Il cuoco piemontese perfezionato a Parigi che insegna con facil metodo a cucinare qualunque sorta di vivande, sì in grasso, che in magro, di nuovo gusto: ed avvisi sopra la bontà, e scelta d’ogni cosa appartenente alla cucina; proseguito dal confetturiere

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Il cuoco piemontese perfezionato a Parigi che insegna con facil metodo a cucinare qualunque sorta di vivande, sì in grasso, che in magro, di nuovo gusto; ed avvisi sopra la bontà, e scelta d’ogni cosa appartenente alla Cucina; proseguito dal Confetturiere.
Coi doveri del Mastro di Casa, e le minute per le quattro Stagioni; colla spiegazione degli utensili necessari, e la maniera di trinciare pulitamente le carni.
Torino 1766
Carlo Giuseppe Ricca Stampatore
A spese di Beltramo Antonio Re Libraio

3AVVERTIMENTO DELL’AUTORE A’ LEGGITORI


Si sono stampati diversi libri sopra la cucina, o sia l’arte di preparare gli alimenti, ma sembra, che i loro Autori facendo poco conto della sanità degli uomini, si siano soltanto dati a lusingare i loro sensi, e quest’arte distruggitrice è il frutto dannoso di un lusso sfrenato. Se la natura in portandoci a prendere gli alimenti, non ebbe altro fine, che la nostra conservazione, qual conto dunque dobbiamo noi fare di un’infinità di preparazioni, salse, intingoli alla moda, che portano il fuoco, e la rovina nella interiora de’ nostri corpi? La cucina non è altro, che l’arte d’impiegare le produzioni della natura, per prepararne un nutrimento, sano, e piacevole all’uomo. ecco ciò che io ho avuto per oggetto in comporre questo Libro. Ho 4procurato di schivare la grande spesa, e di addattarmi ad un metodo semplice, e proprio, lasciando in disparte ciò, che pareva fatto solamente per le cucine de’ più opulenti, se il gusto vi perde alcuna cosa, la sanità all’incontro ne riceverà un notabile giovamento. Sovvengavi, che questo Libro non esce da un’Accademia, ma bensì da una Cucina; non propongo regole di ben dire, ma di ben condire. Vivete felici.


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DOVERI DEL MASTRO DI CASA


I doveri d’un Mastro di casa, per essere bene adempiuti, dimandano cure molte seriose. Le prime, e principali risguardano la spesa generale, che si fa giornalmente in una casa, secondo l’ordine, ch’egli riceve dal padrone, cui serve.
Per esser buon Mastro di casa, bisogna essere stato buon capo di cucina, o confetturiere: quest’articolo gli porgerà assai lume, per renderlo perfetto nella sua carica. Dee essere ben informato, e capace di stabilire, o mantenere, il buon ordine nella casa.
Allorché entra nella sua carica, dee formarsi un piano generale di tutto ciò, di cui è incaricato dal suo signore, e dee seguire gli ordini di lui. Dee intendersela col suo capo di cucina, e somministrargli tutte le cose necessarie; e col confetturiere similmente; e per fine render conto di tutto al Padrone, affinché lo segni; il qual conto conserverà egli con tutta la cura, per rappresentarlo al bisogno.
Appartiene al Mastro di casa lo scegliere buoni cuochi, e confetturieri, e altresì buoni negozianti come Droghieri, Pizzicagnoli, ed altri per essere ben fornito di tutto ciò onde avrà bisogno; avendo la facoltà di cangiarli, quando non servon bene, e quando sì gli uni, che gli altri non si trovano 6sufficientemente capaci, o non fanno il lor dovere; in difetto di che egli non può servire il suo signore, come conviensi.
Egli deve por cura a provvedersi di tutto ciò, che è necessario nella casa, e di concedere ciò, che è necessario, ai domestici, senz’affliggergli in alcun modo; guardandosi però di non dare alcuna cosa di troppo a veruno, affinché non si dissipino i beni del padrone.
Tocca a lui il contrattare con qualunque sorta di venditori intorno a ciò, che risguarda la spesa del vitto.
È necessario, che un Mastro di casa s’intenda di vini per la tavola del signore, d’ogni sorta di liquori, e di vino comune, ch’egli comprerà al suo tempo a botti intere, e rimetterà nelle mani del cantiniero, per farne la distribuzione, e rendergliene conto.
Dee intendersi parimenti del pollame, e cacciagione, e delle altre carni sia di bue, e vitello, che di montone: aver cura di far pesare le carni in sua presenza, e tenere piccioli libri di conti con qualunque negoziante. Dee osservare il gran mercato, per sapere il prezzo d’ogni cosa, secondo le stagioni, e quindi prendere giuste misure in vantaggio del suo Padrone.
Deve intendersi altresì d’ogni sorta di pesce sì di mare, che d’acqua dolce, come pure d’ogni spezie di legumi, e frutta. essendo stato buon capo di cucina, o confetturiere, sarà in istato d’adempiere gli uffizi soprammentovati.
7È suo uffizio altresì aver cura del sale, pepe, garofano, nocemoscada, cannella, scorze di citrone verdi, e confettate, zucchero, prugnoli, tartuffi, acciughe olive, aceto, d’ogni sorta di formaggi, e generalmente di tutte le altre cose, di cui è necessario che provveda ogni giorno la cucina, e confetteria.
Avrà cura del vasellame, e farà rinnovare, e racconciare tutto ciò, che è necessario tanto nella confetteria, quanto alla cucina.
Innoltre è necessario, che un Mastro di casa sappia ben divisare una minuta (così detta la lista col nome di tutto quello, che si deve servire ad un pasto; in francese Menus), e regolare i servizi di tutte le diferenti tavole, che piacerà al Padrone di avere; deve altresì conoscere la delicatezza d’ogni sorta di entrée, di zuppe, di salse, arrosti, e tramessi, senza di ciò gli è impossibile il saper formare una minuta nella sua perfezione, che si ricerca; e per quest’effetto bisogna essere stato buon uffiziale di cucina, o confettiere, senza di che, non potrà giammai divisare una minuta eccettoché non ricorra a questi medesimi uffiziali di cucina, o di confettureria.
Quando il Padrone vorrà dare un pasto straordinario, tocca al Mastro di casa il prendere le sue precauzioni, informandosi da’ negozianti di ciò, che vi sarà di più buono, affine di avere quello, che si troverà di più nuovo, e più squisito. Per quest’effetto egli ordinerà agli uffiziali di cucina di visitare il vasellame, e consulterà con 8loro intorno a ciò, che sarà necessario pel convito. Lo stesso farà col confetturiere, a riguardo delle frutta, della quantità de’ piatti d’esse frutta, e delle composte che bisognerà fornire. Formerà un bel piano per la tavola ordinandovi bene tutte le portate, ed osservando le differenti grandezze de’ piatti, e ciò che vi metterà dentro. Si fornirà, il più che gli sarà possibile, di masserizie, ed argenterie, e divisando un bel piano di tavola, farà le sue minute quanto meglio, e più delicatamente potrà; e se sono necessari, per servire, più di quelli che sono al servizio del Padrone, sarà di sua prudenza consultare coi Capi della casa, chi si dovrà prendere, affinché tutto sia ben ordinato, e in nulla si manchi tanto nella cucina, quanto nella confettureria.
Farà sempre mettere i coperti per tempo, avendo cura, che il tutto sia ben ordinato, che la tavola del vasellame, de’ bicchieri, e fiaschi, sia ben guernita, e che i domestici sieno pronti a servire, e non incomodino le persone, che sono a tavola.
Dopo che avrà posto un servizio, si tratterrà per un po’ di tempo presso la tavola, per vedere se alcuno avrà nulla a dire su quel servizio; e se qualcheduno si lamenta d’un piatto, lo dee dire civilmente al capo di cucina che l’avrà fatto, affinché usi più di precauzione un’altra volta; o se sente che altri si mostri soddisfatto di qualch’altro piatto, dee medesimamente avvertire i rispettivi uffiziali, affinché continuino nel medesimo gusto.
9Dopo di che ritornerà alla cucina, farà ordinare l'altro suo servizio. Dipoi il Mastro di casa chiamerà tutti i serventi per levare i piatti, dopo aver dato un colpo d’occhio sopra tutto il servizio, affine di ben osservare la grandezza de’ piatti, grandi, mezzani, o piccioli, e come debbono essere collocati sulla tavola; imperciocché non c’è cosa più spiacevole, che vedere un servizio imbrogliato, confuso, o mal disposto, cosa che guasta tutto il servizio, e non fa onore né al Mastro di casa, né agli altri uffiziali.
Dopo l’ultimo servizio di cucina, il Mastro di casa anderà a vedere le frutta nella confettureria, e le farà ordinare sopra una tavola della stessa maniera, o somigliante a quella, con cui dee essere posta alla tavola del Signore, affine di ben osservare ove collocherà i piatti di frutta, di composte, ed altri, e per mettere in tavola le frutta, leverà generalmente tutto ciò, ch’è sulla tavola, e la tovaglia di sopra. Prima di mettere il primo piatto di frutta, e dopo che avrà servito di tutto, resterà un momento per sapere se niuno avrà cosa a ridirgli sopra le frutta. Dipoi anderà alla cucina ad osservare quello che fu levato da tavola, e se v’è cosa che possa servire una seconda volta, e ordinerà al capo di cucina di farla distribuire alle tavole, che debbono essere fornite dopo quella del Padrone.
Quando si vorrà dare un pasto regolato, bisogna aver risguardo al numero delle persone, per collocare i coperti, e alla qualità delle vivande, per ben ordinarle, affine di schivare la vicinanza di due piatti della 10medesima maniera, senza intrametterne uno d’altra spezie; perciocché altrimenti riuscirebbe di mala grazia, e potrebbe sforzare il gusto di qualche convitato, non amando tutti la medesima vivanda. Cosa è questa, che arriva sovente ne’ gran pasti.
Conviene altresì osservare la forma della tavola per la disposizione de’ piatti, e de’ coperti, affinché vi sia un ordine tale, che ciascuno possa prendere ciò, che converrà al suo gusto, e acciocché coloro, che serviranno, non patiscano disagio in cosa alcuna, né incomodino persona servendo, o disservendo; il che è cosa assai spiacevole, e che nulladimeno arriva pur troppo sovente, allorché non si prendono le dovute precauzioni. Per questo non si possono mai prendere troppe misure per siffatte disposizioni, e spesso i più esperti mancano per difetto d’attenzione, o per non voler prendere persone in loro aiuto. Spesse volte un Mastro di casa, che serve una tavola di dieci, o dodici coperti, si crede molto esperto, e valente. Per avere questa richiesta qualità, convien saperla lavorare ordinarla eseguirla; allora si potrà dire che è un principio; e che arriverà ad essere uno de’ gran Mastri di casa. Se i Signori, che tengan tavole, o che vogliono avere case regolate, facessero scelta d’un uomo di nota, ed esperimentata capacità, dolcezza, prudenza, probità, e fedeltà, d’un uomo sopra tutto, che sia passato, per così dire, per tutti gl’impieghi, coi quali ha rapporto quello, che gli si vuol conferire, e che non potrebbe adempiere degnamente, senza una somma, e perfetta 11cognizione de’ primi, allora si eviteranno mille inconvenienti, che arrivano giornalmente nelle case, dove si affida le più volte un impiego di tanta importanza, e conseguenza a persone di poca esperienza; inconvenienti in vero che son pur troppo frequenti, ed a’ quali non si potrebbe in altra maniera rimediare, che per via d’una buona scelta da principio.

SPIEGAZIONE PER ORDINE ALFABETICO
Di vari utensili di cucina, e di credenza

Braggiera è un vaso di rame un po’ lungo, ed alto con anse ad ambi i lati, e con coperchio di bordo volto all’insù per mettervi sopra del fuoco.
Cafettiera è un vaso, in cui si mette il caffè per farlo cuocere, e poscia servirlo.
Campana, mobile di credenza, che ha più significati. Si dice campana il cristallo del biscotto, che si soffia; il coperchio del compostiere di cristallo. Si chiama eziandio campana in termine di credenza uno stromento fatto a guisa di forno di campagna per cuocervi le composte, ed altri frutti.
Casseruola, e coperchio. Delle casseruole ve ne sono col manico, e delle rotonde, di varie grandezze. I loro coperchi devono essere di rame bene stagnato come le casseruole. Quelli, che usano coperchi di ferro, o di latta, rischiano di guastare i loro intingoli, perché essi sono soggetti ad irruginirsi essendoché il fumo degl’intingoli, che 12si forma in acqua, ricade sopra gl’istessi.
compostiera. Ve ne sono di parecchie maniere, di porcellana, d’argento, e di cristallo; ed è a guisa di picciol catino un poco profondo, e della grandezza d’una picciola assietta, in cui si serve ogni sorta di frutti messi in composta. Le compostiere di cristallo deono avere il coperchio, e sarebbe necessario, e più proprio coprire tutte le compostiere con campana, o coperchio di cristallo, quando si serve a tavola.
Coltelli ve n’ha di varia sorta. Coltelli da tavola, da cucina, questi devono esser grossi per abbattere; mezzani pel travaglio ordinario, e piccoli, e fini per tagliar i filetti. I taglia-lardi sono coltelli sottili, e lunghi dieci, o dodici polici. I coltelli per tricolare sono grandi comuni lunghi nel baso, con un grosso manico. Quelli di credenza sono coltelli ordinari, il di cui taglio deve esser diritto, di lunghezza di tre polici. I coltelli per le paste hanno la lamina diritta, e molto sottile dalle due coste.
Cucchiaro, ve ne sono di molte sorta, come cucchiaro da bocca, da intingoli, da zuppa, da olive, e questi sono forati, da zuccaro, che hanno un becco. Quelli per la cucina sono i cucchiai da marmita formati di rame sostagnato; ed i pertugiati per togliere il grasso, e la schiuma, lasciandogli sgocciolare infin che si vuole, ve ne sono anche dei formati di legno grandi, mezzani, e piccoli. Gli uni servono per passare i sughi, gli altri per disfare i rossi, e formare le salse.
13cioccolatiera è specie di caffettiera, per far il cioccolatte, in mezzo al coperchio della quale v’ha un buco, per cui passa il manico del frugone ossia mulinello.
Forno ve n’ha di due sorta, il murato, e quel di campagna. Questo è fatto di lamine di ferro, o di rame. L’uno, e l’altro servono per la medesima cosa; ma il murato è sempre migliore. Per servirsi con buon esito del forno murato bisogna egualmente scaldarlo, nettarlo, ed aspettare che il calore sia al grado che si desidera. Si tenga chiuso, acciocché ritenga il suo calore egualmente. Il forno di campagna si scalda mettendovi del fuoco di sotto, e di sopra la quantità che abbisogna per cuocere ciò, che vi è dentro osservisi che non sia sovverchia, perché essendo questo forno di ferro, o di rame, è soggetto ad infuocarsi, e così potrebbe mandar in malora tutto il contenuto.
Forma è quello stromento, in cui sta impressa la figura di ciò, che si vuol improntare. Quelle di cucina, che sono per i piccoli pasticci, e differenti vivande di pasta fogliata, sono di rame, e di latta, o lamiera di ferro bianco, i quali servono a tagliar la pasta per piccoli pasticci; quelli di credenza sono di carta, di piombo, di latta, o di gesso.
Frutteria ossia serbatoio è una camera ben chiusa con impanate doppie, e guernita di tavole per ordinare, e conservare i frutti.
Gira-arrosto ve n’ha dei grandi, dei mezzani, e dei piccoli, sono quasi sempre 14proporzionati all’ordinario delle case. Quando si vuol ugnere, o ingrassare, si freghi prima con uno straccio, e poi si unga con olio.
Graticola stromento di cucina, sopra il quale s’arrostiscono carne, pesce, e simili. Ve ne sono di varie grandezze. Per nettarle bisogna farle scaldare, e quindi nettarle con uno straccio.
Grattugia, arnese fatto di piastra di ferro, o simili, bucata, e ronchiosa da una banda, dalla quale vi si frega la cosa che si vuol grattugiare.
Lardaiuola ve n’ha di grosse, che sono di legno, o di rame. Le grosse servono per metter dei pezzi di lardo nelle vivande, che si van preparando; e ve n’ha anche di piccole, che sono di rame, e queste sono doppie, o semplici. Le prime sono migliori. Ve ne sono di varie grossezze secondo la qualità dell’uccellame, o pollame, che si vuol piccare di lardo.
Marmitta ve n’ha di molte grandezze. Alcune sono di rame. Ma i Cittadini si servono d’ordinario di quelle di terra cotta, o di pietra dolce; e queste sono le migliori per i brodi. Bisogna osservare, che le marmitte di rame, come le casseruole, siano sempre ben stagnate, e per così conservarle non bisogna strofinarle di dentro. Se il grasso non si può levar bene, fa d’uopo lasciarle immerse nell’acqua calda; ma se l’untume fosse molto attaccato, e perciò bisognasse strofinarle, convien prendere della cenere molto fina, e leggermente fregarle.
15Molino a caffè mobile di credenza nel quale si macina il caffè abbruciato.
Mortaio suol essere quest’arnese di marmo, di legno, di bronzo, o di ottone, questi debbono avere il pestello del medesimo minerale oppure di ferro, quei di marmo sono i migliori. Il pestello dev’essere di busso, o d’altro simile legno.
Opianatoio, bastone grosso, e ritondo, con cui s’affina la pasta.
Padella. Quelle di cucina sono di ferro con gran manico. Ve ne sono di varie grandezze. Quelle da frittata son piccoline. Non bisogna mai strofinarle. Per pulire vi si metta dentro un poco di butiro, o di grasso, facendolo scaldare finché la fiamma vi si appicchi, quando la fiamma sarà estinta, si getti dentro un poco di sale, volgendo subito il capo, acciocché il sale scoppiando non vi salti negli occhi, e nettate subito con uno straccio fortemente. Vi sono delle padelle da friggere molto grandi. Le padelle a fornello hanno il manico corto. Quelle della credenza sono di rame con due manichi, e d’ogni sorta di grandezza.
Piatti ve n’ha d’argento, di maiolica, di stagno, e di terra cotta. I più in uso son quei d’argento, e di maiolica. La loro grandezza è diversa secondo il diverso uso. I piatti a zuppa sono d’ordinario grandi, più, o meno. Quelli a hors-d’oeuvre, sono un po’ più grandi che un’assietta. Quelli d’entrées sono più grandi di quelli a hors-d’oeuvre. I piatti di relevée sono più grandi di quei d’entrées. I piatti d’arrosto sono più, o meno grandi. Quelli di tramesso sono come quelli a hors-d’oeuvre.
16Poessonière vaso lungo di rame stagnato, che ha nel fondo una foglia forata con due manichi per cavar fuori il pesce senza guastarlo.
Plafon gran piatto di rame stagnato con piccol bordo per far cuocer nel forno, ciò che si vuole.
Schiumora. Sono di rame di varie grandezze per la cucina, e la credenza. Quelle per levare la frittura sono pure di rame ma più lunghe che larghe. Possono anch’essere di lamiera di ferro sustagnata.
Stufa è un armario, o gabinetto murato, guernito di asse con alcuna distanza tra gli uni, e gli altri, acciocché il calore del fuoco possa penetrare dapertutto. Si aumenta, e si diminuisce il fuoco giusta il bisogno.
Stamigna è una stoffa di pello di capra lunga un raso, e mezzo, che serve a passare i sughi, le salse, e siroppi, le acque, e tutto ciò che è liquido. Quelle di cucina sono di crine, di seta, e di canape. Questi servono a passar il brodo, quando si vuol che vi passi il grasso. Quelle di credenza sono soltanto di crine, e più grandi di quelle di cucina.
Spiedo è un’asta di ferro, che serve per far cuocere l’arrosto, ve n’ha di molte sorta. Per tenerli più politi bisogna aver cura di nettargli, mentre son caldi, allorché si ritira la vivanda dal fuoco, e nuovamente nettargli prima di mettergli in uso.
Spatola è un pezzo di legno, col quale si volgono le marmelate. Può anch’essere d’ottone, o d’altro minerale.
17Siringa è un mobile di credenza, col quale si arriccia la pasta d’ogni qualità, il butiro, la giuncata, ed altro simile per darle altra figura.
Timbale sono certe sorta di tazze di rame stagnato, che servono per diversi tramezzi della tavola.
Treppié son certi ferri di forma triangolare, e con tre piedi. I più alti sono di quattro polici, e servono per la cucina onde riporvi sopra le marmite, le casseruole, e le pentole, sotto le quali si mette il fuoco; e servono ancora per dar aria al medesimo.
Tamburro è un arnese di credenza, in cui vi sono due stamigne, una di crine, e l’altra di seta per passarvi il zuccaro, e renderlo finissimo.
Tortiera. Piatto di rame stagnato per far cuocere le torte al forno.

