nella carta, avvertendo che non venga troppo cotta. Dipoi tagliatela in piccole fette ben sottili, e le metterete in un piatto. Bisogna tagliar delli cetrioli in fette, secondo la quantità della vostra costa falsa, essendo necessario che sia marinata. Poscia spremetela, ed 47avendo del lardo in una cazzarola per passarcela bene sopra il fornello. Sgocciolate dipoi tutto il lardo, e metteteci un pizzicotto di farina, e passatela ancor un poco; dopo bagnate con buon sugo, secondo la quantità delle vostre coste. Essendo cotte, bisogna metterci un buon legamento, una cucchiarata d’essenza di prosciutto, che farà maravigliosamente, metteteci un bicchiere d’agresto o d’aceto, e non lasciate bollir di vantaggio le vostre coste false, perché s’indurerebbero. Si servono caldamente guarnite di pan fritto, marinati, o rissole.
Si può fare ogn’altra sorta di braciole, o coste false alli cetrioli in questa maniera.
Si fa un’altr’antrè di coste false di manzo lardate, e marinate con aceto, sale, pepe, garofali, timo, e mettetele a cuocer dolcemente allo spiedo, ed essendo cotte, mettetele in un buon sugo con tartufi, e guarnitele di pollastri, o piccioni marinati, o di fricondò.
Bisogna avere delle lingue di manzo, levarli la gola e metterle sopra le brace, per potere levare la pelle più propriamente che si potrà. Lardatela a grossi lardoni, con prosciutto crudo, il tutto ben condito. Prendete di poi una pentola, una quantità di fette di lardo al fondo e delle fette di manzo battute, e mettete le vostre lingue nella medesima pentola con fette 48di cipolla ed ogni sorta d’erbe fine, o spezierie; le condirete ancora di pepe e di sale. Copritele dipoi di manzo e fette di lardo, come ne avrete messo sotto in maniera ch’elle siano ben inviluppate da ogni lato, e metterete alle brace fuoco sotto e sopra. Bisogna che ci cuocino da otto o dieci ore perché sieno ben cotte. Dipoi averete un buon colì di funghi, e altro buon ragù, con tutte le sorte di guarniture di funghi, tartufi, e latti di vitella. Avendo cavate le vostre lingue, le sgocciolerete e sgrasserete bene, e le imbandirete in un piatto col vostro ragù sopra. Si può spremere un sugo di limone nel colì, e se si vuol guarnire il piatto, bisogna tagliare una delle lingue in fette, ovvero guarnirlo con della fricondò, il tutto servito caldamente.
Potrete far il simile per le lingue di vitello, ed ancora, se si vuole, si posson riempiere senza lardarle. Ci si fa il medesimo ragù, e si serve sempre caldamente.
Si salano nella stessa maniera che le lingue di porco fodrate, quali troveranno qui appresso, eccetto che non bisogna punto scottarle. Si lasciano solamente ben bagnate nell’acqua, si taglia l’estremità grossa, e dopo averle ben asciugate si salano. Bisogna lasciarle tre o quattro giorni di più dentro la salamoia. Avendole cavate, se aveste qualche piccol salato da fare, questa salamoia vi servirà, o sia di 49cinghiale, cervetto o porco, e dentro cinque o sei giorni potrete far cuocere di questo piccolo salato e lo servirete per ordover in antrè con una buona purè sopra. Rispetto alle vostre lingue di manzo, bisogna attaccarle per la piccola estremità ed accomodarle bene sotto al cammino, affinché il fumo le domini sin che sien secche. Si conserveranno quanto si vorrà, e si faranno cuocere nella stessa maniera che le lingue fodrate.
Pigliate delle lingue e fatele cuocere nella buon’acqua con un poco di sale ed un mazzetto d’erbe fine. Essendo cotte, tagliate l’estremità della gola, levatele la pelle, e lardatele con lardo un poco lungo. Bisogna che le lingue non sieno troppo cotte. Fatele di poi arrostire, ed essendo finite di cuocere, nel servirle fateci un buon ragù, secondo la stagione, o un buon colì o una buona salsa ramolata. Si fa il medesimo per le lingue di vitello, com’anche d’altra sorta.
Fatele cuocere dell’istessa maniera che qui sopra, com’anche per levarli le pelle, ed avendole lardate di grossi lardoni al traverso della lingua, mettetele alle brace per farle cuocere; e nell’imbandirle nel piatto, fendetele tutte per il lungo, affinché il lardo apparisca propiamente, e fateci un ragù di tartufi per di sopra o un colì, il tutto ben sgrassato, e servitelo caldamente.
Potete servire un pezzo piccolo di manzo per ordover, che sia un poco salato e guarnito di pressemolo, e questo è un mezz’antrè; Io guarnirete di quel che volete.
Lo taglierete assai sottile con uno scoIogno, o rocambò, e pressemolo pestato minuto, e buon sugo.
Si può ancora far cuocere un pezzo di petto di manzo nella pentola, e quando sarà a mezza cottura lo larderete a grossi lardi, condito di sale, pepe, garofali pesti e noce moscata, e finite di farli cuocere in una bastardella di terra, con fette di lardo al fondo, sale, pepe, un mazzetto, un poco di vin bianco, limon verde, alloro e brodo. Quando sarà cotto, metteteci un ragù di funghi, ostriche, caperi ed olive disossate, il tutto ben legato, e nel servirlo, sugo di limone, guarnito di fette.
Prendete una fetta di manzo, battetela bene, lardatela di grossi lardi e fatela cuocere con acqua ed un bicchiere di vin bianco, condita di sale, pepe, garofali, alloro ed un mazzetto; bisogna che sia di gusto, che pizzichi; lasciate ben consumare il brodo, ed essendo raffreddato con la fetta nella medesima pentola, la servirete con fette di limone ed un bicchier d’aceto.
La fetta di manzo si mette ancora in pasticcio, e però andatevene ad osservare quello, che si dirà per il taglio di vitello in pasticcio sotto il trattato de’ pasticci, e praticate le stesse cose, fuor che il pasticcio di manzo deve cuocere più tempo... Non bisognando principalmente scordarsi di riportarlo in cucina, e di serrarlo nella cassa del pasticcio, essendo cotto.
Il manzo alla moda vuol’esser ben battuto, lardato di grossi lardi e, se si vuole, si passa alla padella avanti che si metta a cuocere con sale, pepe, alloro, limon verde, mezza dozzina di funghi, un bicchier di vin bianco e due bicchieri d’acqua. Si può ancora farlo cuocere nel suo sugo solamente a poco fuoco, ben serrato, ed essendo cotto, passato dalla farina alla padella con lardo fonduto, che metterete dentro, e sugo di limone.
Questo lo vederete altrove.
Per far de’ bocconi, prendete un pezzo di coscia di vitello in piccole fette, che sieno un poco lunghe e sottili. Schiacciatele sopra la tavola. Abbiate de’ grossi lardoni di lardo ed altrettanti di prosciutto crudo, ed accomodateli in traverso sopra le vostre fette, metteteci un lardone di lardo ed un presciutto. Polverateli 52d’un poco di pressemolo e di cipolla, e conditeli di fine speziarie e di fine erbe. Quando le vostre fette saranno piene di questi lardoni, Ie rotolerete propriamente, come se fossero filetti mignoni, o gentili, e li metterete alle brace. Essendo cotti, bisogna sgocciolare il grasso, aver un buon colì, e ragù di funghi, ed altre guarniture, e servirli caldamente.
Ci è della salsiccia imperiale e del sanguinaccio nero e tutti e due si servono per antrè. La prima è più delicata e si fa nella maniera qui sotto.
Bisogna prendere un tacchino arrosto e, se se ne vuole molta, prendete ancora un cappone, pigliate i due petti, e pestateli propriamente. Tagliate dipoi della zinna di porco assai sottile, e mettete il tutto in una cazzarola con un poco di cipolla trita, ch’avrete avanti fatta friggere, ed un poco d’erbe fine, fuorché del pressemolo. Conditela di spezierie ordinarie e metteteci del latte, secondo che giudicherete a proposito; fate bollire tutta questa roba insieme, e poi tirate la vostra cazzarola addietro ed aggiuntateci due o tre chiare d’ovo sbattute. Bisogna avere riguardo che il vostro pieno non sia troppo liquido. Dipoi col budello grosso che avrete preparato formerete la vostra salsiccia, ed a misura che lo 53riempierete, lo forerete un poco poco per farne uscire il vento. La farete bianchire in un poco di latte e qualche fetta di cipolla, ed avendola tirata sopra una salvietta pulita, la lascierete raffreddare.
Per servirla, bisogna arrostirla alla gratella sopra della carta con un fuoco mediocre, per paura che non creppi. Ci metterete un poco di grasso di porco, o altro grasso, e lo servirete caldamente.
Abbiate del sangue di porco in una cazzarola, ma che il sangue non sia punto preso, metteteci un poco di latte, una cucchiarata di buon brodo grasso per renderlo più delicato, e tagliate della zinna di porco in piccoli lardoni per mescolare con pressemolo, cipolla pesta ed ogni sorta d’erbe fine che farete friggere con della zinna. Essendo fritte, verserete il tutto nella medesima cazzarola e le condirete con speziarie fine. Bisogna di poi aver una pentola, o calderotto al fuoco con acqua che bolla, e ci metterete la cazzuolla ov’è il sangue, affinché stia caldamente. Lo moverete intanto di continuo, affinché non s’attacchi punto al fondo, e quando crederete che il tutto abbia preso gusto, formerete il vostro sanguinaccio della grossezza e lunghezza che vorrete, facendolo bianchire all’acqua, ed a misura che si bianchiranno, li forerete con una spilla. Quando non uscirà che del grasso, è 54segno, che sono bianchiti; cavateli allora con diligenza e, quando saranno freddi, grigliateli e serviteli caldamente come salsiccia imperiale.
Si fa ancora del sanguinaccio di fegatetti di pollami e di fegato di vitello.
Tagliate minutamente tre oncie di zinna di porco, pestate una libra di fegatetti ed altrettanta carne di cappone, e condite il tutto con erbe fine, cipolle, sale, pepe, noce moscata, garofali in polvere, cannella, sei rossi d’ovo crudi e due pinte di pana. Ne riempirete de’ budelli di porco, di castrato o d’agnello e fate cuocere il vostro sanguinaccio nel latte con sale, limon verde ed alloro. Si fanno grigliare nella stessa maniera che li precedenti, per servirli con sugo d’arancia.
Tritate un fegato di vitello, o pestatelo nel mortaro con la terza parte di zinna di porco, della quale ne taglierete ancora a dadi. Condite questa composizione come qui sopra e metteteli nelli budelli di porco o vitello. Fate cuocere li vostri sanguinacci nel vin bianco con sale ed alloro a poco a poco, e gli lascierete dipoi raffreddare nel suo brodo per grigliare e servirli come gli altri.
Per far de’ buglian abbiate de’ pollastri, o capponi arrosto, pigliatene i petti con 55un poco di midolla, zinna di vitella bianchita alla grossezza d’un ovo, altrettanto di lardo ed un poco d’erbe fine, ed essendo il tutto ben pestato, e condito, mettetelo sopra un tondo. Fate un pezzo di pasta fina e fattene due sfoglie sottili come carta. Bagnatene una con un poco d’acqua leggiermente: metteteci il vostro pieno sopra in piccoli pezzetti, lontani una distanza ragionevole un dall’altro, copriteli poi con l’altra sfoglia, e con la punta de’ vostri diti fermerete ciascun pezzo fra le due paste e con un ferro proprio a questo gli taglierete uno a uno e metterete il sopra sotto. Gli accomoderete propriamente, come se questi fossero piccoli pasticetti, e gli farete cuocere a bella frittura in buon grasso di porco: li potrete servire per ordover o per guarnire antrè di tavola, ma bisogna servirli caldamente.
Benché questo articolo si potesse mandare a quello delle zuppe, al quale spetta, si è creduto bene di parlarne prima per levare al lettore il dubbio che potrebbe avere sopra la differenza de’ brodi, che ha veduti e che vedrà ancora in qualche luogo, e la pena ch’avrebbe a cercare altronde per chiarirsene. Eccovi dunque quel che si deve osservare per li brodi, de’ quali si ha bisogno tanto per le zuppe, che per gli antrè.
Fate cuocere delle fette di lombo, 56zampe di manzo ed altra carne, e cavatene il sugo, passando il brodo per un panno lino: rimettete le vostre fette nella pentola, ed avendole ben fatte cuocere, cavatene ancora il brodo e tenete caldamente l’uno e l’altro. Del primo ve ne servirete per cuocere nella pentola i capponi, tacchini, pollastri, quaglie, vitello ed altri pezzi ripieni che vorrete servire al brodo bianco.
Prendete del brodo di capponi o di vitella per far cuocere nella pentola i vostri piccioni per le bische; e col brodo delle bische, potete passare i colì per le zuppe alla Rena, o alla regina, ed alla reale.
Il brodo delle carni ripiene vi servirà per passare i colì e per bianchire le medesime carni, come per esempio i tacchini, o pollastri ripieni, garetti di vitello, petti ripieni, ed altri pezzi che si devono bianchire.
Il secondo brodo che avrete cavato dalla vostra gran pentola sarà per far bollire le vostre zuppe scure, per esempio anatre, saratelle, lepri, colombacci, lodole, fagiani, tordi, cavoli, rape ed altre zuppe scure, e si passeranno i legamenti scuri col medesimo brodo, senza confondere quello d’una spezie con l’altra.
Questo brodo è buono ancora per gli antrè, e ne potrete prendere ancora per mettere a cuocere le vostre mondature di funghi, dalle quali caverete la sostanza per 57servirvi di quel colì a tutte le vostre zuppe, antrè ed antremè.
Si può vedere gli altri colì che si fanno qui appresso, come pure li sughi, e tutto sotto i loro articoli.
Si fa d’un pezzo di lombo di manzo, d’una scannellatura di castrato, d’un collo di vitella e due pollastri. Prendete il petto de’ pollastri, quando son cotti, pestatelo nel mortaro con un pezzo di mollica di pane bagnata nel brodo, ed essendo il tutto di buon gusto, passatelo nella stamigna per metterlo sopra le vostre croste, bollite nel medesimo brodo che averete fatto.
Si troveranno i brodi particolari, di zuppe di sanità ed altre, al luogo loro. Eccovi solamente in favor degli ammalati quel che può essere di loro uso in questo proposito.
Mettete una lacchetta di castrato in una pentola di terra, con un cappone, un pezzo di coscia di vitella e tre pinte d’acqua. Fatele bollire a poco fuoco, sino a ch’è ridotto alla metà, e lo spremerete bene nel passarlo dentro un panno.
Il ristorativo si troverà fra le zuppe sotto il titolo di zuppa senz’acqua.
Bisogna far cuocere un pezzo di coscia di vitello in fette ben sottili, farle 58cuocere dentro una pentola di terra piena d’acqua a piccol fuoco, ed avendo bollito un’ora intera, passate quest’acqua per un panno bianco senza spremere la carne.
Mettete a cuocere due o tre pollastri in una pentola con acqua e fatela bollire due ore a poco fuoco; quando saranno cotti, passateli per un panno bianco. Si può aggiugnere della blucosa, buraggine, cicoria ed altre erbe rinfrescanti, secondo il bisogno della persona e l’ordine de’ medici.
Fate cuocere a piccol fuoco un cappone in una pentola di terra con tre pinte d’acqua, ed il vostro cappone essendo cotto, e l’acqua calata una foglietta, cavatela senza spremerlo.
Questo brodo è il corpo di tutte le zuppe di pesce, che si può servire con le difinizioni che sono descritte per ciascuna. Per questo fate tinche, anguille, lucci e carpe, delle quali caverete la squame della testa, mettete il tutto in una gran pentola con acqua, burro, sale, un mazzetto d’erbe fine ed una cipolla, steccata di garofali. Avendo bollito un’ora e mezza, passate il brodo in un panno bianco, e separatelo in tre pentole.
In una metteteci le mondature di fonghi e passatele di poi per la stamigna con colì, farina fritta ed un pezzo di 59limon verde: questo legamento vi servirà per le zuppe scure e per gli antrè ed antremè.
Nell’altra ci potete passare le mandole pestate e rossi d’ovo duri, se il tempo lo permette, e questa servirà per le vostre zuppe bianche, come profitroglie, d’anguille, perchie, sfoglie ed altri pesci al brodo bianco, ed a qualche ragù simile.
E nella terza pentola ci potete far cuocere il pesce di tutte le vostre zuppe, tanto bianche, antrè, ed antremè, ed il medesimo, per farne qualche gelatina.
Se ne può fare ancora in quest’altra maniera. Prendete una pentola grande a proporzione delle zuppe delle quali averete bisogno: mettetela al fuoco, e dell’acqua dentro con radici di pressemolo, pastinache e cipolle intiere, un pugno di pressemolo e d’acetosa, ogni sorta di erbe fine e buon burro, il tutto ben condito. Ci si aggiugneranno tutte le lische e gli ossi de’ pesci da’ quali si avrà presa la carne per fare de’ pieni, le budelle di quelli che si saranno ripieni, dopo averle ben nettate e, se si vuole, qualche coda di gambari pestata, e quattro o cinque cucchiari di sugo di cipolle. Il tutto essendo ben condito, e ben cotto, passatelo per stamigna, rimettetelo nella pentola, e tenetelo caldamente per far bollire le vostre zuppe e per cuocere in pignatta i vostri pesci per la zuppa ed altre cose.
Mettete ogni sorta di buon’erbe nella pentola con due o tre croste di pane condite di sale, burro ed un mazzetto. Avendo cotto un’ora e mezza, passate il brodo per un panno bianco o stamigna. Vi servirà per la zuppa di sanità senz’erbe e per molte altre; come zuppe di lattughe, di sparagi, di cicoria, di carciofi, di cardi, ecc.
Si può fare ancora del brodo al magro con radici, senza pesce, e della purè chiara, passando il tutto come sopra.
Formerete un buon godivù ben condito come il polpettone qui appresso. Ne farete come una spoglia sopra grandi fette di lardo, che possino inviluppare tutto il vostro bottone, e ci metterete un buon ragù di funghi, latti di vitello, fondi di carciofi, creste, prugnoli, tartufi e punte di sparagi passati al bianco; li coprirete con un’altra spoglia di godivù e di fette di lardo, e li farete cuocere dolcemente alle brace o altrimenti. In servirlo metteteci sugo di limone, dopo averlo sgrassato e guarnito di braciolette rotolate ripiene, fricandò mescolate con marinati fritti, che si fanno con braciole grosse di vitello battutte con costa di cervello; e poste in aceto, e finocchio, e farinata si friggono, e, se si vuole, se le fa una salsa reale.
Se ne può fare ancora da magro, 61formando di godivù di carne di carpa, anguilla, tinche ed altri, ben pestati e conditi.
Se non s’estenderà punto qui sopra tutto quel che si può mettere alla brace, che è una maniera di cottura che rileva sommamente il gusto della carne e che è molto in uso, abbiamo potuto già vedere degli esempi qui avanti nell’articolo del manzo e se ne troveranno molti altri nelli seguenti, che saranno medesimamente spiegati a’ loro luoghi, ove le cose si riporteranno; e se si desse il caso che non aveste bastante lume, potrete osservare gli articoli che verranno appresso e ricorrere per quest’effetto alla tavola.
Tagliate il vostro luccio in fette e mettetele in una cazzarola con vin bianco e pressemolo, cipolla, funghi, tartufi pestati con sale, pepe e buon burro. Avrete dell’ostriche, quali farete un poco bianchire all’acqua con qualche bicchier d’agresto. Essendo bianchite, gittatele dentro il resto con la loro acqua; quando sarete vicino a servirle, imbanditele e guarnitele di quello che avrete.
Gli altri pesci, che si mettono all’ostriche, s’accomodano nella stessa maniera.
Tagliatelo in quattro parti. La testa la metterete al corto brodo. Un traverso alla salsa bianca. Uno in piccatiglio o 62in ragù. E la coda fritta con salsa de’ capperi. Guarnirete il piccatiglio di piccoli pezzi di crosta di pan fritto e imbandirete il tutto in un gran piatto. Ci potrete aggiugnere un picciol ragù di fegati di luccio, di latti o di capperi, e guarnirlo di fiori e di verdura.
Prenderete un luccio, che sventrerete ben propriamente. Lo tagliarete in mezzo e lo farete cuocere con acqua, ma non affatto. Avendolo cavato, lo scagliarete, che sia ben bianco, e lo metterete in una cazzarola con la seguente salsa.
Vin bianco, capperi pestati, acciughe, timo, erbe fine e funghi triti, ed ancora tartufi e spongoli. Farete bollire il tutto dolcemente, per paura che non si rompa. Ci metterete un pezzo di buon burro, che sia ben legato, ed un poco di parmigiano.
Ed essendo vicino a servire il suddetto luccio, l’imbandirete nel vostro piatto e guarnirete di quel che vorrete.
Avendoli sventrati e scagliati, li taglierete in fette e ne farete de’ filetti che metterete a marinare: dipoi li friggerete, avendoli bagnati in una pasta chiara o senza, e li servirete guarniti di pressemolo e limone in fette.
Potrete ancora metterlo alla salsa 63bianca, che è un legamento di luccio con un poco di mollica di pane pestata, che passarete alla stamigna dopo ch’avrà bollito due o tre bolli in una cazzaruola con un poco di brodo o colì di pesce. Fate bollire i vostri filetti di luccio in questa salsa, che sia di buon gusto e ben condita, e se volete metteteci de’ funghi, tartufi, prugnoli e sugo di limone in servirli.
Se ne mettono ancora alli cetrioli, accomodandoli, come molti altri, e sugo di limone, come si vedrà più avanti.
Lo potrete fare in filetti, tagliando il luccio in piccoli pezzi alla lunghezza d’un dito, i quali farete bianchire. Dipoi conditelo di buon gusto, e passatelo al buon burro con funghi, tartufi, punte di sparagi, latti di carpa ed un pezzo di limone nel cuocere; fate un picciol godivù di carne di carpa o di anguilla, ben condito, e, legato con mollica di pane bagnato nel brodo, ne guarnirete il fondo del vostro pasticcio; ed un legamento e sugo di limone in servirlo.
Potete ancora fare un pasticcio di luccio disossato e riempirlo, come si vedrà qui sotto, imbandendolo nella pasta fina, fatta alla grandezza del luccio; l’uno e l’altro si devono cuocere a piccolo fuoco e si servono per antrè caldamente.
Tagliate il vostro luccio in pezzi piccoli come la metà d’un dito e fateli bianchire. Essendo sgocciolati, passateli al rosso, e le vostre rape fate che prendano un mezzo rosso ancor loro. Farete cuocere ogni cosa dolcemente insieme, e ci metterete un legamento di buon gusto e sugo di limone in servirlo.
Essendo tagliato il vostro luccio in quarto, mettetelo in un bacino e gettateci sopra dell’aceto e del sale bollentissimo. Fate bollir dipoi del vino bianco, agresto, sale, pepe, garofali, moscada, alloro, cipolle e limon verde, o arancia, e quando bollirà a gran fuoco metteteci il vostro luccio e servitelo a secco, per antremè.
Bisogna scagliare i lucci e disossarli per la schiena, che la testa e la coda stiano attaccate alla pelle: fate il pien con la medesima carne, e carne d’anguilla, condita di sale, pepe, noce moscata, garofali, cipolla, burro, funghi ed erbe fine; poi riempite le vostre pelli. Li farete cuocere in un bacino con burro rosso, farina fritta, vin bianco, agresto, un poco di brodo, un pezzo di limon verde, e nel fine ci aggiugnerete un ragù di ostriche, latti di carpa e funghi. Guarniteli di pan fritto, fette di limone e capperi.
Scagliate i lucci e lardateli d’anguilla: fateli cuocere con burro rosso, vinbianco, agresto, sale, pepe, noce moscata, garofalo, un mazzetto alloro e limon verde. Quando saranno cotti, fate ragù di funghi, ostriche, capperi e farina fritta, con della medesima salsa ove saranno cotti i vostri lucci. Guarniteli di fette di limone, latti di carpa e funghi.
Aprite i vostri lucci per il ventre, tagliateli, mettendoli a marinare con aceto, sale, pepe, cipolle, alloro, e farinateli, quando li vorrete friggere. Per la salsa fate liquefare dell’acciughe con burro rosso, ed avendole passate per stamigna, aggiugneteci del sugo d’arance, capperi e pepe bianco. Guarniteli di pressemolo fritto e fette di limon nel servirli.
Bisogna scagliarlo e tagliarlo leggermente, lardarlo di mezzi lardoni d’anguille, conditi di sale, pepe, noce moscata, cipolle ed erbe fine; mettetelo allo spiede a tutta sua lunghezza e bagnandolo, nel tempo che si cuoce, di burro, vin bianco, aceto e limon verde. Essendo cotto, fate stemperar dell’acciughe nella salsa, e passatele per stamigna con un poco di farina cotta, ed aggiugneteci dell’ostriche ammortite nella salsa con capperi e pepe bianco: lo potrete guarnire di funghi fritti, latti di carpa e limon in fette.
Si fa bianchire nell’acqua tiepida, dopo averlo scagliato e vuoto per la parte di sopra del ventre, e si larda di minuti lardi; poi si mette allo spiede per farlo cuocere e bagnarlo come qui sopra, ed una medesima salsa. Lo guarnirete di latti di vitello lardati, funghi ripieni e fette di limone.
Si può ancora accomodare come si vedrà all’articolo primo della truta, ove si può andare per istruirsene, come vedrete altrove.
Se ne fa all’ostriche, alle rape, alli cavoli, tagliando il luccio in fette, che si passeranno alla padella con burro e si faranno cuocere in uno bastardella di terra con brodo di pesce, o purè chiara, condito di sale, pepe ed un mazzetto d’erbe fine. Dipoi ci si aggiunge dell’ostriche, facendo bollire la sua zuppa con il brodo ove il luccio è stato cotto, qual s’imbandisce sopra, e l’ostriche ancora, e si guarnisce di pan fritto, funghi fritti e sugo di limone nel servirlo.
Quando è alle rape, bisogna passarle alla padella con burro rosso e farina, e farle cuocere con sale e pepe, e s’accomodano propriamente sopra le croste, con il luccio.
Se ne fa tanto alli cavoli, dopo averli bianchiti e pestati minutamente, e circa il luccio si può lardare d’anguilla.
67Potete fare ancora una zuppa di luccio ripieno, sopra di che non ci è altro che osservare quel ch’è stato detto qui addietro all’articolo del luccio ripieno; come ancora far la zuppa di filetti di luccio e di croste ripiene di luccio, le quali maniere si vedran tra le zuppe.
Si prende della carne in fette, un poco battute con la costa d’un cortello, e si mettono in una cazzaruola con molte fette di lardo accomodate. L’impolvererete di pressemolo e cipolle peste, ed altre speziarie, e continuerete a fare un letto di simile condimento ed un letto di fette di carne sin alla fine, che le coprirete bene di fette di lardo e le metterete a cuocere alla brace, fuoco sopra e sotto, avendo ben coperta la cazzaruola. Essendo cotte, ci si può fare un colì di ossami di pernice. Il tutto ben sgrassato, si metton queste fette nel loro piatto e il colì per di sopra.
Si possono ancora riempire con un buon godivù trito e ben pestato in un mortaro con erbe fine, rosso d’ovo, pana e condimenti ordinari, mettendo questo pieno dentro fricondò ben larghi, che s’inviluppano di fette di lardo e si fanno cuocere al forno, dentro una tortiera. Essendo cotte, ci farete un ragù, che getterete sopra composto di tartufi, 68prugnoli ed un colì di vitello, per legamento.
Vedete all’articolo delle fricandò ripiene, che si rapportano in qualche cosa a queste.
Si posson metter le quaglie alla brace ed in ragù: se ne può fare ancora un pasticcio caldo, come quel di pernici, che si troverà al primo articolo de’ pasticci.
Se ne serve in più maniere in zuppa, ed avendo noi di già descritto qui avanti quel che riguarda la bisca di quagli, vogliamo adesso descrivere il resto.
Per le quaglie alla brace non v’è che d’osservare quel che sarà detto per li piccioni, e quando esse saranno cotte, ci si fa un ragù di latti d’agnello passati al bianco con funghi, tartufi e creste, e avendoci messe le quaglie un poco avanti di servirle, ci si stempra un rosso d’ovo, o due, con pana di latte.
Fendendo le quaglie in mezzo senza separarle, e si passano con lardo per la padella, condendole d’un mazzetto, sale, pepe, noce moscata, tre o quattro funghi, un poco di farina e sugo di castrato, e di limone, in servirle.
Se le volete riempire: fate un pieno di petto di cappone e midolla di manzo, conditelo di sale, noce moscata, un poco 69di pepe, rossi d’ovo crudi, e ne riempirete le vostre quaglie; fatele cuocere dentro una pentola di terra, o altra, con un mazzetto e buon brodo, tal qual si è descritto qui avanti, passando per la stamigna due fondi di carciofi cotti e sei rossi d’ovo cotti col brodo di quaglie, e fatele bollire sopra la cenere calda. Le vostre croste essendo mittonè, imbandirete le vostre quaglie, ed il colì per di sopra, e guarnirete di fondi di carciofi, e sugo di castrato, e di funghi.
Le potrete riempire ancora alli tartufi.
Si fa un’altra zuppa di quaglie al scuro senza riempirla, facendola cuocere con un pezzo di vitello, brodo proprio a questo, e si fa il colì d’un pezzo di filetto di manzo, che pesterete con crosta di pane. Guarnindola di funghi e tartufi, e sugo di limone in servirla.
Troverete la maniera tra gli articoli delle zuppe, come pure una zuppa di quaglie alla maniera d’oglia.
Un’altra di quaglie al basilico, come li piccioni.
Un’altra ancora ai funghi, ed altrimenti regolandovi sopra le materie simili che troverete per il mezzo della tavola.
Si fanno delle zuppe all’anatre: se ne mangiano arrosto, con una salsa sopra, e 70si accomodano ancora bene in altre maniere. Eccovi le più particolari.
Bisogna prendere l’anatre salvatiche, aggiustarle bene e fare un ragù composto di latti di vitello, tartufi, ostriche, condito d’erbe fine, pressemolo e cipolle peste, e si fa che il ragù sia un poco legato. Quando è vicino a esser cotto, non importando che sia rosto, bisogna empir le vostre anatre del medesimo ragù, e ben legarle e farle arrostire un poco. Avanti di servire si può metterci un colì di funghi o una salsa alla spagnuola, come questa che si fa alle pernici, e si servono caldamente per antrè.
Si accomodano nella stessa maniera li altri uccelli di valle.
Ci si fa un ragù di latti di vitello, fondi d’articiocchi, tartufi, funghi, uno spicchio d’aglio, una pinta d’aceto, un mazzetto guarnito di fricondè e sugo di limone in servirle.
Un’altra volta, dopo che le vostre anatre son cotte allo spiede, tagliatele in filetti e mettetele con cetrioli in ragù, qualche rocambò dentro e sugo di limone, ed un pochettino di gusto d’aceto, e le potrete servir per ordover.
Si servono nella stessa maniera dell’anatre in ragù, guarnite di rape cotte con l’anatre.
L’anatre si posson servir in zuppe alli piselli, al colì di lente, alli cavoli, alle rape ed altre radici; ma come che le sudette cose sono assai in uso con più altri pezzi, terressimo a bada lungo tempo, ed inutilmente, se si volesse toccare la maniera ad ogni pezzo particolare; manderemo adunque il lettore alle zuppe di quelli differenti legumi, che apprenderà in generale quel che ci bisognerebbe osservare per ogni sorta di cacciagione e di volatili, per evitare una repetizione noiosa, ove sarete avvisati del modo del quale si dee ricordarsi quando si faranno simili cose.
Vedete il medesimo al luogo de’ pasticci, ove troverete ciò che riguarda quelli d’anatre, tanto caldi che freddi.
Mondate bene i vostri Cardi e non ci lasciate niente altro che il buono, tagliateli in pezzi, ed avendoli lavati, fateli bianchire all’acqua con un poco di sale, fette di limone, grasso di manzo e fette di lardo. I giorni magri ci si mette del burro, legato con un poco di farina. Essendo bianchiti, bisogna aver del buon sugo, e d’un bel colore, in una cazzarola, sgocciolare i cardi e metterli dentro questo sugo, con un mazzetto d’erbe fine, di midolla di manzo pestata, un pezzo di parmigiano grattato, e farli cuocere in questa maniera, avendoli conditi. Avanti che si servino, ci si mette un bicchier 72d’aceto, o agresto, e bisogna aver riguardo che non venghino neri. Bisogna ben sgrassarli e servirli caldamente per antremè, dopo averli dato colore con la pala ben rossa.
Si servono ancora i cardi cotti al brodo ed al sugo, con legamento rosso. Gli accomodarete bene sopra il vostro piatto, o tondo, una crosta di pane sotto, per fare l’alzata. Ci metterete sopra formaggio grattato e pane grattato, e li farete prender colore.
Lasciatela con le sue scaglie e fateci un ragù di prugnoli o funghi, latti di pesci e fondi di carciofi; fate friggere de’ pezzi di crosta di pane, che metterete dentro la salsa a cuocere con cipolla e caperi. Essendo vicino a servirlo, e che la vostra carpa non sia punto rotta, gettateci il vostro ragù sopra e guarnitela di pan fritto, con sugo di limone.
Prendete un paro di sfoglie con un luccio, che disosserete, e della carne ne farete un pieno, pestandolo bene con un poco di cipolla e speziarie fine, sale, pepe, noce moscata. Legarete il vostro pieno con rossi d’ovo, se il tempo ve lo permette, e ne farete un saggio con una polpetta, che farete cuocere. Prendete una delle più belle carpe che possiate trovare, empitela di questo pieno e mettetela a cuocere con vin bianco in una 73cazzarola ovata a poco fuoco, condita di fine erbe. Essendo cotta, averete un gran ragù di funghi, spongoli, tartufi, prugnoli, fondi di carciofi e code di gambari, passate prima. Tenete il vostro ragù assai lungo e versatelo sopra la carpa, avendola preparata sopra un piatto ovato, quando bisognerà servirla. La guarnirete di gambari e fette di limone, e la potrete servir per un grand’antrè.
Si riempino sopra la lisca alla pana d’un pieno, che sia di buon gusto, e si fa cuocere al forno, guarnito di pane e pressemolo fritto, o di marinato.
Dopo averla scagliata, la larderete di grossi lardoni d’anguilla e la passerete alla padella con buon burro rosso. La metterete dipoi in un bacile col medesimo burro ed un poco di farina fritta e funghi, condendola di sale, pepe, noce moscata, garofali, una foglia di alloro, un pezzo di limon verde ed un bicchier di vin bianco. Quando sarà cotta metteteci dell’ostriche fresche e capperi, e lasciateli bollire un poco insieme; guarnitele di fette di limone.
Scagliate le carpe, separatele la pelle dalla carne, lasciandoci la testa e la coda, e riempitele con la medesima carne e carne d’anguilla, condite di fine erbe sale, pepe, garofali, noce moscata, timo,
74burro e funghi. Riempite le vostre pelli e cucitele, o legatele insieme; le metterete a cuocere al forno, o altrimenti con burro rosso, vin bianco e brodo, stendendo sopra burro, ben maneggiato con farina fritta, pressemolo ben minuto, guarnito di latti di carpa, funghi, capperi e limoni in fette.
Le potrete mettere al cetriolo ed alli prugnoli, non essendosi che ad osservare sopra questo quel che si è detto per li lucci, o quel che si dirà per le sfoglie, ed il medesimo di altri pesci, che manderemo a que’ luoghi per isfuggire le repetizioni.
Lasciatela con le sue scaglie e tagliatela in quarto, mettetela a cuocere con vin bianco, o altro, un poco d’agresto e d’aceto, sale, pepe, noce moscata, garofali, cipolle, alloro, burro rosso e una scorza d’arancia. Fate consumare il brodo alla riserva d’un poco, e metteteci capperi nell’imbandirla e fette di limone per guarnirla.
Levate via le baise della testa e gl’interiori della carpa e mettetela al blò, come è stato detto per li lucci. Fatela cuocere nel vin bianco, agresto, aceto, cipolle, alloro, garofali, pepe, e servitele sopra una salvietta, con pressemolo verde e fette di limone, per antremè.
Scagliate le vostre carpe e fatele cuocere sopra la gratella con sale, burro; fateci una salsa con burro rosso, capperi, acciughe, limon verde, o arancia, ed aceto, conditi di sale e noce moscata.
Si possono mettere ancora al bianco.
Non si ha che da vedere qui addietro l’articolo della carpa ripiena, ovvero quel ch’è stato detto per la zuppa di luccio ripieno, come vedrete altrove. Si guarnirà questa di fondi di carciofi, ostriche fritte, capperi, funghi in ragù e fette, e sugo di limone.
Si fa con la carne di carpa pestata nella maniera che si dirà tra le zuppe da magro.
Vedete ancora per li piccatigli di carpa e li pasticci di carpa fra quelli di pesci, come si vedrà altrove.
Si serve quella che si chiama cazzaruola per antrè e per zuppe.
Bisogna prendere un grosso pane dorato e non grattarli punto la crosta per di sopra. Si fora per di sotto e si leva via la mollica. Bisogna dipoi aver un buon piccatiglio di pollastri arrosto o di pollastre cappone, o altra sorta di carne cotta, e passar questa carne ben pestata nella cazzarola con buon sugo, come se si fosse 76per fare un piccatiglio. Essendo passata, bisogna con un cucchiaro alla mano metterne dentro al pane, che averete fatto seccare all’aria del fuoco dalla parte della mollica, e dopo averci messo un poco di questo piccatiglio, ci metterete qualche piccola crosta di pane in pezzi e finirete di riempire di piccatiglio e di piccole croste. Pigliate dipoi una cazzaruola che non sia punto più grande che il vostro pane, metteteci un foglio di carta dentro o, per meglio fare, delle fette di lardo, e dipoi il pane dalla parte che l’avete ripieno, e lo coprirete col suo fondo del medesimo pane. Fatelo bollire in questa maniera con buon sugo, ma che non sia troppo inzuppato né troppo bollito, in maniera che sia tutto intero e tutto ben coperto. Un poco avanti di ben servirlo, versatelo sopra un piatto con destrezza, levate via le fette di lardo, sgocciolate un poco il grasso e coprite il vostro pane con un buon ragù di latti di vitella, fondi di carciofi, tartufi e piccole punte di sparagi attorno, secondo la stagione.
La differenza che ci è, che dentro del pane ripieno ci si mette un poco di permigiano grattato e quando il pane è imbandito dentro il suo piatto si spolvera ancora dei medesimo parmigiano e se gli fa prendere un poco di colore dentro al forno e si mette il ragù attorno.
77Questo si chiama una cazzarola al parmigiano.
Bisogna far cuocere il vostro riso dentro una pentola ed aver de’ funghi, tartufi, spongoli, latti di vitella, creste di gallo e fondi carciofi, e farne un ragù. Se si vuole, si può riempire le creste e gli spongoli e farle cuocere a parte, e poi gettar tutto dentro il vostro ragù. Fate dipoi un’essenza d’aglio in questa maniera, cioè:
Prendete due o tre spicchi d’aglio, di bassilico, di stecchi di garofolo e di vino, facendo bollire ogni cosa insieme e poi passatela dentro una stamigna e metteteci dentro il ragù. Se avete qualche pollastra cappona, o altra cacciagione, o volatile da servir sopra la vostra zuppa, accomodatela dentro il suo piatto; metteteci dipoi il vostro ragù e copritelo di riso propiamente, e sopra metteteci un poco di grasso per renderla ben unita, e fatele prender colore, mettendola dentro al forno, e servitela caldamente. Se non si ha punto di volatile ma solamente qualche bella coda di castrato bollita, accomodatela medesimamente nel vostro piatto quando sarà ben cotta e la coprirete di riso ben denso; e doratelo con pan grattato, o meglio doratelo con grasso e lardo ed un poco di pan grattato per dargli il colore. Vedete qui altrove. 78Una coda di salamone in cazzarola, la di cui maniera si può estendere ad altre sorte di pesce, che si mettono così.
Si può accomodare in più maniere. Per esempio: lardatelo di grosso lardo, condito di sale, pepe, noce moscata, garofali in polvere e lo larderete con minuti lardi; fatelo bagnare nel vin bianco, agresto, sale, un mazzetto, un pezzo di limon verde, tre o quattro foglie di alloro e lo farete cuocere allo spiede a poco fuoco, bagnandolo col suo marinato. Essendo cotto, mettetelo dentro il suo degù con farina fritta per legar la salsa; poi capperi, aceto, o sugo di limone, e pepe bianco.
Lardate la rognonata, o spalletta del cervo ben minuto, e l’invilupperete di carta. Essendo cotto, fate una salsa con aceto, farina fritta, pepe, noce moscata, sale, fette di limone e scalogna.
Il pezzo di cervo, essendo cotto allo spiede, lo potrete mangiare alla salsa dolce, che farete in questa maniera.
Prendete un bicchier d’aceto, zucchero, un poco di sale, tre o quattro stecchi di garofali intieri, cannella ed un poco di limone. Essendo cotta, metteteci un poco di farina fritta, pepe bianco e sugo di arancia.
Lardate un pezzo di cervo con grossi lardi, condito di sale e pepe; passatelo alla padella con lardo fonduto; mettetelo a cuocere in una bastardella di terra con brodo o acqua calda, due bicchieri di vin bianco, conditelo di sale, noce moscata, un mazzetto, tre o quattro foglie di alloro, un pezzo di limon verde, e fatelo cuocere tre o quattro ore, secondo che sarà duro. Essendo cotto, legate la salsa con farina fritta e metteteci capperi e sugo di limone in servirlo.
Ci è ancora il pasticcio di cervo, che si troverà tra li pasticci.
Li funghi sono d’un grand’uso nelli ragù. Se ne fanno massimamente de’ piatti particolari per antremè e delle zuppe, e per questo egli è importante di farne sempre buona provisione. Eccovi quel ch’è di particolare sopra di essi.
Si passano in un padellino, o cazzarola, con un poco di brodo per ismorzarli, poi si spolverano con sal minuto, un poco di pepe e farina, e si friggono nel grasso di porco. Li servirete alla pressemolata e sugo di limone per antremè, ovvero ne guarnirete altre cose.
Tagliate i funghi in fette e passateli con lardo, o burro, conditi di sale, noce moscata ed un mazzetto; ci si fa un 80legamento con un poco di farina, rossi d’ovo ed un sugo di limone.
Tagliate i vostri funghi in pezzi e fateli cuocere a gran fuoco con burro, condito di sale, noce moscate ed un mazzetto. Quando saranno cotti, e che non ci sarà quasi più salsa, metteteci la pana naturale e serviteli.
Metteteli in una tortiera con lardo o burro, pressemolo e timo pestati ben minutamente, e cipolla intiera, conditi di sale, pepe e noce moscate, e si fanno cuocere al forno come una torta, ben rotolati e dorati di pan grattato. Serviteli con sugo di limone e fette, guarniti di pressemolo fritto.
Fate un pieno con carne di vitello, midolla di manzo e lardo, conditi di sale, pepe, noce moscata ed una mollica di pane bagnata nella pentola o rossi d’ovo. Riempitene i vostri funghi e fateli cuocere in una bastardella di terra con sale, un mazzetto e brodo. Essendo cotti, gl’imbandirete sopra le vostre croste bollite e guarniteli di fegati di pollastri in ragù, funghi fritti e sugo di limone in servirli.
Gli potete guarnire ancora di latti di vitello, fricondò lardate, creste e tartufi, e fare un pane di profitoglie al mezzo riempito di fungi, fondi di carciofi, 81latti di vitella, il tutto tagliato in dadi e passato in ragù. Fate all’uno ed all’altro un colì bianco o scuro, ma lo scuro va meglio. Il manzo ed il vitello de’ quali volete cavare il vostro colì o sugo li pesterete in un mortaro con croste di pane, e passateli per stamigna con brodo e ve ne servirete per lo vostro ragù.
Si fanno altre zuppe di funghi con differenti volatili, come capponi, quaglie ec.
Ed in giorno di magro, potrete riempire i vostri funghi con carne di pesce, come per l’altre cose.
Dopo che avrete ben nettati li funghi, metteteli dentro un bacino con un pezzo di lardo, o di burro se è in giorno di magro: fateli rotolare sopra la brace finché s’attacchino al fondo del bacino. Essendo ben rossi, metteteci un poco di farina e fatele ancora rotolare con li funghi. Dipoi ci metterete del buon brodo, e lo leverete di sopra al fuoco mettendo questo sugo in un pignatto a parte, condito d’un pezzo di limone e sale.
Li funghi potete servirli pestati, minuti o intieri per le vostre zuppe o per de’ piatti d’antrè o d’antremè.
Bisogna ben nettare i vostri funghi e ben lavarli: dipoi passateli poco in una cazzaruola con buon burro e conditeli 82di tutte le sorte di speziarie. Essendo passati, metteteli in una pentola con un poco di salamoia e di aceto, e molto burro per di sopra, e copriteli bene. Avanti che li mettiate in opera bisogna ben dissalarli, e vi serviranno per tutte le cose.
Se ne può fare ancora della polvere quando sono ben secchi, e massimamente de’ prugnoli.
Fateli seccare al forno come li carciofi dopo averli fatti bianchire nell’acqua. Essendo secchi, metteteli in luogo ove non sia punto d’umido, e per metterli in opra fateli bagnare nell’acqua tiepida.
Non si starà a compendiare le differenti zuppe di cappone che si posson servire, perché si troveranno dentro la tavola. Andateci medesimamente per gli altri preparamenti che si fanno con petto di cappone, come torte, rissole e buglian, alle lettere ove questi articoli si rapportano. E per quelli che si servono arrosto, si vedrà con qual salsa si possono mangiare alla lettera A, ove descriveremo tutto quello che riguarda l’arrosto. Si può ancora ricorrere per quelli che si mettono all’addobbo alla lettera A, ove si troveranno degli esempi per altri volatili che si hanno a servire, ed ancora del resto.
Potete fare il medesimo come dell’agnello, tanto in zuppa che per antrè, non essendoci ancora da leggere che quello ch’è stato detto addietro e seguenti; e medesimamente, per quello che s’è fatto arrosto vedete sotto la lettera A.
Lardatelo di minuti lardelli e fatelo arrostire, lo potrete mangiare alla salsa dolce naturale, o al dolce e piccante, o alla peverata naturale, o passar la milza del capriolo alla padella con lardo fonduto ed una cipolla. Essendo cotta, pestate il tutto nel mortaro e passatelo per stamigna con sugo di castrato, di limone, e funghi e pepe bianco.
Avendo lardato il capriolo di grossi lardi, passatelo per la padella con lardo fonduto, dipoi mettetelo in una cazzarola, condito di sale, pepe, alloro, noce moscata, un mazzetto e del brodo di manzo, o acqua calda; metteteci ancor un bicchier di vin bianco ed un pezzo di limon verde; legate la salsa con farina fritta, e servitelo con sugo di limone e capperi.
Si può ancora, essendo lardato di grossi lardi e cotto come abbiamo detto, lasciarlo raffreddare nel suo brodo e servirlo sopra una salvietta con fette di limone, e cresson smorzato nell’aceto, e sale.
Troverete fra le zuppe la maniera di quelle che si fanno alli cavoli con differenti volatili, come piccioni, pernici galline, colombacci, pollastri, anatre, capponi, ec. Si può ancora farne alli cavoli ripieni nella maniera che abbiamo descritto; ovvero servirsene per antrè, guarnendoli di fricondò ripiene.
Prendete una buona testa di cavolo, levate via il piede ed un poco dentro il corpo, e fatelo bianchire; dipoi cavatelo dall’acqua, stendetelo sopra la vostra tavola che le foglie si tenghino insieme, ed essendo ben distese, metteteci un pieno di carne di volatili e di qualche pezzo di coscia di vitello, di lardo bianchito, di grasso di prosciutto cotto, di tartufi, di funghi pestati, di pressemolo e di cipolla, uno spicchio d’aglio. Il tutto condito d’erbe fine e speziarie, con mollica di pane, due ovi intieri e due o tre rossi, il tutto ben pestato. Il vostro cavolo, essendo empito di questo pieno, serratelo e legatelo con sugo propriamente e mettetelo a cuocere in una pentola o cazzarola. Prendete nel medesimo tempo della coscia di vitello, o di manzo in fette, ben battuta; accomodatela in una cazzarola come per farne del sugo: fatelo prender colore, ed essendo colorito, metteteci un pizzico di farina e fate prender colore tutto 85insieme. Umiditele di poi con buon brodo e conditele di erbe fine, di cipolla, ed essendo a mezza cottura mettete ogni cosa col vostro cavolo, le fette ed il sugo, e fatele cuocere insieme: abbiate riguardo di non ci mattere troppo sale. Quando tutto sarà cotto bisogna imbandirlo in un piatto senza brodo, e metteteci un ragù sopra secondo la comodità, o alla Saingarò o altrimenti, e servitelo caldamente.
Si può ancora riempire un cavolo da magro con carne di pesce ed altre guarniture, come se questo fosse una carpa, un luccio o altro pesce che si volesse riempire.
Bisogna prendere del formaggio che sia ben grasso, come del miglior formaggio alla pana, secondo la quantità che ne volete fare; mettetelo in una cazzaruola con due pugni di farina a proporzion della quantità del vostro formaggio, aggiugneteci della scorza di cedro verde pestata e della scorza di cedro candito, ancor ben pestata. Bisogna aver una mescola alla mano e ben stemprare il tutto insieme con un poco di sale. Quando è ben mescolato, ci si metton quattro o cinque ovi e se ne fa una pasta, come quella de’ gonfietti. Dopo prendete delle piccole tortiere, ungetele di burro, mettete dipoi in ciascuna un poco di 86questo pieno con la mano, ed avanti che lo mettiate al forno per farle cuocere, doratele con rosso d’ovo battuto. Essendo cotti, potete ghiacciarli con zucchero fino o farci un ghiaccio ben bianco, come potrassi vedere altrove.
Quando i vostri cavoli fiori son ben nettati, fateli cuocere con dell’acqua, sale, burro ed uno stecco di garofalo a gran fuoco. Dipoi sgocciolateli bene e metteteli in un piatto con burro per tenerli caldi, poi fate una salsa legata con burro, aceto, sale, noce moscata, pepe bianco, e fette di limone dopo che l’avrete imbandito.
Essendo cotti i vostri cavoli fiori come sopra, passateli alla padella con lardo fonduto, pressemolo, cerfoglio, timo, cipolla insieme, e sale, e fateli bollire insieme. Quando vorrete servirli, metteteci del sugo di castrato, un bicchier d’aceto e pepe bianco. L’uno e l’altro non sono propriamente che pezzi d’antremè.
Si mangiano ancora in insalata, ma siccome questa è assai comune, così si tralascia di descriverne la maniera.
Rifateli sopra Ia brace ben propriamente e tagliateli in quarti. Passateli al rosso e metteteli in una piccola pentola con 87brodo o acqua bollente, se non avete punto di brodo. Aggiugneteci nel cuocere un legamento rosso, un poco di vino, uno spicchio d’aglio, o rocambò, e sugo di limone in servirli, guarniti di marinato e pressemolo fritto.
Levate le cosce intiere e le spalle e mettete il resto in pezzi; lardateli di grossi lardi e passateli alla padella con lardo fonduto, dipoi fateli cuocere con brodo e vin bianco, un mazzetto d’erbe fine, sale, pepe, noce moscata, alloro e limon verde; friggere il fegato, ed avendolo pestato, passatelo per la stamigna con farina fritta, un poco del medesimo brodo, e mettete sugo di limone ed in fette.
Tagliate la daina o cervo in pezzi grossi come una spalla di lepre, lardateli di grossi lardi e passateli alla padella come li precedenti. Si fanno cuocere ancora nella stessa maniera e si lega la salsa con farina fritta ed un bicchier d’aceto.
Pigliate un porchetto di latte, scottatelo bene e vuotatelo propriamente. Tritate il fegato a parte con lardo bianchito, tartufi e funghi, qualche cappero, un’acciugha, la metà d’un aglio, un poco di erbe fine e della salvia: passato il tutto in una cazzarola, e ben condito, riempitene il corpo del vostro porchetto. 88Cucitelo bene con spago e fatelo arrostire, bagnandolo con buon olio d’oliva, e servitelo caldamente. Si può guarnir di pan fritto.
Per ben scottare un porchetto di latte bisogna sfregarlo con pecegreca, aver dell’acqua calda ma che non sia troppo, e lo scotterete facilmente.
Tagliatelo in quarti e passatelo alla padella con lardo fonduto; fatelo cuocere con brodo, un poco di vin bianco, un mazzetto, sale, pepe e noce moscata. Passate dentro il vostro lardo ostriche e farina, un pezzo di limone, capperi ed olive disossate, che metterete col resto con sugo di limone, e fette in servirlo.
Vedete la maniera qui dopo.
Dopo aver ben scottato il vostro porchetto, ed avendolo votato propriamente, tagliate la testa e le quattro gambe, prendete dipoi la pelle, cominciando dalla parte del ventre, ed abbiate riguardo di non tagliarla punto, principalmente sopra la schiena. Stendetela propriamente sopra la tavola ed abbiate qualsivoglia pieno, formatelo con la medesima carne del vostro porchetto di latte, un poco di coscia di vitello ben tenera, un poco di prosciutto crudo, di lardo, un poco di 89pressemolo e di cipolla pestata, ed ogni sorta d’erbe fine, eccetto che il rosmarino e la salvia. Bisogna fare dell’acqua forte fatta nella seguente maniera.
Prendete una buona foglietta d’acqua, e mettendoci due fogli d’alloro, o del timo, bassilico, savoriggine, tre spicchi d’aglio, e due o tre scalogni, e fate ridurre questa foglietta d’acqua alla metà, qual vi servirà per bagnar il vostro pieno.
Fate ancora scottare de’ pistacchi e delle mandole, secondo che voi giudicherete a proposito, e fate indurire sei ovi per cavarne il rosso. Dipoi tagliate del vostro lardo e del vostro prosciutto in grossi lardoni, prendendo del magro solamente in quanto al prosciutto. Il tutto ben condito, bisogna accomodare un lardo di prosciutto, un lardon di lardo, un ordine di mandole, un di pistacchi ed uno di rossi d’ovo duri, mettete ancora dentro il pieno qualche poco di tartufi e funghi triti, un poco di pana di latte, e bagnatelo con la suddetta vostra acqua forte; e poi un rosso d’ovo. Dopo aver bagnato il lardo ed il resto come si è detto, si stende questo pieno sopra cominciando da una dell’estremità della pelle, e dopo questo si rotola e si tiran le due cotenne della costa e d’altra parte, perché il pieno non vada via. Il tutto sia ben rotolato, che sia d’una bella lunghezza, cucitelo da tutte le parti e mettetelo in una salvietta, che 90legherete per le due estremità ed al mezzo, affinché sia ben fermo. Lo farete dipoi cuocere alla brace in una cazzaruola, mettendo sopra e sotto lardo e fette di manzo. Gli bisognano dieci o dodici ore di cottura e fuoco sopra e sotto. Essendo cotto, lo lasciarete raffreddare dentro la medesima cazzaruola e dopo lo tirerete fuori della salvietta, e lo servirete e slegherete propriamente, e lo taglierete in fette, che accomodarete in un piatto sopra una bella salvietta bianca; e lo servirete ancora freddo, con fette di limone e fiori.
Si serve nella stessa maniera che il precedente, e per farlo cuocere si larda di mezzi lardi dopo averlo fatto bianchire nell’acqua: lo condirete in maniera che pizzichi con sale, pepe, garofoli, noce moscata, alloro, cipollette e limon verde, e lo metterete a cuocere inviluppato con un panno bianco in una pentola propria con brodo ed un poco di vin bianco, e lo lascierete mezzo raffreddare. Si potrebbe servire ancora per antrè.
Bisogna prendere li piedi che sieno ben propri, e tagliateli in mezzo e legate insieme ciascun piede. Abbiate una pentola, fateci un ordine di fette di lardo, un ordine di piedi e d’erbe fine ed un ordine di piedi e fette di lardo: sin che ci abbiate messi tutti i vostri 91piedi. Metteteci dipoi una buona caraffa di spirto di vino, un poco d’anisi, de’ coriandi, alloro, una foglietta di vin bianco ed un poco di argento vivo, o sia mercurio. Coprite il tutto di fette di lardo ed impastate la pentola per gli orli con della carta forte; bisogna che il coperchio cuopra perfettamente bene e metterla ancora alla brace per farli cuocere, quali vanno circa a dieci o dodici ore, più o meno. Non bisogna affrettar punto il fuoco, affinché i vostri piedi abbiano il tempo di cuocere; è necessario d’averne cura. Quando sono cotti e raffreddati li dorerete con pan grattato propriamente, e fateli grigliare per servirli tutti caldi in antremè.
Se ne accomodano ancora solamente con acqua e vin bianco mescolato insieme. Conditeli bene e metteteci della zinna di porco, come si fa ancora in quest’altra maniera.
Si vedrà nell’articolo de’ pollastri che c’è la maniera d’accomodarli di questa sorta.
Prendete delle lingue di porco in quella quantità che vi piacerà. Fatele scottare solamente per poterle cavar la prima pelle, e per questo non bisogna che l’acqua sia troppo calda. Dopo 92asciugatele dentro una tovaglia e levate via un poco dell’estremità grossa. Per salarle, abbiate del ginebro verde e fatelo seccare al forno con due foglie d’alloro, un poco di coriandolo, del timo, bassilico ed ogni sorta d’erbe fine fuorché del rosmarino, della salvia, del pressemolo e della cipolla. Tutto questo essendo ben secco, bisogna pestarlo in un mortaro e passarlo per setaccio, non importando che sia tanto fisso. Bisogna dipoi aver del sale pestato e del salnitro, mescolateli al resto e salate le vostre lingue dentro un bariletto o pentola, accomodandole tutte ad una misura che le salarete separatamente, e condite di tutte queste speziarie a sciascun ordine di lingue. Bisogna calcarle una contro l’altra, ed avendole tutte salate, mettete sopra la pentola una arasia – ch’è certa pietra scura da coprir case, che si servono la Francia – con una grossa pietra sopra e lasciatele sei o sette giorni. Cavatele dipoi, fatele un poco sgocciolare prendendo della veste o camicia di porco, tagliatele secondo la lunghezza delle vostre lingue e fate entrar ciascuna lingua dentro la sua veste, e legate le due estremità. L’attaccherete per la piccola punta ad una pertica sotto un cammino e con una distanza che non si tocchino punto l’una con l’altra, bisognando che il fumo le domini. Ci si lasciano quindici o venti giorni, sin che elle sieno secche; se saranno ben fatte, si 93manterranno tutto un anno. Per il meglio bisogna mangiarle dopo sei mesi. Si fanno cuocere per questo nell’acqua con un poco di vino rosso, qualche fetta di cipolla e di stecchi di garofali. Essendo cotte, si servono in fette o intiere, come si vuole, freddamente o per antremè.
Vedete qui avanti alle lingue di manzo, che si salano nella stessa maniera.
Si può fare ancora delle lingue di castrato fodrate.
Si riempie de’ cetrioli per lardarne di grande antrè di pezzi di manzo, com’è stato già detto.
Si accomodano ancora in altra maniera, come alla marinata e insalata. Se ne guarnisce delle zuppe. Si fanno de’ filetti alli cetrioli e questo è uno de’ più principali ingredienti del salpicon. Abbiamo spiegato quel che riguarda il salpicon al suo luogo. Basterà di parlar qui de’ cetrioli ripieni ed alla marinara, il resto non v’essendo niente più facile, per esempio la zuppa, l’insalata, e la lacchetta o coscioto di castrato al cetriolo.
Bisogna prendere li cetrioli, mondarli bene e vuotarli delli lor semi senza tagliarli. Non debbono essere troppo grossi. Bisogna aver un pieno di carne composta di tutte le sorte di volatili, e se si vuole di un pezzo di vitello, il tutto ben 94pestato con lardo bianchito ed un poco di grasso bianchito, di prosciutto cotto pestato, di funghi, di tartufi e di tutte le sorte d’erbe fine. Tutto questo ben pestato e condito. Riempite dipoi li vostri cetrioli, che saranno un poco bianchiti, con questo pieno e metteteli a cuocere in un sugo, o brodo grasso, che non si cuocino troppo. Avendoli cavati, si tagliano in mezzo, si lasciano raffreddare, e se li fa una pasta, come se fosse per fare de’ gonfietti di pomi, cioè:
La pasta sarà d’una farina stemperata con vin bianco o birra, un poco di lardo fonduto e del sale.
Farete di piccole punte alla grossezza d’una penna da scrivere e taglierete li pezzi delli cetrioli a traverso, perché le punte sieno tutte da una parte per poterle ficcare dentro li pezzi di manzo. Le bagnerete dentro la suddetta pasta, o colla, ed avendo del grasso di porco caldo allestito, gli farete prendere un bel colore. Il vostro pezzo di manzo essendo preparato con un piccatiglio di prosciutto e li marinati per di sopra, lo larderete di questi cetrioli ripieni. Se avete dell’avanzo del pieno, bisogna rotolarlo con la mano posta già dentro la farina e farne de’ pezzi grossi come un ovo, che farete cuocere nel medesimo tempo che li vostri cetrioli, il tutto dolcemente; affinché il pieno si tenga, bisogna friggerlo nella stessa maniera.
Si riempiono come li sopraddetti e si fanno cuocere nel buon sugo. Essendo cotti, sgrassateli bene, che non sia troppo intingolo; legateli con qualche buon colì ed avanti di servirli gittateci un bicchier d’aceto, servendoli caldamente; bisogna che il tutto sia d’un bel rosso.
Si servono ancora nelle due suddette maniere.
Bisogna prendere de’ cetrioli che non sieno troppo duri e d’una bella qualità. Si accomodano propriamente in un bariletto, o mastello, con sale e mezz’acqua e mezzo aceto, in maniera che possino ben bagnarsi. Bisogna ben coprirli e non toccarli per un buon mese. Quando si è fuori della stagione de’ cetrioli si serve di questi avendoli ben pelati e fatti bagnare, e se debbono servire per guarnire le zuppe bisogna farli bianchire, e quando serviranno per filetti tanto in magro che in grasso si tagliano al solito de’ filetti e si passano nella stessa maniera che se stessero freschi. Vi saranno d’un gran soccorso tutto l’inverno e per la quaresima.
A quelli che si voglion mangiare in insalata ci si aggiunta del pepe, qualche pugno di sale e si possono steccare di garofali intieri, uno almeno per ciascuno; e si chiamano cetrioli conci.
96Se ne scegliono per questo de’ piccoli verso il fin dell’autunno e si confettano con coste o rami di porcellana, che serve di fornitura a questa sorta d’insalata.
Prendete un quarto di castrato, o di vitello, e fatelo cuocere in una pentola con buon brodo. Essendo cotti, cavateli e levate via tutta la carne, salvando da parte le ossa delle costolette. Questa carne vi servirà per farne un pieno con lardo bianchito, zinna di vitella cotta, e un poco di pressemolo e cipolla, funghi e tartufi, il tutto tritato insieme e pestato ancora in un mortaro con speziarie e condimenti necessari, una mollica di pane bagnata nel latte, o in sugo, ed un poco di pana di latte. Legate il pieno con rossi d’ovo, in maniera che non sia troppo liquido, fate delle fette di lardo secondo la grandezza delle vostre costolette: mettete questo pieno sopra le fette con gli ossi delle costolette e fate la medesima cosa a ciascuna costoletta, che formerete tondamente col vostro cortello bagnato negli ovi sbattuti, come se questa fosse una costoletta vera. Doratele con pan grattato sopra, ed avendole accomodate in una tortiera, o teglia di rame, si mettono al forno per far prender loro un bel colore. Vi possono servire per guarnire ogni sorta d’antrè e per ordover.
97Si servono ancora delle costelette di vitello ripieno con niente altro che finocchio e sugo al fondo del piatto, in servirle per ordover.
Bisogna prender le costolette di vitello o castrato, che sien ben tenere e ben tagliate: lardatele di piccoli lardi come le fricondò e passatele nella stessa maniera, condendole come bisogna. Se queste costolette vi debbon servir di piatto, bisogna metterci ogni sorta di guarniture; ma se ne fate per guarnirne qualche altro antrè, ciò non è necessario, bastando solamente che le lasciate cuocere nel loro luogo; perché l’antrè, che sarà al mezzo del piatto, ci avrà il ragù sopra.
Le costelette di castrato si posson mettere in haricò con rape cotte bene a proposito, un buon legamento nel cuocere e ben condite. Ci si può mettere de’ maroni e servir per ordover.
Si può ancora, dopo averle bene affettate, bagnarle dentro al grasso di porco, dorarle con pan grattato e grigliarle, servondole con buon sugo di limone in servirle.
Le potrete pure far marinare e friggere con bel colore e guarnirle di pressemolo fritto. Ovvero le servirete con un colì e sugo, un pezzo di limone e 98tartufi, avendole fatte bollire insieme, e sugo di limone in servirle.
Questo colì può servire per più piccole zuppe da grasso, come di profitroglie, di pernici, di quaglie, di lodole, di beccacce o di sarcelle, che si posson guarnir tutte di fricondò e latti di vitella. Per farlo, prendete un pezzo di lombo di manzo, che farete arrostire allo spiede ben rosolato con croste di pane, ossami di pernice ed altri che averete. Essendo il tutto ben pestato e bagnato con buon sugo, passatelo dentro una cazzarola con sugo e buon brodo e conditelo di sale, pepe, stecchi di garofolo, timo, bassilico, un pezzo di limon verde; fatelo bollire quattro o cinque bolli, passatelo per stamigna e servitevene per le vostre zuppe con sugo di limone.
Bisogna prendere metà vitello e metà prosciutto, mettetele dentro una cazzarola insieme senza lardo, come per fare un sugo di vitello, e quando è cotto metteteci delle croste di pan secco, cipolla, pressemolo, bassilico, stecchi di garofali con del miglior brodo; ed essendo di buon gusto, passarlo per stamigna e tenerlo un poco denso.
Prendete un cappone arrosto, pestatelo in un mortaro il più che potete; passate 99della crosta di pane nel lardo fonduto; e essendo ben rosso, ci metterete della cipolla, pressemolo, bassilico e qualche prugnolo ben trito, che mescolerete col resto, e finirete di passarlo sopra il fornello; metteteci dipoi del miglior brodo quanto giudicherete a proposito, passatelo per la stamigna.
Pigliate due pernici arrosto e pestateIe ben dentro un mortaro con le barde di lardo dentro, le quali avrete fatte cuocere. Dipoi prendete un pugno di tartufi verdi ed altrettanto di funghi freschi, che passerete dentro il lardo fonduto con erbe fine, cipolla, bassilico, oregano; poscia mescolerete la vostra carne pestata insieme dentro la medesima cazzarola con due buoni cucchiari di sugo di vitello, per farla bollire a piccol fuoco, e la passerete dopo alla stamigna con sugo di limone.
