DIVINCENZO CORRADOSESTA EDIZIONEMigliorata ed accresciuta di Notizie, di nuove vivande, secondo il pensare e far moderno; ed anche del Cibo Pittagorico e particolarmente delle Patate; e pur di un Vocabolario spiegando li termini della manovra. Tutto prodotto dallo stesso Autore.NAPOLIDAI TORCHI DI SAVERIO GIORDANO1820.
A spese di Giuseppe Russo strada Nilo num. 13,
e strada Quercia num. 4.
Se il primo e principale scopo delle Dedicatorie sia quello di aver Mecenati capaci non solo della scienza che se le dedica, ma valevoli anche a difender l’Autore dagli Aristarchi, de’ quali ne ha sempre abbondato il mondo, ciò vero essendo, com’è verissimo, io non credo esserm’ingannato col dedicare ed offerire a Voi, o mio coltissimo Corrado, due parti del vostro fervido ingegno, cioè il Cuoco Galante ed il Credenziere di Buon Gusto. Parti queste di general piacere ed utilità, le quali dopo il giro di alquanti anni e lo spaccio di 7500 copie in cinque Edizioni sono stato astretto per le premurose ricerche farne la sesta, ch’è quest’appunto, che vi presento, già da voi (in mezzo alle serie cure di educazione de’ nobili Giovani) migliorata ed accresciuta. Non isdegnate intanto d’accettarne di buon animo la Dedicatoria; poiché conoscendone voi più che gli altri il merito dell’opera, potrete con più di energia rispondere alle ingiuste accuse… Ma che dissi ingiuste accuse! Ah no, perdonatemi, e queste e pur le altre vostre opere non han bisogno di difesa, poiché ben da loro si son sostenute, e si han fatto strada senza l’aiuto dell’uomo. E particolarmente parlando di queste, non il consumo se n’è veduto da ogni Nazione, ma gli applausi ne han ricevuto ancora dagli uomini di sommo sapere. Eh non è baia, poiché ne fan chiara testimonianza le diloro lettere, che leggonsi inserite in questo volume. E ridicendovi, e pur pregandovi di accettarne di buon animo la Dedicatoria, e l’offerta (segno di mia stima, e di mia antica amicizia) che io vi faccio; col più vivo sentimento vengo a dirvi che mentre auguro a Voi sano e lungo vivere, auguro anche a me breve e felice lo spaccio.
Poiché l’Editore ha voluto onorarmi con farmi Dedica ed offerta dell’Opera mia istessa, io, o Ombra grande ed immortale, la presento a quel freddo marmo che chiude le reliquie del tuo Corpo e con riverente mano ti porgo quei due libri che del Buon Gusto de’ Cibi trattano e contengono, e che nei passati anni tanti, nel mondo de’ viventi tu essendo, colla tua guida e norma scrissi, e pur mercé la tua generosità mandai alle stampe e Tu di propria mano ne segnasti il titolo il Cuoco Galante l’uno, ed il Credenziere di Buon Gusto l’altro. Ora, o Ombra benefica e grande, tel riporgo tutti e due e tel riporgo come un frutto di un albero dalla tua mano piantato; ma non pel fine di essere affrancato dalle censure o perché volessi cosa da Te. No, Tu nulla di presente puoi dire in mia difesa, e nemmen nulla il Tuo Nome puoi darmi, siccome nulla da Te io chieggo. Mio scopo egli è di richiamare alla memoria de’ nobili uomini, de’ quali Tu fosti, in vita, la gloria, l’ornamento e la lode. Ah! Ma qual Tu fosti allora non bastarebbe il dire di cento e mille lingue, per cui io stimo meglio il tacere e col silenzio benedire gli anni che ti fui dappresso.
Nacqui al Salento, (1) sugli ameni lidi
Del Sebeto i pensier (2) e ’l piè fermai,
Scorsi l’Italia, (3) e ovunque allor girai
Molto distinsi, molto appresi, e vidi.Volli dar gusto a’ Grandi, e tra fastidi
La Scienza del Mangiar lor dimostrai (4)
L’agrarie Produzion indi additai (5)
E pur la cura d’Animai più fidi (6).Per la Educazion spiccai un raggio (7)
Del mio spirto ed ardir, e scaltro e destro
Compor giocosi versi (8) ebbi il coraggio.E già ad altro far mi spinge l’estro (9)
Son vivo ancor; per me basta un sol saggio.
Che più si vuole al fin, son’io maestro?
Dopo che Apicio studiosissimo di ridurre la meccanica della Cucina ad arte e filosofia nel libro de Gulae irritamentis dettato nella Città regina del mondo, e ne riunì e raccolse tutti i precetti, sembrava che questa interessantissim’arte dovesse andare acquistando col tempo miglioria e perfezione. L’ingegno umano risvegliato ed eccitato a pensare su di una materia, per un andar naturale delle cose, aggiunse sempre de’ nuovi lumi all’antecedente: accadde nondimeno il contrario. La nostra bellissima Italia inondata da uomini nuovi, i quali da barbare nazioni vennero a sciami ad abitarla e travagliarla, e con ciò cambiò con essi interamente genio e la Cucina divenne grossolana, bizzarra e stravagante. Un composto di diverse fibre, di diversi geni ed umori i quali da luoghi freddi e sterili ricevevano scarsi e cattivi o mal preparati alimenti fu nella bella Italia il gusto dominante della Cucina. Cibi solidi e duri, condimenti grossolani, unione di cose ripugnanti e strane e bizzarrie non ordinarie di cervello, formavano il buono e bello della Cucina de’ mezzi tempi. Negli ultimi tempi fu tra gl’Italiani alcuno che disgustato dall’antichità, su questa materia, tentò di sostituire alla vecchia una nuova, e più propri condimenti. Nella fine del secolo passato il Cavalier Antonio Latini diedene fuori un libro intitolato lo Scalco alla Moderna, che fu impresso nel 1694: ma l’aspettativa dell’Autore restò delusa. Il libro non produsse l’effetto che egli sperava, e la Cucina rimase tuttavia grossolana. Non solo mancavale ciò che dicesi eleganza, squisitezza e buon gusto, ma anzi per lo contrario un disordine universale regnava su tutto, ed un gusto stranissimo diriggeva la scelta dei cibi e la maniera de’ condimenti. In tanto disordine di vitto più che le altre parti d’Italia era il nostro floridissimo Regno. La natura spargendo in esso tutti i suoi benefici influssi, rendendolo colmo di quei dilicati prodotti che la man dell’uomo, per mancanza di arte, miseramente oltraggiando gustava. Un genio raro, figlio di questo suolo fertilissimo, seppe, viaggiando per tutta l’Italia, introdursi nelle prime cucine di essa, e più per sé stesso inventare delle nuove e dilicate maniere di rendere grate e piacevoli le vivande. Vide il gran principio, che l’arte lontana da indurre il guasto nella natura delle cose, doveva anzi farla signoreggiare e corredarla di proprie e convenienti compagnie, per farla ben servire. Scopo principale di esso lui non mica fu d’immerger l’uomo in una profonda golosità e trascinarlo nella grapola, con metterlo tutto dì in una lauta mensa a guisa de’ Bracmani, che applicavano i loro talenti, e sempre studiavano per mangiare e non già mangiavano per studiare. Ah no, son ben note ad esso lui i danni della golosità, siccome lo sono quelli di un mal preparato cibo. Egli, l’uom morale, sa pur anche che non v’è più misera vita e più infame servitù di quella della gola e
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della intemperanza. Ha egli scritto sulla Scienza del mangiare e con arte scritto per dar la conoscenza de’ commestibili, del tempo da farne uso e di quella preparazione che piaccia all’uomo, che sanamente lo nutrisca e che punto non li noccia; particolarmente per la gente civilizzata e nobile, la quale ha bisogno di un cibo conosciuto, deporato e sano, in contrario l’è di nocumento.
E ritornando al cammino lasciato, dico che tutti i suoi saggi ed esperimenti ridotti a trattato formano un libro, in cui videsi la prima volta abbellita ed ampliata l’arte di rendere aggradevoli le numerose e varie maniere di condire e preparare i cibi, e da lui con felicissimo ingegno inventate o con favorevole riuscita rettificate. Questo piacevole ed utile trattato diretto e scorto da D. Michele Imperiale Principe di Francavilla, che fu il Lucullo de’ nostri tempi, si rese pubblico la prima volta nel 1773 col titolo il Cuoco Galante. L’Autore di esso Vincenzo Corrado, già chiaro fra suoi in molta stima fra gli uomini abili, e notissimo per le altre produzioni d’ingegno (siccome si legge al principio di questo libro), si attirò giustamente l’ammirazione per quel raro pregio, onde l’Opera sua è singolarmente commendevole e cioè di aver saputo adattare i suoi precetti ad ogni ceto di persone ed al gusto diverso delle Nazioni. Conseguenza dell’applauso universale fu il vedere in un tratto finito tutto il numero di esemplari di tal Opera. Quindi nel 1778 fu nella necessità di replicarne una nuova edizione. Assorbita anche questa fra poco tempo, e le molte richieste lo astrinsero a farne la terza nel 1784, la quale comparve accresciuta e migliorata dall’Autore, e corredata di alcune lettere scritteli da uomini conoscitori della materia, disposizione e dicitura, i quali ne fecero ampie e giudiziose approvazioni. Finite anche le copie della terza edizione, Italiani e Forestieri anziosi di provedersene non lasciarono di farne fare la quarta siccome si fece nel 1794. Anche la quarta, nel giro di corto tempo terminò. Ed ecco le nuove premure del pubblico per farne la quinta, che già fu fatta nel 1806. E sempre più astretto l’Autore dalle premure, quantunque egli sia colla penosa cura della educazione de’ nobili giovanetti, pure per mezzo mio ne intraprende la sesta Edizione. Questa è quella che io ti presento amico leggitore; ma essa non è qual era prima: accresciuta in molte parti di singolari e precise notizie, emendata in altre, rettificata ed aumentata di nozioni generiche e di principi prodotti dal purgato giudizio e raffinato gusto dell’Autore, comparisce ora in forma tutta nuova e brillante. Quindi nuovi pensieri e nuovi lumi veggonsi sparsi in questa Opera, la quale fornita anche di alcuni discorsi preposti alle materie le danno un dritto di superiorità, non solo su tutte le antecedenti sue, ma anche fra quelle delle altre Nazioni. Ecco, Amico leggitore, un trattato il più compiuto, ed il più esatto, che possa aspettarsi, non da un uomo materiale ma da un filosofo, meccanico ed ingegnoso. Vivi felice.
La Cucina che fu ne’ primi secoli del mondo la più semplice e la più naturale, tal che l’appetito regolava il numero delle vivande ed il condimento de’ cibi era la fame, e delle bevande la sete, ma nel decorso de’ tempi venne a farsi un’Arte positiva e meccanica. I primi che si occuparono nella meditazione e ricerca della Natura, e che s’impiegarono alla preparazione delle vivande, furono gli Asiatici, particolarmente i Persiani. Da essi poi passò alla Grecia, e specialmente in Atene, ove a sentimento di Socrate di giorno in giorno fioriva la invenzione e la delicatezza delle vivande. Quindi ne venne nella nostra Italia, siccom’è noto da’ Sibariti con li loro lussoreggianti annuali Conviti, e da’ Romani, i quali, divenuti ricchi e potenti, si diedero con tanto lusso al buon gusto de’ cibi che sorpassarono ogni altra Nazione; anzi caddero in tanta svogliatezza, che per mangiare senza fame e per bere senza sete ingaggiavano a gran danaro e Cuochi e Credenzieri.