Tolla.



18
Instruzione sopra ciò, che la provida natura abbondantemente produce per la nostra sussistenza in tutto il corso dell’anno.
NELLA PRIMAVERA.


Io seguirò l’ordine delle stagioni; e comincierò per la Primavera, che comprende Marzo, Aprile, e Maggio. Se questa parte dell’anno è per noi la più grata, e piacevole; all’incontro è la stagione la più infeconda, ed ingrata in pollame, ucellame, legumi, e frutti.
Io punto non parlerò del bue, poiché ve n’ha d’ogni stagione. Il vitello da latte preso sotto alla madre. Il buon montone si trova buono sino al mese di Giugno. L’agnello da latte, li pollastri grassi, le pollarde, e pollastrini, gli anitrini, i polli d’india, li grossi piccioni, e quelli di colombaia, li paperi, ed oche.
In Selvaggiume.
Vi sono i leprotti, ed i conigli piccoli.
In Cacciagione.
I piccoli cinghiali, il capriuolo, il capretto.
In Pesci d’acqua dolce.
Noi abbiamo la trota, la lotta, il gambero, il carpione, l’anguilla, il luccio, la tenca. Il pesce persico non è buono in 19Aprile, e Maggio, perché allora va in frega.
In Pesci di mare.
Per novità si può avere lo storione, e le maquereau: nel resto de’ pesci come nell’Inverno.
In erbaggi, e Legumi.
Noi abbiamo ancora le produzioni, che la terra ci somministra, come sono li carciofi, gli sparagi verdi, i boleti sorta di fungo, le spungole altra sorta di fungo, i piccoli piselli, i cardi, e le scorsonarie.
In erbe da far minestra.
Abbiamo li spinaci ancor teneri, le lattughe, le rape, l’acetosa, il cerfoglio.
In frutta.
Quando la stagione è buona, abbiamo gli albicocchi verdi, le amandole verdi, le fragole, le cirieggie primaticce, e l’uva spina.

Articiocchi.

NELL’ESTATE


Noi entriamo nell’Estate, il quale comprende Giugno, Luglio, ed Agosto, per godere delle produzioni, che la natura ha messo nella loro maturità, e che ci ha preparate nella Primavera.
La carne di bue, e di vitello si ha come nella primavera.
20In Pollame.
Noi abbiamo ogni sorta di buon pollastro, i polli d’india comuni, la polastra novella; verso il fine dell’Estate il capone, l’anitrino, per antipasto i paperi, e le anitre, i piccioni d’ogni sorta.
In Cacciagione.
Si ha il capretto, il capro, il cinghiale, ed il cinghialeto giovane, ed il cerviato.
In Selvagina a pello.
Abbiamo i leprotti, ed i conigli.
In Selvagina.
Si ha la quaglia, la quaglietta, il perniciotto rosso, e griggio, il piccione, la tortorella, il fagiano d’acqua; verso il fine dell’Estate il tordo, il beccafico, e ogni genere d’uccello grasso.
Dei Pesci di mare.
In questa stagione vi si trova poco buon pesce di mare eccettuata la moluva piccola.
In Pesci d’acqua dolce.
Si ha il carpione, il pesce persico, la trota di mare, e di acqua.
In Legumi, ed erbaggi.
Si ha i piccoli piselli, i fagiuoli verdi, le fave, i cocomeri, i cavoli fiori.
In erbe da far minestra.
Si ha delle lattughe, dei cavoli, delle 21radici tenere, delle cipolle, dei porri, delle porcellane, della cicorea bianca, del cerfoglio, della menta, delle cipolette, della sasifragia.
In frutta.
Si ha persici, e prune d’ogni specie, albicocchi, fichi, grafioni, e cirieggie tardive, ribes, more, meloni, e pera.

NELL’AUTUNNO


L’autunno, che comprende i mesi di Settembre ottobre, e Novembre, ci somministra abbastanza tutto ciò, che si può desiderare per le delizie della tavola, per mezzo della raccolta dei vini, e dei frutti d’accino d’ogni sorta, per la bontà del pollame, e la varietà d’ogni sorta di uccellame, e cacciagione, e per i pesci d’acqua dolce, e di mare.
In Carne di beccaria.
Si ha il vitello, il buon montone, il porco fresco.
In Pollame.
Si ha ogni sorte di buoni pollastri, e pollarde, e caponi; ogni sorta di piccioni, e galline, noi abbiamo ancora i galli d’india, le oche grasse, gli anitrini, e le anitre.
In Selvaggina, e Cacciagione.
Si ha il capretto, il daino d’un anno, il cinghiale maschio, e femmina, il cinghialetto, il cerviato, il leprotto, ed il coniglio.
22In Selvaggiume minuto.
Si ha la pernice, la becaccia, buona nel freddo, e la becaccina, la pollastra selvatica, il becafico, i piccieri dorati, le anitre selvatiche, le canelle, ed altri uccelli volatili.In Pesci d’acqua dolce.
Si ha l’anguilla, la trota, la tenca, i gamberi, le persiche, il luccio, il carpione, il rombo, il picciolo barbio, il cefalo.
In Pesci di mare.
Si ha lo storione, il salmone, il rombo, il picciolo rombo, la sogliola, il grosso, ed il piccolo passerino, le trote, l’asello, le aringhe fresche, le ostriche verdi, e bianche, le sardelle, il tonno, e le acciughe.
In legumi, ed erbaggi. Si ha dei carcioffi, dei cavoli fiori, dei cardi, spinacci, cavoli d’ogni sorta, porri, scelleri, cipolle, rape, cicoria bianca, e selvatica, lattuca romana, ed ogni sorta di piccol’erba.
In frutti.
Uva d’ogni qualità, peri, pomi, fichi olive, noci, nocivole, castagne, ed ogni sorta di frutti secchi, e confettati nell’estate.

NELL’INVERNO


L’Inverno, che abbraccia i mesi di Dicembre, Gennaio, e Febbraio, 23conferisce molto coll’autunno per le provisioni, ed abbondanza di tutto ciò ch’esso ci ha somministrato per il nostro vitto; come pane, vino, legumi, ed ogni sorta di frutti, carne, pollame, uccellame, e pesci.

INSTRUZIONE PER CIASCHEDUNA STAGIONE.


Ella servirà anche per regolare i servizi. Si aumenterà, e diminuirà secondo le occasioni, e spesa, che si vorrà fare.


36INDICE DE’ CAPITOLI


Capitolo I. Delle Zuppe, e Minestre.
Capitolo II. Del trinciare le carni.
Capitolo III. Del Bue.
Capitolo IV. Del Vitello.
Capitolo V. Del Porco.
Capitolo VI. Del Montone.
Capitolo VII. Dell’Agnello.
Capitolo VIII. Del Pollame.
Capitolo IX. Della Cacciagione.
Capitolo X. De’ Pesci di mare. De’ pesci d’acqua dolce.
Capitolo XI. De’ Legumi, ed erbaggi.
Capitolo XII. Delle Uova.
Capitolo XIII . Del Butiro, latte, e formaggio.
Capitolo XIV. Delle Spezierie, ed altri condimenti.
Capitolo XV. Delle Creme.
Capitolo XVI . Delle Fritelle, o Begnette.
Capitolo XVII. Della Pasticcieria.
Capitolo XVIII. Degl’Intingoli.
Capitolo XIX. Delle Rostite.
Capitolo XX. Delle Salse.
Capitolo XXII. Della Frutta.
Capitolo XXII. Delle Bevande.
Capitolo XXIII. Delle Composte.
Capitolo XXIV. Delle Confetture, e Marmellate.
Capitolo XXV. De’ Siropi.
Capitolo XXVI. Delle Conserve.
Capitolo XXVII. De’ Frutti all’acquavita, e Ratafia.
Capitolo XXVIII. De’ Frutti, e formaggio al ghiaccio.
Capitolo XXIX. De’ Biscottini, e Marzapani.

37CAPITOLO I.
DELLE ZUPPE, E MINESTRE

Ristretto generale per Ogni sorta di minestra, e zuppa


Prendete della carne la più fresca, e la più sana, affine che dia più gusto al vostro brodo, la più sugosa è la culotta, il mezzo della gamba del bue, il basso della costa. I pezzi i più propri a servire sopra la tavola sono la culotta, ed il petto del bue, bisogna guardarsi dal mettere del vitello nei vostri brodi, fuorché per cagione di malattia: bene schiumata la vostra carne salarete il brodo, e metterete nella pignatta ogni sorta di ortaggi ben mondati, e lavati, come sceleri, cipollette, carotte, porri, cavoli, e farete bollire lentamente il vostro brodo insino a tanto che si conosca essere cotta la carne, in seguito lo colarete in una stamigna, o in un panno lino, bisogna lasciar riposare il brodo per 38servirvene nei bisogni. Per un pezzo di bue di sei libre vi vogliono sei ore di cottura, e otto per uno di dodici, o quattordici libre. Procurate di legare gli ortaggi per poterli ritirare intieri, per servirvene ad ornare le minestre.

zuppa di cavoli.


Prenderete la metà d’un cavolo, e lo farete imbianchire con un piccol pezzo di lardo tagliato in fette vicino alla cottica, legate il tutto a parte, e fatteli cuocere ancor a parte in una piccola pignatta col brodo qui sopra spiegato per quattro ore, quando il vostro cavolo, e lardo saranno cotti, fate mittonare la zuppa col medesimo brodo, e delle croste di pane, servirete i cavoli attorno alla zuppa col lardo, avrete cura di salar pochissimo il brodo per cagione del lardo. Le zuppe di radici, di rape, si fanno nella stessa maniera, il scelero imbianchirlo più lungo tempo.

zuppa di zucca.


Voi prenderete più, o meno di zucca, secondo la quantità di zuppa che vorrete fare, prenderete per una pinta di latte un quarto di zucca mezzana: tagliatele via la scorza, e la parte vicina alla semente, e poi tagliatela in piccoli pezzi, e mettetela a cuocere in una pignatta con acqua per lo spazio di due ore insino a tanto che sia ridotta in gelatina, e perché non vi resti più acqua, mettetevi un pezzo di buttiro grosso come un uovo, ed un poco di sale, fattela bollire ancora un poco; 39poscia fate bollire una pinta di latte, ed ivi mettetevi del zucchero a sufficienza; versate il latte nella zucca, prendete il piatto che dovete servire, ed accomodatevi del pane tagliato in fette, e bagnatelo con un poco del vostro brodo di zucca. Coprite il piatto, e mettetelo sopra un poco di cenere calda, per lo spazio d’un quarto d’ora per dar tempo al pane d’inzupparsi, ma non lasciatelo bollire; quando voi servirete in tavola, mettetegli il resto del brodo ben caldo.

zuppa di latte.


Prendete una pinta di latte, e fatelo bollire con due, o tre grani di sale, un poco di zucchero, tagliate il pane in fette, ed aggiustatelo nel piatto che voi dovete servire, versategli una parte del latte per il pane, tenendolo sopra la cenere calda senza che bolla; coprite il piatto, e quando sarete vicino a servire, metterete cinque rossi d’uova nel resto del latte che stemprerete insieme. Mettetelo sopra il fuoco maneggiandolo sempre, e quando vedrete che il latte si comincierà condensare, levatelo prontamente perché è segno che li uovi sono cotti.
Se poi volete fare una zuppa di latte migliore, prendete tre boccali di latte facendolo bollire con una piccola scorza di cittrone verde, un poco di coriandro, un pezzetto di canella, due o tre grani di sale, e tre oncie in circa di zucchero insino a tanto che sia ridotto a metà, passatelo in appresso per la stamigna; il resto fate come per quella di zucca.

40
zuppa magra in varie maniere.


Prendete l’erbaggio secondo la minestra che vorrete fare, come cipollette, radici, rape, cavoli, scelleri, i quali devono servire d’ornamento delle vostre zuppe: tagliatelo, e fatelo imbianchire nell’acqua bollente per un quarto d’ora, dipoi lo metterete a cuocere con un pezzo di butiro, acqua, e sale; mentre che cuoce mettete in una casseruola un pezzo di butiro con cipolla, carotta, l’occhio del scellero, il tutto tagliato in piccoli pezzi; un bacello d’aglio, una foglia di lauro, timo, basilicò, tre garofani, prensemolo, e cipollette: guardatevi di non mettere nella casseruola l’erbaggio di cui volete ornare la zuppa, perché quello che voi fate cuocere a parte è sufficiente per darle gusto. Passate tutti questi erbaggi sopra il fuoco volgendoli, e rivolgendoli di tempo in tempo per lo spazio d’un’ora e mezza insino a che sieno cotti, e coloriti; inoltre aggiugnetevi dell’acqua facendola bollire una mezz’ora con gli erbaggi; con questo avrete un brodo d’un bel colore, e di un buon gusto: passatelo poscia in una stamigna, e mettetelo nella pignatta ove vi sarà l’erbaggio, che deve servire per ornare la zuppa; quando sarà cotta, ed il brodo condito, prendetene per far mittonare la zuppa in una casseruola, o nel piatto, che voi dovete servire, mettete sopra i bordi di piccoli fili di mollica di pane della lunghezza d’un palmo, immergeteli un poco di bianco d’uovo mettendo il piatto sopra il fuoco per farne attaccare i fili, 41mettetevi in appresso l’ornamento di erbaggi aggiustato propriamente, preparate la vostra minestra, e servitela. Se volete servire la minestra in un piatto in forma di vascello, non fatele alcun ornamento, mettete semplicemente l’erbaggio sopra la minestra preparata.

zuppa magra di cipolle.


Tagliate in piccole fette una donzina di cipolle mezzane, mettetele in una casseruola con un pezzo di butiro, tenetele al fuoco un’ora e mezza, volgendole di tanto in tanto insino a che sieno cotte, e colorite egualmente, bagnatele con un po’ d’acqua, o brodo magro, se voi ne avete, con sale, e pepe rotto, facendole dare alcun bollo, poscia gli metterete del pane per far mittonare al solito la vostra zuppa.
Se volete fare una zuppa di latte colle cipolle, mettetene un po’ meno, tenetele al fuoco con butiro, insino che sieno cotte, senza però essere colorite, poscia fate bollire del latte, e mettetelo colle cipolle condite di sale; e poi mettete del pane tagliato nel piatto che dovete servire, con una parte del vostro brodo, copritelo, e lasciatelo sopra un po’ di cenere calda, quando il pane sarà bene inzuppato, mettetegli l’avanzo del brodo, e servite.

Minestra di castagne in grasso, ed in magro


Per fare una minestra di castagne in magro metterete in una casseruola un pezzo di butiro con tre cipolle tagliate in fette, 42una carotta, un occhio di scellero, e tre porri, il tutto tagliato in piccoli pezzi, un mezzo bacello d’aglio, due garofani, mettete tutto al fuoco, finché sia un po’ colorito, bagnate con acqua facendo bollire per un’ora, colate il brodo per la stamigna, aggiungendovi sale, poi prendete un centinaio di castagne di quelle marroni, oppure di quelle grosse, levategli la prima scorza, mettendole al fuoco in una padela pertuggiata, maneggiandola sempre finché si possa levare la seconda scorza, quando saranno ben mondate fatele cuocere con una parte del brodo, in appresso sciegliete quelle che sono intiere per ornamento della minestra, e le altre le pestarete, e passerete per una stamigna facendone un sugo colato, che bagnerete col brodo che si adoperò per farle cuocere; fate mittonare la minestra col brodo di erbaggi, e quando servirete mettetegli il sugo delli marroni. La minestra grassa si può fare nella stessa maniera, mettendo in luogo del brodo magro il grasso.

Minestra di sparagi col sugo di piselli in grasso, ed in magro


Per fare una minestra in magro farete un brodo di erbaggi come il precedente, dopo d’averlo passato per la stamigna prendetene una parte per far cuocere una libra di piselli verdi, prendete degli sparagi mezzani quanti basteranno ad ornare la minestra; tagliateli della lunghezza di tre dita, fategli imbianchire all’acqua bollente, mettendoli dopo in acqua fresca, fattegli sgocciollare, e poi legategli in piccoli pacchetti. 43Tagliate un poco il fine della punta, mettendogli a cuocere coi piselli, e quando saranno cotti estraetene il sugo; mittonate la minestra col brodo di erbaggi, fate un ornamento sopra il bordo del piatto con gli sparagi, e servendo mettete il sugo dei piselli. La minestra in grasso si fa nello stesso modo, mettendogli in luogo del magro un buon brodo grasso.

zuppa al formaggio in grasso, ed in magro


In magro voi farete un brodo di erbaggi come sopra: abbiate attenzione che per questa zuppa vi sono necessari più cavoli che altri erbaggi. Quando sarà terminato, e passato alla stamigna, mettetegli un poco di sale; prendete il piatto che dovete servire, il quale metterete al fuoco, poscia prendete una mezza libra di formaggio Piacentino, o d’Aosta, raschiatene la metà, e tagliando il resto in piccole fette mettete un po’ di formaggio raschiato nel fondo del piatto con alcuni piccoli pezzi di butiro, coprite con pane tagliato fino, inoltre voi metterete una coperta di formaggio tagliato, dopo un’altra di pane da coprirsi con formaggio raschiato; rimettete un coperto di pane, e finirete con il formaggio tagliato, e con pezzetti di butiro: bagnate con parte del vostro brodo, facendo cuocer a fuoco lento insino a che vi sia una piccola crosta al fondo del piatto, e non vi resti più brodo; prima di servire rimettetegli un po’ di brodo, e pepe rotto. Questa zuppa in grasso voi la farete nella 44medesima maniera, servendovi di brodo grasso di cavoli: non ischiumate troppo il brodo, e non mettetevi butiro.

zuppa di croste di pane al sugo delle lenti


Prendete delle lenti, secondo la quantità della zuppa, mondate, e lavate, fatele cuocere con buon brodo; quando saranno cotte, passatele per la stamigna, condite il vostro sugo di buon gusto, prendete un piatto con croste di pane, bagnatele con brodo ben grasso, fatele cuocer a fuoco lento fino a che si attacchi un poco al fondo del piatto; sgocciolate il grasso che resta nel piatto, e servite di sopra col sugo di lenti.