Bisogna prendere un’anatra arrosto, pestarla ben in un mortaro: fate rosolar del prosciutto dentro un piatto d’argento e mettetelo dentro una pentola con un pugno di lenti, per far cuocere il tutto insieme; metteteci due o tre stecchi di garofolo, uno spicchio d’aglio, della favoriggine e cipolla, e dopo che sarà cotto, pestate il tutto con la carne dell’anatre e passatelo dentro una cazzarola con lardo fonduto e poi del brodo chiaro, affinché il vostro colì abbia un bel biondo. 100Lo passerete dentro la stamigna con sugo di limone.
Fate arrostire due o tre piccioni grossi, poi pestateli in un mortaro, passateci tre acciughe, un pizzico di capperi, un poco di tartufi e spongoli, due o tre rocambò, pressemolo, cipolla; il tutto ben pestato, mescolatelo con la carne de’ piccioni e pestatelo dentro una cazzarola con Iardo fonduto. Metteteci del miglior sugo che abbiate, passatelo per stamigna con sugo di limone e tenetelo ancora denso quanto giudicherete a proposito.
Bisogna pigliar il petto d’una pollastra cappona con un pezzo di vitella cotta ben bianca, pestatela in un mortaro; prendete cinquanta mandole dolci, che pesterete insieme, ed una mollica di pane ben bianco bagnato dentro buon brodo dell’ossa delle pollastre che averete pestate. Vi servite del medesimo brodo per bollire la vostra carne e le vostre mandole dentro una cazzarola, un bollore o due. Nel passarlo per la stamigna ci potrete mettere un poco di latte o pana per renderlo più bianco, ed aver riguardo che non si guasti o dia la volta nel farlo scaldare.
Prendete delle mandole la quantità che giudicherete a proposito e pestatele in un mortaro. Bisogna aver della mollica di pane bagnato nella pana o nel latte e 101delli filetti di pesce cotti più bianchi che potrete. Ci metterete de’ prugnoli freschi, tartufi bianchi, bassilicò, cipolle, e prenderete del brodo più chiaro che troverete per far bollire il tutto per uno spazio di un quarto d’ora; dopo la qual cosa li passerete per stamigna. Questo colì vi servirà a tutto quel che avrete di bianco.
Bisogna passar delle cipolle, carote, come per un brodo, ed essendo ben rosso gittateci un pugno di pressemelo, un poco di timo, di bassilicò, stecchi di garofali, crosta di pane e brodo di pesce ed un bicchier d’aceto.
Salsifì è una certa specie di carota bianca di gusto acuto.
Prendete delle carote, radici di pressemolo, pastinaca e cipolle in fette, passate il tutto un poco dentro una cazzarola, poi lo pesterete dentro il mortaro con una dozzina e mezza di mandole ed un pezzo di mollica di purè. Fate bollire il tutto in una cazzarola e conditelo di buon gusto come gli altri. Passate il tutto caldo per la stamigna e servitevene per tutte le zuppe di cipolle bianche, di porri, cardi, di salsifì, marinati ed in pasta, ed alla zuppa di servì.
Prendete delle croste di pane, delle carote, pastinache, radici di pressemolo, 102cipolle in fette passate all’olio o al burro ben caldo. Se è in giorno di grasso, metteteci del lardo ben rosso e gittateci i vostri legumi e le vostre croste di pane. Fate ben rosolare il tutto, finché questo si faccia un gratin ben rosso. Metteteci delle lenti e del brodo e conditele di buon gusto. Avendo bollito quattro e cinque bolli con un pezzo di limone, passatelo per la stamigna. Vi serve per le zuppe di lente, alle croste ripiene di lente, alle croste ripiene di luccio alle lenti, ed a molte altre, come di sfoglie, drago di mare e carpe.
Vi serve per le zuppe di piccioni, anatre, alle pernici, ecc.
Ci sono ancora molte altre sorte di colì che si fanno per differenti cose, come colì d’acciughe, colì di capponi, colì di tartufi, colì di prugnoli, colì di spogoli, colì di piselli, colì di funghi, colì di rossi d’ovo ed altri, che si troveranno per lo mezzo della tavola.
Essendo il corto brodo assai comune alli pesci, si manda il lettore all’articolo del luccio e delle carpe per sapere quel che bisogna osservare a questo effetto, affine di non ripeter inutilmente una medesima cosa in più luoghi.
Si fanno di più sorte di creme: ci è 103della crema di mandole, di pestacchi, crema bruciata, delle creme croccanti, da friggere all’Italiana ed ancora in altre maniere. Eccovi la crema alli pestacchi.
Bisogna prendere de’ pistacchi bene scottati, pestarli dentro il mortaro con scorza di cedro confetto ed un poco di scorza di limon verde. Il tutto essendo ben pestato, bisogna prendere uno o due pugni di farina con tre o quattro rossi d’ovo, sbatterli insieme in una cazzarola della grandezza del vostro piatto e metteteci del zucchero a proporzione, versandoci dipoi del latte a poco a poco, un poco più che una foglietta. Pigliate di poi i vostri pistacchi pestati, ed avendoli stemperati col resto, passate il tutto per stamigna due o tre volte. Dopo fatela cuocere nella medesima maniera che le altre creme, e quando sarà cotta versatela dentro il suo piatto; servitela fredda per antremè. Se la volete servir calda, dopo che ella sarà fredda ci potrete fare un ghiaccio bianco sopra e metterla dentro il forno a seccare il ghiaccio.
Si fa nella stessa maniera che la precedente. Quando è per li giorni di digiuno, la sera a colazione, dopo aver pestate le mandole, passatele con l’acqua per la stamigna per far il latte delle mandole, bisognando che sieno molte mandole. Il vostro latte di mandole essendo fatto, 104formate le vostre creme, sia di pistacchi, di cioccolata o d’altro, non mettendoci altro che un poco di farina, di zucchero ed acqua di fior d’aranci senza rossi d’ovo e senza latte, ma solamente un poco di sale e molto zucchero. Il tutto essendo ben cotto, servitelo.
Se della suddetta crema di mandole ne volete far delle torte, guarnitele di biscottini di Savoia o merenghe o altre cose simili, e fate la spoglia di pasta croccante che si troverà qui appresso.
Prendete del latte circa una buona foglietta, secondo la grandezza del vostro piatto. Fate bollire questo latte con zucchero ed un poco di cannella in bastoni, affine di darle il gusto, ed un grano di sale. Essendo bollito, prendete un gran piatto d’argento con una stamigna, metteteci quattro o cinque rossi d’ovo freschi, e tutto a un tempo passate il latte con gli ovi, tre o quattro volte. Dopo bisogna mettere il suo piatto dentro il forno di campagna che sia ben dritto, acciò non sversi da alcuna parte; versategli il tutto dentro e metteteci il fuoco sotto e sopra finché questa vostra crema sia ben presa, e servitelo caldamente.
Se a tutte queste creme si ci vuol mettere della pana di latte, saranno molto più delicate.
Se ne volete fare per più volte, vi 105bisogna sbattere dodici ovi, il bianco ed il rosso. Essendo sbattuti, bisogna metterci una buona mezza libbra di farina, più tosto di vantaggio che meno, e sbattere tutto insieme. Ci aggiugnerete poi ancora una dozzina di ovi, che continuerete a sbattere col resto. Abbiate nel medesimo tempo circa due pinte e mezzo di latte, e mettetelo dentro una cazzarola grande a proporzione per farlo bollire. Quando bollirà, vuotate il tutto dentro e andate sempre menandolo. Ci bisogna un poco di sale, circa mezza libra di burro, un poco di pepe bianco e farle ben cuocere, avendo riguardo che non s’attacchi al fondo. La vostra crema essendo densa e cotta, la verserete in un’altra cazzarola, e la lasciarete raffreddare.
Quando ne vorrete fare delle torte, prendetene secondo la grandezza delle torte che desiderate e mettetela dentro un’altra cazzarola. Ce la mescolerete bene con una mescola, o spatola, e ci aggiugnerete del zucchero e della scorza di limon trito verde e confetto, un poco d’acqua di fior d’aranci, qualche rosso d’ovo o, li giorni grassi, della midolla di manzo o del grasso di manzo fonduto. Il tutto essendo ben passato e mescolato, formate la vostra torta d’una pasta sfogliata e fatele un picciolo orlo attorno dopo che ci averete versata la vostra crema. Quando la torta sarà quasi che cotta, bisogna 106ghiacciarla e servirla per antremè. Per li giorni magri, in luogo della midolla di manzo ci si mette del burro fonduto.
Bisogna prendere quattro o cinque rossi d’ovo, secondo la vostra grandezza del vostro piatto o tondo. Gli stemprerete bene dentro una cazzarola con un buon pugno di farina ed a poco a poco ci verserete del latte circa una foglietta. Bisogna metterci un poco di cannella in stecchi, e scorza di limon verde trita ed altra confetta. Ci può ancora tritare della scorza di arancia, come quella del limone, ed allora si chiama crema bruciata all’orange, o arancia. Per farla più delicata ci si può mescolare de’ pestacchi pestati o delle mandole con una goccia d’acqua di fior d’aranci. Bisogna andare sopra il fornello acceso e sempre andarla menando, avendo riguardo che la vostra crema non s’attacchi al fondo. Quando sarà ben cotta, mettete un piatto o un tondo sopra un fornello acceso, ed avendoci versata la crema dentro, fatela cuocere ancora, finché vedete ch’ella s’attacchi all’orlo del piatto. Allora bisogna tirarla indietro ed inzuccherarla per di sopra, oltre il zucchero che ci si mette dentro. Si prende la pala del fuoco ben rossa e nel medesimo tempo si fa prender con essa un bel color d’oro alla crema. Per guarniture, servitevi d’offellette, di piccioli fioretti o merenghe, o 107altri intagli di paste croccanti. Ghiacciate la vostra crema se voi volete, se no servitela senza questo, sempre per antremè.
Abbiate un piatto con quattro o cinque rossi d’ovo freschi, secondo il piatto che volete. Stemperate questi rossi d’ovo con un cucchiaro, e nello stemperarli versateci del latte a poco a poco finché il vostro piatto sia quasi pieno. Dopo bisogna metterci del zucchero grattato con della scorza di limone. Abbiate un fornello acceso e portateci sopra il vostro piatto, ed andate sempre dimenando col cucchiaro, tanto che la crema sia un poco formata. Bisogna avvertire dipoi che il fornello non sia tanto ardente, e mentre andate dimenando sempre col cucchiaro, getterete la vostra crema sopra l’orlo del piatto in maniera che non ne resti quasi punto dentro il fondo e ch’ella abbia formato un orlo attorno del piatto. Bisogna ancora aver cura ch’ella non bruci punto, ma solamente ch’ella resti attaccata al piatto. Essendo cotta è necessario farle prendere un buon colore con la pala rossa, e dopo, con la punta del cortello, distaccherete tutto quest’orlo d’attorno al piatto affinché resti intiero; la rimetterete nel medesimo piatto e la lascierete ancora un poco seccare dentro al forno, in maniera che resti poca cosa dentro il piatto e ch’ella sia croccante alla bocca.
Prendete cinque chiare d’ova, sbattetele bene e mettetele dentro una cazzarola con zucchero, latte ed acqua di fior d’aranci. Mettete un tondo sopra un fornello con un poco di cannella, e versate la vostra crema ben sbattuta che dorerete, essendo fatta con la pala rossa.
Bisogna prendere circa una pinta di latte, farla bollire sopra il fuoco e stemperarci quattro rossi d’ovo con un poco di farina. Essendo ben stemperata ogni cosa, andate dimenando il tutto insieme sopra il fornelo sino a tanto che la crema sia formata. Ci si mette un poco di sale, un poco di burro e scorza di limone trita. Quando è cotta, infarinate sopra il vostro tavoliere e versate la vostra crema, ch’ella si distenda da sé stessa. Bisogna che quando ella sarà raffreddata, ella faccia l’effetto come se questa fosse una frittata cotta. La taglierete in pezzi secondo la grossezza che vorrete, e la farete friggere con buon grasso di porco caldo, avendo riguardo ch’ella non si squacqueri dentro la padella. Essendo colorita, cavatela; metteteci del zucchero in polvere e dell’acqua di fior d’aranci per di sopra. Imbanditela nel suo piatto, ed avendola ghiacciata, se volete, con la pala rossa servitela caldamente. Potete ancor, quando questa maniera di crema è distesa sopra la tavola, aver del burro 109caldo dentro la vostra padella e farla friggere come una frittata. Quand’ella avrà preso colore da una parte, la verserete sopra il suo piatto e la farete scorrere dolcemente dentro la padella per farle prendere colore ancora dall’altra parte. L’inzucchererete e ghiaccerete e servirete medesimamente ben calda, il tutto per antremè.
Per rendere ogni sorte di crema più delicata, in luogo di farina ordinaria bisogna prendere della farina di riso, che così sono molto migliori.
Ancorché non ci si metta alcun ovo, se ne fanno pure delle buone col latte solo, se le persone mangiano al burro; e col latte di mandole, se elle non mangiano che all’olio.
Bisogna sempre che un boccale di latte torni nel cuocere una foglietta di latte, affinché non si veda la farina.
Pigliate un boccale di latte e tre oncie di zucchero, che farete bollire insieme un quarto d’ora, e dopo sbattete un rosso d’ovo che metterete dentro la crema, e la farete bollire ancora tre o quattro bollori. Levatela via dipoi di sopra al fuoco, e metteteci della cioccolata, sin a tanto che la crema ne abbia preso il colore. Dopo rimettetela per tre o quattro altri bollori al fuoco, ed avendola passata per stamigna, l’imbandirete ove vi piacerà.
Prendete tre boccali di latte munto di allora e fatelo bollire, e quando s’alza cavatelo dal fuoco e lasciatelo riposare un momento. Leverete tutta la pana che sarà sopra, che metterete in un tondo. Rimetterete la vostra padella al fuoco e farete sempre il medesimo, finché il vostro tondo sia pieno di pana, che caverete da detto latte. Bisogna metter dell’acqua odorosa e non iscordarsi punto di ben impolverarla di zucchero, avanti di servirla.
Bisogna prendere tre mezzi sestieri di latte ed un’oncia e mezzo di zucchero, che farete bollire un mezzo quarto d’ora.
Dopo lo leverete di sopra il fuoco; e ci metterete due chiare d’ovo ben sbattute, rimenando sempre il tutto insieme. Rimettete il vostro latte o crema sopra il fuoco, fatela bollire quattro o cinque bollori nello sbatterla sempre. Dipoi la metterete in qual cosa vi piacerà, ed essendo fredda la bagnarete con acqua di fior d’aranci e la spolvererete di zucchero fino. Le potrete dar colore con la palla rossa.
Si fa come quella di cioccolata.
Vedete l’articolo de’ carciofi, de’ sparagi e funghi, ec. come ancora le frittate alla pana di più sorte, ed altri pezzi che la tavola indicherà.
Prendete un pezzo di coscia di vitello ed un pezzo di lardo, e fateli bianchire insieme dentro la pentola. Essendo raffreddati, pestateli con della zinna di porco, qualche bianco di cipolla, due o tre rocambò ed altri condimenti. Pestate ancora il tutto dentro un mortaro con un poco di pane, o di latte, o di rossi d’ovo e mettete poi questo pieno dentro delle reti come il bodin blanc. Si fanno cuocere dentro una tortiera a piccolo fuoco ben propriamente e d’un bel colore. Serviteli per ordover d’antrè.
Vedetene Ia loro maniera qui avanti sotto il suo articolo.
Oltre la parte che hanno le creste di gallo dentro li migliori ragù e dentro le bische, se ne fa ancora dei servizi particolari per antremè; sopra il tutto di creste ripiene, o con de’ latti di vitello, o con de’ fegatetti, o con de’ funghi e spungoli, o sole. Eccovene la maniera.
Prendete delle più belle e più grandi creste di gallo e fatele cuocere a mezza cottura. Apritele dipoi per la parte grossa con la punta d’un cortello. Fate un pieno con un petto di pollastro o di cappone, midolla di manzo, lardo pestato, sale, pepe, noce moscata ed un rosso d’ovo. Riempite le vostre creste e fatele 112cuocere dentro un piatto con un poco di brodo denso e quattro o cinque funghi in fette. Sbattetevi un rosso d’ovo crudo e mettete, nel servirle, sugo di limon ed altro buon sugo.
Nettatele, o asciugatele bene, e mettetele dentro una pentola con lardo fonduto e tenetele un poco sopra del fuoco senza cuocere. Mezz’ora dopo metteteci un poco di sal minuto, una cipolla, steccata di garofali, un limone in fette, del pepe ed un bicchier d’aceto. Allora che il lardo comincierà a rappigliarsi, cavatele e copritele d’un pezzo di tela bianca e burro fonduto, come si fa al resto che si vuol conservare.
Si chiaman crochetti certa composizione d’un pieno delicato, del quale se ne fa de’ grossi come un ovo ed altri come una noce. Si può servir di questi primi per antrè, almeno in ordover, e gli altri non sono che per guarnire.
Prendete per questo de’ petti di pollastre cappone, di pollastri e di pernici. Tritate questa carne con lardo bianchito di zinna di vitella cotta, qualche latte di vitella bianchito, tartufi e funghi, midolla, una mollica di pane bagnata nel latte ed ogni sorta d’erbe fine, con un poco di formaggio fresco tenero, della pana di latte, tanta che giudicherete a 113proposito; il tutto ben pestato e ben condito, ci si mette quattro o cinque rossi d’ovo ed una o due chiare. Con questo pieno si formano li crochetti in tondo, si rotolano dentro un ovo battuto, si panano nel medesimo tempo e si lasciano riposare sopra un piatto per friggerli dipoi con grasso di porco ben proprio e servirli caldamente.
Per li piccoli crocchetti si può fare del medesimo pieno o d’altra sorta, che sia un poco delicata e legata. S’impastano, avanti di friggerli, con una pasta come quella de’ gonfietti di pomi. Si possono ancora infarinare o spolverizzarli di pane, come li grossi, e vi serviranno per guarnire ogni sorta di piatti, ove si farà degli antrè di volatili ripieno. Il tutto servite caldamente.
Se si vuole mangiare arrosto, lardatelo di grossi lardi conditi di sale, pepe, garofali in polvere, e mettetelo in infusione in aceto, alloro e sale. Fatelo arrostire a poco fuoco, bagnandolo con lo stesso marinato, ed essendo cotto, mettete acciughe, capperi, scalogni tagliati e limon verde nella salsa, che legherete con farina fritta.
Si può ancora lardare di minuti lardi e metterlo al marinato con cinque o sei 114spicchi d’aglio. Fatelo arrostire inviluppato nella carta, poi mangiatelo alla peverada.
Si può mangiare come sopra, fuorché non bisogna marinarlo sì forte.
Vi potrete servire ancora per grand’antrè di una coscia di dainetto con la groppa metà lardata e metà dorata di pane, guarnita di piccole paste ed una peverata sopra, come se n’è veduto un esempio in altro luogo.
Ovvero, essendo lardato di minuti lardi, mangiatelo al dolce e piccante facendo la salsa col degù come qui sotto.
Si fa la suddetta salsa col degù, che è il sugo, che sarà cascato nella ghiotta, zucchero, cannella, pepe bianco, limon verde, un poco di sale, farina fritta, scalogne tagliate. Farete bollire il tutto a piccol fuoco con vin chiaretto o aceto, e volterete di quando in quando il vostro dainetto affinché ne prenda il gusto; e poi in servirlo metteteci i capperi.
Avendo noi di già spiegato una maniera d’addobbo per il pesce nel secondo articolo della carpa, eccovi adesso per il grasso.
Bisogna levar la pelle del gigotto, farIo bianchire, lardarlo con lardi minut, e metterlo a marinare nell’agresto, vin bianco, sale, un mazzetto d’erbe fine, pepe, 115alloro e garofali. Dipoi fatelo arrostire allo spiede, bagnandolo col detto vino, agresto ed un poco di brodo. Essendo corto, fate una salsa col degù, come qui sotto.
Fate una salsa col degù, un poco di farina fritta, capperi, fette di limone, sugo di funghi ed un’acciuga, e lasciateci bollire qualche tempo il vostro gigotto di vitello, avanti di servirlo, e ve ne servirete per antrè.
Si può accomodare così pure un gigotto di castrato all’addobbo.
Lardarete i vostri anatrotti di mezzi lardi, conditi di sale, pepe, garofali, noce moscata, alloro, cipolle, limon verde e gl’invilupperete in una salvietta. Fateli cuocere dentro una pentola con brodo e vin bianco e lasciateli mezzi freddare dentro il suo brodo. Serviteli sopra una salvietta con fette di limone.
In questa stessa maniera si ponno far cuocere li pollastri d’India, capponi grassi, pernici ed altri pezzi.
Fra le maniere nelle quali si può accomodare de’ polli d’India, sieno arrosto, sieno in ragù, queste due qui sono senza dubbio delle più fresche e queste per conseguenza meritano che ne parliamo per le prime. L’una è un antrè di tacchini 116ripieni all’erbe fine e l’altra all’essenza delle cipolle.
Si mettono ancora de’ tacchini in salmì ed alla salsa al prosciutto, come d’altri pezzi che si può vedere dentro la tavola.
Prendete de’ tacchini e li aggiusterete per farli arrosto, ma non li fate bianchir punto. Bisogna staccare la pelle di sopra il petto per poterli riempire. Questo pieno si fa con lardo pestato crudo, pressemolo, cipolla ed ogni sorta d’erbe fine, il tutto ben tritato e nel medesimo tempo pestato un poco dentro il mortaro e ben condito. Si riempiono i tacchini fra la pelle e la carne ed un poco dentro il corpo. Bisogna dipoi ben inspiedarli e farli arrosto. Essendo arrostiti, imbanditeli dentro il suo piatto e mettete un buon ragù per di sopra, composto di tutte le sorta di guarniture, e serviteli caldamente.
Si può fare il medesimo per li polastri, piccioni ed altri volatili, e per differenziarli un giorno dall’altro si può metterli alla brace, avendoli ripieni come qui sopra; essendo cotti, sgocciolateli bene e serviteli con un buon ragù di tartufi e latti di vitello, il tutto ben passato, sgrassato e guarnito di piccoli crochetti.
Bisogna tagliar della cipolla in fette e passarle dentro una cazzarola con del lardo. Essendo passate, sgocciolate un poco 117del grasso, metteteci un pugno di farina e passatela ancora insieme, poi metteteci del buon sugo, alcuni stecchi di garofalo e gli altri condimenti necessari. Quando il tutto è un poco cotto, si passa propriamente per stamigna; si rimette dipoi dentro una cazzarola, ci si getti un bicchier d’agresto ed un poco di colì di pane. I vostri tacchini debbono essere arrostiti essendo ben legati all’ali, sopra il petto ed alle coscie. Gl’imbandirete dentro un piatto e gittarete la salsa sopra ben caldamente, e serviteli con proprietà.
Si serve qualche volta, di piccioli tacchini, un lardato e l’altro solamente bardato, senza essere dorato di pane, servito al sugo.
Un’altra volta, essendo cotti i vostri tacchini allo spiede bardati, levateli le coscie, le ali ed il petto; tagliateli in filetti, che metterete in ragù alli cetrioli passati al rosso con un legamento rosso ed un pezzo di limoni in cuocerli.
Si servon l’esciodè ghiacciate per antremè o per guarnire, quali si fanno in questa maniera. Prendete l’esciodè all’acqua secondo la grandezza del vostro piatto. Tagliatele per la metà come fareste un’arancia, che ci resti la crosta sotto e sopra, e mettetela a bagnar nel 118latte con del zucchero a proporzione di quello che averete di esciodè. Copritele e mettetele sopra della cenere calda per tenerle caldamente circa quattro o cinque ore, né bisogna punto che bollino, poiché diventerebbono in pappa. Si cavan poi fuori di là, e quando sono ben sgocciolate fatele friggere con grasso di porco nuovo. Essendo colorite, bisogna cavarle propriamente, inzuccherarle con zucchero fino e ghiacciarle sopra. Dopo voltarle e ghiacciarle dall’altra parte, ed essendo ghiacciate da ambedue le parti, servitele caldamente.
Benché la spalla di castrato sia una cosa molto comune, non si lascia però di accomodarla in più maniere che posson far onore. Vediamo adunque in che modo.
La spalla essendo cotta, tiratene via tutta la carne, che non ci restino che gli ossi attacati insieme. Si grassa questa carne e si pesta bene con lardo bianchito, un poco di grasso o di midolla, erbe fine, cipolla e pressemolo, un poco di zinna di vitella, una mollica di pane bagnato nel buon brodo, due rossi d’ovo e due ovi intieri. Il tutto ben tirato e condito, si mette l’osso dentro al piatto che si vuol servire e si fa apparire la piccola parte della spalla. Si mette tutto attorno la metà di questo godivù. Fate un 119incavo alla maniera che è la spalla, bagnate le mani entro un ovo sbattuto affinché non ci s’attacchino; empirete questo incavo d’un ragù di tutte le sorte di guarniture, ben passato e cotto e ben condito, e si finisce di riempir col pieno, che faccia il medesimo disegno che una spalla. Il tutto essendo ben dorato, cioè spolverizzato di pan grattato, mettetelo al forno per fargli prender colore. Essendo colorito, cavatelo dal forno. Levate via bene il grasso che è attorno al piatto, e per una piccola apertura per di sopra metteteci un poco di colì ben fatto e ricopritelo per servirlo caldamente.
Si fa un altro mezzo antrè d’una grossa spalla di castrato ripiena alla pana. La disosserete e ne prenderete la carne, con un pezzo di vitello, della zinna di porco, un pezzo di lardo, grasso di manzo, e tritate il tutto insieme. Metteteci un poco di cipolla e pressemolo tritato con due o tre rocambò, un poco di bassilico e di timo, il tutto ben tritato e condito di sale, pepe, speziarie fine ed un poco di coriandoli. Mescolate e pestate il tutto dentro un mortaro con pana, rossi d’ovo e mollica di pane. Essendo ben pestata, ne riempirete i vostri ossi facendoli prendere la forma della spalla: doratela di chiara d’ovo e mollica di pane per di sopra, e se volete le darete il garbo con 120la costa del cortello. Fatela cuocere al forno, sopra un piatto d’argento o tortiera, con fette di lardo sopra. Bisogna che il vostro pieno sia forte a bastanza affinché non si rompa al forno. Le potete guarnire di piccole paste, costolette di vittello ripiene, pollastri marinati o altre guarniture convenienti, ma il tutto sia ben proprio e di bel colore.
Si fa ancora un mezzo antrè d’una spalla di castrato ripieno dentro la sua pelle, passata in ragù con fondi di carciofi, latti di vitello, tartufi, funghi, fegatetti, punte di sparagi, il tutto ben condito, guarnito di rotolete al finocchio e polpette ripiene, e sugo di limone in servirla.
Bisogna prender la spalla, levar il grasso e la carne che è attorno al manico, batterla e lardarla con grossi lardoni. Essendo lardata, che il tutto sia ben condito, farinate la lacchetta e la medesima carne e fatele prender colore dentro del grasso di porco caldo. Dopo bisogna metterla a bollire in pentola con ogni sorta d’erbe fine, qualche cipolla, steccata di garofali, con buon brodo o acqua, il tutto ben coperto, e farlo cuocere lungo tempo. Essendo ben cotta, bisogna avere un buon ragù di funghi, tartufi, fondi di carciofi, punte di sparagi, latti di 121vitello, il tutto ben passato. Ci si mette ancora qualche buon colì. Cavate la spalla dalla pentola, imbanditela nel suo piatto e tagliate i vostri pezzi di manzo e di vitello in fette ben propriamente per farne un contorno attorno al piatto, facendo in maniera che il lardo apparisca in queste fette. Si metta in ragù per di sopra ben caldo, e, se si vuole che la spalla ne prenda bene il gusto, quando ella è quasi cotta mettetela a finir di cuocere dentro il medesimo ragù e servitela nella stessa maniera. Si può ancora guarnire di fricondò lardate e marinate.
Si può ancora lardare così qualche pezzo di coscia di manzo o di vitello.
Prendete la spalletta e levatene il grasso, come qui sopra. Lardatela propriamente e conditela bene. Si può ancora lardarla di prosciutto crudo. Prendete una pentola con fette di lardo e fette di manzo, o di vitello, ed accomodatecele come per una brace; metteteci dipoi la vostra spalla con fuoco sotto e sopra, e fate in maniera che ella prenda un bel colore. Quando l’averà preso, cavate questa carne e queste fette di lardo e sgocciolate un poco il grasso, senza ancora levar punto la spalla. Bisogna mettere un buon pugno di farina attorno alla pentola e farla prender colore con la spalla. Essendo colorita, ci metterete la carne che averete cavata con buon sugo ed un poco d’acqua, e 122terrete la pentola ben coperta, facendolo finir di cuocere intieramente. Bisogna che la salsa sia un poco legata. Se ella non fosse legata, bisogna metterci un colì di questa carne pestata che è stata attorno alla spalla e passarla ben con buon sugo. Ci potrete mettere ancora ogni sorta di guarniture, punte di sparagi, spongoli, funghi e far cuocere il tutto insieme; medesimamente tartufi, creste e latti di vitello, se se ne ha la comodità. Essendo cotto, imbandite la vostra lacchetta, sgrassate bene il ragù e metteteci un bicchier d’agresto. Si può guarnire il piatto di costollette di castrato o di vitello ripiene, come si è detto qui avanti.
Fate arrostire la spalletta avendo riguardo che non si cuoci troppo. Intanto fate un buon ragù con della cicoria, che sia un poco bianchita, e tagliatela in pezzi. Prendete del lardo e fate un piccol rosso con un poca di farina e buon sugo, il tutto ben condito, ed un mazzetto d’erbe fine dentro ed un bicchier d’aceto. Fate cuocere qui dentro la vostra cicoria, che ella non sia punto nera e che abbia un poco il piccante, e la servirete sopra la spalletta.
Se non volete servire la spalla intiera, la potete tagliare in fette ben sottili e metterle dentro il medesimo ragù, avendo riguardo che non bollino punto 123insieme, che la salsa non sia né troppo legata né troppo liquida. Il tutto essendo sgrassato, servitelo caldamente.
Ne potrete fare medesimamente alli cetrioli: ma bisogna che gli cetrioli siano stati marinati e tagliati in piccole fette e passati nella stessa maniera.
Si può ancora servire una spalla cotta allo spiede con una salsa roberta, ove v’entrino de’ capperi ed acciughe. Serve per ordover e per antrè medesimamente, essendo guarnito.
Potete mettere ancora una spalla di castrato in tutte le maniere che si son vedute per le lacchette.
Li gambari si possono accomodare in diverse maniere. Si posson mettere in ragù, in piccatiglio e in torta, mangiarli in insalata e farne delle zuppe, tanto grasse che magre.
Fate cuocere i vostri gambari dentro del vino, aceto e sale. Prendete dipoi le code, le zampe ed il di dentro del corpo delli gambari e passateli alla padella con burro rosso, erbe fine minute, un pezzo di limon verde, sale, pepe, noce moscata, un poco di farina fritta, sugo di funghi e di limone in servirli.
Servite il piccatiglio guarnito di pieni di marinati e fritti, dopo averne cavata 124la carne, e fattene un cordone attorno al piatto.
Vedete sotto l’articolo delle torte che ci troverete la maniera di farla.
Potete farli la remolata che si è descritta in altri luoghi dopo averli fatti cuocere con vino, aceto, sale, pepe, garofali, alloro e cipolle; e serviteli intieri con pressemolo verde.
Si possono ancora passare a la padella con salsa bianca, come molt’altre cose.
Il brodo di questa zuppa è quello di pesci che noi abbiamo descritto qui addietro. Così prendete i vostri gambari e fateli cuocere come il solito. Essendo cotti, cavateli e mettete tutte le cose a parte in una cazzarola con de’ tartufi, funghi, tondi di carciofi, punte di sparaghi, secondo la stagione, e passate questo ragù con buon burro ed un poca di farina. Essendo passato, bagnatelo con buon brodo di pesce o altro. Dipoi metteteci i vostri latti, un mazzetto d’erbe fine, il tutto ben condito, e lasciatelo cuocere a piccol fuoco. Per fare il colì bisogna pestare tutte le gambe e cosce de’ vostri gambari. Essendo pestate, passatele per la stamigna con un poco di brodo ed una piccola crosta di pane. Se volete che il vostro colì sia più rosso non prenderete che le zampe de’ gambari. Il tutto ben 125passato, mettetelo a parte. Bisogna aver altri gambari, lasciar loro la coda e levarne solamente la guscia e le piccole zampe per regalare la vostra zuppa. Prendete la carne di una buona carpa e fatene un buon piccatiglio, che vi servirà per la medesima zuppa. Fatela bollire con buon brodo; essendo bollita, se avete un pan ripieno pel medesimo piccatiglio di carpa, con qualche piccole guarniture, potrete metterlo propriamente sopra la vostra zuppa, guarnirla de’ vostri gambari, distribuire il ragù per tutto attorno del pane e bagnarla tutta in un tempo del vostro buon colì.
Potete ancora, per guarnir una simile zuppa, empier le gusce de’ vostri gambari d’un buon pieno di pesci, che sia un poco legato; avendoli empiti, farinarli poco poco; e quando sarete vicino a servirli, friggeteli in buon burro caldo e guarnite la vostra zuppa propriamente come li piatti addietro, particolarmente il piccatiglio di gambari.
Si farà facilmente ogni sorta di zuppe grasse alli gambari che si troveranno descritte in questo libro seguitando quel che si è detto dentro questo articolo per quel che è di colì, fuorché si servirà di sugo e brodo.
Non parleremo punto delle zuppe d’anguille al brodo bianco e scuro o in 126filetti che si posson servire, non avendoci da osservare che la medesima cosa che per gli altri pesci. Eccovi solamente gli antrè che se ne possono fare.
Un’altra volta mettetele in cazzarola facendole cuocere con burro ed un poco di vin bianco, noce moscata, un pezzo di limon verde, un poco di farina fritta; ed in servirle metteteci de’ capperi e del sugo di limone.
Le potete friggere e servirle alla salsa d’acciughe fondute con burro rosso, sugo d’arancia e pepe bianco.
Si posson far cuocere ancora al corto brodo con vin bianco, limon verde, pepe, sale ed alloro, e servirle sopra una salvietta con pressemolo e fette di limone per mangiarle all’aceto e pepe bianco, ovvero farci la remolata, che è stata detta altrove.
Si accomoda lo storione al grasso in diverse maniere, una in forma di fricondò ben lardato e l’altra alla Santè Menò in grosse fette.
Si prende del latte, vin bianco, una foglia d’alloro, il tutto ben condito con un poco di lardo fonduto. Ci si fan cuocere dentro dolcemente le fette di storione, e dipoi si dorano di pane e si grigliano e ci si fa una salsa per di sotto 127nella medesima maniera che alle code di castrato; servite caldamente.
Le fricondò del medesimo storione, dopo averle tagliate e lardate, si farinano poco poco e si fa prendere loro colore dentro del lardo o dello strutto. Essendo colorite, si mettono dentro una cazzarola con buon sugo ed erbe fine, qualche fetta di limone, tartufi, funghi, latti di vitello ed un buon colì. Il tutto ben sgrassato e cotto, ci si mette un bicchiere d’agresto e si serve medesimamente caldo.
Lo storione si può mettere in haricò con delle rape. Fatelo cuocere all’acqua ed al sale, pepe, timo, cipolle e garofali. Se avete del brodo ce ne metterete, e passate il vostro storione al rosso con del lardo: dipoi lo metterete a sgocciolare e lo getterete dentro un colì preparato con le vostre rape, un poco di prosciutto in fette o pestato minuto. Servitelo con sugo di limone, e guarnitelo di marinato o altre cose.
Fatelo cuocere dentro un buon corto brodo, e passatelo in ragù con funghi che sia di buon gusto.
Se ne fa ancora un haricò con delle rape come in grasso, tagliandolo in pezzi come un dito, ed essendo cotto all’acqua ed al sale passatelo al rosso; ed essendo 128sgocciolati, gettategli dentro un colì del medesimo e ci metterete le vostre rape bianchite e condite.
Si può servir di grande antrè di fagiani: l’uno in pasticcio caldo e l’altro alla salsa alla carpa.
Bisogna aver de’ fagiani ben pelati, bardarli d’una buona barda di lardo, farli arrostire ed aver riguardo che non si secchino punto. Per fare la salsa regolatevi qui sotto.
Prendete una cazzarola, accomodate al fondo di buone fette di vitello come se queste fossero per far del sugo, mettete con questo vitello delle fette di prosciutto, qualche fetta di cipolla, radiche di pressemolo ed un mazzetto d’erbe fine. Bisogna aver una carpa, vuotarla, lavarla dentro con acqua solamente senza scagliarla, e tagliarla in pezzi come se questa fosse per fare uno stuffato, ed accomodarla dentro la medesima cazzarola. Andate sopra il fornello per farla prender colore, come se voleste fare del sugo, e dipoi bagnatela con buon sugo di vitello, con un fiasco di buon vino di sciampagna, uno spicchio d’aglio, funghi friti, tartufi, qualche piccola crosta di pane. Fate ben cuocere il tutto, avendo riguardo di non salarlo troppo. Quando è 129ben cotto, passatelo per stamigna a forza di braccia e fate che la salsa sia un poco legata. Se ella non fosse, aggiugneteci qualche colì di pernice e mettetelo dentro una cazzarola. Avanti che lo serviate, mettete i vostri fagiani legati dentro questa salsa e teneteli caldamente, e quando sarà tempo di servirli, imbandite i vostri fagiani in un piatto e la salsa per di sopra. Si possono ancora guarnire di pan di pernice, del quale si parlerà qui appresso al suo luogo.
Prendete della carne di fagiano, e della carne di pollastra cappona ed un pezzo di coscia di vitello tenera. Pestate ben il tutto insieme con del pressemolo, cipolla, funghi, prugnoli, qualche latte di vitello, del prosciutto cotto e del lardo crudo. Essendo ben pestato, e condito di fine erbe e speziarie, sale e pepe, formatene un buon godivù e fatte una pasta un poco forte.
Se volete ne farete un pasticcio a due spoglie, o solamente con una. Farete ben cuocere il vostro pasticcio, e volendolo servire lo sgrasserete e ci metterete un colì di funghi. Servitelo caldamente.
Si fanno infinite sorte di pieni, che sarebbe difficile il particolarizzarli; meglio adunque sarà il parlarne in quelle cose ove vanno serviti. Si è veduto qui addietro, per esempio, come si fa quello de’ crochetti, 130delle costelette di vitello e di castrato, de’ tacchini, delle spalle ed ancora del resto. Si manderà dunque a ciascun di questi articoli per trovar la maniera di qualunque pieno, e non ispiegheremo qui altro che il pieno di pesce.
Bisogna prendere delle carpe, de’ lucci ed altri pesci, che averete il tutto pestato sopra la tavola: bisogna fare una frittata che non sia troppo cotta e pestarci de’ funghi, tartufi, pressemolo e cipolla; e dopo aver formato la frittata, mettere il tutto sopra il pieno ben pestato e ben condito. Ci si può mettere una mollica di pane bagnata nel latte, burro e qualche rosso d’ovo. Fate in un subito che il vostro pieno sia ben legato, qual vi può servire per empir delle sfoglie e delle carpe sopra la spina, per far delle piccole polpette, per empir de’ cavoli, formare de’ piccoli crochetti, ed ogn’altra cosa che giudicherete a proposito, come se questo fosse in giorno grasso.
Abbiamo descritto qui sopra quel che riguarda la maniera d’accomodare un filetto di manzo al cetriolo, ed abbiamo osservato qui addietro che se ne può fare come il medesimo ogni altra sorta di filetti. Eccovi per li filetti mignoni, che si servono negli antrè per ordover.
Bisogna aver de’ buoni filetti di manzo, 131di vitello o di castrato, tagliarli in gran fette e ben schiacciarli sopra la tavola. Bisogna dipoi aver un pieno composto del medesimo che si vedrà per il pano al vitello, fuorché quello sarà legato di qualche rosso d’ovo. Ci entra del lardo, della coscia di vitello, un poco di grasso di prosciutto cotto, qualche carne di volatile con pressemolo, cipolla, tartufi, funghi, pan bagnato nel brodo o nel latte, ed un poco di pana di latte. Essendo fatto il vostro pieno, stendetelo sopra i vostri filetti secondo la quantità che ne averete e rotolateli ben fermi. Dopo bisogna aver una cazzarola che non sia troppo grande. Accomodate delle fette di lardo al fondo e qualche fetta di vitello ben battuto; metteteci di poi i vostri filetti ripieni, ben conditi con ogni sorta d’erbe fine e qualche fetta di cipolla e limone. Copriteli per di sopra del medesimo che è di sotto e mettetele alle brace, fuoco sotto e sopra, ma che non sia troppo ardente, affinché si cuocino dolcemente. Essendo cotti, bisogna cavarli, lasciarli ben sgocciolare in grasso e servirli caldamente con un buon colì, come si giudica a proposito, e sugo di limone. Ci si fa ancora un piccol ragù di tartufi, se si vuole.
Se avete da fare qualche altro antrè di volatile ripieno, potete empirlo del medesimo pieno e metterlo alle brace co’ vostri filetti; e per distinguerlo, 132quando tutto sarà cotto ci farete de’ ragù o colì differenti, sgocciolerete ben il grasso e servirete ciascuna cosa a parte caldamente.
Bisogna prendere de’ filetti di galline, cappone arrosto, e li tagliarete in pezzi. Prendete una cazzarola con un poco di lardo, pressemolo; ed avendoli passati con un poco di farina, metteteci de’ fondi di carciofi tagliati in quarto, qualche fungo e fette di tartufi, un mazzetto d’erbe fine, un poco di brodo chiaro e conditeli bene. Essendo cotti metteteci i vostri filetti, ed un poco avanti di servirli un poco di pana di latte, e teneteli caldamente. Per legarli sbattete uno o due rossi d’ovo con della pana, ed avendoli passati propriamente, servirete tutto in un tempo ancora per antrè ed ordover.
Si serve ancora de’ filetti di pollastra cappona al bianco, all’ostriche ed alli cetrioli.
D’altri in fette al prosciutto ed ancora di più altri, come si vedrà per la tavola.
Per li filetti di pesci che si posson servire in insalata la quaresima, vedrete altrove.
Bisogna aver de’ fegatetti, prendere i più magri e pestarli con lardo 133bianchito, un poco di grasso e di midolla, di tartufi e de’ funghi, qualche latte di vitello, un poco di pressemolo e di cipolla e di prosciutto cotto; il tutto ben pestato e legato con un rosso d’ovo. Tagliate della rete in pezzi secondo la grossezza de’ vostri fegati per poter ben rotolarli dentro, mettete del pieno sopra questa rete tagliata e poi un fegato sopra e poi ancora del pieno per di sopra, e fate che il tutto sia ben fermato dentro la rete. Metterete questi fegati così accomodati sopra un foglio di carta per farli grigliare con un poco di lardo fonduto, ovvero dentro una tortiera, e metteteli al forno. Essendo cotti, cavateli, sgociolate ben il grasso ed imbanditeli in un piatto con un poco di sugo caldo sopra, condito d’un poco di pepe e sale, ed avendoci spremuto il sugo d’un’arancia, serviteli caldamente.
Dopo aver levato propriamente il fiele de’ vostri fegati, prendete una tortiera e mettete qualche fetta di lardo sotto e li fegati dentro. Conditeli e copriteli d’altre fette di lardo per di sopra, ed avendoli ben coperti metteteli a cuocere al forno, avendo riguardo che non si secchino troppo. Prendete de’ funghi ben nettati e ben lavati, metteteli dentro un piatto con un poco di lardo ed un bicchiere d’agresto, avendoli innanzi diseccati della loro umidità nel metterli sopra 134il fuoco. Passate a parte qualche fetta di prosciutto con un poco di lardo e di farina ed un mazzetto d’erbe fine. Essendo passato, metteteci di buon sugo di vitello che non sia punto salato, e fateli cuocere con li funghi e li fegati ben sgocciolati, il tutto dentro la medesima salsa. Verso il fine legatela di qualche legamento, se ne conoscete il bisogno, ed avendoli sgrassati, metteteci un bicchier di aceto e serviteli caldamente. Si guarnisce il piatto di tutto quel che si vuole, purché questo sia di pezzi d’antremè.
Bisogna prendere de’ fegatetti che siano ben propri ed aver una tortiera. A ciascun fegato fateci una piccola fetta di lardo e mettetele separatamente nella tortiera, e li fegati sopra ben conditi: li coprirete d’un’altra fetta di lardo e panerete propriamente per metterli al forno e farli ben cuocere, che siano d’un bel colore. Quando saranno cotti e ben coloriti, cavateli dal forno ed accomodateli propriamente in un piatto, avendoli ben sgocciolati. Ci si può mettere un poco di buon sugo e spremerci il sugo d’un’arancia, e poi servirli subito ben caldi.
Prendete del prosciutto, che taglierete ben sottile, e passatelo al rosso, ed i vostri fegatetti con una cipolletta ed un poco di pressemolo ben trito. Li farete 135cuocere a poco fuoco, ben conditi con un pezzo di limone, e li servirete al sugo di buon gusto per ordover ed antremè.
Li spolverizzerete di sale minuto e pepe, ed avendoli inviluppati in una fetta di lardo e messi dentro un foglio di carta, che bagnerete un poco per di sopra per paura che non si brucino, li legherete e gli metterete mediocremente nella brace, si cuocino bel bello. Serviteli col sugo.
Prendete li fegati, ed avendo levato il fiele propriamente, fateli un poco bianchire; metteteli dipoi dentro dell’acqua fresca e poi metteteli con la medesima acqua dentro un piatto ben conditi. Tritateci un poco di funghi, di tartufi, pressemolo e cipolle, e mettete a cuocere il tutto insieme. In quanto poi alli fegati, avvoltateli con buone fette di lardo come qui sopra e metteteli al forno, che prendano un bel colore; ed in caso che non ne avessero preso a bastanza, dateglielo con la pala rossa. Quando bisognerà servirli, sgocciolate bene il grasso, accomodate li fegati dentro un piatto e metteteci un poco di sugo per di sopra col sugo d’una o due arance.
Li fricondò servono non solamente per guarnir degli antrè molto ricchi ma ancora per farne de’ piatti particolari. 136Quando servono per guarnire non si lardano solamente, ma si riempiscono, come quando se ne fa un piatto; il che si pratica in questa maniera.
Bisogna aver della coscia di vitello tagliata in fricondò un poco sottili e lardarle: dopo le accomoderete sopra la tavola col lardo sotto, metterete nel mezzo un poco di qualche buon pieno, e con la mano bagnerete l’orlo di dette con ovo sbattuto affinché l’altra braciola, o fricondò, che metterete sopra ci si attacchi bene e che sia come una medesima cosa. Il lardo deve essere da tutte le parti. Accomodate queste fricondò in una cazzarola e mettetele sopra le brace ben coperte, ma non mettere punto di fuoco sopra, e che non sia troppo ardente. Bisogna farli prendere colore da tutte due le parti. Dipoi cavarle e sgocciolare un poco il grasso, affinché ci si possa fare un piccol rosso con un poco di farina. Di poi le bagnerete con buon sugo, che non sia troppo nero, e le rimetterete nella cazzarola per farle ben cuocere. Se si vuol servirsene per guarnire si lasciano in questa maniera, ma se volete che vi servano di piatto bisogna metterci qualche tartufi, funghi e latti di vitello, qualche buon colì di pane; e sgrassate bene il tutto. Avanti che le serviate gettateci un bicchier d’agresto, accomodatele in un 137piatto col vostro ragù per di sopra e servitele caldamente.
Si è spiegato nell’articolo de’ porchetti di latte quel che è un antremè di gelantina, e ci abbiamo descritto ancora la maniera di servirla e di che guarnirla. Si aggiugnerà solamente qui che si può ancora guarnire della sua pelle ben panata e ben colorita con la pala rossa, e del sopra più si manda il lettore al luogo che si anderà indicando.
Questa non è punto una cosa molto nuova né molto difficile, mettendo una spalla di castrato o altra cose in galimafrè: in tanto come quelle può servire a diversificare i servizi dentro gli ordinari ove si ha più carne di beccaria che di volatili. Eccovene la maniera.
Levate la pelle della spalla del castrato, che ella si tenga nondimeno al manico, pestate la carne minuta, passatela alla padella con lardo fonduto, erbe fine, cipolle intiere che leverete, sale, pepe, noce moscata, funghi, limon verde e del brodo, per cuocere il tutto insieme; poi l’accomoderete sopra la vostra pelle, che potrete panare e colorire; e sugo di limone ed altro buon sugo in servirlo.
Avendo descritta qui addietro la maniera di fare il bianco mangiare, si è visto il gelo che bisogna fare per 138questo e quello di corno di cervo per li giorni magri. Eccovi del gelo per gli ammalati, e quelli che saranno sani ne troveranno ancora del migliore. Servendolo per antremè come il resto.
Bisogna prendere de’ piedi di vitello secondo la quantità del gelo che si vuol fare. Abbiate ancora un buon gallo, ed avendo ben lavato il tutto mettetelo dentro una pentola ed empitela d’acqua a proporzione. Dipoi fatela cuocere e schiumatela sopra il tutto con diligenza. Quando queste carni sono vicine ad essere disfatte, questo è segno che il vostro gelo è assai cotto. Abbiate riguardo che egli non sia troppo forte. Bisogna aver una bella cazzarola, passare il gelo per stamigna, niente altro che il brodo, sgrassarlo bene con due o tre penne, metterci del zucchero a proporzione, della canella in stecchi, due o tre stecchi di garofali, scorza di due o tre limoni, de’ quali serberete il sugo. Farete cuocere qualche poco il vostro gelo con tutte queste cose, ed in tanto fate della schiuma con quattro o sei chiare d’ovo; spremeteci il sugo de’ vostri limoni e versate il tutto dentro il gelo: lo menerete di quando in quando insieme sopra il fornello. Lasciatelo dipoi posare sino a che il brodo s’alzerà quasi a spargersi fuora della cazzarola. Bisogna allora aver la calza lesta, votarci dentro il gelo e passarlo due o tre 139volte fin a tanto che lo vedrete chiaro.
Quando il gelo è cotto con le carni, ci sono alcuni che ci mettono un poco di vin bianco.
Per servirlo bisogna metterlo in un luogo ben freddo, affinché si congeli propriamente dentro i vostri piatti.
Questi colori, essendo ben posti in opra, posson fare un effetto molto grato dentro un bianco mangiare o altre cose simili. Si può per esempio lasciar del gelo col suo color naturale; bianchendo altro con mandole pestate e passate secondo il solito; per il giallo ci si mette qualche rosso d’ovo; per il fior di lino un poco di cociniglia; per il rosso del sugo di bieterave o girasole di Portogallo; per il pavonazzo del girasole pavonazzo o polvere di violetta; e per il verde del sugo di foglie di bieta, che farete cuocere e consumare in un piatto affin di levarne la crudità.
Non vi è qui da disputare sopra il gigotto di castrato, giacché ne abbiamo mostrata assai la maniera sotto la parola di cosciotto o spalla di castrato. Si è veduto medesimamente la maniera di mettere un gigotto di vitello all’addobbo. Eccovene ancora qualche altra maniera.
Bisogna far il pieno della medesima carne con grasso e lardo, erbe fine, cipolla, pepe, noce moscata, sale, rossi d’ovo crudi e funghi, ed avendolo cucito fatelo cuocere con buon brodo. Ne potrete fare uno antrè o servitelo in zuppa. Facendo un colì di rossi d’ovo cotti e mandole passate per stamigna col medesimo brodo. In servirlo, mettete sugo di limone e buon sugo, e guarnite di funghi pieni ed in ragù, o altra cosa che averete, come costolette, latti di vitello ec.
Lardatelo di grossi lardi e passatelo per la padella, mettetelo a stufare in una bastardella di terra, un cucchiaro di brodo, un bicchiero di vin bianco, condito di sale, pepe, un mazzetto d’erbe fine, garofali e noce moscata. Quando sarà cotto, passate della farina per la padella per legar la salsa; e guarnitelo di pan fritto, latti di vitello e sugo di limone in servirlo.
Quando si ha qualche volatile freddo, come tacchini o altro. Per farne uno antrè ne potrete prendere le ali, le cosce ed il groppone, grigliarli con sale e pepe, passar farina per la padella con lardo fonduto, metterci ostriche, acciughe, capperi, noce moscata, un poco di alloro e limon verde, un bicchier 141d’aceto ed un poco di brodo, e far bollire il tutto insieme.
Si può imitare, per li tordi, gli apparecchi che si troveranno per li pezzi poco differenti da questi. Se ne può fare tra gli altri un pasticcio caldo ed un ragù, passandoli alla padella per questo ultimo con lardo fonduto, un poco di farina, un mazzetto d’erbe fino, pepe, sale, noce moscata, un poco di vin bianco, capperi e sugo di limone in servirli.
Per la zuppa che se ne è descritta al brodo scuro, passateli medesimamente con lardo fonduto, avendoli votati, e metteteli a cuocere con buon brodo proprio a quella, come si è veduto altrove. Passate ancora li fegati alla padella col medesimo lardo, e poi pestateli e passateli per stamigna col medesimo brodo e li metterete dentro i vostri tordi, o sopra la zuppa, avendola imbandita e guarnita di funghi.
Si son di già vedute diverse maniere di godivù per differenti cose: basterà di toccar qui la maniera di fare il godivù d’un polpettone, che può servire per molti altri simili.
Pigliate della coscia di vitello, di buon grasso bianchito, e del lardo 142bianchito, il tutto ben pestato, metteteci qualche tartufo e funghi triti, della cipolla, del pressemolo, una mollica di pane bagnato dentro di buon sugo, quattro ovi, due intieri e due rossi, e formate il polpettone come un pasticcio dentro la cazzarola, con fette di lardo sotto. Bisogna aver de’ piccioni ben passati con ogni sorta d’erbe fine e buone guarniture, e qualche piccola fetta di prosciutto ben sottile, il tutto ben condito. Mettete i vostri piccioni dentro il polpettone e finite di coprirlo col pieno. Affinché non crepi punto, si sbatte un ovo e con la mano se gli accomoda propriamente. Si rovescia sopra le fette di lardo che sono attorno, e si fa cuocere alla brace a piccol fuoco sotto e sopra. Si serve per antrè. Se ne può riempir di quaglie o altre simili cose.
Per fare una granata bisogna aver una quantità di fricondò lardate di piccoli lardi ed una cazzarola tonda, che non sia troppo grande. Metteteci di belle fette di lardo in fondo ed accomodate le vostre fricondò, il lardo di fuora via, che siano puntute al mezzo e che si tocchino l’un l’altra, per paura che questa non si disfaccia nel cuocere. Si fanno tener insieme con della chiara d’ovo sbattuta, dentro la quale si bagna la mano per umettarle alle bande ove debbono essere più sottile che altrove. Si mette dentro al 143vacuo che questa fa, ed attorno un poco di pieno de’ misotoni o altri godivù, riservando il mezzo per metterci sei piccioni; passate in ragù de’ latti di vitello, tartufi, funghi e piccole fette di prosciutto, il tutto ben condito, ed il ragù se gli getta dentro ancora, come se questo fosse un polpettone; si scuopra il dissopra col resto del pieno, garbaggiandolo con la mano bagnata nell’ovo, e si uniscono le fricondò una contro l’altra; si mette per di sopra ancora qualche fetta di lardo e si fa cuocere alla brace, affinché prenda bel colore. Per servirla bisogna rivoltarla sottosopra, ed avendola ben sgrassata, aprirete la punta delle fricondò come a una granata e la servirete caldamente.
Bisogna fare un buon godivù della medesima maniera che per li polpettoni qui addietro, ricordarsi di legare il godivù con rossi d’ovo e con mollica di pane bagnato nel buon sugo o dentro un pochetto di pana di latte. Il godivù essendo fatto, prendete una tortiera secondo la grandezza del vostro piatto e metteteci delle fette di lardo ben sottili. Mettete il vostro godivù sopra queste fette, e con la mano bagnata dentro un ovo sbattuto formate un vacuo secondo la grandezza del vostro tondo, o pieno, alzando gli orli all’altezza di tre dita e 144che siano da poter resistere. Prendete le vostre pollastre crude o altri volatili, tagliateli in mezzo e batteteli bene. Passateli dipoi in una cazzarola con del lardo, pressemolo e cipolla, ed un poco di farina, e dopo metteteci un poco di sugo, condendoli bene. Ci si aggiuntano fette di tartufi, funghi e latti di vitello. Il tutto essendo quasi vicino a esser cotto, in maniera che non ci sia più gran salsa, accomodate questi volatili dentro la vostra granatina e panatela propriamente per di sopra, per farli prender colore al forno. Avendola cavata, bisogna ben sgocciolarla, tagliar le fette attorno e farla scorrere sopra il vostro piatto, o tondo. Ci si può mettere un colì di funghi e servirla caldamente per antrè.
Bisogna prendere del gruò, metterlo dentro una piccola pignatta, empirla di latte, con un pezzo di cannella in bastone, un poco di scorza di limone verde, coriandoli, un poco di sale ed un stecco di garofalo. Fatela bollire sin a tanto che diventino una crema delicata. Dopo ciò passatela per stamigna, ed avendola votata dentro un vaso metteteci un poco di zucchero. Tenetela dipoi sopra un fornello che non sia troppo ardente, perché non bisogna punto che bolla di più. Bisogna dimenarla di quando in quando leggiermente, e quando il zucchero sarà disfatto, poi fatela sopra la cenere calda e la 145coprirete in maniera che ci si formerà sopra una tela densa. La servirete caldamente dentro il medesimo vaso.
Per fare un piccatiglio di pernice, osserverete il medesimo che fareste per un piccatiglio ordinario di castrato. Ci potrete aggiugnere del prosciutto, stemperandolo con buon sugo, e guarnirlo di piccole croste di pan fritto, e sugo di limone in servirlo.
Metteteci dentro un poco di capperi, funghi, tartufi ed altre guarniture che averete, il tutto ben pestato e ben condito.
Ci sono ancora altri piccatigli che si troveranno nello scorrer della tavola, a’ luoghi ove questi si rapporteranno particolarmente.
Si è veduto qui addietro la maniera di fare il castrato in haricò, come altrove. Se ne può fare ancora di pesci, come altrove, ed altro. Ecco qui ancora per li legumi che si chiamano fagioli, o haricò.
Se ne può conservare in due maniere: o conci nell’aceto, acqua e sale, come li cetrioli, o ben secchi, dopo averli puliti e bianchiti. Si fanno seccare al sole, e quando sono ben secchi li metterete in un luogo che non sia umido. Per farli rinvenire, li terrete a molle due giorni 146continui in acqua tiepida e ripigliano quasi l’istesso colore che quando si sono colti. Li farete dipoi alessare e gli accomoderete all’ordinario. Quelli che si conciano, o marinano, quando son ben conditi dentro una pentola con qualche garofalo ed un poco di pepe, bisogna ben coprirli per paura che non si guastino, potendoci metter sopra del burro fonduto. Quando li vorrete porre in opra fateli stare a molle nell’acqua come gli altri, affinché si dissalino bene, e dopo vi possono servir sì per insalata o per antremè, dopo averli allessati e passati alla pana.
Le bacchette sono ancora un pezzo d’antremè. Eccovi quello che sono. Prendete de’ latti di vitello ed allessateli; bisogna tagliarli in piccoli pezzi con de’ fegatetti e del piccolo lardo bianchito, e passar il tutto con un poco di pressemolo, cipolla, farina, e ben condirli. Essendo quasi cotti, in maniera che ci sia un poco di salsa e che ella sia legata, fate delle piccole bacchette, o siano steccadenti, ed infilzatevi i vostri pezzi di fegati, di latti di vitello e de’ piccoli lardi secondo la lunghezza de’ vostri steccadenti, o bacchette; bagnateli dentro la salsa, ed avendoli panati, potrete grigliarli o friggerli. Se ne guarnisce ancora de’ piatti d’arrosto.
Bisogna metterle dentro una cazzarola con un poco d’acqua e d’agresto e farle 147dare un bollore. Cavatele, dipoi, e l’acqua che è dentro le gusce conservatela per metteria dentro li ragù, allorché son vicine a servirle.
Se ne fa in questa maniera un antrè di pollastri ripieni all’ostriche, come si descriverà dentro l’articolo de’ pollastri, come altrove, e si è di già osservata la maniera d’accomodare il luccio ed altri pesci all’ostriche, come altrove, ed un’anatra all’ostriche; e ciò che si pratica per molte altre cose. Eccovi per servir dell’ostriche in particolare.
Prendete dell’ostriche, che aprirete, e le condirete d’erbe fine come pressemolo, cipolla, timo, bassilico, un pochettino di ciascuna cosa dentro in ogni ostricha, ed ancora del pepe ed un poco di vin bianco. Dipoi le ricoprirete col loro guscio e le metterete al fuoco sopra una gratella, e di quando in quando metterete la pala rossa per di sopra. Essendo vicino a servirle, le imbandirete nel piatto e servirete discoperte.
Aprite le vostre ostriche e fatele bianchire, dopo le pesterete bene con pressemolo, cipolla, timo, sale, pepe, acciughe e buon burro. Fate bagnare una mollica di pane, che ci mescolerete con noce moscata ed altre speziarie dolci, due o tre rossi d’ovo, e pesterete il tutto insieme. Ne riempirete le vostre conchiglie 148dell’ostriche, ed avendole dorate, o panate, le metterete a cuocere al forno sopra una gratella e le servirete a secco o con sugo di limone.
Dopo averle fatte marinare al sugo di limone, si possono mettere in gonfietti e friggerle con bel colore.
Abbiamo già descritto nell’articolo del luccio a che si può mettere la testa al corto brodo. Si può ancora servire in zuppa come l’altre: particolarmente quella di salmone salata, per la quale osservate ciò che è qui sotto descritto.
Scagliate la vostra testa di salmone e lardatela di lardoni d’anguilla conditi di pepe. Passatela alla padella con burro rosso e fatela cuocere dentro una bastardella di terra con purè liquida, erbe fine e limon verde; aggiugneteci de’ capperi, funghi ed ostriche passate alla padella con burro rosso con un poco di farina, e preparate ogni cosa propriamente sopra la vostra zuppa, con sugo di limone in servirla.
Bisogna prendere la testa e ben farla abbruciare alla fiamma del fuoco, dipoi sfregarla con un pezzo di mattone a forza di braccia, per levarle tutto il pelo. Finirete di raschiarla col cortello e la metterete come bisogna. Dopo questo la 149disosserete, levando le due mascelle ed il grugno. La fenderete per di sotto, in maniera che si tenga attaccata di sopra per la sua pelle, e leverete le cervella e la lingua. Prendete il vostro cortello, e con la punta farete penetrare del sale dentro tutta la carne. Dipoi la tornerete come prima congiungendola insieme, e la legherete bene involtandola dentro una salvietta. Bisogna aver un gran calderone e mettercela dentro propriamente con gran quantità d’acqua, ogni sorta d’erbe fine, zinna di porco, coriandoli, due foglie di alloro, anisi, stecchi di garofali e noce moscata rotta, e del sale, se credeste che non fosse salata a bastanza. Ci bisogna ancora della cipolla e rosmarino, ed essendo mezza cotta, ci metterete un fiasco di buon vino e finirete di farla cuocere per lo spazio di dodici ore.
Si può ancora far cuocer la lingua dentro il medesimo brodo.
Se avete il tempo, potete lasciare la medesima testa dentro il suo sale e salarla innanzi di farla cuocere. Essendo cotta, lasciatela raffreddare dentro il suo brodo; cavatela dipoi, accomodatela propriamente in un piatto e servitela fredda, intiera o in fette.
Bisogna aver di piccole fette di prosciutto crudo, batterle bene e passarle nella cazzarola con un poco di lardo fonduto: 150mettetele sopra uno scaldavivande con fuoco molto, ed avendo un cucchiaro alla mano, fateli prender colore con un poco di farina. Essendo colorito, ci si mette un buon sugo di vitello, un mazzetto di cipolle e d’erbe fine, de’ stecchi di garofalo, uno spicchio d’aglio, qualche fetta di limone, un pugno di funghi triti, tartufi tagliati, qualche crosta di pane ed un bicchier d’aceto. Quando il tutto sarà cotto passatelo propriamente per stamigna, e mettete questo sugo in luogo proprio, senza che bolla di vantaggio. Vi servirà per ogni sorta di cose ove entra del prosciutto.
Passate le vostre fette di prosciutto come qui sopra, fuor che non ci bisogna punto di funghi né passarle per stamigna. Essendo cotte, se non sono a bastanza legate ci si metterà un poco di colì di pane. Bisogna avere un pan da zuppa, fenderlo per il mezzo in maniera che le due croste sotto e sopra sieno intiere: levata la mollica di dentro, fatele seccare e prender colore all’aria del fuoco, o al forno, che sia rosso. Quando sarete vicino a servirlo, prendete le due croste, unitele insieme dentro un piccol piatto, avendole fatte bagnare un poco dentro la salsa: mettete il vostro ragù dentro la salsa e mediocremente. Si può guarnir con de’ fegati alla rete e servir per antremè.
Abbiate un buon prosciutto, levategli la pelle, o cotenna, ed il grasso cattivo; tagliate il manico e levate l’osso del mezzo. Dopo copritelo di fette di lardo e fette di manzo con erbe fine e spezierie, fette di cipolle, una foglia di alloro; ed essendo così ben coperto, mettetelo alla brace con un coperchio per di sopra, che non respiri da alcuna parte; lo farete cuocere circa dodici o sedici ore, che il forno non sia troppo ardente: essendo cotto, lasciatelo raffreddare dentro la medesima pentola. Formate intanto una grossa pasta con un poco di burro, o ovo, acqua e farina. Pigliate il piatto dentro il quale volete servirlo e fate un grand’orlo attorno con questa pasta: che quest’orlo sia forte ed abbia del piede affinché possa sostenerlo, perché non ci è punto di fondo. Si garbeggerà questa sponda per di fuori con piccoli fiori, gigli ed altre operazioni. Fatelo cuocere dentro il forno, ed essendo cotto, levate il vostro prosciutto, cavate via tutto il grasso che è attorno, e mettetelo dentro il vostro piatto col sugo che averà fatto. Mettete ancora delle medesime fette di manzo per empir gl’intervalli, e del grasso, e lo finirete di riempire come se fosse stato fatto dentro il pasticcio. Ci si aggiunga un poco di pressemolo trito, e spolverarlo di crosta di pan grattato, farlo prender colore con la pala del fuoco rossa e servirlo freddamente.