Fu tanto la Cucina di que’ tempi spedita ed elevata, ed insieme stimata ed onorata, che per puro genio e per piacere ci s’impiegarono tanti Filosofanti ingegni e tanti Nobili di quella rinomata antichità: Agi, Eulino, Lamprio, Chio, Nereo, Chariade e Astoretto, che furono i sette Savi della Cucina, ed Apicio il Romano, ne scrissero e ne dettarono dalle Cattedre sistemi e precetti, de’ quali in fra gli altri se ne impadronirono sì bene i Siciliani, che non vi era in Roma tavola sontuosa nella scelta delle vivande, e nella ingegnosa, vaga e signorile imbandigione di essa che non fosse servita da gente di questa Nazione.
Da un tale studio e da una sì fatta applicazione n’è venuta la invenzione di fare in vari modi servire i prodotti della Natura, che dal rinomato Montagna si definisce la Scienza della Gola. Da esso studio n’è venuta pure la grande utilità di tante preparazioni in rapporto alla conservazione degli alimenti ed alla piacevole preparazione delle vivande, senza la quale l’uomo o sarebbe privo dell’intutto del proprio sostentamento, o tali cose molto rozzamente avrebbe. Se altro l’uomo non avesse avuto di soddisfazione, quella è incontrastabile d’aver trovato, nelle varie preparazioni, il modo e la maniera di scegliere un cibo secondo sé e secondo la inclinazione de’ suoi gusti e de’ suoi appetiti.
È sperimentata cosa che l’uomo per mantenersi sano, e per menare allegri e contenti i giorni della vita, di un cibo piacevole ed a sé analogo ha da far uso. Si osserva ciò anche fra’ bruti animali, i quali per via del materiale loro meccanismo manifestano il piacere e la
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inclinazione che hanno più per una sostanza che per un’altra. Le insensate piante fanno ancor lo stesso, poiché chiaro ci dimostrano con la loro vegitazione qual concime e qual terreno le sia più o di men piacere. Con tutta ragione una sì fatta cura si deve all’uomo, il quale essendo una intricata machina organica, meccanica vivente, per aggire e riaggire su tutti gli oggetti dell’universo per cui è stato creato, di un cibo a sé confacente e piacevole ha da far uso; anzi per le sue infinite sensazioni, per il contrasto giornaliero de’ gusti e degli appetiti; e quindi per le infinite dissimilitudini d’idee, le quali producono altrittanti vari e diversi giudizi, non solo le si deve un piacevole cibo, ma le si deve ancora varia la manovra e vario il sapore; poiché l’abito di mangiare le stesse cose e della stessa maniera preparate partorisce il disgusto, la nausea e spesso ancora la inappetenza. Di questa verità se ne avvidero que’ Filosofi sprezzatori delle ricchezze e del buon gusto de’ cibi, quando costretti a non pascersi d’altro che di filosofia, conobbero che con questo cibo leggierissimo non solo non gustavan mai cosa di buono, anzi che morivan di fame.
Lungi intanto i dettami di semplicità e di naturalezza della Pitagorica scuola; poiché s’è vero, com’è verissimo, che dal buono e piacevole cibo dipende il buon vivere dell’uman convitto, io son di parere che fra gli studi di necessità, che deve far l’uomo, è d’annoverarsi quello della conoscenza di sé stesso e de’ commestibili per servirsene a seconda delle stagioni, ed in quella preparazione a sé analoga, confacente e piacevole.
Per far che ciò avvenga; anzi per soddisfare al genio vario degli uomini di ogni Nazione, ed alla diversità de’ loro particolari geni, si manda al pubblico, e per la sesta volta accresciuto nelle idee e raffinato nel gusto il presente libro, che l’elevata e nobile Cucina e Credenza de’ nostri tempi tratta e contiene.
Volendo dunque ciò ottenere, siccom’è dovere di farlo, il luogo di Cucina dovrà essere chiaro e luminoso, per nettamente vedere; spazioso e largo, per francamente aggire; e alto e ventilato, acciò libera e franca ne vada la evaporazione ed esalazione de’ corpi accensibili e marcescibili, che sono quelli che danno il nome alla Cucina.
Scelto il luogo e formata la Cucina, è di necessità guarnirla di vasellami per la preparazione delle vivande. E poiché le mie mire altro non sono se non che di giovare e di piacere insieme, io son di parere che i vasellami della giornaliera Cucina degli Amici debbano essere di creta; e per quella di aspettativa, di proprietà e di lusso, di ferro coverti di perfettissimo stagno, i quali si possono fare in tutte quelle grandezze, figure e lavori, come si fanno di rame. Ne’ vasi di ferro è tutto sicuro, non solo nel tempo della cottura, ma puranche fuor di essa, che non è così col rame.
Il rame è pieno di molte parti velenose; e qualunque cosa, che nel rame si assoggetta, sempre le parti ramiginose son attirate dalla cosa che vi si mette: né vale la stagnatura; poiché, per coverti che sieno di stagno, le parti acide e grasse delle vivande sempre veleno si attirano; e tanto più, quanto che nello stagno, che non è perfetto per la parte di arsenico, anche trovasi materia velenosa. E quando anche la stagnatura fosse di stagno purissimo, l’azione sola del fuoco che impiegasi alla cottura delle vivande è fortemente disposta sopra lo stagno, che posto in dissoluzione scuopre il rame.
La lunga esperienza mi ha fatto conoscere che per rendere più spedito, più fianco, più bene inteso e di maggior eleganza il servizio della Cucina, nella preparazione delle vivande vagliono molto più gli uomini che le donne; e soltanto di aiuto potrebbero servir le donne. Ed io nel preferire gli uomini alle donne, intendo anche parlare di quegli uomini di probità e di educazione, che abbiano appreso le cognizioni per conoscer l’uomo e sapergli addattare il cibo, come i prodotti della Natura più propri e più eccellenti per poterli con arte darli cottura e condimento: ed anche gli astri, per conoscer il tempo della loro perfezione, e così poter meglio soddisfare. Intendo anche parlare di quegli uomini dotati d’ingegno, di vivacità e di geometrica elevatezza, per poter regolare il buono, il bello ed il leggiadro ancora delle vivande e delle mense.
Chi non sa di quanta importanza sia una Tavola di parata, ricercata dal lusso e dall’opulenza? Poiché, oltre delle vivande di nutrimento e di lusso, si han da imbandire anche quelle di galanteria, per fare quel tutt’assieme, che col nome di bello si esprime; sicché uomini d’ingegno per ciò fare han da essere.
Qualunque sia il modo e la maniera con la quale si voglian servire le carni degli animali, debbano essere di stagione, grasse e da tempo ammazzate, corrispondente alla loro solidità, per farle frollare. So che il frollo non a tutti piace, ma io lo ricerco e lo bramo (all’infuori di quelle carni, che saran destinate per brodi) perché fa tenera la carne, perché più breve e più facile n’è la cottura e perché di meno incomodo e di maggior piacere si rende a’ nostri organi. Il grasso però si deve da tutti ricercare, poiché è di prima necessità. Riscaldato il grasso quando è nella cottura, aggisce sì bene su l’intiera tessitura delle libbre componenti la carne, che, per glutinose e tenaci che sieno, le intenerisce e le frange. Da ciò ne avviene che la cottura non è lunga, e con ciò non si fa dissipamento di sali volatili, ove risiede la sostanza ed il gusto migliore: anche il brodo divien di maggior corpo, e con ciò più nutritivo ed a tutto ciò si unisce, che la carne rimane nella sua natura sapita e gustosa, per cui non ha bisogno di estraneo condimento.
Lungo sarebbe il parlare della preparazione de’ Commestibili in rapporto alla loro conservazione, che perciò, per non tediare, ne do solo una idea. Per disseccare nelle carni ed in tanti altri commestibili le parti muccillaginose, ed impedirne la fermentazione e la putrefazione, è propria cosa far uso, quando del sugo di limone o di arancio o pur di agresto, quando con sottilissimi sali ed acidi volatili, quando coll’addensato grasso di animale, o coll’olio, quando coll’azione del leggiero fuoco o del sole, quando con suffomigi de’ corpi accensibili e quando con li brodi densi e congelati.
I Commestibili considerati in rapporto al regno animale o al regno vegetabile, quando sono in tal modo preparati, la loro conservazione sarà di lunga durata, non solo per giorni e mesi, ma pur anche per anni. Certo sì è che la invenzione di conservare i Commestibili ha meritata tutta la lode de’ Fisici; poiché si è conosciuto che, mancando le preparazioni, avrebbe mancata all’uomo di buon senso e di buon gusto l’esca più piacevole e più grata.
La lunga esperienza però, e gli esami sugli uomini fatte mi fa dire che colui che sente la ragione, e non già la forza de’ pregiudizi e della golosia, è meglio che facci uso maggiore de’ vegetabili e de’ latticini che smoderato e continuato uso delle carni. La fisica scuola mi fa sentire che le carni generano delle peggiori corruzioni che non faccia il latte, i semi, l’erbe e le frutta. Più mi fa sentire la fisica scuola che le carni formano un certo chilo robusto ed irritante, che non può non cambiare la natura umana in ferina. Si legge che molti popoli Indiani sono i più placidi, giusti e misericordiosi, il che, non senza ragione, se gli ascrive all’uso che non hanno delle carni. Fra i popoli Americani quei furono trovati i più umani, gai ed amichevoli, i quali non pasceansi fuorché di frutta, di radici, di latte e di semi. Ah sì, che quell’avvezzarsi a spargere con piacere il sangue degli animali fa la strada all’ammazzamento degli uomini.
Ma poiché l’uso e la consuetudine porta che delle carni degli animali abbiam da far uso, vediamo almeno di minorarne i danni con adattarle alle persone, al tempo ed al luogo, ma escludere assolutamente la ghiottoneria.
Nelle carni degli animali sì quadrupedi che volatili di uso all’uman cibo, ci si han da considerare tanti fascetti di fibre carnee e tendinose, ed in queste anche considerar ci si dee la maggiore o minore loro
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natura, cioè più grassa, più stretta, più compatta e più flacida e molle; onde secondo che si conosce bisogna che si adatti il tempo di servirla e a chi servirla. Per esempio alla donna un cibo più leggiero che non all’uomo, ad un nobile più delicato che ad un plebeo; ad un letterato più digeribile che ad un soldato: e vario anche ad un uomo abitatore di clima elastico, che di quello di clima basso ed umido; e così anche ad un culto Europeo, che ad un adusto Africano.
Le carni, sien esse di quadrupedi o di volatili, quando sono ammazzati gli animali da giorni tanti, e che ne principia la putrefazione, acquistano un certo nauseante tanfo, che non si possono mangiare, e per qualunque arte o condimento si adoperi; ma la scienza mi ha fatto trovare il seguente mezzo.
Un pezzo di carne qualsisia, o un volatile, che perduto per la putrefazione si trova, si lavi in più acque naturali, indi s’involga con quantità di carbone grossamente pesto, ed inviluppato in un pannolino si farà per poco bollire in acqua sino al toglier della impura spuma. Si levi dopo dalla bollizione e dal panno, e ben bene si lavi. Così fatto si può preparare come si vuole, poiché ha perduto il disgustevole suo tanfo.