Da' Francesi detto coulis

zuppa di croste di pane al sugo de’ piselli


Fate cuocere una libra di grossi piselli verdi con un poco di prezzemolo, con fusti di cipolette, e del brodo per un’ora e mezza, poscia pestategli, e passategli alla stamigna estraendone il sugo che voi condirete di buon gusto, e terminerete la vostra zuppa come la precedente. Se i piselli per sorte fossero secchi, mettetene solamente una mezza libra, e tre ore di cottura. Per rendergli verdi colandoli, aggiugnetegli alquanti spinaci cotti nell’acqua per mezz’ora, ben premuti, e passati quanto i piselli.

45
Ornamento da zuppa di cipolle


Fate imbianchire le cipolle, tagliate loro la prima scorza, fatele cuocere a parte in una piccola pignatta, e quando saranno cotte, ornatene il bordo del piatto, che dovete servire la zuppa. Per farle stare sul bordo mettetegli dei fili di pane bagnato nel bianco d’uovo; porrete il piatto un poco sopra il fuoco, affinché il pane s’attacchi; e questi fili vi serviranno per ornare qualunque altra minestra.

zuppa di cocomeri


Dopo d’aver tagliato con proprietà i cocomeri, fatteli cuocere in una piccola pignatta con buon brodo, e sugo di vitello per colorirli: quando saranno cotti, mittonate la zuppa con il loro brodo; conditela di sale, e servitela ornata de’ cocomeri.

Minestra di riso


Prendete una libra di riso più o meno, secondo la quantità di minestra che volete fare, lavatelo nell’acqua tepida fregandolo colle mani, fatelo cuocere con buon brodo, e sugo di vitello, e quando sarà cotto, levategli il grasso, assaggiate se è condito abbastanza, servite né troppo consistente, né troppo liquido.

zuppa d’erbe


Mettete in una piccola pignatta ogni sorta d’erbe ben mondate, e lavate, con una carottola tagliata in piccole fette. Le erbe sono accettosa, lattuga, cerfoglio, 46porcelane, un poco di scellero tagliato in fili; fate cuocere il tutto con buon brodo, e un poco di sugo di vitello; quando saranno cotte, e salate, mittonate la zuppa, e servite al naturale le erbe nella zuppa senza ornamento.


[Minestre di carne]

Voi potete volendo fornir le minestre di qualunque carne, come capponi, pollastri, piccioni, pernici, ecc.
La maniera di farli cuocere è la stessa. Bisogna a tutti aggiustare le gambe nel corpo, e farli cuocere quanto basti nella stessa pignatta, perché il volatile troppo cotto non è stimato, e per conoscer quando è cotto abbastanza bisogna toccarlo, se piega sotto le dita è buono a servire. Voi potete servire il pollame nel mezzo delle minestre, o in un piatto a hors d’oeuvre, ossia fuori d’ordine; con un poco di brodo, e grosso sale sopra, secondo il genio del padrone: quelli che si serviranno di sugo nella minestra debbono preferire quello di vitello a quel di bue, perché il vitello è rinfrescante, e più leggero quando è fatto con diligenza.

zuppa per la primavera in magro


Mettete in una pignatta una libra di piselli verdi, cerefoglio, porcellane, lattuga, accetosa, tre o quattro cipolle, un poco di prezzemolo, e un pezzo di butiro, fate bollire il tutto insieme passandolo in sugo chiaro, fate cuocere dolcemente la zuppa con tre quarti di questo brodo, e con ciò che vi resta stemprate sei rossi d’uova che 47farete unire al fuoco, e metterete nella zuppa quando sarete pressi a servire, dopo aver assaggiato se è ben condita.

Minestra di riso al sugo di lenti in magro


Farete un brodo magro con ogni sorta di erbe cioè radici, cavoli, rape, cipolle, scelleri, porri, il tutto a proporzione della loro forza; una mezza libra di piselli: voi metterete a parte in una piccola pignatta una mezza libra di lenti, che farete cuocere con questo brodo; quando saranno cotte ne estrarete il sugo; prendete poscia una mezza libra di riso, dopo averlo ben lavato, fattelo cuocere in una pignattina con un pezzo di butiro, ed il vostro brodo magro; quando è cotto, e condito come bisogna, mettetegli il sugo di lenti, e procurate che la vostra minestra non sia troppo consistente.

zuppa al latte d’amandole


Prendete una mezza libra d’amandole dolci, le quali metterete al fuoco nell’acqua quando è vicina a bollire, ritirate subito le vostre amandole per toglier loro la pelle gettandole a misura che sono pellate nell’acqua fresca, poscia asciugate che sono, pestatele in un mortaio di pietra, bagnandole di tanto in tanto d'un cucchiaio d’acqua, per timore che non si riducano in olio; mettete in una casseruola una pinta d’acqua, un poco di zuccaro, pochissimo sale, e canella, corriandro un sesto di citrone, fate bollire quest'acqua col resto al 48fuoco circa un quarto d’ora, e servitevi per passare le vostre amandole in un panno lino premendolo spesso con un cucchiaio di legno; prendete poscia il piatto che dovete servire, e mettetegli sopra del pane tagliato, e secco, e versatevi il latte d’amandole più caldo che potrete; se volete il latte d’amandole più semplice, passatelo semplicemente all’acqua fresca, e mettetegli il zucchero, e poco sale.

zuppa all'acqua


Prendete una pignatta contenente circa tre pinte, mettetegli un quarto di cavolo, quattro radici, due carotte, sei cipolle, un occhio di scellero, un poco di prezzemolo, tre o quattro rape; fate un pacchetto con accettosa, bietola, e cerefoglio, legati bene assieme; una mezza libra di piselli, che inviluperete in un panno lino, fate bollire il tutto insieme per tre ore, passate in seguito questo brodo in una stamigna, e fate cuocer dolcemente la vostra zuppa dopo avergli messo nel brodo del sale abbastanza, voi guernirete la zuppa con l’erbe che sono nella pignatta, e vi regolerete a mettere più o meno di erbaggi secondo la quantità del brodo che volete fare.

zuppa alla vierge

[zuppa alla vierge.]


Vi servirete d’un brodo ordinario, come è spiegato in principio di questo capitolo, e prenderete il più grasso di questo brodo un boccale incirca, poi fatelo bollire un poco sul fuoco con mollica di pane della grossezza d’un uovo; prendete del bianco 49di pollame arrostito, lo pestarete ben fino in un mortaio, con poche amandole dolci, e sei rossi d’uova induriti; essendo il tutto ben pesto mettetegli il brodo con la mollica di pane, e passate il tutto per una stamigna, aggiungendogli un quartino di crema, o un mezzo quartino di latte; dopo averlo ben condito lo terrete caldo nel bagno maria; fate in seguito la vostra zuppa con delle fette di pane, e un poco di brodo, quando siete presti a servire, mettetegli il sugo ben caldo nella zuppa senza farlo bollire per timore che si congeli.


[Minestra all’issu d’agnello]

La minestra all’issu d’agnello si fa nella medesima maniera eccetto che farete cuocere l’issu d’agnello a parte con il brodo, quando è cotto ornate il bordo del piatto dalla minestra dell’issu con la testa nel mezzo. Se per sorte non si avesse del bianco di pollame arrostito per mettere nel sugo, mettete un poco più di amandole dolci.

CAPITOLO II.
DEL TRINCIARE LE CARNI

[Del trinciare le carni.]

La destrezza di tagliare pulitamente le vivande è al dì d’oggi d’un sì gran vantaggio, che coloro, a cui tocca di servire i convittati, non debbono punto ignorarla; poiché se non si conoscono i buoni bocconi, non si sanno neppure servire; e se alle volte si trova la carne un poco dura, questo soventi avviene dal non saperla tagliare pel suo diritto, la buona regola è di servir poco per 50volta; in questa maniera i convitati mangieranno con più appetito.

Per trinciare il bue.


Comincierò dalla maniera di tagliare il bue bollito, ed arrosto.
La maniera di tagliare è sempre la stessa come dell’altre carni di beccaria.
La culotta si taglia in traverso, e nel mezzo. La carne vicina agli ossi della coda è la più fina.
Lo spalone si taglia in pezzi piccoli, ed in traverso.
Il petto si taglia presso la cartilagine, ed in traverso.
Le coste appresso d’averne tolta la pelle dura, e nervosa, che si trova sotto il filetto, che non servirete fuori che a coloro che ve ne dimandano, voi tagliate il filetto fino, ed in traverso per servirlo; la carne, che è dall’altra parte dell’osso, e al dissopra del filetto, si taglia medesimamente, e può passare in caso di necessità per filetto quando è ben tagliato.
La tranche, e il ventre si tagliano in traverso.
Tutte le lingue, comeppure quella del bue, si tagliano in traverso, ed in fette; i bocconi più teneri sono quelli del mezzo.
La coscia, che è una carne piena di cartilagine, e corta, deve essere ben cotta, e si serve a cucchiari.

Per trinciare il vitello.


Della longia voi tagliate il filetto in piccoli pezzi in traverso per servire, e in 51seguito tagliate il rognone anche in piccoli pezzi: dissotto il rognone nell’interiore della longia si trova un piccolo filetto delicatissimo.
Il casi si taglia in piccoli pezzi con i suoi piccoli ossi, e si taglia facilmente appoggiandone il coltello dissopra, perché le giunture ne sono segnate.
Della coscia quando è arrostita, non vi è che le noci che siano tenere: quella dissotto è la più stimata.
Il petto: dopo avere scoperto le cartilagini d’una pelle, che le copre, tagliate il petto in traverso per separarne le coste dalle cartilagini, ciò che farete facilmente prendendo dalla parte delle cartilagini, dove il coltello non resiste, e tagliatelo poi in piccoli pezzi.
Nella spalla al dissotto alla sinistra si trova una piccola noce coperta di grasso; il resto della spalla dissotto, e dissopra si taglia in fette.
Della testa il miglior boccone sono gli occhi, le orecchie, e le cervelle; poscia tagliate la lingua in pezzi, e le ossa cariche di carne.
Il capriuolo, ed il daino si servono, e tagliano come il vitello.

Per trinciare il montone.


L’arrosto, e la coscia di castrato si servono tutti due nella stessa maniera, voi tagliate in traverso, finché non vi sia più il filetto, il pezzo più buono, che tagliarete in traverso, ed in fette, si trova dalla parte del nervo, che si chiama la sottonoce 52esteriore; la parte della coda sotto la groppa si taglia a spillo, e si serve per un boccone delicato.
La schiena si serve per costelletta.
La spalla si taglia in pezzi dissopra, e dissotto.
Il petto dopo averne levata la pelle sopra la cartilagine, tagliatelo per costelletta prendendo i luoghi, che non resistono al coltello, tagliando dalla parte della cartilagine.
Il capretto, e l’agnello si tagliano nella medesima maniera.

Per trinciare il porco.


La testa, che si serve per un tramesso freddo, si comincia a servire tagliando dalla parte delle orecchie fino alla bocca; il collo si serve in appresso in piccole fette minute.
La schiena, ed il filone si tagliano in piccoli pezzi, ed in traverso.
La coscia si taglia in piccole fette, ed in traverso, sempre di grasso, e magro.
Il cinghiale si serve, e si taglia come il porco.

Per trinciare il cinghialetto, ed il porco da latte.


Dopo d’averlo servito, incominciate a tagliargli la testa, e le due orecchie, e dividergli la testa in due, poscia tagliate ambe le spalle, e coscie; gli levate innoltre la pelle, le gambe, e le coste; i pezzi vicino al collo sono i migliori. La schiena si divide in due, e la parte delle coste, che vi resta attaccata, si serve in piccoli pezzi.

53
Per trinciare il pollame, ed uccellame.


Le principali parti del pollame sono il collo, le due alle, le due coscie, lo stomaco, ed il carcame; le parti più convenienti ad essere servite sono le ali, ed i bianchi per il pollame arrostito; e per il bollito le coscie.
Si tagliano col prendere l’ala dalla mano sinistra con una forchetta; prendete dalla mano diritta il coltello per tagliare la giuntura dell’ala, e terminate colla mano sinistra tirando l’ala, che cederà facilmente, se terrete fermo il pezzo del pollame colla forchetta; poscia levate dalla medesima parte la coscia, dando un colpo di coltello nei nervi della giuntura, e tiratela nella stessa guisa colla mano sinistra: fate lo stesso dall’altra parte; tagliate poi lo stomaco, ed il carcame in due; così pure si tagliano i pollastri, i fagiani, le pernici, e beccaccie, i migliori bocconi del fagiano sono i bianchi dello stomaco, e le coscie; della beccaccia le coscie.
Il piccione quando è grosso si può tagliare come la carne bianca, quando è mezzano si taglia in due.
L’uccello di riviera, e l’anitra si tagliano nello stomaco in stringhe, poscia vi si levano le ali, le coscie, ed il carcame.
I conigli si cominciano a tagliare dal collo, scendendo giù per la schiena, poscia si taglia in traverso per servirlo: i piccoli filetti interiori sono buonissimi; il resto si taglia a capriccio.
La lepre si taglia, e si serve come il coniglio.

54
CAPITOLO III
DEL BUE


Per ispiegare le parti principali del bue non voglio circostanziare, e raccontare minutamente i pezzi di beccaria usati dal basso popolo, per aggiustare i quali si serve di molto sale, pepe, acceto, aglio, e cipolline per togliergli il gusto cattivo. Ecco ciò che è più in uso appresso le persone civili, che tengono buona tavola; le cervelle, la lingua, il palato, i rognoni, il grasso, la coda. Nella coscia vi è la culotta, la tranche, la pezza rotonda, il ventre alla noce, il lombo, la midolla; appresso la coscia vi sono le coste, le charbonées, i fianchi, le coste false, il petto, e gli spalloni.

Lingua di bue alla "braise".


Si mette a cuocere alla braise, che si fa con sale, pepe, un mazzetto guernito di prezzemolo, cipollette, timo, basilicò, lauro, garoffani, cipolle, radici, e brodo quanto basta per bagnar la carne. La farete cuocere a lento fuoco, e quando sarà cotta, toglieteli la pelle, e piccatela di ventresca, facendola cuocere in appresso allo spiedo; servitela con una salsa come quella del montone, aggiungendovi un poco d’acceto. Per entrée.
55La salcia al capitolo 19.
Mettetela ancora in miroton, quando essa è cotta a la braise come sopra, levate la pelle, e tagliatela in fette, aggiustandole sopra il piatto che dovete servire, fattela bollire lentamente in una salcia del cap. 19, e servitela a corta salsa.

Lingua di bue in "brezolle", ed altre maniere.


Lasciatela cuocere più della metà nell’acqua, levategli la pelle, e tagliatela in fili sottili da aggiustare in una casseruola con prezzemolo, cipolette, e funghi, il tutto ben triturato, sale, pepe grosso, ed olio, e fattela cuocere a fuoco lento.
Quando comincierà a bollire, mettetegli un bicchiere di vino bianco, e quando sarà cotta tagliategli il grasso, e mettetegli un poco di sugo colato, e servendo, se non è abbastanza piccante, aggiugneteli il sugo d’un citrone; la lingua si mette ancora con un intingolo di cocomeri, e diversi altri erbaggi, e con varie salse differenti. Se ne fanno delle polpette, le quali si servono per tramesso freddi dopo d’averle pertugiate, salate, e seccate.

Lingua di bue in polpette.


Prendete una lingua di bue mondata, fatela imbianchire nell’acqua bollente per un mezzo quarto d’ora, poscia fatela cuocere nella pignatta col pezzo di bue insino a che si possa levare la pelle; essa non guasterà il brodo: toglietegli la pelle, e lasciatela raffreddare, e poi tagliatela in 56pezzi sottili di tutta la sua larghezza, e lunghezza; coprite ciascun pezzo con della farsa di pasticcio od altra farsa di carne dello spessore d’un scudo, e passategli sopra un coltello immerso nel uovo, volgetela in seguito, ed infilzatela in uno spiedo, dopo aver messo a ciascuna un piccol pezzo di lardo, fattela arrostire, e quando sarà presso che cotta gettate del pane gratugiato sopra le fette di lardo facendogli prendere un colore dorato a fuoco chiaro, e servitela con una salcia piccante che troverete nel capitolo delle salse. Per entrée, ed hors d’oeuvres.

Lingua di bue "au gratin".


Prendete una lingua di bue, fatela cuocere in una pignatta dopo d’averla imbianchita, e quando sarà cotta tagliategli la pelle, e lasciatela raffreddare; tagliatela in fette, triturate del prezzemolo, una cipoletta, cinque, o sei foglie di serpentaria, tre cipolline, dei capperi, ed un’acciuga; prendete un mezzo pugnello di pane gratugiato, mescolatelo con butiro tanto quanto la metà di un uovo, aggiungendovi parte di ciò che avete triturato. Per mettere il tutto insieme nel fondo del piatto, aggiustate la metà della lingua di sopra, conditela di sale, pepe grosso, ed il resto delle piccole erbe trite, aggiustategli un secondo coperto del resto della lingua, con sale, e pepe grosso sopra, bagnando con tre o quattro cucchiari di brodo, e mezzo bicchiere di vino; fate bollire insino che cominci a farsi una piccola crosta al fondo del piatto; 57quando servirete mettetevi quanto basti di brodo per dimostrare che sia una salsa. Per entrée, ed hors d’oeuvre.

Lingua di bue alla "persillade".


Fatela imbianchire all’acqua bollente per un quarto d’ora, in seguito inlardatela con lardo, e mettetela a cuocere nella pignatta con un pezzo di bue, e quando sarà cotta tagliategli la pelle, tagliandola un poco più della metà in tutta sua longhezza, per aprirla in due senza separarla; servitela con brodo, sale, pepe, aceto, e prezzemolo triturato. Per entrée, ed hors d’oeuvre.

Cervelle di bue in varie maniere.


Esse si fanno cuocere alla braise, fatta con vino bianco, sale, pepe, mazzetto guernito; e quando saranno cotte, ritiratele dalla braise, e servitele con una salcia gustosa, che troverete al capitolo delle salcie; o con un intingolo di cipollette, e radici; si servono ancora fritte, allora bisogna marinarle con sale, pepe, aceto, un pezzo di butiro mescolato con farina, aglio, prezzemolo, cipollette, timo, basilicò, e lauro: fatele friggere dopo averle sgocciolate, ed infarinate: servitele ornate di prezzemolo tritto. Per hors d’oeuvre.