Levateli la cotenna, ed il grasso cattivo, tagliate la punta, e disossatelo, come l’addietro. Fate una grossa pasta bise con farina di segala, e dell’acqua, accomodate il vostro pasticcio tondo, d’una grande altezza: mettete al fondo una quantità di lardo trito, e pestato, accomodateci il prosciutto, e metteteci delle foglie d’alloro, quattro, o cinque fette di limone, e molte altre fette di lardo per di sopra. Copritelo dipoi con la spoglia, il tutto garbeggiato, doratelo con un rosso d’ovo, e fatelo cuocere al forno da sei ore, e servitelo freddo.
Bisogna passar delle fette di prosciutto crudo alla padella. Fate una salsa con zucchero, cannella, un maccarone pestato, vino rosso, un poco di pane bianco trito, e metteteci le vostre fette e sugo di arancia in servirlo.
Il prosciutto si serve altrove con pezzi di carne salata, con salciccioni e lingue foderate.
Vedete qui dopo per le frittate di prosciutto, e di pollastri, e piccioni al prosciutto, e ciascuno al suo luogo, come ancora il colì di prosciutto qui addietro.
Prendete della carne di tinche, d’anguille e di salmon fresco, e de’ latti di carpa, che triterete e pesterete in un 153mortaro, con sale, pepe, noce moscata e burro. Mescolate bene tutte queste carni insieme e formatene una maniera di prosciutto sopra delle pelli di carpa. InviIupperete il tutto dentro una tela nuova, che cucirete ben stretta, e lo farete cuocere con metà acqua e vino, condito di garofali, alloro e pepe: lasciatelo raffreddare dentro il suo brodo e servitelo con lauro, erbe fine tagliate minutamente e fette di limone. Lo potete ancora tagliare in fette come il vero prosciutto.
Si può imitare colla stessa maniera una lacchetta, o spalla, come pure de’ pollastri e piccioni, e col pieno che si può vedere qui addietro.
La giulien è una zuppa molto considerabile. Eccovene la maniera. Fate arrostire una lacchetta di castrato e sgrassatela bene: levatene la pelle e, quando sarà arrostita, mettetela dentro una pentola grande a proporzione perché ci sia del brodo per la vostra zuppa. Mettete insieme un buon pezzo di fetta di manzo, di coscia di vitello, un buon cappone, due carote, due rape, altrettante pastinacche, radiche di pressemolo, sellari e qualche cipolla steccata. Fate cuocere tutto ciò lungo tempo, affinché il vostro brodo sia ben nutrito. Bisogna aver in un’altra piccola pignatta tre o quattro mazzi di sparagi, 154un poco di acetosa tagliata con due colpi di cortello e del cerfoglio. Farete ben cuocere con del brodo della vostra pignatta e, le vostre croste avendo bollito, accomoderete gli sparagi e l’acetosa per di sopra e niente all’intorno.
Si fanno ancora delle zuppe alla giulien di petto di vitello, cappone, gallina, piccioni ed altre carni. Avendole bene appropriate e fate bianchire, mettetele a bollire in una pentola con buon brodo ed un mazzetto. Ci aggiugnerete dipoi le radiche e legumi qui sopra, onde guarnirete la zuppa con punte di sparagi: cioè col verde solamente, come di piccoli piselli.
Si è descritta qui addietro la maniera di trarre li sughi tanto per le zuppe che per altre cose. Eccovene qualche altra.
Tagliate un pezzo di coscia di vitello in tre parti, mettetele dentro una pentola di terra e turatela in maniera tale, col suo coperchio e pasta, che non respiri punto. La metterete sopra un poco di fuoco circa due ore di tempo, ed il vostro sugo sarà fatto per servirvene dentro le cose ove si descrive che è bisogno di metterne, per renderle più sugose e di un miglior gusto.
Potete praticar la medesima cosa, 155ovvero vedete quel che è stato detto al primo articolo de colì, come si vedrà nella tavola.
Fate arrostire l’una e l’altro, ed essendo cotti, gli spremerete separatamente per trarne il sugo.
Si può ancora far così medesimamente, come li suddetti.
Pigliate delle tinche e delle carpe: sfangate le prime e fendetele per il lungo, e scagliate le carpe; levate via le baise della testa dell’una e dell’altre, e mettete questi pesci in un piatto d’argento con un poco di burro. Fateli rosolare come il manzo, ed essendo cotti metteteci un poco di farina che farete ancora rosolare col resto e poi del brodo, secondo quel che ne avrete a fare. Passate il tutto dentro un panno e spremetelo ben forte. Conditelo d’un mazzetto d’erbe fine, sale e limon verde, steccato di garofali e ve ne servirete tanto per le vostre zuppe che per gli antrè ed antremè di pesce.
Per empir delle lattughe alla Dama Simona bisogna prender delle lattughe capucce, farle bianchire solamente che abbino sentito il calor dell’acqua, cavarle e farle sgocciolare. Pigliate della carne di pollastri e capponi cotti che avrete, pestatela con qualche pezzo di prosciutto cotto, 156qualche fungo ed erbe fine. Il tutto condito e ben pestato, mettetele dentro una cazzarola con due pugni di mollica di pane e quattro o cinque ovi, secondo la quantità del vostro pieno. Bisogna riempir le vostre lattughe dentro il cuore, e dopo che saran piene legatele bene e fatele cuocere con buon brodo. Essendo cotte, bisogna fare un buon bianco di più rossi d’ovo ma che non sia giravoltato punto. Cavate le vostre lattughe, sgocciolatele bene e slegatele e mettetele dentro questo brodetto, che si mantengano calde. Si servono per ordover fra gli antrè.
Si guarnisce ancora delle zuppe di volatili ripieni con simili lattughe, e se ne riempiscono per li giorni magri d’un buon pieno di pesce, o d’erbe, e d’ovi.
Si possono accomodare in una di queste due maniere: cavatele il sangue e serbatelo; dipoi levatele la morchia dentro dell’acqua calda, e mettetele in fette che farete cuocere dentro una bastardella di terra con burro rosso, vin bianco, sale, pepe, noce moscata, un mazzetto d’erbe fine ed una foglia d’alloro, poi metteteci il sangue che avete serbato, con un poco di farina fritta e capperi, e servitela guarnita di fette di limone.
Per metterle alla salsa dolce, dopo averle levata la morchia fatele cuocere con vin rosso, burro rosso, cannella, zucchero, 157pepe, sale, un pezzo di limon verde e sugo di limone in servirlo.
Se se ne vuol fare una zuppa, tagliatele in pezzi, dopo averle levata la morchia, e passatele alla padella con burro rosso, farina, erbe fine ben minute, qualche fungo, sale, purè liquida ed un pezzo di limon verde. Essendo cotte, imbanditele sopra le vostre croste mittonè, e sugo di limone in servirle.
Vedetene la maniera all’articolo de pasticci, come altrove.
La maniera di fare un piccatiglio di locuste non dee tenerci a bada, essendo comune con gli altri piccatigli di questa natura.
Per servirle in insalata si può vedere quel che è stato detto, come altrove, toccante l’insalata di pesci ed aggiugnere dentro la salsa di quel ch’è dentro il corpo delle locuste.
Disossandole dopo che sono cotte; e tutto questo non è niente difficile, non avendoci che ad osservare sopra questo quello che si troverà spiegato altrove, in diversi luoghi, circa altri pesci.
I conigli e coniglietti si possono 158mettere ancora in torta, tagliandoli in pezzi che passerete alla padella con lardo fonduto, un poco di farina fritta, erbe fine, cipollette, sale, pepe, noce moscata ed un poco di brodo. Essendo riffreddati, formatene la vostra torta con pasta fina e guarnita di spongoli, tartufi, lardo pestato, e ricopritela con la medesima pasta. Fatela cuocere un’ora e mezza e, quando sarà a mezza cottura, metteteci la salsa ove gli averete passati, e sugo di arance in servirla.
Si può ancora, dopo che li vostri conigli e coniglietti sono arrostiti, tagliarli per metà e farci una salsa al prosciutto.
Lardate i vostri leprotti propriamente e fateli arrostire; bisogna dipoi aver delle fette di prosciutto ben battute e passarle con un poco di lardo e di farina, un mazzetto d’erbe fine e del buon sugo che non sia punto salato, e far cuocere il tutto insieme; metteteci ancora un bicchier d’aceto e legate questa salsa con un poco di colì di pane. Tagliate li vostri leprotti in quarto ed imbanditeli dentro un piatto o tondo; gettate la salsa sopra con le fette di prosciutto e servitele caldamente, avendole bene sgrassate.
Si fan nella medesima maniera delle 159pollastre alla Saingarà, come pure de’ pollastri e de’ piccioni, fuorché non si tagliano in quarto se non si vuole.
Lardatene una spalla ed una coscia, e l’altra no, ed avendoli fatti arrostire, serviteli con una salsa dolce o peverata, guarniti di marinati.
Fateli in quarti e lardateli di grossi lardi. Fateli cuocere con del brodo condito di sale, pepe, garofali ed un poco di vino. Essendo cotti, passate il fegato ed il sangue per la padella con un poco di farina e mischiate il tutto insieme con un bicchier d’aceto, olive disossate, capperi, fette di limone per guarnirli.
Bisogna tagliar il leprotto in quattro quarti, lardarli di grossi lardi e passarli alla padella con lardo fonduto; metteteli a cuocere con brodo, tal qual si può vedere altrove, con datteri, vuapassa, scorza di limone, cannella, sale ed un poco di vin bianco. Imbandite il tutto sopra le vostre croste bollite e servitela, con sugo di limone, guarnita di fette o di grani di melagranata.
Osservatene la maniera all’articolo de’ pasticci.
Si può proccurare d’imitare con la 160passera le maniere che si vedranno per le sfoglie, poiché per quel che è di metterle al burro bianco, o di farne un ragù passandole al burro rosso dopo averle tagliata la testa, questa è cosa assai comune per non essere ignorata da alcuno.
Non ci fermeremo punto né meno sopra la maniera di fare uno stufato di pesce cane, o sopra gli apparecchi che gli possono convenire, perché basta regolarsi con altre cose simili.
Questa è un’anatra di mare, che ha il sangue freddo perché nasce in mare, e si mangia in Francia in giorni di magro.
La potete mettere all’addobbo totalmente come un’anatra, o un anatrotto, ed essendo cotta, servitela sopra una salvietta bianca, guarnita di pressemolo e fette di limone.
Se ne fa ancora un antrè al cetriolo, come molti altri.
Dopo averla pelata e vuotata, lardatela di grossi lardoni d’anguilla, fatela cuocere quattro o cinque ore a poco fuoco con acqua, sale, un mazzetto d’erbe fine, alloro, garofalo, pepe, un poco di vin bianco ed un pezzo di burro. Fateci la salsa seguente chiamata peverata.
Con burro bianco, farina, sale, pepe 161bianco, limon verde ed aceto, e fregate una scalogna nel fondo del piatto ove volete metterla.
Avendo pelata e nettata propriamente la vostra macrose, vuotatela e lavatela, fatela bianchir sopra la brace, e dipoi mettetela a bollire in una pentola e conditela di sale, pepe, alloro ed un mazzetto d’erbe fine. Farete un poco di cioccolata, qual getterete dentro. Preparate nel medesimo tempo un ragù con li fegati, funghi, spongoli, prugnoli, tartufi, tre once di maroni; e la vostra macrose essendo cotta e posta dentro il suo piatto, versateci il vostro ragù per di sopra e servitela guarnita di quel, che voi volete.
Fatela cuocere come la suddetta, e fate un ragù di rape che passerete un poco al rosso. Le bagnerete dipoi con la salsa della vostra macrose, la quale, essendo cotta, la taglierete in pezzi e ci metterete dentro le vostre rape. Imbanditela e servitela, quando sarà tempo, guarnita di quel che avrete.
Lardate la vostra macrose di grossi lardoni di anguilla e passatela alla padella con burro rosso. Dipoi mettetela dentro una pignatta, o bastardella di terra, con un poco del medesimo burro e di farina ed acqua, condite di sale, 162garofali, pepe, noce moscata, funghi, un mazzetto e limon verde. Fatele cuocere a picciol fuoco circa quattro o cinque ore, come al corto brodo, e, volendo servirle, aggiugneteci dell’ostriche, capperi e sugo di limone.
La bagnerete nel cuocersi con burro e con sale; dipoi fateci una salsa col fegato, che si pesta ben minuto e che si mette dentro il dagù con sale, pepe, noce moscata, funghi e sugo d’arancia.
Bisogna prendere le macrose, che siano ben pelate e ben pulite, e batterle un poco sopra il petto, farle bianchire alla brace e legarle attorno. Prendete il fegato con tartufi triti, funghi, burro e pressemolo, un poco di cipolla e di capponi, con ancora un’acciuga, il tutto ben trito, ben nutrito e ben condito. Bisogna riempirne il corpo della macrose e salvar un poco di questo pieno medesimo per metterne di sotto. Formate il vostro pasticcio di due spoglie e, postaci frammezzo la vostra macrosa, fatela cuocere al forno.
Se volete servirlo caldamente bisogna farci un buon ragù composto di latti di carpa, code di gambari, funghi e tartufi, o pure un ragù all’ostriche, il tutto servito propriamente. E se lo volete servir freddo, dopo che è cotto non ci occorre altro che lasciarlo raffreddare, e servitelo quando vorrete.
Per far la zuppa di macrose bisogna farla bollire dentro buon brodo di pesce. Essendo cotta, fate bollire la vostra zuppa con questo brodo. Conviene dipoi aver un buon piccatiglio di pesce per metter sopra la vostra macrose quando l’averete accomodata sopra la zuppa e che sarà bollita sufficientemente. Guarnitela con filetti di sfoglia o di pesce merla o di gambari o altri pesci: un buon ragù per di sopra ed un buon colì alli gambari, o funghi; il tutto servito caldamente.
Si fanno ancora zuppe di macrose alle lenti.
Li fenderete o taglierete un poco per il lungo della schiena, avendoli votati, e salateli con olio, sal trito, pepe e finocchio. Involtateli con finocchio verde per farli arrostire e fateci una salsa con burro rosso, erbe fine trite minutamente, noce moscata, sale, finocchi, vua spina alla sua stagione, capperi ed un bicchier d’aceto; guarniti di fette di limone.
Si può ancora servirli in zuppa, dopo averli fatti friggere bene a proposito in burro purgato e bollir dipoi in una cazzarola con buon brodo di pesce o d’erbe: guarnita di funghi in ragù, capperi, sugo e fette di limone.
Si mettono differenti cose in marinato, 164o per guarnir altri piatti o per farne piatti. Si guarniscono delle fricassè di pollastri con altri pollastri in marinato. Il marinato di vitello serve a guarnire de’ piatti di vitello ripieni o lunge di vitello arrosto; e così del resto come piccioni, pernici ed altri, de’ quali si può far ancora de’ piatti separati per antrè. Scorreremo intanto quel che è qui da osservare sopra questo particolare.
Spezzate in quarti i vostri pollastri e fateli marinare con sugo di limone ed agresto, o aceto, sale, pepe, garofali, cipolle e alloro. Lasciateli dentro questo marinato lo spazio di tre ore, dipoi fate una pasta chiara con farina, vin bianco e rossi d’ovo, bagnateci i vostri pollastri e fateli friggere nel lardo fonduto o nello strutto; e serviteli in piramide con pressemolo fritto e fette di limone, se questo è per fare un piatto particolare.
Bisogna farli marinare al sugo di limone ed agresto, come qui sopra con gli altri condimenti, avendoli tagliati o spaccati per la schiena, affinché il marinato penetri, o tagliati in quarti; li lascierete due o tre ore dentro il marinato, dipoi gl’impasterete o farinarete tutti bagnati, e fateli friggere dolcemente in bella frittura. Serviteli con pressemolo fritto per di sopra ed attorno, ed aceto sofato e pepe bianco.
Fendetele in mezzo, battetele e fatele bagnare dentro del marinato, come li pezzi qui sopra. Bisogna ancora friggerle nella medesima maniera, e servirle con aceto all’aglio e pepe bianco.
Il marinato di vitello si fa medesimamente per guarnire, tagliando delle fette in maniera di fricondò e così dell’altre cose che si vorranno marinare.
Vedetene la maniera come altrove.
Ci sono de’ pesci che si mettono in marinato, come si dirà, e fra gli altri le testuggini.
Essendo cotte, mettetele a bagnare dentro dell’aceto con sale, pepe e cipolle; poi farinatele e fatele friggere in burro purgato, e servitele con pressemolo fritto, pepe bianco e sugo d’arancia.
Ci sono de’ pesci che si mettono in marinato in altra maniera. Dopo averli fatti friggere, si passano alla padella fette di limone, o d’arancia, con alloro, burro purgato, cipolle, sale, pepe, noce moscata ed aceto, e mettete questa salsa sopra i vostri pesci, che possono essere le sfoglie, congre, che sono pesci di mare simili ad un’anguilla, sardolle, fette di tonno, ec.
166Si troveranno ancora altri marinati di pesce dentro l’articolo delle zuppe, come sarà indicato dalla tavola.
Oltre quello che si vedrà per le moviette arrosto, come altrove, dentro l’articolo arrosto, si può fare un antrè di moviette rapieni alla mostarda, come se ne è veduto un esempio, come altrove, ed una zuppa di moviette al brodo scuro.
Si fan dei piatti, o ordover, di menudroè per antremè di differenti cose. Fra l’altra di palato di manzo, qual si taglia in fette sottili, ed avendole passate alla padella con lardo fonduto, pressemolo, cerfoglio minuto, timo, cipolle intiere, pepe, sale, brodo e vin bianco, si fanno bollire dentro una pentola, o piatto, e si lega la salsa con pan grattato, sugo, di castrato e di limone in servirlo.
Li menudroè di cervo ed altri s’accomodano nella medesima maniera.
Abbiamo descritti altrove e in altro luogo diversi servizi di lingua di manzo, e s’è veduta la maniera di fare delle lingue di porco foderate, che può essere ancora praticata per quelle di castrato.
Si possono ancora mangiare alla salsa 167dolce, dentro la quale, dopo averle farinate e fritte con bel colore, le metterete a bollire pian piano con tartufi e prugnoli.
Si mangiano ancora alla carbonata con agresto, brodo, funghi, sale, pepe, farina fritta, noce moscata, limon verde; e colle medesime fate bollire il tutto insieme dopo aver fatto grigliare le vostre lingue di castrato con sale e pan grattato, ovvero fateci una ramolata.
Bisogna prendere le lingue e farci un buco in dentro dalla parte della gola con un cortello ben sottile, e che elle non siano tagliate in alcun luogo. Dipoi passate il dito tutto pel lungo come se fosse un budello. Vi si mette dentro un piccol ragù di latti di vitello, funghi, tartufi, pressemolo e cipolle, il tutto ben passato con un poco di lardo, e di farina che non sia troppo rossa e ben condita. Le vostre lingue, essendo piene con questo ragù, legatele ben forte pel buco e mettetele dentro l’acqua calda per poterle levar la prima pelle, e dopo questo si mettono alla brace. Essendo cotte, si fanno ben sgocciolare dal grasso e s’imbandiscono in un piatto con un buon ragù sopra. Guarnitele di fricondò, solamente lardate e senza pieno.
Se ne ponno fare degl’altri antrè come quelli di lingue di manzo che 168abbiamo descritte altrove, ovvero arrostirle dopo averle lardate; essendo mezze cotte, servirle alla salsa dolce.
Li conigli si possono mettere in pasticcio freddo per antremè, come si dirà qui appresso all’ultimo articolo de’ pasticci. Se ne fa ancora un pasticcio caldo per antrè, o come questi che sono descritti al primo articolo o in questa maniera.
Lardate i vostri conigli e metteteli in due spoglie di pasta brise, cioè ordinaria, conditi di sale, pepe, noce moscata, garofali, lardo pestato, alloro ed uno scalogno. Avendoli dorati, fateli cuocere due ore e metteteci sugo d’arancia o di limone in servirlo.
Mettete i vostri conigli e leprotti in quarto, lardateli di grossi lardi, ed avendoli passati alla padella, metteteli dentro una bastardella di terra con brodo, un bicchier di vin bianco, un mazzetto d’erbe odorose, pepe, sale, farina fritta ed arancia.
Si tagliano in quarti, si fende la testa, ed avendoli passati alla padella, come i suddetti con lardo fonduto, o fateli cuocere in una bastardella di terra, con sale, pepe, noce moscata, limon verde, brodo e vin bianco. A quelli che si mettono 169alla salsa scura ci si aggiugne un poco di farina fritta, ed agli altri si fa la salsa bianca con rossi d’ovo, come le altre simili.
Li merluzzi freschi si possono accomodare in cazzarola come se ne trova la maniera per molti altri pesci.
Potete ancor servirli fritti con sugo di arancia e pepe bianco, e per questo fendeteli pel dosso e spolverateli di sale e pepe, metteteli a bagnare in aceto, e poi infarinateli o impastateli avanti che le frigghiate. Si riempiscono ancora come segue.
Nell’articolo de’ mirotoni in magro vedrete la maniera di riempirli.
Ne vedrete le maniere agli articoli a’ quali si rapportano, come luccio, sfoglie ec.
Si serve un mirotòn per antrè e se ne fa in diverse maniere. Per esempio. Si può prendere un bel rocchio di coscia di vitello e farne più fette ben sottili, che si batterà col couperet o spacchino da macellaro sopra la tavola. Bisogna aver dell’altra coscia di vitello, che pesterete con lardo bianchito, grasso di 170manzo, qualche fungo, qualche tartufo, erbe fine ed un poco di midolla, il tutto ben condito. Metteteci due o tre rossi d’ovo, e, quando avrete fatto il pieno, prendete una cazzarola tonda che non sia troppo grande, mettete delle fette di lardo ben accomodate al fondo e dopo fette di vitello che avrete battute, ed in fine il pieno, che coprirete per di sopra col resto delle vostre fette; il tutto ben formato, roversciate dipoi le vostre fette di lardo, ed avendole ben coperte, mettetele a cuocere a poco fuoco sopra e sotto come una brase. Essendo cotto, sgrassatelo ben propriamente, imbanditelo dentro un piatto sottosopra; ci si mette, se si vuole, un poco di colì e si serve caldamente.
Molti fanno un buon godivù ben legato, come quello per lo polpettone. Ne fan di poi un orlo attorno al loro piatto, come se questo fosse un orlo da zuppa al latte, composto di chiare d’ovo. Dorano questo con ovi sbattuti, ed avendolo panato bene propriamente, gli fanno prender colore al forno. Essendo cotto, si sgocciola ben propriamente il grasso. Bisogna avere una bastardella di terra composta d’un quarto di castrato tagliato in pezzi, d’uno scannello di castrato, piccol lardo, qualche piccione e quaglie, secondo la comodità. Tutte queste cose essendo ben cotte dentro una bastardella di terra con ogni sorte d’erbe fine, come se questo fosse 171una brace, bisogna aver de’ piccoli piselli passati, o punte di sparagi, secondo la stagione. Cavate le carni dalla bastardella, fatele sgocciolare e mettetele dipoi co’ vostri piselli per di sopra dentro il vostro piatto. Ci si può aggiugnere ancora qualche cuore di lattughe bianchite cotte dentro la medesima salsa e servirlo caldamente. Nel fondo della bastardella, quando non ci è che l’orlo, si metta al mezzo ogni sorta di buon ragù. Si può ancora metterci un piccatiglio di castrato, e sugo di castrato e di limone in servirlo.
Abbiate de’ tartufi, funghi e prosciutto cotto, il tutto ben tritato insieme: mettetelo dentro una cazzarola con due o tre acciughe, secondo la grossezza del mirotòn, pestate un pugno di capperi e metteteli dentro il medesimo mirotòn. Quando vedrete che sarà vicino, bisogna mettere il vostro piccatiglio dentro una cazzarola con un poco di pressemolo, di cipolla e di lardo fonduto, il tutto ben pestato, bagnatelo con sugo, metteteci un poco di colì e fatelo bollire, avendo riguardo che non sia troppo legato. Abbiate del manzo che sia tenero e magro; tagliatelo in piccole fette, un poco più grandi come se fossero per un filetto al cetriolo, e poi mettete il manzo dentro il ragù: dimenatelo a poco a poco e non lo lasciate bollir troppo. Avanti di servirlo, ci metterete un sugo di 172limone ed imbandite il vostro piatto propriamente.
Bisogna prendere quattro o sei merlucci secondo la grandezza del piatto, raschiateli e lavateli bene. Bisogna fenderli per lungo d’avanti ed aver riguardo di non guastarli sopra la schiena; levate la lischia e tagliate la testa, e stendeteli sopra la tavola. Pigliate dipoi della carne di buon pesce: fatene un buon pieno, come abbiamo detto qui avanti. Il pieno essendo fatto, accomodatelo sopra ciascun pesce e rotolateli, come è stato detto per i filetti mignoni. Bisogna prendere una cazzarola, o una bastardella di terra senza manico, che sia tonda: fate una frittata con un poco di farina, ed essendo intiera, ella tenga tutta la cazzarola. Accomodatevi sopra i vostri pesci ripieni, avendo messo un poco di burro sotto la detta frittata. Il pesce essendo accomodato con qualche tartufo e funghi ben conditi, bisogna far un’altra frittata per metter sopra e collocarla in maniera che ella tenga tutta la rotondità della cazzarola. Mettete la cazzarola ben coperta sopra un poco di fuoco affinché ella cuocia dolcemente, ma che nondimeno abbia fuoco sopra e sotto. Bisogna aver riguardo che questa non s’attacchi punto al fondo. Essendo cotto, sgocciolate il burro e versate il mirotòn dentro un tondo o piatto sotto sopra. Tagliate al mezzo un piccolo 173pezzo in tondo come se questo fosse un polpettone: versateci dentro un piccol colì di funghi e ricopritelo col medesimo pezzo. Sgrassate bene il tutto, nettate l’orlo del vostro piatto e servitelo caldamente.
Potete ancora fare un pieno, come per un polpettone qui appresso, e farne un cordone attorno al piatto, che metterete a cuocere al forno e lo riempirete d’un buon ragù di funghi, spongoli, tartufi, brugnoli, acciughe, il tutto ben pestato insieme, ed ogni sorta di filetti di pesce e capperi; un letto di ragù ed un altro di filetti, sino a che siano pieni, ed avendolo fatto bollire sopra un piccol fuoco, servite con salsa del ragù e sugo di limone.
Dentro l’articolo ove abbiamo mostrato come conservar li funghi, cioè, come altrove si è veduto, ancora quel che riguarda sopra questo punto de’ spongoli e prugnoli. Non si tratterà qui, dunque, che di descrivere li piatti particolari che se ne ponno fare per ordover d’antremè.
Gli potete fare al rosso, passando gli spongoli per la padella con burro o lardo fonduto dopo averli tagliati in lungo e ben lavati. Ci potete mettere del pressemolo e cerfoglio ben minuto, una cipolla, sale, noce moscata ed un poco di brodo, per farli bollire dentro un piccol pignatto, o cazzarola; serviteli a corta salsa, con sugo di limone.
Si mettono ancora alla pana, come si è veduto per li funghi, come altrove.
Bisogna tagliare gli spongoli in lungo come qui sopra e farli bollire con un poco di buon brodo a piccol fuoco. Quando il brodo sarà consumato, infarinateli e fateli friggere in lardo fonduto o strutto. Fate una salsa col resto del brodo, condita di sale e noce moscata, e servitela sotto i vostri spongoli con sugo di castrato e di limone.
Come si vedrà per quelle de’ funghi.
Dopo aver ben mondati i prugnoli, lavateli un poco, poi scuoteteli dentro un buraccio: fateli cuocere in un piatto, o cazzarola, con burro o lardo fonduto, un mazzetto, sale, noce moscata, e legate la salsa con rossi d’ovo, farina o pan grattato di crosta. In servirli, metteteci sugo di limone e guarniteli di fette.
Lasciando a parte le maniere comuni di mangiare il baccalà, sia fresco o salato, che sono assai conosciute da ciascun, non ci fermeremo qui se non per quel che si vedrà qui sotto.
Scagliate il vostro baccalà e fatelo cuocere con acqua ed aceto, limon verde, alloro, sale e pepe. Fate una salsa con 175burro rosso, farina fritta, ostriche, capperi, sugo di limone e pepe bianco in servirlo.
Prendete una bella coda di morù, ed avendola scagliata, distaccatene la pelle, facendola discendere a basso. Togliete de’ filetti delli vostri morù, e riempitene li buchi di un buon pieno di pesce, o d’erbe fine, con burro e crosta grattata di pane. Rimettete poi la pelle di sopra per ricoprir la coda dei morù, ed avendola panata propriamente, fatela cuocere al forno e che prenda un bel colore. Fatele un ragù di guarniture, che avrete per arricchirle; servitele caldamente.
Quando la si vuol friggere bisogna farla cuocere nell’acqua calda senza che ella bolla, affinché ella resti ben intiera, e, dopo che s’è lasciata sgocciolare, si farina e si frigge in burro raffinato. Servitela con sugo di arancia e pepe bianco. Potete guarnirla di creste di morù impastate e fritte, se non fosse in un ordinario assai mediocre per farne un piatto.
Si mettono le telline in ragù alla salsa bianca, o scura, e se ne fa una zuppa molto considerabile.
Cavate le telline dalle loro gusce, e passatele alla padella con burro bianco, timo ed altre erbe fine pestate ben 176minute, condite di sale, pepe e noce moscata; e l’acqua delle telline essendo consumata, metteteci de’ rossi d’ovo con agresto o sugo di limone, e guarnite di conchiglie e pan fritto.
Il ragù alla salsa scura si fa del medesimo, fuorché non ci si mette punto d’ovo ma solamente un poco di farina fritta.
Bisogna prendere di buone telline, nettarle bene e lavarle dentro quattro o cinque acque. Essendo ben lavate, bisogna metterle dentro una pentola con acqua, che vi servirà per brodo in caso che non abbiate punto di altro buon brodo di pesce. Mettete con le vostre telline un poco di pressemolo, buon burro e cipolla steccata di garofali, e fatele ancora bianchire; subito che la conchiglia s’apre, questo significa che son bianchite a bastanza. Passate il brodo dentro una pentola a parte. Cavate le telline dalle loro conchiglie, non lasciandone che per guarnir la vostra zuppa. L’altre saranno messe dentro una piccola pentola, o cazzarola, con la carne solamente. Dopo bisogna metterci de’ funghi tagliati in pezzi, tartufi in fette, qualche latte di carpa, un fondo di carciofo intiero, in caso che non vogliate empire un pane di piccatiglio di carpa, cioè a dire che il fondo di carciofo sarà per mettere al 177mezzo della vostra zuppa, e tre o quattro fondi di carciofi tagliati in quarto. Passate questo ragù con buon burro dentro una cazzarola ed un poco di farina. Essendo ben passate, bagnate il vostro ragù col brodo delle telline e fatele cuocere qualche poco. Ci si mette un mazzetto d’erbe fine, una fetta o due di limone, il tutto cotto dolcemente e ben condito. Fate bollire la vostra zuppa di croste di pane col medesimo brodo delle telline, che non sia troppo grasso. Essendo bollita, la guarnirete con le telline che sono dentro la conchiglia e, se avrete un pan ripieno, ne lascierete ancora per guarnire attorno al detto pane. Il tutto ben bollito ed in ragù per di sopra, bisogna aver un colì bianco composto di mandole, mollica di pane, e sei o otto rossi d’ovo, il tutto passato per stamigna con un poco del medesimo brodo delle vostre telline, avendo riguardo che non giravolti punto. In servirla bagnate la vostra zuppa con questo bianco e servitela caldamente, ma abbiate un buon riguardo al sale.
Fra le vivande che si posson fare con del castrato, si son vedute le differenti maniere delle lacchete che si posson servire per antrè. Abbiamo ancora osservato quel che riguarda le lingue e costolette di castrato, come altrove, e li filetti di castrato, come altrove. Dentro il 178secondo articolo de’ mirotoni, come altrove, ci è una terrina con un quarto di castrato, uno scannello ed altri pezzi.
Prendete tutta la groppa d’un castrato tenero; levate destramente la prima pelle di sopra per la punta e lasciatela attaccata per da basso. Si mette qualche fetta di prosciutto ben sottile condita di pressemolo, cipolle e pepe bianco. Accomodate il tutto sopra la groppa del vostro castrato con qualche fetta di lardo e rovesciateci sopra la pelle. Legatela, dipoi, e fatela cuocere allo spiede inviluppato nella carta. Essendo arrostito, panatelo propriamente e guarnitelo di costolette di castrato, un ragù molto ricco per di sopra, e servitelo caldamente.
Si può fare nella suddetta maniera.
Lo riempirete sopra la calatta d’un salpicone, o piccatiglio della medesima carne che ne caverete, come si vedrà alla braciola o sotto la parola salpicon. Panate dipoi il vostro quarto di castrato, e mettetelo al forno per colorirlo. Guarnitelo di pan fritto, costolette marinate e pressemolo fritto, e marmoratelo con sugo di limone e del suo sugo.
Tagliate una lacchetta di castrato in bracciole e passatele alla padella con 179lardo, avanti che le mettiate a cuocere con brodo, sale, pepe, garofali, un mazzetto, maroni e funghi; passate della farina per la padella per legar la salsa, guarnite di funghi e pan fritto, e servite con capperi e sugo di limone.
Lo potete servir per ordover, avendolo steccato di pressemolo e fatto cuocere allo spiede, aggiugnendoci il sugo d’un’arancia e buon sugo in servirlo, dopo averlo spolverato di pane, sale e pepe bianco.
Un’altra volta, dopo che sarà cotto dentro la pentola, passatelo dentro una pasta chiara, ed avendolo fatto friggere con lardo fonduto, servitelo con agresto in grana e pepe bianco.
Ricorrete al luogo ove si sono descritte, cioè, come altrove.
Bisogna prendere de’ piedi di castrato bene scottati e farli cuocere dentro buon brodo con un poco di pressemolo e di cipolla, avendo riguardo che non siano troppo cotti. Avendoli cavati, tagliate li piedi e lasciate la gamba, da cui leverete via l’osso, e stendete questa pelle sopra la tavola, metteteci un poco di pieno da crocchetti, o altro, e rivoltateli uno a uno; li accomoderete dopo in un piatto e bagnateli con un poco di 180grasso, panateli propriamente per di sopra e gli farete prender colore dentro al forno. Essendo coloriti, sgocciolate il grasso e pulite l’orlo del medesimo piatto. Ci si mette un poco di ragù per di sopra, o di colì di funghi, servito caldamente.
Si mettono ancora li piedi di castrato alla salsa bianca, passandoli alla padella con lardo fonduto, erbe fine, cipollette, che caverete, sale, pepe e noce moscata. Bianchite la salsa con rossi d’ovo e aceto rosato, e guarniteli degli ovi impastati e fritti e del pressemolo fritto.
Per fare le code di castrato alla Sante Menà bisogna aver una pignatta che sia a proposito, metterci al fondo di buone fette di lardo, qualche fetta di vitello e di cipolla. Accomodate dipoi le vostre code di castrato, e ricordatevi di coprirle con fette di vitello e di lardo, avendole condite d’erbe fine e speziarie. Mettete la pentola nel forno o sopra la brace, che il tutto sia ben cotto ma che pertanto non si disfaccia. Bisogna dopo cavarle, ben panarle e grigliarle. Essendo grigliate, ci si fa una salsa che si chiama ramolata, cioè.
composta d’acciughe, pressemolo e cipolle trite a parte. Passate questa propriamente con buon sugo, una goccia d’olio, uno spicchio d’aglio, e condimenti. 181E mettetela sopra le code, avendole accomodate in un piatto. Servite caldamente.
Salsa ramolata serve per più volatili freddi, che si panano e passano alla gratella, ed a molt’altre cose.
La potete lardare di grossi lardi e farla cuocere dentro una pignatta a parte con acqua ed un poco di vin bianco, condita di sale, pepe, alloro, garofali, un mazzetto d’erbe fine, una fetta di limone, affinché ella sia di molto gusto. Passate alla padella de’ capperi, ed acciughe con lardo, ed un poco della salsa ove sarà stata cotta, e mettetela sopra nel servirla, con sugo di limone o un bicchier d’aceto all’aglio.
La vostra coda di castrato essendo cotta, levatene la pelle, bagnatela nella pasta chiara fatta con rossi d’ovo, sale, pepe, farina e brodo, e passatela alla padella in buona frittura. Servitela con pepe bianco, agresto di grana e pressemolo fritto.
Avendole levata la pelle, bagnate la coda di castrato con lardo fonduto e panatela fino a tre volte per farle prendere una bella crosta al forno. Dopo la potete ghiacciare, sfregandola con una chiara d’ovo.
Fategli grigliare, dopo averli scagliati e tagliati e fregati con burro fonduto; fategli una salsa con burro rosso, farina fritta, capperi, fette di limone, un mazzetto, pepe, sale, noce moscata, ed agresto o sugo d’arancia.
Potete ancora farli friggere in burro raffinato; poi metterli dentro un piatto con acciughe, capperi, sugo d’arancia, noce moscata ed un poco del medesimo burro ove saranno cotti, avendo sfregato il piatto con una scalogna o spicchio d’aglio.
Si possono mettere come molti altri pesci.
Niuna cosa supplisce più al bisogno in una gran diversità di cose quanto gli ovi, mentre se ne servono ancora in giorni di grasso, il tutto per ordover d’antremè. Eccovene le principali maniere.
Bisogna sbattere degli ovi secondo il piatto che volete fare, e nel medesimo tempo spremerci il sugo d’un’arancia ed avendo riguardo che non ci caschino i semi. Il tutto essendo sbattuto, e condito di un poco di sale, pigliate una cazzarola. Se questo è in giorno di magro metteteci un poco di burro, ed in 183giorno grasso un poco di sugo. Versateci i vostri ovi e dimenateli sempre, come se questo fosse una crema, per paura che non s’attacchi al fondo. Quando saranno cotti come bisogna, versateli dentro un tondo, o piatto, e guarniteli (se voi volete) con ovi fritti; e serviteli caldamente.
Prendete e fate bianchire il cuore di due o tre lattughe con acetosa, pressemolo, cerfoglio ed un fungho. Pestate il tutto ben minutamente con de’ rossi d’ovo duri, conditi di sale e noce moscata. Passateli dipoi con burro e fateli cuocere. Essendo cotti, mettete della pana di latte naturale ed empitene il fondo del vostro piatto, e le vostre chiare d’ovo dure le riempirete d’un altro pieno con erbe fine per guarnir l’orlo: li darete colore colla pala del fuoco.
Si ponno ancora friggere degli ovi ripieni dopo averli bagnati in pasta chiara, e serviteli con pressemolo fritto.
Non tagliate altro in pezzi che le chiare de’ vostri ovi, in tagliolini o in fette, e passatele al burro con pressemolo e cipolla ben minuta. Legatele un poco e conditele di sale e noce moscata, e metteteci della pana di latte.
I rossi fateli friggere per guarnir il vostro tondo.
Pigliate un mezzo boccale di buon latte, che farete scaldare, sin che sia vicino a bollire, con un poco di sale e zucchero in polvere, un pezzo di cannella e di limone, ed acqua di fior d’aranci. Rompete quattro o cinque ovi freschi, mettete le chiare da una parte e sbatteteli col vostro latte, o pana, tutto caldo. Fate scaldare un tondo sopra uno scaldavivande e, quando è ben caldo, gettateci il vostro apparecchio, dopo averlo passato per stamigna. Fatene andar da per tutto, in maniera che il tondo ne sia ben coperto, e dateli il colore con la pala del forno. Stemperate dipoi i vostri rossi d’ovo senza chiara, ed un poco di farina per fare il gratin, cioè legamento col resto del vostro latte: rimettete il vostro tondo sopra il fuoco per farlo scaldare, tanto che i vostri ovi siano come una crema, e gettateci i vostri rossi. Impolveratela di zucchero per di sopra, ed un sugo di limone ed acqua di fior d’aranci in servirli.
Rompete degli ovi dentro un piatto come allo specchio, metteteci un poco di brodo di purè, di piselli, e rompete due o tre rossi d’ovo con un poco di latte che passarete per stamigna; levate il brodo ove sono cotti i vostri ovi: metteteci i rossi per di sopra con formaggio grattato, e dateli il colore.
Pigliate un pezzo di bieterava che non sappia punto di terra: pestatela bene con un pezzo di limone, un poco di maccaroni, del zucchero e della cannella infranta. Pigliate quattro o cinque ovi, de’ quali leverete via il giallo, e mescolate ben il tutto insieme; e passatelo per stamigna con un poco di latte e di sale, e lo farete cuocere, come gl’altri ovi, il latte di bel colore.
Non si mette punto il rosso. Ei servirà a friggere per guarnir con della mostarda, se voi volete, e sugo di limone in servirlo.
Mettete a bagnare della mollica di pane dentro del latte circa due o tre ore, affinché sia bagnata. Passatela alla stamigna o dentro un passatore ben fino, metteteci un poco di sale e zucchero, un poco di scorza di limon confetto trita ben minuta, un poco di arancia verde raspata ed acqua di fior di arancio. Sfregate un piatto d’argento di burro un poco caldo, mettete dentro i vostri ovi con fuoco sotto e sopra, che prendano un bel colore, e serviteli propriamente.
Si metton come allo specchio, ed avendoli panati con mollica di pane, spolverizzati di piccatiglio di luccio e di formaggio grattato, si fa prender loro un bel colore.
Bisogna far liquefare del zucchero con acqua di aranci, due sughi di limone ed un poco di sale; metteteli dipoi sopra il fuoco con i vostri rossi d’ovo, ed andateli dimenando con un cucchiaro d’argento finché gli ovi lascieranno il piatto: allora saranno cotti. Essendo freddi, imbanditeli in piramide e guarniteli di scorza di limone e marzapane.
Si fanno nella stessa maniera ma si servono caldi, imbandendoli dentro il suo piatto; e ghiacciarli con zucchero e la pala rossa.
Un’altra volta li potete mescolare dentro il mortaro con del gelo d’uva spina, o di sugo di pietra cotto in zucchero, e passarlo alla seringa, o dentro tela di crine, per servirli secchi in rocher verde o rosso.
Pestate de’ pistacchi ed un pezzo di limon confetto. Fate cuocere il vostro zucchero con sugo di limone, e quando lo sciroppo sarà mezzo fatto, metteteci li pestacchi con li rossi d’ovo; rimenandoli, come qui sopra, sino a che lasciano la padellina, e serviteli con acqua d’odore.
Mettete zucchero ed acqua di fior d’aranci dentro un piatto, o padella, con pana di latte naturale, scorza di sale, cedro confetto rapato ed un poco di 187 sale, poi metteteci otto o dieci rossi d’ovo, e rimenateli come gli ovi rimenati.
Fate del sciroppo di zucchero schietto con vin bianco, ed essendo più della metà fatto, sbatteteci i vostri ovi e passateli dentro una mescola piana affinché li filetti si facciano bene: fateli seccare avanti al fuoco, e serviteli con odor di muschio o altro odore.
Fate un sciroppo con zucchero ed un poco d’acqua; essendo più che mezzo cotto, pigliate de’ rossi di ovo dentro un cucchiaro d’argento, un dopo l’altro, e teneteli dentro questo sciroppo per cuocerli. Ne farete, così, tanti quanti vi piaceranno, tenendo sempre il vostro zucchero ben caldo, e li servirete guarniti e coperti di pistacchi, fette di scorza di cedro, fiori d’arancio, che avrete passati dentro il resto del vostro sciroppo, con sugo di limon per di sopra.
Stemperate i vostri rossi d’ova con acqua rosa, scorza di limone, maccaroni, sale, cannella pestata, e fateli cuocere a picciol fuoco dentro una tortiera con burro raffinato. Essendo cotti, ghiacciateli con zucchero ed acqua rosa, o di fior d’aranci, e mettete sugo di limone e grani di melagranata in servirlo.
Affogate dell’ova dentro l’acqua 188bollente; pestate dell’acetosa e mettete il sugo dentro un piatto con burro, due o tre ovi crudi, sale e noce moscata, e mettete questa salsa legata sopra i vostri ovi servendoli.
Stemperate i vostri ovi con agresto di grana, conditi di sale e noce moscata, e fateli cuocere con un poco di burro, o guarniti di pan fritto o pasta fritta.
Essendo cotti i vostri ovi tutti intieri con burro dentro una cazzarola, steccateli e metteteli sopra un tondo, poi mettete pana naturale ed un poco di sale, di zucchero; e servirli caldi, con grani di pomo granato, o altra guarnitura.
Si fa con acciughe, capperi, finocchio, lattughe, bieterave, porcacchia e cerfoglio, il tutto nel suo particolare e ben condito.
Ci sono molte altre sorte di ovi che basterà specificare, come:
Ova alla cipolletta ed altre erbe fine.
Ova affogate alla salsa coperta.
Ova al latte.
Ova allo specchio.
Ova alla salsa verde tutte intiere.
Ova in piccatiglio, passate con erbe fine e guarnite di piccole pallette d’ova fritte.
Ova al formaggio grattato.
Ova fritte impastate.
189Ova al burro rosso alla padella.
Ova affogate all’acqua al burro legato.
Ova affogate al zucchero.
Ova all’acciughe.
Ova all’acetosa, ec.
Ova falsificate, o artificiali, dette ova morbide artificiali.
In quaresima, e specialmente il giorno del Venerdì Santo, si può servire delli ovi falsificati di più maniere. Per questo pigliate due pinte di latte e fatelo cuocere dentro una bastardella di terra, o una padella piccola d’argento, dimenandolo sempre con un cucchiaro di legno sino a tanto che si sia ridotto ad una foglietta. Cavatene la terza parte dentro un piatto a parte, rimettetelo sopra il fuoco con della crema di riso ed un poco di zafferano. Essendo condensato ed un poco fermo, fatene come de’ rossi d’ovo, che manterrete sempre tiepidi. Del resto di latte ne riempirete de’ gusci d’ovo, che averete aperti dopo averli lavati, e gl’incoronerete ancora; e per servirli, metteteci li rossi d’ovo che avrete fatti e per di sopra un poco di pana di mandole, o pana di latte senza cuocere, ed acqua di fior d’aranci. Serviteli sopra una salvietta piegata.
Dopo aver levato il guscio, fendete li bianchi e fate un buco in ciascuna metà, con un cucchiaro d’argento, per riempirli d’un pieno tal qual si è veduto qui avanti, imbandendoli col medesimo guarniti di rossi artifiziali, che avrete infarinati e fritti.
Dopo averli fenduti, votati come sopra, riempiteli di rossi e tagliateli ancora in quarto, poi infarinateli e friggeteli in gran frittura. Avendoli imbanditi sopra un tondo, ci farete una salsa con burro rosso, erbe fine, funghi cotti e tritati, sale, pepe noce moscata e aceto rosato; e guarniti di pan fritto, pressemolo e funghi fritti.
Pigliate del latte cotto e della pana di mandole, e stemperateci della marmellata d’albicocche; mettete il tutto con burro dentro un tondo sopra piccol fuoco, dipoi la composizione de’ vostri ovi, e 191copriteli con un coperchio di tortiera con fuoco per farli prender colore, come a una sorta di latte. Servitela con fior d’aranci e zucchero.
Si faranno in questa maniera. Riempite della vostra pana il fondo d’un tondo e fatela cuocere con burro, coperta con un coperchio da tortiera con fuoco. Quando vedrete che ella si fermerà, levatela dal fuoco, fate dieci o dodici buchi con un cucchiaro e riempiteli di rossi artificiali; dipoi fate una salsa con burro legato, erbe fine ben minute, sale, pepe, noce moscata ed un bicchier d’aceto, o senza questo, e quando vorrete servirla, mettetela sopra i vostri ovi tutta calda ed ancora in molte altre maniere.
Sbattete i vostri ovi, dopo pestateci della scorza di limone ben minuto: bisogna metterci un poco di pana di latte e sale. Il tutto bene sbattuto insieme, fate la vostra frittata. Avanti di rovesciarla sopra il suo piatto, bisogna inzuccherarla dentro la medesima padella e voltarla, nell’abbandirla, dalla parte che ella sarà colorita. Bisogna aver rovesciato il tondo sopra il quale la metterete. Dipoi spolverizzatela di zucchero e di scorza di limone trita e confetta, ed in un tempo ghiacciarla con pala del fuoco ben rossa. Essendo ghiacciata, servitela caldamente.
Bisogna prendere le fave, levarle la pelle e cavarle dalla scorza, e passarle dipoi con un poco di buon burro, un filo di pressemolo e di cipolla. Dopo bisogna metterci un poco di pana di latte, condirle dolcemente e farle cuocere a piccol fuoco. Formate una frittata con ova fresche, ove ci avrete messo ancora della pana, e salatela a discrezione. Essendo fatta, mettetela sopra il suo piatto. Legate le fave con uno o due rossi d’ovo e vuotatele sopra la frittura, che arrivino sino all’orlo, e servitela caldamente.
Si posson fare di simili frittate (bisogna che il tutto sia tagliato in piccole fette).
Di funghi alla pana,
Prugnoli e spongoli alla pana,
Piccoli piselli alla pana,
Punte di sparagi alla pana,
Fondi di carciofi alla pana,
Tartufi bianchi alla pana,
Tartufi neri alla pana,
Spinacci alla pana,
Acetose alla pana.
Queste maniere che abbiamo dette vi serviranno per far un’infinità di simili frittate; e così queste piccole salse alla pana vi posson servire per un tondo, o piatto, guarnendoli di piccole guarniture 193come carciofi fritti, arrosti di pane fioretti, frittatine dette fevillantine, fondi di articiocchi fritti in pasta ed altre cose simili che si giudicheranno a proposito; e tutto si serva caldamente.
Fate un piccatiglio di buon prosciutto cotto, e che dentro il medesimo piccatiglio ci entri un poco di prosciutto crudo. Essendo formata la vostra frittata, ed imbandita nel suo piatto, la coprirete con questo piccatiglio di prosciutto medesimamente come le altre qui sopra.
Si fanno ancora simili cose per delle lingue di manzo.
Pigliate un petto di pollo arrosto, o altro volatile, e tagliatelo in dadi come pure funghi, prosciutto cotto, fegatetti, tartufi ed altre guarniture, il tutto passato in ragù e cotto. Formate la frittata, ed avanti di vuotarla sopra il piatto, metterete tout contre o coprirete con fette di mollica di pane o della crosta; dopo versate dentro la medesima padella il vostro ragù e dipoi voltate la vostra frittata sopra il suo piatto con diligenza. In servirla, bagnatela con un poco di sugo e servitela caldamente.
Si posson riempir le frittate con ogni sorta di ragù, non essendo necessario di parlarne qui di vantaggio, come:
Di rognoni di vitello cotti,
Di fegatetti di conigli,
Di fegati di leprotti,
Di latti di vitello,
Di fegatetti di pollame ec.
Di pieno di pesce,
Di latti di carpa,
Di pieno di erbe ben nutrite ec.
L’oglia è una gran zuppa, che si può servire tanto in magro che in grasso.
Eccovene la maniera per quest’ultima.
Pigliate ogni sorta di buone carni, cioè un pezzo di lombo di manzo, un pezzo di coscia di vitello, un pezzo di lacchetta di castrato, anatra, pernice, piccioni, pollastri, quaglie, un pezzo di prosciutto crudo, salsiccia, salsiccioto o mortadella. Il tutto passato al rosso, lo metterete a bollire in una pentola, ciascuna cosa però, secondo il tempo, che gli bisogna per la cottura, e fate un legamento del vostro rosso, che metterete insieme. Dopo aver bene schiumata ogni cosa, la condirete di sale, stecchi di garofali, pepe, noce moscata, coriandoli, zenzaro, il tutto ben pestato con timo e bassilico e posto dentro un pezzetto di tela bianca. Dipoi ci si aggiugne ogni sorta di erbaggi e radiche ben bianchite secondo che si giudicherà a proposito, come 195cipolle, porri, carote, pastinacche, radiche di pressemolo, cavoli, rape ed altre per farne mazzi. Bisogna aver de’ mastelli, pentole d’argento o altro bacino proprio a questo, e la vostra zuppa essendo ben consumata, rompete delle croste in pezzi e fatele bollire col medesimo brodo ben sgrassato e di buon gusto. Avendo bollito, avanti di servirla metteteci ancora molto brodo, sempre bene sgrassato, imbanditeci i vostri volatili ed altre carni, e la guarnirete di radiche se voi non avete che un bacile; se no, servitela senza radiche, mettendo il mastello sopra un piatto d’argento ed un cucchiaro grande d’argento dentro, col quale ciascun possa prender della zuppa quando l’oglia è sopra la tavola.
Vedete fra le zuppe la maniera di farla.
Pigliate del buon brodo di piselli o di mezzo pesce, metteteci a bollire in pentola tutte le radiche qui sopra e fatele cuocere ben a proposito. Imbandite la vostra oglia, un pan di profittoglie al mezzo e guarnito di radiche.
Si può ancora servire un’oglia di radiche ed altri legumi all’olio per il Venerdi Santo, come è stato detto altrove.
Si fanno degli antrè di pollastre, 196beccacce, pernici od altra cacciagione all’olive; l’une e l’altre si fanno nella stessa maniera. Se ne spiegherà qui una per dar a conoscere ciò che riguardi alle altre.
Bisogna aver delle pollastre cappone ben tenere, ben nettate, e farle arrostire una buona barda sopra il petto. Nel tempo che cuociono fate il ragù, composto d’un pochettino di pressemolo e di cipolla trita, e passata con poco di lardo, e di farina. Essendo passata, metteteci due cucchiari di sugo e un bicchier di vin generoso, capperi triti, un’acciuga, olive agghiacciate, una goccia d’olio d’oliva, un mazzetto d’erbe fine. Per legar la salsa aggiugneteci del buon colì, il tutto ben condito e ben sgrassato. Pigliate le pollastre arrosto, ed avendo tagliate le gambe alla giontura, e legate all’ali, alle cosce, ed al petto, acchiacciatele un poco e mettetele poscia dentro la salsa. Un tantino avanti di servirle, mettete le pollastre dentro un piatto, il ragù per di sopra, spremeteci un sugo di arancia, e servitele caldamente.
Si servono in antremè dell’orecchie di vitello ripiene. Perciò pigliate l’orecchie intiere, scotatele bene e fatele bianchire. Bisogna fare un buon pieno, che sia ben legato, e metterlo dentro l’orecchie, e cucirle tutte attorno propriamente, facendole cuocere come li piedi di 197porco alla Sante Menò. Essendo cotte, scucitele propriamente, che il pieno non esca, e rotolatele leggiermente dentro dell’ova sbattute, panatele nel medesimo tempo e fatele friggere nel grasso di porco, come li crocchetti, e guarnite di pressemolo fritto.
Le potete servire alla salsa roberta, avendole tagliate in fette e passate alla padella con un poco di burro. Dipoi fate la salsa seguente.
Friggete dentro il medesimo burro della cipolla ben trita, condita di sale, pepe, noce moscata, aceto, capperi ed un poco di brodo, e quando vorrete servir le vostre orecchie aggiugnetevi della mostarda. Le medesime fette le potete impastare e friggere, e servirle con pepe bianco e sugo di limone.
Si fanno diversi antrè che si chiamano pane, come si è di già veduto il pane al prosciutto altrove. Si servirà fra gli altri de’ pani di pernice, de’ pani al vitello ed il pane di spagna.
Bisogna aver delle pernici arroste e prendere la carne di qualche cappone, o pollastro con lardo bianchito, grasso di manzo bianchito, funghi e spungoli triti, qualche tartufi e fondi di articiocchi, erbe fine, uno spicchio d’aglio, il tutto 198ben condito e ben pestato, e per legarlo aggiugneteci una mollica di pane bagnata nel buon sugo e qualche rosso d’ovo. Bisogna aver della carta e formare sopra de’ pani di pernici, che siano tondi alla grossezza d’un ovo, ed allontanargli uno dall’altro. Bisogna ancora bagnare la punta del vostro cortello dell’ova sbattute, per poterli formare e panarli propriamente. Vi possono servire ancora per guarnire altri più grandi antrè.
Prendete della coscia di vitello e tagliatela in fette ben sottili, e sbatterete con la costa d’un cortello, e prendetene a proporzione del piatto che volete fare. Dipoi bisogna pigliare altro pezzo di coscia di vitello e la pesterete con lardo bianchito, grasso bianchito, prosciutto cotto, ogni sorta d’erbe fine, il petto d’un cappone e pernice, un poco di tartufi triti, e de’ funghi e prugnoli ancora triti; ogni cosa ben condita di ogni sorta di speziarie fine e mescolata con un poco di pana di latte. Bisogna aver una cazzarola tonda, affettarci delle fette di lardo, metterci la metà delle fette di vitello battute e dipoi il pieno. Conviene ancora finir di coprir al di sopra nella stessa maniera che si è fatto di sotto, in forma che il pieno sia ben chiaro. Dopo mettetelo alla brace ben coperto con fuoco sotto e sopra, e fatelo ben cuocere. Si può mettere dentro il pieno un 199piccolo spicchio d’aglio. È necessario pure servirlo caldamente, avendolo bene sgrassato e posto nel vostro piatto propriamente e con diligenza.
Si può servir questo pane di vitello alli piselli ed agli sparagi, quando è la loro stagione.
Bisogna prendere de’ petti di pernici arrosto, ben pestarli, ed un pugno di pistacchi ben pelati con un poco di coriandoli in polvere, il tutto ben pestato in un mortaro. Ci si metton tre in quattro rossi d’ovo, secondo il vostro piatto, un poco di scorza di limone e buon sugo di vitello, il tutto ben stemperato dentro il mortaro e passato per stamigna; come se questo fosse una crema all’italiana. Essendo ben passato, bisogna accomodare il suo piatto dentro il forno, vuotare il tutto dentro il piatto con fuoco sotto e sopra, sino che sia ben rappreso. Bisogna farlo portar sopra la tavola per una persona destra, per paura che non si rompa nello scuotersi, e servitelo caldamente.
Si fa un altro antrè d’un pan ripieno di latti di vitello, fondi di carciofi, tartufi, e prosciutto passato in ragù con un legamento bianco di vitello arrosto, e sugo di limone e fate ben bollire il vostro pane circa un quarto d’ora con buon 200brodo. Servitelo con sugo di castrato, un poco di legamento e sugo di limone in servirlo.
Vedete fra le zuppe li pani di profitroglie e croste ripiene in più maniere, tanto in grasso che in magro, delle quali si può ancora fare degli antrè negli ordinari mediocri.
Li pasticci si servono o caldi o freddi. I primi sono per antrè e gli altri per antremè. Eccovi la maniera de’ primi.
Bisogna aver due pernici e due beccacce; le pernici ben vuotarle e salvare il fegato, retrousser l’una e l’altra propriamente e batterle sopra il petto con una cannella, o sia bastone da pasta; dipoi lardarle a grossi lardoni di lardo e prosciutto, conditi di pepe e sale. Avendole lardate, spaccatele per la schiena, fate un pieno d’un pezzo di vitello grosso come un ovo ben tenero con lardo crudo, un poco di midolla, pressemolo, erbe fine, un poco di tartufi e funghi triti, e qualche poco di grasso di vitelIo. Il tutto essendo ben trito e condito, legatelo con un rosso di ovo e riempite con questo i vostri quattro pezzi per la schiena. Bisogna ancora tritare e pestare del lardo, prendere li due fegati di pernici e pestargli tutti insieme, e condir questo di speziarie fine. Fate una pasta 201composta di un ovo, di buon burro, e farina ed un poco di sale: formate due spoglie, gettatene una sopra della carta imburrata, prendete del lardo pestato dentro il mortaro e stendetelo propriamente sopra la spoglia. Condite le vostre pernici e beccace ed accomodatele in tondo: bisogna aver rotte loro le ossa. Metteteci qualche tartufo e funghi, una foglia di alloro, tutto ben coperto di fette di lardo. Tagliate l’altra vostra spoglia in tondo: formate bene gli orli attorno attorno, dorate il vostro pasticcio e mettetelo al forno, avendo riguardo al fuoco. Essendo cotto, cavatelo e levategli la carta di sotto; abbiate un buon colì di pernice, qualche latte di vitella, funghi e tartufi; tagliate il coperchio del pasticcio, levate tutte le fette di lardo, sgrassatelo bene; spremete un sugo di limone e, quando vorrete servirlo, gettate il tutto dentro il pasticcio ben caldamente, copritelo, e servitelo nel medesimo tempo per antrè.
Si fanno nella stessa maniera.
Vedetelo qui addietro, che è una maniera di godivù.
Bisogna prendere de’ piccioni grossi, votarli e nettarli, e batterli il petto per romperne gli ossi. Lardateli dipoi a grossi lardoni ben conditi. Pigliate li fegati e 202del lardo crudo, pressemolo, cipolla, erbe fine, il tutto ben pestato e ben condito con qualche tartufo, funghi, midolla; pestate il tutto insieme dentro il mortaro, empite i vostri piccioni, o polli d’India, dentro il corpo e salvate un poco di pieno per metter sotto. Bisogna fare una buona pasta, preparare il vostro pasticcio, metter il pieno sopra la spoglia, poi li piccioni ben accomodati e ben conditi, metteteci una foglia di alloro; coprite con fette di lardo o poi con l’altra spoglia. Il vostro pasticcio essendo cotto, bisogna sgrassarlo o metterci un buon ragù di latti di vitello, funghi, creste ec., secondo la comodità e secondo la stagione. Servitelo ancora caldamente per antrè.
Il vostro pasticcio essendo imbandito, metteteci i pollastri in quarto, conditi di sale, pepe, noce moscata, cannella, lardo fonduto, o pestato, ed erbe fine. Copritelo con un’altra spoglia della medesima pasta, ed essendo cotto, metteteci della pana e lasciatelo ancora qualche momento dentro il forno: aggiugneteci sugo di funghi e servitelo caldamente.
Riempitelo con un pieno fatto con la sua carne, coscia di vitello, midolla e grasso di manzo, e lardo condito di sale, noce moscata, pepe, garofali ed erbe fine, con latti di vitello, tartufi e 203funghi. Dipoi mettetelo con fette di lardo in pasta fina, che dorerete, e fatelo cuocere circa due ore. In servirlo mettete sugo di limone.
Rompetele il petto e lardatele di mezzi lardi. Accomodatele nel pasticcio, come l’altre cose qui addietro, e guarnitele di funghi, fegatetti, tartufi e condimenti necessari. Avendole cotte per due ore, metteteci sugo di scalogna, o di aglio, e d’arancia in servirle.
Fatelo d’agnello in quarti, che larderete di mezzi lardi, o metteteli dentro una cassa fatta di pasta mezza fina. Conditi di sale, pepe, noce moscata, garofali, alloro, lardo pestato, erbe fine e cipolle. Copritelo con una spoglia della medesima pasta e fatelo cuocere tre ore; verso il fine passate ostriche per la padella con lardo fonduto, farina fritta, capperi, olive disossate, sugo di limone, di funghi e di castrato, e metteteci il tutto dentro il vostro pasticcio con l’acqua dell’ostriche.
Fate un buon godivù con coscia di vitello, midolla o grasso di manzo, ed un poco di lardo, erbe fine e cipolle; fate il vostro pasticcio con pasta fina nella maniera che voi vorrete, tonda o ovata, e di tre o quattro diti d’altezza; guarnitelo di funghi, latti di vitello, fondi di 204carciofi, spongoli e polpette nel mezzo del godivù per di sopra, ed in servirlo versateci una salsa bianca.
Li pasticci in tondino, che si fanno in tondino, si fanno simili, fuorché si cuoprono interamente e si fa una piccola cupola al mezzo; si dorano e non bisogna che una piccola ora per cuocerli.
Tagliatelo in pezzi, che larderete di grossi lardi, ed avendoci messo un buon godivù, lo riempirete di punte di sparagi, funghi, latti di vitello e fondi di carciofi. Essendo vicino a servirlo, ci metterete un piccol legamento e sugo di limone, e guarnitelo con la sua medesima crosta, o coperchio, né più, né meno che gli altri.
Nelli giorni che si ammazzano de’ tacchini, pollastre ed altri volatili, bisogna conservar il loro sangue, la quantità solamente d’un gran bicchiere. Bisogna metterlo dentro una bastardella di terra ed aver qualche filetto di lepre e di vitello; lardar questi filetti di prosciutto e di lardo a grossi lardoni e metteteli a molle dentro il sangue, condendoli un poco. Per fare il godivù bisogna aver della carne di pollastro, della carne di pernice, qualche buon pezzo di coscia di vitello, del lardo e della midolla, ed un poco di grasso, pressemolo, e 205cipolla, uno spicchio di aglio, de’ tartufi triti, il tutto ben condito, ben nutrito e ben pestato. Mettete il sangue dentro questo pieno e stemperatelo con esso. Fate due paste: una pasta ordinaria, ma molta, e poca dell’altra, composta di ova, burro, sale e farina, e niente d’acqua, il tutto ben maneggiato insieme. Bisogna fare due spoglie della pasta ordinaria e due piccole spoglie della pasta fina: mettete la gran spoglia sopra della carta e la piccola per di sopra. Pigliate la metà del godivù e stendetela propriamente sopra le due spoglie. Accomodate dipoi i vostri filetti e ricordatevi di mettere il vostro pieno, che coprirete con fette di lardo, e dopo con la piccola spoglia per di sopra in tondo, bagnando un poco la gran spoglia tutto attorno. Mettete poscia l’altra spoglia, garbeggiate il vostro pasticcio, doratelo con un ovo e mettetelo a cuocere al forno la sera per otto o dieci ore. Bisogna lasciarcelo tutta la notte fino alla mattina seguente alla medesima ora, avendo riguardo del forno troppo caldo, e servirlo caldamente, avendoci fatto un colì di pernice. La carne e la pasta, che sono dentro, si debbono mangiare con la forchetta.
Per lo pieno, o godivù, bisogna aver un pezzo di fetta di manzo o di vitello ben tenero, con del grasso di manzo 206crudo e bianchito, del pressemolo e molta cipolla; pestate tutto insieme propriamente, e che sia ben nutrito e ben condito di ogni sorta di speziarie fine. Ci si metta un poco di midolla di manzo, della mollica di pane bagnata in sugo, qualche pezzo di tartufi e funghi triti. Il pieno essendo fatto, fate due spoglie di buona pasta, quella di sopra assai sottile e quella di sotto più forte; fate il pasticcio all’altezza di tre o quattro diti sopra la carta e mettete il pieno dentro, il tutto ben condito e ben aggiustato; copritelo per di sopra con qualche fetta di lardo e fette di limone, mettete dipoi l’altra spoglia, ed avendolo garbeggiato propriamente mettetelo a cuocere al fondo. Essendo cotto, ci si può mettere un buon colì al bianco, o di pernici, e servirlo caldamente.