Per li grossi pesci, anche passati, oltre a farli bollire con pezzi di carboni, è di bene metterci molto sale e sughi acidi, come aceto, limone o agresto. Il pesce non sarà mai salato, ma soltanto l’acqua.
A toglier la salsedine al pesce in salamoia vale anche il carbone, cioè un pezzo di pesce salato si fa bollire con piccoli, ma molti pezzi di carboni, ed indi si lava con acqua naturale e si serve freddo con salza d’olio e sugo acido.
E poiché siamo a parlar della virtù del carbone dico anche ch’esso vale a purificare il mele. Lavato un carbone si mette nel mele quando bolle, il quale si attira le parti acide del mele, e se v’ha in esso parte di cera anche se l’attira.
Di carboni posta una proporzionata quantità in un grosso vaso d’acqua han pure la proprietà di mantener l’acqua per moltissimo tempo senza che vadi alla putrefazione.
L’erbe ortolizie che spontaneamente produce la terra, senza niun artifizio della mente e della mano dell’uomo, sono le più piacevoli e le più sane; ma non così son quelle seminate e piantate, le quali si han da depurare, particolarmente quelle che tra lo stabio ed acqua sono state
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educate. Son esse molte, e pur varie nella loro configurazione, mole, fogliame e sapore, a cagione del luogo ove sono state seminate e piantate.
Della sì numerosa quantità di ortolizie erbe, di alcune ci serviamo del loro fiore, come de’ cavolifiori, de’ cavolibroccoli, cavolirape, sparaci, lupoli. Di altre ci serviamo delle foglie, come de’ cavoliverzi, cavolicappucci, lattuche, indivie, selleri, cardoni, cicorie, boragine e bietole; e di alquanti cavoli le foglie ed il loro torzo, siccome anche alle carcioffi. Di altre poi ci serviamo delle radici come son le carote, le pastinache, le rape, le cipolle, gli agli, li ravanelli e le patate.
Tutte le già dett’erbe, già assoggettar le dobbiamo alla lavanda per la polvere, e parte terrea ch’è in esse loro; ma questa lavanda dev’essere attuffando ed alzando più volte nell’acqua, e non già lasciarle per tempo in essa, poiché verrebbero a perdere l’aromatico loro sapore. Indi prima di metterle in brodo, o in altro modo prepararle, bisogna assoggettarle alla bollizione brevissima in acqua con poco sale. L’azione della bollizione in acqua con sale, non solo che scioglie la loro tenacità, ma le depora anche dal cattivo umore e dalle parti eterogenee. Né sia persona a dire che la bollizione in acqua porta via il sapore. No, l’acquistano anzi, giacché nell’impuro è il disgustevole; e vi è anche che in sì fatto modo preparate han bisogno di minor condimento.
Qui non intendo far altro se non che dar della cottura de’ Commestibili le regole generali; giacché o per li vari ed esatti gradi di fuoco, o per le varie preparazioni che per essi si hanno da impiegare, si acquistano più con la pratica che con la teorica.
Per le carni bollite il fuoco dev’essere eguale o sodo. La marmitta, o pentola, dopo spumato e condito il brodo, si ha da tener sempre chiusa per accelerarne la cottura e per non far fare evaporazione di spiriti volatili, ne’ quali ci si contiene il sapore maggiore. Il condimento dev’esser più tosto di radiche, e verdi cime d’erbe odorifere, che con aromi.
Alle carni destinate per li brodi di zuppe, o da condimento di altre vivande, come sono i sughi, i consumati, i sostanziosi e le glasse, se l’ha da togliere il grasso soverchio, ch’è l’esteriore; e tali carni, per ciò fare, non bisogna che sieno troppo frolle, per non essere scevere di sugo e di sostanza, la quale l’han perduta nella fermentazione, e per essa ancora hanno acquistato un certo viscoso, che fan venir mal sani li brodi. Il fuoco dev’essere leggiero, e soave.
Le brese, i ragù, le fricassè ec. si hanno da destinare in un vase ben chiuso, involte nelle barde di lardo e di presciutto, e col condimento di cipolle, scalonge, pastinache, una foglie di alloro, radiche di sellari, di
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petrosemolo, qualche spicchio d’aglio, fette di limone senza corteccia, e spezie. Il fuoco le si darà leggiero, ma eguale; e nel servirle siano sgrassate e condite con le adattate loro salse.
Le fritture si hanno da destinare nell’abbondanza del grasso, nell’azione viva del fuoco, e sotto al movimento di mano.
Gli arrosti di carni lattanti, come capretti, porchette, vitelle ed agnelli s’ingrassano con lo strutto, si condiscono di sale e si destinano a giusto grado di fuoco a riverbero, con avvertire che la loro cottura dev’esser lunga, per disseccare le parti mucillaginose, delle quali abbondano tali lattanti carni. Ciò devesi praticare con la carne di porco grande, la quale anche abbonda di umor sieroso.
I volatili sì domestici che salvatici debbonsi inviluppare nelle barde di lardo, o di continuo ingrassarli, affinché sia breve la cottura, divenghi tenera la carne e non resti disseccata, giacché nel grasso riscaldato ci si contiene tal virtù.
Il bue, il castrato e la salvaggina quadrupede, perché han le carni molte fibrose e disseccate di umore, si hanno anche da inviluppare nelle fette di lardo o nella rete di vitello, o pure si hanno da piccare di lardelli. Il fuoco dev’essere sempre di riverbero, e nella cottura han da rimanere sugose.
La pasticceria poi, che nel forno si ha d’assoggettare, il forno dovrà essere ben riscaldato, e, dopo che avrà gradatamente perduta la voracità, s’infornerà. La pasticceria, che si ha da servir calda, bisogna farlo all’istante che n’è terminata la cottura, per gustarsi nella viva azione de’ sapori.
Per toglier ogni falsa idea dell’olio, dico ch’esso è un grasso vegetabile incorruttibile estratto dalle olive, e quando è fatto a tempo e ad arte è molto meglio, nell’uso alla cucina, del grasso di animale, cioè della sugna, e del butirro, che con faciltà si corrompono. Coll’olio condite le insalate crude o cotte, le composte, le caponate, i pesci freddi, i salumi ed ogni sorta di legume soddisfa grandemente il senso del gusto perché è un grasso amico dell’uomo. Coll’olio le frittura di carne, di uova e d’erbe riescono più crocanti e più piacevoli. I ragù di vaccina, di agnello, di cacciagione e di salvagina divengon più teneri e più saporiti. Anche gli arrosti di sì dette carni bagnati con olio riescono più tenere e più saporite, che se lo fossero colla sugna, o col butirro, che si ammollano; particolarmente nelle porchette lattanti quando si cuocono o allo spiedo o al forno. Nell’olio, in fine, mettendoci pesci cotti e salumi, si mantengono in tutto l’anno incorottibili.
Chi sa l’indole e la natura dell’uomo con difficoltà può definir onde nasce il sapor delle vivande. Si dice dalle carni giovani e ben pasciute, dalla perfetta manovra, dalla esatta cottura, dalla esquisitezza de’ condimenti e dall’essere state servite in tempo e nel termine della cottura: tutto può accadere e da tutto ciò può derivare. Ma più delle volte il sapor delle vivande nasce dalla facoltà naturale: per bene intendere questa, che io credo verità, bisogna premettere che il corpo umano, secondo il sentimento de’ Fisici, è di struttura elastica, irritabile ed a diversi sensazioni soggetto. Da questo principio non si penerà punto a capire che, più delle volte per eccellente che sia una vivanda, non a tutti riuscirà di piacere e di gusto; giacché, dalla varietà de’ corpi di coloro che ne usano, può derivare la diversità de’ particolari loro geni, discordi tal volta e contrari. Dato ciò per vero, com’è verissimo, per poter incontrare è di necessità il sapere dapprimo qual sieno le persone da pranzo, per esaminarle, sentirne il genio, la inclinazione ed il piacere; e ciò fatto son sicuro del favorevole incontro.
Per cosa sperimentata sono a dire di più che una stessa cosa mangiata, e poi con qualche intervallo rimangiata si troverà di diversa sensazione e di diverso sapore; e, se taluno dirà esser lo stesso, egli s’inganna. La parte salina della cosa mangiata, e rimangiata irritasi e commove le fibre della lingua e del palato, ma non perfettamente come alla prima volta. Ciò parrà un paradosso, e pure l’è così; e se evidentemente non si osserva, lo è perché la prima volta si mangia con desiderio e velocità, e la materia, che si mangia sdiacciata e triturata, con più di attività sviluppa i suoi piacevoli sali; lo che, nella seconda volta oprando con lentezza, non può il palato avere la stessa sensazione come nella prima azione. Ed oltre a ciò v’è anche che l’uomo sia nell’azione del mangiare, o del sentire o vedere sempre le prime son diverse dalle seconde.
Le Zuppe e li Potaggi sono le vivande prime che s’imbandiscono in su le mense; e sebbene con le Zuppe e con li Potaggi altre vivande ancor si uniscono, da essi però, non so se per giovare o per costume, si dà principio al pranzo ed alla cena: qual ne sia stata la introduzione io non entro ad esaminare. Vedo bene che questo metodo di servir le vivande è stato da tutti sposato, e da tutti se ne continua il servire, l’uso e la costumanza.
Or, se nell’imbandir le vivande in su la mensa, han d’avere il primo luogo le Zuppe e li Potaggi, voglio anche che nello scrivere abbiano per loro luogo il primo Trattato, siccome lo hanno, e lo debbono avere, nella manovra; giacché la Potaggiaria è la principale nella cucina ed è la base e ’l fondamento di tutte le vivande in brodo.
La eccellenza delle Zuppe e de’ Potaggi dipende dalla sostanza de’ brodi e dal sapore di essi, de’ quali qui ne descrivo due principali e generali, che servir possono per le Zuppe; ed un terzo poi si descriverà nel Capitolo de’ Potaggi.
Il brodo chiaro per le Zuppe si fa in questo modo, mettendo in una marmitta piena di acqua un grosso pezzo di carne di Bue ben nutrito, un Cappone o Gallina ed uno o due piedi di Vitello, regolando il peso e li pezzi dal numero de’ commensali e dalla quantità del brodo ch’è necessario. E posta la marmitt’a bollire con ardente fuoco sotto, si starà in attenzione per toglierne la spuma. Secondoché l’acqua si va riscaldando, così s’introduce ne’ vasi assorbenti delle carni, e per gli esalanti va pian piano estraendo tutto l’impuro di esse, ch’è la spuma, la quale dal calore vien portata alla sommità della marmitta ed a fior d’acqua, ove si addensa. Bisogn’avvertire di toglierla con mestola forata e prima di alzare il bello. Ciò fatto, si condirà di sale, di un bocchetto di sellari, pastinache e radiche di petrosemolo, ed anche di una cipolla steccata di canella e garofani. Si coverchierà la marmitta e si metterà con fuoco soltanto alla pancia di essa per continuarne la bollizione; avvertendo di non tenerla mai aperta, sì per non fare arrestare il bollo, sì ancora per non far seguire evaporazione di sali volatili, ne’ quali risiede il sapor più attivo, e per accelerarne la cottura.