Mazzetto guernito si fa mettendovi garofolo, timo, lauro, basilicò, e quando vi saranno ancora delle altre cose assieme saranno specificate.

58
Palato di bue in "menus-droits", ed altre maniere.


Vi bisognano tre palati di bue per fare un piatto. Per netarli fateli cuocere nell’acqua, mondandogli poscia della loro pelle: tagliateli il nero, e poi tagliateli in fili; passate delle cipolle al fuoco con un pezzo di butiro; quando saranno mezzo cotte, mettetegli i palati, bagnando il vostro intingolo con buon brodo, un poco di sugo colato, un mazzetto guernito; quando avrete tolto via il grasso, e la salsa ben cotta, mettetegli della mostarda, quando vorrete servire. Per hors d’oeuvre.
Voi potete altresì servirla intiera sopra la graticola facendogli la marinata con olio, sale, pepe, prezzemolo, cipollete, funghi, aglio, il tutto triturato; immergetelo bene nella marinata, e copritelo con pane gratugiato, e fatelo arrostire, servendolo di sotto una salsa chiara, e piccante, o senza salsa. Per hors d’oeuvre.

Palato di bue alla marinata.


Prendete dei palati di bue cotti nell’acqua, dopo averli mondati tagliateli della lunghezza, e larghezza d’un dito, marinateli con pepe, sale, ed aglio, aceto, brodo, ed un pezzo di butiro mescolato con farina, una foglia di lauro, tre garoffani; fate intiepidire la marinata, e mettetegli dentro i palati di bue, lasciandogli due, o tre ore; poscia ritirateli per lasciarli sgocciolare; asciugateli, infarinateli, e fatteli friggere, e serviteli. Per hors d’oeuvre.

59
Palati di bue a modo de’ solfanelli.


Prendete due palati di bue cotti nell’acqua, dopo averli mondati, e tagliati della lunghezza, e grossezza de’ solfanelli, marinateli con cittrone, aceto, sale, prezzemolo intiero, cipolletta intiera, e lasciateli insino che abbiano preso gusto; poscia sgocciolateli, e immergeteli in una pasta fatta così: mettete in una casseruola due buoni pugni di farina, un cucchiaio d’olio, un poco di sale pesto, stemprate a poco a poco con acquavita, insino a che la vostra pasta sembri una doppia crema; immergetegli dentro i palati facendoli friggere, e colorire, serviteli più caldi che potrete. Per hors d’oeuvre.

Palati di bue in "croquet".


Prendete tre palati di bue cotti nell’acqua, mondateli, e tagliateli in due in traverso per tutta la sua lunghezza, fateli marinare per mezz’ora, facendoli cuocere sopra un piccol fuoco con brodo, aglio, due garoffani, timo, lauro, basilicò, sale, e pepe; e sgocciolati, e raffreddati mettetegli sopra ciascun pezzo della farsa di carne condita di buon gusto, della spessezza d’un mezzo scudo, volgete i palati per immergerli poi in una pasta fatta con farina stemprata in un cucchiaio d’olio, ed un quartino di vino bianco, e sale fino. Bisogna che la pasta fili versandola dal cucchiaio, fatteli friggere, e serviteli ornati di prezzemolo fritto.

60
Grasso di poppa alla borghese.


Prendete del grasso di poppa cotto nell’acqua, dopo averlo ben nettato, e tagliato della lunghezza di quattro dita, fatelo marinare con sale, pepe, prezzemolo, cipollette, e aglio, il tutto tritturato con butiro fresco liquefatto, incorporate tutto il condimento col grasso di poppa coperto di pane gratugiato, e fatelo arrostire servendolo con una salsa all’aceto. Per hors d’oeuvre.

Grasso di poppa alla salsa "Robert".


Tagliate della cipolla in forma di dadi, passatela al fuoco con un poco di butiro; quando sarà mezzo cotta, mettetegli del grasso di poppa cotto nell’acqua, e tagliato in quarti; condite di sale, pepe, aceto, un poco di brodo, lasciate bollire una mezza ora, e quando servirete mettete un poco di mostarda.

Terrina alla paesana.


Prendete della coscia di bue tagliatela in piccoli pezzi con della ventresca magra, prezzemolo, cipolle tritte, spezie fine, una foglia di lauro, prendete una terrina di terra, fate un coperto di bue, ed un coperto di ventresca, e un poco di condimento, ed alla fine un cucchiaio di acquavita, e due cucchiai d’acqua: fate cuocere sopra la cenere calda come del bue alla moda; dopo d’aver ben serrato il vaso, o sia terrina, quando sarà cotto, e tolto il grasso, servitelo nella terrina, o sia catino.
61Le cottice si fanno nella medesima maniera, con questa differenza, che si mettono in luogo della ventresca delle cottice delle più fresche che non abbiano odore, che metterete, e toglierete il grasso servendo nella stessa maniera.

Rognone di bue alla borghese.


Tagliatelo in fili sottili, fatelo passare al fuoco con un pezzo di butiro, sale, pepe, prezzemolo, cipollette, e aglio, il tutto ben triturato; quando sarà cotto, mettete un poco d’aceto, e di sugo colato non lasciandolo più bollire affinché non s’induri. Servite ancora il rognone di bue cotto alla braise con una salsa piccante, o una salsa alla cipollina.

Uso del grasso di bue.


Il grasso serve a fare ogni sorta di farse, e ad inumidire la braise, e cuocere i cardi.

Coda di bue in "hauchepot", ed in altre maniere.


Per farlo, tagliate la coda in pezzi, imbianchitela facendola cuocere con buon brodo, ed un mazzetto guernito, e un poco di sale per cinque ore. Quando sarete alla metà della cottura, mettetevi cipolle, carotte, rape, pastinachi, un poco di cavolo, il tutto imbianchito, e tagliato propriamente; quando il tutto sarà cotto, mettetelo sopra d’un panno lino, ed asciugatelo, affinché non resti grasso: aggiustate gli erbaggi colla carne in un catino proprio, 62per servire in tavola: levate il grasso dalla salsa, dove è cotta la carne, mettetegli un poco di sugo, e fatela un po’ densa al fuoco; guardate che non vi sia troppo sale, passatela alla stamigna, e servitela dissopra la carne, e gli erbaggi; voi potete altresì servire la coda nella stessa maniera, non mettendovi che una sorta di erbaggi per volta.
Potete ancora servirla senza erbaggi, e mettere in luogo di essi diverse salse, ma bisogna sempre che la coda sia cotta alla braise, che voi farete come quella della lingua di bue.

Coda di bue in "matelotte".


Prendete una coda di bue, tagliatela in pezzi, fattela imbianchire all’acqua bollente, poscia mettetela nell’acqua fresca per farla poi cuocere a metà nel brodo senza alcun condimento; quando sarà mezzo cotta, fate un rosso con un poco di butiro, e farina, bagnate questo rosso col brodo, dove avete fatta cuocere la coda di bue; mettete i pezzi di coda con una donzina di grosse cipolle intiere, che voi avrete prima fatto imbianchire, per toglierne la prima scorza, mettetevi un quartino di vino bianco, un mazzetto di prezzemolo, cipollette, aglio, una foglia di lauro, timo, basilicò, due garoffani, sale, e pepe; fate cuocere a lento fuoco, fino a tanto che la coda, e le cipolle sieno cotte, usando diligenza di toglierne bene il grasso. Mettete nella salcia un’acciuga triturata, due pugilli di tappari intieri, aggiustate i pezzi della coda di bue nel mezzo del piatto, le 63cipolle all’intorno, e al dissopra mettetevi sette o otto pezzi di pane tagliato della grossezza di un mezzo scudo, che voi passerete al butiro quando sarete vicini a servire, bagnate il tutto con salcia corta; vi bisognano cinque ore per cuocere la coda di bue.

Coda di bue alla Santa "Menehoult".


Tagliate una coda di bue in tre pezzi: dopo li taglierete per mezzo, e il più grosso in due col coltelacio, fatela cuocere nella pignatta con un pezzo di bue; quando sarà cotta, lasciatela raffreddare: in seguito fatela marinare per un’ora con un poco d’olio, pepe, sale, prezzemolo, cipollette, e aglio il tutto ben triturato, mettete la marinata vicino alla coda, coprendola di pane gratugiato, fatela arrostire di bel colore, bagnandola col resto della marinata pendente che è sul fuoco. Servite senza salcia.

Culotta di bue in varie maniere.


La culotta è il pezzo più stimato del bue; essa serve a fare eccellenti piatti, e fa onore ad una tavola mettendola nel mezzo. Essa si serve al naturale, e quando è ben asciutta, vi potete mettere sopra una buona salcia fatta con sugo colato, prezzemolo, cipollette, acciughe, tappari, aglio, il tutto ben trito, e condito di buon gusto; alcune volte si serve ancora ornata di piccoli pasticci. Ecco le maniere le più comuni; quelle che sono più ricercate, e le meno in uso sono le seguenti.

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Culotta alla "braise" colle cipolle d’Ivrea.


Voi prenderete una bella culotta, disossatela, e fatela cuocere in una buona braise fatta con una pinta di vino bianco, buon brodo, coscia di vitello, una fetta di lardo, un grosso mazzetto guernito, sale, pepe: quando essa sarà cotta a metà, mettetevi circa trenta cipolle delle più grosse; e quando sarà cotta ritiratela per togliergli il grasso, aggiustatela nel piatto da servire colle cipolle d’intorno, e servite dissopra una buona salsa di bel colore.
Facendola cuocere in questa maniera alla braise, voi la potete diversificare con vari altri intingoli, o salse secondo il gusto.

Culotta di bue alla "cardinale".


Levate diligentemente le ossa da una culotta di bue di dieci o dodici libre, tagliate una libra di lardo in grossi pezzi, e disponeteli con spezie fine, e sale, inlardate per tutto il pezzo di bue senza però metterne al dissopra che è coperto, poscia prendete un’oncia, e mezza di salnitro fino per fregare la carne, e così renderla rossa; mettete la culotta in un vaso di terra con un’oncia di ginepro un poco rotto, tre foglie di lauro, un poco di timo, e basilicò, ed una libra di sale, coprite il vaso, lasciando la carne così per otto giorni, quando sarà bene inzuppata di sale, lavatela con acqua calda; indi mettetegli alcune fette di lardo al disopra della culotta dalla parte, che essa è coperta di grasso, inviluppatela 65d’un panno bianco legandola, di poi fatela cuocere a lento fuoco per cinque ore con tre boccali di vino negro ottimo, una pinta d’acqua, cinque o sei cipolle, due baccelli d’aglio, quattro o cinque carote, due pastinachi, una foglia di lauro, basilicò, timo, quattro o cinque garoffani, un quarto di noce moscada, prezzemolo, e cipollette; quando sarà cotta toglietela dal fuoco, lasciandola raffreddare nella stessa pignatta col condimento. Voi potete fare lo stesso colle coste di bue.

Culotta di bue all’inglese.


Prendete una culotta di bue, legandola mettetela in una pignatta con due carote, una pastinaca, tre, o quattro cipolle, un mazzetto di prezzemolo, cipollette, baccello d’aglio, tre garoffani, foglia di lauro, timo, e basilicò. Bagnatela con brodo, o acqua con sale, pepe, fatela cuocere a piccol fuoco fino a metà della cottura, mettetegli allora dei piccoli cavoli preparati in questa maniera: prendete un grosso cavolo, e levate le foglie verdi fatelo imbianchire, poi ritiratelo in acqua fresca, indi premetelo senza romperne le foglie, levatele a una a una, e mettetegli dentro un poco di farsa di pasticcio, o di carne; mettete tre o quattro foglie a misura di ciò che gli avete messo di farsa, l’una sopra dell’altra, per formarne dei piccoli cavoli un poco più grosso d’un uovo, legateli, e fateli cuocere col bue; finita la cottura fate sgocciolare la culotta nel piatto, indi tagliate ciascun cavolo per metà, 66mettendoli attorno del bue, ponendo in fuori la parte tagliata: circa la salsa prendete un poco della cottura fatta, e passata alla stamigna, toglietele il grasso, mettendovi un poco di sugo colato per legarla, riducendola a piccol fuoco alla consistenza d’una salsa, e servitela sopra la carne, ed i cavoli.

Culotta di bue al forno.


Toglietene gli ossi, ed inlardatela; conditela di sale, e spezie fine: mettetela in un vaso con un boccale di vino bianco, coprite con coperchio, e turate li bordi con pasta, fatela cuocere nel forno per cinque, o sei ore secondo la sua grossezza, e servitela con la sua salsa, levando il grasso. Voi farete pure cuocere le coste di bue in questa maniera.

Bue alla reale, o alla moda.


Inlardate i pezzi di bue con lardo, aggiustate con prezzemolo, cipolette, funghi, un baccello d’aglio, il tutto ben tritato con sale, e pepe, fatelo cuocere per cinque, o sei ore a piccol fuoco nel suo sugo; a metà della cottura, mettetevi un cucchiaio d’acquavita: quando sarà cotto, e divenuto un po’ denso servitelo caldo, o freddo. Per far meglio fattelo cuocere in un vaso di terra coperto.

Salciccione di bue.


Prendete un pezzo di bue ben tagliato della larghezza di un palmo, e spessezza di due dita: tagliatelo in due, lasciandoli la sua larghezza, battetelo per 67appianarlo ancora, dopo ristringete i bordi tagliandoli un poco per renderli eguali, servitevi di questi pezzi tagliati, per triturarli con grasso di bue, prezzemolo, cipolette, funghi, due cipolline, alcune foglie di basilicò, sale, e pepe; stemperate questo condimento con quattro rossi d’uova, e mettetela sopra i pezzi di bue, i quali volgerete in forma di salciccione, e legatelo; poi lo farete cuocere in una casseruola con un poco di brodo, un bicchiere di vino bianco, sale, pepe, una cipolla piccata di due garoffani, una pastinaca, ed una carrotta; fate cuocere a lento fuoco, in seguito passate la cottura alla stamigna digrassandola bene, e riducetela alla consistenza di una salsa, la quale si serve sopra de’ salciccioni. Si possono ancora servire con altro intingolo di erbaggi, se si vogliono freddi per tramesso (da’ Francesi detto entremets), lasciate cuocere la salsa, lasciandola bollire con li salciccioni insino che non vi resti che grasso, lasciateli raffreddare, e serviteli sopra d’una servietta.

Uso della midolla di bue


Essa serve per condimento de’ piccoli pastici, delle torte, e creme, e a condire cardi, ed altri erbaggi.

Coste di bue in varie maniere.


Se sono tenere, si mettono a cuocere comunemente arrosto, e si servono nel suo sugo, oppure levateci il filetto, e tagliatelo in piccoli pezzi, e mettetelo in una casseruola con salsa fatta di cappari, 68acciuga, funghi, un baccello d’aglio tritato, e passate al fuoco con un poco di butiro, e bagnate con sugo collato, quando voi avrete disgrassata la salsa, e condita di buon gusto, mettetevi il filetto dentro col sugo delle coste, fate scaldare senza che bollisca, e servire sopra.
Potete altresì servire il medesimo filetto con cocomeri, scelleri, cicoria, cardi. Od in fricandò alla braise come abbiamo detto della culotta, usando la medesima salsa.

carbonata, o costa di bue in papigliote.


Prendete una carbonata, o costa di bue ben tagliata con proprietà, fatela cuocere a piccol fuoco con brodo, o un boccale d’acqua con sale, e pepe, quando sarà cotta, riducete la salsa in consistenza la quale si attacherà alla costa, poscia marinatela con oglio, o butiro, prezzemolo, cipolette, cipoline, funghi, il tutto triturato con un poco di basilicò in polvere; mettete la costa con la marinata in un foglio di carta bianca, piegate la carta in papigliotte: ingrassatela di fuori, e mettetela alla graticola con un foglio di carta unta dissotto: fate cuocere a piccol fuoco dai due lati, e servitela colla carta.

Uso del petto di bue


Il petto, e la cartilagine del petto sono i pezzi più stimati dopo la culotta per servire a tavola, e si possono accomodare come la culotta di bue.

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Cartilagina di bue all’alemanda.


Prendete due o tre libre di petto di bue, tagliatelo con proprietà in tre o quattro pezzi eguali, imbianchitegli un poco all’acqua bollente, fate altresì imbianchire per un quarto d'ora la metà d’un grosso cavolo, mettete a cuocere il petto di bue con un poco di brodo, un massetto di prezzemolo, cipollette, aglio, due garoffani, una foglia di lauro, timo, basilicò, un’ora dopo aggiugnetevi il cavolo tagliato in tre pezzi ben uniti, e legati con quattro grosse cipolle intiere, e quando il tutto sarà quasi cotto, mettetevi quattro salciccie, un poco di sale, e pepe rotto, facendo cuocere insino che vi resti poca salsa, mettete a sgocciolare la carne, e gli erbaggi, asciugandoli del loro grasso con un panno lino, aggiustate la carne nel mezzo del piatto, i cavoli, e le cipolle all’intorno, le salciccie sopra, passate la salsa alla stamigna, e disgrassata servitela sopra. Vi bisogna cinque o sei ore per la cottura.

Bue in "miroton".


Prendete del petto di bue cotto nella pignatta, se ne avete di quello già cotto tanto serve, tagliatelo in fette molto sottili, prendete il piatto che dovete servire, mettetevi nel fondo due cucchiai di sugo colato, prezzemolo, cipollette, capperi, acciuga, un baccello d’aglio, il tutto ben triturato, sale, pepe grosso; aggiustate sopra i vostri pezzi di bue, e conditeli dissopra come avete fatto dissotto: coprite il piatto, e 70mettetelo a bollire dolcemente per una mezz’ora, e servite a salsa corta.

Bue al forno.


Prendete la quantità che stimate a proposito di tranche di bue, che tritturarete con una quarta parte di grasso di bue, dopo mettete la carne in una casseruola con lardo magro tagliato in piccoli dadi, prezzemolo, cipollette, funghi, due cipolline, il tutto ben trito, pepe grosso, un piccol bicchiere d’acquavita, quattro rossi d’uova, meschiate il tutto bene, mettete al fondo del vaso di terra delle fette di lardo, mettendovi la carne sopra ben aggiustata, e ferma; coprite con coperchio, chiudendone i bordi con farina stemprata con aceto: mettete a cuocere nel forno per tre o quattro ore. Se voi lo servite caldo per entrée, togliete le fette di lardo, e disgrassate la salcia; per tramesso lasciatelo raffreddare nella sua cottura, e servite.

cibreo, o manicharetto di bue.


Tagliate sottili tre o quattro cipolle d’Ivrea, e mettetele in una casseruola con buttiro passandole al fuoco, finché siano quasi cotte, mettetevi un pugillo di farina, che volgerete finché sia di color d’oro; bagnate con brodo, ed un mezzo bicchier di vino, sale, pepe grosso, lasciate bollire, finché le cipolle siano cotte, e non vi sia più salsa; allora mettetevi della carne di bue ben tritta, facendola bollire, affinché prenda il gusto delle cipolle. Servendo aggiugnetevi un cucchiaio di mostarda, ovvero un poco d’acceto.