Bisogna prendere della carne di lepre e della coscia di vitello ben tenera, secondo la grossezza del vostro pasticcio. Pestate il tutto sopra la tavola con buon lardo crudo, midolla, un poco di grasso di vitello, scorza di limone confetta, zucchero, cannella in polvere, un poco di coriandoli, il tutto ben trito, ben nutrito e ben condito di ogni sorta di speziarie dolci, e legato con quattro o cinque rossi d’ovo. Bisogna aver una pasta ben fatta, farla d’una bella altezza, mettere il vostro pieno dentro, qualche 207fetta di limone e fette di lardo, e coprirlo con l’altra spoglia. Fate cuocere il vostro pasticcio; essendo cotto, fate una salsa composta di due buoni bicchieri di aceto, un poco di zucchero, stecchi di garofalo e cannella in stecchi. Fate bollire il tutto insieme, che la salsa sia quasi che cotta: e se il vostro pasticcio è grosso, ne bisogna a proporzione. Scoprite il pasticcio, sgrassatelo bene e versateci la salsa; fate un bell’intaglio sopra a fiori secchi, se volete, e servitelo caldamente per antrè.
Per fare un pasticcio di pesci al magro, fate un godivù nella stessa maniera che il pieno de’ pesci che si è veduto altrove, fuorché li rossi d’ovo e le frittate, che potete escludere. Del resto pestate de’ funghi e tartufi tutti insieme. Questo godivù vi servirà come se fosse per un pasticcio di godivù al grasso. Dopo aver fatta la sua pasta ed il pasticcio, si mette dentro la metà di questo godivù e, nel medesimo tempo, ogni sorta di guarniture al magro, tartufi, funghi, polpette, fondi di carciofi e filetti di pesce crudo tagliati in piccoli pezzi; ricordatevi di mettere il godivù per di sopra; il tutto ben condito, formate il vostro pasticcio e fatelo cuocere. Ci si può fare verso il fine un bianco, o colì di funghi, o qualche altro ragù, e sopra il tutto servitelo caldamente.
La tavola vi descriverà alcuni altri pasticci di pesci particolari, che sono stati descritti alle occasioni di quelli medesimi pesci. Eccovi quelli che restano.
Bisogna scagliare la carpa e lardarla di lardoni d’anguilla. Conditela di buon burro, sale, pepe, garofali, noce moscata, alloro ed ostriche, e fate il pasticcio alla lunghezza della carpa in pasta fina. Copritela e fatela cuocere a piccol fuoco, ed essendo mezza cotta, metteteci un mezzo bicchier di vin bianco.
La potete riempire ancora, come è stato detto altrove, con latti di carpa, ostriche, funghi, fondi di carciofi, e servirlo con sugo di limone, ovvero metterla in filetti, come alli pasticci qui addietro.
Si accomoda in un baccino tondo o ovato, o in due spoglie di pasta all’ordinario; dopo averlo bene scagliato e lavato, tagliate la coda e la punta della testa, e le squame della testa. Conditelo di sale, pepe, garofali, noce moscata, cipolline, erbe fine, funghi e spungoli, e buon burro, e copritelo colla sua spoglia. Essendo mezzo cotto, metteteci un bicchier di vin bianco e servitelo con sugo di limone e agresto di grano.
Imbanditelo come quello di tonno e guarnitelo del medesimo, aggiugnendoci 209delle code di gambari se voi ne avete. Essendo mezzo cotto, passate li fegati per la padella con burro rosso e passateli per la stamigna con mezzo bicchier di vin bianco, che metterete dentro il pasticcio, e sugo di limone in servirlo.
Si può lardar la truta d’anguilla dopo averla scagliata e tagliata, poi metterla in pasticcio fatto secondo il solito, condito di sale, pepe, noce moscata, garofali, alloro, burro, erbe fine ed arricchito di funghi, fondi di carciofi, capperi, ostriche, latti di pesce, e sugo di limone in servirlo.
Le vostre sfoglie essendo bene scagliate e lavate, mettetele in pasta fina, condite di sale, pepe, noce moscata, erbe fine ben trite, cipolle, funghi tartufi, spongoli o prugnoli, ostriche fresche e quantità di burro, ed essendo cotto, servitelo con sugo di limone.
Tagliatelo in fette ed imbanditelo secondo il solito, arricchito di ostriche, fondi di carciofi ed altri condimenti, con una o due fette di limone verde. Fatelo cuocere a piccolo fuoco e metteteci sugo di limone o un bicchier d’aceto in servirlo.
Levate la pelle alle vostre lamprede e salvate il sangue, mettetele in spoglia 210di pasta fina, condite di sale, pepe, cannella pesta, zucchero, scorze di limone confetto, datteri, uvapassa, ed essendo mezzo cotto a picciol fuoco, metteteci il sangue ed un mezzo bicchier di vin bianco, e sugo di limone in servirlo.
Pigliate carne di carpa, anguille e tinche, e de’ funghi mezzi cotti in cazzarola; pestate il tutto con pressemolo, cipolla, timo, sale, pepe, garofali, noce moscata, altrettanto di buon burro quanto di carne, e fate i vostri pasticcetti in pasta sfogliata.
Noi finiamo con questo articolo quel che riguarda li pasticci caldi per antrè tanto in grasso che in magro. Non consiste che a prendere un pezzo di lardo, un piccolo pezzo di vitello e un petto di pollastro. Fate bianchir il tutto dentro la pentola e pestatelo ben minuto, condito di speziarie fine. Pestatelo ancora dentro il mortaro, aggiugnendoci un poco d’aglio; ne farete delle spoglie, ed i vostri pasticcetti vi serviranno per guarnire o per ordover.
Si è di già veduto quel che riguarda il pasticcio di prosciutto, come qui addietro. Parleremo degli altri, che si servono ancora per antremè, e comincieremo dalli pasticci di salvaticini, che si possono servire intieri o in fette.
Bisogna lasciar frollare il cervo, o marinarlo, e lardarlo di grossi lardoni, conditi di sale, pepe, noce moscata e garofali, il tutto ben pestato. Fate una pasta ordinaria con farina di segala, come essendo più propria a conservare le carni e più portatile. Ci bisogna del sale ed un poco di burro. Fate il vostro pasticcio, mettendoci del lardo pestato, fette di lardo, alloro e condimenti qui sopra. Doratelo con rossi d’ovo e fatelo cuocere tre o quattro ore. Bisognerà forarlo, per paura che non crepi e che non si versi turandolo nel cavarlo dal forno, e metterlo sopra una tavoletta a raffreddare.
Si fa nella medesima maniera.
Si fa pure nella stessa forma, ma non bisogna lasciarlo cuocer tanto né condirlo sì forte.
Pigliate una fetta magra di manzo, bastonatela bene e lardatela di grossi lardoni, conditi come qui avanti, ed accomodatela e fatela cuocere come l’altre cose.
Secondo la grossezza della quale vorrete fare il vostro pasticcio, ci potete ancora mettere una spalla di castrato o farne un pasticcio particolare, cioè:
Prendete la spalla del castrato, levatene la pelle ed il grasso, disossatela e 212battetela bene, e lardatela con mezzi lardoni conditi di erbe fine, pressemolo, cipolla e speziarie. Fate una pasta ordinaria, dalla quale tirerete una spoglia dura e forte che metterete sopra della grossa carta imburrata. Metteteci la vostra spalla o pezzo di castrato con fetta di lardo, foglie d’alloro e condimenti necessari. Coprite il vostro pasticcio con un’altra spoglia, ed avendole garbeggiato propriamente, fatelo cuocere, come gli antecedenti, circa tre ore. Essendo cotto, metteteci uno spicchio d’aglio o una punta di scalogna acciaccata per lo spiraglio, e servite freddamente.
Bisogna lardarla nella stessa maniera suddetta, avendola messa un poco a marinare con aceto ben condito. Del resto osservate quello che s’è detto per li pasticci di spalla o lacchetta di castrato.
Se li volete fare con gli ossi, lardate con la vostra lepre e leprotto di mezzi lardi, conditi di sale, pepe, noce moscata, garofali, alloro, e non... punto il lardo pestato, né fette di lardo in accomodare il vostro pasticcio in pasta ordinaria o in bianca: essendo cotto, mettetelo in luogo secco e turatelo.
Quando si vogliono disossati, bisogna cercar di conservar la carne più intiera che si potrà, lardarla di grossi lardi e 213condirla, metterla nella cassa del vostro pasticcio e farla cuocere come gli stessi.
Accomodate le vostre pollastre cappone propriamente e rompete loro gli ossi: lardatele di grossi lardoni, conditi di erbe fine, pressemolo, cipolla e spezierie. Accomodategli sopra una spoglia di pasta ordinaria con alloro, burro fresco, fette di lardo e condimenti, ed avendo coperto e garbeggiato propriamente il vostro pasticcio, fatelo cuocere due o tre ore, continuando il fuoco.
Di tecchini.
Anatre.
Pernici.
Fagiani.
Beccace.
Leprotti.
Conigli.
Oche.
Paggetti ed altri salvatici.
Non tratteremo punto qui delle differenti paste che si fanno, l’une liquide e l’altre più forti, queste ultime per li pasticci e per le torte, e le prime per li gonfietti o per impastar più cose che si vuole friggere, perché si può essere al presente bastantemente instruiti di quel che riguarda questo punto, e si sono di già vedute altre specie di paste come la pasta 214di mandole, alle quali ce ne vogliamo aggiugnere una, che non è meno curiosa di quelle.
Bisogna prender del zucchero in polvere ed altrettanta farina, qualche chiara d’ovo secondo la quantità della vostra pasta, ed una goccia d’acqua di fior d’aranci. Formate la vostra pasta sopra il tavoliere, che ella sia ben fatta e non troppo tenera. Tiratene una spoglia così sottile come una carta, se si può, e farinate sempre ben sotto nello sfregar con la mano. Ella si stenderà quasi che da per sé stessa dopo averle dato qualche colpo di martelo. Ungete un tondo, o tortiera, con un poco di burro, metteteci la vostra spoglia e la taglierete attorno; dopo bisogna forarla con la punta del cortello, affinché ella non gonfi punto dentro il forno; fateci seccare questa spoglia, ed essendo cotta, mettetela dentro il suo piatto, o tondo, ed un poco avanti di servirla ci metterete la vostra marmollata tal qual voi avete: d’albicoche, persiche, cedro ed altri frutti confetti.
Di questa pasta ne potete tirare delle spoglie ben sottili, che intaglierete propriamente e le farete seccar al forno; bisogna sempre ungere il tondo, o tortiera, per paura che ella non ci si attacchi. Essendo secche, si possono ghiacciare, se si vuole, e mettete queste spoglie sopra le vostre torte, che guarnirete di biscottini di Savoia o altre piccole guarniture.
Pigliate della pasta di mandole, che abbiamo descritto altrove, pestatela dentro un mortaro con un poco di pana naturale e cotta, ed avendola passata alla siringa, fatela friggere in gran frittura: mettete del zucchero muschiato ed acqua d’odore in servirla. Potete garbeggiare questa pasta in mille altre maniere, secondo la propria fantasia, siccome è stato descritto al medesimo luogo altrove.
Ne potete fare un’antrè alla salsa alli prugnoli passati al bianco con della pana.
Se ne mette ancora in filetti al cetriolo, come qui appresso, le sfoglie tagliandole in filetti quando saranno scagliate e che avranno cotto un bollore.
Si servono ancora li persichi alla salsa verde ed in quest’altra maniera.
Passate de’ funghi al bianco e fateli cuocere con un poco di pane senza legamento. Averete li vostri filetti di persichi tagliati e preparati, che metterete dentro con un legamento di tre rossi d’ovo, del pressemolo trito, della noce moscata raspata ed un sugo di limone. Rimenatela ben dolcemente per paura che i vostri filetti non si rompano, ed essendo cotti, gl’imbandirete, guarniti di fette di limone o altra cosa.
Abbiamo parlato qui addietro della maniera di fare li pani di pernici, come ancora de’ piccatigli e pasticci di pernici, come altrove. Eccovi ancora altri antrè, che se ne può fare.
Bisogna fare arrosto le vostre pernici. Essendo arrostite: pigliatene una e pestatela bene dentro il mortaro, dopo bisogna passar questa con buon sugo in maniera che il colì sia un poco legato, rimettetelo dentro un piatto e fate la seguente salsa.
Bisogna prendere una cazzarola con due bicchieri di vin di Borgogna, uno spicchio d’aglio o due, due o tre fette di cipolla, un poco di stecchi di garofali; di due bicchieri di questa salsa, bisogna che non ne resti che uno. Se il piatto è grande, accrescete di vantaggio il vino e del colì. La vostra salsa, essendo cotta, passatela per un tamiso dentro una cazzarola, versateci il colì dentro, il tutto ben condito. Ci si mette un poco d’essenza di prosciutto e si fa cuocere il tutto insieme. Spezzate le vostre pernici e mettetele dentro la salsa, e tenetele caldamente. Avanti che le serviate, bisogna spremerci due o tre arance.
Pigliate tutti li petti delle vostre pernici, dopo che saranno arrostite. Se non 217ne avrete abbastanza, prendete qualche petto di pollastra arrosto. Pestate il tutto sopra la tavola, che diventi come farina. Pigliate gli ossami e pestateli ben dentro il mortaro: dopo averli pestati, metteteli dentro una cazzarola con buon sugo, ed avendoli dipoi passati per la stamigna, rimetteteli dentro una piccola pignatta ed il vostro biberò, o carne trita, dentro. Lasciatela cuocere a picciol fuoco, avendo riguardo che non s’attacchi al fondo. Ci potete mettere qualche cucchiarata d’essenza di prosciutto. Bisogna farla cuocere in maniera che non sia troppo liquida, né grassa. Essendo ben cotto, mettetelo dentro un tondo o due. Ci sono diversi che lo servono così, ed altri, dopo che l’hanno messo nel loro tondo, lo spolverano con crosta di pan grattata ben fina e ce li fanno prender colore con la pala rossa. Si mangia in questa maniera con la forchetta, e per l’altro cucchiaro. Servitelo caldamente.
Le vostre pernici essendo cotte allo spiede, mettetele in filetti e passatele col vostro prosciutto ed un’acciuga, capperi, cipolla, pressemolo trito ben minuto; e servite per ordover d’antrè.
218Vedetene la maniera per li piccioni qui appresso.
Come s’è veduto per le pollastre altrove.
Vedete qui addietro all’articolo de’ pasticci.
Osservate qui appresso all’articolo delle zuppe.
Li piccioni forniscono una gran diversità di ragù. Se ne è di già veduta una parte, come la bisca altrove. Il godivù ripieno di piccioni, come altrove. Li pasticci di piccioni grossi qui addietro. Ne restano ancora molte altre, delle quali è necessario di fare conoscere le maniere, cioè:
Bisogna prendere li piccioni giovani, ben pelarli e ben bianchirli, fenderli per la schiena poco poco, per poterci mettere un piccol pieno, composto di lardo crudo ben pestato con un poco di pressemolo, bassilico, cipolla, il tutto ben condito. Essendo riempiti, si fanno cuocere dentro una piccola pignatta, con brodo, una cipolla steccata di garofali, un poco d’agresto e di sale, e quando sono cotti, li caverete fuori dalla pentola. Bisogna aver degli ovi sbattuti, rottolarci i vostri piccioni dentro, e nel medesimo 219tempo metteteli e rotolateli dentro del pan grattato, affinché siano ben panati. Dopo aver fatto così a tutti, bisogna aver dello strutto di porco ben proprio e, quando sarà ben caldo, friggere i vostri piccioni sino che abbiano preso un bel colore, cavarli, e friggere tutto in un tempo; del pressemolo per guarnirli, e servirli caldamente per antrè.
Bisogna che i vostri piccioni siano d’una bella qualità, ben pelarli e mostrarli solamente all’aria del fuoco per farli bianchire. Pigliate il fegato con del lardo, cipolla, pressemolo ed un poco di finocchio verde, pestate e condite bene il tutto. Riempitene il corpo de’ vostri piccioni, fateli arrostire, ed in servirli mettete un buon ragù per di sopra.
Pigliate de’ piccioni grossi, ben pelati; fate, se volete un pieno un poco legato, per riempirli dentro il corpo. Metteteli alla brace, come molte altre cose: essendo cotti, metteteli in un piatto, ed avendoli ben sgrassati, metteteci sopra un ragù di tartufi e latti di vitello.
Lardateli di grossi lardi e passateli dipoi con lardo fonduto: dopo metteteli a cuocere con sale, pepe, noce moscata, limon verde, garofali e funghi, tartufi, un bicchier di vin bianco e brodo. Fateci un colì bianco e scuro come per la 220fricassè, per la quale si tagliano in pezzi, e guarniteli di rotolette, che taglierete in due, o di quel che vorrete; e sugo di limone in servirli.
Si fanno nella stessa maniera che li pollastri al prosciutto, che si vedran qui appresso. Se li piccioni sono ben grossi, bisogna lardarli, a grossi lardi e lardoni di prosciutto, e metterli alla brace. Essendo cotti, cavarli, lasciargli ben sgocciolare in grasso e metterli dentro il ragù di prosciutto che si sarà fatto. Il tutto ben sgrassato, metteteci un bicchier di agresto, o di aceto, avendo riguardo che non sian troppo salati, e serviteli caldamente.
Si fa un altro antrè in piccioni lardati, o pieni, in ragù alli tartufi ed alle rape, passati in ragù di bel colore e ben condito, con fondi di carciofi e punte di sparagi. Guarniteli di latti di vitello passati al bianco e pressemolo fritto, e sugo di limone in servirli.
Bisogna prendere de’ piccioni grossi, ben nettarli, tagliarli in mezzo e metterli alla brace. Essendo ben cotti, cavarli e panarli propriamente, avendo riguardo che non si disfacciano. Se li volete friggere, avanti di panarli bisogna bagnarli dentro degli ovi sbattuti, e panarli dipoi affinché il pan grattato s’attacchi meglio. 221Nell’una o nell’altra maniera, vi posson servir per guarnire.
Se li suddetti piccioni vi servono di piatto, bisogna farci la salsa seguente sopra.
composta di acciughe, pressemolo, capperi triti, un poco di cipolla e buon sugo, il tutto ben condito con un bicchier d’aceto; e servirla caldamente.
Voi ne potete far così d’altri volatili che vorrete. Se si vuole, si ponno lardare di piccioni a grossi lardi e con del prosciutto affinché abbiano miglior gusto. Qualch’uno chiama questa maniera alla Sante Menò.
Se ne può far cuocere ancora dentro una pignatta ben conditi, come un buon corto brodo, ben nutrito e di buon gusto, e quando sono cotti, panateli propriamente in maniera che non si veda punto di carne e date loro colore con la pala rossa.
Pigliate de’ piccioni rossi che siano ben pelati. Fate un pieno che sia composto di lardo crudo e prosciutto cotto, tartufi e funghi triti con li fegati, presemolo e della cipolla, una punta d’aglio e qualche latte di vitello, il tutto ben trito e ben condito, e legato con uno o due rossi d’ovo. Bisogna riempir i vostri piccioni tra la pelle e la carne e dentro il corpo, e ben legarlo: aver una gran fricondò lardata per 222ciascun piccione, che metterete sopra il petto, il tutto ben legato ed infilzato propriamente; l’invilupperete con la carta e farete cuocere così i vostri piccioni. Essendo arrostiti, ci si fa un buon ragù, ed avanti che li servirete, mettete i piccioni dentro un piatto; levate le fricondò, versate il ragù o colì per di sopra di quel che sia, purché sia ben cotto e ben condito, rimettete dipoi le fricondò sopra li petti, e serviteli caldamente.
Si fa nella stessa maniera. Tutta la differenza che è con l’altre cose che s’accomodano in questa maniera, che non si mette punto di barde di lardo né carne sopra la fricondò affinché prenda bel colore. Essendo cotto, sgocciolate il grasso e fate un ragù alli tartufi secondo la vostra comodità.
Si può servir di parecchi antrè di pernici, beccacce ed altri volatili, e per differenziarli ci si fa un ragù all’ostriche, alla saingarà o del colì di pernici, secondo lo scialo o il servizio che dovete fare, il tutto ben sgrassato e servito caldamente.
Bisogna aver de’ piccioni sottobanca, ben pelati e nettati. Metteteli dentro una cazzarola con lardo fonduto, midolla, latti di vitello tagliato per metà, fondi di carciofi tagliati in quattro ed 223un intiero per metterlo al mezzo, qualche fegatetto, le creste ben pelate, funghi tagliati in dadi, de’ tartufi in fette; il tutto ben passato dentro una cazzarola con un poco di farina e ben condito. Essendo passati, tirateli addietro. Formate la vostra pasta con farina secondo la grandezza della vostra torta, un ovo, burro, sale e acqua. Fate un pezzo di pasta sfogliata, e della prima formate una buona spoglia, che metterete dentro una tortiera che sia propria secondo la grandezza del vostro piatto. Dopo aver distesa la spoglia dentro la tortiera, metteteci del lardo fonduto che non sia troppo caldo ma a ragione. Dipoi bisogna bagnare ed accomodare li piccioni, il fondo di carciofo al mezzo, e li tartufi in fette, li funghi e latti di vitello dentro gl’intervalli. Ricordatevi dipoi di metterci tutta la salsa, e pigliate l’altro pezzo di pasta, che sia stata rotolata solamente dopo aver calcata la man sopra per islargarla sopra il tavoliere, affine di poter metterci la pasta sfogliata, e distendere la spoglia propriamente. Bisogna che non ci sia troppo della sfogliata, affinché l’altro pezzo sia più grosso. Coprite la vostra torta con questa spoglia, fate un orlo propriamente attorno e, per servirla, levate le fette di lardo, sgrassatele e gettateci un colì di qualche ossame di piccioni o un legamento al bianco.
Avendoli ben nettati, fateli cuocere dentro un pignatto piccolo, ben conditi e ben nutriti con sale, garofali, timo, cipolle ed un poco di vin bianco; guarniteli di pressemolo, fette di limone e sugo in servirli.
Un’altra volta li potete servire al sugo di vitello, arrostiti, barde di bel colore, senz’altra guarnitura, o al bianco, o in somma al marinato, come s’è veduto altrove.
Le potete mettere allo spiede, tagliarle sopra la schiena in croce, tagliar loro il naso e la coda, e metterli dentro una cazzarola con vin bianco, funghi, latti, spongoli, tartufi, pressemolo, cipolle e timo, ed un pezzo di buon burro; il tutto ben legato, dimenatelo dolcemente per paura, che non si rompa. Essendo cotti e di buon gusto, accomodateli propriamente, che siano ben bianchi, una salsa simile per di sopra, e guarniti di quel che voi vorrete.
Per quelle che si friggono, si spolverizzano avanti di sale e farina e si servono con sale o sugo di arancia.
Benché noi abbiamo già parlato di diverse zuppe tanto grasse che magre, come della bisca, cazzarola, oglia, giuliana, 225zuppa di teste d’agnelli, di quaglie, di luccio, di gambari, di macrose, di telline e più altre, secondo li pezzi de’ quali si tratta. Questa materia non lascia però d’essere molto feconda e capace di fornire un grosso articolo. Si è veduto in generale quel che riguarda li brodi, che devono fare il corpo di tutte queste zuppe e di tutte l’altre che si vorranno servire, come ancora li colì che ci si fa. Venghiamo adesso al particolare e cominciamo per le zuppe di legumi, che possono adattarsi a più sorte di volatili per non ripeter inutilmente una medesima cosa per ciascheduno.
Pigliate de’ piccoli piselli ed avendoli sgusciati e messi li grossi a parte, quali vi serviranno per far della purè verde. Prendete per questo le scorze di piccoli piselli con li grossi, e fateli bianchire poco poco con un verde di cipolla ed un poco di pressemolo, e sgocciolateli della loro acqua. Dopo bisogna pestarli e metter una mollica di pane bagnata dentro buon brodo. Avendo pestato il tutto insieme, passatelo per stamigna a forza di braccia, fate che la vostra purè sia un poco legata. Bisogna prendere i vostri piselli con un poco di lardo dentro una cazzarola; avendoci avanti fritto un poco di pressemolo trito e della santoreggia trita, passate i vostri piccoli piselli con questa roba e 226bagnateli con buon brodo, mettendoci un mazzetto d’erbe fine. Il tutto posto a bollire in pentola, e quasi cotto, metteteci la purè verde. Ci si passa ancora qualche cuore di lattughe cappucce in piccole fette, avanti che ci mettiate li piccoli piselli, il tutto ben condito. Fate bollire la vostra zuppa con buon brodo chiaro. Essendo bollita, mettete sopra un poco di purè, accomodatele i vostri volatili sopra la zuppa. Guarnitela di lattughe ripiene o senza riempire, o di cedroni, o di lardo magro, secondo quello che giudicherete a proposito. Bagnatela ancora con della purè e piccioli piselli sopra la zuppa, e servite tutto in tempo.
Si servono molte zuppe alli piselli dentro la stagione, come:
Di teste di agnello.
Di anatre.
Di paperi.
Di pollastri ripieni.
Di tacchini e d’altri
Che si devono mettere a bollire in pignatta separatamente con buon brodo. Si guarniscono di punte di sparagi, lattughe ripiene, cedroni.
Fuor della stagione si può fare la purè con de’ piselli vecchi, e questa è buona sopra il tutto per l’anatre, andoglie ec.
È facile di regolarsi sopra questo articolo per la zuppa alli pisselli in magro, 227passandoli al burro bianco e facendo mittoner le vostre croste d’un brodo d’erbe, come altrove.
Per li volatili che si devono riempire, se ne trova la maniera agli articoli ove è stato parlato di questi volatili. Vedete per lo resto quel che si dirà nelle zuppe seguenti.
Dopo aver raschiate le vostre rape, tagliatele in dadi, o in lungo, e passatele alla padella con lardo fonduto ed un poco di farina. Vi potrete servir del medesimo lardo ove avrete passati i vostri volatili al rosso, siano anatre, paggetti, paperi o altri, che vorrete farli almanco arrostire un poco allo spiede. Nell’una o nell’altra maniera metteteli a bollire tutti insieme con buon brodo, conditi di sale, pepe ed un mazzetto d’erbe fine, aggiugneteci un legamento rosso nel cuocere, ed avendo fatto mittoner la vostra zuppa col medesimo brodo, accomoderete i volatili e le rape propriamente e guarnirete ora di un fritto ed ora di salsiccia, polpette o piccolo lardo cotto insieme: metteteci sugo di limone e buon sugo in servirla. Alcuni fanno cuocere le rape separatamente.
Le oche, paperi, anatre, e simili, che si servono alle rape, devono essere lardate di grossi lardi avanti di passarle alla padella, e li volatili più leggieri si possono riempire, particolarmente i pollastri.
228I garretti di cervo e di cinghiale si possono servire in simile zuppa.
Si può ancora servire una zuppa alle rape d’una spalla di castrato, che larderete di grossi lardi essendo ben frolla, e fatela mezza arrostire come d’una lacchetta di castrato ripiena, che passerete alla padella come i volatili qui sopra.
Pigliate de’ piccioni grossi, pernici o altri volatili ben netti, lardateli di tre o quattro ordini di lardo, e fateli arrostire solamente tanto che abbiano preso colore. Pigliate de’ cavoli che siano ben cappucci, tagliateli in quarto e fateli bianchire: essendo bianchiti, bisogna sgocciolarli, metterli a bollire in pignatta; ed ancora i vostri volatili, con de’ piccoli lardi bianchiti, un poco di bassilico, una cipolla steccata di garofali, uno o due spicchi d’aglio, condirli, metterci del buon sugo e brodo, e fate cuocere il tutto insieme. A mezza cottura ci si fa un legamento rosso.
composto di lardo e farina, come se questo fosse per fare una buona salsa roberta. Quando la farina ha preso colore, bagnate il vostro legamento con buon sugo o col medesimo brodo de’ cavoli, ed essendo cotto, gettate il tutto insieme dentro li cavoli. Fate bollire la vostra 229zuppa con buon sugo e brodo di cavoli, quando sentite che ha buon gusto e che son ben cotti. Essendo bollita, accomodate li volatili sopra la zuppa. Fate un bell’orlo attorno al piatto, o dentro gl’intervalli con del piccolo lardo in fette, bagnate di buon brodo e servite caldamente.
Per li cavoli di Milano ed altri, si può, essendo bianchiti, tritarli e passarli a la padella, avanti di metterli a bollire nella pentola come qui addietro, fuorché qualche cuore, che conserverete per guarnire.
Vedete ancora quel che si è detto sopra questo articolo, come altrove.
Dopo aver fatto del buon brodo, mettetelo dentro una pignatta e fateci bollire un cappone grasso con radiche di pressemolo, pastinache e piccole cipolle intiere. Il tutto avendo cotto insieme, bollite la vostra zuppa, metteteci sopra il cappone e guarnitela di pastinache e delle piccole cipolle; ed avanti che la serviate, bagnatela con buon sugo di vitello.
Si fanno ancora delle zuppe di quaglie, colombacci, galline cappone ed altri alle radiche nella medesima maniera.
Bisogna prendere delle pernici, piccioni, anatre o altri volatili, lardarle di qualche ordine di lardo e farle arrostire. 230Essendo mezze arrostite, mettetele a bollire in pignatta con buon brodo, un mazzetto d’erbe fine ed altri condimenti ordinari, e fatele cuocere. Pigliate delle lenti che siano cotte, pestatele con cipolle, carote, radiche di pressemolo, e passatele per stamigna per farne il colì. Passate altre lenti nella cazzarola con un poco di pressemolo, cipolla trita e santoreggia minuta. Essendo passate, metteteci del brodo, ove sono stati cotti i volatili col colì, e mettete a bollire in pignatta tutto sino a che farete bollire, ed imbandire la vostra zuppa. Bisogna aver del piccolo lardo, cervellato o salciccia per guarnire, e se si vuol fare una cosa grandiosa, fate un orlo attorno del vostro piatto con creste e latti di vitello in ragù, il tutto ben accomodato e ben sgrassato; e nutrite la vostra zuppa d’un colì di manzo, ossami di pernice, crostoni di pane ed un pezzo di limone verde, il tutto pestato dentro il mortaro, e passato per stamigna e condito. Vedete il colì di lente, come altrove.
Si fa un’altra zuppa alle lenti guarnita d’un pan ripieno al mezzo, tanto da grasso che da magro. Si può servire all’olio per gli ultimi giorni di Quaresima, e principalmente per li pasti alle radiche, o altri giorni di Quaresima, ne’ 231quali se ne può fare un piatto, o tondo, passandole in ragù all’erbe fine.
Avendo puliti propriamente i vostri colombacci, fateli bianchire all’acqua e metteteli a bollire in pignatta con buon sugo. Ci si mette un mazzo di porri tagliatti in pezzi, un mazzo di sellari, un altro di rape, un mazzo d’altre radiche, qualche cipolla ed un mazzo d’erbe fine. Il tutto essendo cotto, fate bollire la vostra zuppa col medesimo brodo, accomodate i vostri colombacci sopra e guarnite tutto il giro colle vostre radiche. Bagnatela con buon sugo, e di buon gusto, e servitela caldamente. Le guarniture non debbono occupare che l’orlo del piatto per lasciar la zuppa libera.
Se ne può fare ancora di quaglie e d’ogn’altro volatile.
Li colombacci si mettono altrove in zuppa alli cavoli, alli funghi, ed in altre maniere, come si vedrà.
Bisogna prendere delle pernici che siano fresche, farle bianchire, ben pelarle e farle cuocere dentro buon brodo con un mazzo d’erbe fine, qualche fetta di lardo dentro la pignatta e fette di limone. Fate un colì d’un petto di pollastra, o cappone arrosto, tritato e 232pestato dentro il mortaro, con una mollica di pane bagnata nel buon brodo, e passato per stamigna propriamente. Mettete questo colì in un pignatto, che sia ben coperto. Quando la vostra zuppa, che dee essere di crosta di pane, avrà bollito con buon brodo chiaro, accomodateci dipoi li volatili sopra: bagnatela con buon sugo, ed avanti di servirlo, spremete un sugo di limone nel colì. Abbiate un pan ripieno per mettere al mezzo della vostra zuppa, e li volatili attorno. Versateci sopra il colì e contornate il piatto di creste di gallo ripiene, di latti di vitello lardati ed arrostiti, di qualche altra fetta di latti di vitello in ragù e fondi di carciofi. Coprirete i petti delle pernici, o altri volatili, di fette di tartufi neri, il tutto accomodato propriamente. Per lo pieno del pane sarà d’un buon piccatiglio di qualche volatile arrosto, qualche pezzo di tartufo e funghi, e piccole punte di sparagi, secondo la stagione.
Potete fare una piccola zuppa d’una pernice sola senza pan ripieno, osservando però tutto il resto che vi sarà permesso dallo scialo e dalla comodità.
Si fa ancora una zuppa di pernici ripiene, guarnite di fricondò, lardate, passate in ragù con latti di vitello, 233funghi, ai fondi carciofi, creste, tartufi, ed un sugo di limone in servirla.
Non ci si mette punto di volatile, si prende solamente il petto d’un cappone, un pezzo di collo di vitello, amandole, due, o tre rossi d’ovo duri, una mollica di pane bagnata nel buon brodo, il tutto ben pestato nel mortaro, fatele bollire in una cazzarola con buon sugo, e brodo, che sia di buon gusto, passatelo per stamigna, e versatelo sopra la vostra zuppa, quando ella avrà bollito. Si può marmorarla con qualche buon sugo.
Riempite le vostre quaglie al bianco di cappone, midolla di manzo, sale, pepe, noce moscata e rossi d’ovo crudi. Fatele cuocere con buon brodo ed un mazzetto, come alla zuppa precedente. Per il colì passate per stamigna due fondi di carciofi cotti e sei rossi d’ovo, col medesimo brodo di quaglie. Fatelo bollir dolcemente sopra le ceneri calde. Accomodate le vostre quaglie sopra le creste di mittonè e guarnite di piccoli fondi di carciofi. Mettete il vostro colì per di sopra, e sugo di funghi e di castrato in servirlo. Si può ancora farci un ragù di tartufi, o riempir le quaglie al bassilico.
Dopo averle fatte cuocere con buon brodo, fate un colì bianco, ove ci entri delle mandole e limon verde, e guarnite 234di creste, funghi, e sugo di castrato e di limone in servirlo.
Abbiate una bella pentola ben stagnata, un buon pezzo di coscia, o taglio, di manzo, della coscia di castrato, coscia di vitello, un cappone, quattro piccioni, due pernici, il tutto ben pulito e pelato, e le carni grosse battute. Accomodatele nella vostra pentola con qualche fetta di cipolla, qualche radica di pastinache e pressemolo, e condite di ogni sorta d’erbe fine ed un poco di sale. Fate una pasta, e con carta forte turate intieramente tutto il vento che potrebbe respirare la vostra pentola, in maniera che non ci entri la minima aria. Bisogna aver un’altra gran pentola, in cui possa entrar quella, e siaci dell’acqua a bollire con del fieno affinché la prima pentola, che vi sarà dentro, non si rivolti e non s’agiti punto dentro. Questa pentola deve bollire così continuamente dentro l’acqua ben serrata circa cinque o sei ore. Dopo bisogna scoprirla, e passar tutto questo sugo, che la carne avrà reso, e ben sgrassarlo. Pesterete li volatili, che vi saranno dentro per riempir un pane, con delle buone guarniture. Essendo riempito, fate bollir tanto la zuppa che il pane col medesimo sugo, e fate un ragù d’ogni sorta di guarniture passate al lardo per metterci sopra. Guarnitela con delle croste ripiene, latti di vitello o 235altra cosa simile, il tutto accomodato e servito propriamente.
Pigliate del buon brodo fatto con un pezzo di lombo di manzo, garetto di vitello e castrato, per mettere a bollire in pignatta i vostri capponi, galline o altri volatili propri per la zuppa di sanità; ed il vostro brodo essendo di buon gusto, ci farete bollire le vostre croste. Abbiate dentro un altro pignatto a parte di buone erbe, come acetosa, porcellana, cerfoglio ec.; iI tutto tritato ben minuto, ne guarnirete la vostra zuppa con i vostri volatili o le passerete, per non ne metter che il brodo e buon sugo in servirla.
Si fa un’altra piccola zuppa di santè, tutta chiara, d’un pollastro e d’un pezzo di coscia di vitello senza guarniture: le darete solamente colore con la pala del fuoco ben rossa.
Li riempirete d’un buon godivù fra carne e pelle. Potete ancor levar via l’osso del piatto, ed essendo ben propri e ben bianchiti, li metterete a bollire con buon brodo. Potete guarnire di latti di vitello e creste, come una bisca, o di legumi, e sugo e colì, in servirla.
Vedete qui appresso differenti maniere di pollastri ripieni.
Dopo averli pieni d’un buon godivù ben delicato, ove ci entra della pana, li metterete a bollire propriamente di fette fritte, o di legumi, e sugo di limone in servirla.
La zuppa di piccioni al bianco, guarnita di cipolle bianche o di cardi, si fa nella stessa maniera che la seguente.
Fateci un colì bianco sopra, con del petto di cappone o di vitello e tre o quattro rossi d’ovo; il tutto ben pestato in un mortaro, con della mollica di pane bagnata in buon brodo, passatelo in una cazzarola, ed avendolo condito, fatelo bollire cinque o sei bollori. Passateli dipoi per stamigna ed aggiugneteci un sugo di limone, e bagnatene tutta la vostra zuppa essendo vicino a servirla.
Fate cuocere i pollastri nella vostra pignatta ordinaria, e li maroni dentro un piccolo pignatto a parte, dopo averli ben mondati e levata la lor seconda pelle in brodo di buon gusto e che non si rompano punto. Ne farete un cordone attorno al vostro piatto, e de’ pollastri, e la bagnerete con un buon colì nel tempo che bollirà; e sugo di limone in servirla.
Si fa ancora una zuppa di pollastri ripieni; con un colì verde e delle punte di sparagi per di sopra, ed un cordone di piccolo lardo.
Mettete a bollire i vostri pollastri, o capponi, come il solito, con buon brodo ben condito. Circa i cetrioli, votateli, ed avendoli fatti bianchire all’acqua, riempiteli con un buon pieno e fateli cuocere con brodo, sale ed un mazzetto d’erbe odorose. Passate per stamigna de’ rossi di ovo cotti, con sugo di bieto e buon brodo, e fatelo cuocere e bollire a parte. Accomodate la vostra zuppa con croste; i vostri pollastri al mezzo, li cetrioli ripieni per guarniture, ed il vostro colì per di sopra, con sugo di limone.
Potete fare altra zuppa alli cetrioli senza riempirli, ma solamente passarli alla padella con lardo fonduto, e farli cuocere ed imbandire come qui sopra.
Osservate la medesima cosa che si è detta qui addietro per gli pollastri alli cetrioli.
Le vostre pernici essendo cotte allo spiede, pigliatene il petto e tagliatelo in dadi: così pure di fondi di carciofi. Pestateli 238insieme, che siano di buon gusto, e riempitene le vostre croste. Fate un colì d’un pezzo di manzo ben rotolato allo spiede, che pesterete nel mortaro con gli ossami delle vostre pernici, e passate il tutto in una cazzarola condendolo come bisogna. Lo passerete dipoi per stamigna, con buon sugo ed un pezzo di limone, e ne farete bollire le vostre croste. Fate un piccolo piccatiglio di castrato, che vi spolvererete sopra, con un cordone di crostoni attorno al vostro piatto.
Si fa un’altra zuppa di croste ripiene di lenti con un colì di lenti come alli piccioni ed altri volatili come qui addietro, ed è facile d’imitarne dell’altre su la norma di questa prima secondo le carni che avrete, ovvero riempir il pane d’un buon ragù.
Riempite di prosciutto, di latti di vitello, petto di cappone, prugnoli, fondi di carciofi, il tutto tagliato in dadi e passati in ragù con un colì di vitello. Serrate le vostre croste con un’altra, e legatele propriamente per farle bollire, in maniera che non si rompano punto. Essendo vicino a servirle, mettetele sopra la vostra zuppa e guarnitene il vostro piatto, con un sugo di limone in servirla.
Bisogna aver un piccol pan tondo, come quelli delle zuppe alle croste. Riempitelo e fate bollire con sugo di vitello e buon brodo, ed avendo bollito, accomodatelo sopra l’altre croste bollite, con un poco di piccatiglio di pernice o di cappone. Fate un colì con le carni delle quali avrete fatto il vostro sugo, ed avendolo passato, versatelo sopra la vostra zuppa. Quando la servirete potete mettere un bel fondo di carciofo sopra il vostro pane, qualche fungo al di dentro, e guarnir con braciolo di vitello o latti di detto.
Passate le polpette, delle quali troverete la maniera al suo luogo, in un piatto, o cazzarola, e fate un colì d’un pezzo di vitello arrosto allo spiede, pestato nel mortaro ben condito e passato per stamigna, per bagnarne le vostre polpette. Bisogna aver un ragù de’ latti di vitello, funghi, tartufi, prugnoli, spongoli, creste, fondi di carciofi, il tutto passato al bianco e di buon gusto; guarnirete la vostra zuppa, il pane profitroglie al mezzo, ed un sugo di limone in servirlo.
Formatele di sei pagnottelle ed una grande al mezzo: tre piene con prosciutto, e le altre tre piene di cappone, la grande piena d’un piccatiglio di prosciutto e di cappone, con latti di 240vitello, funghi, tartufi, prugnoli, fondi di carciofi tagliati in dadi. Guarnite con fricondò lardate passate al rosso, un cordon di creste ed un ragù di prugnoli o funghi, fondi di carciofi, punte di sparagi, tutto passato al bianco; ed un sugo di limone in servirla.
Vedetele qui appresso.
Fate cuocere il vostro riso con buon brodo e guarnitene il vostro cappone, o gallina, sopra croste mittonè. Fate per di sopra un letto di parmigiano grattato e crosta, e un poco di cannella, e fateli prendere colore con la pala ben rossa. Si può guarnire il giro del piatto di crostoni di pane ben rossi nello strutto, e servir con sugo di castrato o di limone.
Si fa nella medesima maniera.
Lardate le farcelle di mezzi lardi, ed avendole passate alla padella con lardo fonduto, fatele cuocere in buon brodo, secondo il solito, con sale ed un mazzetto. Passate funghi e farina col medesimo lardo e metteteli con le sarcelle; quando saranno mezzi cotti, servite ed accomodate propriamente con sugo di castrato e di limone, ed in fette.
Si son vedute altrove.
Bisogna far cuocere li tartufi con buon brodo e sugo dentro un pignattino, con un mazzetto ed un legamento ben nutrito. La vostra zuppa essendo bollita, ed i vostri tartufi cotti, accomodateveli sopra, e sugo di limone in servirla. Potete mettere un pan profitroglie al mezzo.
Fateli bollire secondo il solito ben conditi. Tagliate i vostri tartufi in pezzi, e non in fette, ed avendoli passati con un poco di lardo fateli cuocere come sopra, e per fare scura la zuppa abbiate un buon colì di manzo, o di castrato, e sugo di limone in servirla.
Fate un colì di vitello, o petto di cappone ben condito e di buon gusto, ed un pan pieno di tutto quel che vorrete al mezzo della vostra zuppa. Passerete i tartufi e prugnoli in un buon ragù e ne guarnirete la zuppa; ed un sugo di limone in servirla.
Passate delle cipolle al rosso per fare il cordone, e fate un colì scuro d’un pezzo di manzo ben arrostito allo spiede e pestato dentro il mortaro con crostone di pane, il tutto passato dentro una cazzarola e ben condito, e passato dipoi per stamigna con un sugo di limone per bagnarne la vostra zuppa, essendo vicino a 242servirla. Ornatela di funghi, fondi di carciofi ed altre guarniture.
Lardatela di grossi lardi e passateli al rosso, che prendano un bel colore, metteteli a cuocere con buon brodo dolcemente ed un mazzetto. Fate un legamento con erbe fine, che getterete dentro, ed avendo fatto bollire le vostre croste con buon brodo, guarnirete la vostra zuppa con le rape ben bianchite, e cotte propriamente, una parte tagliate in dadi e l’altra parte intiera.
Si fa una zuppa di piccioni ripieni al rosso nella stessa maniera: un legamento in cuocersi e guarnita similmente di rape.
Si può guarnir di polpette e di membres di pollastri, di grano marinati e fritti, un colì bianco sopra i vostri piccioni ed un pane al mezzo; ovvero un cordone di sparagi e pan profitroglie, e sugo di limone in servirla.
Vedete qui avanti.
Si può guarnir di pagnottole di profitroglie gettate ben propriamente, che bagnerete dentro il lardo fonduto, e le spolvererete dipoi di parmigiano grattato, per fargli poi prender colore al forno. Preparate la vostra zuppa dentro un piatto per bollire e fate un suolo di parmigiano, 243un suolo di qualche buon piccatiglio di carne, ed un suolo di crosta di pan grattato con un poco di cannella. Fate questo per due volte e fatele prender colore con la pala. Guarnite l’orlo della vostra zuppa di crostoni ben rossi, ed il mezzo delle vostre pagnotelle, e latti di vitello dentro gl’intervalli con delle fricondò lardate, tartufi e creste, ed un sugo di limone in servirla.
Per un’altra zuppa al parmigiano, tritate la carne d’un pollastro ben minuta che spolvererete sopra le vostre croste, e del parmigiano grattato sopra. Si può mettere un pane al mezzo, guarnito di fondi di carciofi ed altre cose ordinarie, o non guarnirla punto e darle bel colore con la pala.
Vedetela qui addietro.
Essendo cotte le vostre quaglie con buon brodo, sale ed un mazzetto, pestate delle mandole, che passerete per stamigna col medesimo brodo, e fatelo cuocere con un poco di cannella e zucchero. Fate il fondo della vostra zuppa con maccaroni, biscotti e marzapani, e quando le vostre quaglie saranno accomodate, mettete il vostro brodo bianco per di sopra e guernitela di fette di limone e sugo, e grani di pomo granato in servirla.
Si sono spiegate qui addietro sotto al luogo d’altri volatili, o in particolare.
Lardate le vostre pernici di mezzo lardo e passatele alla padella con lardo fonduto, passateci ancora un poco di farina, e mettete il tutto dentro un pignatto con buon brodo, un mazzetto ed il sal necessario. Fate il colì d’un pezzo di manzo arrosto passato col medesimo brodo delle pernici, e mantenetelo ben caldo; tagliate in pezzi dei fondi di carciofi cotti, e metteteli dentro questo colì con fette di limone e creste cotte, e passate in ragù. La vostra zuppa essendo bollita, accomodate le vostre pernici e le vostre guarniture, gettateli il colì per di sopra, e fette e sugo di limone in servirla.
Potete ancora fare una zuppa di pernici alli gambari osservando quel che è stato detto per la zuppa magra altrove. Guarnitela di latti di vitello, fegatetti, fricondò, pani di pernici ed altre cose che voi avrete.
Si ponno vedere le zuppe di pernici che si vogliono fare alli cavoli, alle lenti, ed altri legumi.
Riempite il pane di petto di cappone, castrato e pernice tritati insieme, con fondi di carciofi, latti di vitello tagliati in 245dadi, tartufi, creste, e funghi passati in ragù, ed un colì di vitello. Il pane deve essere aperto per di sopra, affinché si veda il ragù. Lo marmorerete d’un sugo di vitello e di limone, ed avendo imbandita la vostra zuppa, guarnitela di latti di vitello e creste attorno, il tutto passato al bianco, e sugo di limone in servirla.
Pigliate dei tacchini, galline, pollastri o altri volatili, che metterete a bollire in pentola e farete cuocere secondo il solito con brodo, sale ed un mazzetto d’erbe fine. Fate bianchire la vostra cicoria nell’acqua e mettetela a cuocere col resto. Accomodate e fate bollire la vostra zuppa, guarnita della cicoria e servita al brodo naturale, con sugo di castrato e di funghi.
Pigliatene una, che taglierete in pezzi, e fatela marinare con sugo di limone, o agresto, con gli altri condimenti. Impastatela con pasta con agresto per friggerla, facendole prendere bel colore. Questa sarà per guarnire la vostra zuppa attorno d’un’altra pollastra, che avrete messa a bollire ben propriamente in brodo. Farete un colì con le ossa della pollastra marinata, dei crostoni di pane e buon brodo. Ne bagnerete la vostra zuppa, quando bolle, ed un sugo di limone in servirla.
Questa è una maniera d’oglia che 246si fa in un bacile, dopo averci fatta una separazione in croce con della pasta, che si fa cuocere al forno. In un dei quarti si fa una bisca, nell’altro una zuppa di piccoli pollastri, nel terzo una zuppa alla rena in profitroglie, e nel quarto una zuppa di pernici ripiene; il tutto ne’ suoi brodi particolari e con differenti guarniture, le più ricche che si potrà.
Fate un pieno col fegato, il cuore ed erbe fine ad una frittata di quattro ova, che sbatterete insieme nel mortaro e condirete di buon gusto per riempirne i vostri paperi tra carne e pelle. Fateli bollire in un brodo e fate una purè verde fatta di piselli novelli, e se non ne avete prendetene dei vecchi, dei quali farete il colì verde; guarnitela di lattughe ripiene.
Si può chiamar ancora zuppa alla rena, che si è descritta altrove. Eccovene però altre maniere. Pigliate de’ petti di pollastri, o di cappone, che triterete ben minuto; e li spolverizzerete sopra la zuppa bollita; marmorandola con sugo di vitello ben rossa, e sugo di limone in servirla.
Prendete la carne d’un pollastro, o un petto di cappone, e pestateli con un pezzo di mollica di pane ben bianco. Passate tutto per stamigna, e le vostre croste 247essendo bollite, mettete questo colì per di sopra senza guarnire.
Dopo aver dissossati i vostri capponi, conservando le pelli intiere, riempitele con la medesima carne con grasso di manzo, o midolla, lardo pestato, erbe fine, sale, pepe, noce moscata, rossi d’ovo, e metteteli a cuocere con buon brodo. Passate ostriche, funghi e farina per la padella, e mettete il tutto con li capponi; quando saranno vicini a esser cotti, accomodateli e serviteli propriamente con sugo di limone e di funghi.
Vedete qui quella di sfoglie.
Tagliate lattughe, porcellana, acetosa, bieta ed altre buone erbe, e mettetele sopra il fuoco in un pignatto di terra con burro per farle ammortire. Metteteci dipoi dell’acqua bollente, del sale, un mezzetto d’erbe fine ed un pane, o crosta, che metterete al mezzo della vostra zuppa. Passerete l’erbe, se volete, o le servirete, e guarnirete di piccole lattughe, sugo di funghi ed un cucchiaro di purè in servirla.
La zuppa senza burro e la guliana si rapportano abbastanza a’ ceci, per non esser punto bisogno di parlarne in 248particolare. Passateli al buon burro con erbe fine, quali si passano ancora all’olio per altre zuppe. Quando le vostre croste avranno bollito, metterete la vostra pana con li prugnoli nella cazzarola ove gli avrete fatti cuocere con un mazzetto; fate che sieno ben legati. Accomodate intanto la vostra zuppa, un pan profitroglie al mezzo, e sugo di limone in servirla. Guarnite il contorno del piatto di prugnoli fritti in gonfietti, o d’altre cose convenienti.
L’accomoderete con un pane al mezzo, se voi volete, e fate un colì bianco di mandole, radiche di pressemolo e mollica di pane bagnato nel brodo di purè, il tutto passato per stamigna. Questo medesimo colì è buono non solamente per le cipolle, ma ancora per li cardi, salsisi, e servi, ec.
Si fa un’altra zuppa di cipolle passate al rosso tagliate in dadi, e per guarnitura delle cipolle in fette, fritte come dei gonfietti, o intieri.
Come pure una zuppa di cipolle al bassilico.
Bianchitele ben propriamente e legatele in mazzetti, ed avendole fatte cuocere nel buon brodo di piselli, o altro brodo magro, ne guarnirete la vostra zuppa con un pane al mezzo.
Lasciatela quasi di tutta la sua lunghezza, quando è piccola, e fatela cuocere con brodo di piselli in un piccolo pignatto, una cipolla staccata, una carota, qualche pastinacca ed un legamento. Essendo cotta, e le vostre croste mittonè, ne guarnirete la zuppa.
Li pelerete bene e li getterete nell’acqua fresca, ed avendoli bianchiti, li metterete a bollire in un picciol colì, come alla porcellana, e guarnirete li broccoli.
Raschiatele bene e lasciate un poco del verde da capo; le farete bianchire, e mettetele a cuocere con buon brodo ed un piccolo legamento. Accomodatele come la porcellana.
Fate allessare i vostri cetrioli e metteteli a cuocere in buon brodo di piselli con una cipolla, steccata di garofali, qualche radiche e piccole erbe. Ci farete un legamento come gli altri in grasso e guarnirete co’ vostri cetrioli con capperi. Potete ancora riempirli d’erbe, o di pesce, e guarnir di punte di sparagi secondo la stagione.
In mancanza di piselli, potete passar degli sparagi pestati per stamigna con brodo d’erbe per fare il colì verde. Passerete altre punte di sparagi alla padella con 250burro ed erbe fine, e li metterete a bollire, condendoli di sale e noce moscata. Ne coprirete la vostra zuppa ed il vostro colì per di sopra, al quale ci aggiugnerete della sua pana naturale e dei rossi di ovo se il tempo lo permette.
Vedete quel che è stato detto qui addietro per le lattughe ripiene, fuorché queste debbono essere ripiene d’un buon pieno di pesce, tal qual s’è veduto altrove, e se dovran servire in giorno di maggior astinenza, o per mancanza di pesce, e lo riempirete d’un buon pieno d’erbe fine, condito di sale, pepe, noce moscata e rossi di ovo, o pana. Del resto fatele cuocere con purè chiara, o brodo d’erbe, ed avendole accomodate sopra le vostre croste mittonè in simil brodo, aggiugneteci un colì bianco e sugo di funghi, in servirla, guarnita di pan fritto o altra cosa.
Questa è una zuppa di latte di mandole, al qual si aggiungono dei rossi d’ovo, del zucchero, della cannella ed un poco di sale. Lo metterete sopra pane, o biscotti, e la marmorerete con sugo, o gelo d’uva spina, sugo di piselli cotto al zucchero e fiori d’arancio. Guarnita di grani di pomo granato e mompareille.
Pigliate del finocchio, che pesterete 251bene, e mettetelo in un piccol pignatto, osservando quanto al resto la medesima cosa che alla zuppa qui sotto.
Non pigliate che il cuore dei spinacci, che pesterete bene, e gli metterete a cuocere in un piccol pignatto con del brodo di piselli, una carota, o cipolla, steccata di garofoli e gli altri condimenti. In far bollire le vostre creste grattateci del parmigiano, ed accomodate la vostra zuppa guarnendola di pane a cannella, o al mezzo, ovvero di cipolle e di fette di pane abbrustolite fritte.
Levategli le foglie più grandi ed abbiate riguardo che non ci sia del legno: fategli bianchire all’acqua bollente, ed avendoli legati in mazzeti, metteteli a cuocere in un piccol pignatto con una carota, pastinaca, radica di pressemolo, cipolla, steccata, qualche rape in quarto ed uno spicchio d’aglio. Aggiugneteci nel cuocere un piccol legamento, e guarnite la vostra zuppa con tralci ed un pane al mezzo.
Vedete la zuppa alli piselli in grasso, ed essendo la medesima cosa, fuor che qui passerete i vostri piselli al buon burro e vi servirete di buon brodo alla purè semplice; guarnite di cetrioli, fondi di carciofi, punti di sparagi e simili cose.
Vedete ancora la zuppa di cavoli grassi, ove ci è la maniera di metterli nella pentola e far cuocere, levando qui il lardo per non si servir che del burro e brodo da magro, o purè chiara. Guarnito dei cuori, fondi di carciofi e pan fritto.
Tagliate le zucche in dadi ben minuti e passatele alla padella con burro bianco, con sale, pressemolo, cerfoglio ed erbe fine: mettetele dentro un pignatto di terra con latte bollente e metteteli sopra le croste mittonè. Guernite di pan fritto e metterete pepe bianco in servirla.
Bisogna tagliarlo come le zucche e passarlo medesimamente alla padella con burro; fatelo cuocere, condito di sale, pepe ed un mazzetto; passatene per la stamigna col medesimo brodo, del quale farete ancora mittoner le vostre croste, ed avendo accomodato il tutto, servitela guarnita di popone fritto e grani di pomo granato.
Fate un buon latte di mandole come avete potuto vedere altrove, e quando vorrete imbandire la vostra zuppa metteteci de’ grani di moscatello, avendo levati via i vinaccioli. In luogo delle croste, o altro pane, accomodate la zuppa con maccaroni o biscotti, e guarnitela di moscatello confetto al zucchero, sugo di limone, e d’uva spina per marmorarla in servirla.
Bisogna far bianchir e cuocere i cardi con acqua, burro, sale ed una crosta di pane. Essendo cotti, metteteli propriamente nel burro fonduto. Bisogna tagliarli molto cotti. Fate bollire la vostra zuppa con buon brodo d’erbe: mettete la crosta d’una pagnotta intiera al mezzo, accomodate i cardi in piramide sopra il pane e grattateci del formaggio parmigiano sopra. Potete farci un colì bianco, spargere ancora del formaggio raspato, e guarnirli di capperi e fette di limone.
Dopo averli fatti bianchire nell’acqua tritati, e passati alla padella con burro bianco, poi metteteli nel latte caldo, conditi di sale, pepe ed un mazzetto: accomodatele sopra delle fette di pane.
Si fanno ancora in questa maniera delle cipollette ben minute.
Tagliate i vostri fondi di carciofi per metà, e passateli alla padella con burro rosso e farine o al burro bianco; salvatene un intiero per mettere al mezzo della zuppa. Metteteli dentro un pignatto di terra con purè chiara, sale ed erbe fine, ed essendo cotti, metteteli sopra le croste bollite e serviteli con capperi e sugo di funghi.
Queste zuppe sono più che sufficienti per quel che concerne gli erbaggi 254e legumi, sia pel giorno di Venerdi Santo o per gli altri giorni di magro durante tutto l’anno. Venghiamo a quel che appartiene alli pesci, de’ quali non abbiamo ancora parlato punto.
Il vostro storione essendo ben nettato, fatelo cuocere con acqua, burro, sale ed un mazzetto. Essendo mezzo cotto, cavate questo brodo e rimettete dentro la vostra cazzarola, o bastardella di terra, vin bianco, sale, pepe, garofali pesti, agresto, cipolle e alloro, con le quali cose lo finirete di cuocere. Passate de’ funghi e farina alla padella con burro, che metterete dentro il primo brodo per la vostra zuppa con una cucchiarata di purè. Fate bollir con questo le croste di pane dentro un bacil tondo, o ovato, ed accomodate sopra le medesime lo storione, avendolo sgocciolato, guarnendolo d’ostriche, funghi, capperi; ed aggiugneteci sugo e fette di limone in servirla.
Scagliate il turbò e fatelo cuocere dentro una tela bianca con vin bianco e metà acqua, agresto, sale, pepe, noce moscata, garofali e alloro; fate mittoner le vostre croste con buon brodo di pesce, ed avendo sgocciolato il vostro turbò, mettetecelo in mezzo, e guarnite di funghi sopra il corpo del suddetto pesce e l’orlo del piatto di funghi ripieni, 255latti, ostriche, capperi, e sugo e fette di limone.
Bisogna scagliare il salmone, metterlo in fette e farli dar mezza cottura, come lo storione, per cavarne il brodo: lo condirete dipoi di sale, erbe fine ben minute e brodo di piselli chiaro, e nel tempo che farete mittoner le vostre croste, il salmone finirà di cuocere a piccol fuoco ben condito. Quando bisognerà servirlo, imbanditelo e guarnitelo di funghi ripieni, latti di carpa, funghi in stufato, capperi, sugo e fette di limone, e sugo di funghi.
Per fare una zuppa di sfoglie, prendetene di quelle che sieno d’una bella qualità e ben fresche. Bisogna raschiarle e ben lavarle: se sono piccole, pigliatene due per riempire; se sono grandi, non ne prenderete che una per metter al mezzo della vostra zuppa. Riempite la sfoglia dalla parte della testa propriamente. Bisogna spremerla al di sopra, per poterne cavar tutta la spina, o lisca, e rivoltarla. È necessario prendere un poco di questa carne, e della carne di carpa, per farne un pieno con cipolla, pressemolo, mollica di pane, e la rimetterete nella stessa maniera come se ella fosse intiera. Riempitela tutta in un tempo. Ne avrete dell’altre per friggere, affin di levar li filetti per guarnir la vostra 256zuppa. Bisogna aver un buon ragù, come per la zuppa alli gambari, ed ancora un simil colì. Farete bollir la vostra zuppa con buon brodo di pesce; frattanto friggerete la vostra sfoglia ripiena, che metterete sopra la zuppa quando sarà mittonè e vicino a servirla. La guarnirete di filetti d’altre sfoglie fritte, di latti di carpa e fondi di carciofi. Versate il ragù tutto attorno, e lasciate la sfoglia scoperta, che apparisca d’un bel colore. Servite il tutto caldamente.
Se questa non dovesse servire in giorno di Vigilia si può fare una frittata per mescolare col pieno, ed in luogo di friggere le sfoglie si posson mettere ancora dentro una tortiera unta di burro. Panatele per farle prender colore e fatele cuocere nel forno dolcemente.
Si fa ancora una zuppa di soli filetti di linguattole, un pane al mezzo, guarnita di cipolla passata al rosso, come ancora una zuppa di filetti di sfoglie al bassilico.
Il brodo ed il sugo sono li medesimi che per l’altre zuppe da grasso. In quanto al resto, pigliate delle sfoglie, ed a qualcuna cavatene li filetti crudi e lardateli propriamente con qualche latte di vitello lardato, che vi serviranno per guarnir la vostra zuppa. Per la sfoglia ripiena al mezzo della zuppa, pigliate la sfoglia, raschiatela e foratela dalla 257parte della testa per cavarne tutta la lisca, e che la pelle resti tutta intiera. Prendete della carne della medesima sfoglia, un poco di lardo bianchito, qualche pezzo di latte di vitello, tartufi e funghi, il tutto ben pestato. Per fare un pieno delicato, bisogna metterci un poco di mollica di pane bagnata dentro un poco di latte e legarlo con due rossi d’ovo. Conviene averci pestato un poco di pressemolo e di cipolla. Essendo fatto il vostro pieno, bisogna riempierne la vostra sfoglia, ed essendo vicino a servirla, farinatela, friggetela con lardo e fatele prendere un bel colore, e del resto del pieno fate delle piccole polpette e friggetele, avendole ben farinate e panate dopo averle bagnate dentro ova sbattute, affinché il pane s’attacchi. Per li filetti, dopo averli lardati, e li latti di vitello, bisogna farinarli un poco e friggerli dentro il medesimo lardo. La vostra zuppa essendo bollita, guarnitela di questi filetti e latti di vitello, e delle polpettine accennate. Mettete la sfoglia al mezzo della zuppa, con un ragù di latti d’agnello e tartufi, secondo la stagione, il tutto ben guarnito, e bagnate di buon sugo il pane della zuppa e servitelo caldamente.
Un’altra volta si può lardar la sfoglia di mezzo, e per poterla lardare, dopo averla raschiata, lavata e bene asciugata, bisogna passarci la pala rossa 258sopra leggiermente, affinché il vostro ago da lardare possa passare bene, per poterla lardare. Essendo lardata, la potete friggere come l’altra sfoglia, e potete ancora metterla in una tortiera con lardo sotto e farle prender colore allo spiede, o al forno.
Per antrè se ne può fare nella stessa maniera che il ragù qui avanti, guarnendolo di filetti, polpettine ed altre cose, il tutto servito caldamente.
Bisogna prendere delle testuggini, tagliarle la testa e le zampe un giorno avanti, e metterle nell’acqua per cavarne il sangue. Dipoi si prende una piccola pentola a proporzione delle testuggini, e metterle a cuocere con dell’acqua, un poco di sale, di buon burro, un poco di pressemolo, una cipolla steccata di garofoli, un poco d’erbe fine, e far ben cuocere il tutto. Se volete che il vostro brodo sia migliore, aggiugneteci qualche lisca di carpa, o altro pesce, del quale avrete cavata la carne per fare de’ pieni. Il tutto essendo ben cotto, cavate le testuggini e passate il brodo, che servirà per la zuppa e pel ragù. Bisogna levar le conchiglie, o guscio, da dosso le testuggini e levar diligentemente la pelle: bisogna prender la carne delle testuggini, e che non sieno troppo cotte, avendo ben riguardo al fiele. Serbate la conchiglia di sopra per farci una pasta chiara, o sia 259colla per farla friggere, come se questo fosse un marinato in pasta, e vi servirà per metterla al mezzo della zuppa. Pigliate della carne di testuggine e passatela propriamente in una cazzaruola con un poco di burro, un poco di cipolla, di pressemolo, e bagnate il ragù col medesimo brodo. Dipoi ci metterete i vostri latti, tartufi e funghi, ed altre guarniture, se ne avete con un piccol colì di gambari o altro pesce. Fate bollir le vostre croste. Abbiate ancora de’ filetti di pesci fritti, che sieno ben propri per guarnir la zuppa. Di più bisogna aver un piccol colì bianco di carne di luccio per bagnare la zuppa, affinché si trovi marmorata col ragù; entrandoci ancora del colì di gamberi. Imbandite propriamente la vostra zuppa, il ragù per di sopra, li filetti attorno: marmoratela con i due colì e metteteci al mezzo della zuppa la conchiglia che avrete fritta.
Per la zuppa di testuggini da grasso, si fanno cuocer come qui sopra per cavarne la carne, che si passa con del lardo ed erbe fine. Si fa un colì con un pezzo di vitello arrosto allo spiede ben rosolato, che pesterete dentro un mortaro con del petto di cappone, o di pollastri, e cinque o sei mandole, un pezzo di mollica di pane bagnata nel buon brodo. Fate bollire il tutto in una cazzarola e conditelo di buon gusto, e passatelo dipoi per 260stamigna con un pezzo di limon verde. Questo colì sarà ben per nutrire la vostra zuppa nel mittonarsi. La guarnirete di latti di vitello, fondi di carciofi, polpette lardate passate a parte al rosso, ed al mezzo le vostre conchiglie fritte di bel colore; e sugo di limone in servirla.
Fate cuocere i vostri draghi all’acqua e al sale, li levarete la pelle, e prendete la carne, che pesterete ben minuta; bisogna aver una dozzina di mandole con della carne de’ vostri draghi, e ne farete un colì pestandole con tre o quattro rossi d’ovo, se il tempo lo permette. Passate il vostro piccatiglio con buon burro ed erbe fine, e ve ne servirete per spolverare le vostre croste mittonè; e sugo di limone in servirla.
Bisogna fare il piccatiglio come il suddetto, avendo fatto friggere le vostre sfoglie con lenti passate dentro il colì, ovvero un colì verde con delle punte di sparagi.
Fatela come le precedenti, con un colì verde e delle punte di sparagi dentro la stagione, ovvero un colì bianco.