Il brod’oscuro ha bisogno di diversa manovra. Il fondo di una grossa cassarola si coprirà di barde di lardo, e sopra di esse fettate cipolle, pastinache e presciutto. Indi vi si metteranno grossi pezzi di carne magra di Bue, piedi di Vitello ed un qualche vecchio pollo in quarti. Si metterà, coverchiata la cassarola, sopra lento fuoco, per far adagio adagio trasutar le carni e con ciò tramandar il sugo e la sostanza, ma senza punto muoverle o rivoltarle. Quando si vedranno diseccate, ma glassate e quasi arsicce, allora si bagneranno con poc’acqua calda o col brodo generale e ristorante; e disseccato ancor questo, si empirà dopo la cassarola, si condirà di sale e di pepe schiacciato, con coriandri e con una cipolla steccata di cannella e garofani, ed un bocchetto di sellari, pastinache e radiche di petrosemolo. E coverchiata di nuovo la cassarola, si faranno cuocere le carni.
Tanto il brodo chiaro che l’oscuro, ad uno per volta si debbono purificare e chiarire, dovendoli servire per le zuppe. Dapprimo (sia l’uno, o sia l’altro) si passeranno per stamigna, si sgrasseranno e, freddati, si chiarificheranno con uova sbattute a guisa di giulebbe. Si metteranno sul fuoco a bollire per portare a galla l’impuro, togliendolo con mestola forata. Indi, per renderli limpidi e cristallini, si faran passare filtrandoli per panni lini bene stretti e fini. E ciò fatto, si adopreranno per le Zuppe, le quali, se si voglion servire con Colì o con Purè, basta solo sgrassarli.
Oltre de’ suddetti due brodi generali, se ne fanno anche altri particolari sotto vari nomi, come pure con volatili e quadrupedi sì domestici che selvatici, siccome anche degli acquatici. Tutti sossopra si fanno con lo stesso metodo, e tutti nell’uso si devono sgrassare e depurare.
Gli Aromi, ad esami parlando, si dovrebbero escludere dall’uman cibo o bevanda come caustici, o veleni lenti, che a poco a poco son capaci di nocumento. Parlo del pepe, della cannella, del garofano, della nocemoscata, della vainiglia ec. Tali aromi contengono un’acrimonia simile al fuoco. Si è osservato che negli Aromi vi è pochissimo sale, ma molte particelli pungenti, e molt’olio, ed anche spirito igneo ed infiammabile, che, a parlar colla fisica scuola, a guisa di fuoco consuma le parti del corpo umano. Un olio tale, continua a dire la fisica scuola, riscalda, stimola, accresce negli umori e nelle fibre il moto, e ’l dissipamento produce di essi umori, per cui si sente l’ardezza, il calore e la sete, e con ciò dovran le fibre soffrire forti stimoli e convellimenti.
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Ecco perché si debbono escludere, o almen minorare nelle vivande e bevande l’uso degli aromi, ed in loro vece usar erbe aromatiche fresche, delle quali la nostra Italia e più anche il nostro Regno ne abbonda. Vero si è che per l’uso fatto, e per alquante cose necessari sono gli aromi, e debbon essi servire e luogo debbono avere, ma esser più per l’erbe aromatiche e men che si può gli aromi.
Vuotate piccole pagnottine, e rasatane con la grattugia la superficie, si faranno brustolare nel forno; poi ripiene di cerfoglio, acitosa e petrosemolo, tutto trito e passato prima; si faranno appena bollire, e s’intenda sempre in brodo chiaro; e cotte, si servirà questa zuppa con una Purè di piselli.
Nel brodo chiaro si faran cuocere le croste di pane brustolate, e cotte si serviranno coverte con Colì di cappone e panna di latte.
Tagliate a filetti cipolle, sparaci, acetosa, sellari, petrosemolo e targone, e passate con grasso, si faran cuocere nel brod’oscuro. Dopo vi si facciano bollire ancora le croste di pane tagliate a dadi e brustolate, e si serviranno con quantità di brodo.
Brustolate le fette di pane, si faran cuocere nel brodo chiaro con petrosemolo trito; e cotte, si servirà la zuppa con un Colì di petti di pollanche.
Si passano i pollastri con grasso, cipolle, presciutto ed un senso di aglio, e si faccian cuocere con brod’oscuro. Poi chiarificato il brodo ci si faccian bollire le croste di pane brustolate, le quali si serviranno con un Colì di legati degli stessi pollastri, passati prima con butirro.
Tagliati a filetti sellari, indivia, pastinache, lattuche, cipolle, cerfoglio ed acetosa, e tutto passato, si faccia cuocere con brodo oscuro. In questo stesso brodo si faran bollire le croste di pane, che tramezzate con l’erbe istesse si serviranno.
Nel brodo chiaro si faccian cuocere quantità di cipolline tagliate a filetti, ma prima passate con una fetta di presciutto e condite di targone. Dopo vi si metteranno a bollire le croste di pane brustolate e si servirà la zuppa con Colì di presciutto.
Si facciano cuocere nel brodo piselli, petrosemolo ed erbe aromatiche. Cotti, si pestano e se ne formi una Purè, che dovrà sciogliersi con altro sostanzioso brodo nel quale, bollite anche
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le croste di pane brustolate, si servirà la zuppa con la Purè sopra.
Cotte in brodo di volatili salvatici le croste di pane brustolate, si serviranno con una Purè di lente, pesta co’ volatili, presciutto e finocchi salvatici, che sono stati con essi bolliti.
Si pesti un piccione arrostito, con pinocchi ed una mollica di pane bagnata nello stesso brodo, col quale, sciolto tutto, si passerà per setaccio, e condito da basilico trito e sugo di limone, si farà riscaldare e si servirà sopra la zuppa preparata con brodo di piccioni, condito di basilico.
Levata con la grattugia la prima superficie, ch’è d’intorno alle picciole pagnottine, e cavatone il midollo in modo che restino vuote, si facciano seccare al forno. Indi si facciano lentamente cuocere nel brodo di cappone mescolato con latte di Vacca e condito di acqua di cannella. Cotta così la zuppa, si servirà con una crema sopra di panna di latte e gialli di uova.
Da’ petti di pollanche arrostite, pesti con sellari cotti nel brodo, mandorle bianchite ed una mollica di pane bagnata nello stesso brodo, se ne formerà un Colì, quale sciolto col suddetto brodo, e passato per setaccio, si farà bollire in una cassarola con quantità di acini di agresta e petrosemolo trito. E bollite nel chiaro brodo le croste di pane brustolate, si servirà la zuppa col già detto Colì sopra.
Si pestino li gambari, prima bolliti e senza le code, con una mollica di pane brustolata; poi passato con butirro ed erbette, si bagnino con brodo e se ne formi un Colì. Indi si faccian cuocere le croste di pane brustolato nell’ottimo brod’oscuro. Cotte, si servirà la zuppa coverta del Colì già detto, una con le code di gambari belle e pulite.
Bianchiti li tralci teneri di vite, si passeranno con butirro e petrosemelo, e poi si faranno cuocere nel brodo chiaro detto di sopra, nel quale, bollite ancora le croste di pane brustolate, si servirà la zuppa co’ detti tralci, ed una Purè di gialli di uova.
Si faccian cuocere in brodo quaglie, presciutto, ceci, cipolle, erbe e stecchi di canella; poi si pesti tutto, formandone una Purè sciolta con l’istesso brodo. In altro brodo si faran bollire le croste di pane, e si servirà la zuppa con la Porè sopra, prima passata e riscaldata.
Nel brodo di manzo si faccia cuocere una quantità di pomidoro, con un mazzetto di erbe aromatiche, ed in questo brodo chiarificato si faccian cuocere le croste di pane brustolate; si servirà questa zuppa con un Colì sopra di pomidoro, che si terrà preparato.
Si faccian bollire le croste di pane nel brod’oscuro, estratto da carne di castrato, con fette di tartufi, e quando si avrà da
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servire la zuppa, si coprirà con una Purè di tartufi pesti con foglie di timo e sciolta con il detto brodo.
Tagliato il pane a dadi e brustolato, si farà bollire con brodo di Cappone, tramezzato di parmeggiano e di petti di Capponi arrostiti e tagliati a filetti: e quando si avrà da servire, si coprirà con una Purè di uova e panna di latte.
Si faccia cuocere nel brodo di Gallina ben grassa il pane grattato, dimenandolo bene mentre cuoce. Cotto, si leghi con gialli di uova e panna di latte, e si dimeni fuor del fuoco per farlo incorporare a guisa di crema, e poi si servirà.
In brodo chiaro di Manzo e Cappone ci si faccia bollire boragine, cerfoglio e targone, ed in esso poi le croste di pane brustolate, coverte da una Purè di fagioli bianchi, cotti nel grasso.
Si faccia soffrigere il riso in una cassarola con butirro, grasso di Vitello trito, presciutto, funghi e tartufi, tutto trito, dimenandolo sempre con mestola di legno; brustolato che sarà, si bagni a poco a poco con brod’oscuro di Manzo, Cappone e presciutto, e si faccia cuocere lentamente. Cotto, si servirà con Colì di presciutto.
Nel brodo di Cappone e cervellato di Milano tinto di zafferano, si faccia cuocere il Riso, che si servirà brodoso e non troppo cotto.
Cotto il Riso nel brodo di Cappone, si condirà di butirro e si servirà legato con parmegiano e gialli di uova.
Nel latte di Vacca mescolato con brodo di Cappone si farà cuocere il Riso, condendolo con acqua di cannella, e nel servirlo si legherà con panna di latte e butirro.
Data mezza cottura al Riso nel brodo di Castrato, si farà finir di cuocere in una marmitta con quantità di butirro, rogonata di Castrato arrostita e tritolata e noce moscata; e così poi si servirà.
Le paste fine si possano cuocere nel brodo bianco di Cappone, o pure nel brod’oscuro di Manzo o nel latte, e cotte si possono servire legate con gialli di uova, o senza.
Nel brodo di Cappone o Manzo, si fa cuocere la Semola, la quale, cotta che sarà, si servirà legata con gialli di uova e panna di latte; o pure cotta in brod’oscuro si servirà con un Colì di Vitello.
Ridotti li Funghi a filetti e passati con olio, cipolline, petrosemolo ed un senso di aglio, si faran cuocere nel brodo di Pesce, nel quale, dopo cotti li funghi, si uniranno con le croste di pane brustolate, si faran bollire e si serviranno con sugo di limone.
Cotte le Rane con acqua, sale, olio, petrosemolo e cipolle, se ne levano i fegati, le uova e la polpa delle cosce, ed il rimanente si pesta, formandone una Purè, sciolta con il loro brodo, la quale passata per setaccio si unirà co’ fegati, uova e polpa, si farà riscaldare e si servirà sopra le croste di pane bollite nel brodo delle Rane, avvalorato da Pesce.
Nel brodo di Pesce si faccia cuocere una quantità di ceci, conditi di aglio, timo e petrosemolo; cotti si pesteranno, o si scioglieranno con l’istesso brodo, nel quale si faranno bollire le croste di pane, e si serviranno con altri Ceci intieri cotti anche nel brodo istesso.
Soffritte le Telline con olio, petrosemolo ed un senso di aglio, si faranno bollire nel brodo di pesce, nel quale, passato, si faran bollire le croste di pane brustolate, e si serviranno con le Telline sopra, nette dalle scorze.