71CAPITOLO IV. DEL VITELLO

Descrizione delle sue parti


Il vitello è d’un grande uso, e vantaggio per la cucina, che provvede di che diversificare una tavola: ecco le parti di cui ci serviamo. La testa, le cervelle, gli occhi, le orecchie, la lingua, la coratella che comprende il cuore, ed il fegato; i piedi, le spalle, il ventre, la coda, il filetto, il lombo, i rognoni, il garetto.


Come si deve accomodare la testa di vitello


Dopo d’averle tolte le mascelle, lasciatela per una notte nell’acqua, dopo imbianchitela, e fatela cuocere, stemprate in una marmita un pugno di farina, fate bollire l’acqua prima di metter la testa, conditela di sale, pepe, un grosso bocchetto guernito di due cipolle, due carrotte, una pastinaca, quando la testa sarà cotta, fatela sgocciolare; scoprite le cervelle, e servitele con una salsa d’acetto, o con altra salsa.

Testa di vitello colla farsa alla borghese.


Prendete la testa con la pelle bianca, e mondata, e raschiata (avendola prima messa nell’acqua calda), levate la pelle dissopra la testa con diligenza per non guastarla, disossate in seguito la testa per prendere le cervella, la lingua, gli occhi, e le guancie, 72fate una farsa colle cervelle, della ruelle di vitello, grasso di bue, il tutto ben triturato, condite con sale, pepe, prezzemolo, cipollette trite, mezza foglia di lauro, timo, e basilicò fino, due cucchiai a bocca d’acquavita, unite la farsa con tre rossi d’uova, ed i tre bianchi sbattuti, prendete la lingua, gli occhi toltone tutto il nero, le guancie, raschiate il tutto propriamente, dopo d’averlo imbianchito, tagliateli in fili, o in grossi dadi, meschiateli nella farsa, mettete la pelle della testa senza essere imbianchita in una casseruola colle orecchie dissotto, riempitela colla farsa, cuccitela in seguito piegandola come una borza, legatela tutta all’intorno, procurando di darle la sua forma naturale, poi mettetela a cuocere in un vaso eguale alla sua grandezza con mezzo quartino di vino bianco, ed un quartino di brodo, con un mazzetto di prezzemolo guernito, sale, pepe, fatela cuocere a piccol fuoco per tre ore, allorché essa è cotta, e sgocciolata dal grasso, tolto il filo, asciugatela, passate una parte della cottura alla stamigna, aggiugnendo un poco di sugo colato, con aceto, riducetela in forma di salsa, che servirete sopra la testa. Se volete servirvi di questa testa per tramesso freddo, mettete nella cottura un poco più di vino bianco, sale, pepe, e meno brodo, lasciatela raffreddare nella sua cottura, e servitela sopra d’una servietta.

Testa di vitello alla Santa "Menehoult".


Tolte le mascelle, e tagliato il muso insino vicino agli occhi, mettetela in una 73pignatta con acqua, ed ischiumatela; in seguito mettete un mazzetto guernito con sale, e pepe, allorché la testa è cotta lasciatela sgocciolare, tolte le ossa di sopra il cervello, aggiustatela sul piatto da servire, e mettetele sopra una salsa in questa maniera. Mettete in una casseruola un pezzo di butirro grosso come un uovo, due pugilli di farina, sale, e pepe rotto, tre rossi d’uova, due cucchiai d’aceto, il tutto ben stemprato, aggiugnete un mezzo bicchier di brodo, unite la salsa al fuoco finché divenga consistente, poi versatela da per tutto su la testa, indi copritela di pane grattugiato, bagnandolo sopra con butirro caldo, dandoli colore al forno, o sotto un coperchio di tortiera, che sia un poco alto, affinché non tocchi il pane, quando sarà di colore dorato fate sgocciolare il grasso, asciugate i bordi; servite con sotto una salsa piccante che troverete la prima al capitolo delle salse.

Occhi di vitello: come si debbano servire.


Dopo aver tolto il nero dagli occhi, fateli imbianchire, e cuocere in una braise fatta con vino bianco, brodo, un mazzetto guernito, sale, e pepe; quando sono cotti diversificateli in varie maniere. Se li mettete alla sainte menehoult, coprendoli di mollica di pane, fateli arrostire alla graticola, servendo sotto una salsa alla peverada; essendo cotti alla braise, come sopra, serviteli con vari intingoli, come cocomeri, cipollette ecc.

74
Lingua di vitello in varie maniere.


La lingua di vitello cotta alla braise si serve in varie maniere, e s’aggiusta come la lingua di bue (vedi la lingua di bue).

Cervelle di vitello alla mattelotta.


Prendete un paio di cervelle di vitello, nettatele, e fatele cuocere con vino bianco, brodo, sale, e pepe, un mazzetto guernito: fate un intingolo di piccole cipolle, e radici, che farete cuocere con brodo, un mazzetto guernito condito di buon gusto, e unito con suco colato, servitelo d’intorno alle cervelle; voi potete ancora servirle nella stessa maniera con diversi intingoli per entrée; oppure se sono marinate, fatele friggere, e servitele per tramesso guernite di prezzemolo.

Cervelle di vitello al sole.


Immergetene due nell’acqua tepida, fatele cuocere con un poco di brodo, due, o tre cucchiai di aceto bianco, un mazzetto guernito; poscia tagliate ciascuna in due, ed immergetele in una pasta fatta con due pugni di farina, un cucchiaio d’olio, mezzo quartino di vin bianco, e sale fino: fatele friggere, finché siano colorite, e la pasta croccante, e servitele calde.

75
Orecchie di vitello in diverse maniere.


Esse si servono con diverse salse, quando sono cotte in una braise bianca.
Imbianchitele prima, e pelatele, poscia fate la braise in questa maniera. Mettete in una piccola pignatta del buon brodo, un quartino di vino bianco, mezzo citrone tagliato in fette, e pelato, un mazzetto guernito, con del sale; fatevi cuocere dentro le orecchie, e copritele con pezzi di lardo; questa si chiama braise bianca: quando saranno cotte servitele con una salsa piccante; voi le potete altresì immergere in uova sbattute, e coperte di pane grattugiato, farle friggere. In qualunque maniera però che le serviate, fatele sempre prima cuocere alla braise.

Orecchie di vitello co’ piselli.


Pigliatene quattro, che voi farete bollire per un momento, poscia ritiratele nell’acqua fresca; quando le avrete pelate fatele cuocere con brodo chiaro, un poco di citrone, sale, pepe, un mazzetto guernito, e servitele coll’intingolo di piselli, che segue. Prendete una libbra e mezza di piselli passati al fuoco con un poco di butirro, un mazzetto di prezzemolo, e cipollette, mettetevi un pugno di farina, bagnate con metà suco, e metà brodo, e fate cuocere a lento fuoco: quando sono cotti mettete del zuccaro della grossezza di una noce, un poco di sale fino, un cucchiaio di suco colato, e servite l’intingolo sopra le orecchie.

76
Orecchie di vitello col formaggio.


Prendetene sei, imbianchitele per un mezzo quarto d’ora, poscia ritiratele all’acqua fresca, e pelatele: fatele cuocere con un bicchier di vino bianco, due di brodo, sale, pepe, ed un mazzetto guernito; quando sono cotte fatele sgocciolare; poscia fate una farsa con un pugno di pane grattugiato, un quartino di latte, ed un poco di formaggio raschiato; volgete bene il tutto, finché il pane sia consistente, lasciatela raffreddare, poscia mettetevi un poco di butirro, con quattro rossi d’uova crudi; mettete tutto al di dentro delle orecchie; in appresso immergetele in butirro caldo, per coprirle con pane grattugiato, e formaggio raschiato mescolato insieme, aggiustatele sul piatto da servire, fatele colorire, mettendovi sopra un coperchio da tortiera: asciugate i bordi del piatto, e servitele senza salsa.

Orecchie di vitello alla tartara.


Fatene imbianchir quattro; tagliatele pel mezzo senza separarle; e per farle stare aperte passate a traverso di ciascheduna un piccol pezzo di legno: fatele cuocere in una pignatta, come le precedenti; quando saranno cotte, e sgocciolate, immergetele in butirro caldo, e copritele con pane grattugiato; fatele abbrustolire, bagnandole leggermente col resto del butirro, in cui le avete immerse; quando saranno di bel colore servitele con una salsa chiara, fatta con brodo, suco 77di limone, una cipolla trita, sale, e pepe rotto.

Orecchie di vitello alla borghese.


Prendete la fricassea, che comprende il cuore, la milza, il fegato, tagliatela in piccoli pezzi, e fatela imbianchire; mettetela poscia in una casseruola con butirro, ed un mazzetto guernito, passatela al fuoco, e mettetevi un pugno di farina, bagnate in appresso con brodo, quando l’intingolo è cotto, e condito mettetevi tre rossi d’uova stemprati con latte, fatelo unire al fuoco, e prima di servire mettetevi un poco di suco di limone.

Fegato di vitello in diverse maniere.


Si serve comunemente allo spiedo, piccato con ventresca sopra d’una salsa al piccol maître.
Si fa altresì cuocere alla braise, come la lingua di bue alla pag. 78, piccato con lardo, e si serve colla medesima salsa.

Fegato di vitello in stuffato.


Prendete un fegato, levategli i nervi, e tagliatelo in fette grosse un dito, fate fondere del butirro in una pentola, e fate cuocere i pezzi del fegato con sale, e pepe; quando sono cotti da una parte volgeteli dall’altra; ritirateli poscia dalla pentola, e mettetelo a cuocere con butirro, prezzemolo, cipolle, carotole, un baccello d’aglio, il tutto triturato: mettetevi un 78pugno di farina bagnata con un quartino di vino, fate bollire un poco la salsa, e servendo mettetevi un poco d’aceto.

Fegato di vitello alla cittadinesca.


Tagliatelo in fette, mettendolo in una casseruola con una carotola, prezzemolo, delle cipollette tagliate, e del butirro, passatelo al fuoco, aggiugnendovi un pugno di farina: bagnatelo con un bicchiere d’acqua, ed un altro di vino bianco, sale, e pepe rotto, lasciatelo bollire per mezz’ora; poi stemprate tre rossi d’uova con due cucchiai di agresta, e metteteli quando il fegato sarà cotto, e vi sia poca salsa, fate unire, senza che bolla, e servite.
Voi potete altresì servirlo in altra maniera. Tagliato che sia in fette, mettetelo in una pentola al fuoco con molte carotole trite, sale, e pepe rotto, con butirro, fatelo cuocere a lento fuoco, e prima di servirlo mettetevi un cucchiaio da bocca di aceto.

Fegato di vitello alla rete di porco, o sia "crepina".


Tagliate in piccoli dadi due, o tre cipolle, mettendole in una casseruola con un pezzo di butirro, passandole al fuoco finché siano cotte, tagliate il fegato, aggiugnendovi dieci oncie di grasso di bue, e mettetelo colla cipolla cotta, mollica di pane abbrustolita, un quartino di latte, prezzemolo, cipollette, fonghi triturati, sale, 79pepe rotto, e quattro uova, che siano sbattute; prendete poscia una casseruola, coprendole il fondo con pezzi di lardo, e sopra una rete di porco, che avrete prima lasciata mezz’ora nell’acqua fresca, e ben premuta che sia, mettete nella rete tutta la vostra farsa, unite i bordi con uova sbattute, finché si congiungano, coprendo con carta la casseruola, e soprapponendovi il coperchio; fatela cuocere a lento fuoco per lo spazio d’una mezz’ora; poscia toglietene il grasso, e mettete leggermente la vostra rete su d’un pannolino bianco, asciugandola bene, indi aggiustatela nel piatto da servire, con sopra una buona salsa un poco chiara, con un mezzo cucchiaio d’agresta.

È una piccol tela di grassa che copre il ventre dell’animale.

Fegato di vitello all’italiana.


Tagliate il fegato in fili minuti con del prezzemolo, cipolette, due carotole, dei fonghi, mezzo baccello d’aglio, mezza foglia di lauro, timo, basilicò; il tutto ben triturato, prendete una casseruola, copritele il fondo co’ fili del fegato conditi, come sopra, con sale, pepe rotto, olio fino, ed una parte delle vostre erbe fine: sopra di queste rifate di nuovo un suolo co’ fili del fegato, seguitando così fino alla fine, fate cuocere a piccol fuoco per lo spazio d’un ora, poscia ritiratelo, disgrassate la salsa, e mettetevi un piccol pezzo di butirro unito 80con farina, ed un mezzo cucchiaio a bocca di agresto, o d’aceto; fate unire la salsa al fuoco, volgendola con un cucchiaio, mettete il fegato nella salsa per farlo scaldare, aggiustatelo nel piatto, che dovete servire.

Della frezza, e de’ piedi di vitello: come si debbono aggiustare.


Si servono nella stessa maniera, e soventi insieme, e communemente al naturale: fateli imbianchire, e cuocere in un bianco di farina, come abbiamo spiegato avanti per la testa di vitello; e servitelo nella stessa maniera.

Frezza di vitello in diverse maniere.


Quando è cotta, come sopra, la potete servire in varie maniere, se la volete servire fritta, disgrassandola, e tagliandola in piccoli mazzi, bagnata in una pasta, facendola friggere; la servirete guernita di prezzemolo fritto.
Questa pasta si fa, mettendo in una casseruola due pugni di farina, un cucchiaio d’olio, sale fino; stemperate questa sino che sia né troppo liquida né troppo spessa.
La potete altresì servire con varie salse, purché quando sia cotta, e tagliata come sopra, la lasciarete bollire a lento fuoco nella salsa, con cui la volete servire, che essa sia di buon gusto, e ben disgrassata.

81
Fritelle di frezza di vitello.


Fate cuocere una frezza con acqua, sale, ed un mazzetto guernito, facendola sgocciolare, e disgrassandola, tagliatela poscia in piccoli pezzi, e fatela marinare un’ora con un poco di butirro, due cucchiai d’aceto, prezzemolo, cipollette, e carotole, il tutto triturato, con sale, e pepe rotto, facendo intiepidire la marinata; poscia ritirate i pezzi della frezza, e volgendoli lasciateli unire colle erbe; quando sono freddi, immergeteli in uova sbattute, copriteli con mollica di pane, e fateli friggere di bel colore.

Frezza di vitello alla crosta del formaggio.


Fate cuocere una frezza di vitello all’acqua, come di sopra; quando sarà cotta, lasciatela sgocciolare, e disgrassatela un poco: mettete in una casseruola cinque, o sei cipolle tagliate in dadi, con un pezzo di butirro, passatela al fuoco, sinché siano cotte, e cominciano a prender colore, mettetevi un pugno di farina, e bagnate con un bicchiere di brodo, ed un cucchiaio d’aceto; mettetevi la frezza, e fatela bollire insieme, finché la salsa sia ben unita; fate una crosta con un pezzo di butirro, un poco di pane grattato, ed altrettanto di formaggio d’Aosta raschiato, e due rossi d’uova, mescolate il tutto insieme, e mettetelo nel fondo del piatto da servire, fatele attaccare a fuoco lento; indi prendete delle fette di mollica di pane tagliate in lungo, della 82larghezza d’un dito, passatele con del butirro, aggiustando la frezza sulla crosta con le fette del pane d’intorno. Mettete nella casseruola del butirro grosso come una noce con un pugno di farina, e mezzo bicchier di brodo, ed un cucchiaio di mostarda; fate unire questa salsa al fuoco, finché sia spessa, e mettetela sopra della frezza, coprite il di sopra la metà con pane, e l’altra con formaggio Piacentino grattugiato, fate prender colore sopra, mettendovi un coperchio di tortiera quando non vi sarà più salsa, servite.

Piedi di vitello in diverse maniere.


I piedi di vitello si fanno cuocere nella stessa maniera delle frezze: se volete servirli al naturale, quando sono cotti, e sgocciolati, serviteli caldi con del sale, pepe, ed aceto.
Se volete metterli in fricassea di polastri, quando sono cotti tagliateli in pezzi, e metteteli in una casseruola con un buon pezzo di butirro, ed un mazzetto guernito, passateli al fuoco, e mettetevi un pugno di farina bagnata con un bicchier di vin bianco, ed altrettanto di brodo, sale, e pepe rotto; fate bollire per mezz’ora a piccol fuoco. Quando la salsa sarà ridotta a metà, levatele il mazzetto guernito, e mettetevi tre rossi d’uova stemprati con un cucchiaio d’aceto, ed altrettanto di brodo, fate unire la salsa, senza che bolla, e servite.
Se volete servirli in menus droits, aggiustateli nella stessa maniera del palato di bue.

83
Piedi di vitello alla "Camargot".


Prendetene quattro, fateli cuocete nell’acqua, dopo lasciateli sgocciolare, e mettete in una casseruola due cucchiai d’agresto, un pezzo di butirro, unito con un pugno di farina, sale, pepe, una carotola trita, un bicchiere di brodo, fateli cuocere per mezz’ora a piccol fuoco, prima di servire aggiugnetevi un’acciuga che stemprarete bene nella salsa, un pugno di prezzemolo imbianchito, e trito; e non essendo la salsa abbastanza acida, rimettetevi un poco d’agresto. Servite a corta salsa.

Piedi di vitello alla "Sainte Menehoult".


Tagliate per mezzo quattro piedi ben caldi, infilzateli, e metteteli in una pignatta con del brodo ben grasso, un picciolo bicchiere d’acquavita, un mazzetto guernito, sale, pepe, ed un pugno di coriandri, fateli cuocere dolcemente: quando saranno cotti, e non vi sarà più salsa, lasciateli intiepidire, poscia copriteli con pane grattugiato, poi bagnerete di sopra leggermente con del grasso, fateli arrostire alla graticola, e colorire, e serviteli per hors d’oeuvres, e per tramesso.

Piedi di vitello fritti.


Prendetene quattro, tagliateli ciascuno in due, fateli cuocere in un'acqua bianca, che farete, stemprando due cucchiai di farina in una pinta d’acqua, e del sale; e quando sono cotti, fateli marinare con un 84pezzo di butirro unito con farina, sale, pepe, aceto, aglio, carotole, prezzemolo, cipolette, timo, lauro, e basilicò: quando saranno abbastanza conditi, ritirateli dalla marinata, infarinateli, e fateli friggere. Servendoli guerniti di prezzemolo fritto.

Uso delle animelle di vitello, detti comunemente lachietti, e come si debbano aggiustare.


Le animelle di vitello servono per moltissimi intingoli.
Lavatele nell’acqua tiepida, ed imbianchitele all’acqua bollente per un mezzo quarto d’ora; e mettetele in quell’intingolo, che giudicherete a proposito: si servono piccate con ventresca, cotte allo spiedo, o in fricandeau, o in torta.

Animelle di vitello alla "pluche-verte".


Prendetene tre, o quattro, lavatele nell’acqua tepida, ed imbianchitele, poscia ritiratele all’acqua fresca, levateli il cornetto, e lasciatele la gola. Mettete a cuocere le animelle, e le gole con un bicchiere di vin bianco, un mazzetto guernito, sale, e pepe, quando saranno cotte, passate la salsa allo staccio, fatela ridurre, se ella è troppo lunga, mettetevi un cucchiaio d’agresto, con butirro della grossezza d’una noce, unito con un pugno di farina, fate unire al fuoco, finché la salsa abbia la consistenza d’una crema doppia, mettetevi un pugno di prezzemolo imbianchito, e triturato fino: aggiustate le animelle nel piatto 85da servire con la salsa di sopra, e servitele per hors d’oeuvres, e per tramesso.