Pigliate i vostri persichi, ed avendoli ben lavati fateli cuocere con dell’acqua, sale, garofali, cipolle, timo e pepe. 261Essendo cotte, mondatele ben propriamente; ne prenderete una per fare un colì, con un poco di mandole peste e qualche rosso d’ovo, secondo li tempi, pestando il tutto dentro un mortaro; ben condito e passato dipoi per stamigna. Metterete un piccatiglio di carpa sopra le vostre croste ed il colì per di sopra, e guarnirete di pan fritto.
Prendete le vostre ranocchie, delle quali taglierete le zampe, e scarnerete gli ossi delle cosce e li romperete. Serbate li più grossi per friggere. Fateli marinare con agresto, sale, pepe, ed avendoli passati dentro una pasta chiara, fateli friggere di bel colore per farne un cordone attorno alla vostra zuppa. Gli altri passateli in ragù con latti, funghi ed altre guarniture, il tutto al bianco. Guarnitene la vostra zuppa mittonè; un colì per di sopra e sugo di limone.
Fate un piccatiglio di carpa, che passerete al burro con erbe fine, un pezzo di limon verde e brodo. Lo farete cuocere, e condirete che sia di buon gusto. Tagliate del luccio o del drago di mare in fricondò, che farete marinare con agresto, cipolla, sale, pepe; ed avendole infarinate, le farete friggere di bel colore, che saran per guernir la vostra zuppa. Metterete il piccatiglio per di sopra il vostro pan mittonè, il pan di 262profitroglie al mezzo e sugo di limone in servirle.
La potete guarnire di gambari e conchiglie fritte negl’intervalli. Fate un colì rosso come gli gambari: passate le vostre testuggini in fricondò, come di pollastri al colì bianco, ed un pezzo di limon verde. Nel bollir le vostre croste, metteteci sopra qualche piccatiglio di pesce e latti passati al rosso con erbe fine. Accomodate dipoi le vostre testuggini, un pane al mezzo, e sugo di limone.
Bisogna aver della carne d’anguilla, ed altrettanto di funghi, che passerete alla padella con burro bianco; pestate il tutto insieme e mettetelo dentro una pentola con buon brodo di pesce, condito di sale ed un mazzetto. Farete mittoner le vostre croste nel medesimo brodo di pesce: le coprirete della vostra carne pestata per di sopra e guarnirete di latti di carpa, fegati di luccio, funghi ripieni, e fette e sugo di limone e di funghi in servirla con capperi.
Passate l’ostriche per la padella con burro rosso e salvate la loro acqua, come s’è già detto altrove. Passate nel medesimo tempo, con le vostre ostriche, dei funghi in pezzi ed un poco di farina, e mettete a cuocere il tutto con purè chiara, sale ed un pezzo di limone verde. 263Fate mittoner il vostro pane con buon brodo di pesce, ed avendo accomodate le vostre ostriche e funghi, guarnite di capperi e fette di limone, e servite, dopo aver messa l’acqua delle ostriche dentro la vostra zuppa, con sugo di funghi e di limone.
Bisogna nettarle dentro l’acqua calda e levar la pelle intiere, come fareste alle sfoglie. Fate un pieno con la carne, funghi, erbe fine, rossi d’ovo, sale, pepe e noce moscata, ed essendo ripiene, come se fossero intiere, mettetele a cuocere con purè chiara, o altro brodo, e burro. Passate i funghi per la padella con burro e farina, e fateli cuocere dentro altro brodo, o acqua, conditi di sale, garofali ed un mazzetto. Questo brodo vi servirà per far bollire le vostre croste, sopra le quali metterete le tinche, guarnite di funghi, capperi, latti di carpa, e sugo e fette di limone in servirla.
Li granchi ripieni ed altri pesci si possono servire in simil zuppa.
Questa maniera è propria a più cose, come anatre, tacchini, leprotti ed altri pezzi. Si lardano con grossi lardoni e si passano alla padella con lardo fonduto per colorirli. Dipoi fateli cuocere con brodo, vin bianco, un mazzetto, sale e 264pepe. Essendo mezzo cotti, passate dei funghi dentro il medesimo lardo ed un poco di farina, e mettete il tutto insieme con sugo e colì di carciofi, polpette, latti di vitello, ostriche, se voi volete, e cetrioli marinati, secondo il tempo. Servite con sugo di castrato e di limone, imbandite propriamente e caldamente per antrè.
Noi abbiamo descritte qui addietro una maniera d’antrè di galline, cioè all’olive, qual si può praticare a riguardo d’altri volatili. Eccovene delle particolari, che non sono punto meno curiose né meno delicate.
Ci si fa un pieno composto di capperi, lardo, zinna di vitello, un poco di midolla, tartufi, funghi, fondi di carciofi, latti di vitello, un poco di aglio, il tutto ben pestato, bianchito e condito. Se ne riempiono le galline dentro il corpo, ed avendole ben legate con una buona barda di lardo sopra il petto, l’invilupperete dentro della carta e fatele arrostire. Le servirete caldamente con una piccola salsa composta di tartufi triti, funghi, acciughe, un poco di capperi e di sugo di vitello, il tutto trito, bagnato e cotto. Ci si mette ancora un poco di colì, ed in servirle si spreme il sugo d’un arancia.
Bisogna prendere le galline e farle arrostire. Essendo arrostite, levatele il petto, prendetene la carne, e la pesterete ben propriamente con del lardo cotto, un poco di funghi, di tartufi, cipolla e pressemolo, una mollica di pane bagnata nella pana, che abbia bollito un poco sopra il fuoco. Il tutto essendo ben pestato, metteteci qualche rosso d’ovo. Dipoi bisogna riempir con questa le vostre galline sopra l’osso del petto, accomodarle dentro un piatto, tortiera, panarle sopra propriamente, avendoci passato della chiara d’ovo sbattuta dalla quale avrete presi li rossi, e far loro prender colore dentro il forno. Se voi avete troppo di questo pieno, e che abbiate qualche coscia o ala di pollastro e galline, le potete riempire col medesimo pieno: queste saranno per guarnir il vostro piatto e, se volete, potete fare a queste galline un picciol ragù di fonghi e fegati passati alla pana, che metterete sotto.
Pigliate delle galline, accomodatele come se le aveste da mettere allesso, e spaccatele per dietro. Slargatele sopra la tavola, rompetegli gli ossi e levategli quelli delle cosce. Bisogna aver una cazzarola con del buon lardo, e pestatelo propriamente, avvertendo che la cazzarola 266sia larga e che sia molto lardo, con un poco di pressemolo, di cipolla o d’altri condimenti. Dopo averle passate, lasciatele dentro la medesima cazzarola. Copritele con qualche fetta di lardo sopra, e mettete alla brace, fuoco sotto e sopra, avvertendo che non sia troppo ardente. Bisogna ancora averci messo qualche fetta di cipolla. Essendo cotte, cavatele e panatele propriamente, mettetele al forno per pigliar colore, servitele caldamente con una ramolata sopra, se volete.
Bisogna fare arrostire le galline, dipoi levatene i filetti e tutta la carne ben propriamente, levate il grasso, ed accomodateli nel fondo del piatto. Bisogna farci questa salsa. Tritate del pressemolo, un poco di cipolla, di capperi, d’aglio, e mettete il tutto in una cazzarola con un poco d’oglio e d’aceto, ben condito. Sbattete tutte queste cose insieme e spremeteci un sugo di limone, non bisognando metter punto questa salsa sopra il fuoco. Dopo ch’è bene sbattuta, vuotatela sopra il piatto dove sono i vostri filetti di pollastri e serviteli freddi.
Pigliate una buona gallina, o cappone, o altra cosa simile, come fagiano o beccacce. Spaccategli per la schiena e levatene tutto quell’osso che potete di dentro. Fate un pieno per riempirli con delle carni delicate, come di piccioncini 267pollastri, pizzaccheratti, tordi, ed un picciol ragù mescolato e passato insieme ben condito. Ricuciteli propriamente, dopo averli riempiuti, e fateli cuocere dolcemente alla brace in una pignatta ben turata con fette di lardo, fette di manzo, un pezzo di limon verde, un mazzetto d’erbe fine e d’altre speziarie. Essendo cotti, accomodateli nel piatto e gettateci sopra un ragù di funghi, latti di vitello, tartufi, fondi di carciofi, il tutto di buon gusto; li guarnirete di piccioni marinati o altra cosa convenevole.
Essendo cotte allo spiede, fateci una salsa al prosciutto con capperi ed un picciol legamento, e sugo di limone in servirla.
Un’altra volta le passerete in ragù con tartufi, ovvero le metterete in una delle suddette altre maniere come molt’altre cose.
Abbiamo voluto abbondare di farvi ancora un articolo di pollastri, che posson fare un gran numero d’antrè di diverse sorti, cominciando dalle principali.
Pigliate de’ pollastri, vuotateli ed accomodateli, e non li rifate punto. Tagliate delle fette di prosciutto per ciascun pollastro, pestatele un poco e conditele 268di pressemolo e cipolle trite. Con le dita distaccate la pelle di sopra al petto de’ vostri pollastri, per potervi far entrare questa fetta di prosciutto tra carne e pelle, ma sopra il tutto che ci sia intiera. Bianchiteli all’aria del fuoco, bardatelli con una buona fetta di lardo e fateli arrostire. Essendo cotti, levate la barda, fateci sopra una buona salsa al prosciutto, servitelo caldamente.
Bisogna aver de’ buoni pollastri, accomodarli come se fossero per arrostire, e fare un picciol pieno per empirli tra carne e pelle. Ci bisogna dell’ostriche, un poco di latti di vitello, de’ funghi, tartufi, pressemolo e cipolla trita. Il tutto passato propriamente in una cazzarola con un poco di farina, un pochettino di sugo passato e ben condito. Bisogna riempire li pollastri dentro al corpo, ben legarli da due parti, e farli arrostire con una barda sopra al petto. Essendo cotti, accomodateli nel piatto, fateci un piccol colì di funghi e serviteli caldamente.
Spezzate i pollastri come se aveste da fare una fricassè bianca, e metteteli alla brace, come li piccioni grigliati o fritti come qui addietro, con ogni sorta d’erbe fine. Il tutto essendo ben cotto, si panano propriamente e si fanno grigliare. Si posson servire per guarnire o 269per piatto. Non si friggono ordinariamente, come si ponno fare li piccioni. Il tutto si serve caldamente per antrè. Molti chiamano questi pollastri, piccioni, ed altri volatili che s’accomodano in questa maniera, "pezzi alla Sante Menò". Bisogna sopra il tutto che il pane col quale si spolverizzan sia di pane fino e bianco, affinché abbia bel colore quando sono grigliati.
Bisogna prendere de’ pollastri, che sieno ben grassi, ben accomodarli e farli arrostire. Se li volete mettere alla brace, bisogna lardarli a grossi lardi e prosciutto, secondo che giudicherete a proposito. Essendo cotti, o in una maniera o nell’altra, bisogna aver un buon ragù composto d’ogni sorta di guarniture, ben passato e ben condito, cioè latti di vitello, tartufi, punte di sparagi e fondi di carciofi, secondo la stagione. Dopo che il vostro ragù sarà cotto, bisogna metterci li pollastri, che debbono avere il petto un poco battuto affinché tirino il gusto della salsa. Pigliate de’ gambari, pestate ben tutte le gambe, ma non le cosce, né le code, perché il colì non sarebbe ben rosso. Avendole pestate nel mortaro con un poco di crosta di pane, passatelo con sugo, oppure le sole gambe, affinché sia più rosso. Per legar il ragù abbiate un colì di pane e, quando tutto sarà cotto, ci metterete il colì di 270gambari. Potete metterci ancora qualche coda di detti gambari, e se vorrete ci pesterete un’acciuga: il tutto bene sgrassato e servito caldamente.
Pigliate de’ pollastri e spezzateli, come se fossero per fare un fricassè bianco. Bisogna aver una cazzaruola, metterci un poco di lardo e passarlo con un poco di farina, e li pollastri, essendo ben passati e conditi, bagnateli con buon sugo; e fate cuocere i pollastri. Ci si trita qualche fungo e tartufi. Ci si mette ancora un bicchiero di buon vino di sciampagna, un poco di capperi e dell’acciughe trite. In caso che la salsa non sia legata a bastanza, ci si mette un poco di buon colì. Essendo ben cotto e ben sgrassato, accomodate il tutto propriamente nel vostro piatto e mettete la salsa sopra. Lo guarnirete con costolette, o altra cosa, come vorrete, e serviteli caldamente.
Bisogna prendere li pollastri e ben accomodarli, ma non siano punto rifatti. Per far il pieno, pigliate del lardo crudo, midolla, latti di vitello triti, tartufi triti, pressemolo e cipolla, ogni sorta d’erbe fine, di fegati di pollame e de’ funghi: tritate e pestate il tutto insieme, e che sia ben condito. Questo medesimo pieno può servire pel pasticcio di pernice, ed ad ogni sorta di volatile 271ripieno alla brace o arrosto. Legate la salsa con rossi d’ovo: fate arrostire i vostri pollastri ripieni, ben legati e coperti di carta, e preparate verso il fine il vostro colì di funghi. Ci dee entrare un poco di prosciutto, di capperi, tartufi ed un’acciuga. Accomodate i vostri pollastri, il colì sopra, e guarnite di pan bianco.
Si riempiscono ancora de’ pollastri sopra il petto dopo averne cavata la carne, che potrete servirvene pel medesimo pieno: e li servirete panati e cotti al forno, con bel colore.
Pigliate de’ pollastri ben grassi ed accomodateli bene per farli arrostire; rifateli sopra la brace e tagliateli le gambe. Essendo bianchiti, metteteli a bagnare nel buon lardo circa tre o quattro ore con qualche fetta di cipolle, e conditi di ogni sorta di speziarie fine ed un poco di sale: dopo bisogna farli arrostire ed andarli bagnando col medesimo lardo. Essendo arrostiti, fateci un buon ragù, o colì di funghi, o una buona peverata, il tutto servito caldamente. Potrete fare il simile a più volatili, come per le galline alla Sante Menò.
Bisogna prendere de’ pollastri e lardarli per ordine. Dipoi fateli arrostire, 272avendoli però avanti steccati di picciole punte d’aglio. Essendo cotti, fateci una buona peverata, o un buon colì di funghi, o un ragù di tartufi, che ci entri una punta d’aglio, ed avanti di servirli spremete nella salsa due sughi d’arancia.
Si fanno de’ fricassè di pollastri al bianco ed al rosso.
Scorticate i pezzi de’ vostri pollastri e passateli alla padella con lardo fonduto, dipoi metteteli a cuocere con un poco di burro, brodo o acqua, ed un bicchier di vin bianco, condito di sale, pepe, noce moscata, cerfoglio ben trito, cipollette intiere, che caverete dopo avranno dato il gusto, e ci farete un legamento del medesimo rosso ove gli avrete passati con un poco di farina. Ci potete mettere latti di vitello, funghi, fondi di carciofi ed altre guarniture. Guarnite il piatto di braciole e polpette alle spiede, o fette di limone, e servite con sugo di castrato o di limone.
Si fa bianca con un buon legamento di tre o quattro rossi d’ovo con agresto o limone. Si può guarnire di pollastri marinati, pan fritto e pressemolo tra gl’intervalli.
Dopo che saranno cotti come qui 273sopra, si leva un poco di grasso e ci si mette della pana in servirla.
Pigliate i vostri pollastri e spezzateli come se fossero per mettere in fricassè; accomodateli in una cazzarola e conditeli come uno stufato di carpa. Metteteci funghi ed altre guarniture, ed un pezzo di limone e sugo in servirli.
Si fa un altro antrè di pollastri lardati sopra les membres cotti allo spiede, e quando sono cotti, metteteli in un piatto; spezzate le giunture e le cosce, e gettateci sopra un ragù di funghi, fondi d’articiocchi, prugnoli, latti di vitello, archeste e capperi.
Pigliate i vostri pollastri e fendeteli dalla schiena sino al groppone, e li condirete di sale, pepe, cipolla, pressemolo trito ben minuto, coriandoli: metteteli fra buone fette di lardo col petto in giù, fateli scaldare, avanti che li sotterriate, fra due brace, con fuoco sotto e sopra. Ci potete mettere un poco di prosciutto, un pezzo di limone ed un mazzetto d’erbe fine. Tritate il prosciutto crudo ben minuto e spolveratelo fra li vostri pollastri, ed essendo vicino il tempo di servirli, metteteci il sugo che avete cavato per di sopra, e sugo di limone in servirli.
Si ponno ancora riempire questi pollastri che si mettono alla brace.
Li riempirete d’un buon godivù, e passateli al rosso e fateci un ragù di latti di vitello, tartufi, funghi ed articiocchi tagliati in piccoli pezzetti, il tutto ben condito e guarnito di marinati o altre cose convenevoli, e sugo in servirli.
Si mettono al bianco, o al rosso, e ci si fa un legamento con della mollica di pane passato dentro al lardo con erbe fine, e brodo, e sugo di limone, e passato il tutto per la stamigna con un poco di sugo.
Si passano al rosso scuro con un piccolo legamento, o colì di beccacce. Metteteci un’acciuga trita ben minutamente con una rocambò, e sugo di limone, ed una goccia di vino, e si servono ancora per ordover d’antrè, come li seguenti.
Li servirete senza esser panati, né lardati, ma solamente con un poco di sale minuto sopra: li potete guarnire di piccole croste di pane.
Passateli allo scuro, come in fricassè, e metteteci un’acciuga ben trita con uno scalogno, un poco di capperi, un bicchier d’aceto, pepe bianco e sugo di limone in servirli.
Dopo aver riempiti i vostri pollastri, li larderete ben propriamente e 275gl’invilupperete con una buona fetta di lardo ed un foglio di carta; e fateli cuocere allo spiede e serviteli con un buon degù.
Si servono ancora de’ pollastri grassi alli tartufi, altri alla tartara, altri alla polacca, con una ramolata, e ci sono i marinati di pollastri, come si è veduto altrove, i pollastri in sivè, come altrove, i pasticci e zuppe di pollastri, che sono stati ancora descritti qui addietro, e le torte di pollastri, con le quali finiremo questo articolo.
Bisogna pigliare i pollastri e spezzarli, come per fare una fricassè bianca. Passateli con ogni sorta di buona guarnitura e formatene la vostra torta, come avete veduto quella de’ piccioni altrove. Ci si metterà un buon colì avanti che la serviate, il tutto ben sgrassato.
Quando è la stagione de’ pollastrini giovani, bisogna ben pelarli ed accomodarli avendo cura che la pelle resti intiera. Pigliate questa carne con qualche pezzo di vitello e pestatelo insieme con un poco di lardo, midolla, tartufi, funghi, pressemalo e cipolla, il tutto ben condito e legato d’uno o due rossi d’ovo. Mettete questo pieno dentro la pelle de’ pollastri, affinché siano come intieri, e rifateli un poco all’acqua. 276Metteteli dipoi in pasta con ogni sorta di buone guarniture. La pasta si può fare ben fina con buon burro, farina, sale e due o tre rossi d’ovo. Per conto del colì si farà secondo la vostra commodità. Essendo vicino a servirla, sgrassate ben la vostra torta e servitela caldamente guarnita al suo coperchio di pasta.
Parlando della maniera di fare il godivù d’un polpettone, come altrove, s’è veduto ancora quel che bisogna per tutto il resto de’ polpettoni ripieni di piccioni o d’altra roba. Si può farlo differente, quand’è la stagione de’ piselli.
Formate il vostro polpettone conforme il solito, ed avanti di coprirlo collo stesso pieno, metteteci due o tre pugni di piselli passati e copriteli col vostro godivù. Si cuoce alla brace, dopo di che bisogna scoprirlo e metterlo nel suo piatto. Voi ci potete mettere ancora qualche cucchiarata di piselli per di sopra, e servitelo caldamente.
Pigliate della carne di carpa e di luccio, delle quali ne farete un buon godivù ben condito con mollica di pane, o farina, avendo pestato il tutto insieme. Ci potete aggiuntare qualche ovo, se non è giorno di Quaresima, e formarne un polpettone come li precedenti. Metterete al mezzo delle sfoglie in filetti, o altro, 277che passerete al buon burro con ogni sorta di buone guarniture. Al mezzo ci bisogna un bel fondo d’articiocco dopo il vostro ragù, ed i vostri filetti di pesci, e vi ricorderete dipoi di riempir con la salsa del vostro godiù; e fatelo cuocere dolcemente alla brace. Essendo cotto, rivoltatelo sotto sopra e servitelo con sugo di limone.
Per far delle polpette, bisogna prendere delle fette di lardo che siano un poco lunghe ma non gran cosa larghe, secondo la grossezza delle quali desiderate le polpette. Pigliate altrettante fette di vitello quante sono le fete di lardo, ed avendole ben battute, metterete ciascuna fetta di vitello sopra una fetta di lardo. Bisogna fare un buon pieno ove entri uno spicchio d’aglio. Metterete di questo pieno, sopra le vostre fette di vitello, la quantità che giudicherete a proposito e le rotolerete fermamente. Essendo rotolate, o involtate, abbiate uno spiedo piccolo di ferro e infilzatele per traverso, e fatele arrostire involtate nella carta. Quando saranno quasi arrostite, levategli la carta; panatele propriamente e fatele prender colore. Elle vi posson servire per piatto, o per ordover, o per guarnire. Si accomodano anche in ragù, come le fricondò, con un pezzo di limone in cuocerle in servirle.
Fate ancora delle polpette steccate, o lardate, e passate al rosso con qualche pezzo di tartufo e sponzole e buon sugo, un poco di colì per ben nutrirle, con sugo di limone in servirle.
Per far de’ ramechin al formaggio si fa un pieno come quello che si vedrà qui avanti per le talmuse, non essendoci di più che pestare un poco di.... ed aggiuntarci, se si vuole, della lavatura di birra per farle meglio gonfiare. Per formare li ramechin bisogna tagliar della mollica di pane in quadretti con la punta del coltello, ed a ciascuna fetta di pane metterete sopra un poco del vostro pieno. Bisogna avere qualche ovo sbattuto, ove bagnerete il vostro coltello affinché il pieno non s’attacchi punto. I vostri ramechin saran formati d’un’altezza tonda o quadra. Li farete cuocere in una tortiera, dopo aver messo al fondo un poco di burro, avvertendo che non prendano troppo colore. Vi serviranno per guarnir de’ piselli alla pana ed ogni altra cosa che giudicherete a proposito, come pure per ordover d’antremè.
Si può ancora prender un pezzo di formaggio affinè, cioè putrefatto, un pezzo di burro, due pugni di farina, e tre rossi di ovo, un poco di pepe e del sugo di limone: il tutto ben pestato insieme stenderete sopra un tondo e 279fatelo cuocere sotto il coperchio di una tortiera, fuoco sopra, avendo cura che non bruci.
Le rissole sono ancora un pezzo d’antremè; per renderle più delicate si fanno con del petto di cappone, e del resto si condiscono, e si formano quasi come si è detto per fare il buglian altrove, e si friggono in gran frittura acciocché prendano un bel colore.
Se ne ponno fare anche d’un pieno di pesce ben delicato.
Si fanno cuocere avanti con burro, erbe fine e speziarie, un sugo di limone ed un poco di farina, dopo di che se ne formano delle rissole.
Essendo cotti gli spinacci, voi li pesterete minutamente e li condirete di sale, cannella, zucchero, scorza di limone pestato, o raspato; e servite queste rissole cotte al forno con zucchero ed acqua d’odore.
Se ne ponno servire in grasso, ed in magro, e questa è una cosa assai comune.
In grasso se ne fanno di rognon di vitello cotto tritato ben minuto con 280cerfoglio, sale, cannella, un rosso d’ovo, zucchero. Si metton queste cose sopra le suddette rostite di pepe, e per servirle si spolverano ancora di pane, ovvero si ghiacciano propriamente.
Tritate così la carne ed il dentro delle beccace ben minute, fuorché il ventricolo. Conditele di sale, pepe bianco, lardo fonduto, ed avendo mescolato il tutto insieme, fate i vostri crostini e fateli cuocere a poco fuoco in una tortiera. Serviteli senza zucchero, e solamente con sugo di castrato e di arancia ove avrete passato un scalogno.
Si passano i fegatelli alla padella con lardo pestato, tre o quattro funghi, erbe fine o condimenti come sopra.
Se ne fanno da magro al burro, all’olio di oliva ed all’ipocrà Questi non meritano che perdiamo il tempo a descriverli, mentre sono molto ben conosciuti e non ci è niente di più facile.
Con tuttoché paia che non ci sia niente di più facile di quel che riguarda gli arrosti, abbiamo però creduto necessario il dirne qualche cosa, non per descrivere i gradi della cottura necessaria o il tempo che bisogna a ciascun pezzo per essere arrostito ben a proposito, perché si conosce bastantemente con l’occhio e 281secondo la grossezza e la durezza della carne, ma ben per ispiegare la maniera d’accomodarli, avanti di metterli allo spiede, e le salse, le migliori, che gli si convengono. Per esempio.
Vuotatele e manegiatele bardate, con pepe, o lardate all’arancia.
Debbono pelarsi a secco e votarli. Si lardano minutamente e si mangiano all’agresto, sale e pepe, o all’arancia.
Come i fagiani.
Non si vuotano, si lardano ben minutamente, ed essendo arrostiti si fa una salsa con arancia, sale, pepe bianco ed una cipolletta.
Bagnateli nell’arrostire con un bicchier di aceto, cipolla, un poco di sale e pepe bianco.
Si servono con agresto in grana, o arancia, ovvero all’aceto rosato con sale e pepe bianco.
Si mangiano così come sopra: bisogna vuotarle e lardarle di minuti lardi come li piccioni salvatici, ovvero colombacci.
Si debbono vuotare e mettere allo spiede senza lardare. Essendo mezzo cotte, si pillottano con lardo e si mangiano tutti sanguinolenti con sale, pepe bianco, sugo d’arancia, o peverata naturale.
In quanto all’anatre domestiche, ci si può mettere qualche fila di lardo e farle cuocere un poco più dell’altre.
Si vuotano, e se sono grasse non si lardano punto. Pillottatele di lardo e mangiare alla peverata, o al sale ed all’arancia.
Votateli e borolateli, o fate pieno con li fegati, lardo, erbe trite, cipolette, sale, pepe, noce moscata, sugo di castrato, e di limone in servirli; si mangiano all’agresto di grano, o all’aceto con pepe e sale.
Si pillottano e si spolverano di sale, e pane per mangiarlo con agresto e pepe, avendo sfregato il piatto d’una scalogna, ed un poco di sugo d’arancia.
Si mangiano medesimamente così, fuorché si può mettere un poco di sangue nella salsa.
Si debbono vuotare e bardare. Si mette nel corpo una cipolla steccata di garofali con sale e pepe bianco. Essendo cotti, levate le barde, panateli e mangiateli con cresson smozzato nell’aceto e sale, ovvero con l’arancia e sale, o ostriche smozzate nel degù. E quanto agli altri capponi, si posson lardare di minuti lardi e mangiarli così come gli altri, come pure le galline.
Vuotateli ed infilzateli in uno spiede piccolo, e bagnateli con un poco di lardo fonduto, o si spolverano di pane e sale, o si mangiano con sale ed arancia.
Non si votano punto, se gli lasciano i piedi e si lardano minutamente. Fate la salsa dentro il degù con agresto di grana, sale, pepe bianco, o si mangiano al sale ed all’arancia.
Non vogliono essere che pelati. Se gli taglia la testa e gli piedi, e cuocendoli in uno spiede piccolo, si spolverano di pan grattato e sale. Mangiateli all’arancia, o all’agresto di grano e pepe bianco.
Si debbon insanguinare del loro sangue, lardarli minutamente, e si mangiano alla peverata, o alla salsa dolce, 284con zucchero vino, aceto, cannella e pepe.
Si mangiano all’acqua, sale e pepe bianco, o all’arancia.
Si fanno bianchire nell’acqua o sopra la brace. Si lardano minutamente e si mangiano alla salsa verde, o all’arancia, sale e pepe bianco, o all’aceto rosato.
Dee essere bene scottato all’acqua calda. Si cava il di dentro. Ci si mette sale, pepe, cipolle ed un pezzo di lardo pestato. Essendo vicini a essere cotti, pillottateli e bagnateli con acqua e sale. Si mangiano con sale, pepe bianco ed arancia.
Si può lardare minutamente, senza levar la testa né i piedi, ed essendo arrostito ben propriamente mangiatelo alla peverata, o con arancia, sale e pepe.
Si accomoda come il porchetto cinghiale e si mangia alla peverata o alla salsa roberta.
Si larda ancora minutamente, ed essendo arrostito si fa una salsa con cipolle passate alla padella con lardo, e per la stamigna con aceto, un poco di brodo, sale, pepe bianco, o alla salsa dolce.
Si lardano minutamente, essendo bianchiti sopra il fuoco. Si bagnano di sale, aceto, limone verde, un mazzetto e pepe, e si mangiano ancora alla peverata.
Oltre il farne de’ migliori ragù, come s’è potuto vedere a bastanza, se ne fanno ancora diversi piatti, o ordover, per antrè ed antremè, de’ quali eccovene uno de’ più considerabili.
Bisogna aver de’ buoni latti di vitello, farli un poco bianchire e lardarli d’un poco di prosciutto cotto. Fate un pieno delicato ed un poco legato, e con la punta del coltello fate un buco a’ vostri latti da una parte, ma che non passi dall’altra: bisogna riempirli propriamente o metterli alla brace a piccol fuoco. Essendo cotti, fate un buon ragù composto di funghi, tartufi, articiocchi e prugnoli. Il tutto essendo ben passato, bisogna metterci delle creste ripiene col medesimo pieno ed un poco di colì di pollastro, affinché la salsa non sia punto nera. Sgrassate bene i vostri latti di vitello, avendoli cavati, e metteteli dipoi dentro il ragù, ove li lascierete cuocere ancora un poco. Accomodate dipoi il 286tutto entro il suo piatto, spremeteci un sugo di limone e serviteli caldamente.
L’altre maniere sono: di lardarli minutamente, ed essendo cotti allo spiede servirli con un ragù o salsa sopra, ovvero friggerli, avendoli marinati, tagliati in fette e farinati, per servirli con pressemolo fritto, e sugo di limone.
Finalmente se ne fanno differenti ragù, tanto al bianco quanto con funghi e spongoli, e tanto alli tartufi, il tutto servite per antremè.
Fateli marinare nell’olio, ed al vino, e sugo di limone, ed altri condimenti ordinari. Essendo marinati, panateli bene e fateli cuocere al forno dolcemente, che prendano bel colore. Accomodateli dipoi nel suo piatto propriamente, e guarniteli di pan fritto e pressemolo verde.
Se ne può fare un altro ragù, facendoli cuocere sopra la gratella dopo averli bagnati nel burro; e si passano li fegati per la padella con un poco di burro, per pestarli e passarli dipoi per la stamigna e metter questo colì con i vostri pesci conditi di sale, pepe bianco e sugo d’arancia, o di limone, sfregando, avanti d’imbandirli, il tondo, o il piatto, d’una scalogna o spicchio d’aglio.
Potete ancora servire de’ suddetti pesci ripieni, come molt’altri pesci, ed altri in cazzarola, ed in pasticcio, sopra il quale vedi altrove.
Pigliate un pezzo di vitello con del grasso di manzo, che triterete minutamente come un godivù, metteteci due ovi con le chiare, o del sale. Abbiate un poco di lacchetta di castrato, di vitello o toelet di vitello, che spolverizzerete di pressemolo, e sette o otto fette di limone per gl’intervalli. Avrete una lingua di vitello, o di castrato cotta, che taglierete in piccole fette sottili con delle piccole fette di lardo. Stendete il vostro godivù sopra queste con pressemolo sopra, con sale e pepe. Rotolate il tutto insieme e legatele per metterle a cuocere dentro una pignatta, come un buon corto brodo, con un pezzo o fette di lardo. Servite con sugo per ordover, o per antrè, avendoli guarniti di tutto quello che giudicherete a proposito.
Vedete l’articolo di fette di manzo rotolate, come altrove, e qui addietro le polpette.
Il salpicon è un ragù che si fa di gran pezzi di manzo, vitello o castrato, che si vuol servire essendo arrosto per principali antrè. Perciò tagliate del cedrone in dadi, del prosciutto cotto, de’ 288fegatelli, tartufi, funghi, fondi di articiocchi, filetti di galline, il tutto tagliato in dadi. Bisogna prendere il cetriolo a parte e passarli con del lardo; dipoi si leva il grasso, ci si mette un pizzicotto di farina e si passano ancora un poco; metteteli dopo con tutta la suddetta roba, e lasciate cuocere il tutto insieme. Se avete dell’essenza di prosciutto, mettetecene una cucchiarata. Per legar la salsa bisogna aver un buon coIì e metterci nel fine un bicchier d’aceto. Si fa un buco al pezzo di manzo, o quarto di vitello, sopra la coscia. Si leva tutta questa carne, quale servirà ad altri pieni, ed in suo luogo si mette il ragù che abbiamo descritto.
Si può servire il salpicon separatamente per antrè.
Per far delle salsicce, si prende della carne e zinna di porco, tritarla, condirla e mescolarci un poco di pressemolo, ed altre erbe fine, e qualche scalogno. Quando si voglion far le più delicate, bisogna tritarci ancora qualche petto di cappone, o di pollastri grossi, un poco di prosciutto crudo e degli anisi, come alla salsiccia. Il tutto ben tritato, e ben condito con un poco d’essenza di prosciutto, potete legarlo di qualche rosso d’ovo. Bisogna aver delle budelle di castrato, secondo la grossezza della quale volete le vostre salsicce: è necessario 289nettarle bene, formar le vostre salsicce della lunghezza che desiderate e, per servirle, grigliatele sopra della carta o passatele alla padella.
Potrete ancora inviluppare la suddetta vostra composizione dentro le reti, ed allora si chiama il pieno alla crepin, come si è veduto per li fegatelli altrove.
Le salsicce di vitello si fanno nella medesima maniera, tritando della coscia di vitello con metà di lardo, condito di sale, pepe, noce moscata ed erbe fine ben minute. Si fanno ancora cuocere sopra la gratella con carta unta e si servono con mostarda, come le precedenti, il tutto per antrè.
Bisogna prendere della carne di pernice cruda, di gallina o cappone crudi ancora, un poco di prosciutto crudo, un poco di coscia di vitello e del lardo crudo, pressemolo e cipolla, il tutto ben trito, con funghi, tartufi, e condito di speziarie fine, uno spicchio d’aglio, sale e pepe, due ova intiere e tre o quattro rossi d’ovo, ed un bicchier di pana di latte. Rotolate questo pieno in grossi pezzi secondo la quantità che voi n’avrete e, per farle cuocere senza che il pieno si disfaccia, tagliate delle fette ben sottili di vitello e schiacciatele sopra la tavola; fermate con quella il vostro pieno, che sia 290alla grossezza d’un braccio per lo meno, e d’una lunghezza ragionevole. Avendoli così accomodati, bisogna aver una cazzarola ovata con molte fette di lardo al fondo ed accomodar li salsiccioni dentro la cazzarola, che siano ben fermati. Copriteli di fette di manzo e fette di lardo, e fateli cuocere alla brace avendo cura che il fuoco non sia troppo ardente; bisogna che cuocino circa otto o dieci ore. Essendo cotti, tirateli fuori del fuoco, lasciateli raffreddare nella medesima cazzarola e, quando sarete vicino a servirli, levate il grasso propriamente con la mano, cavate i vostri salsiccioni avendo cura di non romperli, levate tutta la carne ch’è attorno, e che non ci si resti punto di grasso. Dipoi con la vostra cortellina, che tagli bene, tagliateli in fette ed accomodateli propriamente nel suo piatto, o tondo, e serviteli freddi.
Se vi capita occasione di far della gelatina nel tempo che fate i salsiccioni, fateli cuocere nella medesima cazzarola.
Si serve del salmone fresco in ragù passato al rosso, come delle fricondò, con latti di vitello, tartufi, funghi, e buon brodo o sugo di manzo in cuocere, e sugo di limone per servirlo.
Si può ancora osservare quel che si dirà qui appresso per la truta in grasso, ovvero lardarlo minutamente ben condito e farlo cuocere allo spiede a piccol 291fuoco, bagnandolo di vin bianco ed agresto, un mazzetto d’erbe fine, ed un pezzo di limon verde dentro la salsa. Aggiugnete nel degù dell’ostriche, funghi cotti, capperi, farina fritta, ed il fegato del salmone, pepe bianco, e sugo di limone in servirlo. Il tutto per antrè.
Osservate quel ch’è stato detto per la coda di..., ed avendo ripiena questa qui nella stessa maniera, panatela e fatela cuocere al forno con sale, vin bianco, cipolla, timo, lauro, o alloro, e scorza di limone. Essendo cotta, abbiate un ragù che ci getterete sopra e servitela guarnita di quel che vorrete.
Pigliate una testa, o quel che vorrete del salmone, ed avendola tagliata, o messa in fette, fatela cuocere al forno,con un poco di vino, erbe fine in mazzetto, noce moscata, alloro, limon verde ed un poco di brodo di pesce. Bisognando che il vostro piatto, o bacile, sia coperto, fate frattanto un buon ragù d’ostriche, capperi, farina fritta, funghi ed il fegato del salmone, e mettete il tutto sopra, nel tempo di servirlo, con sugo di limone.
Tagliatelo in fette, ed avendolo farinato, fatelo friggere in burro raffinato. Essendo fritto, mettetelo un poco a rinvenirsi in una salsa dolce, fatta con vino rosso, zucchero, cannella, sale, pepe, 292garofali, limon verde; e servite con quella guarnitura che vorrete.
Vedetelo qui avanti.
La troverete pure qui dopo.
Fatele friggere e tagliatele dipoi in filetti. Fate una salsa con buon vino di sciampagna, due spicchi di aglio, sale, pepe, timo, una foglia d’alloro. Mettete le vostre sfoglie a rinvenir dolcemente in questa salsa, che sia di buon gusto, e guarnitele di quel che vorrete.
Aprite la schiena da una parte all’altra, fritte che sieno, e cavate la lisca, che si veda la carne bianca. Prenderete la carne di qualch’altra per guarnire e farete una salsa bianca con una acciuga e de’ capperi, una salsa roberta, ovvero un ragù di funghi e di fegati di luccio, qualche pezzo di fondo d’articiocco tagliato molto sottile, e qualche latte di carpa; e sugo di limone in servirlo.
Le vostre sfoglie essendo fritte, tagliatele in filetti, metteteci dentro il vostro cetriolo, accomodato nella maniera qui sotto. Taglierete de’ cetrioli, che farete marinare: li passarete e li bagnarete con del sugo, o brodo, 293dentro il quale li farete cuocere ben conditi, avendo riguardo che non s’attacchino. I vostri filetti essendo dentro, serviteli poco dopo e guarniteli di quel che vorrete.
Lasciate raffreddare le vostre sfoglie dopo che saranno fritte. Fate un pieno d’erbe fine, pressemolo, cipolle, timo, sarriate, bassilico, il tutto trito insieme, garofolo, sale, pepe e noce moscata. Maneggierete tutto questo con un buon pezzo di burro, e riempirete le vostre sfoglie, cavandole la lisca per di sopra la schiena. Bagnatele dipoi nel burro fonduto, ed avendole panate, mettetele sopra la gratella a fuoco e datele colore con la pala rossa. Le servirete con limoni tagliati in mezzo.
Si riempiscono altre sfoglie di molliche di pane, e d’acciughe, pressemolo, e cipolle ben trite, buon brodo ben trito e ben condito. Essendo ripiene come sopra, bagnatele dentro all’olio, panatele e fatele cuocere come de’ piedi di porco alla Sante Menò. Fateci una piccola salsa rossa, e sugo di limone in servirle.
Vedetene la maniera altrove.
Ne potete fare ancora degli antrè arricchendole di funghi, ostriche, gambari e capperi con sugo di limone in servirle.
Fuori di Quaresima potete mescolare tre o quattro ovi dentro il pieno che farete con la carne delle vostre sfoglie disossate, quando sono mezze fritte, con erbe fine e mollica di pane bagnata nel latte; ed avendo guarnite le lische delle vostre sfoglie con questo pieno, che faccia il medesimo disegno, poi fatele cuocere al forno di bel colore e guarnite di limone, o altre cose.
Dopo che le vostre sfoglie sono fritte, e tagliate in filetti, bisogna aver un buon ragù di lenti per mettercele tal quale si può vedere altrove, e farlo vedere un poco sopra il fuoco dolcemente. Essendo vicino a servirle, accomodate i vostri filetti col ragù, o colì, e guarnite di quel che vorrete per antrè.
Si ponno metterci de’ draghi di mare, come delle sfoglie. Si ponno metterci ancora le pecchie, o sia la razza, ma bisogna maneggiarla più dolcemente. Potete ancora metterci i rombi.
Si serve di filetti di sfoglie.
Al colì di capperi.
Alli tartufi.
Alla salsa roberta.
Al bassilico, ed
Alli gamberi.
Si fa ancora un pane.
De gattò. 295Se ne mette al corto brodo.
Ancora in marinato, come altrove, e per questo si mangiano fritte, come sale, e sugo di arance.
Per fare un’antremè di sus, pigliate dell’orecchie e piedi di porco e fatele cuocere come all’ordinario. Essendo cotti, bisogna cavarli e lasciarli raffreddare. Tagliateli dipoi in piccole fette ben sottili e levate tutti gIi ossi. Dopo bisogna pigliare una cazzarola, e del miglior aceto che si possa, e del zucchero a proporzione secondo la quantità delle vostre carni. Bisogna far bollire l’aceto ed il zucchero, della cannella in bastone, tre o quattro stecchi di garofali, un pizzicotto di pepe e del sale, e due o tre fette di limone. Quando è ben cotto, passate tutto per stamigna: essendo passato, metteteci le vostre carni tagliate minutamente e fate bollire il tutto insieme fino a che la salsa venga legata, come se questo fosse del menduroè alla mostarda. Cavate fuori la cazzaruola allora dal fuoco. Abbiate delle scatole quadre di tal grandezza che vorrete, ed avendo ben sgrassato col cucchiaro, mettetene dentro le vostre scatole, e de’ piccoli lardoni tra mezzo, che siano un poco lunghi e della lunghezza delle scatole. Quando saranno riempite, non le coprite punto fino a tanto che il tutto non sia ben preso: dipoi copritele con della carta ed il 296coperchio della medesima scatola. Questo si manterrà da quattro in cinque mesi. Quando è più fresca, è migliore. Si serve per belle fette ben sottili, accomodate propriamente sopra il vostro piatto, o tondo, e qualche bella salvietta sotto.
Per far delle talmose, pigliate del formaggio bianco, che sia ben grasso, e pestatelo ben dentro un mortaro con un pezzo di burro, quanto un ovo, ed un poco di pepe. Essendo ben pestato, bisogna metterci un pugno di farina, un poco di latte e due ovi, ed abbiate cura che il pieno non sia troppo delicato. Bisogna fare una pasta fina, e tirarne delle piccole spoglie secondo la grandezza della quale volete le vostre talmose; mettete di questo pieno sopra le vostre spoglie ed alzatene gli orli da tre parti, come in forma delle berrette da preti, pizzicando bene le cantonate con le dita affinché nel cuocere non si allentino punto. Bisogna dorarle con un ovo sbattuto; e farlo cuocere al forno, e vi serviranno per guarnire.
Potete tagliare in pezzi e farne una fricassè bianca, o scura, con prugnoli o funghi, tartufi, fondi di carciofi ed erbe fine, e sugo di limone in servirle, ed un legamento in servirle, come alli pollastri. Tritateci un’acciuga ben minutamente e guarnite di marinati.
Ovvero s’accomodano in cazzaruola, passandole alla padella al burro rosso dopo averle tagliate; dipoi si mettono a finir di cuocere col medesimo burro, vin bianco, agresto, un mazzetto, sale, pepe, noce moscata, alloro ed un poco di farina; e quando sono cotte, metteteci ostriche, capperi e sugo di funghi, ed un limone, e servitele guarnite di pan fritto.
Si può ancora riempirle come le reine, che sono le carpe; o farne un ragù, tagliandole in pezzi che si fanno friggere in burro raffinato, ove dopo si fa disfare un’acciuga; e ci si aggiunga sugo d’arancia, sale, pepe, moscata e capperi. Servite con pressemolo fritto e fette di limone.
Quelle che si voglion friggere, si spaccano per la schiena e si spolverano di sale e farina: essendo fritte, servite con sugo d’arancia.
Quella che si chiama terrina è un antrè molto considerabile: eccovi quello che è. Bisogna aver sei quaglie, quattro piccioni, due pollastri ed un quarto 298di castrato tagliato in pezzi. Mettete a cuocere il tutto alla brace dentro una bastardella di terra a poco fuoco, con delle fette di lardo al fondo per paura che non bruci, o de’ piccioli lardi tagliati in pezzi. Essendo cotto, levate il grasso e mettete in suo luogo del buon sugo di vitello, de’ cuori di lattughe rifatte e cotte, un poco di purè di piselli verdi, con de’ piccoli piselletti o punte di sparagi. Lasciatele cuocere ancora qualche tempo insieme, e non la servite che dopo aver ben sgrassato. Vedete altrove, ove si è di già descritto qualche cosa sopra, o sotto il mirotòn.
Il tonno si può servir in fette, o filetti alla salsa al potteruomo, e per l’insalata con la ramolata che s’è descritta altrove.
Si può ancora, essendo fritto in pezzi, servirlo con una maniera di marinato come si è detto altrove.
Ovvero fatelo grigliare, avendolo bagnato e spolverato di sale, pepe e burro, e si mangia all’arancia ed al burro rosso.
Se ne fa ancora un polpettone e si mette in pasticcio in pignatta; facendolo cuocere dopo aver trita la carne dentro un pignatto, o bastardella di terra, con 299burro rosso e vin bianco, un pezzo di limone verde, sale, pepe, funghi, o maroni, e capperi. Guarnite di pan fritto, ostriche fritte e fette di limone.
Vedete gli altri pasticci di tonno, medesimamente che di pesci precedenti, come altrove.
Si possono mettere in fricassè di pollastri, e queste, dopo aver tagliata la testa, li piedi e la coda, fatele bollire dentro una pignatta sino a tanto che siano cotte con sale, pepe, cipolla, garofalo, timo ed alloro. Essendo cotte, tagliate le vostre testuggini in pezzi ed abbiate riguardo al fiele per gettarlo via. Lo passerete con erbe, cipolle, sale, pepe, funghi, fondi di artichiocchi, spongoli, tartufi e prugnoli.
Se la volete rossa, bagnatela con sugo di cipolla o pigliate del buon brodo di pesce ed un poco di farina fritta, e per metterle in fricassè bianca, legate la salsa con de’ rossi d’ovo, agresto e sugo di limone in servirla. Guarnite di latti, fette di limone ed ostriche fritte, o crude, secondo la vostra fricassè.
Potete ancora fare un polpettone di testuggini, ovvero metterle in infusione per qualche tempo nell’aceto, sale, pepe e cipolle, dipoi farinatele, ed avendole 300fritte, le servirete con pressemolo fritto, arancia e pepe bianco.
Si fanno di due sorte di torte, come de’ pasticci, tanto per i giorni da grasso che da magro; l’une per antrè e l’altro per antremè. Si è di già parlato di qualcuna di questo primo servizio, come di torte di pollastri e di piccioni, come altrove. E per l’altre, che servono per antremè, si sono vedute le torte di mandole, di pana di latte e di marmellate di frutti, e medesimamente di quel che riguarda il pesce. Applichiamo adesso alle più considerabili che restano.
Avendo ben nettate ed accomodate le vostre quaglie propriamente, mettetele in pasta, come le prime che abbiamo specificato in pasta sfogliata, condita di sale, pepe, noce moscata ed un mazzetto: guarnite la torta di latti di vitello, funghi e tartufi in pezzi, lardo pestato, o fonduto sotto delle vostre quaglie, e midolle di manzo; poi copritela e fatela cuocere due ore. Mettete sugo di limone in servirla caldamente per antrè.
Pigliate ogni sorta di volatile, quaglie, piccioni, tordele, ortolani: l’uno o l’altro, purché queste sorte siano di tutti i piccoli volatili e teneri. Se sono piccioni, per esempio, dopo averli ben nettati, 301bisogna farci un pieno, composto d’un poco di midolla, funghi, tartufi, un piccol pezzo di lardo bianchito, il tutto ben condito di speziarie ed erbe fine d’ogni sorta; fendete i vostri piccioni sopra la schiena solamente per farci entrar questo pieno, ed in caso che siano un poco duri passateli avanti di riempire. Essendo ripieni, bisogna aver de’ latti di vitello, de’ funghi, creste, fondi di carciofi tagliati in quarto, il tutto condito e passato a parte. Tenete i vostri piccioni allestiti. Fate trattanto della pasta con acqua, farina, un rosso d’ovo, un poco di sale e di burro, e che non sia troppo dura. Lasciatela riposare un poco, dipoi battetela con la cannella e separatela in otto pezzi, secondo la grandezza della vostra tortiera. Di questi otto pezzi pigliatene quattro da metterli sotto: tirate ciascuna spoglia ben sottile, come di carta, ungete di grasso la vostra tortiera di strutto, o di lardo, ed avendoci messa una spoglia, ungetela, come avete fatto la tortiera, per metterla sopra la seconda; e così farete all’altre. Bisogna dopo questo accomodar propriamente i vostri piccioni, o altri piccoli volatili, col ragù, e coprirli di fette di lardo. Pigliate dipoi li quattro pezzi di pasta che vi sono restati, e fate medesimamente come avete fatto a quelle di sotto, che vuol dire ingrassatele avanti di metterle una sopra l’altra. La vostra torta essendo così 302coperta, bisogna ancora ingrassarla per di sopra e farla cuocere, avendo riguardo che non prenda troppo colore. Essendo cotta con diligenza, accomodatela in un piatto, o tondo: levate propriamente il suo coperchio e le fette, e metteteci qualche buon colì bianco, o di funghi, secondo li volatili che avrete preso; il tutto servito caldamente.
Pigliate del petto di cappone, o di pollastro, e pestatelo ben dentro un mortaro con un poco di limon raspato, un marzapane, tre rossi d’ovo e dell’acqua di fior d’arancia con un poco di cannella in polvere, che il tutto sia ben legato. Lo stenderete sopra una spoglia di pasta senza coperchio e la farete cuocere dolcemente. Ghiacciatela con zucchero in polvere e fate ben scaldare un coperchio di tortiera, che metterete sopra per darle colore essendo vicino a servirla; un poco d’acqua d’odore per di sopra e sugo di limone.
Bisogna tritare un pezzo di cappone crudo con tanto di midolla, o grasso di manzo. Formerete dipoi la vostra torta in pasta e la guarnirete di funghi, tartufi, creste, latti di vitello, un poco di lardo pestato, sale, pepe, noce moscata; coprite la torta d’una spoglia della 303medesima pasta, doratela e fatela cuocere un’ora e mezza. Mettete pistacchi, e sugo di limone e di arancio in servirla, guarnita di tartaretti o altra cosa.
Passate li fegatelli dentro l’acqua calda ed accomodateli dipoi dentro una tortiera con pasta fina, guarniti di funghi triti, erbe fine, cipolle, lardo pestato, e condita di sale, pepe, noce moscata, garofali ed un pezzo di limon verde. Copritela con la stessa pasta, ed avendola dorata, fatela cuocere una buon’ora. Pigliate uno de’ medesimi fegatelli che avrete salvato, e passatelo per la padella con un poco di lardo fonduto e farina, poi pestatelo e passatelo per la stamigna con sugo di castrato e di limone, avendo sfregato il fondo del piatto con uno scalogno, e mettete ogni cosa dentro la vostra torta, quando sarete per servirla.
Potete tagliare un pezzo di prosciutto di cansetino cotto in piccole fette, ed accomodarle dentro la vostra tortiera sopra una spoglia di pasta fina con erbe fine minute, pepe, cannella, noce moscata, buon burro fresco, una fogiia d’alloro. Si cuopre e si dora come le antecedenti e non si fa cuocere che per mezz’ora. Essendo cotto, metteteci sugo di limone e di castrato ed un poco di scalogno.
Se si vuole, si può tritare il prosciutto per farne una torta simile e metterci del zucchero, della cannella, pepe bianco, scorza di limon confetta ed un poco di lardo pestato. Essendo accomodata e cotta, come sopra, metteteci sugo di limone e zucchero in servirla.
Tagliatele in fette, che accomoderete nella vostra tortiera con scorza di limon candita, uva passa, dattili, sale, pepe, cannella, zucchero, due maccaroni pestati, lardo fonduto ed un pezzo di limon verde. Coprite la vostra torta, e doratela, e fatela cuocere un’ora; ed in servirla, metteteci sugo di limone, zucchero ed acqua d’odore.
Tagliate una lingua di manzo salata in fette ben sottili, come le precedenti, dipoi accomodatele sopra una spoglia in una tortiera, condita di cannella, pepe, zucchero e lardo fonduto. Copritela con la medesima pasta, ed essendo mezzo cotta, che sarà circa mezz’ora, dopo che l’avrete posta a fuoco metteteci un mezzo bicchier di buon vino, dopo di che lasciatela cuocere del tutto; ed in servirla metteteci zucchero, sugo di limone e grani di mela granata.
Fateli bianchire nell’acqua ben calda e metteteli in pasta, guarniti di piccoli 305funghi, tartufi, sale, pepe, noce moscata, limon verde e lardo pestato. Coprite la torta con un’altra spoglia simile, doratela e fatela cuocere un’ora; quando sarà cotta, metteteci sugo di vitello, o di castrato, e sugo di limone, e pistacchi in servirla.
Mettetele bene nell’acqua calda; dopo di che accomodatele nella vostra tortiera con funghi, tartufi, latti di vitello, fondi di carciofi e midolla di manzo, il tutto condito di sale, pepe, noce moscata, un mazzetto, e lardo pestato o fondato. Coprite e doratela, come le altre, ed avendola fatta cuocere circa due ore a poco fuoco, ci metterete sugo di limone e di castrato in servirla.
La potete fare in due maniere.
Tirate i vostri rognoni di vitello con un poco di lardo, condito di sale, pepe, noce moscata, cannella, cipolla, erbe fine, funghi e latti di vitello. Fatene la vostra torta in pasta e copritela, e fate cuocere, come qui avanti, circa una buon’ora.
Il vostro rognone di vitello essendo cotto, tritatelo e mettetelo fra due paste fine con zucchero, cannella, scorza di limone, dattili, un poco di burro, due 306maccaroni e gl’altri condimenti. Tre quarti d’ora bastano per cuocere una torta simile: servendola, metteteci sugo di limone, zucchero ed acqua di fior d’aranci.
Pigliate delle persiche, che siano mature, e pelatele propriamente, levatene il nocciolo e lasciatele in pezzi grossi: dopo bisogna aver del zucchero, della scorza di limon condita trita, il tutto dentro ad un piatto. Fate una pasta fina con un poco di burro, farina, sale, acqua ed un rosso d’ovo, ch’ella sia un poco soda e punto bruciata. Tiratene una spoglia tonda, secondo la grandezza del vostro piatto, e che sia ben sottile. Accomodate un picciol’orlo della vostra pasta dell’altezza di due dita. Dippoi accomodate tutte le persiche dentro propriamente, mettete la torta al forno e fatela cuocere. Essendo cotta, bisogna con la pala del fuoco ben calda farle prender colore, avendola spolverata di zucchero.
Questa si chiama una torta grigliè, servendola caldamente.
Si possono fare simili torte di pomi ed altri frutti; e se ci vorrete pigliar della diligenza, potete fare una spoglia di pasta croccante ben ritagliata e farla seccare al forno, e dopo che sarà seccata ci potrete fare un ghiaccio d’una chiara d’ovo, di zucchero fino in polvere, un 307poco di limon condito, il tutto sbattuto insieme. Mettete questa roba sopra la vostra spoglia e fatela ghiacciare al forno, che sia ben bianca ed un poco avanti di servirla: la vostra torta essendo accomodata nel vostro piatto, potete metterci sopra la detta spoglia croccante e guarnirla di merenghe.
Bisogna aver delle ciliege e fare una pasta mezza sfogliata; sopra il tutto che sia ben fatta. Tiratene una spoglia ben sottile, mettetela sopra la tortiera ed accomodateci le vostre celiege sciroppate. Fate delle piccole fette della vostra pasta, o siano strisce, avvertendo di non farle troppo strette. Potete gratellarle a stella, a cesta o a bandiera reale, ed in più altre maniere, secondo il gusto di ciascuno. Accomodatele con la punta del vostro cortello, fatela cuocere, e ghiacciatela dipoi con zucchero fino e passateci la pala rossa del fuoco. Potete guarnirla di sfogliatine o di piccoli fiori d’ogni sorta di frutti. Se ne può fare medesimamente d’altri frutti.
Se ne può fare ancora alla pana.
Nella stagione dell’albicocche, agresto, ec. elle sono naturali; negli altri tempi si prende della marmollata. Nell’una o nell’altra maniera, sono sempre migliori facendo la spoglia d’una pasta 308di mandole ben fatta, o d’una pasta croccante, tal qual si e veduto altrove.
Per la torta di burro, pigliate del burro, il più fresco la quantità d’otto once, secondo la grandezza della vostra tortiera: mettete il vostro burro a raffinare affinché butti fuori la sua schiuma; se questo è un giorno grasso, tritateci un poco di midolla; per li giorni da magro non se ne mette punto. Il vostro burro essendo raffinato, tiratelo fuori del fuoco e lasciatelo riposare. Pigliate tre ovi freschi, cavatene la chiara e fatene con questa della schiuma; dopo metteteci del zucchero fino, quattro rossi d’ovo, delle scorze di limon candido ben trite, delle scorze di limon verde raspate ed un poco d’acqua di fior d’aranci, il tutto sbattuto a proporzione. Versate dipoi il burro dentro il medesimo pieno. Sbattete ben tutto insieme, lasciandolo dipoi riposare. Bisogna aver una pasta fina, che sia ben fatta, tirarne una spoglia ben sottile, metterla sopra la vostra tortiera unta con un poco di burro, ed accomodate l’orlo della vostra pasta con la punta del cortello. Quando si è vicino a far cuocere la torta, ci si versa il pieno: si fa cuocere, poco fuoco sotto, ma solamente al mezzo della vostra tortiera, per paura che ella non prenda troppo di colore. Per conoscere quando le vostre torte sono cotte, bisogna veder se le si distaccano ben dalla 309tortiera. Essendo vicino a servirla, spolveratela di zucchero fino, e ghiacciatela con Ia pala rossa, guarnitela di rissole, di gonfietti di pomi o altra cosa simile.
Si fa nella stessa maniera: in luogo del burro ci si mette solamente del lardo affinato, ma che il lardo non abbia alcun cattivo gusto e che gli ovi siano sempre ben freschi. Se le torte sono grandi, ci bisognano ova di vantaggio.
Si può fare ancora nella medesima maniera che le sopraddette. Quando la midolla è raffinata e ben liquefatta, si sbattano due ova nella medesima maniera e ci si mettano la medesima scorza di limone ed il resto. Altri pestano la midolla, o zucchero, e la scorza di limone tutto insieme nel mortaro, con un poco di farina e dell’acqua di fior d’aranci. Si sbattono dipoi le chiare d’ovo e tre o quattro rossi, e si mescola questo col resto dentro il mortaro. Si fa una buona pasta fina come per l’altre torte precedenti. Ciascun le travagli pure differentemente: purché queste s’incorporin bene, poco importa tal differente operare.
Pigliate cinque o sei biscotti marzapani, o maccaroni, del zucchero e quattro o cinque rossi d’ovo. Pestate il tutto insieme in un mortaro, un poco d’acqua di fior d’aranci, e mettete tutto il vostro 310apparecchio sopra una sfoglia sfogliata: fatela cuocere sopra una brace ben dolcemente, e ghiacciatela, ch’ella sia di bel colore.
Mettete un bicchier d’agresto, di sugo di limone con tre once di zucchero, e quando sarà bollito a metà, aggiugneteci della pana con sei rossi d’ovo, un poco di burro, fior d’aranci, scorza di limon candito grattato, cannella pesta, e mettete il tutto in pasta fina senza coprirlo.
I vostri carciofi essendo ben cotti, e ben bianchi, metteteli in pasta con erbe fine, cipolle minute, pepe, noce moscata, sale e burro. Coprite la vostra torta, ed in servirla metteteci una salsa bianca con un tantino d’aceto.
Pestate i vostri fondi di carciofi e passateli per stamigna con burro, o lardo fonduto, per farne come una crema: aggiugneteci due rossi d’ovo crudi, sale e noce moscata, e mettete il tutto in pasta ben sottile e ben delicata. Essendo cotta, servitela con sugo di castrato e di limone.
Potete ancora metter dentro questa crema d’articiocchi, un maccarone pestato, zucchero, cannella, scorza di limon candito, un poco di pana di latte e del sale, e farne la vostra torta senza coprire, 311ma ghiacciarla, quando la vorrete servire con zucchero ed acqua di fior d’aranci.
Facendole cuocere con vin bianco e pestandole dipoi con zucchero, cannella, fior d’aranci e scorze di limone. Passatela dipoi per stamigna, e mettetela in spoglia ben delicata con un poco di burro, e servitele con zucchero muschiato e fior d’aranci.
Tagliate il più tenero de’ vostri sparagi e salvate le punte per guarnire: fatele bianchire in acqua ed accomodateli dipoi dentro la vostra tortiera con lardo fonduto, midolla, o burro, erbe fine, cipolle, sale, pepe, noce moscata, e coprite la vostra torta. Essendo cotta, metteteci della pana, o sugo di castrato, ed un rosso d’ovo.
Pigliate delle foglie di spinacci, e fatele bianchire nell’acqua o smorzare in un pignatto di terra con un mezzo bicchier di vin bianco. Il vino essendo consumato, tirate i vostri spinacci sgocciolati ben minutamente, ed avendoli conditi d’un poco di sale, cannella, zucchero, scorza di limone, due maccaroni e buon burro, metteteli in pasta fina e copritela in gratella: mettete zucchero e fior d’aranci in servirla.
Tagliateli in fette, avendoli ben pelati ed accomodati sopra una spoglia ben fina, passate del burro per la padella con un poco di farina, erbe fine minute, una cipolla intiera, e mettete il tutto dentro la vostra torta, condito di sale, pepe e noce moscata: né la coprite punto, e servite con sugo di limone.
Mettete i vostri funghi in pezzi in spoglia di pasta fina, erbe fine, cipolle, sale, noce moscata, farina cotta e burro. Coprite la vostra torta con un’altra spoglia, doratela, ed essendo cotta, servitela con sugo di limone e di castrato, avendo levate le cipolle. Si può ancora aggiugnerci un legamento con burro rosso.
Si fanno nella stessa maniera.
Pigliate dei rossi, un pezzo di zucchero, acqua di fior d’aranci ed un poco di buttiro; fatene come una catena e mettetela in pasta fina ben delicata ed a piccolo orlo; grattate della scorza di limone per di sopra; fatela cuocere e ghiacciatela in servirla.
Prendete dell’acetosa, per cavarne il sugo, e mettetelo dentro un piatto con zucchero, cannella, maccaroni, un pezzo di burro, tre rossi d’ovo, scorza di limone candito grattata e fior d’aranci. 313Fate cuocere ogni cosa in forma di crema, ed accomodatela dipoi sopra la vostra tortiera in una spoglia ben delicata: essendo cotta, servitela con zucchero.
Si può fare un’altra torta in maniera di crema verde, mescolando con pistacchi, mandole e sugo di purè quando si passa per stamigna; e per gli altri colori di tutte le sorte, vedete quel che si è detto per le gelatine e pel bianco mangiare altrove.
Tagliate in fette l’arance mettendole in pasta delicata con zucchero, maccaron pestato, cannella, qualche pestacchio, e medesimamente li limoni verdi.
Si fa nella stessa forma di limoni verdi, fuorché al luogo de’ pistacchi ci si mette della scorza di limon condito grattata, e si servono tutte e due con zucchero muschiato.
Vedete quel che si è detto tanto per le spoglie, che ci sono le più convenevoli, che per lo resto, altrove, come ancora le differenti sorte di creme che si sono descritte altrove e in più luoghi.
Eccovi ancora alcune torte di pesce, che si servono per antrè ne’ giorni magri.
Fate cuocere i gambari con un bicchier di vin bianco, dopo averli ben lavati. Pigliate le zatte e le code, e pestate il rimanente nel mortaro per passarlo per stamigna con un poco di brodo e burro caldo. Accomodate dipoi il tutto nella vostra tortiera con sale, pepe, noce moscata, cipollette, funghi in pezzi, ed avendo posta l’altra spoglia per di sopra, doratela e fatela cuocere, e servitela con sugo di limone.
Potete ancora tritare i vostri gambari, e metteteli in pasta con latti di carpa, funghi, fegati di luccio, spongioli, tartufi, burro ed altri condimenti, e servir medesimamente con sugo di limone o d’arancia.
S’accomodano in una spoglia di pasta fina, condite di sale, pepe e noce moscata, erbe fine, cipolle, funghi, spongioli, tartufi e buon burro. Coprite il tutto con un’altra spoglia, fate cuocere la vostra torta a poco fuoco e servitela con sugo di limone.
Gli condirete come la torta suddetta, fuorché bisogna che il burro sia rosso, e ci si mette un’acciuga fonduta, con capperi, e sugo di limon in servirla.
Mettetelo in fette, o filetti, dopo averlo 315fatto un poco cuocere con vino claretto, e l’accomoderete per la vostra torta con scorza di limone candita, dattili, zucchero, cannella, un poco di pepe, sale e burro. Essendo mezzo cotta, metteteci il vino ove sarà stato cotto il salmone. Coprite e ghiacciatela, e servite con sugo di limone.
Ovvero tritate il vostro salmone con funghi, erbe fine, cipolle, sale, pepe, e noce moscata con articiocchi, e servitela come l’altra.
Mettetele in filetti con funghi, spongiole e tartufi triti per mettere al fondo, conditi di sale, pepe, noce moscata, erbe fine, cipolle e pezzi di funghi.
Ovvero disossate i vostri pesci, levando le lische e le teste, che farete friggere per guarnire, e servite sempre con sugo di limone o d’arancia.
Si fa nella suddetta maniera, fuorché ci si aggiunta un poco di pan grattato, capperi ed una fetta di limon verde, e l’acqua dell’ostriche avanti di servirla.
Le vostre telline essendo nettate bene e lavate, passatele alla padella e cavatele dalle loro gusce. Accomodatele nella vostra torta con funghi in pezzi, spongiole, sale, pepe, noce moscata, timo e 316burro, essendo mezze cotte; metteteci dell’acqua delle telline, con pan grattato e sugo di limone in servirla.