Bianchite le Mandorle dolci e poi pestate, si dislatteranno con acqua, e, passato per stamigna questo latte, si metterà a riscaldare condito di sale, e quando sarà per bollire ci si fanno cuocere le croste di pane brustolate, che si serviranno con una crema di altro latte di mandorle, condita di giulebbe ed acqua di cannella.
Si faccia il brodo di Testuggine con acqua, olio, cipolle e un mazzetto di erbe aromatiche; poi dalle uova e fegato della medesima già bollite se ne formi una Purè sciolta con l’istesso brodo, la quale, passata per setaccio, si servirà sopra le croste di pane dopo che avran bollito nel brodo suddetto.
Si posson fare altre zuppe da magro siccome quelle descritte da grasso, cambiando soltanto la carne in pesce.
Acciocché i Potaggi riescano di gusto, bisogna che sieno cotti in ottimo brodo fatto con carne di Manzo, Cappone ed un pezzo di presciutto, e con rape, pastinache, cipolle e di un mazzetto di erbe aromatiche condito; ma nel servirli bisogna sgrassarli, essendo il grasso nauseante e nocivo.
Pulite le Cicoriette salvatiche e bianchite in acqua bollente, o senza, si faranno finir di cuocere nel brodo suddetto. Cotte, si grassano e si servono.
Le Radiche di Cicorie, cavatone il midollo, si fanno bianchire e si fan cuocere con il brodo condito. Cotte, si legano con parmegiano e gialli di uova, e così si servono.
I Torsi de’ Cavoli con le loro cime tenere si bianchiscono in acqua, e poi si fan cuocere nel già preparato condito brodo. Cotti, si servono brodosi e semplici.
Bianchiti li Cavoli, si passano con butirro, petrosemolo, un senso di aglio e semi di finocchi; poi si bagnano con brodo, si fanno finir di cuocere e si servono.
Pulita la Boragine, si farà cuocere nello anzidett’ottimo brodo, e subito cotta bisogna servirla.
Tagliati li Cardoni, e puliti da’ filamenti, si faranno bianchire in acqua con sugo di limone e poi cuocere in brodo di molta sostanza e sapore. Cotti, si serviranno con Purè di ceci, o pure con un legamento di gialli di uova.
Pulite le Lattughe, s’imbianchiscono e poi si fan cuocere nel sostanzioso brodo. Cotte, si legano con gialli di uova e si servono.
Le Lattughe bianchite si riempino di farsa di Vitello pesta con erbette, spezie e parmegiano; poi ben chiuse si fanno cuocere nel brodo suddetto.
Tagliati li Sellari si fanno bianchire, e poi cuocere nello anzidetto brodo condito di cervellato di Porco, presciutto e targone. Cotti, si serviranno brodosi.
Dopo bianchiti li Sellari, si faranno cuocere in brodo con acetosa trita. Cotti, si legheranno con gialli di uova.
Tagliate le Zucche a dadi si passano con butirro, un senso di aglio, basilico trito, presciutto e sellari triti, si fan cuocere con brodo e si servono con Colì, o pure legate con parmegiano e gialli di uova.
Passate le Zucche con butirro, targone, un senso di aglio e timo, si faranno cuocere nel brodo con basilico dentro. Cotte, si serviranno con Colì di Pomidoro.
Tagliati li Verzi, e bianchiti, si passano con lardo rifatto, presciutto trito, un senso di aglio ed erbette, e si fanno cuocere col già detto brodo, e nel servirli si copriranno di parmegiano grattato e con Purè di ceci.
I Piselli verdi si passano con grasso di presciutto, cipolline, petrosemolo, timo e si fan cuocere con brodo. Cotti, si servono con Purè di altri piselli verdi.
Bianchiti li Piselli in acqua si passano con butirro, petrosemolo e basilico, e si fan cuocere col condito brodo. Cotti, si legano con gialli di uova e panna di latte.
I Finocchi bianchiti si faccian cuocere con fettoline
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di presciutto, un senso di aglio e col condito brodo. Cotti, si servono con Purè di fagioli.
Nette le cipolle, si tagliano a quarti e si passano con lardo rifatto, un senso di aglio, presciutto trito e timo, e si fan cuocere con il preparato brodo. Cotte, si servano con Purè di Piselli.
Le punte di Sparagi prima bianchite si faran cuocere nel brodo condito di erbette. Cotti, si servono legati con parmegiano e gialli di uova.
Fettate le Cipolle con Pera, Pesche, Zucche lunghe e Sellari, si passano secondo la loro durezza con grasso, un senso di aglio, basilico, petrosemolo e presciutto, e si fan cuocere col brodo preparato di Manzo, Gallina e Presciutto. Quando il Potaggio si ha da servire, si coprirà con una Purè di Pomidoro.
Nel brodo di Manzo, Cappone, Porco e Salcicce si faccian cuocere i Broccoli, e cotti si servono subito e semplici.
Tagliate le Rape a dadi, si passano con grasso, un senso di aglio, erbette e presciutto trito; e si lascian cuocere col brodo. Cotte, si servono con gialli di uova e parmegiano.
Tagliato un rosso popone a dadi, si passa con butirro, acini di agresta ed acetosa, e si fa cuore col solito brodo. Cotto, si servirà con Purè di ceci, o pure con gialli di uova e parmegiano.
Tagliati a quarti i Carcioffi, e bianchit’in acqua con sugo di limone, si passano con butirro, erbette e presciutto trito, e si fan cuocere con il gustoso brodo. Cotti, si servono con gialli di uova o con Purè di Piselli.
Tritulati li Cappucci e bianchiti, si passano con cervellato, presciutto e formaggio a filetti, un senso di aglio, peparoli rossi in polvere e basilico, e si fan cuocere col brodo di Manzo e Cappone, condito di presciutto e sciris. Cotti, si serviranno con Purè di ceci.
Della stessa maniera si può servire ogni Potaggio all’olio, cambiandole solo il brodo, che dovrà essere fatto con carne di pesce, cipolle, rape, pastinache, sellari e petrosemolo; o pure bianchite e cotte l’erbe in acqua, e poi poste in olio con un senso di aglio, petrosemolo trito, acciughe e semi di finocchi. Le fave poi, e li piselli, e pure le zucche, senza bianchirle, si passano con olio e si fan cuocere con poc’acqua; e nel servir il Potaggio, si legherà con Colì di acciughe o pur di gambari o buttariche.
Li Colì e le Purè, che qui si descrivono, posson servire non solo nelle zuppe, ma ancora sopra tutte le carni, pesci, uova ed erbe. L’avvertenza sarà di saperle adattare e destinarle in modo che possono essere analoghe alle cose che si voglion condire, acciò possan riuscire di gusto al palato.
Data mezza cottura, allo spiedo, ad un pezzo di carne magra di Manzo, si farà finir di cuocere in una cassarola con fette di lardo, presciutto, cipolle, pastinache ed erbette, bagnandole, quando saran stagionate, con brodo di Manzo, e vi si aggiungeranno alcune croste di pane brustolate; indi si pesterà tutto, si scioglierà con l’istesso brodo, si passerà per setaccio, si sgrasserà e si conserverà caldo il Colì in una cassarola, condito di sugo di limone.
Tagliati a quarti i Piccioni, si passeranno con butirro, presciutto, un senso di aglio e basilico, e quando saranno ben soffritti si bagneranno col brodo, vi si metteranno le croste di pane brustolate e cotti si pesterà tutto, sciogliendolo con brodo; dopo si passerà per setaccio, si sgrasserà e si terrà caldo, per servirlo con sugo di limone.
Si faccian passare con butirro, fette di presciutto e fette di carne di Vitello con erbette e spezie; e passate si faranno cuocere con brodo di Manzo, croste di pane, stecchi di cannella, foglia di alloro e timo. Cotte, si pesterà tutto, si scioglierà con l’istesso brodo e si passerà per setaccio; e sgrassato dopo il Colì, si condirà di sugo di limone e si servirà caldo.
Dalle Pernici lardate ed arrostite se ne levano li petti e le cosce, ed il restante si pesta con tartufi, un senso di aglio, croste di pane, spezie ed origano, si passa con butirro e si fa bollire nel brodo di Manzo, poi si passerà per setaccio e si servirà caldo il Colì con sugo di limone e ben sgrassato.
Bianchiti li gambari con acqua e sale, se ne caveranno le code, ed il resto si pesterà con croste di pane brustolate e bagnate in brodo; pesto si passerà con butirro, erbette, spezie e foglia di alloro e si farà bollire con brodo. Si passerà poi per setaccio e si servirà caldo il Colì con le code suddette.
Ad un capone arrostito se ne levino i petti e le cosce, ed il restante si pesta con fette di pane fritto; dopo si passano con butirro, scalogna ed erbe aromatiche, ed unite con la roba già pestata si fa bollire con brodo di Manzo, e quando avrà preso corpo si passerà per setaccio e si servirà il Colì con senso di targone.
Il collo, le ale, il fegato ed il ventricolo dell’Anetra si fanno cuocere con lente e col condimento di fette di presciutto, spicchi di aglio, foglie di alloro e finocchietti salvatici. Cotto che sarà tutto, si toglie dal brodo e si pesti ben fino. Pesto si sciolga con lo stesso brodo, si passi per setaccio, si condisca di spezie e caldo si serve il Colì.
Più pezzi di carne di Vitello, mezzi cotti con butirro alle braci, si pestino con mandorle bianchite, gialli di uova duri, una mollica di pane bagnata in latte e cannella; si sciolga questo pesto con brodo chiaro, si metta in una cassarola a bollire e, passato per setaccio, si servi il Colì.
Si pestano le Acchiughe con mandorle brustolate, una mollica di pane bagnata in brodo, e poi con brodo di Manzo sciolto si passerà per setaccio e si servirà il Colì con sugo di limone.
Si pestino i pignoli con filetti di pesce cotto ed una mollica di pane bagnata in brodo di pesce, e pesto tutto si stempri con brodo e si facci bollire ed addensare con l’istesso brodo condito di stecchi di cannella e garofani. Dopo si passerà il Colì per setaccio e si servirà caldo con sapor di aceto di targone.
Le Rane cotte con butirro e brodo, e condite di un senso di aglio e di spezie, si pestano intiere con la loro carne ed ossa, e con esse ancora qualche mandorla brustolata e fette di tartufi. E quando sarà tutto pesto si scioglierà collo stesso brodo, si passerà per setaccio, e caldo si servirà il Colì.
Si fa liquefare un pezzo di butirro e si addenza con fior di farina, ed indi con brodo si allunga per farlo bollire. Ci si mettono intieri degli spicchi di agli, una testa di sellaro, una foglia di alloro e di sale, e noce moscata si condisce; e, quando sarà addensato, si unirà con gialli di uova stemprati prima con poche gocce di limone, si passerà per setaccio e si servirà il Colì.
Li Pomidoro ben maturi si passano con grasso di presciutto e si condiscono con un senso di aglio, di basilico, di foglia di alloro e di sale e pepe. Si bagnano con ottimo brodo e si fanno bollire, aggiungendoci nella bollizione delle croste di pane brustolate. E disfatto che sarà tutto, si passerà per setaccio e si servirà il Colì.