Animelle di vitello all’erbe fine.


Triturate sottilmente alquanto di finocchio, prezzemolo, cipollette, una punta d’aglio piccola, due carotole, unite il tutto con butirro, della grossezza d’una noce, sale fino, e pepe, fate imbianchire tre, o quattro animelle, piccatele in varie parti al di sopra per farvi entrare il butirro colle erbe: mettete le animelle in una casseruola, con sopra qualche pezzo di lardo, un mezzo bicchiere di vin bianco, altrettanto di buon brodo, fatele cuocere a fuoco lento; quando saranno cotte, disgrassate la salsa, che deve esser corta, e servitela sopra le animelle; se volete mettere un cucchiaio di suco colato nella salsa, riuscirà meglio.

Animelle di vitello nella cascia di carta.


Prendete due animelle grosse, lavatele nell’acqua tepida, poscia imbianchitele in acqua bollente per un mezzo quarto di ora, indi ritiratele all’acqua fresca, levatele il cornetto, e tagliate le animelle, e la gola, che farete marinare con olio, o lardo fonduto, prezzemolo, cipollette, fonghi, una carotola, il tutto triturato, sale, e pepe; fate sei, o otto piccole cassette di carta lunghe tre dita, ungetele di sotto con olio, e metteteci dentro le animelle con tutto il suo condimento, mettete le cassette sulla graticola con un foglio di carta unto sotto; fate cuocere dolcemente per un’86ora, ed avvertite di non lasciar abbrucciar la carta: quando saranno cotte, mettetevi leggermente alquanto di suco di citrone, o d’aceto bianco.

Animelle di vitello in "hâtelet".


Tagliate tre oncie di lardo in picciole fette sottili larghe un dito in quadrato, lasciatele nella casseruola, finché siano mezze cotte; prendete due animelle lavate, ed imbianchite, e tagliatele in dadi; mettete nella casseruola della ventresca con prezzemolo, cipollette, fonghi, una carotola, una punta d’aglio, il tutto trito, passatela al fuoco, mettendovi un pugno di farina, bagnate con brodo, e fate bollire finché non vi sia più salsa, se il lardo non ha condito abbastanza l’intingolo, aggiugnetevi alquanto di sale, e pepe. Non disgrassate l’intingolo, se non quando è quasi cotto, mettetevi quattro rossi d’uova, fate unire al fuoco senza che bolla, e che la salsa sia spessa, in maniera che s’attacchi alla carne; coprite le animelle con pane grattugiato, e fatele arrostire alla graticola, e colorire a piccol fuoco, e servitele asciutte per tramesso, e per hors d’oeuvres.

Animelle di vitello fritte.


Prendete tre animelle, lasciatele nell’acqua tepida per lo spazio d’un’ora, ed imbianchire un quarto d’ora nell’acqua bollente, poscia ritiratele all’acqua fresca, e tagliate ciascuna in tre parti, mettete nella casseruola del butirro grosso come una noce unito con farina, ed un mezzo bicchiere d’87aceto, un quartino di acqua, tre garoffani, un baccello d’aglio, due carotole, quattro cipollete, un pugno di prezzemolo, una foglia di lauro, timo, basilicò, sale, e pepe, fate intiepidire la marinata, volgendo il butirro fino che sia fonduto, poscia mettetevi le animelle, e levatele dal fuoco, per lasciarle marinare un’ora e mezza, mettetele a sgocciolare, ed asciugatele con un pannolino: infarinatele, e fatele friggere di bel colore; dopo d’averle ritirate, mettete del prezzemolo ben verde, e fatelo friggere bene, che servirete d’intorno alle animelle: ogni sorta di marinata si fa nella stessa maniera.

Animelle di vitello in intingolo.


Prendete due animelle, lavatele, ed imbianchitele, tagliatele in cinque, o sei pezzi, e mettetele nella casseruola con fonghi, un pezzo di butirro, ed un mazzetto guernito, passate il tutto al fuoco, indi mettete un pugno di farina bagnato con un bicchier di buon brodo, e mezzo bicchiere di vino bianco, condite di sale, e pepe, fate bollire a piccol fuoco per mezz’ora, disgrassatele, ed aggiugnete due cucchiai di suco colato; questo intingolo serve a guernire ogni sorta d’entrées di carne, e di torta.
Se si tratta di torte, fate la salsa più abbondante: lo stesso intingolo può altresì servire per tramesso, ed allora v’abbisognano tre animelle, ed in vece del suco colato, quattro rossi d’uova stemprati con crema; e bisogna disgrassar meno l’intingolo: fate unire al fuoco senza che bolla; servite 88a corta salsa, ed aggiugnetevi alquanto d’aceto se non è abbastanza acida.

Del rognone di vitello appartenente alla longia.


Se è cotto allo spiedo servitevene per le farse, triturandolo con del grasso, prezzemolo, cipollette, e fonghi, che triturarete separatamente; unite la farsa con rossi d’uova, e conditela di buon gusto.
Servitevi di questa farsa per fare delle rostite, delle torte, o dei cannellini, o per gl’intingoli in cui è necessaria la farsa; potete altresì farne delle frittate.

Rosolate.


Le rosolate si possono fare con ogni sorta di farsa, come quella de’ piccoli pasticci; voi potete ancor farle coll’avanzo di carne cotta allo spiedo, e tagliata in pezzi grossi come un pisello, passatele al fuoco con un buon pezzo di butirro, prezzemolo, cipollette tagliate, aggiugnete un pugno di farina, bagnate con un poco di brodo, sale, e pepe, fate ridurre a corta salsa, finché sia unita, di maniera che s’attacchi alla carne, e lasciate raffreddare; fate una pasta di farina, butirro, acqua, e sale fino, riducetela alla sottigliezza d’un paolo, mettetevi la carne di sopra in distanza d’un dito un pezzo dall’altro; bagnate la pasta tutto all'intorno della carne, rivolgendo un 89coperchio di pasta sulla carne, simile a quello di sotto, e bagnate leggermente, unitene tutti i bordi: tagliatele poscia collo sperone, o pure col cortello, e fatele friggere, e colorire, e servitele per hors d’oeuvres.

In Franzese Rissoles.

piccatiglio d’ogni sorta di carne.


Prendete qualunque carne di beccaria, o pollame cotta allo spiedo, tagliatela minutamente, e mettetela nella casseruola con un pezzo di butirro, prezzemolo, cipollette, due carotole trite; passate tutto al fuoco, aggiugnendovi un pugno di farina bagnato con mezzo bicchiere di bròdo, altrettanto di suco, sale, e pepe; fate bollire per un quarto d’ora, mettete poscia la carne, per farla scaldare, senza che bolla, se poi fosse dura, fatela bollire almeno un’ora a fuoco lento, e per unire la salsa aggiugnete alquanto di suco colato oppure due pugni di pane grattugiato ben fino: in servendo mettetevi d’intorno delle croste di pane fritto, come si suol fare a’ spinacci.

Longia di vitello in varie maniere.


La longia di vitello si serve per il mezzo della tavola. Fatela cuocere allo spiedo inviluppata di carta.
Quando è ben cotta, servite di sotto con una peverada, e per far meglio, piccatela di sopra di ventresca, e servite con la medesima salsa.
Il casi si aggiusta nella medesima maniera.

90
"Casi" di vitello alla crema.


Mettete in un vaso proporzionato alla grandezza d’un casi una pinta di latte, con un buon pezzo di butirro, unito con farina, due baccelli d’aglio, quattro carotole, prezzemolo, una cipolletta, quattro garoffani, due cipolle in fette, sale, e pepe; fate intiepidire la marinata, e volgetela al fuoco finché il butirro sia liquefatto; levatela dal fuoco, e mettetevi il casi, lasciandolo per dodici ore; indi sgocciolatelo, ed asciugatelo, e copritelo con una carta ben unta di butirro; fatelo cuocere allo spiedo, e servitelo con una salsa piccante in questa maniera: passate al fuoco due cipolle in fette, con un pezzo di butirro, quando sarà colorito aggiugnete un pugno di farina bagnata con brodo, due cucchiai d’aceto, ed un bicchiere di suco colato, sale, e pepe, fatela bollire per un quarto d’ora, disgrassatela, e passatela allo staccio, servendola sopra del casi.
La longia, ed il cosciale si servono nella stessa maniera, eccetto che questo deve esser piccato con lardo.

"Casi" ghiacciato.


Per ghiacciarlo piccatelo di lardo, e fatelo cuocere nella stessa maniera del fricandeau di vitello alla borghese, che spiegheremo qui appresso.

"Casi" alla "daube".


Conditelo, e fatelo cuocere come il pollo d’india alla daube; tutte le daubes si fanno nella stessa maniera.

91
"Casi" in stuffato.


Aggiustatelo come la coscia di vitello fra due piatti; se volete servirlo freddo non mettetevi suco colato, riducete la salsa corta affinché resti ghiacciata.

Spalla di vitello alla borghese.


Mettetela in una terrina, con un quartino d’acqua, due cucchiai d’aceto, sale, pepe, prezzemolo, cipollette, due baccelli d’aglio, una foglia di lauro, due cipolle, e due radici tagliate in fette, tre garoffani, ed un pezzo di butirro, coprite la terrina con un coperchio, ed otturatene i bordi con farina stemprata in acqua; fate cuocere al forno per tre ore; poi disgrassate la salsa, e passatela alla stamigna, servendola sopra della spalla.

Petto di vitello in diverse maniere.


Si mette in fricassea di polastri tagliato in pezzi, e lavato nell’acqua, poi imbianchitelo, passatelo al fuoco con un pezzo di butirro, un mazzetto guernito, con fonghi, aggiugnete un pugno di farina bagnata con brodo.
Quando sarà cotto, e disgrassato, unitelo con tre rossi d’uova stemprati con latte, ed in servendo mettetevi un poco d’agresta.
Si serve ancora coi cavoli, alla ventresca, ed allora tagliatelo in pezzi, facendolo imbianchire, con fare ancora imbianchire un cavolo, ed un pezzo di ventresca tagliato in fette, appresso infilzate 92ciascun pezzo, e fate cuocere tutto insieme con buon brodo; non vi mettete sale.
Quando il tutto è cotto, ritirate il cavolo, e la carne, che aggiustarete in una terrina da servire; disgrassate il brodo in cui è cotta la carne, mettete alquanto di suco colato, e fate ridurre la salsa se è troppo lunga; servitela nella terrina sopra la carne.
Voi potete altresì servirla in fricandeau, o cotta alla braise con un intingolo di punte di sparagi; le cartilagini sono ottime coi piccoli piselli.

Cartilagini di vitello ai piccoli piselli.


Tagliate le cartilagini, ed imbianchitele, indi mettetele nella casseruola con dei piccoli piselli, un pezzo di butirro, ed un mazzetto guernito, passatele al fuoco, bagnandole con buon brodo, ed aggiugnetevi un poco di suco colato.
Quando sarete vicino a servire, mettetevi del sale con alquanto di zucchero, e servite a corta salsa.

Petto di vitello in rosso.


Prendete un petto di vitello, tagliatelo in pezzi come il precedente, oppure lasciatelo intiero, fate del rosso con del butirro, ed un cucchiaio di farina; quando sarà di bel colore, aggiugnetevi un boccale d’acqua, o brodo, ed in seguito il pezzo di vitello, che farete cuocere a lento fuoco; condite con sale, pepe, ed un 93mazzetto guernito, con mezzo cucchiaio d’aceto: quando la carne sarà cotta disgrassate la salsa, e servite a corta salsa.
Tutti gli altri pezzi possono aggiustarsi nella stessa maniera col rosso.
I piccioni col rosso si servono nella stessa maniera, oppure si può servire il petto marinato, e fritto, tagliando i pezzi larghi un dito, mettendoli in una casseruola con del butirro unito con un cucchiaio di farina, sale, pepe, aceto, prezzemolo, cipollette, timo, lauro, basilicò, tre garoffani, una cipolla, delle radici, ed acqua; fate intiepidire la marinata al fuoco, volgendola di continuo, indi mettete la carne, e lasciatela bagnare due, o tre ore; poi ritiratela per asciugarla, ed infarinarla; fatela poi friggere, e quando è cotta servitela guernita di prezzemolo fritto. Ogni sorta di marinata si fa nella stessa maniera come quella dei polastri, conigli ec. dopo di averli tagliati in pezzi.

Cartillagine di vitello al "verd prè".


Prendete un petto di vitello, tagliate le cartilagini in pezzi uguali larghi un dito, fatele imbianchire un momento all’acqua bollente, poi mettetele in una casseruola con butirro, ed un mazzetto guernito, passatele al fuoco, mettendovi un buon pugno di farina bagnato con brodo, e condito con sale, e pepe rotto, fatele bollire a lento fuoco, finché siano cotte, e non vi resti più salsa; non disgrassate che a metà, e prendete due pugni di acetosa, levatele la 94coda, lavandola bene, e premendola finché non vi resti più acqua, mettetela nel mortaio, pestandola fina, poi premetela, e fate escire per lo meno un mezzo bicchiere di suco, passatelo allo staccio, e servitevene, per stemprarvi dentro tre rossi d’uova; mettete il tutto nelle cartilagini, e fate unire al fuoco, senza bollire, come una fricassea di polastri; se la salsa è troppo spessa mettetevi del brodo.

Petto di vitello al basilicò.


Tagliatelo in pezzi larghi un dito, fatelo per un momento imbianchire all’acqua bollente, poi mettetelo a cuocere con brodo, ed un mazzetto guernito, sale, e pepe; quando sarà cotto riducete la salsa, che resti attaccata alla carne; appresso ritirate la carne dalla casseruola sopra d’una assietta, lasciandola raffreddare, indi bagnate ciascun pezzo in uova sbattute come una frittata; copriteli con pane grattugiato, fateli friggere, e colorire, servendoli guerniti di prezzemolo fritto.
Potete fare lo stesso con un petto in intingolo, che sia già stato servito, e coll’avanzo d’una fricassea di polastri, o di piccioni.

Petto di vitello colla farsa.


Tagliatelo, senza distaccarne la pelle, e mettete tra questa, e le cartilagini la farsa di carne che istimerete a proposito, cucite la pelle, acciò la farsa non esca; fate cuocere il petto allo spiedo, o alla braise, e servitelo con una salsa, o intingolo di 95legumi, ai piccoli piselli, ai cocomeri, od altro simile.

Petto all’alemanna.


Imbianchitelo, e fatelo cuocere con alquanto di brodo, mezzo bicchiere di vin bianco, un mazzetto guernito di erbe fine, sale, e pepe, aggiustatelo poscia sul piatto, volgendo la pelle sui canti, per lasciare le cartilagini scoperte, versatevi sopra una salsa all’alemanna, fatta con suco colato, cappari, alice, due fegati di volatile cotto, prezzemolo imbianchito, una carotola, il tutto ben fino; fatelo bollire poco, aggiungendovi alquanto di pepe rotto.
Se volete una salsa più semplice, prendete la cottura del petto disgrassata, e passata allo staccio, mettetevi del butirro grosso come una noce unito con farina, ed un pugno di prezzemolo imbianchito, e fate unire al fuoco.

Cartilagine di petto all’alemanna.


Tagliatele in pezzi, ed imbianchitele per un istante, mettendole in una casseruola, per farle cuocere come la fricassea de’ polastri; quando sarete vicino a servire, e che la salsa sia fatta, aggiugnete un pugno di prezzemolo imbianchito, e tagliato fino.

In franzese Tendrons.

96
Petto alla "braise".


Fatelo cuocere in una buona braise ben condita, e servitelo colla salsa, od intingolo, che vi piacerà.

Petto col suco di lenti, o di piselli.


Tagliatelo in pezzi larghi un dito, e fatelo imbianchire, e cuocere con buon brodo, mezza libbra di ventresca tagliata in fette, un mazzetto di erbe fine, un baccello d’aglio, poco sale; nello stesso tempo fate cuocere mezza libbra di lenti, o di piselli secchi con acqua, o brodo; quando sono ben cotti, spremetene il suco per mezzo della stamigna; se il suco è di piselli, prima di colarlo prendete un pugno di spinacci cotti all’acqua, premuti, e pesti, e metteteli coi piselli, affinché il suco resti verde, indi colateli, bagnandoli con la cottura delle cartilagini; prima di mettere le cartilagini, e la ventresca fate ridurre il suco, se è troppo chiaro, e servite in una terrina.

Del "collet", e quarto di vitello.


Il collet, e quarto di vitello si aggiusta in varie maniere; tagliatelo per costa, levategli l’osso di sotto, e lasciate la costa, servitelo cotto alla graticola come le coste di montone.

97
Coste di vitello alla "poële".


Tagliate le coste del collo, levatele le ossa, e non vi lasciate altro che le coste, mettetele in una casseruola con lardo fonduto, prezzemolo, e cipollette, qualche tartuffo, sale, pepe, il tutto triturato finissimo, una fetta di citrone senza pelle, copritele con pezzi di lardo, facendole cuocere a lento fuoco sopra la cenere calda.
Quando sono cotte levatele dalla casseruola, asciugatele dal grasso, ed aggiustatele nel piatto da servire; mettete il citrone in alquanto di suco colato, disgrassate la salsa, mettetela al fuoco, e servitela su le coste.
Potete fare molti entrées alla poële in questa maniera.

In franzese cotteletes.

Coste di vitello alla cuciniera.


Tagliate un quarto di vitello in coste, aggiustandole, mettete nel fondo della casseruola quattro oncie di lardo magro tagliato in fette, alquanto di butirro, e le coste di sopra; fatele cuocere a fuoco lento; volgendole soventi nel loro suco; quando sono cotte, aggiustatele nel piatto da servire, con i pezzi del lardo sopra, mettete nella casseruola tre rossi d’uova, con brodo, prezzemolo imbianchito, e trito, una carotola tagliata, e staccate quello che può essere attaccato alla casseruola; fate unire al fuoco aggiugnendovi alquanto di 98aceto, e pepe rotto; servite sopra le coste con del sale, se il lardo non è salato abbastanza.

Coste di vitello al "verd prè".


Mettetele in una casseruola con un pezzo di butirro, ed un mazzetto guernito, passatele al fuoco con un pugno di farina bagnata con brodo, un bicchiere di vin bianco, sale, e pepe rotto, fate cuocere a fuoco lento, e disgrassate la cottura, riducendola a corta salsa, mettendovi butirro grosso come una noce unito con farina, ed un buon pugno di cerfoglio imbianchito, e tagliato; fate unire la salsa, servendo aggiugnetevi un poco di suco di citrone, o dell’aceto. Serve per entrée.

Coste di vitello alla lionese.