Le vostre tinche essendo scagliate, fendetele per la schiena e cavatene la carne, e fate che la testa e la coda stiano attacate alla pelle. Tritate questa carne minutamente con funghi, latti di carpa, erbe fine, sale, pepe, noce moscata e stecchi di garofali pestati; ed avendo riempite con questa le vostre tinche, accomodatele nella vostra torta, con ostriche, funghi, latti di carpe, fegati di luccio, burro ed un mezzo bicchier di vin bianco quando sarà a mezza cottura. Servitela con sugo di limone.
Per le quali si ha il comodo di regolarsi sopra le precedenti o sopra quel che è stato descritto al suo luogo, toccante la maniera d’accomodare questi pesci.
Si fanno i piccioni falsificati con un buon pieno di pesce composto di carne d’anguilla, di luccio, carpa e latti pestati. Si vuota il di dietro di questi piccioni con qualche cosa e ci si mette un pezzo di fegato di luccio, o altro. Si rifanno nel burro caldo e si mettono in pasta con creste e latti di vitello, formati con la medesima composizione, e 317bianchite separatamente dentro un cucchiaro. Condito di sale, noce moscata, pepe, funghi, latti, spongiole e buon burro, un poco di vin bianco verso il fine, e sugo di limone in servirlo.
La maniera di servirli ch’è la più in voga è al corto brodo, facendoli cuocere con vin bianco o claretto, conditi di sale, alloro, pepe.
Si possono mettere ancora alla brace, aprendoli a mezzo per metterci un poco di sale e pepe bianco, ed avendoli tornati a serrare, si fanno cuocere involtati nella carta bagnata sotto le ceneri, ma che non siano troppo ardenti, e serviteli nella stessa maniera sopra una salvietta piegata.
Ovvero avendo mondati i tartufi, tagliateli in fette e passateli con lardo fonduto, o burro, e farina. Fateli cuocere con erbe fine, sale, noce moscata, pepe, un poco di brodo, ed avendo ancora bollito dentro un piatto, che la salsa sia corta, serviteli con sugo di castrato e di limone.
Si fanno altre volte de’ ragù di tartufi e fegatelli, e delle torte, come si è descritto qui avanti; e per li pasti alle radiche, o colazione in Quaresima, si posson mangiare secchi all’olio, il tutto per antremè.
Le potete panare e no. Sopra quelle che non sono panate, gettateci un ragù di prugnoli, tartufi, latti, fegati di luccio passati al burro, con un’acciuga, erbe fine ed un poco di capperi. Fateci bollire un poco dentro le vostre trutte e servitele dipoi con sugo di limone.
Per l’altre che avrete panate, fatele marinare dentro un buon marinato, avendole travagliate, affinché elle ne prendano il gusto: lasciatecele una buona ora e fatele cuocere dipoi a picciol fuoco. Guarnitele di piccioli pasticcetti di pesci, o di marinati, e sugo di limone in servirle.
Abbiate due o tre trutte d’una bella qualità. Vuotatele dalla parte dell’orecchio propriamente. Bisogna accomodarle, ed avendole ben asciugate, aver la pala del fuoco rossa e che le vostre trutte siano ben distese sopra la tavola; passate la pala rossa sopra dal capo alla coda, avvertendo però che la pala non tocchi punto la trutta, e ritirate la mano di quando in quando. Quando si ritrovano assai rifatte, o bianchite per poterle lardare, lardatele a piccoli lardi per file. Bisogna aver un vaso ovato, una quantità di belle barde di lardo al fondo, accomodateci dipoi le vostre trutte lardate, mettete un poco di fuoco sotto, ed aver un coperchio e 319della buona brace per di sopra per farle prendere colore. Per paura che non s’attacchino al fondo, dimenatele di quando in quando. Essendo ben colorite, sgocciolate tutto il lardo e bagnate le vostre trutte di buon sugo, un poco di buon vino di sciampagna, una cipolla steccata di garofali: fate cuocere tutto dolcemente dentro la medesima cazzarola ben condito. Quando è vicino a esser cotto, e che non ci sia troppa salsa, bisogna aver un poco di essenza di prosciutto: dentro questa essenza ci metterete de’ tartufi, funghi ed ogni sorta di guarniture secondo la stagione, in maniera che questo sia un buon ragù ed un poco legato. Accomodate le vostre trutte dentro un gran piatto ovato, o tondo, versate il vostro ragù attorno, avendolo ben sgrassato. Potete guarnirle, se volete, di fondi di carciofi, polpette, o piccolo fricondò di trutta ben lardata, e fate come quelle delle sfoglie.
Per li grossi pesci di mare si lardano a grossi lardi, e quando sono ben legati ci si fa un buon corto brodo grasso, che sia ben condito e nutrito d’ogni sorta di buone cose, che ci entri del vino di sciampagna. Dopo che ogni cosa è ben cotta, accomodate i vostri pesci dentro un piatto ovato, il ragù per di sopra, composta d’ogni sorta di guarniture. Ci si mettono ancora dell’ostriche fresche 320con la loro acqua, ovvero ci si fanno delle salse alla carpa, e della buona essenza di prosciutto, ed il tutto servito caldamente e ben sgrassato.
Fate un buon corto brodo, ben condito di sale, pepe, garofali, timo, cipolla, aceto, agresto, limon, vin bianco e alloro; metteteci ancora un poco d’acqua, e per renderlo ben bianco aggiugneteci del latte verso il fine. Bisogna far cuocere dolcemente il turbot, o sia rombò, ed a piccol fuoco; e guarnir di pressemolo, torliture di limone per di sopra, e viole zoppe alla sua stagione.
Avendo scagliato e levato il vostro turbot, mettetelo dentro un bacino con fette di lardo condite di fonduto, vin bianco, agresto, un mazzetto, sale, pepe, garofoli intieri, foglie d’alloro, limon verde e noce moscata: copritele d’altre fette di lardo e mettetelo a cuocere alla brace o al forno. Per servirlo, levate le fette di lardo, accomodatelo in un piatto, e per di sopra un ragù di funghi fatto con la salsa del turbot, e fette di limone per guarnire.
Si è potuto vedere in più Iuoghi di questo libro quanti servizi si posson cavare dal vitello per fare un gran numero d’apparecchi e di piatti per ciascun servizio
321Ci sono delle fette di vitello per antrè, delle costolette di vitello, de’ latti di vitello, de’ pasticci, de’ tocchi di coscia di vitello, delle lingue e orecchie di vitello ripiene, senza parlare d’un infinità d’altre cose che si fanno col vitello, o almanco ove ce n’entra. Ci resta di parlare di qualche altra maniera d’accomodar del vitello solamente e primieramente del vitello all’italiana.
Bisogna prendere delle fette di coscia di vitello, che siano ben tenere, e tagliatele come se foste per fare delle fricondò: battetele un poco col cortello. Pigliate una cazzarola, accomodate al fondo di buone fette di lardo. Dopo ci metterete le fette di vitello ben accomodate e ben condite. Bisogna che ce ne sia secondo la grandezza del vostro piatto, o tondo. Copritelo per disopra d’altre fette di lardo, mettetele alla brace. Essendo cotte, cavate tutte le fette di lardo e la carne a parte. Sgocciolate il grasso e lasciatene solamente per poter far un rosso d’un pugno di farina, che farete arrossire nella medesima cazzarola ma che non sia troppo rossa. Bagnatela dipoi con buon sugo, rimetteteci le vostre fette di vitello, ricordatevi di farle cuocere dentro la medesima cazzarola: metteteci de’ latti di vitello, de’ tartufi in fette, de’ funghi, qualche cresta di gallo cotta, due fette di limone, un bicchier 322d’agresto, un mazzetto d’erbe fine, un pochettino di scalogna, un poco di colì di pane per legar la salsa, il tutto ben sgrassato e servito caldamente.
Tagliate delle fette di vitello, che siano un poco distese, e lardatele con un piccolo lardatore di legno; li lardoni saranno conditi d’un poco di pressemolo e di cipolla, con speziarie fine, sale e pepe. Essendo ben lardate, bisogna aver una cazzarola, metterci dentro qualche piccola fetta di lardo ed accomodarci bene le vostre fette di vitello sopra. Il fuoco dee essere molto moderato al principio, affinché la carne sudi. Dopo ch’ella ha sudato, bisogna farle prender colore da ogni parte, metterci un poco di farina, ed avendo preso colore, bagnarla con brodo chiaro e farla cuocere dolcemente. Essendo cotta, bisogna legar un poco la salsa e sgrassarla, metterci un bicchier d’aceto o d’agresto. Il tutto accomodate dentro il suo piatto, e servite caldamente.
Lardatela di grossi lardi, conditi di sale, pepe e noce moscata, ed essendo quasi cotta allo spiede, mettetela dentro una cazzarola coperta con brodo, un bicchier di vin bianco, un mazzetto, funghi ed il degù della longia, farina fritta ed un pezzo di limon verde. Servite a corta salsa, avendo un poco sgrassato e 323guarnito di latti di vitello lardati, costolette o altre cose.
Si può lardare di piccol lardo, a riserva dell’estremità grossa, che si pana bene, che sia di buon gusto. Si guarnisce di rossole di petto di cappone, e sugo di vitello per di sopra in servirlo.
Potete ancora farla marinare in una cazzarola ovata ben condita, ed essendo cotta allo spiede, prendete il rognone per farne dei crostini arrosto ripieni, dei quali guarnirete il vostro quarto di vitello, ovvero una frittata, e guarnirete di marinati, siano costolette o pollastri, o di cotolette ripiene, o pressemolo fritto.
Si fa un altro mezzo antrè d’una mezza longia di vitello cotta dentro un buon corto brodo ben condito e ben nutrito, inviluppandola dentro una salvietta per paura ch’ella non si rompa, guarnita di pan fritto, pressemolo e limon frastagliato.
Vedete nell’articolo del salpicon, ove descrive la maniera del ragù del quale si può riempire, ovvero fare un piccatiglio della carne che ne caverete, che sia ben condito, e ricoprite ben propriamente con la pelle che avrete levata, panate con mollica di pane quel che non 324è lardato, e guarnite di costolette ripiene, o di rissole, e crostini di pan fritto, il tutto di bel colore.
Si può ancora lardarlo d’attellette, che sono steccadenti pieni di fegatelli, lardi, e latti ec.
Si può fare un antrè di petto di vitello ripieno e guarnito di polpette, in maniera di quaglie cotte allo spiede, ed un buon ragù per di sopra. Passatelo al rosso e fatelo cuocere dentro una pignatta. Metteteci un pezzo di fetta di manzo nel cuocere per darli nutrimento, ed un legamento rosso, e sugo in servirlo. Per il pieno, lo comporrete d’un’altra carne di vitello, grasso, o midolla di manzo, lardo, erbe fine, funghi, latti di vitello, e condito di sale, pepe e noce moscata.
Si può ancora far cuocere il petto di vitello dentro una bastardella di terra, o cazzarola con brodo, ed un bicchier di vin bianco; ed essendo cotto, si passano de’ funghi per la padella col medesimo lardo, ove si è passato, ed un poco di farina, e si mette il tutto insieme.
Si fa un altro antrè di petto di vitello in torta con buon godivù e buone guarniture, come ad un’altra torta, ed un buon legamento in servirlo con sugo di limone.
Ed un altro d’un petto di vitello, ripieno o no, cotto allo spiede e posto in ragù, con sugo di limone in servirlo, guarnito di latti di vitello, creste e funghi fritti. Ovvero, essendo a mezza cottura dentro la pentola, mettetela a marinare con l’aceto, sale, pepe e alloro. Farinatelo e fatelo friggere in buona frittura, e servite con pressemolo fritto ed il resto della salsa.
Li potete mettere in ragù dopo averli fatti friggere. Il ragù composto di funghi, spongiole, prugnoli e fondi di carciofi; guarnite di quel che vorrete.
Si possono ancora non friggere, ma farli grigliare con una salsa di capperi ed acciughe.
Fateli cuocere al corto brodo e tagliateli come le perchie, o le sfoglie, che si accomodano così, come altrove.
Vedete ancora altrove per li vives in filetti al bianco, ch’è ancora il medesimo che per le perchie.
Fate il vostro piccatiglio con aggiughe trite e capperi intieri, il tutto di buon gusto, guarnito di crostoni di pan fritto, e sugo di limone in servirli.
Carbonate sono piccoli pezzetti di carne, che si taglian molto sottili e si mettono sopra la gratella.
Prendete libre una fior di farina, con oncie quattro buttiro fresco, con un poco di sale trito, ed impastate tutto con sei ova fresche, con rosso e chiara, che dovranno esser sufficienti per far una pasta tenera senz’acqua ma maneggiabile. Si maneggi ben bene questa pasta, e se s’andasse attaccando alle mani o al tavoliere nel maneggiarla, si vada distaccando spolverizzandoci altro fior di farina. Dopo essersi ben maneggiata, si batta ben bene colla vostra cannella, e riunita la pasta in forma di pan tondo, si lasci riposare per lo spazio d’un’ora. Dipoi si tagli in fette la vostra pasta e si vada rotolando con ambe le mani tanto che la riduciate alla grossezza d’un dito. Quando avrete ciò fatto unite ambe l’estremità, dopo averla fatta in tondo a similitudine di ciambella, o di bracciatella (come dicono i lombardi) a quella grandezza che vorrete, e ponetele in una caldarina d’acqua che bolla, che avrete a ciò preparata dopo averla intaccata sopra con le forbici. Lasciate bollire le vostre esciodè circa mezzo quarto d’ora; poscia cavatele diligentemente con mescola forata e ponetele subito in una 327cazzarola d’acqua fresca. Rinfrescate che saranno, cavatele con altrettanta diligenza dall’acqua fresca e ponetele sopra una tovaglia bianca, o altro panno lino, con cui l’asciugherete diligentemente levandole tutto l’umido ch’avranno al di fuori. Abbiate dipoi Iesto il vostro forno, avvertendo che abbia un caldo non violento ma temperato, e ponetecele dentro, che, il calore facendole gonfiare, le troverete assai grosse e leggiere, che in tal forma saranno d’un ottimo gusto. Si possono ancora così, cotte nell’acqua e rinfrescate come s’è detto, ponersi in forno il giorno seguente, che saranno buonissime e verranno bene, ma il meglio è, quando l’avrete asciugate nella forma detta di sopra, mandarle immediatamente in forno.
Prendi cenere di sola rovere, e che non sia di fasci di vite o d’altro, si valla, e poi con straccio si netta intieramente. Si prende v. g. libre cento acqua comune e libre vinticinque cenere suddetta ben raffinata, cotta e fatta ben deponere sin che sia ben chiara; si mette in calderotto a bollire, e quando bolle ci si mettono a scottare le pesche per pelarle. Dopo che avranno un poco bollito, si provi a pelarle con le dita, o unghie, il che seguirà in pochi bollori. Pelate che siano, si pongono in acqua chiara bollente a finir di cuocere, e cotte secondo 328l’arte, se le dà un taglio al luogo col temperino nel taglio, o canale, che naturalmente hanno e se le leva l’osso, avvertendo che siano duracini; si pongano in acqua fresca per levar del tutto l’odore della liscia, e poscia, poste sopra setacci, s’asciughino e se le dia lo zucchero sempre freddo, procurando anche che non siano troppo fatte, perché non verranno bene e sarà difficile levarle l’acido, e non verranno bene perché verranno in niente. La liscia le da un bel verde.
L’ova bazzotte intiere alla fiorentina sono quelle che, cotte nel guscio, non sono da bevere ma neppur sono dure, essendo rappresa fermamente la chiara delle ova, benché tenera, ed il rosso non deve essere totalmente cotto. Si servono con salvietta piegata sotto, regalate d’ova toste divise per mezzo, e fiori di boraggine, potendosi anche le toste servire intiere e separatamente.
Si prende la vostra ricotta, che si procura sia d’ottima qualità, si mischia con 329acqua rosa e zucchero, e tornata nella sua scudella, o pure in scudella da brodo, se le fa prendere la forma primiera, mettendosi sopra fronde di rose.
Si fa quagliare al fuoco come una crema con ova e pepe, e si serve con neve sotto, come a tutti i latticini.
Si prende della coscia di vitello, si taglia in dadi la vostra carne. Si cuoce in una cazzarola con coppiettine, o polpettine, carciofi, latti di vitello, pignoli, piselli, punte di sparagi, rossi d’ova tosti, e condito con speziarie a sufficienza. Quando sarà a mezza cottura, mettetelo in cassa a finir di cuocere in forno, ed essendo cotto, un brodetto con sugo di limone in servirlo.
Si prendono i vostri pistacchi, pelati, e pestati in mortaro con scorza di cedro candita, pane a molle nel brodo, cioè la mollica, zucchero e cannella, e si stampera ogni cosa con sugo di limone; e perché resti verde, si mette sugo di bieta.
Si pigliano le fronde di grano e si pestano in mortaro con mostacciolo di Napoli e mollica di pane stata in aceto, con biscotto inzuppato in vino generoso e zucchero.
Prendete del manzo in braccioloni, vitello, castrato, un pollo, finocchio, sellano, pressemolo, cipolla, un cavolo, prugnoli freschi o secchi, piselli, un pezzetto di prosciutto crudo veronese. Il tutto posto in pignatta, fatene il brodo col quale, sgrassato che sia, bagnerete la vostra zuppa fatta di crostoni di pane seccati all’aria del forno, e lasciate che bolla. Trattanto prendete tre fegatelli di pollo, passateli alla padella con burro rosso e pestateli in mortaro con due once di mandole secche dolci, piselli e disdotto prugne secche, rifatte prima in brodo tiepido, per farne un colì con due rossi d’ovo duri ancora. Preparato che avrete il vostro colì, coprite la zuppa d’erba brusca, o cerfoglio, e quando sarete vicino a servirla, metteteci sopra il colì, in cui sarà pure, prima di servirvene, un sugo di limone.
Se la volete far bianca metteteci più mandole pestate senza li fegatelli.
Se la volete gialla, più rossi d’ovo senza mandole e senza li fegatelli.
Se la desiderate verde, lasciatela con l’acetosa solamente, come una zuppa alla Santè.
Se la volete scura, ponete le prugne e fegatelli con quattro maroni, un poco di sugo d’ossa di volatile, o polli, e di tutto fattone un colì; si serva con sugo di limone sopra la vostra zuppa.
Prendete delle fette di vitello, due pezzi di castrato, due mezze galline, due pollastri, due piccioni, due beccacce o pernici, con pipiscelli, fava monda, cipollette, cavoli, cipolle grosse ripiene, fette di mortadella, prosciutto, lattuga ripiena, carciofi in fette, ceci rossi, radiche di pressemolo e di pastinacca, ceci bianchi, sparagi, agli, con pepe, formaggio, cannella e poi fette grosse di pane abbruscato. Tutto si può cucinare separatamente, o tutto insieme.
Si allessi il prosciutto e, tagliato in fette, si passi alla padella con un poco di pressemolo sdogliato, ed essendo vicino a servire, si ponga nella padella aceto e pepe e, datagli un’altra passata, si versi la salsa sopra crostoni o fette di pane abbruscate.
Prendete libbre quattro carne di manzo magra, tagliatela in bracciole grosse, battete con la costa del cortello, quali metterete in una bastardella di rame, unta prima di buttiro, frammischiandoci fette di lardo sottili con mezza cipolla, pur tagliata in pezzi grossi, e timo. Datele fuoco gagliardo sotto, acciò presto vi rendano il sugo, e quando sentirete che la carne comincia a croccare, rivoltatele ed aggiugnetele, affinché prendano il rosso, mettendoci un poco di cannella fina in 332polvere. Quando poi vedrete ch’avranno preso un certo rosso carico, e che la cipolla, e lardo, avranno preso colore, aggiugnetele il seguente brodo fatto di manzo, cappone, coda di castrato ed un pezzo di ventresca, avvertendo di non metterci troppo brodo ma solamente il bisognevole, perché resti col suo bel color d’oro. Aggiugnete nel detto brodo un mazzetto d’erbe odorose; come sarebbe finocchio, sellano, pressemolo, timo, lasciandoglielo stare, sino che le avrà dato l’odore; fate bollire ogni cosa per spazio d’un’ora a fuoco mezzano: poi lo metterete a raffreddare, sgrassandolo e colandolo. Pigliate quei piccioni che avrete preparati e, dandoli una mezza cottura allo spiede, o sottestati in forno, metteteli nel suddetto brodo colato, fateli bollire sino alla perfetta cottura e poi a parte farete il seguente ragù composto di archeste di polli tagliate minute, o latti di vitello tagliati, e poi rifatti, prugnoli, tartufi e finocchietti.
Se potrete far di meno delle archeste, e sarà meglio servirsi dei latti di vitello.
Avvertite che le archeste devono esser prima rifatte nel burro, così li latti rifatti prima nel brodo, poi tagliateli; ed aggiugneteli coll’archeste e fegatelli da rifarsi nel buttiro.
I sellani rifateli nell’acqua, o brodo liscio, poi aggiugneteli, come sopra, nelli fegatelli e latti, così li prugnoli e 333tartufi; avvertendo ancora che se li prugnoli sono secchi, rifateli nel brodo caldo ma non bollente, lasciate soffriggere ogni cosa nel buttiro, poi levateli dal vaso e poneteli in cazzarola, aggiugnendovi brodo delli piccioni, lasciate cuocere ogni cosa a fuoco lento per un mezzo quarto d’ora, o pure sino che ogni cosa sarà cotta. Pigliate otto o dieci rossi d’ovo, premetevi dentro due limoni, grattandovi un poco di noce moscata. Incorporate ogni cosa insieme, fateli restrignere la forma, che non sia troppo densa, né troppo liquida. Sgrostate del pane, tagliatelo in fette, seccatelo all’aria del forno, imponetelo nel piatto e poi bagnatelo coI brodo de’ piccioni, facendo ben bollire la vostra zuppa fino che sarete vicino a servirla. Quando sarete vicino a mangiarla in tavola componete i piccioni in buona forma sopra la zuppa, gettate il ragù tra gl’intervalli e guarnitela con bracciole lardate, e cotte in buttiro, e buon sugo, tramezzandole di fette di zinna; sopra le quali componete il seguente pieno, cioè polpa di cappone, o d’altro volatile, pestate minutamente rossi d’ovo crudi, formaggio lodigiano, ricotta, o mollica di pane bagnata in lardo, midolla di manzo, un poco di lardo bianchito, tartufi, prugnoli, pressemolo ed un poco di scorza di cedro; ogni cosa ben pestata ed incorporata insieme con un pochetto di sale, la 334comporrete sopra le suddette fette di zinna, che sarà stata prima allessata, e siano le fette tutte d’una grandezza. Dipoi porrete le dette fette d’uvero ripiene in una bastardella, o teglia unta di buttiro, e data loro una botta di forno, o pur sottestate, gli aggiugnerete del brodo delli piccioni, lasciandole bollire a fuoco lento, avvertendo di non voltarle mai, e contornate l’estremità del piatto di fette di limone, che sarà fatto.
Fate prima un brodo di carne di manzo, coda di castrato, cappone, un pezzo di ventresca, o prosciutto, due cipolle, due rape, un fascetto di erbe odorose come sarebbe cerfoglio, timo, finocchio, pressemolo, sellano: legatelo e lasciatelo nel brodo fino che vi avrà dato l’odore, e poi via. Nel mezzo della zuppa metterete testa di vitello dossata, e ripiena col seguente pieno.
Prendete un pezzo di coscia di vitello, qualche petto di volatile salvatico, midolla, lardo rifatto, cipollette, pana di latte, speziarie diverse, pepe bianco, erbe diverse in polvere, tartufi, prugnoli, pressemolo, mollica di pane bagnata nella medesima pana e sale. Scottate prima il carname, poi pestate minutamente ogni cosa, mischiate li rossi d’ova, quanto basti per insodire la detta composizione. Riempita la testa, cucitela, acciò il pieno non venga fuori, poi involtatela in 335una salvietta bianca e mettetela a cuocere in brodo liscio, acciò resti bianca. Quando sarà cotta e l’avrete composta sopra la zuppa, aggiugnetevi la sua lingua e occhio, avvertendo d’aver prima dorate e fritte le cervelle, ed accomodate al suo luogo. Guarnirete la zuppa di cavoli e di cipolle lardate di prosciutto, avvertendo di dargli prima un lesso, poi soffriggetele, o sottestatele, e rimettetele a cuocere nel brodo suddetto, abbiate in pronto un sugo di carne cotta allo spiede, ma sarebbe meglio se fosse castrato, e buttatelo sopra li cavoli e cipolle. Guarnite l’estremità del piatto di fette di limone, e sarà fatto.
Trovate una bastardella capace per lo brodo che volete fare. Pigliate del burro, mettetelo nella suddetta bastardella, poi ponetevi a soffriggere delli lardoncini di lardo, prosciutto e cipolla, rimenando la detta composizione con la cazzarola da brodo o cucchiaro cupo sino alla consumazione, aggiugneteli un poco di cannella in polvere, poi pigliate libbre sei manzo magro, tagliatelo in braccioloni, battetelo con la costa del cortello, poi poneteli nella bastardella suddetta e fateli estraer tutto il sugo, dipoi aggiugnetegli brodo, fette di carne di manzo, cappone, un salvatino, due cipolle, due rape, un poco di prosciutto, un mazzetto d’erbe 336odorose, come sarebbe sellaro, finocchio e pressemolo. Fate bollire le suddette erbe sino che avranno dato l’odore, poi levatele, mettete a raffreddare il brodo: quando avrà pigliato colore, sgrassatelo e colatelo. Pigliate delle lenti, lavatele bene e ponetele a bollire nel suddetto brodo sino alla perfetta cottura. Cotte che saranno, pestatene e passatene per setaccio una parte, e l’altra la salverete intiera per servirvene quando sarà il bisogno. Prendete dipoi tredici perniciotti, e puliti che saranno, li darete una mezza cottura allo spiede bagnandoli con buttiro, levateli dallo spiede e poneteli a finir di cuocere nel brodo delle lenti. Raspate la crosta gentilmente di pagnotelle francesi, cavate la mollica, che non vi resti che la mera crosta raspata, poi datele, fatte in crostoni, una brostolitura al forno: dipoi comporrete le vostre croste nel piatto con buona disposizione, bagnatele col brodo ove sono stati cotti gli starnotti. Avvertite che del suddetto brodo ve ne sia abbondantemente, acciò si possa far ben mittonare la zuppa. Poscia prendete li fegatelli de’ detti starnotti, passateli alla padella con buttirro ed un poco di cipolletta, dipoi cavateli, fate arrostire de’ maroni, pigliate un pizzico di prugnoli, tartufi e mandole; ed il perniciotto suddetto de’ più delli dodici, che farete finir di cuocere allo spiede, poi lo pesterete con l’ossa insieme con le 337 mandole, maroni, prugnoli, tartufi e fegatelli. Quando ogni cosa sarà ben pestata, pigliate una cazzola di brodo, dove sono cotti gli starnotti, e meschiate ogni cosa ben bene. Dopo passate il tutto per pezza o setaccio e mischiate col colì di lente passata, aggiugneteci dell’altro brodo acciò non sia né troppo denso né troppo liquido, metteteli due sughi di limone ed un poco di noce moscata raspata dentro. Componete sopra la zuppa gli starnotti in buona forma, buttandoli sopra il suddetto colì, schiattinate il petto degli starnotti con grani di lente intieri e fiori di pignoli spaccati. Contornatela di fette di limone, e sarà fatta.
Si faccia prima un brodo dove siano teste di raina, ch’è la carpa, così chiamata da’ francesi, spine di pesci, giunta di storione, anguile, ranocchi ed altro pesce. Fate soffriggere il tutto con buon olio, che sia prima stato purgato con timo, erbe odorose, noce moscata, farina e cipolle. Fate, come dissi, soffriggere pressemolo nell’olio suddetto purgato, poi buttateli dentro tutto il suddetto composto, facendolo soffrigger bene, metteteli funghi secchi, o freschi, scorze di gamberi, un cavolo, erba brusca, ed un poco di timo, due cipolle spaccate ed altre erbe con sale a discrezione. Fate bollire la suddetta composizione sino sentirete che ogni cosa sia cotta, dipoi metterete a 338bollire delli piselli da per sé con una cipolla, e da per sé ancora cece infranto; quando ciò sarà ben cucinato, pesterete prima il pesce, passandolo per setaccio, poi li piselli, e poi il cece infranto, passati similmente per setaccio; mischiate poi ogni cosa insieme, avvertendo di tener sempre del brodo lungo del pesce per poter aggiuntare occorrendo.
Prendete di poi raine, anguilla e ranocchi disossati bene, e tagliati in pezzi minuti, dipoi infarinateli e friggeteli in olio di Lucca; fritti che saranno, li metterete a sgocciolare ben bene, dipoi poneteli nel sugo preparato e cavato dal pesce, piselli e cece infranto. Fateli levare un bollore, aggiugneteli delli prugnoli secchi, messi prima a rifare nell’acqua tiepida, così pure l’acqua de’ suddetti prugnoli, ove saranno stati a rinvenire, ed aggiugneteli ancora, quando sarà ora di dare in tavola, un sugo di mandorle, ostriche, e per ultimo condimento pesterete li gambari prima lessati, cavando via le code; poi passando per la stamigna il suddetto sugo, vi rasparete dentro un poco di noce moscata e sugo di limone. Dipoi tagliate la zuppa e, fatto brostolire il pane, la bagnarete col ragù suddetto quando sarà ora di dar in tavola, buttandoli dell’erba brusca, tagliata minuta, e dopo tutto il ragù col sugo di gambari, componendovi sopra le code delli suddetti in buona forma. Guarnite la zuppa con le loro cece ripiene del pieno seguente.
339Mandole peste, mollica di pane bagnata nel suddetto brodo, prugnoli pesti, spezierie diverse, un poco di tartufi, pignoli ed uva passa.
Riempite con esso le suddette cocce, o zucchetti, di gambari, infarinateli e dateli una botta di padella; dipoi metteteli a finir di cuocere in parte del sugo della zuppa, ed in fine ponete sopra la zuppa sugo ancora di mandorle, o sugo di limone.
Si bastoni e si lardi dentro e fuori di ventresca, e si cuocia con mezzo vino e mezz’acqua, e quando sia inchiodato di garofoli e cannella, si lasci bollire sino a tanto che s’imbeveri tutta la suddetta materia, si regali d’ova miscide fatte di frittatine, di rossi d’ova tagliati a modo di vermicelli, di monache poste sopra fette di limone intagliato, e levatogli l’agro.
Per fare le vostre morsellate prendete la polpa di cappone, o pollastri, vitella allesso o arrosto, si tagli minutamente che diventi come farina, si metta un tegame con buon brodo a bollire. Chi ama il dolce, ci metta un poco di candito tagliato a dadi e poi abbia avanti allestiti rossi d’ova sbattuti con sugo di limone, e quando sarà tempo di portare in tavola vi si mettano le suddette cose, rimaneggiandole col cucchiaro tanto che si stringano, e subito che avrà fatto un poco di 340corpo, si porti in tavola con un poco di cannella sopra, chi l’ama, altrimenti restando guasterebbesi.
Si faccia la pasta di marzapane, rossi d’ova, zucchero e buttiro, poca farina, ripieni di midolla, pistacchi, rossi d’ova, scorza di cedro, col suo copertore traforato e cotti in forno.
Si faccia la pasta da far polpette di coscia di vitello con erbette battute, uva passa, pignoli, ova e formaggio; pane a molle nel brodo, poche speziarie, s’unti bene il piatto con buttiro, vi si distenda la metà di detto pastume, si riempia di braciolette di vitello lardate, fette di guancia di porco, uccelletti grassi, creste e granelli di polli, petti di piccioni teneri, tordi mezzi cotti arrosto, latti di vitello, rossi d’ovo duri, scorza di cedro in fette, agresto, prugnoli, pistacchi, tartufi. Si faccia soffriggere tutta la detta materia con buttiro; quando sarà soffritta si metta nel detto piatto con buttiro, midolla, un poco di speziarie e sugo di limone. Si cuopra la detta materia col restante del pastume, inchiodato di pistacchi, scorza di cedro in fette. Si metta buttiro assai sopra, si cuocia in forno e si serva con una corna o festone.
La cassa di pasta frolla si riempia di piccatiglio di petto di cappone, ovvero di 341tacchino, midolla, pistacchi, tartufi, prugnoli, rossi d’ovo cotti e crudi. Si metta buttiro dentro. Quelli che amano il dolce, si metta fette di canditi. Il copertore si può far serrato e anco trasforata con zucchero sopra.
Si piglia petto di cappone tagliato fino, e pesto nel mortaro, stemprato con latte di pistacchi, rossi d’ovo crudi, pasta di biscottini di Savoia in polvere, meschiate il tutto insieme con sugo di limone, passato per setaccio o per stamigna, si mette in un piatto d’argento, con buttiro a fuoco lento sotto, e sopra si metta cannella pesta in detta materia; quando non si voglia pistacchi si fa con latte di pignoli, servito con zucchero sopra, avvertendo che pigli corpo e che abbia il suo rosolo buono.
Si prendano polli d’India e, bastonati, si lardino di ventresca, steccati di cannella, garofoli; cotti con mezzo vino e mezza acqua, e si facciano cuocere tanto che si sia quasi imbeverata tutta la materia del vaso; regalati di mele sciroppate, steccate di cannellini confetti, e dette mele appiole sciroppate siano servite in rosette di pasta, tre per rosetta; regalate le dette di fulignate di più colori.
Si disossano e riempiscono di cervello, grasso di manzo, vitella battuta, ova, 342capperi, pignoli, tartufi, scorza di cedro, prugnoli e prosciutto; regalate di fette di limone postevi sopra, ove miscide con zucchero sopra e cannella.
Coperta di cavoli fiori, indivia ripiena, sparagi, tartufi, salsiccia fina, fette di prosciutto; regalate di polpettoncini fatti a rosa, steccati di pignoli, fette di scorza di cedro; regalate, e tornate di lardoni di pane fritto dorato e poche speziarie.
Riempiscasi di rossi d’ovo cotti e crudi, cavo di latte, scorza di cedro, pasta di Genova, midolla, zucchero e cannella, steccata di pistacchi; servita in pasta frolla, o zucchero sopra.
Si faccia di bieta, erbe odorose, cacio parmigiano, ricotta, provatura, ova, buttiro, zucchero, cannella e fette di canditi tagliate in dadi; servita con cratelle di pasta sopra e zucchero in polvere.
Fatto di ravaggioli, o formaggi freschi, stemperati con buttiro, cavoli fiori, formaggio parmigiano, tartufoli, rossi d’ova, con sugo di limone e cannella. Rifatti che siano li cavoli fiori, mettete tutta la detta materia in un piatto, e andate menando tanto, che venga stretto come un brudeto fatto.
Si cuocciano i capponi allesso, si 343lascino tanto che il brodo sia stretto, si distendano li capponi nel piatto con un poco dello stesso brodo, mettendovi sopra un poco d’olio d’oliva buono, sale e pepe, con sugo di limone; regalate l’orlo del piatto di gelo di più colori, tramezzato di fette di limone con neve sotto, e si serve per rifreddo.
Cotti che saranno i piccioni arrosto, si spacchino per mezzo e si mettano in un vaso con aceto rosato, speziarie, sugo di limone, uno spicchio d’aglio. Si cavino dal detto addobbo e si asciughino con un panno e, poi, infarinati si friggano e fritti si coprano con sapore di visciole, regalati d’ova miscide servite in mezzo ad una fetta di limone, levatogli l’agro con zucchero sopra.
Fatta di rognata di vitello con latti, prugnoli, tartufi, sparagi, rossi d’ovo e canditi; servita in pasta frolla.
Si lardino i piccioni e, fatti a mezza cottura arrosto, si mettano dipoi in un vaso a finir di cuocere con sugo di limone, canditi pesti nel mortaro, polvere di mostaccioli, o tagliati a dardo. Si distendano i detti piccioni nel piatto, si metta sopra la suddetta materia ch’è nel vaso, che sarà a foggia di gelo, e si regalino di fette di candito.
Due capponi arrosto, quattro starne o beccacce, due para di latti, cavo di latte, prugnoli, tartufi, punte di sparagi, pistacchi, midolla di manzo, con zuppa di pasta reale; regalato l’orlo del piatto di cannella.
Di pignoli, pistacchi, mollica di pane, zucchero, e cannella cotti a Bagno Maria con buttiro fresco.
Con erbette odorose, prugnoli, tartufi, ostriche, telline, sorra grassa, o tarantello grasso, capperi con vino moscatello; regalato di polpettoncini, code di gambari, tramezzate di fette di limone senz’agro, e messovi ova miscide.
Ripieno di polpa di pesce cappone, di cefalo, linguattole fritte, code di gambari, telline, ostriche, capperi, pistacchi, scorza di cedro condito, prugnoli, rossi d’ova, tartufi, agresta senza granelli, sugo di limone, speziarie e con un brudetto fatto di latte di pignoli e rossi d’ova crudi e buttiro; servitelo con copertore traforato ed in cassa di pasta frolla, con zucchero assai sopra.
Si riempia di cavo di latte, rossi d’ovo cotti e crudi, buttiro, candito, capperi, sugo di limone, pistacchi, zucchero e cannella. Si copra con l’altra 345frittata sopra e mettasi sugo di limone quando si porta in tavola. Si conservi in forno, acciò pigli corpo, e servasi con zucchero sopra; si lavori d’intorno al piatto col detto zucchero e nell’orlo con cannella.
Con capperi, fette di sorra grassa, o tarantello grasso, pignoli, uva passa, olive senz’osso, agresta, speziarie fine; servito per rifreddo in salvietta, regalato di foglie e fiori.
Di latti di vitello, occhi di capretto, uccelletti grassi, prosciutto, petti di starna, prugnoli, tartufi, midolla di manzo, sugo di limone, agresto, sugo di gigotto di castrato, fette di candito, pistacchi, buttiro fresco, rossi d’ovo duri; coperto e steccato di pistacchi e fette di candito, mettendosi buttiro assai sopra, e si serva con sugo di limone sopra e zucchero. Si avverta che la suddetta materia va soffritta con buttiro prima di metterla nel polpettone.
Di piccioni, bragiole di vitello, uccelletti grassi, tordi, latti, fette di cardi, tartufi, agresta, rossi d’ova cotti ec.
Di polpa di spigola, di tinche, di cefali, di pesce cappone, telline, ostriche, code di gambari, tartufi, prugnoli, cotica di sopra grassa, pistacchi, 346sparnocchie, fette di condito, sugo di limone, con buttiro fresco e sue speziarie; steccato di pestacchi e condito, si metta buttiro sopra e, cocendosi in forno, si serva come sopra.
Fatta di pasta di marzapane con olio di mandole dolci cavato allora, zucchero, poca farina; ripiena di pasta di marzapane, candito, pistacchi, zucchero e cannella; steccata di pistacchi e fette di candito; regalato l’orlo del piatto di zucchero.
Fatto di pasta di marzapane, olio di Lucca, zucchero e poca farina; ripieno di polpa di triglie, anguille, tellina, ostriche, code di gambari, capperi, con speziarie, fette di sorra, o tarantello grasso; con brudetto fatto di latte, di pignoli, sugo di limone e scorza di cedro; con coperto traforato con zucchero sopra.
Fatta di polpa di linguattole, polpa di pesce cappone, polpa di triglie, tartufi, prugnoli, cotto con sapore di pistacchi, stemperato con sugo di limone, fette di condito; coperta tutta la sudetta materia del piatto con una gran pasta fatta alla tedesca, con zucchero sopra; regalata di fette di limone.
Fatta di due capponi arrosto lardato: quando saranno cotti si partano in sei pezzi. Si mettano nel piatto con la sua 347zuppa di pane abbruscato sotto la iotta, bagnato con sugo di limone e brodo; si mettano latti arrosto in fette, uccelletti grassi stati in addobbo fritti; coperta la detta materia tuta in fette di mortadella, coperta di gelo d’amarasche, questo piatto si serve freddissimo con neve sotto.
Fatta di latte e pana, provature, o formaggeti freschi, rossi d’ovo, buttiro, zucchero e cannella col suo ghiaccio.
Si faccia la pasta con olio di mandole dolci; ripieni di polpa di pesce di spigole cotto in graticola, capperi, prugnoli, polvere di pasta di marzapane, uva spina e cannella, cotica di sorra grassa, pistacchi pesti; serviti con sugo di limone sopra col suo copertino trasforato.
Fatta la pasta di polpa di pesce da far polpette, si distenda la detta pasta, la metà in un piatto con olio di mandole dolci, ripieno di polpa di tinca fritta, polpa di spigola allessa, polpa di triglie nella graticola, polpa di pesce cappone, polpa di linguattole fritte, latte di storione, con fette di bottarga, telline, code di gambari, sorra grassa dissalata, capperi, prugnoli; tutta questa materia si soffrigga con olio di mandole dolci, con sugo di limone, fette di sellaro, e poi si metta il tutto sopra detto piatto. Si metterà dentro il detto vaso, o pieno, un poco di vin moscatello con 348poche speziarie ed uva spina. Si cuopra la suddetta materia col restante del pastume. Si metta olio di mandorle dolci sopra e si finisca di cuocere al forno. Si stacchi al solito, e si regali di zucchero e cannella.
Fatta di capponi arrosto, vitella arrosto, starne arrosto, animelle arrosto, con sugo di limone, buttiro, capperi, olive senz’osso, sugo di gigotto di castrato, poca speziaria. Tutta la detta materia in pezzi aggiustarla nel piatto reale con midolla sopra, e pistacchi, e sugo di limone assai, regalata d’un festone fatto di pasta lavorata di rabesco.
Si netti il prosciutto bene del rancido, e si levi la pelle ed il grasso; se gli faccia dare una cottura d’un’ora con acqua e poi si asciughi con un panno bianco; si metta a molle con aceto caldo per tre ore, poi si asciughi, indi si ponga a molle in latte per ore quattro, ed il detto latte sia fresco e si asciughi come di sopra; si abbia lesto il zucchero purificato, si levi l’osso al sudetto prosciutto, si faccia bollire un’ora, o poi si cavi; si distenda nel piatto, si faccia ribollire il vaso con il zucchero, si metta scorza di cedro crudo tagliato a dadi con sugo di limone assai, ed alcuni garofali, e cannella; quando avrà bollito a bastanza, si mette il gelo sopra il prosciutto.
Fatta con latte di pignoli, rossi d’ova sbattuti con sugo di limone, polvere di biscottini di Savoia, mezz’oncia di pistacchi; facendone latte, si unti bene il piatto di buttiro, si metta dentro la suddetta materia con un piccatiglio di polpa di cappone ben piccato. Si metta fuoco sotto e sopra, e si cuoccia a fuoco lento avvertendo che pigli bene il colore; e quando avrà preso bene il colore si levi dal fuoco, si serva con zucchero sopra, siccome l’orlo del piatto.
Si cuoccia in vino generoso, poi disossato, e spezzato con cipolla soffritta e salsa dolce e buona.
Si cuoccia in vino adacquato con scorza di merangolo, rosmarino e cipolle intiere prima sottestate in forno con zucchero, brodo grasso ed altro: le cipolle separate, e poste sopra, ed il gigotto lardato con lardelli grossi, ed inchiodato di garofali.
Perché nella primavera non sono troppo grasse, si cuocciano mezzo arrosto, poi si mettono in potaggio, con prugne di Marsiglia o di Genova, uva spina, speziarie e vino gagliardo; ma prima se gli dà due tagli e s’aprono in mezzo, ma non si spezzano, acciò penetrino gli ingredienti e restino intiere.
Cotta allesso, e fattone lardelli grossi, si faccia una composizione come si avesse da dare un polpettone di vitello; e stendendosi la detta composizione s’avvolti insieme l’una e l’altro in forma tonda, o ovata, si metta in forno in una tiella e non si lasci cuocere affatto. Poi si cavi e si lasci un poco freddare, e poi si tagli in fette e si faccia in forma di rosa, tramezzata della stessa materia battuta, con candito e rossi d’ovo battuti, con fette del medesimo ben compartito ed una salsa reale sopra.
Si salvano i piedi e la testa intieri e puliti, mezzi cotti allessi e messi in aceto forte per un’ora con fronde d’alloro e speziarie, che si richiedono, poi fritti con strutto vergine, e si faccia una salsa col medesimo brodo, con zucchero a bastanza; e nell’imbandirli vi si riportino i piedi e le teste, regalati di fronde di lardo fresco attorno, e su l’orlo del piatto pasta di buttiro diacciata.
Provature arrosto nello spiede, bagnate con buttiro fresco, spolverizzato con zucchero e cannella, e fette di pane attorno.
Con buttiro, vino generoso o greco, provature ed ova, si cuoci il formaggio che prima sarà grattato.
Questa si può servire più di magro che di grasso, perché va fatta con olio buono, bieta, un poco di formaggio, ova e presenzola in pezzetti, con sfoglie sotto e sopra di pasta, e, subito cotta, zucchero fioretto sopra; e perché nella primavera la presenzola si trova fresca e buona, così riesce di gusto.
Si fa di pana, ricotta, formaggio grattato, quattro chiare d’ova, zucchero, passarina e acqua rosa. Stemperate ogni cosa insieme a proporzione con una spoglia sotto solamente, con buttiro sopra; e com’è mezza cotta, diacciarla con zucchero fino.
Prima si cuoci la carne, poi si batta, torni a cuocere con ova, formaggio, pan grattato, candito pesto, zucchero, passerina ed acqua rosa, con una spoglia sotto, e diacciata, con tre once di zucchero fino, che tanto ne va a fare il diaccio sopra tutte le torte.
Si metta un suolo di pasta ed un suoIo di prosciutto sottile, bagnata con strutto o buttiro fresco, poi un suolo di pasta sottile e un altro suolo di prosciutto, fino a tre suoli di prosciutto e quattro di pasta, con zucchero fino sopra.
Storni di nido in addobbo, poi 352infarinati e fritti con buttiro, con zucchero e cannella sopra.
Purgati bene in acqua, si cuocino in brodo grasso con uva spina ed agresto, persa, cedronella e simili erbe odorifere, con ova stracciate e pane abbruscato sotto.
Si fanno varie frittate di due ova l’una asciutte, si lasciano freddare e si tagliano in pezzetti, poi si mettono sopra lo scaldavivande con buttiro, formaggio, pepe e menta romana.
Ripiene di latti battuti, zucchero o cannella, e condito, e frutti.
Si facciano sei frittate di due ova l’una, e, mentre si fanno, vi si mettano fette di marzolino di Firenze e poi si mettino sopra l’una e l’altra, si cuoprino, e si lascino stagionare con poco fuoco sotto e sopra. Se ne possono fare anco tre sole, o quattro nella medesima maniera, ed in cambio di marzolino servirsi di provature fresche con zucchero e cannella sopra in tutti i tramezzi, e fatta con buttiro fresco.
Un’altra con prosciutto di tre ova con brodo in cambio d’acqua, e mentre è calda mettervi sopra aceto rosato, con un poco d’erbe battute buone e pepe.
Si fa di bieta, e menta romana ben pesta passata per stamigna, otto rossi d’ova fresche, una foglietta di latte ed acqua rosa, mezza libbra di zucchero fino, garofani, e cannella con salvietta sotto; che si asciughi, e questo si può servire anco per antipasto con arme di cannella, pasta e fulignata, con un festone attorno di fulignata attaccata con gomma e d’oro stillante, o con zucchero, e cannella, e tocco d’oro.
Si prendon libre due lardo squisito, si pestino bene nel mortaro con acqua di fiori e libbre due candito, sedici rossi d’ova fresche, cannella e zucchero a sufficienza, con una sfoglia sotto ed una sopra, con un diaccio d’ova e zucchero.
Libbre due candito, ova disdotto, libbre una zucchero fino, con le speziarie che si vanno, una spoglia sotto grossa e cinque sfogliate sottili sopra.
Si cuocciano le cipolle con buttiro e con pepe, cannella e garofani; tutto passisi per setaccio ed incorporato con dodici ova fresche, o buttiro cotto in bagno maria nel piatto d’argento.
Si cuocciono prima arrosto; poi spezzate, e con vino, brugne di marsilia e cipolle trite con speziarie, si stufino, 354e s’imbandischino con fette di pane abbruscato sotto.
Mezzi cotti su la gratella, poi spezzati, e con vino e speziarie diverse, stufarli con sapore di pane grattato, cipolle passate e polvere di mostacciolo; che faccia il brodo fisso.
Fatta di riso, latte di mandole e zucchero.
Cotto allesso, e pesto nel mortaro, e messo nel bianco mangiare.
Passata per setaccio; e passarina, e zibibbio, o uva secca, e zucchero, e cannella.
Passati per setaccio con pignoli grattati, passarina, erbe odorifere, speziarie e zucchero.
Peste ben bene, fior di farina, zucchero, cannella e acqua rosa.
Con spinacci, pignoli, passarina, pepe, e la graticola di pasta sopra, ed una spoglia sotto.
Caviale, ma poco, con pan grattato, mostacciolo, erbe odorose, zibibbo, pignoli, candito, pepe e cannella, con spoglia sotto e zucchero sopra.
Ostriche salate tartufolate, tartufi e pignoli, con coperchio di pasta stampata e fritta, con zucchero fino grattato sopra.
Telline, funghi tartufolati, tartufi, erbe odorifere ed altro.
Code di gambari, tarantello in bocconi, alici peste, pignoli, capperri e olive senz’osso.
e cuocerle come l’ova tenere, con un poco d’acqua rosa e cannella, e lasciarle freddare, regalate d’ova dure divise pel mezzo e dorate con ova e fior di farina, e fritte in buttiro fresco, zucchero e cannella sopra, e lasciarle freddare; e bisognando s’adoperi la neve.
fritto nel buttiro fresco con zucchero assai sopra.
con latte di pignoli e zucchero, ma ben accomodati e tondi, acciò spicchino in quel bianco, con chiara d’ovo tosta battuta su l’orlo del piatto e tramezzato col rosso pur battuto.
poi con disegno ripartirli nel piatto, ed accomodati, mettete sopra di uno buttiro passato con zucchero sopra; sopra un altro ricotta passata con siringa 356variata; zucchero e cannella sopra; ed in terzo luogo capo di latte con zucchero sopra; ed un poco d’acqua rosa con zucchero, e cannella su l’orlo del piatto lavorato.
vanno poste sotto la salvietta piegata, e tondo sopra, e portate con la minestra, perché oltre all’esser consueto di mangiarle per la prima cosa, l’ovo fresco mangiato dopo altre vivande non fa troppo buone operazioni, benché alcuni siano di parere che sia sempre ottimo.
con buttiro fresco sopra.
sopra d’una frittatina d’un ovo verde, e piegata con zucchero e cannella sopra.
con buttiro fresco, cotte in tegamino, o tondo, o piatto.
uno per volta, con erbette fritte, e mezzi limoni, e pasta reale.
con corona di sparagi, o luppoli fritti, o altr’erba, secondo la stagione, con paste ripiene di condito e mezzi limoni.
due per volta con salsa d’agresto e zucchero sopra, con paste di buttiro e cime di rosmarino dorate e fritte.
sopra a biscotti papalini inzuppati di latte con fette di provature e buttiro fresco sopra; sottestate con un sapore di capo di latte, sugo di limone, zucchero e cannella; regalate di 357tartarette ripiene di frutti sciroppati ed una sorta d’erba fritta.
tutti simili, con buttiro fresco, provatura grattata, zucchero e cannella, ed un poco di pana.
con buttiro, coperte di capo di latte, spolverizzate con polvere di biscottini di Savoia, mostacciolo e pan gratrato, sottestate con sugo di limone sopra, con regalo di pasta o fette di pane dorato.
con zucchero e cannella sopra.
La chiara di sei ova sbattuta con zucchero e acqua rosa ed un bicchier di latte, metterla in bagno maria con ova quante se ne vuole, e regalarla con pasticetti alla genovese.
con condito, rossi d’ova, persa, buttiro e polvere di biscottini di Savoia, o un poco di mollica di pane, e sbruffato d’acqua rosa, cotte in forno asciutte.
come sopra, con zuppa sotto di latte di pignoli, sottestate con zucchero e cannella, rossi d’ova toste battuti su l’orlo del piatto.
come sopra, e di più inchiodate di pistacchi freschi con fette di pane sotto, e brudettate con sugo di limone.
con sugo di bieta, con fette di pane fritto.
sottestate, con festone attorno di tagliolini di frittate verdi e gialle, con zucchero e cannella per tutto, con sugo di limone.
regalate di frittate ripiene con fette di pane di Spagna fatto a lardoni e fritto in buttiro, e con esso si tramezzano le frittate.
tagliate in mezzo, indorate e fritte con regalo d’erbe, e pasta a vento tutto fritto.
con pignoli, passarina ed erbe odorose, cotte in buttiro con brudetto di rossi d’ova, e sugo di limone con fette abbruscate di pane sotto.
passati per setaccio con zucchero, mescolati con brudetto di rossi d’ova e sugo di limone, con pane abbruscato sotto, e cannella posta sopra.
con fegato in bocconi e latte di storione in bocconi, soffritto ogni cosa con buttiro, con capo di latte, erbe odorose e ova stracciate con buttiro, fette di pane sotto, sugo di limone e zucchero.
non altro che ova, latte e zucchero.
soffritte con buttiro, poi cotte nel latte359con rossi d’ova tosti battuti, erbe odorose, noce moscata, zucchero e cannella, o veramente con brudetto di rossi d’ova e sugo di limone.
Di cucuzza disfatta, ova e formaggio, con speziarie infarinate e fritte in olio buono.
Si bagnano le pagnotte nel latte di mandole, ed olio, e si riempiono di polpa di pesce soffritta, punte di sparagi, tartufi, prugnoli, telline, ostriche salate, erbe odorose, speziarie, condito, con un brudetto di latte di pignoli e sugo di limone.
Si friggono e, levata la spina, si riempiono di tartufi, prugnoli, pignoli, passarina, olive senz’osso, erbe odorifere, candito e speziarie; stufarle con un poco d’olio, e poi farvi sopra una lattata di mandole e lasciarle finir di cuocere con pistacchi verdi sopra.
Si riempiono di polpa di pesce battuta con passarina, aglio o cipolla, latte di mandole, erbe odorose e pan grattato, con tarantello battuto, o alice, telline, ostriche salate, pistacchi, mele battute, prugne di Marsilia peste, visciole e speziarie.
Fatte della medesima empietura in forma di pere, col gambo di finocchio e latte di mandole sopra.
Pigliate del cece infranto, o piselli, mettetelo in una pignatta a parte a cuocere, poi fate soffriggere del buttiro a parte con cipolla, aggiugnetevi una rapa, sellari, e finocchietti, ed un cavolo, così pure una mezza raina, e quattro funghi secchi, speziarie e sale, lasciate soffriggere ogni cosa insieme ed aggiugnetevi del brodo de’ ceci o piselli. Dipoi mettete in una bastardella dell’aglio e pressemolo con olio, fate soffriggere, aggiugnetevi delli prugnoli freschi o altri funghi odorosi, fateli mezzi cuocere, aggiugnetevi del sugo suddetto; abbiate una raina disossata, tagliatela in bocconcini con delle anguille, infarinatele e poi friggetele, e poi buttateli sopra quattro grani di sale; abbiate code di gambari, tartufi, cavoli fiori, ostriche e fate la composizione secondo l’arte.
Si prende del latte, fior di farina, e posta a fuoco se ne formi una polenta. Dipoi si cavi, e posta in un mortaro pulito con cinque o sei rossi d’ovo, secondo la quantità, cannella, bottiro, ma poco, pochetto di sale, e mettendoci dell’acqua rosa, si avverta di non salarla, perché incenderebbe troppo. Si pesti ben bene nel mortaro tutte le suddette cose per mezz’ora, o più, secondo, che si vedrà, che sia ben raffinata la pasta, quale dopo si tirerà 361sopra un piatto alla grossezza d’un dito, o tagliere netto, e coll’anello d’una chiave si getti nella padella, in cui sarà a bollire tanto buttiro che olio insieme; e cotte, e poste nel piatto, ci si mette del zucchero sopra, e se il buttiro fosse cotto, sarebbe meglio.
Si ponghino a rifare i gambari con acqua, cipolla, erbe d’odore, sale e alloro, e cavati da quest’acqua, si curino i più belli nella coda, e lasciatagli attaccata, si levi ancora a questi grossi l’osso della schiena, che riempita, come pure l’osso cavato, vi serviranno tramezzatamente di regalarne la vostra zuppa. Si levino ancora alli detti gambari grossi tutte le zampette a riserva delle due loro bocche, che si lasciano attaccate, e le medesime zampette, con le mondature delle code ed altri gambaretti piccoli, da’ quali va curata e posta a parte la coda, si debbono pestare questi rottami del mortaro per cavarne poscia un sugo. Si prendano ancora due o tre cefali freschi e, tagliati in pezzi grossi, si pongano in cazzarola sopra il fuoco con olio di Toscana e buttiro e, cotti bene che saranno, si passin col loro sugo per setaccio; avendo però messo nella medesima cazzarola a bollire co’ cefali, e cannella, noce moscata e quattro brocche di garofali. Il brodo, che si sarà cavato da suddetti cefali, s’unirà a quello che si caverà da rottami de’ 362gambari, che dopo averli pestati bene, e posti poi a soffriggere un poco in una bastardella con olio, e buttiro, e speziarie, perché prendano miglior gusto, gli passarete con brodo di rane, o altro in pesce per setaccio, ed incorporerete insieme questi funghi, come si è detto. Si affetti il pane senza crosta con fette un poco grossette, s’asciughi con panni caldi, ovvero a fuoco, purché non si abbrustolino, ed accomodate nel piatto destinato, ci si vuoti sopra il brodo de’ sudetti rottami di gambari e cefali, ma poco per volta, e si lasci stufare a fuoco lento. Si regali detta zuppa con code di gambari, e non essendoci truta si ponga una raina ripiena, o testa d’altro pesce al mezzo della zuppa, contornandola colli vostri gambari grossi ripieni su la schiena tramezzati con gli ossi della loro schiena, tutto ripieno con pieno d’anguilla, raina ed altro, secondo l’arte.
Si prenda del latte, e pana, e ci si ponga dentro otto torli d’ovo, o più secondo la quantità del latte, zucchero onestamente, che lo rende dolce, ed un poco di cannella in polvere; e non si ponga sale. Poi si pigli una canna alla lunghezza d’un palmo e s’infilzi nello spiede, ma che stia salda, ed altra detta canna s’avvolti del lino fino alla grossezza d’un dito; e posto lo spiede a girare a buon fuoco e fiamma continuata sopra una ghiottosa, o bastardella, ove sarà il suddetto 363latte accomodato, si vada continuamente gettando con mestola, o altra sopraddetta canna, finché il fuoco l’abbia fatto rappigliare sopra la medesima canna, che se ne vedrà l’effetto dopo cinque o sei ore. Dipoi si cavi diligentemente dallo spiede, e spaccato detto latte rappreso con cestello si levi la canna e si netti dal lino, o stoppa, per tornarlo a serrare, ci si ponga un poco di chiara d’ovo, mentre che sarà caldo, potendosi pure fare in fette ad uso di melone, perché è buono ancor freddo.
Si prendano petti di cappone, midolla e grasso di manzo, e passato tutto ben bene s’incorpori ogni cosa con farina, ed ova a bastanza, con speziarie, e mollica di pane bagnata in buon brodo sforzato. Se ne formi di tutta una pasta, alla sodezza e maniera di quelle che si fanno i veri gnocchi di pan grattato, o farina, e fattine bastoni ad una grossezza propria, che non sia tanto grossa o tanto sottile, si taglino in pezzetti gentili e se gli dia forma alla giattugia, infarinando questa per di dietro perché non s’attacchino ad essa i vostri gnocchi, quali terminati si pongano a cuocere in brodo sforzato che avrete preparato, ma in abbondanza: perché nel bollire abbiano campo di slargarsi nel brodo; e perché, se fosse poco brodo, tornerebbero in pastone, né si distinguerebbe la forma delli gnocchi, oltre che 364bollendo in assai brodo si caveranno meglio, quando saranno cotti, colla mescola forata. Cotti che saranno, e cavati, si abbiano leste bragioline battute ben piccole di vitello, alle quali se gli sia dato il rosso, il gusto e la cottura con latti di vitello in cazzarola a parte, passati con buoni condimenti in essa, e spezialmente con un mazzetto d’erbe fine, prugnoli e fette di tartufi. Si pongono i gnocchi, i latti e le bragoline insieme nella cassa del vostro pasticcio, con perfetto formaggio lodigiano, come pure dello stesso brodo sforzato, e un poco di grasso di manzo, ben trito, ma quanto basti a mantenerli brodosi. Si rivolga tutto insieme con cucchiaro d’argento nella cassa, tanto che il formaggio, colle speziarie che ci metterete, specialmente cannella fina, abbiano dato il gusto a tutto l’ingrediente del nostro pasticcio. Ci si ponga sopra buttiro fresco, e formaggio grattato, e fette di tartufo, e si cuopra; il che fattosi, si ponga in forno a cuocer la pasta e cassa del pasticcio, e servitelo caldamente con zucchero sopra.
Si prendono i maccaroni grossi di Genova, perché sono più fini di pasta de’ nostri e quando sono cotti restano più bianchi e più gentili ancora. Si fanno cuocere in brodo rosso, come gnocchi, e si fa tutto il rimanente che si è detto per questi.
Si osservi tutto quello che si è detto per li gnocchi, fuori che non vanno cotti in brodo, ma in acqua salata quanto basti, né ci si mette punto di vitello, o altro carname, ma si procura di dar loro il gusto con buon buttiro e meglio formaggio lodigiano, conditi con le solite speziarie fine, avvertendo di metterci tanto buttiro che basti per mantenerli ben umidi.
Si prendano per ogni scodella di latte due ova fresche, un’oncia di zucchero ed un pizzico di sale, quanto basterebbe a salare un paro d’ova nel tegame, e questa dosa va replicata a quante scodelle di latte ponerete nel vostro tegame. Si sbatta ben bene ogni cosa a fuoco, o fuori del fuoco dentro una pentola, e posta al fuoco la medesima pentola, ci si lasci, sin tanto che il vostro latte scotti, dipoi gettate la composizione suddetta nel vostro tegame o torriera, ove prima avrete fatta una spoglia co’ suoi lavori attorno, come fareste ad una torta di riso. Poneteci fuoco sotto moderatamente e dipoi un tetto rovente sopra, ma avvertite che non bruci; ed occorrendo, poneteci della carta sopra perché non bruciasse. Avanti, però, che finisca di cuocere, date un piccol taglio con cortello in mezzo della sua tela, tanto che entri un poco un bovinello, dentro il quale verserete un 366poco di detta composizione, perché il vostro coppo venga ben pieno, e che non sgonfi; e se occorrerà, potrete replicar questo per due o tre volte, e con le dita gentilmente riunite la sua tela che avete tagliata. Avvertite ancora che non cuoccia troppo, perché verrebbe poi tutto sbucciato.
Pigliate libbre una zucchero fioretto, libbre una mandole monde pestate benissimo nel mortaro, sedici ova fresche, a dieci delle quali caverete la chiara; il tutto metterete in catinella vetriata e sbatterete per ispazio d’un’ora, dipoi si metta in tortiera con fior di farina in fondo, e si cuocia in forno, e poi s’inzuccheri con zucchero fino muschiato.
Si prenda polpa di cappone, si pesti fina, s’intrida con ovo e un poco di zucchero in pane, e poi se ne formino gli agnellotti, quali si cuocino in brodo di cappon e di vitello, e cotti si mettano in piatto con burro fresco in buona qualità e caccio parmigiano quanto basti, con aggiugnervi in ultimo le speziarie solite. Così saranno fatti, con mantenerli calducci quanto si vorrà.
Si pigli libbre una di zucca rossa Spagna cotta e passata per stamigna, che sia saleggiata tanto che quasi non si conosca, poi si abbiano in caldarotto 367once otto di zucchero fino in giulebbe, nel quale s’infonda la detta zucca, e si vada sempre dimenando sin tanto sia il tutto ben unito; dopo vi si aggiunga un poco d’acqua di fior d’arancio, e si mangi come si vuole, o calda o fredda.
Libre una e mezza di latte di vacca, senza sburrare tre ova fresche, che due senza chiara ed uno con la chiara, quali, dopo essere bene sbattute, s’uniscono con detto latte aggiugnendovi un poco di zucchero fino con un poco d’acqua rosa, e poi si cuocia a bagno maria e si mangi diacciata.
Piglierete libre quattro mandole, le macinerete per fare il latte, le metterete in una cazza ben stagnata, stemprate con venti bicchieri d’acqua, e libre due e mezzo di farina di riso, e un poco di fior di sale, così porrete il tutto a fuoco sempre mescolando, con aggiungervi libre due zucchero, e, quando sarà a mezza cottura, vi metterete due grani d’ambra grigia macinati con quattro oncie di fior d’arancio canditi: quando sarà cotto si conosce col coltello, quale mettendovelo dentro e cavandolo vi dee rettare attaccato, e allora sarà a perfezione e ne potrete fare le cose che vorrete.
Si prendano oncie sei mandole peste benissimo, oncie sei pignoli freschi mondi pur pesti, e oncie sette zucchero, due pani di sei quattrini ricotti, saleggiati e spremuti, e il detto zucchero sia pesto con un poco di scorza di cedrato fresco, e poi vi s’aggiunga un poco di cannella, mescolando il tutto insieme, e unito si tinga da per tutto con sugo di bietola mettendovi in ultimo un poco d’acqua rosa; e con cialda sotto si ponga in teglia di rame ben stagnata, ed avanti di mandarla al forno vi si aggiunga un suolo di fettucce di candito, che sarà perfetto.
Si piglino l’oche e se li cavi il fegato caldo, quale subito si getti in pana di latte per ispazio d’un giorno, che saranno di due e tre libre l’uno che è cosa squisitissima.
Piglisi libre una di latte, la chiara ben sbattuta di quattro ova, oncie cinque di zucchero e oncie quattro di mandole peste al possibile. Si vada mescolando ogni cosa e s’unisca in una teglia, la quale si metterà a fuoco lento e si coprirà con teglia da rosolare ma con pochissimo fuoco sopra, e si riguardi spesso, perché quando è rappresa è fatta: ed è buona calda, ma meglio fredda.
Si fa cassa del pasticcio al solito, poi si 369piglia il salmone, e si dissala, e si pone in detta cassa in pezzetti, poi vi si mette dell’ostriche fresche o salate, ma però dissalate, poi vi si pongano prugnoli e tartufi, sellaro, ovvero cavolo fiore, e un poco di speziarie; per intingolo latte di pignoli o nocciole, e poi si metta olio, tanto che basti, e mandi in forno.
Pigliate pancia di salmone e quanto è più grasso è meglio: va lessato e dissalato bene, e poi fritto; poi lo metterete nel piatto versandoci sopra l’appresso salsa, cioè malvagia, aceto bianco, ma poco, zucchero muschiato cantuccio, o mostaccioli pesti, pistacchi pesti, candito tritato fino.