Bollite le uova in acqua ed indorite, se ne cavano li gialli, e con una mollica di pane brustolata e bagnata in brodo ed un pezzo di butirro si pestano, e si condiscono di sale e di nocemoscata. Fatto ciò, si stempri e si allunghi il Colì in una certa densità; indi si passi per setaccio e caldo si servi.
Mettansi a bollire nel brodo di Manzo erbette aromatiche, cioè il verde delle cipolle, spinaci e foglie di bietole; poi,
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cavate dal brodo, si pestano con croste di pane brustolate e bagnate nel brodo, e sciolte con altro brodo si passano per setaccio, e si servirà la Purè condita di spezie.
Si passano con olio carote, radiche di petrosemolo, sellari, pastinache, cipolle e finocchio. Dopo pestato tutto con mandorle brustolate e croste di pane fritto, si scioglierà con brodo, si farà un poco bollire, si passerà per setaccio e si servirà la Purè condita di spezie.
Cotta la Lente nel brodo di Pesce o Anetra, con spicchi di aglio, alloro, petrosemolo, finocchi salvatici, sale e pepe, si pesterà tutto, si scioglierà con l’istesso brodo e si passerà per setaccio; dopo si farà riscaldare e si servirà la Purè calda.
Li fagioli mezzi cotti in acqua si faranno finir di cuocere nel latte di mandorle e brodo di pesce, condito di erbe e pepe. Cotti si pesteranno, e sciolti con l’istesso brodo si passerà la Purè per setaccio e si servirà con sugo di limone.
Li Ceci cotti con olio, aglio, timo, targone e brodo di pesce, si pestano e si sciolgano con l’istesso brodo, poi passata per setaccio la Purè si servirà con un senso di targone.
Si passano con butirro piselli, magiorana, targone, menta, timo, polleggio e spezie; poi si pestano con una mollica di pane bagnata in brodo e gialli di uova duri. Pesto tutto, si scioglierà con brodo, si passerà per setaccio e si servirà la Purè calda con sugo di limone.
Dai ricci di mare, quando son pieni, se ne cava il loro giallo, e senz’altro condimento si stempra con brodo chiaro, in modo da farne un denzo condimento che forma la Purè, la quale passata per setaccio si servirà.
Dalla Ragosta, già cotta in acqua, se ne cava il giallo e parte di carne a sé vicina. Si pesta dopo con qualche crosta di pan fritto, si scioglie con brodo, si condisce di spezie, si passa per setaccio e si serve la Purè.
Passate le Rape con presciutto, e latte cuocere con brodo ben condito, si pestano dopo, si sciolgono con lo stesso brodo e per setaccio si passa la Purè. Della stessa maniera si fan quelle di Carote e di Zucche e di altre radiche.
Si prendano pera e percoca, si puliscano dalla corteccia, si tagliano a fette e si passano con butirro e fette di presciutto. Cotte che saranno, si pestano con una corteccia di limone, si condiscano di noce moscata e si stemprano con brodo. Si passano dopo per setaccio, ed è già fatta la Purè.
Pulite che saranno le mandorle si pestano con
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una mollica di pane bagnata in latte, e peste ben fine che saranno, si dislatteranno con latte di animelle. Si condiranno con acqua di cannella, e per setaccio si passerà la Purè.
Si fanno cuocere le Padate sotte le braci, e cotte si puliscano e si pestano con un pezzo di butirro e si condiscano di spezie. Indi con chiaro e gustoso brodo si sciolgano, si passano per setaccio e calda si serve la Purè.
Si mettono a cuocere in brodo li torzi di Cavoli, e cotti si pestino con quantità di noci fresche e con una mollica di pane bagnata in brodo ed un spicchio di aglio. Pesto che sarà tutto, si condisce di pepe bianco e di sale, si scioglie con brodo chiaro, si passa per setaccio e calda si serve la Purè.
La Zucca vernina si taglia a dati, e con grasso e fette di presciutto ed un senso di aglio si passi, condendola di petrosemolo e spezie. Cotta e disfatta che sarà, si pesterà con pignoli; dopo si stemprerà con brodo, si passerà per setaccio e calda la Purè si servirà.
Il riso si farà cuocere con latte e butirro e con stecchi di cannella. Poi pesto ben fino, si dislatta con altro latte, si condisce con acqua di cannella, si passa per setaccio, e calda che sarà, si servirà la Purè.
Liquefatto un pezzo di butirro si addenserà con un poco di fiore di riso, dopo si stempra con latte, col quale si farà bollire, condito di corteccia di limone. Addensato che sarà, si passerà e si servirà la Purè.
Una buona quantità di pistacchi unita con la quarta parte di petrosemolo bianchito ed una mollica di pane si pesti ed indi si scioglie con brodo di Cappone. Si passi per setaccio e calda si servi la Purè.
Puliti li tartufi si pestino con croste di pane fritto, con un senso di aglio e con aromi. Si scioglie il composto con brodo di pesce, si passa per setaccio e calda la Purè si serve.
Gli Animali quadrupedi domestici, de’ quali l’uomo vuol far uso per cibo, debbono essere ben pasciuti, ben carnuti e ben ingrassati. Ce lo insegna l’esperienza, la quale chiaro ci fa conoscere che per rendere gli animali gustosi al palato, ed al corpo dare robustezza e vigore, vaglia più il buon governo in essi che tutte le studiate conditure. Gli animali, quando per lo governo si sono ingrassati, il loro grasso gli rende teneri e saporosi: la lor tenerezza li fa cuocer presto ed il loro sapore esclude ogni altro estraneo artefatto condimento, e con ciò fassi un cibo più analogo, piu semplice, più connaturale e meno anche dispendioso.
Fra gli Animali Quadrupedi domestici si deve il primo luogo al Vitello lattante. Se ne fa uso di questo Animale in tutte le stagioni. Non ha parte in esso che non sia atto a ricevere condimento ed a soddisfare qualsisia delicato palato. Principierò dalla testa, e poi a parte il rimanente del corpo descriverò.
La testa del Vitello, pulita e netta da’ peli, si potrà cuocere lessa in acqua, condita di sale ed erbe aromatiche, e servirla, quando è cotta, con petrosemolo attorno.
Dissossata cruda la testa, si potrà riempiere con un pastume fatto dalla stessa carne dell’Animale, cervello, animelle di Agnello, tartufi, funghi, pistacchi, gialli di uova crudi, erbette trite e spezie. Indi si farà cuocere in brodo, con fette di lardo, erbette e presciutto; e quando sarà fatta, si servirà con crema di fior di latte.
Si potrà riempiere di fegato dello stesso Vitello, ben pesto con lardo, midolla di Manzo, tartufi, pignoli, passerina, coriandri, capparini, suo cervello, spezie ed erbette; con questo pastume la testa ripiena si metterà a cuocere in cassarola, con fette di lardo e presciutto, facendola così lentamente stufare, bagnandola con ottimo brodo; e nel servirla si coprirà con salsa di acciughe e capparini.
Ripiena ancor la suddetta testa con
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parmegiano grattato, suo cervello, uova crude, targone e petrosemolo, si farà cuocere in brodo con erbette, fette di lardo, e sale; e quando sarà cotta, si servirà con crema composta di latte, gialli di uova e parmegiano grattato, facendola assodare anche al forno, acciò abbia corpo.
Dopo cotta ne’ suddetti modi la testa del Vitello, si può tagliare in fette e passare con butirro ed erbe trite; si servirà con Colì sopra di pomidoro.
Bollita la testa di Vitello in brodo senza ripieno, si potrà tagliare in fette, le quali infarinate, attuffate nelle uova sbattute, ed involte nel pane e parmegiano grattato, si metteranno a cuocere adagiatamente su la graticola e si serviranno con sapor di limone verde.
Cotta la testa in brodo, e tagliata a bocconi, si fanno infarinare e friggere in buono strutto, e poi con salsa reale sopra, giusta il trattato delle Salse, si serviranno.
La testa dopo bollita, e quasi cotta, si potrà arrostire allo spiedo, involta bene in fette di lardo, o con carta unta di butirro, e così lentamente farla finir di cuocere e servirla con sapor di agresta.
Dello stesso modo arrostita la testa di Vitello, riuscirà di gusto, se prima si riempie di farsa di presciutto e butirro, mescolata col suo cervello (prima cotto in brodo) gialli di uova ed aromi, e quando sarà cotta si servirà con sapor di amarene fresche.
Sarà ancor piacevole se, dopo dissossata la testa di Vitello, si riempirà con farsa di carne dello stesso Animale, acciughe, erbette, capparini ed un senso di aglio; dopo posta in istufa con fette di lardo e presciutto, bagnata con malvasia, si farà lentamente cuocere; e quando sarà per servirsi, con la stessa sua salsa s’imbandirà.
Dissossata la testa, e ripiena con varie cervellette, panna di latte, gialli di uova, tartufi triti e cannella in polvere, si farà cuocere in buono brodo, e quando sarà cotta si coprirà di butirro e gialli di uova con esso stemperate e parmegiano grattato; e facendola prender colore al forno, così calda si servirà.
È ottima a cuocersi la testa del Vitello nel brodo, ed indi nel latte condito di cannella in polvere: e nel servirla s’imbandirà con salsa di butirro e gialli di uova.
Dopo che la testa sarà cotta in brodo, si taglierà a bocconcini, quali mess’in una quantità di uova bene sbattute con parmegiano grattato, pepe e petrosemolo trito, se ne formerà con butirro una ottima frittata, servita con crostini attorno.
La testa di Vitello cotta intiera o in fette, in brodo ben condito, si può servire coverta di spinaci alla crema.
Bollita intiera la testa di Vitello, e poi fettata, s’infarina e si frigge in istrutto; e con salsa di cedro condito, pesto con capparini e sciolto con aceto si servirà.
Le cervella del Vitello o del Marzo, dopo pulite della pelle e sangue, si metteranno a cuocere in acqua, e dopo in brodo condito di petrosemolo e sale, e si serviranno dopo con sapor di acetosa passata con butirro.
Bollite le cervella in acqua, sale, limone ed un mezzo bicchier di aceto, si faranno freddare; e tagliate dopo in bocconi, s’infarinano, si passano in uova ed in parmegiano e pane grattato; indi si faranno nello strutto friggere, e calde con salvia fritta intorno si servono.
Cotte le cervella in brodo ben condito di sale e petrosemolo, si possono servire alla salsa di butirro ed uova; mettendo in cassarola un grosso pezzo di butirro, de’ gialli di uova e sugo di limone; e tutto addensato sopra un fornello, caldo com’è, si verserà sopra le cervella.
Fatte cuocere le cervella in acqua, sale ed erbe, si faranno dopo freddare e si taglieranno a bocconi, quali passati con butirro, presciutto trito, petrosemolo trito e spezie, si passeranno dopo in pane e parmegiano grattato. Così fatte, si accomodano sopra di una carta in forma di navicella coverte di butirro e con un ottimo Colì di Vitello. Dopo si faranno prender corpo e colore al forno, e calde si servano.
Le suddette cervella, dopo bollite, si potranno tritulare e mescolare con parmegiano grattato, grasso di Vitello, e condito di fior di latte e spezie e con uova sbattute, se ne formerà una grossa frittata con butirro, servendola calda.