Prendete un quarto di vitello, tagliatelo in coste, acconciandole, piccatele di lardo, acciughe, e cocomeri, conditele di sale, e pepe rotto, e fatele marinare con olio, sale, pepe, prezzemolo, cipollette, e carotole, e fatele cuocere a piccol fuoco nella loro marinata in mezzo a due pezzi di lardo; quando saranno cotte servitele con una salsa fatta come segue.
Mettete in una casseruola del prezzemolo, cipollette, carotole trite, sale, pepe, due pezzi di butirro, un pugno di farina, un cucchiaio d’olio fino, due cucchiai di buon brodo, unite la salsa al fuoco, ed in servendo aggiugnetevi del suco di citrone. Serve per entrée.

99
Coste di vitello alla marinata.


Tagliate un quarto di vitello in coste, e fatele marinare due ore, con tre cucchiai di aceto, un quartino d’acqua, sale, pepe, due baccelli d’aglio, due carotole, una foglia di lauro, timo, basilicò, tre garoffani, prezzemolo, e cipollette, indi asciugate, infarinatele, e fatele friggere, servendole guernite di prezzemolo fritto; se la frittura è vecchia, fate la marinata men forte, e lasciatele cuocere, finché non vi resti più salsa, levate le spezie, che hanno servito per il condimento, infarinate le coste, e fatele friggere, altrimenti la frittura essendo vecchia, prima di essere cotte, le coste resterebbero nere; e si servono per entrée.

Coste di vitello alla graticola.


Tagliate un quarto in coste, accomodandole, affinché non siano troppo lunghe, lasciatele marinare un’ora con sale, pepe, fonghi, prezzemolo, cipollette, una piccola punta d’aglio, del butirro alquanto caldo; indi fate attaccare la marinata alle coste, coprendole con pane grattugiato, mettetele alla graticola con poco fuoco, bagnandole con il resto della marinata, quando siano cotte, e colorite, servitele sotto di una salsa di suco chiaro, con due cucchiai d’agresta, sale, e pepe oppure senza salsa; e si servono per hors d’oeuvre.

100
Coste di vitello alla ventresca.


Prendete tre oncie di ventresca, tagliatela in pezzi, mettetela in una casseruola con un pezzo di butirro grosso la metà d’un uovo; fate abbrustolire la ventresca, e mettetevi le coste di vitello per farle cuocere insieme a lento fuoco, volgetele di tempo in tempo, finché siano cotte, indi levatele dalla casseruola colla ventresca, per metterle sopra d’un’assietta, levate la metà del grasso, e mettete in una casseruola due carotole, un pugno di prezzemolo triturato, un poco di sale, con pepe rotto, bagnate con mezzo bicchiere di vin bianco, e con altrettanto brodo, od acqua; fate bollire, e ridurre a metà, rimettete le coste, la ventresca, e tre rossi d’uova stemprati in due cucchiai di brodo, fate unire al fuoco senza bollire; in servendo aggiugnete un poco d’aceto. Si servono per entrée.

Coste alle pera.


Tagliatele molto spesse, e fate un buco dalla parte della costa, ed ingranditelo con il dito per mettervi un poco di salpicon, fatto con un’animella di vitello imbianchita, e tagliata in piccoli dadi, della ventresca tagliata nella stessa maniera, ed unito con prezzemolo, cipollette, carotole, e fonghi triturati, sale, e pepe rotto, unite le coste, affinché l’intingolo non esca, e mettetele a cuocere in una casseruola con pezzi di lardo, alquanto di brodo, e mezzo bicchiere di vin bianco; quando sono cotte aggiustatele sul piatto colle coste in aria, 101passate la salsa alla stamigna dopo di averla disgrassata, aggiugnendovi un poco di suco colato, per unirla, servitela sopra le coste, e per entrée.

Coste in papigliotte.


Tagliatele alquanto minute, e mettetele in quarti di carta bianca con sale, pepe, prezzemolo, cipollette, fonghi, carotole, il tutto ben triturato, con poco di olio, o butirro, inviluppate la carta intorno alle coste, lasciandone però uscire il fine; ungete la carta di fuori, e fatele cuocere a piccol fuoco su la graticola, dopo di aver messo un foglio di carta unto di butirro sotto le coste; servitele poscia inviluppate nella carta, e per entrée.

Quarto di vitello alla cittadina.


Tagliate mezza libbra di lardo, unendolo con prezzemolo, cipollette, mezzo baccello d’aglio, il tutto triturato finissimo, sale, e pepe rotto; inlardate tutto il fileto del quarto di vitello, dopo di aver tagliate le ossa, che sono al di sotto dello stesso fileto; mettetelo in una terrina, o piccola pignatta con del lardo al fondo, tre fette di cipolla, dei zestes di carotole, e di pastinache; lasciatelo mezz’ora al fuoco, indi bagnatelo con un bicchiere di brodo, tre cucchiai a bocca d’acquavita, e fatelo cuocere a fuoco lento. Quando sarà cotto, e la salsa corta, disgrassatela per servirla sul quarto.
Se volete servire il quarto freddo, come 102il bue alla moda, aggiustatelo sul piatto, con sopra la salsa, senza disgrassarla, e lasciatelo raffreddare.
Le coste di vitello si possono servire nella stessa maniera.

Quarto di vitello allo spiedo con erbe fine.


Inlardate tutto il filetto d’un quarto di vitello dopo di averlo aggiustato propriamente, mettetelo in una terrina, e fatelo marinare per tre ore con prezzemolo, e cipollette, ed alquanto di finocchio, fonghi, una foglia di lauro, timo, basilicò, due carotole, il tutto ben triturato, sale, pepe rotto, noce moscada raschiata con alquanto d’olio.
Quando sarà condito mettetelo allo spiedo con sopra il suo condimento, ed inviluppatelo in due fogli di carta bianca ben unti di butirro; infilzatelo in maniera, che le erbe non escano, facendolo cuocere lentamente; dopo levate la carta con le erbe, poi lo aggiusterete nella casseruola con alquanto di suco, due cucchiai di agresta, butirro grosso come una noce, unito con un pugno di farina, alquanto di sale, e pepe rotto; fate unire bene al fuoco, e servite sotto del quarto. Prima di unire la salsa fate liquefare un poco di butirro con un rosso d’uova, per ungere il di sopra del quarto, e copritelo con pane grattugiato, facendogli prendere un bel colore; e servitelo per entrée.

103
Uso della coscia di vitello.


Quello che comprende la coscia, ed il garetto, è per così dire l’anima della cucina, perché quindi si estrae il suco di vitello, i ristorativi, i succhi colati di pernice, i succhi colati di beccaccie, ed ogni sorta di salse, come salsa allo spiedo, salsa alla carpe, salsa all’anguilla; per condire molte piccole braises, a far delle farse, e dei pasticci piccoli, e grossi, e molti entrées in diverse maniere, come fricandeau serviti con ogni sorta di legumi, delle polpette, del pane di vitello, delle brezoles, delle noci nella carta, alla graticola, delle noci alla chantilli, delle noci fra due piatti alla cittadina.
Il garetto serve altresì per fare la gelatina di carne per gli ammalati.

Succhi colati, ed altri.


Per fare i succhi mettete nel fondo di una casseruola dei piccoli pezzi di lardo, e della coscia di vitello proporzionate alla quantità del suco che volete estraere.
Per farlo buono mettetene una libbra per ogni quartino, regolandovi nella maniera seguente. Mettete due, o tre cipolle, ed altrettante radici, lasciate la casseruola ben coperta su d’un piccolo fuoco, tanto che la carne abbia tempo di mandar fuori il suco, mettetela poscia ad un gran fuoco, finché la carne sia prossima ad attaccarsi, ed allora rimettetela a lento fuoco, acciò s’attacchi dolcemente la carne alla casseruola, e vi lasci una bella crosta.
104Ritirate in seguito la carne, ed i legumi su d’un’assietta, e mettete nella casseruola un pezzo di butirro con farina, secondo la quantità del suco, che volete estraere, un cucchiaio a bocca pieno, per un quartino, e lasciate la casseruola al fuoco, finché il rosso sia bello, indi bagnatelo con brodo caldo, rimettendovi dentro la carne, e fatela cuocere altre due ore a fuoco lento disgrassando soventi il suco: quando sarà finito, lo passerete allo staccio, per servirvene quando stimerete a proposito.
Affinché il suco sia ben fatto, deve essere di colore della cannella né troppo chiaro né troppo spesso né troppo cotto.
Gli altri succhi colati si fanno nella stessa maniera eccettuata la diversità della carne che metterete, e che li muterà il nome; però in qualunque suco si ricerca sempre del vitello.
Voi potrete altresì fare del suco di vitello, mettendo nel fondo di una casseruola un poco di lardo, qualche fetta di cipolla, e dei pezzi di vitello minuti di sopra; fateli asciugare su di pochissimo fuoco, lasciandoli attaccare, senza che abbrucino, bagnandoli con del brodo; fateli bollire per una mezz’ora, passando poscia il suco alla stamigna, e servitevene.
Ogni sorta di suco si fa nella stessa maniera.

Filetti di vitello "tôt fait".


Prendete del vitello cotto allo spiedo, tagliato in filetti più minuti che potrete, metteteli in una casseruola con 105prezzemolo, cipollette, una punta d’aglio, carotole, il tutto triturato, sale, e pepe, due piccoli pani di butiro, e mezzo bicchiere d’olio fino; volgete tutto insieme al fuoco, finché la salsa sia ben unita, e non si vegga più l’olio. In servendo aggiugnete del suco di citrone. Questo intingolo si deve mangiar subito per cagione dell’olio.

Coscia di vitello alla cotica.


Prendete della coscia di vitello tagliata in pezzi, che piccarete con lardo, conditela di sale, pepe rotto, prezzemolo, cipollette, carotole, una punta d’aglio, il tutto triturato; prendete della cotica di lardo nuovo, che non sia rancido, tagliatelo in pezzi, e mettetelo in una terrina, facendo un letto di fette di vitello, ed un letto di cotica fino alla fine, mettete poi un bicchiere di vin bianco, ed un mezzo di acquavita, lasciate cuocere sopra le ceneri calde per quattro, o cinque ore, e servite, come il bue alla moda, per entrée.

Coscia di vitello alla crema.


Prendete della coscia di vitello tagliata in varie parti grosse la metà d’un uovo, piccate ciascun pezzo a traverso con lardo; condite di sale, spezie fine, prezzemolo, cipollette, e fonghi, il tutto triturato, metteteli in una casseruola con alquanto di butirro, e passateli al fuoco, aggiugnendovi un pugno di farina bagnata con brodo, ed un bicchier di vin bianco, fate cuocere, e ridurre a corta salsa: in servendo unite tre 106rossi d’uova con crema, che farete unire al fuoco senza bollire. Servite per hors d’oeuvre.

pane di vitello.


Prendete una libbra di coscia di vitello, altrettanto di grasso di bue tagliatelo insieme, mettetevi del prezzemolo, cipollette, e carotole triturate, sale, pepe, due uova, ed un piccol bicchiere di crema; mettete dei pezzi di lardo nel fondo di un piatto, con dentro la farsa; e se avete un intingolo, o sia salsa di carne, o di erbaggi cotti, e raffreddati, metteteli nel mezzo della farsa, coprite con pezzi di lardo, e fateli cuocere al forno, quando sarà cotto ritiratelo senza romperlo, fate un buco nel mezzo, per aggiungervi una buona salsa chiara, e piccante.

Coscia di vitello fra due piatti.


Prendete un pezzo di coscia di vitello, il più spesso che potete per fare un buon piatto, piccatelo con lardo; prezzemolo, cipollette, fonghi, una punta d’aglio, il tutto triturato, sale, e pepe, mettete la coscia in una casseruola ben coperta, fatela cuocere nel suo suco con una cipolla, e due radici; quando è cotto a piccol fuoco, disgrassate la sua poca salsa, e servitela sul pezzo di vitello, se avete del suco colato, aggiugnetevene, che renderà la salsa migliore. Servitelo per entrée.

107
"Fricandeau" di vitello alla cittadina.


Prendete una fetta di coscia di vitello grossa due dita, piccatela di sopra con ventresca, fatela imbianchire un momento all’acqua bollente, indi mettetela a cuocere con brodo, ed un mazzetto guernito, quando è cotta ritiratela dalla casseruola per disgrassare la salsa, che passerete in un’altra casseruola allo staccio, indi la ridurrete al fuoco, sinché sia consumata quasi tutta, mettete in appresso i fricandeau per ghiacciarli, quando saranno ben ghiacciati dalla parte del lardo aggiustateli sul piatto da servire, distaccate al fuoco ciò che vi è nella casseruola con un poco di suco colato, o pochissimo brodo, gustate se la salsa è ben condita, e servitela sopra de’ fricandeau. Ogni sorta di fricandeau si fa nella stessa maniera.

Noci di vitello coi tartuffi alla buona femmina.


Prendete tre noci di vitello, unitele, ed aggiustatele, levando la carne che convien meno, piccatele con lardo, e tartuffi uniti insieme, sale fino, prezzemolo, cipollette, tartuffi bianchi, fatele cuocere con buon brodo, quando sono cotte, e la salsa ben disgrassata, mettetevi due cucchiai di suco colato, fate ridurre la salsa, di modo che sia né troppo corta né troppo lunga, e servitela su le noci di vitello per entrée.

108
Polpette.


Tagliate delle fette di coscia di vitello larghe due dita, e lunghe tre, della grossezza di un mezzo scudo, dopo essere ben battute mettete su ciascuna della farsa di qualunque carne oppure un godiveau, fatto con un poco di coscia di vitello, altrettanto di grasso di bue, di prezzemolo, cipolette, ed una carotola, quando il tutto è tagliato ben fino, aggiugnetevi due rossi d’uova, mezzo cucchiaio a bocca d’acquavita, sale, e pepe, mettete il tutto sulle polpette, indi rotolatele, mettendo su ciascuna un pezzo di lardo, ed infilzatele, con farle cuocere allo spiedo inviluppate di carta, quando saranno cotte coprite il di sopra del lardo con pane grattugiato, facendolo colorire al fuoco chiaro; servite con una salsa di suco chiaro, condita di buon gusto.

Sorta di pasticcio.

Polpette alla "braise".


Fate le polpette nella stessa maniera delle precedenti, non mettendo i pezzi del lardo di sopra, mettendoli nel fondo di una casseruola, con aggiustare le polpette di sopra, fatele cuocere a piccol fuoco con mezzo bicchiere di vin bianco, ed altrettanto di brodo, un poco di sale, e pepe rotto; quando sono cotte, aggiustatele nel piatto da servire, disgrassate la salsa della cottura, passatela alla stamigna, e servitela per di sopra.

109
"Brezolles".


Tagliate della coscia di vitello più minuta che potrete, larga un dito, e quanto basti a guernire il piatto, che dovrete servire; prendete del prezzemolo, cipollette, carotole triturate, mettetele in una casseruola con un poco di olio, o butirro al fondo, con erbe fine tagliate, sale, e pepe; e fate un letto di coscia di vitello, indi fatene sopra un altro con erbe, butirro, olio, sale, e pepe; rifatene un altro di coscia, e così seguitate fino alla fine, coprite il disopra con pezzi di lardo, coprendo altresì la casseruola, fate cuocere a piccol fuoco sopra cenere calda per un’ora e mezza. Alla metà della cottura aggiugnete un mezzo bicchier di vin bianco; quando sono cotte servitele con la loro salsa ben disgrassata.

Noci di vitello in cassa.


Tagliate della coscia di vitello grossa un dito della stessa grandezza de’ fricandeau, fate una cassa di carta bianca proporzionata alla carne che avete, ungetela con butirro al di fuori, mettetevi dentro la carne con olio, o butirro, prezzemolo, cipollette, carotole, fonghi, il tutto ben fino, sale, e pepe rotto, mettete la cassa alla graticola, con un foglio di carta unto sotto, fatelo cuocere a piccolissimo fuoco sopra la cenere calda; guardatevi di lasciare abbruciare la carne; quando sarà cotta da una parte, volgetela dall’altra; servite con la 110cassa di carta, dopo d’avervi versato sopra leggermente alquanto di aceto bianco.

Noci di vitello alla "chantilli".


Tagliate della coscia di vitello nella stessa maniera delle polpette, senza farsa però, conditele con olio, sale, pepe rotto, prezzemolo, cipollette, carotole, e fonghi, il tutto triturato, rotolatele, infilzandole, con farle cuocere allo spiedo, servendole con una salsa condita di buon gusto. Servitelo per hors d’oeuvre.

gelatina per gli ammalati.


Mettete nella pignatta una polastra abbrustolita, nettata, e pelata, un garetto di vitello d’una libbra e mezza, con due pinte d’acqua, fate bollire, ed ischiumate, indi rilasciate bollire a piccol fuoco per tre ore, disgrassate bene il vostro brodo, e passatelo ad uno staccio, mettendolo in una casseruola sopra d’una stuffetta con una fetta di citron verde pelato, o qualche goccia d'aceto bianco, tre oncie di zuccaro, due o tre grani di sale, due pugni di coriandolo, ed un pezzo di cannella, fate bollire per un quarto d’ora, ed aggiugnete tre uova rotte col suo guscio, lasciate bollire lentamente, volgendo soventi sino che la gelatina sia chiara, e ridotta a circa tre quartini, allora passatela in una servietta bianca bagnata, e ben premuta, mettete la gelatina nel suo vaso in luogo fresco, o sopra del ghiaccio.

111
Della midolla, o filetti d’oro, detti "amourette".


La midolla si serve marinata, e fritta per tramesso; vedete le cervelle di bue fritte, come sopra a pag. 57.

Code di vitello di varie sorta.


Esse si servono in hauchepot, come la coda del bue, con ciò però che devonsi mettere gli erbaggi nel tempo stesso della carne, perché il vitello non è duro da cuocere.
Quando sono cotte alla braise, come la lingua di bue, si servono altresì con vari intingoli composti di erbaggi.

Code di vitello alla "Sainte Menehoult".


Prendete tre code tagliatele in due, ed imbianchitele per un momento all’acqua bollente, mettendole in una piccola pignatta con brodo ben grasso, un mazzetto di prezzemolo, cipollette, un baccello d’aglio, tre garoffani, due carotole, una foglia di lauro, timo, basilicò, sale, pepe, una cipolla, ed una pastinaca, fate bollire finché siano cotte, e vi resti poca salsa, indi ritiratele, e lasciatele raffreddare; passate la salsa ad uno staccio chiaro, affinché il grasso vi passi insieme, e che non ve ne resti più d’un mezzo bicchiere, e poi mettetelo in una casseruola con tre rossi d’uova stemprati con un buon pugno di farina, fatela unire al fuoco, acciò divenghi alquanto spessa, immergendovi poscia le code, e 112coprendole con pane grattugiato, aggiustatele nel piatto da servire, e fatele colorire, mettendovi sopra un coperchio da tortiera, servendole con una salsa piccante, fatta alla ravigotte, come troverete nel capitolo XX delle salse.
Preparate, che siano in questa maniera, voi potrete altresì metterle alla graticola, e servitele con la medesima salsa.

Coda di vitello coi cavoli, e ventresca.