E metterete il tutto in un pentolino nuovo a bollire per un quarto d’ora la detta salsa, e quando ha bollito, batterete sopra il salmone la detta salsa e lo coprirete con un piatto acciò si mantenga caldo.
Si pigli lattuga, bietola, pressemolo, cipolla: battetele bene e mettetele in pentola a bollire in acqua con olio, poi pigliate caviale e disfatelo con acqua calda, un ovo ancor esso dibattuto, e quando siete per iscodellare, mettetelo in pentola e fatelo bollire con dimenarlo, acciò non s’attacchi; poi si metta in piatto fette di pane arrostito, e sopra la detta roba e caccio parmigiano.
Piglinsi le bracciole di vitella e si mettano in tegame a bollire con acqua, dipoi si pigli del pressemolo, e sermollino, e uno spicco di aglio, si batta ogni cosa insieme fine fine con del finocchio forte spicciolato, e si metta il tutto nel tegame a bollire; e vi si metta ancora un poco di midollo, un rocchio di salsiccia, il tutto battuto finissimo, dodici pezzi di funghi fatti in pezzetti, un tartufo affettato, del cedrato candito, de’ pignoli e uve passe, e si lasci bollire ogni cosa insieme, col rivoltarle di quando in quando, e quando saranno cotte vi si metta dentro due oncie di burro e un poco di caccio parmigiano grattato, e si unisca ogni cosa insieme.
Pigliate polpa di qualsivoglia pesce, pan grattato, un’acciuga, uve passe, e pignoli, e speziarie, e un poco di caviale, pressemolo, un poco d’aglio: battete tutto insieme e così averete la pesta per le polpette, e se ci vuole un ovo ci si può mettere.
Prendete l’arrosto, ne farete pezzetti e metterete alla pentola con lardo a soffriggere, poi si pigli cantuccio, cipolla, aglio, cedrato candito, uve passe, pinocchi in mortaro, e si pesti benissimo; dopo si prenda aceto bianco, zucchero, 371sale e spezierie, e s’incorpori il tutto; si stemperi poi con brodo e si metta nel pentolo a fuoco lento, acciò la salsa si cuoccia e non s’attacchi, e avanti di metter la salsa, si coli il lardo del pentolo.
Mettete del burro nel tegame, poi si pigli un’acciuga tagliata in pezzetti, dipoi si pigli pressemolo e cipolla, si faccia in pezzetti e si metta il tutto a rifriggere nel tegame, poi si piglino ova e si dibattano bene con un poco d’acqua e sale, e si mettano nel tegame, e si dimenino, fino a tanto che non sono rapprese, come un caccio imperio.
Friggete cipolla in burro, dipoi si piglino ova sode e s’affettino tonde, dipoi si buttino quelle fette in padella a friggere con del burro, ma non gran cosa; quando saranno ben rosolate, buttisi dentro alquanto sale e un poco di mostarda forte, liquidata con acqua, e speziarie, o pure ci si faccia il marinato dolce e forte.
Fatte che avrete le frittate, se ne facciano quattro strisce dell’una, ed in ciascuna striscia rivolta un pizzicotto d’uve passere, e pinocchi, candito tritolato fino, pezzetti di tartufo e del zucchero, e così formarete a ciascheduna polpetta; dipoi mettete burro fresco in piatto e, come frigge, mettetevi dentro le polpette; e come saranno state un poco in quel 372burro saranno cotte, e allora buttatevi sopra polvere di cannella.
Quando avete fatto le frittate, fatene taglioli quadri, tanto che ne esca da sedici pezzi dell’una, poi mettete burro e caccio parmigiano grattato in piatto, e sopra mettetevi un suolo di quei pezzetti di frittata; e così farete ad ogni suolo ed all’ultimo vi metterete sopra le speziarie.
Pigliasi la lepre, e si disossi, e si metta in pentola in pezzetti con un poco di lardo, e si tiri addietro con poco fuoco, e vi si metta la sottoscritta salsa, cioè si piglino due o tre cantucci piccioli, si mettano a molle in malvagia, o altra roba bianca, e si lascino bene inzuppare; intanto si faccia d’aver pestato nel mortaro oncie tre di nocciole monde secche, o pure pignoli, un poco di cedrato candito in pezzetti, e dell’uve passere, e mezza fetta di pasta reale; si pesti il tutto benissimo, dopo vi si mettano i cantucci, e si pestino, e si uniscan con l’altra roba, e vi si metta un poco d’aceto bianco, e dimenando bene il tutto fino che non diventa come un tenero savore; dopo si metta nel pentolo a cuocere a fuoco lento, rivoltandolo spesso acciò non s’attacchi al pentolo.
Piglinsi le lenti e si mettino a 373bollire in acqua, dipoi si piglino tre o quattro finocchioni, un pezzo di sellaro, cinque o sei foglie di nepitella, del pressemolo, sermollino, e un poco di bietola, della cipolla. Si batta il tutto insieme, dipoi facciasi d’avere venticinque o trenta pezzetti di funghi prataioli, o d’altra sorta, ed altrettante fette di tartufi, e se i funghi e tartufi fossero secchi si mettano il giorno avanti in molle nella malvagia, o altra roba bianca gagliarda, dipoi s’affettino in pezzetti piccioli, si pigliano poi quattro fette di sorra, o pur tarantello, e dodici ostriche o fresche o salate. Se sono salate, si mettano a molle la sera in acqua calda, mutandogliene tre o quattro volte, tanto che si dissalino; dissalate che sono, la sorra si batta ben fina e d’un ostrica se ne facciano quattro parti. Si pigli un’acciuga e si tagli in pezzetti piccioli, dipoi si mescoli tutta questa massa di roba insieme, tanto l’erbe battute quanto i salumi, funghi e tartufi, e si metta in un tegame con delle speziarie a soffriggere con buon olio; e soffritte che saranno, si metta ogni cosa nel pentolo dove saranno le lenti con alcuni maroni cotti, e, come avrà bollito, s’arrostiscano le fette del pane e vi si buttino sopra le lenti, lasciando stufare bene il pane acciò rasciughi quasi tutto l’umido dalle lenti.
Si pigli del brodo e vi si metta a cuocere quella sorta di salvaggiume, che vorrete fare la minestra, e vi si mettano ancora oncie due di midollo, due rocchi di salsiccia, un pezzetto di prosciutto, otto o dieci pezzi di funghi tagliati in pezzetti, e due tartufi affettati, e si lasci cuocere il selvaggiume; dopo si cavi il brodo, e vi si mettano nel brodo oncie due di burro fresco, e del caccio parmigiano grattato, e delle speziarie, ed il cavolo, ma vuol essere a grumoletti, e si lasci cuocere; e com è cotto, si metta nel piatto, e s’affetti la salsiccia ed il prosciutto in pezzetti e si metta per adornamento del piatto, e sopra il cavolo vi si metta del caccio parmigiano grattato in buona quantità.
Piglisi il brodo di due capponi grassi e vi si mettano a cuocere i maccheroni; dopo cotti si batta finissima la polpa dei detti, e se ne metta sopra ad ogni suolo con del burro, che sia fresco, e del caccio parmigiano, e così si faccia ad ogni suolo, e si avverta che sieno ben burrati, ed all’ultimo suolo si mettano sopra quattro torli d’ovo ben sbattuti e si mettano a scaldare con un poco di burro; e quando hanno preso il caldo, vi si mettano sopra del caccio parmigiano e delle speziarie, e dopo si mettano a 375scaldare con poco fuoco sotto, acciò non bollino.
Piglisi brodo di lepre e vi si metta dentro mezzo rocchio di cervellato battuto, e cinque o sei pezzetti di funghi, e di tartufi pure battuti, e del burro, e caccio parmigiano grattato, e delle speziarie, e si lasci bollire sodo; e quando bolle vi si mettano dentro tre o quattro oncie di quella polpa di lepre battuta fina, e con un mestolino s’unisca ogni cosa: dopo vi si mettano le lasagne, per quanto un vuole che serva la minestra, e, dopo messe in piatto, si serva sopra con caccio parmigiano.
Libre una mandole monde e peste benissimo, libre una zucchero sopraffino, che mezza si mette con le mandole, e, quando è messa insieme, pigliate la pasta e distendetela tanto quanto volete grande la torta; l’altra mezza libra del detto zucchero si disfa con un poco d’acqua di rose, o di fior d’arancio, facendone un imbratto assai sodo, il quale distenderete sopra la torta, che vi fa il candito, e si manda a cuocere in forno.
Si prendano mandole dolci, si mondino con acqua calda, poi si mettano per un poco nell’acqua fresca e dopo si gettino nel zucchero fino stacciato, o divise o non divise, e vi si rivoltino bene; 376frattanto s’abbia a fuoco una padella con olio vergine e, quando bolle forte, vi si mettano dentro le dette mandole, quali saranno fatte subito che incominciano a mutar colore: allora si cavino e se ne facciano monticini a foggia di piccoli pinocchietti, e si pongano in piatti di terra in positura che l’olio possi scolare; quando saranno fredde, allora sono buone.
Prendete quattr’oncie di burro fresco, il quale si stemperi con due rossi d’ovo, e quando è benissimo stemperato aggiugnetevi un poco di zucchero fino ed altri sei rossi d’ovo. Dibattete ogni cosa insieme quasi per un’ora, poi mettete in piatto a fuoco lento e, su l’orlo di detto, una cascina da staccio, sopra la quale poserete la teglia poco calda; e subito che la materia sarà un poco raffermata, sarà cotta ed ottima, avvertendo che il zucchero si mette a beneplacito, secondo il gusto.
Prenderete otto bicchieri di latte e uno di pana, ponendolo in una cazzetta vitriata pulita, vi sbatterete dentro dieci ova fresche, un grano di muschio e oncie otto di zucchero fino, mettendolo alla fiamma mezzo lenta, acciò non s’attacchi, e mescolandolo con spadeletta fin a tanto che comincia a crescere per levare il bollore; allora lo leverete dal fuoco e lo getterete in piatto in luogo 377fresco, e vi porrete sopra la teglia infuocata, che lo farà diventare color di rosa; e servendolo con zucchero sopra, lo mangerete.
Piglierete la zucca rifatta nel brodo, la passerete per setaccio, e piglierete sei oncie di mandole peste nel mortaro, quali stempererete con un bicchier di latte; passate per stamigna e così metterete a fuoco, il tutto ben mescolato in brodo di cappone; e quando la cottura sarà vicina, v’aggiugnerete quattro rossi d’ovo ed il sugo di quattro arance, che sarà gustosissima.
Pigliate libre una fior di farina fina, tre ova e libre una zucchero fino in pane: si lavori il tutto insieme, ed unito che sarà se ne faccia la furaglia con distenderla sopra teglie di rame, un poco spolverizzate, badando soprattutto che il forno sia temperato, perché in questo consiste la sua perfezione.
Piglia mollica di pane, riducila più minuta che puoi, fa’ struggere del burro fresco a proporzione e mettivi il pane trito con un poco di zucchero; poi piglia ova fresche quantità aggiustata, sbattile benissimo con detto pane, zucchero, sale, e burro, e tanto latte ancora, che serva per farlo cuocere; fa’ poi struggere un altro poco di burro fresco, e 378quando è ben caldo mettivi dentro tutta la massa per farla cuocere e per dargli il colore, ponici sopra la teglia rovente, inzucchera, e saranno fatte.
Prenderai pollastri ben pelati e piedi ben puliti, e si faranno bollire in acqua con poco sale, mettendovi alquanti stecchi di cannella; e consumata che sarà per metà, si passi per stamigna e li pollastri si pestino ancor loro e si passino; poi si sgrassi in brodo con le solite penne, e si chiarifichi con chiara d’ovo e sugo di limoni. Chiarificato, si leverà dal fuoco e vi si aggiugnerà zucchero fino, conforme la quantità del sugo, e dipoi un poco d’agro di cedro, passando in ultimo il tutto per una calza, che sarà ottima.
Oncie una di cannella pesta, dramme due di garofani in polvere, dramme due di zucchero di pane, mezza noce moscata. S’unisca bene ogni cosa insieme e sarà fatta.
Si piglia costola vuota di vitella e si mette allesso, e, quando è cotta, si prende quel brodo e si passa per staccino, o altro, acciocché sia limpido e chiaro; si mette a bollire dentro ad un tegame; quando bolle, vi si mette il riso, che sia bene lavato e pulito, e vi si aggiungon alcune cannellette di midollo, ben pulito dagli ossi, ed il suo caccio 379parmigiano grattato; e si faccia bollire a fuoco lento, e si dimena con un mestolino nel primo, quando si mette il caccio, e col detto mestolino si va rivoltando; e chi ci vuole un poco di zafferano non ci fa male, anzi ci va, ma ci sono alcuni ai quali non piace; e così si serve, ma si avverta che sia sodo e non umido.
Piglisi libre venticinque tra luccio e anguilla, metà dell’uno e metà dell’altra, e quanto più saranno grossi ambe le sorte sarà sempre meglio.
Si spacchi tanto il luccio che l’anguilla, e levate le lische di mezzo, code, teste, interiora ed altro, si tagli con buon cortello la carne del luccio, attesa la sua pelle, come si farebbe la carne di porco dalle sue cotiche, con tanta diligenza che resti separata la carne del luccio dalla pelle e scaglie. Si faccia lo stesso all’anguille, e si tenga separata la carne di luccio da quella dell’anguilla.
Prima di tagliar l’anguilla grossa, o sia miglioramento, si faccia nella maniera che siegue.
Si prenda l’anguilla suddetta: gettata via la testa, e coda, si taglia traverso la parte d’essa dove finisce il ventre, e, lasciata la parte grossa tonda piena, si fa un altro taglio come il primo dove l’anguilla comincia ad assottigliarsi; e queste due parti laterali si mettono insieme per pestarle minutamente, ed il rocchio grosso 380di mezzo si mette da parte per farne il finto grasso del salame.
Si pesi separatamente la polpa del luccio così intiera, e netta dalla pelle, scaglie, interiora, lische, testa e coda, ed il simile si faccia della polpa dell’anguilla, avvertendo che l’anguilla sia di maggior peso del luccio, perché questa è quella che fa corpo e che lega, pesta che sia.
Si cavino dal tocchio di mezzo dell’anguilla li lardelli che debbono friggere il grasso: e questi lardelli debbono essere a ragione di mezza libra per ogni libra di polpa, tanto di luccio che d’anguilla, da pestarsi o pestata, e li lardelli si tengano sempre separati dalla carne.
Si avverta ancora che si può mettere altresì della carne di tinca, o raina, insieme col luccio, bastando che la carne dell’anguilla sia sempre d’avantaggio della carne del luccio per la ragione suddetta.
Si pesti ogni cosa separatamente, ma ben bene, e, come ho detto, si pesta tutto separatamente perché la carne dell’anguilla non si potrebbe pestar bene con quella del luccio. Pestata adunque bene ogni cosa, si ponga tutto insieme in un catino.
Si piglino poi li lardelli fatti alla grossezza d’un dito e si pongano in un altro catino; dovendo esser, come abbiamo detto, a ragione di mezza libra per ogni libra di carne pesta, sì di luccio che d’anguilla.
381Per ogni libra, poi, sì di carne pesta che di lardelli, si prenderà mezz’oncia di sale, il quale si dividerà a proporzione sì nella carne pesta che nei lardelli, e detto sale si mescolerà bene insieme; ma sopra il tutto, che li lardelli così salati si tengano sempre separati dalla carne pesta in un altro catino.
Per tinger poscia la carne suddetta pesta, si piglieranno due ottavi cocciniglia buona, ed in un pentolino capace d’una libra d’acqua si porrà a fuoco a bollire, e con essa seco tanto allume di rocca quanto è un grano di fava, o quanto la larghezza d’un’unghia del dito piccolo d’una mano, ed un sugo d’un buon limone; si farà bollire finché cali il quarto, o il terzo, se la cocciniglia non fosse di gran perfezione, provandosi il colore con intingersi dentro un pezzo di carta bianca, per vedere se avrà gettato bene color cremesi ma che non sia troppo scuro, perché sarebbe la carne morella e non rossa: onde si avverta che il colore non sia troppo chiaro né troppo scuro.
Raffreddata la tintura, e colata, si vuoterà a poco a poco su la carne pesta, rimescolando ben bene con le mani e vuotando la detta tintura a poco a poco, sin a tanto che l’occhio conosca aver preso un color naturale di carne.
Poi, così rimescolando, se gli porrà una foglietta di malvagia, levandone però da questa foglietta un terzo da vuotar su li 382lardelli, che non si debbono levare dal suo catino separato dall’altro della carne.
Sarà poi preparata una mezz’oncia di garofani fini, pesti fini con due noci moscate, ed a poco a poco, nel rimescolarsi, il detto vino s’anderà mettendo nella composizione, mettendo anche qualche parte sopra li lardelli, cioè i garofani e noci moscate, e similmente oncie una pepe ammaccato, anzi acciaccato grosso, perché non piacendo il pepe a chi mangerà il salame lo possa levar dalle fette con facilità.
Fatto tutto ciò, s’unisca ben bene tutta la carne pesta nel suo catino e si lasci ben coperto per dodici ore, acciocché la carne possa prender bene il colore rosso; ma s’avverta di non muovere i lardelli dal suo catino, perché, mettendoli con la carne pesta prima delle dodici ore suddette, i lardelli verrebbero rossi ancor loro e farebbero brutto vedere, per non esser bianchi come debbono essere.
Dopo le dodici ore s’uniranno i lardelli con la carne pesta, ben mescolati, e se ne formerano salami alla grossezza dei veri ec.
Nell’investirli s’avverta che sieno ben duri e poi si facciano stufare a calor lento, più tosto di fumo che di fuoco; e quando si sentirà con la mano essere arrendevoli, si faranno cuocere in acqua un poco salata con un poco di vino e qualche foglia d’alloro; si facciano 383cuocere in maniera che pecchino più tosto di mal cotti che di troppo.
Se si volessero coll’odor d’aglio, si cava il sugo dell’aglio con la stessa malvagia dopo che sarà stato ben pastato in mortaro l’aglio a discrezione.
S’investiscono in budelli di manzo da far salami. Il luccio suol calare poco meno della metà e l’anguilla cala poco.
Si comprerà anguilla e luccio parti eguali; se ne caveranno le loro spine e pelli, e se ne faranno tanto dell’una che dell’altro strisce, come stringhe alla larghezza d’un mezzo dito, per tagliarne quadretti o dadi. Tagliati che sieno i dadi di tutto, vi si porrà un terzo meno di sale, per ogni libra, di quello che si è detto dei salami. Vi si sbruffi un poco di malvagia, ma poca cosa, e vi si porrà a discrezione un poco di pepe ammaccato minuto e semi di finocchio dolce, avvertendo che sia la grana pura, e circa mezz’oncia d’olio d’olivo per ogni libra.
Se ne formi salsiccia in budelle di capra, o porco, ma sottili, avvertendo che nell’investirla la sia lenta, perché nel cuocer ella si gonfia; e si cuoce in tant’acqua, che appena la cuopra, con due foglie d’alloro e un poco di sale.
Si pigliano i pollastrini che si vuole e si disossano la quantità che vi pare, avvertendo non romperli la pelle. Si faccia 384un pieno di vitello, o d’altro gentile, si riempiono i pollastrini; dopo che saranno ripieni, gli passerete con burro e gli farete pigliar color d’oro; dopo gli metterete a bollire in brodo buonissimo con qualche fetta di prosciutto, e prugnoli, e preparerete mazzetti di punte di sparagi, e carciofetti, ovvero piselli teneri, e mazzetti d’erbe, cioè lattuga, e ancora questi metterete a bollire con buon brodo, e sugo di carne, e farete cuocere; e quando sarà cotta la detta roba, avrete il vostro pane nel piatto, ed anderete inzuppando, e vi metterete i detti pollastrini, ed in quei tramezzi ci aggiunterete le dette erbe, cioè sparagi, carciofi ed insalata, e coprirete in sul petto i pollastri con un brodetto di pistacchi, che abbia corpo fisso, e la servirete; e l’erbe non vanno coperte, acciò si vedano.
Si piglia un boccale, tra latte e fior di pana, e si mette in una catinella ben pulita con libbre una zucchero fino, dodici torli d’ovo con scorza di cedrato, o altro, e tutto sbatterete insieme e colarete; mettendo tutto in un piatto d’argento e sotto un calderotto, della grandezza del piatto, entrovi acqua bollente; ed il piatto sia coperto, acciò si rappigli più presto. Quando è cotta, che in breve si vede, o si spolverizza con zucchero ambrato o senza.
Si fa come la torta di latte a bagno ed in cambio del cedrato si mette un bicchier di moscato; qual zoppa poi si pone sopra a’ biscotti, e senza biscotti si serve in chicchere.
Bracciole di vitello state in infusione in aceto, salvia, cipolletta ed aglio, scorza di limone, per quattro o cinque ore, e dopo si cavino, e si spremano del detto aceto, e s’infarinino, e si friggano con salsa d’aceto, zucchero, garofani e cannella, qual fatta prima bollire si butti sopra alle dette bracciole, avvertendo che non ci vada sopra de’ garofani, né cannella; e si servono calde con zucchero fino sopra.
Pigliate pagnottelle piccole di oncie tre in circa l’una, e cavategli la midolla; abbiate dopo a parte un pieno di polpa di cappone e cervello: condite questo pieno con parmigiano grattato, ova, mollica di pane inzuppata, midollo e un poco d’aglio, e riempite il vostro pane, e quando sarà riepieno, le pagnottelle scottatele con buon brodo e scolate tutto l’umido; poi abbiate dell’ova sbattute, e le butterete sopra al detto pane lasciandovele stare per la metà d’un’ora, e poi rivoltate le pagnottelle e friggetele calde; e a chi piacesse il dolce, ce lo può mettere nel 386pieno, come sarebbe un poco di candito battuto nel mortaro.
Una buona ricotta, due ova intiere crude, cannella in polvere, un poco di sale ed un poco di farina, e ben impastato il tutto si faccia cuocere in strutto, come la seguente. E cotta, e cavata, s’inzuccheri al solito, avendola gettata nella padella col cannone da far siringa.
Si prenda v. gr. libbre una fior di farina e s’impasti, alquanto tenera, con tanto brodo quanto buttiro, salandola un poco acciò non sia sciapita; e si pone in una cazzarola di rame sopra il fornello, ma a fuoco che non sia gagliardo, e sempre si dimena con una mazza da pasta finché sia cotta la detta pasta, il che sarà quando si vedrà ch’abbia cominciato a far gonfioni nel bollire e che siasi indurita, avvertendo ancora che non bruci nel tempo che sta sopra il fuoco. Si cava dalla cazzuola e si pone a raffreddare sopra un tavoliere netto: quando sarà fredda si comincia menare e stracciare a forza di braccia, e quando sarà così ben lavorata ci si mettano sei o otto rossi d’ova fresche, più o meno, secondo che la pasta sarà dura, o tenera, e, tornando a dimenarla, si ponga poi nel vostro cannone, che abbia il buco fatto a stella o altra forma; e nell’uscir a forza fuori, si tagli di mano in mano alla387Iunghezza che vi piacerà, avvertendo, però, che quando la metterete nella padella lo strutto non sia tanto bollente, e che la padella abbia fuoco lento, acciò le paste restino gonfie quando saranno nel piatto; e dipoi inzuccheratele, cavate che le avrete dalla padella, avvertendo ancora di non mettere zucchero dentro alla pasta quando si lavora, perché impedirebbe il gonfiarsi quando si cuociono.
Pelati che saranno i vostri piccioni, se gli cavino l’interiora ma si procuri di farli a basso il buco più piccolo sia possibile; di poi si procuri di lavarli i grani dal gozzo diligentemente, con acqua per il becco, e si torni a riempirli il gozzo tante volte quante bastino a nettarglielo ben bene. Infilzati nello spiede si lasci loro fare il collo a fuoco, e poi si vadano girando a fuoco lento. Nel cuocersi, il buco di sotto, di dove si saranno cavate l’interiora, s’andrà turando, o almeno strignendo assai a causa del calore, quale non trovando respiro nel collo lascierà i piccioni gonfi e belli: e per questo non si leva il gozzo per la schiena, come s’usa in altri paesi. Si ungano e si salino tre volte, avvertendo d’ungerli quando se ne conoscerà il bisogno e di non cavarli appena unti perché puzzerebbero di strutto e renderebbero 388nausea nel mangiarli; ma, unti e salati, l’ultima volta si lascino cuocere un poco, tanto che lo strutto si cuoci e che venga a perdere quel gusto cattivo che ha; e ben caldi si mangino.
Si prende sangue di capretto, o d’agnello, e lasciato rappigliare, si getti via il siero ch’avrà fatto; dipoi dentro al pignatto, ove l’avrete, metterete quant’acqua calda, o brodo, che basti per fare un migliaccio, due ore secondo la quantità del vostro e la grandezza della padella, e con una mano anderete disfacendo il vostro sangue, tanto che sia tornato liquido come prima ed incorporato coll’acqua, o brodo, con cui l’avrete stemprato. Ciò fatto, ci si ponga del pan grattato, formaggio parmigiano grattato, speziarie fine, noce moscata, sale quanto basti, pignoli e uva passa, e tutto si dimeni ed incorpori insieme con due o tre ova crude ben sbattute; ma si avverta che il pieno non l’indurisca troppo, come pure non sia tanto liquido, dovendo essere appunto come una frittata ripiena. Si prenda dipoi buon strutto, o buttiro, e, fatto scaldar bene nella padella, più che non si farebbe ad una frittata, ci si versi dentro la detta composizione alla grossezza di un buon mezzo dito, coprendo tutto il fondo della medesima padella; e fatto rappigliare in essa, come si farebbe ad una 389grossa frittata, si volti dall’altra parte e lasciatelo stare ancora sopra al fuoco; sarà fatto il vostro migliaccio, avvertendo però che rimanga un poco morbido nel mezzo: perché, se si cuocerà troppo, verrà arido e non avrà buon gusto nel mangiarlo; e posto nel piatto si gratti sopra formaggio parmigiano.
L’ova di storione per far caviale, tanto si faran migliori quanto più saranno nere: conviene di nettarle bene e mondarle da quelle pellicine, e, per ogni libra di essa ova, bisogna mettervi un terzo d’oncia sale ed un’oncia e mezza di pepe ammaccato e non in polvere. Si metteranno poi nel vaso dove si vorranno tenere, lasciandole per una notte e più. Dopo trattele, e postele sparse su d’una tavola che abbia le sue sponde, si teneranno nel forno onestamente calde per ispazio d’un credo o poco più; e trattele, si mescolino con un cucchiaro di legno e poi si rimettano di nuovo in forno, lasciandovisi per quel medesimo spazio un’altra volta; e così anderete facendo fino a tanto che saranno cotte, e sarà la prova se, assaggiandone, non scoppieranno più sotto il dente e se saranno scemate presso il terzo. Questo si potrà mangiar di continuo, ma se lo voleste far per conservare non vi anderebbe pepe, che lo farebbe rancido.
390Di questo da conservare non ve ne parlo, perché sempre se ne trova fatto; ho voluto dirvi di questo da mangiar fresco, perché si può fare alla mano ed è cosa che molto diletta.
Pignoli e mandole nostrali, tutte monde e scelte da vinti, oncie sei per sopra pesti benissimo in mortaro, in maniera che non ritengano grossezza; e poi abbia libbre una zucchero fino, fuso in acqua lanfa e cotto a forma di manus christi, nel quale poi così caldo vi getterai le mandole e pignoli pesti, dimenando il tutto in un calderotto; e subito buttarci dentro sei rossi d’ova fresche, dimenando presto, acciò non vengano cotte dalla pasta calda; e se la pasta venisse troppo soda, metti acqua lanfa con grani quattro di muschio disfatti in detta acqua, e poi distendi su le cialde e per distenderle adopra in vece di fior di farina, zucchero pesto; e quando è distesa in forma di torta, abbi zucchero fino disfatto in acqua lanfa in forma di sodo favore, e lustra la detta torta e manda a cuocere in forno secondo il solito.
Aceto rosato, olio di Lucca, olive senz’osso, capperi, brugne di Marsilia, cedro condito, pignoli, passarina, e zucchero e cannella.
Con tartufi, prugnoli, olive 391senz’osso, brugne di Genova, pignoli, punte di sparagi, carciofi, pistacchi verdi sopra; con regalo di sparagi e carciofi fritti, o sellari fritti, secondo la stagione.
Salsa reale fatta di vino di pomi granati, cappari e frutti freschi in dadi di che sorta si vuole, e secondo la stagione.
Prendete libbre due fiore di farina e libbre due buttiro di fieno duro. S’impasti la farina con acqua fredda ed un poco di sale trito minutissimamente, e, dimenata ben bene, si riduca in pasta alla lunghezza e larghezza d’un mezzo tovagliolo. Si dimeni dipoi il buttiro suddetto con le mani, sino che perda tutta l’umidità e serosità, e poscia si ponga a pezzetti il detto buttiro maneggiato sino alla metà della spoglia alla suddetta lunghezza, appunto in questa forma, che in piccolo vi accenno [immagine della disposizione], e questa spoglia deve essere grossa come uno scudo. Dipoi si ribalti sopra il buttiro la pasta; ove non si è messo il buttiro ed attorno attorno, ma per questa sola volta, si raddoppi diligentemente, perché nel lavorarle susseguentemente non scappi fuori da veruna parte il buttiro nello spremerla con la mazza, o sia la cannella da pasta.
Queste seguenti cose si replicano per quattro volte.
Ciò fattosi si stenda con la cannella, 392e ridotta alla prima lunghezza, e si faccia poi a doppia larghezza. Si prendano le due estremità di sotto e si portino con la mano sino al mezzo della lunghezza, e, prese le due estremità ancora di sopra, si faccia lo stesso, unendo queste quattro estremità al mezzo della medesima lunghezza; e appena spolverate un poco le due parti laterali con farina quando stanno così [immagine della disposizione], si voltino nello stesso tempo in faccia, che verranno a formare la lunghezza di prima.
In fine si assottigli alla prima grossezza. Dipoi si torni, e ribaltare sopra la metà di detta lunghezza, e, prese l’estremità inferiori, si faccia lo stesso fino che sia giunta insieme in quadro; e poi stendete la pasta come volete, e fatevene ciò che vi pare.
Pigliate libre una farina, oncie otto zucchero, oncie quattro e numero tre, o quattro, ova, li semplici torli ed una chiara, mischiate ogni cosa insieme, ma con prestezza, e distendete sopra la tavola con la cannella scannellata, dopo aver tirata la pasta col mattarello, o sia cannella liscia, alla grossezza d’una genovina. Allora datele sopra leggiermente la cannella scannellata per farle i segni eguali, e se per sorta la pasta vi riuscisse troppo dura metterci un altro torlo d’ovo, o pure se vi riuscirà 393troppo tenera poneteci un poco di farina. Il forno dee essere come quando si cavano le crostate, o il pane, perché presto la pasta frolla si abbrucierebbe o piglierebbe brutto colore.
Pigliate latte e farina quanto basti, e posto il latte a fuoco andateci mettendo la farina a poco a poco: sempre andatelo dimenando sino che venga crema forte, e quando è presso ad esser cotta ci si pongano due rossi d’ovo crudi ed una chiara, e tornisi a dimenare fin tanto che sarà ridotto a pasta. Poi si vuoti sopra tavoliere spolverato di farina perché non s’attacchi, e, lasciato raffreddare, si tiri poi come una spoglia, qual taglierete alla larghezza d’un dito. Poscia bagnerete questi pezzetti di pasta con ovo sbattuto, e la riempirete del seguente pieno per far i vostri maccaroni.
Polpa di cappone o d’altro volatile, tartufi, prugnoli, formaggio di forma grattato, mollica di pane bagnata in un poco di pana, o latte, e tutto ben trito, o pesto in mortaro, ne riempirete i vostri maccaroni, quali farete cuocer in buon brodo o sugo, ma poco, perché non si disfaccino dopo che con le mani gli avrete ridotti col pieno alla forma dei veri maccaroni, ed a quella lunghezza che 394più vi aggrada sopra il vostro tavoliere; e formaggio grattato sopra.
Fatti e cotti che saranno i vostri maccaroni nella maniera suddetta, li farete la cassa di pasta frolla e li porterete in forno tanto che sia cotta la cassa; ma avvertite a non farci cassa più dura e ordinaria, perché, convenendo a questa più cottura, probabilmente stando molto in forno potrebbero ribollire e la replicata cottura li farebbe disfare.
Vanno incacciati come gl’altri, tanto facendosi sciolti quanto ponendosi in cassa a forma di pasticcio.
Pigliate due o tre acciughe e semplicemente raschiate, senza lavare: tagliate in pezzetti, ponetele a disfare in cazzarola, dipoi aggiugneteci buon sugo, capperi, un poco di moscato e, quando sarete vicino a servire il vostro piatto di manzo, spremete nella salsa sugo di limone; dopo che ci avrete messo un poco di pepe a bollire, gettate la salsa bollente sopra il pezzo di manzo e, se la vorrete far più ricca, metteteci ancora dei tartufi in fette e pistacchi; e se non avete comodo di limone, poneteci un poco di buono aceto.
Per fare un piatto reale di gelatina vi vogliono tre zampetti di vitello, cioè solo dall’ultima giuntura andando a basso, 395e sarebbe necessario pesassero libbre sei di stadiera; e quando non fossero tanto peso, bisogna pigliarne di più. Li suddetti zampetti debbono stare nell’acqua tepida lo spazio d’un’ora, essendo stati prima ben pelati e netti come vanno. Dipoi si prenderanno li medesimi e si porranno in una pignatta, che tenga dieci libbre d’acqua di stadiera con che vi sia il luogo ancora per detti piedi; poscia si ponga la suddetta pignatta al fuoco, quale, levato il bollo, lasciasi bollire la suddetta lo spazio di otto ore, e questo a fuoco ben lento il più possibile; e passato detto tempo, bisogna levarne fuori della pignatta un poco, e porlo sopra un tondo, o altro, e lasciarlo raffreddare per vedere se si gela, che allora sarà fatta; e quando non gelasse, bisogna lasciarla bollire di vantaggio, mentre non sempre con le previe determinate ore si fa il detto gelo, ma bensì secondo la stagione più rigida e men rigida, massime in tempi caldi, che bisogna servirsi del ghiaccio, ed anche assai difficile. Fatto il detto gelo, già come s’è detto, bisogna prendere una libbra d’amandole, e farle pelare, e poi pestarle, ma sopra il tutto macinare dell’ore, con prendere parimenti una libbra di zucchero in polvere ben fino e mescolare il tutto insieme, con porre le suddette amandole e zucchero in un catino e poi gettarvi dentro il gelo della pignatta, ma che prima sia ben colato; e poi 396prendere una tela, quale non sia né troppo fissa né troppo chiara ma che sia ben forte, e porvi dentro tutta la suddetta roba; e poi, per forza di spremere ben forte, farla passare per detta tela col mettervi dentro un poco di sale ed odore a gusto di chi la ha da mangiare, e dipoi porla ne’ piatti, vasi, o altro, che vi ghiaccerà e sarà fatta.
Il medesimo va fatto per fare la gelatina con piedi di capponi, quali si debbono pesare; mettervi a proporzione quanto s’è detto all’altra gelatina, e questa fatta di piedi di capponi sarà la migliore e si chiama la sopraffina.
Lo stesso ancora si fa per fare quella di pesce, dovendo essere il medesimo pesce assai grosso, di modo che abbia la polpa per formarne il gelo, che, vuol dire, vorrebbe essere il medesimo da mezzo peso; e non è buono altro pesce che la tinca, mentre l’altro non vuol gelare.
Si piglia carne di vitello oncie tre, orzo oncie tre. Si cuoce il tutto insieme; poi, cotto che sia, si pesta in mortaro e si cola con tela di lino netta, indi vi si mette dentro zucchero a discrezione che sarà fatta, e, se si volesse più grande, si prenda più orzo e più vitello.
Pigliate dell’uva nera una buona 397quantità, cioè mezza soma, e fegatella tutta; dipoi mettetela a cuocere in un caldare stagnato senza umidità alcuna, maneggiandola di continuo con una pala, o menatore fatto a posta, acciò non s’abbruci, e così quei vaghi d’uva si disfanno tutti: allora con una mescola passatela in un setaccio di pelo doppio, detto da cassia, il che fatto, pigliate quella polpa passata, e di nuovo mettetela a cuocere, maneggiandola di continuo, sino che ha corpo; e mentre si cuoce, mettetevi dentro scorze di merangoli condite col miele e tagliate in bocconi piccioli, cinque o sei libre, il che fatto, levatela dal fuoco e fredda riponetela, mettendovi prima una mezza libra o meno di cannella ben pesta; di poi pigliate una libra di senape pesta e mettetela a molle nell’acqua bollente, tanto che la impasti, e, passate ventiquattro ore, incorporatela con la polpa, ed è cosa nobile. In quanto alla senape, se ne mette più o meno secondo che uno la vuol forte o debole.
Pigliate nel mese d’ottobre belle olive grosse, avanti si facciano nere: fatele stare a molle nell’acqua comune per otto giorni, mutandola ogni giorno, dipoi acciaccatele una ad una con un legno, che non si rompa l’osso, il che fatto levateci gli ossi a tutte, e di nuovo 398rimettetele in altr’acqua mutandola ogni giorno, fino che hanno perduta l’amarezza; allora fatele la salimora mediocre, o mettetele nel vaso con torsi o gambe di finocchio, e conservatele pel bisogno. Alcuni vi lasciano gli ossi dopo che le hanno acciecate, avendo più gusto così.
Pigliate le olive come sopra, senz’acciecarle, e fate liscia di una parte di calce viva, una parte di cenere di sarmenti di vite, ed una parte di cenere di gambe di fave; e con acqua fatene liscia al solito, e bisogna che porti a galla un ovo fresco; il che fatto, mettete in un vaso di legno le olive e la liscia che le cuopra, mettendovi sopra rami di olive con una pietra che le tenga a molle, ed in sei o sette ore hanno perduta l’amarezza; allora levatele e mettetele in acqua, mutandola ogni giorno fino che hanno perduta la salsedine della liscia e restino insipiede: allora se li fa la salimora, o gagliarda o debole, conforme uno le vuol conservar lungo tempo e restino belle verdi, avvertendo non toccarle mai con le mani altrimenti divengono nere.
Al tempo che li fagioli sono ancor teneri, che appena hanno la metà del seme, si cogliono e si nettano da quel filo che hanno, come se si volessero mangiare; allora li fanno dare quattro 399bollori, avvertendo di non metterli fino che l’acqua bolle, altrimenti perdono il colore, e fatto questo si levano e si lasciano raffreddare; dipoi si mettono nella catinella, e vi si fa la salimora gagliarda, ed in cima anche vi si mette un pugno di sale, e si cuoprono, che stiino a molle, acciò non mussino; la quadragesima poi, quando uno li vuol cuocere, ne piglia quella quantità che vuol cuocere e si mette a molle per una notte nell’acqua, e poi li fa cuocere a perfezione in un altr’acqua e così restano dissalati; dipoi si frigono alla padella con olio, e nel fine vi si aggiugne uno spicchio d’aglio distemperato con aceto ed un poco di finocchio pesto, se non si può aver fresco; ed è cosa gustosa per povera gente.
Le trippe degli animali grassi, ancorché sieno vecchi, saranno perfette, ma soprattutto vogliono essere ben nette con acqua calda, e ben purgate d’ogni immondezza, facendole stare in acqua corrente per dieci ore, ovvero in vasi, mutandovi l’acqua tanto che perdano il fetore che hanno, facendole allessare in acqua senza sale fin a tanto che saranno ben schiumate, e dipoi si caveranno e si sciacqueranno in acqua fredda. Il che si fa acciocché non iscoli il grasso, o si partono in più pezzi grossi e piccoli, secondo il gusto, e si porranno in un altro vaso 400con un pezzo di prosciutto, ovvero cervellato, ed acqua a bastanza, facendole finir di cuocere di modo che rimangano bianche e non troppo salate, ed il brodo sia grasso; e se saranno pezzi grossi, s’accomoderanno in piatti con un pezzo sopra l’altro tramezzati di caccio parmigiano grattato e fette di provatura mescolate con speziarie comuni; e con esse trippe si servirà il prosciutto, ovvero cervellata, spargendovi sopra un poco di brodo grasso e facendole stare in luogo caldo, stuffate tra l’un piatto e l’altro tanto che il cacio e le provature sieno incorporate con le trippe, servendole calde a beneplacito.
Ma se si vorranno in minestra, dappoi che saranno ben cotte e tagliate minute, si potranno incorporare con ova sbattute e cacio: mescolate con le suddette speziarie, e menta, maiorana, e petrosemolo battuti, servendole così calde con cacio grattato e cannella sopra.
Ma per sapere la parte migliore che si ha da pigliare, dico che dee pigliarsi la parte più grassa del bottaccio ed il restante del budello maestro per far l’altre vivande. Gli altri budelli son più magri e più puri, e son più appropriati per far salsiciotti che altro; ma quando saranno di giovenchi, cioè manzuoli, si potranno adoperar tutti.
Pigliasi la parte migliore, cioè quella che sarà priva di pelle e di nervi, e, volendone far polpettoni, si prende la parte più magra del lombolo, priva d’ossa e di pelle e di nervi, e taglisi per traverso in pezzi grossi di sei oncie l’uno, spolverizzandoli di sal trito e fior di finocchio, ovver pitartamo pesto con speziarie comuni, e ponendovi quattro lardelli di prosciutto vergellato per ciascun pezzo; e si facciano stare in soppressa con la detta composizione, ed un poco d’aceto rosato e sapa, per tre ore, e dipoi si pongano in spiede con una fetta di lardo tra l’uno e l’altro pezzo con foglie di salvia, o di lauro, facendoli cuocere con fuoco temperato. Cotti che saranno, vogliono esser serviti così caldi, con un sapore fatto col liquore che casca da essi, e mescolato con quella composizione che fecero quando furono in soppressa, il qual sapore vuol avere un poco di corpo e se gli dà il colore di zafferano; ed in questa maniera si fanno i polpettoni ancora alla romanesca di lombolo di bove, o di vaccina. Ma volendo far polpette della sopraddetta coscia di vitello mongana, taglisi la carne alquanto più sottile e più stretta del polpettone, battendole con la costa del cortello da ambedue le parti. Il che 402si fa acciocché rimangano più tenere, e più frolle, sbruffandolo con un poco d’aceto, pepe, sale e finocchio. Abbiasi poi una composizion di lardo battuto con la medesima carne magra, rossi d’ova, pepe, cannella, pressemolo, ed altre erbette odorifere con uno spigoletto d’aglio, e con essa s’empirà ciascuna di loro, volgendole in sua foggia di cialdoni, ponendole nello spiedo con una fettolina di lardo tra l’una e l’altra, e facendole cuocere con fuoco gagliardetto nel principio, fin’a tanto che saranno ferme; e cotte che saranno, in modo che abbiano alquanto di colore, si caveranno; così calde si serviranno con alcuni saporetti sopra, e se vi si vorrà porre caccio grattato nell’empitura, sarà in arbitrio.
Le dette polpette, anco piene che saranno, si potranno involgere in rete nel modo che si fa de’ fegatelli ed inspedare con una sfoglia di lauro tra l’una e l’altra, facendole cuocere con più lento fuoco delle soprascritte e servendole calde con alcuni saporetti sopra.
Ma volendole stufate, non occorre ponerle nella rete e basterà, come saranno mezzo cotte, cavarle dallo spiede e ponerle in una pignatta, o stufatora, dove sia il grasso ch’è colato ed agresto chiaro, mosto cotto, zibibbio, pepe, cannella, zafferanno e sugo di melangole; e si facciano finire di cuocere con esso sapore pian piano.
Volendole stufare in un altro modo, piene che saranno così, crude, si meteranno in una stufatura nella qual sia lardo colato, ovvero strutto, facendole soffriggere pian piano e rivolgendole, fin’a tanto che la composizione sia appresa; e giungasi con esse tanto brodo, che stiano coperte, e prugne e visciole fresche, o uva spina, ovvero aggresto intiero, il che farà secondo i tempi con la medesima speziaria che s’è adoprata di sopra; e si facciano finir di cuocere, tenendo il vaso turato, e cotte che saranno si servino col medesimo brodo sopra, avendovi posto prima che si voglion servire un pizzicotto d’erbicine odorose battute.
In questo modo si possono anche sottestare nel forno.
Ma volendosi in altra maniera, battute che saranno le polpette con la costa del cortello, si bagnino con agresto chiaro e si spolverizzino di zucchero, e pepe, e cannella, lasciandole stare l’una sopra l’altra per un’ora; ed abbiasi una tortiera unta di strutto, ovver di lardo, facendo un suolo delle polpette senza essere involte, e sopra le polpette spargasi caccio nuovo e vecchio grattato, mescolato con zucchero, pepe, cannella, zafferano ed uva passa. Dapoi si piglino altrettante polpette bagnate nell’ova batutte e si stendano sopra le prime; e vi si ponga un’altra volta della medesima composizione con alcune fettoline di 404provatura, e così se ne verranno a fare tre o quattro suoli, facendole cuocere al forno, ovvero sotto il testo, con una fetta di lardo sopra; e come saranno state per mezz’ora in forno, vi si porrà un poco di brodo tinto di zafferano ed un poco d’agresto chiaro o intero; e cotte che saranno, vogliono esser servite così calde col suo brodo, e se vi si volesse porre tra l’una e l’altra fette di sommata salata, sarebbe in arbitrio.
Volendo arrostirlo nello spiede, pelisi con acqua calda, e si cavino gl’interiori, ed empiasi d’una composizione fatta di lardo, e prosciutto battuto mescolato con la sua coratella, e fegato, che siano ben netti, e speziarie comuni, prugne e visciole secche, cacio grasso che non sia salato, ed ova; e l’estate, in luogo delle prugne e visciole secche, pongavisi uva spina, o agresto intiero, e pere moscatele, ed altri frutti non troppo maturi in pezzetti; e pieno che sarà, si cucia il buco, che sarà meglio farglielo nel filo della schiena che in altro luogo, e pongasi nello spiede senza essere rifatto, accomodandolo in modo che non giri, e facciasi cuocere a lento fuoco; e come comincierà a sentire il caldo, ungasi la cotica con lardo, il che si fa per conservarlo morbido e perché non abbruci. Si può anche 405arrostire vuoto e sottestato al forno, ed in questo modo si può accomodare il ghiro.
Si nomina da’ spagnoli questa vivanda "Oglia potrida", perché facendosi la maggior parte in pignatte di terra, le quali dimandano Oglias, e potride chiamano diverse cose ben cotte. Per far la qual vivanda si piglieranno libre due di gola di porco salata vergellata, e quattro libre di sommata dissalata, due grugni, due orecchi, e quattro piedi di porco tagliati per mezzo, e mesaltati d’un giorno, quattro libre di porco cignale con il callo fresco, due libre di salsiccioni buoni; e nettata che sarà ogni cosa, facciasi cuocere con acqua senza sale, ed in un altro vaso di rame, o di terra, si facciano anco cuocere con acqua e sale libre sei di coste di castrato, e libre sei di rognonatica di vitella, e sei libre di vaccina grassa, e due capponi, ovver galline, e quattro piccioni domestici grassi; e di tutte le dette materie, le prime che saranno cotte, e non disfatte, si cavino dal brodo e si conservino in un vase, ed in un altro vase di terra, o di rame, col brodo delle suddette carni si cuociano due quarti di lepre di dietro tagliati in pezzi, tre starne, due fagiani, o due anatre grosse salvatiche fresche, venti tordi, venti quaglie e tre cotorne; e cotte che saranno le suddette robe, si 406mescolino i detti brodi tutti insieme passati per setaccio, avertendoci che non sieno troppo salati, e dipoi si abbiano piselli, ceci rossi e bianchi che sieno stati in molle, capi d’agli mondi, cipolle vecchie spaccate, riso mondo, castagne monde, e fagioli che siano perlessati, e ogni cosa si faccia cuocere insieme col brodo; e quando i legumi saranno presso a cotti, vi si ponga cavoli torsuti, e cavoli milanesi, navoni gialli, e cervellate, ovvero salsiccia; e quando ogni cosa sarà cotta, più tosto un poco soda che brodosa, diavisi una mescolata acciocché ogni cosa venga ad incorporarsi, e facciasi il saggio più volte per rispetto del sale, ed aggiungasi con esse pepe e cannella; e dipoi si abbiano apparecchiati piatti grandi, e pongasi una parte della composizione sopra i detti senza brodo, e si piglino di tutti gli uccellami grossi compartiti in quarti le carni grosse, e salami tagliati in fette, e gli uccelli minuti si lasciono intieri e si compartano ne’ piatti sopra la composizione, e sopra di essi pongasi dell’altra composizione con li cervellati tagliati in pezzi, ed in questo modo se ne facciano tre suoli, e si abbia una cucchiarata di brodo più grasso e sparagi sopra, e cuoprasi con un altro piatto, lasciandola stare in luogo caldo per mezz’ora; servasi calda con speziarie dolci sopra.
Si ponno anche arrostire nello spiede le 407starne, fagiani e tordi, come pure l’anatre e le quaglie.
Volendo far tal vivanda nell’estate si prendano le carni che si troveranno, ed in luogo di lepre si piglino i quarti di dietro del capretto, arrostiti nello spiede e tagliati in pezzi.
Si pigliano quindici rossi d’ova fresche nate in quel giorno e si sbattano con dieci oncie di malvagia moscatella, ovvero vin greco di somma; e passisi per lo setaccio con otto oncie di brodo di pollo, ed otto altre di zucchero fino, e quarti di cannella pesta; e facciasi cuocere in una bastardella, ovvero cazzuola di rame stagnata, con quattro oncie di buttiro fresco, mescolando di continuo con la cucchiara fin’a tanto che pigli corpo; e servasi con zucchero e cannella sopra.
Si piglino l’ova dello storione nel mese d’aprile per tutto maggio, perciocché in altro tempo non sono così perfette, quanto son più nere tanto son migliori, e levisi loro con diligenza quella pellicina che hanno intorno, avvertendo di non romperle; riducasi poi quella parte che si vorrà in vasi di legno netto e delicato, e per ogni libra d’ova 408mezz’oncia di sale ed un’oncia d’olio d’olive dolci, e mescolisi ogni cosa insieme con diligenza, senza romper l’ova; e dappoi abbiasi una cassetta larga tre palmi, o più o meno secondo la quantità, e di altezza di quattro dita, e di lunghezza un braccio e mezzo, e soprattutto sia ben liscia, e vi si pongano dentro le dette ova, cioè la quantità che vi può stare, e mettasi la detta cassetta nel forno dappoi che n’è cavato il pane, ovvero caldo a quella temperatura, e lascisi stare fin’a tanto che si vedrà che comincino a fare un poco di crema: ed allora si cavino dal forno e si mescolino sotto e sopra con una spatola di legno, e questo facciasi più volte, fino a tanto che l’ova sieno cotte e verranno nere e pastose, facendo la prova più volte; e quando sarà cotto, si potrà conservare in vaso di terra invetriato per alcuni giorni, ma se si vorrà mangiar così caldo si potrà, mettendolo su le fette di pane e servendosi con sugo di melangole e pepe sopra.
Ma per conservarlo vi si metterà un poco di garofani e noce moscate, ed un poco d’olio nel fondo del vaso e di sopra. Conservisi in luoghi freschi e rivedendolo alcune volte, perciocché se non fosse coperto d’olio, si mufferebbe.
Piglisi libre una di riso, nettisi e lavisi a più acqua, e pongasi a fuoco con 409tanta acqua fresca che stia coperto; e come ha sorbito l’acqua, abbiasi latte fatto d’una libbra d’amandole e mezza libbra di zucchero, e pongasi dentro la metà, giugnendoli il resto a poco a poco sino a tanto che sarà ben cotto, e, sodato e cotto che sarà, si stenderà sopra una tavoletta e si lascierà asciugare da sé; piglisi poi, e facciansene ballotte di grossezza d’una mezza palla fiorentina, ed esse ballotte involgansi in una pasta liquida fatta di farina, acqua, sale, olio e vin bianco, e friggansi nell’olio; e fritte che saranno, servansi calde con zucchero sopra.
A un altro modo si potranno fare: asciuto che sarà il riso, pestisi nel mortaro e giungasi con esso una mollica di pane imbeverata nel brodo dov’è cotto il riso; facciansi poi ballotte nel modo soprascritto, ed involgansi in fiore di farina, e friggansi nell’olio; e si servano calde con zucchero sopra.
Il vostro riso dee esser ricotto nel latte, ma che resti ben fisso, aggiugnendovi buon formaggio di forma, e buttiro con cannella, ed un poco di pepe, lasciandolo stare in massa fino che volete adoprarla.
Dipoi prenderete un piatto e vi farete un suolo di riso, con un cordone attorno del medesimo, lasciandovi al mezzo una concavità, ove metterete spaccati pollastri, o piccioni, cotti in buon sugo con tartufi, creste, e dentro ci vuoterete un simil buon 410sugo. Dipoi porrete sopra gli accennati carnami altro riso, sino che viene a far una figura rotonda ad uso di pasticcio; e poste sopra il riso ova sbattute, e panatolo, metterete il medesimo al forno.
Fatto un buon sugo, ci si metterete sei piccioni ch’abbiano avuta mezza cottura allo spiede con qualche filo di lardo; e questi piccioni si mettino a finir di cuocere in buon ragù, in cui ci porrete tanto del suddetto sugo quanto può occorrere per cuocere i vermicelli, quali devono essere di Genova ma sottili, avvertendo che non si disfacciano per la soverchia cottura. Cotti che sieno, farete nel vostro piatto in fondo un solaro di vermicelli, ma prima di essi un poco di midolla di manzo nel fondo del piatto, e sugo, ed un cordone di pasta sfogliata per contorno del piatto. Fatto il suolo di vermicelli, vi comporrete sopra i piccioni e ragù, e tutto ricoprirete di vermicelli a piramide, mettendovi sopra del buon sugo con due o tre ova sbattute versatevi sopra, e poscia lo metterete al forno a prender colore; ma abbiate l’occhio che non brucino.
Per ogni peso di carne, la quale esser debba della più grassa del porco e, se ve n’è, di gola, fa buonissimo effetto, e che il tutto sia benissimo pesto, si mettono l’infrascritte cose, cioè pepe ammaccato oncie due, cannella ben pesta mezza 411oncia, macis senza fuoco, cioè non vallettato, un quarto d’oncia, garofalo pesto mezzo quarto, un bicchier di vin grande, sale ben spolverizzato libbre una, polmone benissimo pesto e netto libbre una, fegato benissimo pesto oncie dieci.
Si bagnano le mani di sangue quando s’impastano le suddette cose: si pongono poi nelle vesciche di porco, ma non s’empiono, anzi se li lasciano due dita di vuoto.
Si netta bene la testa da’ peli con acqua e con fuoco, perché sia ben pulita, poi con tutti gli ossi si mette a cuocere, e quando sarà ben cotta si levano tutti gli ossi e si tien conto di tutta la carne, ancorché siano bocconcini. Si pigliano le due parti e si voltano una in grembo all’altra sopra il burazzo, dove si sarà sparso degl’ingredienti che si diranno, tanto quanto sia larga la testa. Poi si farà grattare mezza libbra di formaggio di Lodi, un pane di chioppetta, cioè bianco da due bolognini, mezza oncia di cannella, un quarto di pepe, di garofolo, una noce mascata. Se gli dà odore con scorza di limone, tutto si mescola insieme, e si copre bene la testa di detta roba, e si fa bene incorporare, mettendone da tutte le parti. Poi la testa si volta come si fanno li cialdoni, ma ben stretta si lega in un burazzo con spago, e si lascia così per otto giorni perché pigli il condimento; e se la testa sarà più e meno grossa, bisogna 412regolare la dosa a proporzione, avertendo di salarla nel metterla a cuocere, o quella composizione, che si farà come sopra.
Si prende oncia e un quarto cannella fina, oncia e un quarto pepe in polvere, numero uno noce moscata, oncie otto mostarda fina, oncie quattro uva passa, oncie sei anisi confetti, oncie sei pasta di marzapane, libbre una songia, libbre una miele fino, e numero otto pomi paradisi pelati e cotti in detto miele.
Latte bicchieri quattro, oncie due cannella fina in polvere, un quarto di pepe, e garofali, libbre una pasta di marzapane, libbre due zucchero in polvere, oncie sei mostarda, libbre una uva passa, songia libbre quattro, pomi paradisi disdotto, cotti nel suddetto zucchero disfatto con un poco d’acqua d’odore muschiata, mostaccioli, e altre cose di monache in polvere, tanta quantità che basta. Il sangue si passa per un colatore.
Candito, passarina, torsi di lattuga in dadi, carciofi, uva spina, aglio fresco battuto.
Questi vogliono essere con salsa forte e spremuti bene dall’acqua quando il biscotto è stato in molle, erbe aromatiche, come mentuccia, maggiorana, bassilico, persa e simili, con zucchero sopra, 413poi alici, candito, capperi, bottarga, tarantello ed altro, secondo il gusto.
In fette sottili, spruzzate con un poco del medesimo latte nel vaso dove le portano, e zucchero sopra.
Non molto fatta, cotta con zucchero, e passata per stamigna, o setaccio, poi stemperata con zucchero a proporzione, acciò non perda totalmente il sapore del frutto. Di bricocola, brugne, agresto, persiche, pere moscatelle e d’altri frutti fatte come sopra.
Acetosa bollita nel brodo con un poco di bieta, acciò le dia il colore; poi si metta in molle il pane nel medesimo brodo, e si pesti bene ogni cosa con zucchero. Di noci fresche, mandole fresche e secche, nocciole. Tutti ben pestati con zucchero, e con aceto più o meno, secondo il gusto.
Aceto, zucchero, condito, stecchi di cannella e garofali.
Di zucchero e cannella, passarina, capperi, cedro condito e pignoli.
Aceto, aglio, pepe, rosmarino e salvia.
Si pestano alici nel mortaro, e stemperate con aceto rosato, con zucchero, polvere di mostaccio di Napoli, capperi, 414cannella, e noce moscata, con un poco d’erbe odorifere; tutto si passi per setaccio, e poi si sbruffi con un poco d’acqua di fiori. Se riuscirà troppo tosto s’aggiunti aceto, e se liquido s’accresca la polvere di mostaccioli.
Fatto con tarantello lavorato come sopra con i suddetti ingredienti.
Si bollino in vino i medesimi granati con zucchero, e, quando è calato un terzo, vi si aggiunga cannella, garofani e noce moscata, e poi si passi per setaccio; servito con cannella in polvere e zucchero sopra.
Sapore di latte di mandole con code di gambari, uva spina, o agresto, o sugo di limone, cedro condito, alice ed un poco di noce moscata.
Salsa di cedro condito, zucchero, latte di pistacchi, agresto, erbe odorose di tre sorte almeno.
Si piglian quattro foglie di menta, un poco di pressemolo e tanto bassilico, sei oncie di seme di melone, sei oncie di fior d’aranci canditi, sei oncie di capperi, due fette di pane bagnate in aceto di fiori e spremute, e due in tre oncie di zucchero: il tutto si pesti benissimo, e si stemperi con sugo di limone, che sarà ottimo.
Prendi un poco di persa, bassilico e 415pressemolo parti eguali, un’oncia d’anisi, due oncie di pistacchi mondi, quattro fette di pane inzuppate in aceto rosato e spremute; pesta nel mortaro ogni cosa insieme, ed aggiugnivi due oncie di zucchero fino, stemperato con un poco di aceto, ed il sugo di due limoni, che sarà un sapore gratissimo e gustoso.
Piglia una libbra di cedrato candito pesta bene nel mortaro, e stemperato con oncie nove di sugo di limone, e oncie tre di zucchero, con un quarto d’oncia di cannella in polvere; passerai il tutto per stamigna, e questa si può metter fredda sopra tutti gli arrosti caldi, che sarà buonissima.
Pinocchi freschi, zucchero fino e acqua di fior d’arancio alla consistenza del sapore.
Per far la salsa del cappon di galera vogliono essere le sottoscritte dosi, cioè tutte, macinate finissime in mortaro, che diventino come un unguento, ed anco tutte l’altre robe notate susseguentemente alle suddette erbe vorranno essere nella medesima forma mescolate insieme; o pure la maggior quantità dell’erbe vuol’esser pressemolo scelto a foglie fine, e di quest’altre tanta quantità quanta serva per darli l’odore, quali sono bassilico, punte di cedro, persa, timo, polvere di rigamo, un spicchio d’aglio, tre acciughe 416senza lisca, zucchero fino mezz’oncia, cedrato candito in pezzi. Intridere in ultimo la massa con due gocciole d’olio e stemperatele con aceto forte, avvertendo che venga densa come una mostarda.
Dipoi si prendan fette di pane sopraffine, s’arrostiscano e poi si mettano a molle in acqua, che vi siano quattro gocciole d’aceto dentro; dopo che saranno rinvenute in detta roba, si levino e si asciughino con salvietta bianca; si cuoprano dette fette con la sopraddetta salsa sotto e sopra, e poi si facciano fette sottili di canditi e di mezze acciughe, quali si mettano sopra dette fette un appresso l’altro, che vengano coperte dal candito e dall’acciughe tutte le sopraddette fette, le quali vanno poste in piatto con neve sotto; e negli spazi che restano fra esse, cioè fra l’una e l’altra, si posson mettere o uve passe, o pinocchi, o pistacchi, o astuzi addobbati, o capperi, ovvero foglie di fior di arancio condite, o anici in camicia, con adornare il piatto con fette di limoncello dolce, o di cedrato.
Bisogna spruzzare detti biscotti con moscatello sin tanto che siano rinvenuti ma non zuppati; si pigli poi l’appresso erba, pressemolo un manipolo, bassilico otto o dieci foglie, targone per metà del pressemolo e le foglie d’un filo di perla; le suddette erbe si lavano, e si spremono.
417Si prende dipoi un capo d’aglio, un poco di scorza di limone, si battono nel mortaro tutte le suddette erbe, e, battute benissimo che saranno, vi si battono ancora oncie tre candito, oncie tre capperi, tre acciughe e tutte le suddette robe; quando saranno peste, bisogna avere un baratolo di conserva di cedrato, o cotognato, altra roba buona, e disfarla nel mortaro con le suddette cose. Dipoi si stempera ogni cosa con aceto forte in una certa liquidezza, come se fosse un unguentino, e questa si mette sopra i due biscotti rinvenuti col moscatello: e questa serve per finirli di zuppare. Il suddetto cappon di galera s’adorna poi di sopra con scorza affettata, con sermone in pezzuoli, con acciughe, con capperi, con pignoli, con olive, con uve passe, e nella falda del piatto s’adorna con crostini.
Mezzo fiasco di latte, mezzo fiasco di pana, e numero venti rossi d’ova freschi, e libbre due zucchero fino in polvere, e si mette in questo latte l’odore o di cedrato, o arancia di portogallo, o gelsomino, quel che più piacerà: avertir però di trinciare la scorza fina del frutto che si metterà, e li si dà l’odore a sufficienza; e quando sarà messo l’odore, sia cura di chi manipola di stemperare l’ova ben col latte; dipoi si cola per stamigna e si mette in un calderotto di rame o ottone, ma che non sia stagnato, e si mette sopra il 418fuoco di carbone a cuocere, agitandolo sempre con mestola di legno, toccando il fondo e le parti laterali, di non dar tempo che si attacchi al medesimo vaso, avvertendo però che non deve bollire. Il modo di conoscere quando sia cotto, si osservi ritirando la mescola con la quale si agita: se si attacca sopra della medesima, allora è fatto. Dipoi si mette il suddetto calderotto col latte in altro vaso maggior, con ghiaccio o neve, seguitando, fin tanto che non sia freddo, ad agitarlo affinché non venga a separarsi; freddo che sarà, si vuota in chicchere di porcellana: e facendolo altrimenti, si separerebbe e anderebbe a male.
Volendosegli poi dare, cioè al medesimo latte, colore e odore di cioccolata, si prendono oncie 6 cioccolata grattata fina, e, quando il latte è caldo, se ne cavano oncie sei, ovvero otto, e si mette in un piatto con detta cioccolata, e si stempera con detto latte come un unguento; stemperata che sarà, si metta nel calderotto col latte quando il latte sarà cotto, dimenandolo sempre, tanto che si unisca la detta cioccolata col latte, e così piglia colore e sapore di cioccolata: e se il latte non è finito di cuocere quando si mette la cioccolata, si può rimettere sopra il fuoco.
Volendo poi far meno quantità della sopraddetta dose, si dipartisce la quantità d’ogni cosa a proporzione e nella stessa maniera si fan tutte le sorte di latti, con 419tutte le sorte d’odore e sapore conforme il gusto.
Un cantuccio va inzuppato in acqua acconcia, conforme il gusto di chi lo dee pigliare, il quale poi si cuopre con salse differenti, le quali si fanno con conserve di tutte le frutte e agrumi; e per stemperare le dette conserve, si adopra agro di limone e si fa una salsa un poco grossetta, e con un cucchiaro si distende sopra il detto cantuccio già zuppato, e così si fanno tutte le sorte di pan lavato, non vi essendo altra differenza che dell’odore dell’acqua nella quale si inzupperà il cantuccio e della conserva della quale si fa la salsa; per adornare il pan lavato, si adorna con pignoli e pistacchi, i quali si mettono ritti nel cantuccio o a rabesco, e attorno al piatto arancia di portogallo o limone, mescolando canditi, conserva in pezzi, melagrana, pignoli e pistacchi; e sarà fatto.
Si faccia pestare un poco d’aglio nel mortaro con un poco di noce moscata, un quarto d’anisi, un poco di bassilico, due oncie di zucchero in polvere, stemprando ogni cosa in aceto rosato che sia poco più di mezzo bicchiere; e quando saranno fritte le zampe, leverai lo strutto dalla padella e vi butterai dentro questa salsetta, dandogli un poco di fuoco lento, 420tanto che si possa pensare abbiane pigliato il gusto.
Piglia oncie sei di mostarda fina, aggiugnendovi un ottavo di bicchiero di malvasia ed un poco di aceto aromatizzato con garofali o cannella; e te ne servirai come sopra.
Piglierai ova sei ben sbattute in una pignattina, oncie due di zucchero fino in polvere, una scodella e mezza di pana di latte, e, riempiuta che avrai la detta pignattina, la metterai in una cazzola con tanta acqua che arrivi all’orlo della pignattina; avvertendo che l’acqua sia fredda, acciò riesca meglio; coprendo la pignattina con carta, e sopra coperchio ben pulito; mettendovi mezza pietra in cima, acciò non vacilli; dandole fuoco lento, che bolla adagio e non vada sopra la pignattina, perché Ia minestra non riuscirebbe a perfezione. Quando sarà alla cottura, leverai la pignattina dalla cazzola e con un cucchiaro le leverai la superficie, e poi, a cucchiaro, la metterai nel piatto, avvertendo che se non sarà congelata insieme, è segno che non sarà cotta.