Ottime sono le cervella in Buden o in Suppresse, con farle cuocere in brodo chiaro, poi pestarle con spinaci, prima less’in brodo, aggiungendoci del butirro, uova ben sbattute, fior di latte e cannella in polvere. Si faranno prender corpo in una cassarola sopra al fornello, dopo, in altra cassarola unta di butirro e mollicata con pane grattato, si metterà questo composto ed al forno si farà finir di cuocere, ed assodato si caverà il Buden.
Sono di piacere ancora le cervella, quando si faran cuocere in brodo, poi, peste con mollica di pane e parmegiano grattato
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e di gialli di uova e spezie condite, se ne formerà un pastume, dal quale se ne faranno delli gnocchi in forma di quelli di pasta, e si fanno appena bollire in ottimo brodo; ind’incaciati con parmegiano e di butirro o pure con sugo di carne conditi, si serviranno.
Si faranno bollire in acqua le cervella, e dopo peste con erbette odorifere, formaggio grattato, uova, zucchero e spezie; indi se ne fanno delli boccon’in fior di farina, che si friggeranno in istrutto, e con salsa di malvasia si servono.
Cotte prima le cervella in brodo, e dopo peste con fior di latte, rossi di uova crude, aromi e parmegiano grattato, indi ci si metta della chiara di uova ben montata, con la quale si mischierà ogni cosa; ed avendo la padella sopra il fuoco con butirro, se ne formerà con la composizione suddetta una delicata frittata da servirla subito.
Cotte che saranno le cervella in brodo ben chiaro, si pestano bene bene e si passano per setaccio, e dopo si uniscano con gialli di uova, latte e zucchero, e se ne formi una crema, condita di cannella; e quando sarà assodata, si verserà in un piatto per servirla.
Si può fare con le cervella altra frittata agli spinaci e cipolle, facendole prima bianchire, poi tritulare con spinaci ancor bianchiti e cipollette passate in butirro, aggiungendoci del parmegiano grattato, delle uova bene sbattute e condite del sale e del pepe; dopo con ottimo butirro o strutto nella padella se ne formerà la frittata.
Si possono ancor fare de’ Buden con le cervella di Vitello, facendole cuocere in brodo, e dopo pestarle con midolla di manzo, aromi, parmegiano grattato e gialli di uova duri; ed essendo tutto ben pesto, se n’empino le budella di agnello alla lunghezza di un dito; dopo, entro una tortiera unta di butirro, si fanno arrostire e calde si servano.
Lesse le cervella in brodo e tritulate bene, vi si pone della panna di latte, aromi, cedro trito e polvere di mostaccioli; dopo fattone bocconi, s’involtano in rete di porco e dentro di una tortiera si faran finire di cuocere nel forno, servendole calde.
Ancor farsene potranno delle cervella Tartarette, facendole cuocere prima in brodo, poi peste con pistacchi, con zucchero, cannella, gialli di uova, capo di latte, scorzette di portogallo giulebbate ed un poco di acqua di odore. Questa composizione ben maneggiata si mette dentro delle cassette di pasta, e senza coprirle si faranno cuocere al forno, servendole con zucchero.
Dopo che le cervella saranno cotte, si
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tagliano a bocconi, s’infarinano, si passano nelle uova e si fan friggere, e poi con sals’agro-dolce servirle calde o fredde.
Bollite le cervella in brodo, passate in butirro, involte nella mollica di pane grattato e parmegiano, condite di sale e pepe, si metteranno nella rete di Porco o di Vitello; e così si faranno arrostire per servirle calde.
Mescolate con ricotta le cervelle, se ne fanno anche frittelline, che sono gustose.
La lingua del Vitello è ottima a farsi bollita, condita di erbette e sale, e poi servita calda o con verdura d’intorno, o pure con salsa di butirro.
La lingua bollita, e poi passata con butirro, presciutto, cipollette, un senso di aglio, capparini, spezie e bagnata con vino generoso, si farà prender corpo e si servirà calda.
Si può la lingua farsire con carne di Vitello, e poi in cassarola mess’a cuocere con fette di lardo, presciutto ed erbette: e quando sarà cotta, si servirà con salsa di tartufi cott’in butirro, con acciughe, e con vino bianco bagnata.
Conficcata la lingua di lardelli, chiodi di presciutto, aromi, e cotta in istufa, si servirà con un sapor di funghi passat’in olio con un senso di aglio ed erbe.
È ottima a servirsi la lingua fritta, la quale si farà prima bollire, dopo si fetterà, e infarinate le fette, dorate e involte nel pan grattato, si faranno friggere, e con salvia fritta intorno si serviranno.
Cotta lessa la lingua e tagliat’a bocconi, questi s’infarinano, si dorano e si friggono; e formando dopo una sals’agro-dolce, con sugo di limone, aceto bianco, polvere di mostaccioli, pignoli, passerina e spezie, dentro di questa si faran prendere corpo e si serviranno come piace, cioè o caldi o freddi.
Cotta la lingna in brodo chiaro, condito di sale ed erbette, si servirà fredda, con salsa all’olio, fatta con petrosemolo pesto con acciughe, capparini, maggiorana e pepe; il tutto ben pesto, vi si mette dell’olio con sugo di limone.
Riesce assai di gusto la lingua se si conficcherà di lardelli conditi di aromi, e poi, involta in rete di Porco o di Vitello o in più fette di lardo, si farà cuocere arrostita; e quando sarà cotta, si servirà con salsa reale sotto, cioè butirro e gialli di uova.
Si cuoce la lingua in brodo, ben condita
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di erbe e spezie; e quando sarà cotta, si metterà in una Purè di piselli verdi con fettoline di presciutto, servita calda.
Si può ancor vuotare la lingua ed empirla con una farsa di parmegiano grattato, uova, erbette trite, butirro e spezie: e dopo metterla a cuocere in brodo chiaro e servirla con salsa di gialli di uova, latte e foglie di salvia.
La lingua, quando sarà cotta lessa, si passerà con butirro, presciutto trito, erbette e spezie, non già intiera ma fettata; dopo si accomoda sopra di un foglio di carta, si coprirà di parmegiano, pane grattato e butirro; di questa maniera si metterà al forno e si servirà calda.
Cotta la lingua lessa, o pure in istufa, si può servire con salsa di targone nel Colì di Vitello.
Si può fare una fricassè della lingua, facendola prima lessare, poi tagliat’a dadi, si passeranno con butirro, o sugna, erbette e spezie, e nei servirla si legherà con gialli di uova, butirro e sugo di limone.
La scannatura del Vitello è ancor di uso nelle mense de’ Grandi, e la prima sua cottura sarà lessa, servita o con verdura o pure con salsa, come sarebbe di butirro, di cetriuoli, di acetosa, di presciutto o cipolline, e sempre calda devesi servirle.
Si potrà cuocere in ragù ben condita con grasso e fette di presciutto, e bagnata con vino generoso, e poi servita con sapor di funghi o tartufi.
Cotta la scannatura lessa, condita di sale ed erbe, si taglia in bocconi, qual’infarinati e dorati si friggeranno nello strutto; e con sals’agro-dolce ben condita di spezie si serviranno, o pure con salvia fritta intorno o petrosemolo.
Si farà cuocere la scannatura in istufa condita di droghe e presciutto, bagnandola con malvasia; e cotta, s’impandirà con una sals’alla regina fatta con cedro candito pesto e sugo di limone.
Tagliata la scannatura in bocconi, e passata con grasso di Vitello, erbette e spezie, si farà cuore in brodo chiaro; e quando sarà ora di servire in tavola, si legherà con una falsa di gialli di uova e sugo di limone.
Si serve ancora la scannatura lessa coverta di scalogne, passate con presciutto, e con sapor di malvasia servita.
Riesce di gusto la scannatura cotta in istufa,
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e poi servita con una Purè di lente o piselli, dove siavi del cervellato, fette di presciutto e finocchietti salvatici triti.
Il Fianchetto del Vitello, se ben sia un tocco di carne quasi vuota, e non di troppo corpo, pure se ne possono lare delle variate vivande da usarsi nelle mense nobili. In primo si può servire lesso con erbe aromatiche e poi imbandito con petrosemolo attorno.
Si fa ancora lesso, farsito di erbe aromatiche dolci; come spinaci, lattuca, bietola, ec. legate con parmegiano ed uova e condite di spezie; con questo ripieno si farà cuocere in brodo e si servirà con sapor di targone.
È ottimo farsito alla parmeggiana, con formare un pastume composto di parmegiano grattato e pane, uova bene sbattute, erbette trite, passerina, pistacchi, pignoli, midolla di Manzo, presciutto trito e spezie. Con questo pastume se n’empirà il fianchetto e si farà cuocere in acqua ben condita. Si servirà caldo con salsa di butirro o pure fettato rifreddo con verdura d’intorno.
Il fianchetto, dopo farsito e cotto nella detta maniera, si può tagliare in fette, le quali bagnate con gialli di uova e butirro liquefatto s’involteranno in pane e parmeggiano grattato, e si faranno cuocere su la graticola arrostite, da servirle calde.
Si può formare un altro pastume, composto di carne magra di Vitello ben pesta con un senso di aglio, de’ capparini, erbette trite, tartufi, presciutto trito ed aromi, se n’empirà il fianchetto e si farà cuocere in istufa con fette di lardo, e quando sarà cotto con sapor di funghi si servirà caldo.
Il petto del Vitello è una parte del corpo ottim’a mangiarsi, tanto più che in vari modi si può preparare. La sua prima cottura sarà bollito in acqua con sale ed erbette; e quando sarà cotto, con sugo di limone e petrosemolo trito sopra si servirà.
Bianchito il petto di Vitello prima in acqua e poi fatto cuocere in brodo di Manzo ben condito; quando sarà cotto, si può servire con sapor di acetosa o di targone.
Steccato il petto di lardelli e presciutto, bene aromatizzati ed erbolati, si metterà a cuocere in istufa con
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le solite cose, bagnandolo con vino bianco; e nel servirlo si coprirà con sapor di prugnoli alle acciughe.
Si potrà farsire il petto tra la carne ed ossa, con carne magra dello stesso Vitello, mischiandovi alla farsa del presciutto trito, midolla di Manzo, erbette, tartufi e spezie. Con questo pieno si metterà a cuocere adagiatamente in istufa, bagnandolo con brodo, e si serva, quando sarà cotto, con Colì di Gambari.
Dissossato il petto con diligenza, e fatta una farsa di parmegiano e pane grattato, spinaci, pignoli, pistacchi, spezie ed uova sbattute, se n’empirà il petto e si metterà a cuocere in brodo chiaro, con fette di lardo, erbe e sale. Si servirà con ispinaci passati con butirro e legati con panna di latte.
Bianchito il petto del Vitello e poi tagliato in bocconi, si passeranno con butirro e si faran cuocere con brodo, erbe trite e solite spezie. Quando sarà ora di servire in tavola, vi si metterà una salsa di gialli di uova e sugo di limone.
Si cuoce in acqua il suddetto petto, condito di sale, un bocchetto di erbe e vino bianco. Nel servirlo, si coprirà con salsa di petrosemolo e sugo di limone all’olio. Questa sarà una vivanda da servirla fredda per Entremets.
Dissossato il petto di Vitello crudo con diligenza, si potrà riempiere con rogonata trita dello stesso Vitello e da fuori piccato di lardelli; dopo inviluppato in fette di lardo, o carta unta di strutto, si metterà allo spiedo e si farà cuocere per servirlo con crescione intorno.