Piglierai due libbre di farina di riso, ventiquattro bicchieri di latte e mezza libbra di buttiro fresco: metterai il latte ed il buttiro in una cazzola ben netta a 421fuoco lento, avvertendo ch’è facil cosa pigli il fumo; quando sarà a bollire il latte, butterai giù la farina, avendola prima stemperata con altro latte freddo facendo la colla fissa, e così la butterai in quella cazzola che bolle, mescolandola sempre con una cannella di pasta; così menandola sempre, fin tanto che diventi tosta. Quando vedrai che avrà del duro la leverai dal fuoco, e, con un cucchiaro d’argento bagnato prima in latte, piglierai bocconcini di polenta, accomodandola nel piatto con cacio parmigiano, buttiro fresco e cannella fina in polvere; e così farai ad ogni solaro di polenta, e quando sarà fatta subito servirsene.
Ben pelato e pulito che sia il capo, cotto in vino con brocche di garofali, e cannella intiera, e tutto, sia servito caldo.
Si batta ben bene la carne con bastone, avvertendo levar la cotica e l’ossa; lavate in aceto rosato, lardate con lardoni di porco domestico, lasciando che da sé stesse s’asciughino; spolverizzatele con sale e spezierie diverse, e poi mettetele in pasta; datele la forma di coscetti naturali.
Fatele stare prima in addobbo con speziarie ed aceto rosato.
Si cuocino in brodo lardiere.
Piglia libbre dodici di polpa dalla coscia di detto animale, lavata bene in malvasia, messa in soppressa in pezze bianche con peso sopra, acciò mandi fuori l’umidità. Piglia libbre sei grasso di porco domestico, e, poste insieme dette carni, piglia un’oncia di mastice pestato, oncie due pepe intiero, oncie due cannella, mezz’oncia brocche di garofali ammaccate nel mortaro, e, ben pestata la carne ed il grasso, vi metterai detti aromati, con sale ben pesto oncie cinque e mezza, il tutto ben incorporato insieme, spruzzandola con nuova malvasia; stato in addobbo il tutto in vaso di pietra per dodici ore, e dopo, le solite budelle ben curate, e pulite, l’empirai di detta composizione.
Data loro mezza cottura nell’acqua, si mettono in piatto ove sia stata squagliata qualche acciuga: vi sieno polvere di garofani, olio buono, sugo d’aranci, mezzo bicchier di vin bianco; coperto con un altro piatto, mettendolo sopra la brace sin che sia finita la cottura.
Sono migliori ne’ mesi di gennaio e febbraio, nel qual tempo hanno i coralli. Devonsi cuocere in acqua e sale, e, raffreddate, si leva loro l’armatura e si estraggono fuori i coralli, cioè l’ova; poi si rompe quella parte ove stavano congiunte le branche, che ivi si troverà una 423polpa bianca, quale, posta al corallo e poi ben polito il tutto, si piglia l’armatura, e, messo dentro il corallo con le polpe, vi si metta olio, pepe ammaccato, sugo di limone, pongansi su la graticola, scaldate a fuoco lento, siano servite calde. Si cucinano parimente pigliando erbette odorifere ed un spico d’aglio, soffritte in olio buono, e si pone nell’armatura, ove sia il corallo come sopra, e vi s’aggiugne un poco di speziarie da Venezia stemperate in aceto. Allessate e condite con speziarie: fredde sono esquisite.
Sono queste cappe molto grandi, ma si riducono in poca sostanza. Si cucinano aperte, ben lavate, levandole certe pellicole che le stanno intorno. Si pongono sopra la gratricola con olio, pepe e sugo di limone. Si cucinano con erbette odorifere, olio, speziarie e sugo di narancini, che sono assai delicate. Si possono frigger in olio, servite con pepe ammaccato e sugo di limoni.
Piglierai un pignattino ben vetriato, un’oncia di stecchi di cannella, mezza di garofani, oncie tre di zucchero, un bicchiere e mezzo d’aceto, coprendo bene il pignattino con carta e coperchio acciò non passi l’odore, facendolo bullire a fuoco lento. consumato che sarà per metà a perfezione, questa salsa potrai servire con tutte le sorti d’arrosto, tanto domestici quanto selvatici.
Piglierai un prosciutto di tutta bontà, ne taglierai una libbra in fette minute, pigliando tre oncie di buttiro: mettendole nella padella, lo cucinerai a fuoco lento; cotto che sarà, lo pesterai nel mortaro, lasciando nella padella quel sugo che avrà fatto, aggiugnendo nel mortaro garofani, cannella, zucchero oncie quattro, mostaccioli oncie quattro; pasterai bene ogni cosa, pigliando quel sugo che sarà nella padella, e gli metterai oncie sei di sugo di limoni, stemperando con quel sugo la composizione; e fatta, la passerai per setaccio, tornandola poi in un pignattino vetriato ben coperto, la manterrai calda, e questa sarà una salsa gustosa per li mesi di giugno, luglio, agosto, servendola sopra gli arrosti.
Piglierai dodici anciove: le lavarai bene in vino bianco, facendolo liquefare in olio buono, o buttiro, sopra il fuoco in un vasetto di pietra, aggiugnendovi una libbra di aceto, oncie sei zucchero, pignoli ammaccati oncie quattro, cappari mondi oncie sei, garofani in polvere un quarto, cannella intiera oncie mezza; levandola poi avanti che servi la salsa, cucinandola a fuoco lento, e ben coperta; e questa sarà per li pesci cotti alla graticola, ed anco per li coscetti di castrato e selvatici arrosto.
Piglierai una libra di fior di cedro condito ben pesto nel mortaro, stemparato con nove oncie di sugo di limone, oncie tre di zucchero, un quarto di cannella in polvere, e la passerai per stamigna; e questa la servirai fredda sopra vivande arrosto calde, quali sieno fagiani, pernici, piccioni sotto banca o pollastrelli.
Piglierai una libbra di buttiro fresco; disfatto che sia in padella, vi aggiugnerai mezza noce moscata in polvere, un poco di polvere di garofani, oncie quattro di zucchero fino, rossi d’ovo sei stemperati, con tre oncie di sugo di limone. Se gli vorrai dare odore di muschio, o d’ambra, sarà a tuo piacere. Questa servirà per stufati che non sieno ben cotti, come sparagi, carciofi, bracciolette, ed altre diverse cose.
Piglierai dodici fegatelli di capponi fritti in buttiro, pesti nel mortaro, aggiugnendovi un ottavo di polvere di garofani, un quarto di cannella, tre oncie di zucchero, un poco di noce moscata; e stemprerai detta composizione con un mezzo bicchiere di malvasia, due oncie di sugo di naranci, passandola per setaccio: dando fuoco lento, perché non ha bisogno di molta cottura; la servirai sopra selvatici arrosti.
Piglierai una libbra di tarantello grasso, ben levatogli il sale; lo pesterai nel 426mortaro con polvere di garofani, noce moscata, cannella, otto oncie di zucchero, quattro oncie di cedro condito grattato; pesto il tutto insieme, lo stemprerai con aceto, avvertendo di lasciarlo brodoso, ponendolo a bollire in pignattino vetriato con tre oncie di pistacchi ammaccati, due oncie d’uva passa ben pulita. Questa servirà per vari pesci.
Piglierai tre libbre di gambari; cotti che saranno, li pesterai nel mortaro, stemprandoli con aceto rosato di malvasia, e li passerai per setaccio; ed il loro sugo metterai in un pignattino con un ottavo di polvere di garofani, un quarto di cannella, sei oncie di zucchero, sei oncie di capperi, mezza libbra di polpa d’olive, tre oncie di pignoli ammaccati, avvertendo che il sugo dei gambari sia denso; e così la cucinerai a fuoco lento, meschiandola alcune volte con cucchiaro di legno; vi spremerai il sugo di quattro limoni.
Questa sarà buona per trute, bulbari, carpani o reine, ed altri pesci.
Quando sarà cotta la lonza di vitello, le leverai la rognata pestandola bene, la metterai in un vasetto di terra con polvere di noce moscata, garofani, cannella, due oncie di zucchero, una cucchiarata di sugo d’arrosto che sarà nella leccarda, sei oncie di sugo di limoni, oncie quattro di cedro, o pomo d’Adamo 427condito grattato; stemperando insieme le darai pochissimo fuoco, e questa la servirai sopra gli arrosti di vitello, pavoncelli, pollastrelli, ed altri; e riuscirà meglio con oncie sei di pistacchi mondi, pestati nel mortaro e stemperati col detto sugo di limoni.
Piglierai oncie due di bacche di ginepro lavate in vin bianco, e vi stiano in infusione due giorni, mutandole il vino due volte il giorno; e le metterai a bollire in vasetto vetriato, aggiugnendovi una libbra d’aceto di malvasia, mezza libbra di zucchero, un ottavo di garofani intieri, oncia mezza di cannella intiera, coperto benissimo, con carta e coperchio; mettendolo al fuoco, facendone consumare delle tre parti una; e questa sarà ottima per francolini, tordi ed altri uccelli simili.
Piglierai pomi granati, li caverai le grane ben monde, spremendoli in un vaso tanto che possi avere una libbra di quel suo vino, mettendolo in un pignatto a bollire con un grano d’ambra, oncie sei di zecchero fino; lo farai consumare per metà a fuoco lento ben coperto, e questa sarà una salsa per latticini arrosto ed uccelletti.
Piglierai libbre due di sugo di moscatello maturo, lo metterai in una pignatta vetriata, schiumandolo come comincia a bollire, avvertendo che quando cesserà di 428far detta spuma, lascierai bollire fin che cali un terzo; poi piglierai oncie due di seme di finocchio fresco e lo pesterai nel mortaro, aggiugnendovi tre oncie di pomo d’Adamo condito, mezza libbra di zucchero fino; stemprerai il tutto col sopraddetto sugo di moscatello già bollito, tornandolo nel pignattino, o vasetto, ben coperto, ritornandolo sopra il fuoco, lasciandolo fin che cali la metà. Sarà una salsa buona per i pesci arrosto, ed anche allessi, conforme al tuo gusto.
Piglierai libbre due di sugo d’agresta, la metterai in un vaso di pietra vetriato sopra il fuoco, ed avanti che cominci a bollire gli leverai tutta la spuma, avvertendo come sopra; dipoi pestando nel mortaro un’oncia d’anisi, tre oncie di naranzo condito ed oncie sei di zucchero; il tutto stemprato con detta agresta, dipoi ritornata nel vaso, ponendolo sopra il fuoco lo coprirai, lasciandola bollire finché cali un altro terzo, e questa sarà una salsa per pernigioni, uccelletti, bracciollette ed altre cose, servita calda.
Piglierai per far questa salsa libbre tre di visciole: le spremerai il sugo, dipoi piglierai un’oncia di maggiorana fresca, oncie tre di cedro condito, ma con la scorza; il tutto pesterai nel mortaro con oncie sei zucchero fino, stemprerai il tutto col sopraccennato sugo di visciole, 429ponendo ogni cosa in pignattino ben vetriato con sopra carta e coperchio, acciò non svanisca mettendola sopra il fuoco, la lascierai calare il terzo; che questa sarà una salsa da servire a gallinacetti o pollanchetti piccioli arrosto, e pollastrelli simili, e ad un arrosto di vitello non sarà cattiva servita calda.
Se volete marinare le vostre bracciollette, tagliatele e battetele con la costa del cortello, e poi lardate minute e messe in tegame con buttiro e le solite speziarie, pignoli, uva passa; e poi pesterai nel mortaro uno spicchio di aglio, un poco di maggiorana, o bassilico, stemperate con aceto forte, ma se fosse aceto aromatizzato di cannella sarebbe meglio, e così vuoterai questo sugo nelle bracciollette; e queste servite calde non riescono cattive.
Piglierai la polpa della coscia del vitello e la taglierai in pezzetti larghi come due diti; le batterai bene colla costa del cortello e poi le metterai in addobbo con un poco di coriandoli pesti, un poco di cannella in polvere e sale a proporzione; avrai parecchiato un tegame con buttiro disfatto, ovvero grasso d’oca, gli ponerai le bracciollette dentro, coprendole con coperchio, voltandole molte volte: quando saranno cotte, piglierai un poco di scorza di cedro condito, la pesterai nel mortaro, gli spremerai il sugo di due limoni e 430con quello stempererai la scorza di cedro, ponendo poi il tutto dove son le bracciolette; senz’altri regali queste riusciranno ottime.
Piglierai le bacche della mortella pestate nel mortaro, le cuocerai in malvasia, e di quella polpa, che avrai passata per setaccio o per vaso d’ottone trasforato minutamente, per ogni quattro libbre vi metterai tre libbre di zucchero ben chiarificato, cotto in acqua di fior di gelsomini; quando sarà a mezza cottura vi metterai una libbra di polpa di pomi d’Adamo grattati, un’oncia di cannella fina, un’oncia di garofali in polvere, e, quando avrai fatto bollire il tutto nel zucchero, vi metterai la polpa di mortella dandogli fuoco lento, e sempre lo mischierai; quando sarà alla cottura, vedrai che fa certi gonfietti, o visicchette, ed allora sarà a perfezione e sarà di color nero assai.
Piglierai persichi duraci, li monderai sottilmente, ma che non siano troppo maturi, senza macula alcuna, e levato loro l’osso, gli taglierai in pezzetti e ne caverai otto libbre di polpa, ed avrai cinque libbre di zucchero cotto in acqua rosa; ben chiarificato che sarà, gl’infonderai dentro la polpa con un’oncia e mezza di cannella in polvere e lo tirerai perfettamente alla cottura; avvertendo che sia ben cotto perché il frutto è assai umido, e 431cotto ne farai la prova sopra la carta, che quando l’umido non passerà, sarà cotto; questo non vuol altro aromato, perché è odoroso e soave da sé medesimo; lo riporrai in vaso ricoperto.
Piglierai libbre quattro di fravole monde e pulite con diligenza, le laverai in vin bianco, piglierai una libbra e mezza di zucchero in polvere ed una libbra d’acqua per chiarificarvi il detto zucchero, e, passatolo per stamigna vi metterai le fravole, o, tornato al fuoco, andrai sempre con una spatola mischiando, avvertendo d’andar nel fondo acciò non s’attacchi; e quando vorrai sapere se è alla cottura ne farai la prova sopra la carta, come di sopra, ed allora lo passerai per setaccio e lo servirai in tavola freddo col solo suo naturale odore e gusto. Ne farai poco, perché dura poco.
Piglierai libbre dieci di visciole, cavandole l’osso e la gamba, facendo che il sugo vada in un vaso di pietra acciò non pigli odore cattivo. Piglierai libbre cinque di zucchero chiarificato come sopra, passandolo per stamigna, e poi vi metterai a bollire dentro le visciole a fuoco lento e con la spatola miscierai sempre acciò non s’abbrugi al fondo, perché è facile; e quando vorrai far la prova se sarà cotto, ne metterai un poco sopra un tondo, toccandolo con un dito, e se sarà viscioso, che 432s’attacchi, allora sarà a perfezione cotto. Questo sapore non va immascherato con ingrediente alcuno perché da se stesso è gustosissimo, e di questo ne potrai far per tutta l’invernata.
Piglierai una libbra d’uva passa ben monda, lavata con vin bianco, piglierai due oncie di anisi ben mondati, pesti nel mortaro con noce moscata, vi aggiugnerai l’uva passa, e, pestato benissimo il tutte, lo stempererai con un bicchier di vin bianco dolce, ma prima spremerai nel vino sugo di limone. Stempererai il sapore in questo modo, avvertendo che vi vuol la discrezione del più e del meno, e questo sarà squisito per le vivande arrosto.
Piglierai libbre quattro di peri moscatelli non troppo maturi, ben mondati, cavato loro il seme e quel poco di durezza che hanno dentro, pigliando libbre una e mezza di zocchero fino, oncie nove d’acqua rosa, oncie sei di vin bianco, il tutto metterai con li peri a bollire, avvertendo che il fuoco sia di carboni. Volendo fare questi sapori, loro darai sempre fuoco lento; quando saranno a mezza cottura, vederai che incomincieranno a restringersi: allora comincierai a mescolare fin a tanto che saranno perfertamente cotti. Questo sapore durerà tutto l’inverno mentre sarà cotto bene: lo passerai per setaccio e lo servirai freddo, polverizzato di cannella.
Piglierai persa, bassilico, petrosemolo a porzione, oncie una d’anisi, oncie due pistacchi mondi, quattro fette di pane abbeverate in aceto rosato; e, spremuto da quell’aceto, lo pesterai nel mortaro con l’antecedenti cose, aggiugnendovi due oncie di zucchero fino stemperato con un poco d’aceto ed il sugo di due limoni, e farai un saporetto molto grato e gustoso.
Piglierete libbre due di prugnoli freschi lavati in vino bianco dolce, e libbre una e mezza di zucchero chiarificato con dentro sei oncie di acqua di cedro stillata in aceto, un ottavo di mastice pesto, ed il tutto metterete a bollire con zucchero; quando il zucchero sarà a mezza cottura di giulebbe levatelo dal fuoco e lasciatelo freddare, e poi aggiugnerete i prugnoli, cannella un’oncia, oncie sei condito, tornandolo sopra il fuoco di carbone, lo cuocerete a perfezione come sopra, e cotto, lo passerete per setaccio; e di questo ve ne servirete per gli antipasti, riponendolo in qualche vasetto capace.
Piglierete quattro libbre di brugne e le lavarete in vin bianco, facendole stare così per lo spazio d’un’ora, mettendole al fuoco in detto vino; e quando averanno levato il bollire, le farete passare per un vaso traforato di ottone: cavata ch’avrete tutta la polpa, la porrete in una cazzetta ben pullita con un bicchiere di 434malvasia, oncie diciotto di zucchero fino, mezz’oncia di polvere di garofali, un’oncia di cannella; ed il tutto ben perfezionato alla cottura, lo passerete per setaccio, che questo sarà un sapore da servirsene per gli arrosti di pesce.
Piglierai libbre otto albicocche, le caverai le ossa, piglierai libbre quattro di zucchero chiarificato, ponendo le dette albicocche nel zucchero, cucinandole a fuoco lento, mischiandole sempre, non toccando il fondo del vaso acciò non s’attacchino, perché è frutto umido assai, lasciando consumare due terzi della cottura; perché quando è mal cotto dura poco, e quando avrà buona cottura durerà assai. Non è buono questo sapore per i malenconici.
Piglierai libbre due di bacche di ginepro non troppo mature, lavandole in vin bianco, facendole stare infuse nel vino per lo spazio di quattro giorni, mutandoglielo due volte il giorno. Piglierai due libbre di zucchero, libbre una e mezza vin bianco per infondervi il zucchero, e, quando sarà chiarificato, vi metterai libbre una e mezza di polpe di pomi appi con dette polpe di bacche di ginepro, mettendo ogni cosa a bollire, e vi aggiugnerai una libbra d’uva passa ben lavata, mescolando bene con la spatola; e quando saranno perfettamente cotte, le passerai per setaccio, che questo sarà un sapore buono 435per quelli che hanno lo stomaco indigesto. Non lo fate di bacche schiette, acciocché non sia troppo acuto.
Piglierai quaranta melangole di mezzano sapore che abbiano polpa e sugo assai, spremerai il loro sugo in vaso di pietra e vi metterai anco la polpa, ma ben mondata; piglierai libbre due e mezza di zucchero chiarificato, due grani d’ambre, libbre quattro di polpa di pomi appi, un’oncia di cannella fina in polvere; metterai il tutto insieme a bollire, avvertendo che fra tutti i sapori questo deve esser guardato e custodito mescolando nel fondo, perch’è dubbioso che s’abbrucci od attacchi, e quando sarà cotto a perfezione lo passerai per setaccio. Questo sarà un sapore di durata, mentre avrà avuta buona cottura e sarà soave al gusto. È buono per febbricitanti ed estingue la sete, e di questo se ne serve per beccafichi, ortolani, perniconcelli ed arrosti delicati.
Piglierai quattro foglie di mente romana, un poco d’erba brusca, petrosemolo, bassilico, il tutto ben pesto nel mortaro; vi aggiugnerai sei oncie di narancio condito, sei oncie di seme di mellone, due fette di pane abbeverate in malvasia e spremute, due oncie di zucchero, il tutto pestato insieme; lo stempererai con aceto e questo sarà un sapore per il tempo d’estate. Se in cambio di malvasia vi metterai sugo di limone, riesce migliore.
Piglierai otto bicchieri di late ed uno di pana, ponendolo in una cazzetta ben netta, e vi sbatterai dentro dieci ova fresche, un grano di muschio, otto oncie di zucchero fino, mettendolo al fuoco a fiamma chiara; ed avvertirai non sia fuoco lento, perché non riuscirebbe ma s’attaccherebbe alla cazzetta, e lo mischierai con spatoletta, o cannelletta; e quando vedrai che comincia a crescere, per levare il bollore lo leverai dal fuoco e lo getterai in un piatto in luogo fresco, ed infocando la palla del fuoco la porrai sopra il latte, quale piglierà il color di rosa, servendolo con zucchero sopra.
Piglierai 10 bicchieri di latte in una cazza, la porrai sopra il fuoco con una libbra di buttiro fresco ed un poco di sale. Quando comincierà a bollire gli butterai dentro una libbra di farina di formento, sbattendo otto ova in un vasetto, levando la chiara di quattro avvertendo che sieno ben sbattute, e subito butterai giù la farina con due oncie di acqua rosa muschiata, e dietro subito l’ova sbattute, mescolando sempre nel fondo con una cannella, aggiugnendovi otto oncie di zucchero, una libbra di fior di cedro condito; cotta che sarà, la getterai in tegami larghi di fondo ben stagnati, e bagnati d’acqua rosa, e di questa ne potrai far frittelline tagliate fuora con un 437cannoncino di latte, indorate, e fritte in buttiro; ne potrai ancora intagliar gigli e fiori con la punta del cortello, servendosi anco di questa per li rifreddi.
Piglierai sei ova, una libbra di zucchero fino, avvertendo che l’ova sieno fresche, nate nell’istesso giorno; piglierai un vaso ben pulito e vi romperai dentro dette ova, e di quelle sei chiare ne getterai via una; il zucchero sia ben pestato nel mortaro, e tamisato: di questo ne metterai quattro oncie nel vaso e due ne serberai per fargli sopra il ghiaccio. Piglierai un mazzetto di bacchette ben scorzate e ben pulite; per mezz’ora andrai sbattendo dette ova col zucchero: quando li vorrai fare aggiugnerai oncie sei di farina; li farai nella carta, o nelle cassette, ovvero nelle teglie ontate di buttiro.
Piglierai una libbra di zucchero ben pesto, e tamisato sottilmente, ed un’oncia di questo pesterai con un grano di ambra. Piglierai due chiare d’ova nel medesimo giorno nate, prima impasterai la detta oncia di zucchero con l’ambra, e poi, seguendo con una spatoletta, aggiugnerai il restante del zucchero, lavorandolo con una spatoletta di legno sino che sarà ridotto a guisa di pasta; e quando sarà divenuto tenace, che assottigliato si tiri in lungo senza rompersi, ne formerai su le carte bianche fiori, frutti, biscottini, 438frondi, ed altre galanterie, come ti piacerà, avvertendo che il forno serva quando averà cotto altre pasticcerie, perché sono troppo delicate.
Piglierai due libbre di mandole ambrosine, pelate e biscottate in una teglia a fuoco lento acciò non piglino il color rosso; pestate nel mortaro, aggiugnerai quattro oncie di fior di cedro, una libbra di zucchero fino, libbre una e mezza d’amido tamisato; poi, pestata ogni cosa insieme, gli aggiugnerai sei chiare d’ova, e se vorrai mettervi un grano di muschio, o d’ambra, sarà a beneplacito; ed incorporando questi ingredienti, ne farai pasta, preparando una padella grande da forno, spolverizzandola di farina: le disporrai dentro i biscottini grandi come ducatoni, o a beneplacito, avvertendo che il forno sia caldo a proporzione, lasciando alquanto mitigare (se sarà bisogno) l’attività del calore.
Piglia quattro libbre di pane di tutta candidezza, biscottato bene in forno, pestato nel mortaro, setacciato ben sottile; lo porrai in vaso di pietra con tre oncie di cannella pesta, libbre due di zucchero chiarificato e tirato a cottura, gettandolo sopra il detto pane, mescolando detti ingredienti con una spatoletta fino che sieno bollenti; ed avrai apparecchiate in 439altro vaso quattro oncie di lievito stemperato con nove oncie d’acqua rosa, una libbra di zucchero chiarificato ma freddo, aggiugnendovi libbre due di farina: lo getterai nel primo vaso, ove sarà il pane, avvertendo che sia raffreddato; mescolando ogni cosa insieme, la riporrai in luogo temperatamente caldo, ben coperto per otto ore, ed ogni due ore la mescolerai; fatto questo infarinerai la padella: di questa composizione ne formerai pasta per far biscotti piccoli a guisa di castagne, tondi o lunghi come più aggradiscono, avvertendo che il forno sia caldo a proporzione della composizione.
Piglierai libbre due di mandole ambrosine ben pelate; pestandole nel mortaro, le andrai spruzzando d’acqua rosa: pestate che saranno, avrai libbre una di zucchero chiarificato, quale, tirato alla cottura, lo metterai nel mortaro; ed ogni cosa incorporata insieme, prenderai nevole e, soprapposte, ponendo questa composizione, formerai navicelle, stellette e cose simili.
Molti sono che a queste navicelle danno il ghiaccio quando sono crude, ma io più lodo darlo dopo, che saranno a mezza cottura e raffreddate, tornandole poi nel forno senza più riscaldare e lasciandole in ghiaccio, riusciranno assai migliori.
Piglierai libbre tre di mandole ambrosine pelate, ben asciugate, pestate ben 440bene, spruzzandole con acqua di fior di cedro; aggiugnerai quattro oncie di cannella pesta e libbre due di farina, avvertendo d’aggiugnerla a poco a poco: piglia libbre una e mezza di zucchero chiarificato, e, tirato a cottura, lo porrai nei mortaro suddetto; ed il tutto posto in cazza sopra fuoco di carbone, con spatoletta mescolando acciò non s’attacchi, macinate due grani di muschio con un poco di zucchero, lo porrai in detto vaso, spolverizzando la pasta, quale levata dal fuoco, quando sarà raffreddata, ne formerai mostaccioli nelle solite stampette.
Si piglieranno ovi freschi sei, zucchero fino in polvere libbra mezza, vin bianco oncie sei: il tutto si sbatterà insieme, e poi si piglierà un tegame di pietra vetriato, a porzione della detta composizione; si metteranno oncie due di buttiro a disfar nel tegame; quando sarà disfatto, si metterà la composizione dandogli fuoco sotto e sopra. Se si vorrà mettere nella composizione cannella pesta se ne metterà un quarto, avvertendo però alla cottura che non s’indurisca troppo.
Piglierai oncie due di pistacchi mondi, pelati e poi pestati nel mortaro, e stemprarli col vino; e questo zambalione serve assai per i cacciatori, perché, avanti la mattina vadano alla caccia, pigliano questo: se per sorte perdessero il bagaglio possono star così fino alla sera.
441Si può fare col latte di pignoli come sopra.
Si può fare col seme di mellone per i convalescenti che non possono pigliar forza.
Si pigliano libbre sei di grasso di porco domestico, di lardo nelle parti più interne, cioè che non sia vicino alla cottica né meno nell’altra estremità, ma sia nel bel mezzo di detto lardo; non si servendo delle parti estreme qual grasso involto in un canevazzo, ben battuto con una cannella, lavato due volte con acqua rosa, acqua di fior di cedro, pestato sottilmente con le pestarole, posto in vaso di pietra con oncie due di cannella pesta, oncie una di garofali pesti, oncie mezza di pepe, grana tre d’ambra macinata con zucchero, aggiugnendovi dentro una libbra d’acqua di cedro e libbre una d’acqua rosa; e volendo che faccia il sugo rosso, vi si mettono due oncie di sandalo rosso, si mescola ogni cosa insieme, si lascia posar per un giorno continuo in detto vaso ben coperto, si piglian le solite budella da salsiccia ben lavate e pulite, infuse nell’acqua rosa, e con detta composizione se ne facciano cavezzi di salsiccia a piacere, lunghi mezzo palmo o poco più. Queste salsiccie si devono custodire in longo né assai freddo né troppo caldo, ma temperato, e nel fervore dell’estate in luogo più fresco che sia possibile. Quando la minestra, o zuppa, 442sarà alla cottura, vi si ponga dentro una di queste salsicce, e, quando sarà gonfia, si trafori con un cortello, che così ne uscirà un sugo che condirà soavemente la minestra, e zuppa; ed in un pasticcio fa il simile.
Pulita e lavata che sarà la trippa, nettandola con sale e fior di farina, e benissimo lavata, si dee mettere a lessare in una pignatta di pietra acciò resti candidissima, e, quando avrà avuta mezza cottura, levarla da quel vaso; e piccata minuta, la porrai in brodo di cappone, aggiugnendovi un poco di lardo battuto, un poco di erbette; poi vi metterai oncie quattro di salame ben piccato: ma avverti che sia salame di coppa, maritandola con cacio parmigiano ed ova fresche.
Pulita la trippa, nettata, ed avuta mezza cottura come sopra, levala dal vaso e tagliala in pezzetti, e poi mettila in brodo grasso ed aggiugnivi oncie sei di prosciutto sfilato, un poco di lardo battuto, un poco erbette, un poco di mentuccia ed un poco di pepe; e farai una zuppa con pane fritto in buttiro, e ponivi sopra la trippa servendola con cacio parmigiano e polvere in cannella intorno al piatto.
Sopra la gratella polverizzate con pane, polvere di cannella, mastice e zucchero; servite calde.
Avuta mezza cottura nell’acqua, si 443mettono in platto d’argento, o di stagno, nel quale siano disfatte anchiove, polvere di garofali, olio buono, sugo d’aranci, mezzo bicchier di vin bianco; coperto con un altro piatto, mettendolo sopra la brace fin che sia finita la cottura.
Piglia il fegato intiero, cominciando con un cortello dalla parte dove è più grosso a snodarlo, e quello che fuori se ne caverà si deve passar minutamente con oncie due di lardo battuto, un poco d’erbette odorifere, oncie tre di midolla di manzo, oncie tre di condito grattato, oncie una di pignoli ed oncia una e mezza d’uva passa, aggiugnendovi un poco di zucchero ed un poco di diverse speziarie, sale e due rolli d’ovi freschi; e tutte queste cose componerle insieme, ed empiendone il fegato di vitello, involgerlo in una rete, avvertendo d’untarla bene di buttiro, e polverizzarla con sale, cannella ed un poco di zucchero. Involto che avrai, mettilo in un tegame unto di buttiro e poi mettilo a sottestare, dandoli fuoco lento, avvertendo d’untarlo; e cotto che sarà, lo servirai sopra con sugo di limoni.
Se ne facciano fegatelli involti in rete con pane grattato, zucchero, cannella, sale e pepe; e poi messo nello spiede, tramezzato con foglie d’alloro, avvertendo non dargli fuoco gagliardo. Cotto che sarà, si metterà nel piatto servito con sugo d’aranci.
IL FINE.
Avvertimenti sopra i ragù: 5
Agnellò in ragù: 11; detto per antrè: 178; teste d’agnello in zuppa: 8; suo gigotto, o cosciotto, alla svizzera: 339
Alojò, cioè costa falsa del lombo di manzo, alla Godarà: 11; detto all’inglese, detto al cetriolo, detto ripieno: 12
Aloze cheppia, come si serve arrosto: 13; detta al corto brodo: ivi.
Acciughe: 19
Andoglie, o salsiccioni, dette di porco: 20; dette in zuppa alli piselli: 21; dette di vitello: ivi.
Andogliette, o polpette allo spiede: 22; dette in zuppa, e di pesce: 23
Anguille, modo di riempirle: 72; dette al bianco: 24; dette in salse: ivi; dette fritte, dette alla gratella: 25; all’addobbo: ivi; dette in zuppa, in pasticcio, e in torta: 26; al corto brodo : 126
Acqua di vitello: 57; di cappone: 58
Aqua forte per bagnar il pieno del porco di latte : 89
Addobbi, detti d’un gigotto di vitello: 114; salsa per il detto: 115; di gigotto di castrato: ivi; d’anatrotti, ed altri ivi; d’ostriche: 147
Attellette, o bacchette : 146
Anatre in pasticcio caldo: 203; in freddo: 213; anatre arrosto: 282; dette al lesso: 34
Agnellotti maccheronati: 366
445Arrosto d’alozze cheppia: 12; arrosti, o grigliade sopra la gratella: 140; di macrose: 162
Arrosto in generale, suo avvertimento: 280; quaglie e quagliotti, fagiani e fagianotti, di pernici, perniciotti e galinelle, di beccace e beccacciotti, e pivieri, di poli d’Indie e indiotti, di colombacci e colombaccetti, di tortorelle: 281; d’anatre, sarcelli ed altri uccelli di valle, d’anatre domestiche, d’oche salvatiche e domestiche, di paveri, di tordi, di lodole: 282; di capponi grassi e magri e galline, d’ortolani, di malvizi e tordelli, di beccafichi, di lepre e leprotti: 283; di conigli e conigliotti, d’agnello e capretto, di porchetto di latte, di porchetto cinghiale, di capriolo: 284; di cervo, daina, di daini e cerviotti 285; arrosto rifarlo in stufato con salsa: 380 Barbi detto in ragù, detto in cazzarola, detto in zuppa: 31; detto in pasticcio, detto marinato, detto in insalata e in altre maniere: 32
Beccacce al vino per antrè, salmi di dette al vino, dette in sortù: 33; dette in pasticcio: 34
Baccaccetti: ivi
Bianco mangiare in gonfietti: 35; altro modo: 41; detto di corno di cervo: 42; detto alla spagnola: 367
Biscottini di Savoia: 37; detti in altro modo: 38
446Biscottini alla savoiarda: 437; detti in altra maniera: 538; biscottini di pasta di mandole, e farina d’amido: ivi; detti in altro modo: 439; navicelle di marzapane: ivi
Bische, bisca di piccioni: 39; dette di quaglie, ed altro: 30; dette di capponi e pollastre cappone: 41; dette di pollastri piccoli: ivi; dette di pesce: ivi
Bocconi: 61
Bodin blanc, o sia salsiccia imperiale: 52
Bocconotti, o sia boglian: 54
Brodi grassi: 55; detto della mattina per colazione: 57; detto di consumati: ivi; detto ristorativo: ivi; detto per ammalati, o sia acqua di vitello: 57; detto di pollastra: 58; detto di cappone: ivi; brodo di pesce: ivi; detto magio, per la zuppa all’erbe: 66
Bottone da grasso, detto da magro: ivi
Brace: 61
Brusole, o bracciole alle brace: 67; bracciole, o fricondò: 135; dette ripiene all’escalope: 136; dette alla marinaresca: 385
Beccafichi arrosto: 283Crocchetti, e modo di far il loro pieno: 5
Colì bianco: 9; verde: ivi; detto di asciughe: 19; detto per diverse zuppe da grasso, di prosciutto, di cappone: 98; di pernice, d’anatre: 99di piccioni grossi, di petto di pollastra cappona, colì bianco da magro: 100; ed altri simili, di radici, di lenti: 101; detto da grasso, altre sorte di coli: 102
447 Carciofi alla salsa bianca: 26; e detti al burro bianco, detti fritti: 27; fondi di detti alla pasta fritti: ivi; maniera di conservarli: 28
Capponi in bische: 41; in zuppa: 143; in arrosto: 283; polpa di detti in torta: 302; detti salpimentati alla milanese: 342
Cervellati: 52; detti bianchi, detti neri: 54; d’altra sorta, detti di fegatetti di pollame, detti di fegato di vitello: 54; detti di sangue:: 412
Cardi: 71; in zuppa: 253
Carpe, o reine: 72; carpe all’addobbo, antrè di carpe: 73; carpa lardata d’anguille in ragù: ivi; carpe ripiene: ivi; carpe in filetti: 74; dette al mezzo corto brodo: ivi; dette al corto brodo: ivi; dette sopra la gratella: 75; dette in zuppa ripiene: ivi; zuppa di profitroglie di carpe: ivi; dette in piccatiglio: 145
Cazzaruola, per antrè: 76; detta al formaggio: 66; detta al riso: 77
Cervo, modo d’accomodarlo: 78; in altro modo: 78; cervo in ragù: 79; detto in sivè: 87; in arrosto: 285
Capretto: 83; in arrosto: 285
Capriolo salvatico, vari modi d’accomodarlo: 83; detto in sivè: 87; in arrosto: 284
Cavoli: 84; detti ripieni da magro: 85; per far de’ piccoli cavoli, detti in zuppa: 228
Cavoli fiori al burro: 86; detti al sugo: ivi; detti in insalata: ivi; in minestra: 374
Costa falsa di manzo al cetriolo: 11; detta alla godare: ivi; detta all’inglese: 7; detta ripiena: 12
448Cetriolo: 93; detto ripieni diversi: ivi; dette alla marinara: 95; modo di conservarli: ivi
Costolette ripiene alla pana: 96; detti per un altr’antrè, dette in horicò, detto in altre maniere: 97
Corto brodo: 102
Crepin: 111
Cresta di gallo: ivi; detta ripiena: ivi; maniera per conservarla: ivi
Castrato: 177; sue costolette: 96; sua spalla ripiena:: 118; detto alla pana: 119; detto passato in ragù, detto alla reale: 120; detto in antrè:: 121; sua spalletta alla cicoria: 122; detto alli cetrioli: ivi; sua spalla alla salsa roberta: 123; sua lingua alla salsa dolce ed alle carbonare: 166; piedi di castrato alla salsa bianca: 180; code di castrato alla santè menò: ivi; dette in altra maniera, dette alla padella, dette ghiacciate: 181; sua lingua in torta: 304; suo gigotto, o cosciotto alla svizzera: 339; castrato alla tedesca: 349; detto alla polacca: ivi; detto in rò de bif per un grand’antrè: 178; un quarto di detto per altro antrè: ivi; corbonata di detto, o bracciole: ivi; detto allo spiede, alla padella: 179; piedi di detto ripieni per antrè: ivi
crema: 102; detta di pistacchi: 103; di mandole: ivi; detta in torta: 104; crema all’italiana: ivi; alla pasticciera: ivi; torta di detta: 105; crema brucciata: 106; detta croccante: 107; crema vergine: 108; detta per friggere: ivi; avvertimenti sopra ogni sorta di crema: 109; crema di 449cioccolata: ivi; detta dolce: 120; detta bianca leggera: ivi;: detta di cannella: ivi
Crocchetti: 112; pieni per detti : ivi
Cane pesce: 160
Conigli in pasticcio caldo: 168; detti in cazzarola: ivi; in arrosto: 284; modo di cucinarli: 404
Code di castrato in diverse maniere: 180
Ceffali, o niaccine: 182; in altra maniera: ivi; in torte, e pasticci: ivi
Cinghiale in arrosto: 284; sua testa per antremè: 148; sua lingua: 149; bracciole alla gratella, sue spalle e salami: 422
carbonata alla fiorentina: 331
Capriottata reale: 344; detta da magro, detta fredda da grasso: 346; detta calda: 347
Calamari grossi ripieni: 359
Coppo alla bolognese: 365
Caviale fresco: 507; detto di storione: 389
Capponi di galera: 412
Cappe sante: 423Daina: 37; detta in sivè: ivi, 87; detta maniera d’accomodarla: 113
Dainetto: 114; salsa dolce, e piccante per detto: ivi; in arrosto: 285
Dosa migliore di tutte le spezierie: 378Esciodè ghiacciata: 117; detta modo di farla: 226
Erbolato alla fiorentina: 353; cotto nobile: 368
Essenza d’aglio: 77; detta di prosciutto: 149Fegatetti di pollami in sanguinaccio : 54; detti alla rete: 171; detti per antremè: 132; detti al prosciutto: 134; detti alla brace: 135; in torta: 303
450 Fegato di vitello in sanguinaccio: 54 detto di ocche: 368; di porco in mortadelle: 419
Funghi: 89; detti fritti, detti in ragù, detti alla pana, in altro modo, detti ripieni in zuppa: 80; sugo di funghi, modo di cavarlo per conservar li funghi: 81; per conservarli in polvere, secchi intieri: 82; in zuppa: 240; in torta: 282
Fagiani alla salsa, alla carpa: 128; detti in pasticci: 139; detti arrosto: 281
Filetti: 130; filetti mignoni, cioè galanti: : ivi; di pollastra cappona alla pana: 132; di castrato alli tartufi: ivi
fricandò ripiene dette all’escalope: 136
Fagioli, modo di conservarli: 145
Frittate: 182; dette al zucchero: 191; di fave verdi alla pana, dette di diversi: 192; di prosciutto: 193; ripiene in diversi modi, e da magro: 194; detta doppia ripiena: 344; di dodici ova: 352; detta al prosciutto: ivi; detta in polpette: 371; detta in trippa: ivi
formaggio all’imperiale: 350
Fritelle alla genovese: 359; dette di latte: 360; di riso: 408
Furaglia: 377Gonfietti: 34; detti all’acqua: ivi; detti al bianco mangiare: 35; detti al latte: 36; detti in altra maniera: ivi
galantina per antremè di porchetto di latte: 88; detta: 137; di pollastri: 378; detta grassa, e magra: 395; detta sopraffina, detta di pesce: 396
451Gigotto di vitello all’addobbo, detto di castrato: 114; detto di agnello, o castrato alla svizzera: 359
Gambari in ragù: 123; detti in piccatiglio: ivi; in torta: 128; in insalata: ivi; alla salsa bianca: ivi; in zuppa da magro: ivi; in zuppa da grasso: 126; in torta: 314; in zuppa con colì di cefali: 361
Galimafre, cioè cosa fatta, e cotta in furia: 137
gelatina: ivi; detta di piedi di vitello: 138; gelatina suoi colori: 139
Gigotto di vitello allo stufato: 140
Godiù, per un polpettone ripieno di piccioni: 141
Granata: 142
Granatina: 143
Gruò, in antremè: 144
Giulien zuppa nobile: 153
Gribellette cioè carbonate di vitello ed altro: 326
Gattafura alla genovese: 351
Granciole modo di cucinarle: 422Insalata di barbi: 32; di cetrioli: 93; di locuste: 157; di gambari: 124; d’ova di salmone: 292; di tono: 278Lodole: 13; dette in ragù: ivi
Latte di spagna: 376
Latte di mandole: 16; detto per far zuppa: 16
Latte in torta, o latte quagliato alla fiorentina: 329; detto nello spiede: 362; in torta, o bagno maria: 384; in zuppa col vino: ivi; latte; o sia gottarda all’inglese: 417
452Lingue di manzo alla brace: 47; dette affumate: 48; dette per altri servizi: 49; dette di porco fodrate: 91; lingue di castrato alla salsa dolce: 167; lingue di castrato alla carbonara: ivi; di vitello ripiene: ivi; dette in altra maniera: ivi; in torta: 304
Luccio all’ostriche: 61; antrè d’un gran luccio: ivi; detto alla salsa d’alemagna: 62; detto in filetti fritti, ed altro: ivi; detto alla salsa bianca: ivi; detto in pasticcio: 63; pasticcio di luccio disossato: ivi; detto in haricò, e alle rape: 64; detto al corto brodo: ivi; detti ripieni in cazzarola: ivi; detti fritti alla salsa d’acciughe: 65; luccio arrosto con salsa: 65; luccio in grasso per antremè arrosto: 66; zuppa di luccio: ivi
Lepre in sivè: 87; in arrosto: 283; in stufato con salsa: 372
Lattughe alla dama limona: 155
Lamprede: 156; lamprede alla salsa dolce: ivi; in zuppa: ivi; in pasticcio : ivi
Locuste dette in insalata: 157; in ragù ed in zuppa: ivi
Lapin, e lepro, cioè conigli e conigliotti in torta: ivi; alla salsa, al prosciutto: 158
Levrò, cioè leprotti alla Saingarà: ivi; detti alla salsa dolce, o peverata: 159; alla svizzera: ivi; in zuppa all’italiana: ivi; in paviccio: ivi; in cazzarola: 268; alla salsa bianca, e scura: ivi
Limande, pesce passera: 159
Ligamento rosso per la zuppa di caoli: 278
453Latti di vitello ripieni alla delfina: 285; in altra maniera: 286; in torta: 304
Licia, o banno per pelare le pesche: 327
Linguatole fritte, e ripiene: 359Mandole per far pasta: 14; per far latte: 15; per far zuppa: 16; dette alla perlina: 17; per far torta: 17; modo per cuocerle verdi: 18; per far crema e torta: 103, 104; dette dorate: 475
Manzo: 43; detto alla reale: ivi; e per antrè: 44; fette di manzo rotolate: 45; costa salda di manzo al cetriolo: 46; alla godara: 11; all’inglese: 12; detta ripiena: ivi; lingua di manzo alla brace: 47; detto affumicato: 48; detto in altro modo: 49; altri servizi di manzo: 50; detto al sugo: ivi; alla vinegrè: ivi; in pasticcio: 51; detto alla moda: ivi; sue lingue in torta: 304
Macrose che cosa sia: 160; detto al cetriolo: ivi; al corto brodo: ivi; salsa peverata per detto: ivi; detta in ragù alla cioccolata: 161; in haricò: ivi; a pò purè: ivi; d’arrosto: 162; in pasticcio: ivi; in zuppa: 163
Marinato di costolette di castrato: 165; e marinati in generale: 163; marinato di pollastro: 164; di piccioni: ivi; di pernice: 265; di vitello: ivi; di pesci, di testuggine ed altri pesci: ivi; detto alla fiorentina: 423
Moviette, specie di tordo che i fiorentini chiamano tordella: 166
Menudroè che sia: ivi; detto di cervo: ivi
Merlan, o merluzzo fresco: 169; fritti, e 454freschi ripieni: ivi; detti in più maniere: ivi
Miretton: ivi; in alta maniera: 170, 171; detto da magro: 172
Morù baccalà: 172; fresco, in ragù; : ivi; sue code in cazzarola: 175; detto fritto: ivi
Magè; cioè befali, e niacrine: 182
Morsellate alla fiorentina: 339
marmellata: 351; detta alla costantinopolitana: 349
Minestra a bagno maria: 344; di caviale: 369; di lente da magro alla fiorentina: 372
Mazzocchi in minestra: 352; di cavoli in ogni sorta di selvaggiume: 374; di parpadelle: 375; di zucca: 377; a bagno maria, chiamata di paradiso: 360
Minestre di diversi: 358
maccheroni da grasso: 374; detti ripieni: 393
migliaccio alla fiorentina: 388
mostarda alla cremonese: 386
Mortadelle di fegato di porco: 410Ossature di volatili: 5
Ostriche maniera d’accomodarle: 146; all’adobbo: 147; dette ripiene: ivi; marinate e fritte: 148; in zuppa: 262; in torta: 315
Ova e frittate: 182; ova all’orange o arancia: ivi; ripiene, fritte, alla trippa: 183; piccioli ovi, e all’allemanna: 184; alla borgognona, al fricassò, all’orecchia di porco, al pand, alla svizzera: 185; alla portughese, detti ghiacciati, alli pistacchi, all’acqua di fior d’aranci: 286; in filetti, all’italiana, all’acqua rosa, al sugo d’acetosa: 187; 455all’agresto, alla pana: 188; insalata d’ovi: ivi; ova falsificate, o artificiali, dette ove morbide artificiali: 189; dette da bere: ivi; dette ripiene, alla trippa, al latte: 190; allo specchio, al zucchero: 191; dette bazzotte intere: 328; varie maniere di cuocere ova: 355 fino a 358; sperse alla tedesca: 371; alla trippa: ivi; nel pane: 277
Oglia, o sia gran zuppa: 194; detta da grasso: ivi; di colombacci e d’altri volatili: 295; detta in magro, di radiche, a legumi all’olia putrida: 331
Olive a che s’adoprano: 195; condite alla genovese: 397; condite alla gaetana: 498
Orecchie di vitello ripiene: 196; e di porco: 197
Oche salvatiche e domestiche in arrosto: 282; suoi fegati: 368
Ortolani arrosto: 283
Orzati: 396Pieni di pesci: 130; detti alla crepin: 289; di radici per far pesci falsificati: 6
Pasta di mandole: 14; della pasta in generale: 213; pasta croccante: 214; pasta siringhe: 215; alla bolognese: 386; alla fiorentina: ivi; detta sfogliata perfettissima: 391; detta frola: 392
Porco piccolo di latte per antrè: 87; maniera di scottarlo: 88; all’alemanna: ivi; detto arrosto: ivi
Porco in andoglie, o salsiccion: 20; in galantina per antremè: 87; porco, o perduglien al padre delicato: 90; piedi di porco alla santè menò: ivi; lingue di 456detto fodrate: 91; sue orecchie ripiene: 196; in arrosto: 284; in salsiccia: 288; suo fegato in mortadelle: 410; sua testa in burazzo: ivi; sanguacci cervellati: 412
Piselli in zuppa d’andoglie, o salsiccioni: 21, 225, 226, 251
Polpette da magro: 370, 359; di vitello: 401
Polpette o andogliette allo spiede: 21; di pesce: 23; in zuppa : ivi
Polpetone a piccoli piselli: 276; detto da magro: ivi; polpette: 277; polpettone ripiene: 340; da magro: 345
pasticcio: 200
pasticcio d’anguilla: 26; di barbi: 32; di beccacce e pernici: 200; di manzo: 51; di luccio: 63; di luccio disossato: ivi; di fagiani: 129; di prosciutto: 161; di lamprede: 209; di leprotti: 212; di macrose: 162; di piccioni grossi, e polli d’India: 201; di pollastri alla pana, di capponi disossati, d’anatre: 202
pasticcio all’alemanna: 203; pasticcio di godivù: ivi; pasticcio in tondino: 204; detto d’un rocchiò di coscia di vitello, detto di sangue per antrè: ivi; alla cipollina: 205; all’inglese: 206; di pesci: 207; di carpa: 208; di verbot o sia rombo, di rugè, cioè triglia: ivi; di trutta: 209; di sfoglie, di tonno fresco, di lamprede all’inglese: ivi; piccoli pasticci di pesci, piccoli pasticci alla spagnuola, pasticci freddi per antremè: 219; di cervo o d’altro selvatico, di cinghiale, di capriolo, di fette 457manzo, di castrato: 211; di coscia di vitello, di lepre, e leprotto, detti disossati: 212; di pollastre cappone, altri diversi: 213; di pernicci: 218; di tonno in pignatta, ed in altro modo: 298; pasticcio riportato: 329; detto da magro: 344, 346; detto nobile di gnocchi: 363; pasticcio di maccaroni di Genova al grasso: 364; detto da magro: ivi; di salmone salato: 368;
Pasticetti alla genovese: 340; detti alla mazzarina: ivi; detti di magro: 347
Piccioni in biscia: 39; detti alla santè menò: 91; marinati: 164; al bassilico: 218; al finocchio per antrè, alla brace per antrè: 219; composta di piccioni: ivi; detti al prosciutto per antrè, alli tartufi, detti grigliè, o fritti alla santè menò: 220; detti in sortù arrosto, ed alle brace: 221; detti in altra maniera: 222; torta di piccioni: ivi; o perdugliet: 224; detti al sugo di vitello: ivi; piccioni grossi in pasticcio: 201; detti in zuppa al bianco: 236, 242; piccioni in addobbo: 343; alla catelana: ivi; detti da far arrosto, come si accomodano all’uso fiorentino: 387
Pesce in bische: 41; in prosciutto: 152; in marinato: 165; pesci grossi di mare al corto brodo grasso: 319
Pesce cappone marinato in ragù, ed in altre maniere: 286
Pollastre cappone all’olive per antrè: 196; zuppa: 240; detta all’inglese: 264; dette alla pana ripiene sopra l’osso del petto, dette alla santè menò: 165; in 458filetti per antrè, detta accompagnata: 266; alla salsa di prosciutto, detta in ragù alla brace ec.: 267
Pollastri in bische: 41; detti in sivè: 86; [alla Sa]ingarà: 158; in marinati: 164; in zuppa: 245; detti al prosciutto: 267; ripieni all’ostriche: 268; detti alla mazzarina, o alla santè menò:: ivi; all’addobbo, alla spagnola: 350; detti colì alli gambari, ed al luccio, o alle broscette: 269; detti ripieni, colì di funghi: 170; e ripieni sopra il petto, e cotti al forno: ivi; detti alla civetta, ed all’aglio: 271; ed in fracassè, ed al rosso: ivi; detti fracassè al bianco ed alla crema: 272; ed alle gibellotte, e lardati sopra les membres, ed alla brace: 273; detti disossati in filetti per ordover ed alla salsa di beccacce, ed al sugo: 274
Pollastri alla salsa di luccio; detti mignon, o gentili: 274; ed in altre maniere, torta di pollastri: 275
Pollastrini giovani, in torta alla parigina: ivi
piccatiglio: 145; detto di carpe : ivi
Passera pesce: 159; dette di Loira: 224; e fritte : ivi
Pesce cane: 160
Pernici marinata: 165; alla salsa alla spagnuola: 216; biberò di pernici: ivi; ed in filetti allo prosciutto: 217; detta in altri modi, ed all’olivo in pasticcio, in zuppa: 218, 232; in arrosto in zuppa alle lenti: 335
prosciutto sua essenza: 149; pane al 459prosciutto: 150; pasticcio di prosciutto: 151; altri simili: 152; ed in ragù all’hipocrà, ed in altro modo, ed in pesce: ivi; di coniglio: 158; in torta: 303; siroppato: 348; ed in frittata: 352
Prugnoli: 173; detti in ragù: 174; in zuppa alla pana: 248
pane: 197; pane di pernice per antrè: ivi; detto di vitello alli piselli, ed alli sparagi: 198; pane di pagna: ivi; e ripieno per antrè: ivi; pane di profitroglie, e croste ripiene: 200; zuppa d’un pane: 244
Pagnotelle ripiene fritte: 385
Persico pesce alla salsa, alli prugnoli, ed in filetti al cetriolo, detti alla verde, in filetti al bianco: 215;
Pere fuori di stagione: 226
parmigiano in zuppa: 242
Polli alla svizzera: 341
Provature arrosto: 350
Pagnotte ripiene da magro: 359
Pieno di maccaroni: 393
polenta di riso, o gnocchi alla veneziana: 421Quaglie in bische: 40; dette alla brace: 68; in zuppa: ivi; in zuppa al scuro: 69; in zuppa alle radici, ed alla rena: 233, 243; arrosto: 281; in torta: 300Ragù d’agnello: 11; di lodola: 14; di barbi: 31; avvertimenti sopra i ragù: 5; di beccaccetti: 34; di carpa: 73; di cervo: 79; di funghi: ivi; di spalle di castrato: 120; di cicoria: 121; di gambari: 123; di prosciutto all’hipocrà: 152; di 460locusta: 157; di macrose alla cioccolata: 161; di spongoli, di prugnoli: 174; di morù bacalà: ivi; di telline: 176; di pollastre cappone: 267; di pesce cappone: 286; di pezzi di manzo dette salpicon: 287; di salmone: 291; di tinche: 297; di longia di vitello: 322
Ripieno: 129
Rò de bif de castrata per un grand antrè: 178; detto d’un quarto d’agnello: ivi
Rumochin in due maniere: 278
rissole da grasso, da magro, di prugnoli e di spinacci: 279
Rostito, che siano, dette da grasso: ivi; di rognon, di vitello, di beccaccie: 280; di fegati di pollame, dette da magro: ivi
Rogè, vedi Pesce cappone
Rombo al corto brodo per antrè: 320; detti in grasso per antremè: ivi; in pogio: 344
Ricota alla fiorentina: 328
Riso in cagnone: 378; in frittelle, detto ripieno all’ultima moda: 408, 409Salsa peverata per macrose: 160; dette diverse per piedi di castrato: 179; salsa Roberta: 197; salsa alla spagnola: 216; salsa remolata: 221; per il pesce cotto alla gratella, o in forno: 390; detta per manzo, allesso d’acciughe: 394; detta reale: 413; altra bastarda: ivi; detta di limone: 425; e per allesso: 422; e di prosciutto: 424; e di anciove, di buttiro, di figatelli di cappone: 425; di tarantello, di 461gambari: 426; di rognoni, di vitello, di ginepro, di pomo granato: 427; e sugo di moscatello, e di anesi, e sugo d’agresta: 428; di sugo di visciole, salsa per bracciolette di vitello: 429
Salsa remolata: 6; detta bianca, e diversa per l’anguilla: 24; dette bianche per carciofi: 26; per i sparagi: 30; salsa dolce per daina: 37; detta todesca: 62; detta d’acciughe: 65; salsa dolce per cervo: 78; per il daino: 114; per il gigotto di vitello: 115; salsa roborata per la spalla di castrato: 127; alla carpa: 128; detta dolce per lamprede: 156
Salsiccioni, o andoglie: 20; di zuppa alli piselli: 21; detta di vitello: ivi; e reale: 302
salsiccia: 483
Sparagi al burro bianco: 30; maniera per conservarli: ivi; in zuppa: 249; in torta: 311
Samò di beccacce al vino: 33
Sivè di daino: 87; di pollastri, di lepre, di cervo e capriolo : ivi
Sanguinacci : 52; detti bianchi: ivi; e neri: 53; altra sorta: 54; di fegatetti di pollami: ivi; di fegato di vitello: ivi
sugo di funghi: 81; sugo di vitello: 54; di manzo, e castrato, di pernice, di cappone e di pesci: ivi
Spalla di crastrato: 118; ripiena per antrè: ivi; alla pana: ivi; detta ripiena passata in ragù: 120; e alla reale : ivi; 462in altro modo per antrè : 121; e alla salsa roberta: 123
Spalletta alla cicoria, cioè ragù di cicoria: 122; altri cetrioli: ivi
Storione al grasso: 12; alla santè menò: ivi; detta in forma di fricondò: ivi; in haricò al grasso, ed al magro: ivi; in zuppa: ivi
Spongoli e prugnoli: 173; detti in ragù, alla pana, e fritti: ivi; in altra maniera: ivi
Sfoglie in zuppa: 255; dette o sia linguattole alla spagnola: 292; dette fritte per antrè, in filetti alli cetrioli e ripiene all’erbe fine ec. dette alla santè menò in zuppa: 293; dette ripiene sopra alla loro liscia, e in filetti, colì di lenti, in altre maniere differenti: 294
Salpicon, che sia: 287
Salmone fresco in ragù: 290; coda di detto in cazzarola, alla salsa dolce: 291; in pasticcio, in salsa: 368
Sus, specie di coppa: 295
Saporetto verde di pistacchi, detto di frondi di grano: 379
Sapore di visciole: 413; d’acetosa, da magro, di tarantello, di pomo granato: 414; altri diversi: ivi; di fravole, di visciole, d’uva passa, di peri moscatelli: 432; d’erbe odorifere, di prugnoli freschi, di brugne damascene: 433; d’albicocche, o moniache, di bacche di ginepro, di melanzolo, o naranci verdi: 434
Storni in addobbo: 351463Torte: 300; torta alla strage: 8; detta di mandole: 17; d’anguilla: 26; di crema pasticciera: 105; di gambari: 314; di piccioni: 222; di pollastri: 275; di quaglie: 300; alla spagnola: ivi; di polpa di cappone per antremè, in altra maniera: 302; di fegatelli, di prosciutto: 303; di lingue di castrato: 304; di lingua di manzo: ivi; latti di vitello: ivi; di bottiglie, cioè archeste di varie cose: ivi; di rognon di vitello: ivi; di persiche grigie: 306; di pomi, ed altri frutti, di ciriege, e simili: 307; alla pana: ivi; d’albicocche, agresta ec: ivi; e di burro: 308; di midolla di manzo: 309; torta inzuccherata per antremè, torta agra, e dolce de articiocchi, di fondi di carciofi: 310; torte creme, marmellate di pomi, di bietarava, di melloni: 311; di sparagi: ivi; di spinacci, di tartufi: ivi; di funghi, di prugnoli, e spongiole, d’ova, di sugo d’erba acetosa di più colori: 312; di polpa d’arancia, di limoni verdi: 313; altre torte differenti: ivi; di latti, e lingue di carpe: 314; di fegati di luccio: ivi; di salmone: ivi; di anguilla, luccio, sfoglie ec.: 315; d’ostriche, di telline di mul: ivi; di tinche ripiene, di pesce di testuggini ec: 316; di bettiglie, di piccioni falsificati: ivi; di latte, o latte quagliato alla 464Fiorentina: 329; torta alla genovese, alla lombarda: 342; torta grassa: 343; alla genovese da magro: 346; torta detta di monache: 347; di latte: 351; di carne battuta, di prosciutto: ivi; di lardo: 355; di cipolle, di bianco mangiare di pesce cappone, di favetta, di ceci rossi: 354; di mandole, di spinacci, di caviale: ivi;- detta a bocca di dama: 366; di latte : 367; di marzapane: 375; d’ova: 376; di latte a bagno maria: 384; di marzapane alla senese: 390
Teste d’agnello in zuppa, o per antrè: 9; dette di pesci: 148; di salamon salato in zuppa: ivi; di cinghiale per antremè: ivi; di vitello in zuppa: 334
Tacchini, o polli d’India: 115; tacchini ripieni all’erbe fine, all’essenza di cipolle: 116; altro modo per antrè: 117; in zuppa: 245
Tordi in ragù, ed in pasticcio: 241; in zuppa : ivi; testuggine in zuppa: 258; dette in fracassè di pollastri, ed altri: 299; in polpettone, e fritte: ivi
Teline: 175; dette alla salsabianca: ivi; alla salsa scura, in ragù, in zuppa: ivi
Tartufi in zuppa: 241; in torta: 312; dal corto brodo: 317; alla brace: ivi; al sugo di castrato: ivi; ed in altra maniera: ivi
Talmose: 296
Tinche in fracassè, dette in piccatigli, 465in cazzarola: 297; ripiene in ragù, dette fritte: ivi; in torta ripiene: 316
Terrina, che sia: 297
Tonno in filetti e per insalata: 298; tonno marinato: ivi; detto all’arancia: 9; ed al burro rosso: ivi; in pasticcio in pignatta, in altro pasticcio: ivi
Trutte non panate sopra la gratella per antrè, dette panate, e al grasso: 318
Turbot, vedi Rombo
trippa trippe di bove, e di vaccina cotte alla romana: 399; di vitello in minestra, in zuppa: 438
Tartaretta ripiena di ostriche di teline, di gambari: 355Vitello in andogliè, o salsiccioni: 21; sue lingue ripiene: 167; in altra maniera: ivi; sue orecchie ripiene: 196; vitello all’italiana: 321; detto alla cittadina: 322; suo petto ripieno: 324; detto in torta, ed in altre maniere: ivi; sua testa in zuppa ripiena: 334
Vives draghi in mare: 325; detti grigliò: ivi; detti in filetti, alli cetrioli, e prugnoli, detti in altri modi: ivi
Vivere imperio: 342Zuppe in general: 225; zuppa alla strage abbatis: 8; di latte di mandole: 16; di teste d’agnello: 8; d’andogliè, o salsiccioni alli piselli: 21; d’anguille: 26; di barbi: 31; di luccio: 66; zuppe di diverse quaglie: 68; d’anatre: 69; zuppe di carpa: 75; di funghi ripieni: 80; di gambari da 466magro: 125; di tordi: 141; di testa di salmone salato: 148; detta nobile, detta gulien: 153; di lamprede: 157; di locuste: ivi; di leprotti: 159; di macrose: 163; di pesce sgombro, o sia maccherù: ivi; zuppa detta oglia da grasso: 194; di colombacci, ed altri volatili: 231; detta da magro: ivi; di pernici: 232; alli piselli: 225; purè fuori di stagione; alli piselli in magro: 226; alle rape: 227; di spalle di castrato, alle rape, di cavoli: 228; di cavoli di Milano, di radiche, di lenti: 229; detta da grasso, e da magro: 230; di colombaccia maniera d’Ollia, di quaglie, in detta maniera, di colombacci in altra maniera: 231; alla rena, o sia alla regina: ivi; zuppa piccola di una pernice sola, di pernici ripiene: 232; zuppa bianca alla rena di pernici ripiene: 233; di quaglie ripiene: ivi; zuppa senz’acqua: 234; alla santè: 235; alla detta chiara, di pollastri ripieni: ivi; di grano: 136; di piccioni al bianco, di pollastri ripieni alle cipolle, di pollastri ripieni guarnita, di matoni: ivi; di pollastri ec. al cetriolo, di tacchinetti, ed altro al cetriolo: 237; di creste ripiene di petti di pernici: ivi; di creste ripiene di lenti, detta ripiena di prosciutto: 238; di profitoglie, detta guarnita di polpette: 239; di cappone, e gallina al riso, di vermicelli, di sarcella, o siano anatretti alli funghi, di funghi ripieni: 240; di 467tartufi di fagianotti, quaglie, ed altri volatili alli tartufi, zuppa di tartufi e prugnoli, di piccioni ripieni al rosso: 241; detti alle rape, detti al bianco: 242; detta bianca alle cipolle e zuppa di parmigiano: ivi; di quaglia al bianco mangiare, di pernice al brodo scuro: 243; di pernice alli gambari da grasso, d’un pane al mezzo di petto di cappone: 244; di tacchini alla cicoria, di galline cappone, zuppa all’italiana: 245; di paperi ripieni, zuppa bianca: 246; di cappon disossato all’ostriche, d’altri pesci in grasso, altre zuppe magre alla santè di prugnoli, e spongoli alla pana: 247; di cipolla al bianco, di cipolla al rosso, d’oublons: 248; di porcellana, di broccoli, di radiche, alli cetrioli, di sparagi: 249; di latughe ripiene, zuppa marbrè: 250; al finocchio, di spinacci, tralci piccoli di vite, di piccoli piselli: 251; di cavoli, di citroglie, o zucca al latte, di poppone di grani di moscatello: 257; cardi, e di carciofi, di cavoli bianchi al latte, di cipollette al latte, di fondi di carciofi: 253; di salmon fresco, di sfoglie: 255; di filetti di sfoglie: 256; testuggini di magro: 258; detti da grasso: 259; di croste ripiene di draghi di mare, o di persici al bianco, di dette ripiene di sfoglie, dette ripiene di luccio, zuppa di persichi al bianco: 260; di ranocchie, di profitroglie: 261; di profitroglie 468di testuggini, zuppa alla reale, d’ostriche, di tinche ripiene al brodo scuro, di granchi, ed altri pesci ripieni: 263; zuppa italiana di più colori: 330; detta con brodo scuro, e ragù sopra: 331; detta con testa di vitello al mezzo ripiena: 334; di pernici a le lenti, e coli dipernici: 335; zuppa di magro: 337; di gambari con coli di cefali: 361; detta all’alemanna: 383; di latte con vino: 385
Zinna di vitello alla lorenese: 350
Zucca alla portughese: 366
IL FINE