Il grasso della punta del petto di Vitello cotto in brodo, poi tagliato in bocconi, quest’infarinati, dorati e mollicati, si friggeranno in istrutto e caldi si servano con frittelle di rosmarino o petrosemolo.
Mezzo cotto in acqua il petto del Vitello, e poi coverto tutto di radiche di vari colori, formandone come una veste all’Arlecchina, si farà cuocere in istufa lentamente, coverto però con carta unta di olio, acciò non si guast’il lavoro. Si servirà con Colì sotto di Vitello, condito di sugo di limone.
La coscia del Vitello essendo un taglio di carne poco nervosa, se ne possono fare quelle vivande che non si possono dagli altri tagli. Eccone la prima, che saranno le coppiette. Per farle, bisogna prendere un pezzo di coscia, levarne que’ piccoli
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nervicciuoli e pestarla con Midolla di Manzo, cedro candito, parmegiano grattato, poco pane bagnato in brodo e gialli d’uova, con qualche chiara e spezie. Mescolando bene il tutto, se ne formeranno le coppiette in forma rotonda o lunga, ed in buon brodo di carne si faranno cuocere, servendole dopo con Colì di Vitello o con Purè di gialli di uova.
Si fanno della coscia di Vitello delle braciole involtate, prendendo un tocco di carne, e tagliarlo a fette sottili, le quali con la costa del coltello si schiacciano e si riempino di carne di Vitello battuta, mischiata con grasso dello stesso animale, erbette aromatiche e spezie; dopo si mettono a cuocere con fette di lardo e cipollette, bagnandole con buono brodo. Quando si son tutte glassate e quando saran cotte, si serviranno con lo stesso sugo, ma ben sgrassato, e con targone trito.
Se ne fanno de’ Fricondò micciati di lardelli e si faran cuocere in acqua con presciutto, lardo ed erbe; e quando saranno cotti con la stessa glassa, si serviranno e con sapor di acetosa sotto.
La carne magra della coscia tagliat’a dadi si passerà in cassarola con butirro e poi si pesterà con grasso di Vitello, mollica di pane bagnata in latte, gialli di uova crudi, cannella in polvere e fior di latte. Con questo pastume ben mescolato se ne formano li Crocchetti lunghi come un mezzo dito, quali passati nelle uova, nel pane e parmegiano grattato, si friggono e si servono caldi.
Tagliat’a fette sottili e larghe la carne magra della coscia di Vitello, si schiacceranno bene, e con rognonata dello stesso Vitello ben condita di sale e pepe ed erbe aromatiche si riempino e s’involtano bene strette; dopo s’inviluppino una ad una in fette di lardo e si metteranno a cuocere allo spiedo, e quando saranno cotte si serviranno calde (fuor delle fette di lardo) con crostini d’intorno.
Un bel pezzo intiero di coscia di Vitello netto da’ nervi ed ossa, si stecchi di lardelli e presciutto a filetti, ben aromatizzati prima, ed in istufa ben chiusa si farà cuocere, ma condito di aromi, erbe, fette di lardo, presciutto e cipolle. Avendo bisogno di umido, si può bagnare con vino bianco; e quando sarà cotto, si servirà con salsa di tartufi al vino.
Ancor se ne fanno della Coscia di Vitello delle granatine micciate di lardelli, o pure farsite con la stessa carne, ma sempre si faran cuocere in cassarola con le solit’erbe ed aromi; e nel servirle, con sapor di gambari.
Pesta la carne magra della coscia di Vitello con midolla di Manzo, erbette aromatiche trite e pane bagnato in latte, s’impasterà con gialli di uova crudi, panna di latte ed aromi, se ne formerà un bel pane accomodato sopra di una tortiera e si farà
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cuocere con diligenza al forno, coverto tutto di rete di Vitello. Quando sarà cotto, con Colì di presciutto si servirà.
Tagliato un pezzo di Coscia di Vitello a fettoline sottili, e condite di spezie, con butirro ed erbette si mollicano ed ind’in ottimo strutto si friggano; e nel servirle, s’imbandiranno con salsa di butirro e sugo di limone.
Un bel grosso pezzo di Coscia del Vitello si vuoti, cavandone per una buca con diligenza la carne, la quale si pesti con dell’erbe fine e grasso dello stesso, e con ogni sorta di spezie si condisce. Si riempirà con questo pastume, e da fuori si piccherà tutto di lardelli, e poi in cassarola con fette di lardo e presciutto, a lento fuoco si farà cuocere. Quando sarà all’ordine, si servirà con salsa di cipollette al vino.
Pesta la carne della Coscia di Vitello, quando sarà cotta e condita della stessa suddetta maniera, se ne potranno empiere dei tartufi, patate, zucchettine e delle frittatine in forma di tubbi, li quali fatti cuocere in buona glassa si serviranno con buon Colì di Vitello.
Fattone fettoline della Coscia di Vitello, e poste in aceto di odore, con sale e pepe per un’ora, poi asciugate ed infarinate, si friggeranno in butirro e si serviranno con salsa di limone e zucchero.
Ridotta la Coscia di Vitello in fette sottili e bene schiacciate, si ungano di butirro e si buttano nella mollica di pane grattato, condita di sale e pepe. Dopo, sopra la graticola, si faran cuocere e si serviranno con sals’alla Graportina, di scalogne, aceto e sugo di limone.
Della carne di Coscia di Vitello se ne fa una farsa con grasso dello stesso, condita di panna di latte, gialli di uova e spezie; dopo se ne formano tanti pezzi, quali rotolat’in forma di cannelloni s’involtano ne’ pezzi di rete di agnello e si fan cuocere al forno. Così, si servino caldi sopra croste di pane.
Il Lacerto, parte della Coscia di Vitello, è un tocco di carne anche magra, il quale riesce di gusto quando si cuoce in umido, steccato prima di lardelli aromatizzati ed erbolati e bagnato nel cuocerlo con malvasia e nel servirlo con lo stesso suo sugo.
Si può fare una buca nel Lacerto per lungo, cavandone un pezzo di carne e riempirlo poi con farsa della stessa carne, condita di erbe, presciutto trito, pistacchi, pignoli, fette
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di tartufi e spezie. Ripieno con questo alterato pastume, si farà cuocere in istufa, bagnato con buon vino e brodo, e nel servirlo vi si metterà sotto una salsa di scalogne.
Tutto lardato il Lacerto di Vitello di fini lardelli, si può cuocere allo spiedo e poi servirlo con salsa di agresta.
Il Lacerto di Vitello cotto con acqua, vino bianco, foglie di alloro, coriandri, ginepri, sale e pepe schiacciato si servirà freddo, coverto di gelo o pure con sals’all’olio di pistacchi.
La Lonza ossia il filetto è la parte migliore del Vitello, dalla quale si fa la vivanda più gradita. La cottura di questa sarà arrosto, bene inviluppata nel grasso o nella carta nuta di strutto o butirro, e quando sarà cotta si servirà con insalatine intorno.
Si fa anche arrosto alla Genovese, mettendola in una cassarola con dello strutto dentro o butirro, e con fuoco sotto e sopra si farà lentamente cuocere; quando è per servirla, si passerà sopr’al fornello per farle prendere colore. Questa si servirà calda co’ crostini d’intorno e sua glassa sopra.
Fettata la Lonza del Vitello quando è cruda e poste le fette dentro di una tortiera con butirro a cuocere lentamente sopra le braci; quando saranno cotte, si bagneranno bene di butirro liquefatto e si mollicheranno con pan grattato, mettendole da parte. Quando sarà ora per servirle, si metteranno per poco nella graticola, acciò si riscaldino e faccino crosta.
È anche piacevole la Lonza del Vitello a mangiarsi quando è cotta in forno, che si farà cuocere coverta della sua rete e poi servita senza punto di umido, con sugo di aranci.
Quando è cotta la Lonza del Vitello allo spiedo, se le caverà il Rognone e grasso, che unit’insieme si sminuzzeranno per farne con uova sbattute una frittata, condita di sale, pepe e parmegiano grattato.
Si farà cuocere allo spiedo con la leccarda sotto piena di butirro, il quale si butterà di continuo sopra per farla con questo umettare, acciò resti bianca e sugosa. Quando sarà cotta, si servirà coverta tutta di panna di latte e gialli di uova stemprati con essa.
Le Coste del Vitello tagliate una ad una si posson cuocere in umido con sapor di scalogne; e per farle, bisogna schiacciarle e involtarle con un poco di farsa dentro, ed indi servirle con salsa di scalogne.
Le Coste bene appaiate ed ingrassate di butirro si faranno cuocere sulla graticola con fuoco lento, e nel servirle si guarniranno con insalata di crescione.
Nettate da’ nervi le Coste del Vitello, ed ingrassate bene con butirro, si metteranno a cuocere in una tortiera sopr’al fuoco lento; quando saranno mezze cotte, si leveranno per farle freddare. Freddate, si bagnano nelle uova sbattute e s’involtano nel parmeggiano e pane grattato, e si tornano a finir di cuocere su di una graticola con carta sotto, servendole dopo con petrosemolo fritto intorno.
Se ne fanno de’ Fricondò delle Coste del Vitello, lardandole di piccioli lardi, cuocendole in brodo, e, quando saran cotte, con salsa di acetosa sotto si serviranno.
Si posson marinare le Coste del Vitello, e dopo friggerle in buono strutto. Nel servirle, si copriranno di Colì di gambari alli tartufi.
Cotte le Coste del Vitello con butirro in una tortiera, s’empiranno di un salpico di animelle, tartufi, funghi e cose simili, e si copriranno con una farsa di Vitello, e mollicate poi si faranno prender colore al forno. Quando saran cotte, si serviranno con salsa di latte.
Il Rognone intiero fuor del grasso si potrà cuocere in ragù ben condito di erbe e spezie, e si servirà con sapor di acetosa sotto.
Cotto il Rognone in fettoline in cassarola, con butirro ed erbette, quando sarà per servirsi, si legherà con gialli di uova crudi e sugo di agresta.
Tutto conficcato di lardelli in Rognone del Vitello, ed unto bene di butirro si farà cuocere allo spiedo; e nel servirlo si metterà con insalatina intorno.
Dello stesso Rognone cotto arrosto se ne può formare una ottima frittata, tritolandolo con erbette fine e mischiandolo con parmegiano grattato.
Le Orecchie del Vitello si possono cuocere lesse in acqua, sale ed erbe, e servirle poi con salsa di menta o purè di pomidoro.
Bianchite le Orecchie del Vitello in acqua, e ripiene dopo di farsa di uova ed erbette, si metteranno a cuocere in buon brodo chiaro, condito di erbe: e quando sono per servirle, si copriranno con salsa di butirro, gialli di uova e sugo di limone.
Cotte lesse le Orecchie del Vitello, e fatte poi freddare, s’infarinano, si tuffino nelle uova, e nel pane e parmegiano grattato s’involtino: e così in istrutto si friggono per servirle calde con petrosemolo intorno.
Bianchite le Orecchie del Vitello in acqua, e con ottima farsa di carne e grasso dello stesso Vitello ripiene, condita con erbette, capparini, presciutto trito e spezie; si faran poi cuocere in ottimo brod’oscuro e servirle con sapor di funghi.
Bollite prima in brodo le Orecchie del Vitello, e dopo infarinate, dorate e fritte, si possono servire con sals’agrodolce fatta con giulebbe ed aceto di targone.