Prendete due code, tagliatele in due, fatele imbianchire con mezza libbra di ventresca tagliata in fette, indi fate altresì sbianchire un grosso cavolo tagliato in quattro pezzi, dopo un quarto d’ora ritiratelo all’acqua fresca, e premetelo bene; levandogli tutti i tronchi, ed infilzatelo con i piccoli pezzi di ventresca, e le code, mettendo tutto in una piccola pignatta con un mazzetto di prezzemolo, cipollette, mezzo baccello d’aglio, tre garoffani, un piccolo pezzo di noce moscada, bagnate con brodo, sale, e pepe rotto; fate bollire lentamente, finché le code siano cotte, poi cavate il tutto dalla pignatta, lasciando bene sgocciolare, ed asciugate il grasso, aggiustando le code coi cavoli, e la ventresca di sopra, mettendovi del suco colato abbastanza per una salsa in una casseruola, con del butirro, sale, e pepe rotto, fate unire al fuoco, e versatevi i cavoli con la carne; se non avete suco colato, prendete della cottura de’ cavoli passata allo staccio, e ben disgrassata, mettetela in una casseruola con 113alquanto di butirro unito con farina, fate unire al fuoco, e se volete servire in una terrina, fate la salsa in maggior quantità.

Goffa di riso, e carne.


Fate cuocer per lo spazio di tre quarti d’ora una mezza libbra di riso in una piccola pignata con brodo, e lardo liquefatto; quando sarà quasi cotto, ben spesso, e molto grasso, mettetene grosso due scudi nel piatto da servire, che dovrà essere di maiolica che resista al fuoco; poi mettetevi sopra la carne che giudicherete a proposito, benché sia di diversa specie, purché sia cotta in una buona braise, e condita di buon gusto. Coprite poi tutto il disopra con riso, di modo che non si vegga la carne; unitelo bene con il coltello, mettendo il piatto sopra la cenere calda con un coperchio di tortiera al di sopra, ed un buon fuoco, lasciandolo finché il riso resti ben colorito; prima di servire levate il grasso, e servite a secco; oppure aggiugnetevi una piccola salsa nel fondo. Voi potrete altresì aggiustare nella stessa maniera ogni sorta d’intingolo, di cui vi siate già servito, purché la salsa sia molto corta.

114CAPITOLO V. DEL PORCO,
E COME SI SERVA


Il porco è d’un gusto assai dolce; egli è impossibile di travagliar bene di cucina, senza servirsene; essendo però questa una carne molto nutritiva, difficile a digerire, e che rilascia il ventre, debbo parlarne poco; siccome ogni parte del porco può servire, farò un breve racconto di ciascuna in particolare, per soddisfazione, e contento di coloro, che non patiscono un tale nutrimento.

Della testa del porco.


Essa si aggiusta come la testa del cinghiale, facendola abbrustolire a chiaro fuoco sopra di una stuffetta molto ardente, e fregandola a tutta forza con un mattone, e poscia con un coltello; tosto che sia pulita, disossatela a metà, senza levarle la pelle, piccatela al di dentro con lardo, conditela di sale, e spezie miste, prezzemolo, cipollette, fonghi, ed aglio, il tutto ben triturato, inviluppandola in un pannolino bianco, infilzatela, e fatela cuocere in una buona braise fatta con brodo, vino rosso, un grosso mazzetto guernito, cipolle, erbe, sale, e pepe.
Quando è cotta lasciatela raffreddare nella sua braise, e servitela sopra d’una servietta per tramesso per il mezzo.

115
formaggio della testa di porco.


Prendete una testa di porco ben nettata, disossatela affatto, e levatele tutta la carne con il lardo, senza tagliare la cotica; tagliate la carne in fili molto minuti, fate lo stesso del lardo, mettete il magro da una parte sopra d’un piatto ben disteso, ed il grasso da un’altra; tagliate altresì le orecchie in fili, condite da ambe le parti il tutto con sale fino, pepe rotto, timo, lauro, basilicò, sei garoffani, due pugni di coriandoli, mezza noce moscada, il tutto triturato finissimo, due baccelli d’aglio, quattro cipolle, e mezzo pugno di prezzemolo in foglie intiere, mettete la pelle della testa in una casseruola rotonda, aggiustate tutti i fili della carne con far un letto di carne con qualche fetta di giambone, se ne avete, e delle foglie di prezzemolo, continuando cosi fino alla fine; cucite la cotica, piegandola come una borsa, ed inviluppatela in uno straccio bianco ben legato con filo, mettete questa in una pignatta di sua grandezza, per farla cuocere sei, o sette ore con brodo, una pinta di vin bianco, cipolle, erbe, timo, basilicò, lauro, un baccello d’aglio, sale, e pepe; quando è cotta, aggiustatela, asciugatela, mettendola in un vaso proporzionato, e ben rotondo; copritela con un coperchio, ed un peso assai grave di sopra, per farle prendere la forma di formaggio, che volete, finché sia fredda; indi servitela per grosso tramesso.

116
Delle orecchie, lingua, e piedi di porco.


Le orecchie si fanno cuocere alla braise, fatta come quella della testa; quando sono cotte copritele con pane grattugiato, fatele abbrustolire, servendole al suco.
Si fa lo stesso delle piccole parti, come del palato del bue spiegato di sopra. Sono altresì buone salate, ed affumicate.
La lingua si mette alla braise con una salsa piccante, ella è però migliore salata, ed affumicata.
I piedi s’aggiustano come le orecchie.

Della coratella, dello scotennato, della reticella, e delle budella del porco.


Le budella servono per fare ogni sorta di sanguinacci, salsiccione, e salsiccie.
La coratella si può aggiustare nella stessa maniera di quella del vitello.
Lo scotennato serve a fare il grasso per le salsiccie, e varie altre farse.
La reticella è buona per gli entrées in crepine, per il lardo, e senza di questo non si può far cucina.

Dei giamboni, e come si aggiustano.


Le coscie, e le spalle si mettono in giambone, salandole, ed affumicandole.
A quest’effetto fate una salamoia con sale, o salnitro, ed ogni sorta di erbe odorifere, come timo, lauro, basilicò, balsamo, maggiorana, e ginepro; bagnate il tutto con metà acqua, e metà vino unito; lasciando tutte queste erbe in infusione nella 117salamoia per ventiquattr’ore, indi si passa allo staccio, lasciandovi dentro i giamboni per quindeci giorni, poi ritirateli dalla salamoia, e fateli sgocciolare, ed asciugare, lasciandoli affumicare sotto del fornello. Quando sono secchi, per conservarli fregateli con vino, ed aceto, mettendoli sopra della cenere calda; volendoli poscia far cuocere, puliteli, e lasciateli due, o tre giorni nell’acqua, per levarli il sale, inviluppateli in uno straccio bianco, e metteteli in una pignatta con due pinte di acqua, ed altrettanto di vino rosso, radici, cipolle, un grosso mazzetto guernito d’ogni sorta d’erbe fine, e fateli cuocere cinque, o sei ore a lentissimo fuoco.
Quando saranno cotti lasciateli raffreddare nella loro cottura, poi ritirateli, levandoli leggermente la cotica, lasciandovi tutto il grasso, sul quale aggiugnerete del prezzemolo trito, alquanto di pepe, e della crosta di pane triturata, mettendovi sopra un coperchio infuocato, acciò il pane s’inzuppi bene nel grasso, e prenda colore. Serviteli su d’una servietta, che siano freddi per grossi tramessi.
Se li giamboni fossero freschi, e piccoli, potete farli cuocere allo spiedo, e servirli caldi, o freddi per tramesso: proccurando però di levarli il sale con maggior diligenza.

Del petto, schiena, e quarto di porco.


Il petto si serve in piccolo salato; il filetto, il quarto, e la schiena si servono in coste, o allo spiedo con una salsa di mostarda, od un intingolo di piccole cipolle.

118
Coste di porco fresco in intingolo.


Tagliate un quarto di porco fresco in coste, che farete cuocere con alquanto di brodo, un mazzetto guernito, sale, e pepe: prendete un’animella di vitello imbianchita, tagliatela in grossi dadi, mettendola in una casseruola con funghi, qualche fegato di volatile, ed alquanto di butirro; passate il tutto al fuoco con un buon pugno di farina bagnata metà con brodo, metà con vin bianco, e con suco sufficiente, per dar colore all’intingolo, sale, e pepe rotto, un mazzetto di prezzemolo, cipollette, mezzo baccello d’aglio, e due garoffani; fatelo cuocere, e ridurre a corta salsa, e servite sopra le coste.
Nello stesso modo potrete aggiustare le coste con l’intingolo, e quando saranno mezze cotte, aggiugnetevi l’animella di vitello, il fegato, e de’ fonghi, con lo stesso condimento.

Come si debba fare il piccolo salato di porco.


Qualunque pezzo di porco serve per il piccolo salato, il fileto però è il migliore; tagliate i pezzi della grossezza che più vi piace, prendete del sale pesto, di cui ne metterete una libbra per ogni quindeci libbre di carne, fregatene la medesima in ogni parte, ed aggiustatela in un vaso; quando è ben pieno serratelo forte, e servitevene da lì a cinque, o sei giorni, badate che il salato è sempre migliore quando è più fresco; indi ve ne potete servire sia per mangiare con il suco di piselli, intingolo di cavoli, di legumi, o suco di lenti, o di rape, purché nell’intingolo, in cui aggiugnete il salato, non mettiate del sale; e se il 119vostro salato ha preso troppo sale, prima di farlo cuocere, immergetelo nell’acqua tiepida, lasciandolo stare il tempo, che basterà, per ridurlo a quel grado, che volete.

Come si debba fare il lardo, ed il grasso.


Prendete il lardo del porco, lasciandovi il meno di carne che potrete, aggiustatelo nella grotta sopra delle tavole, con al disopra una libbra di sale pesto, se il lardo è di dieci libbre, in appresso dopo d’averlo fregato mettete l’uno sopra l’altro, cioè carne contro carne; coprendolo con assi, e delle pietre per di sopra, affinché resti più fermo il lardo, lasciandolo almeno per quindeci giorni nel sale, sospendendolo poscia in luogo asciutto, per farlo seccare.
Il grasso si fa dopo d’aver pelato lo scotennato, o cotica; tagliatelo in piccoli pezzi, e mettetelo in una caldaia con un quartino di acqua, una cipolla piccata con garoffani, fatelo poscia liquefare a piccol fuoco, finché la crosta cominci a colorirsi, ed allora ritiratelo dal fuoco, lasciandolo poi raffreddare a metà; in seguito versatelo in un vaso di terra, collocandolo in qualche luogo freddo.

Sanguinacci di porco oppure di cinghiale.


Prendete delle cipolle tagliate, e fatele cuocere con acqua, e dello scotennato, quando sarà ben cotto, e non vi sia più grasso, tagliatelo in dadi, mettendolo in una casseruola con le cipolle, del sangue, e della crema, condite 120con sale fino, spezie miste, ed unite il tutto insieme; indi imbottatelo nelle budella, che avrete tagliate giusta la lunghezza dei bodini che volete fare; non riempitele troppo, affinché cuocendo non vengano a creparsi, legate i due estremi disgiunti di ciascun budello, e fateli cuocere all'acqua bollente un quarto d’ora; per conoscere se sono cotti, cavatene uno con la schiumora, e pungendolo con un ago, se non esce più il sangue, ma piuttosto il grasso, è segno che sono cotti; lasciateli poscia raffreddare, per rimetterli in seguito alla graticola prima di servire.
I bodini di cinghiale si fanno nella medesima maniera, come sopra.

Del modo di aggiustare il sangue di vitello, di porco, e d’agnello, non facendo sanguinacci.


Prendete della cipolla tagliata in piccoli dadi, e fatela cuocere in una casseruola sopra d’una stuffetta, o nella pentola al fuoco con butirro, e grasso; fate che le cipolle siano molto grasse, poi versatevi il sangue di sopra, volgendolo leggermente al fuoco, come si fa dell’uova sbattute, conditele poi con sale, e pepe; se questa maniera non è così gustosa come il bodino, vi troverete però lo stesso gusto, e con una minore spesa.

Sanguinacci bianchi alla cittadina.


Mettete al fuoco un boccale di buon latte, e fatelo bollire, aggiugnendovi un buon pugno di pane grattugiato, passatelo allo 121staccio, e fate ribollire il tutto insieme, volgendolo soventi principalmente verso il fine, finché il pane abbia succhiato tutto il latte, e che sia ben spessa; mettetela a raffreddare, poi tagliate mezza donzena di cipolle in piccoli dadi, facendole cuocere con butirro a lento fuoco senza lasciarle colorire, indi prendete mezza libbra di scotennato triturato, mescolatelo con le cipolle, che avrete levato dal fuoco, aggiugnendovi altresì il pane grattugiato, con sei rossi d’uova, un quartino, e mezzo di crema, e stemprate il tutto insieme, conditelo con sale, e spezie fine; prendete poi le budella di porco ben lavate, e tagliate della lunghezza dei sanguinacci che volete fare, non empitele più di tre quarti, legandone le estremità, fate bollire dell’acqua, e quando bollirà forte, mettetevi leggermente i sanguinacci, lasciandoli finché siano cotti, il che sarà quando pungendoli escirà il grasso; allora ritirateli leggermente con la mestola, mettendoli nell’acqua fresca, e facendoli sgocciolare, indi rimetteteli alla graticola in una cassa di carta, e levandoli la cassa serviteli caldi.

Maniera di far ogni sorta di cervellato.


Comunemente si prende della carne di porco, la più tenera, e più tralardata, o pure di carne di vitello, lepre, o coniglio, purché abbia molto grasso; prendete dunque della carne a proporzione dei cervellati che volete fare, tagliatela con alquanto di prezzemolo, cipollette, sale, e spezie miste; prendete delle budella, 122riempitele di carne, e legate i due estremi, lasciandoli affumicare due giorni sotto il fornello, indi fateli cuocere due, o tre ore nel brodo senza sale; se volete farli con la cipolla, prendetene a proporzione della carne che avete, trituratele, e fatele cuocere con lardo, o grasso liquefatto; quando siano quasi cotte, mettetele nella carne, terminando li cervellati, come abbiamo detto.
Se volete farne con i tartuffi, tagliate la carne, indi mettetevi i tartuffi, senza farli cuocere; ed il resto come sopra.

Maniera di fare ogni sorta di salsiccia.


Prendete la carne di porco più grassa, tagliatela con prezzemolo, cipollette trite, conditele con sale, e spezie fine. Imbottate il tutto in budella di vitello, o di porco, legandola, e facendola abbrustolire.
Voi potete darle il gusto, come più vi piace, come di tartuffi, o di cipolle; se si tratta de’ tartuffi, tagliatene con la carne quel che volete; se delle cipolle, mettetene una pochissima porzione.
Le salsiccie piane si fanno nella medesima maniera eccetto che mettete la carne nella graticella di un porco, facendola poi abbrustolire nello stesso modo.

Salsiccioni di porco, o sia "androuilles".


Prendete delle budella grasse di porco ben lavate, e tagliate della lunghezza de’ salsiccioni che volete fare, immergetele nell’acqua, dove vi sia un quarto d’aceto, timo, lauro, e basilicò, per far loro perdere il gusto della trippa, poi prendete una parte di 123queste budella, tagliatele in fili, facendo lo stesso dello scotennato, e di alcuni pezzi di porco; condite il tutto insieme con sale, e spezie fine, mescolate con un poco d’annisi; poi riempite due terzi delle dette budella, legandole, e facendole cuocere con metà acqua, e metà latte, sale, timo, lauro, basilicò, e scotennato per condirle: quando saranno cotte, lasciatele raffreddare nella loro cottura, e servitele abbrustolite per hors d’oeuvre.

giambone, o sia presciutto in "cincarat".


Prendete del presciutto tagliato in fette molto minute, mettetele in una casseruola, o pentola con alquanto di grasso, o di lardo, fatelo cuocere a lento fuoco, e quando sarà cotto, aggiustatelo nel piatto, mettendo nella stessa casseruola alquanto d’acqua, e d’aceto, con pepe rotto, per distaccarne l’avanzo, il che farete volgendo la vostra salsa con un cucchiaio; indi servitela sul presciutto.

Del porco da latte.


Il porco da latte si fa cuocere allo spiedo; quando l’avrete ben pelato, ed acconciato, tagliategli un poco di pelle in testa, nelle spalle, e coscie, acciò la pelle non si rompa; indi mettetelo al fuoco, fregandolo soventi con olio, per rendere la pelle più tenera, e mangiatelo subito che l’avrete cavato dallo spiedo, perché ha miglior gusto.

124
Porco da latte in quarto "au pere douillet".


Fate un buon brodo con la coscia di bue, un garetto di vitello, e due piedi, un mazzetto di prezzemolo, cipollette, due baccelli d’aglio, tre garoffani, mezza noce moscata, cipolle, e radici; tosto che la carne sia cotta, passate il brodo allo staccio, mettendo il porco in un vaso proporzionato con quattro grossi gambari, ed il brodo, aggiugnendovi un boccale di vin bianco, sale, e pepe rotto; e facendolo cuocere per un’ora e mezza, passate poi la cottura allo staccio, disgrassandola, e mettendola su di una stuffetta, con ridurla in gelatina, ed aggiugnervi mezzo citrone pelato, e sei bianchi d’uova sbattuti col guscio; fatela poscia passare per una servietta; aggiustate il porco in un vaso proporzionato, ed i quattro gambari di sopra con branchi di prezzemolo verde, versandovi sopra la gelatina; immergendo poscia il piede del vaso in acqua calda, e rovesciandolo con una servietta di sotto.

Porco da latte in "blanquette".


Prendete gli avanzi di un porco da latte già servito arrosto, e tagliatelo in fili minuti; mettete in una casseruola del butirro grosso come una noce, con fonghi tagliati in piccole fette, un mazzetto di prezzemolo, cipollette, un baccello d’aglio, due cipolline, due garoffani, mezza foglia di lauro, timo, e basilicò, passate il tutto al 125fuoco con un pugno di farina; bagnate con un bicchier di vin bianco, altrettanto brodo, sale, e pepe rotto, fate bollire a lento fuoco, e ridurre a metà, levate il mazzetto, mettendovi i fili di carne, fate scaldare, senza bollire aggiugnendo un’unione di tre rossi d’uova stemprati in due cucchiai a bocca d’agresta, ed altrettanto brodo; fate unire al fuoco, senza bollire, e servite caldo.

Porco da latte in galantina.


Quando è ben nettato, disossatelo affatto, e distendetelo su d’un pannolino bianco, con sopra una buona farsa di carne condita di buon gusto, della spessezza di uno scudo, aggiustando sopra la farsa dei pezzi di presciutto, su de’ quali aggiugnerete de’ pezzi di lardo, con sopra de’ tartuffi, ed alla fine de’ rossi d’uova duri; coprite il tutto con alquanto di farsa, poscia volgete il porco, senza disordinare i lardoni, inviluppatelo in fette di lardo, ed in una stamigna, legatelo, e fatelo cuocere per tre ore con mezzo brodo, e mezzo vin bianco, sale, pepe rotto, radici, cipolle, un gran mazzetto di prezzemolo, cipolline, aglio, garoffano, timo, lauro, e basilicò; quando sarà cotto, lasciatelo raffreddare nella sua cottura, e servitelo freddo per tramesso; facendo così a tutte le galantine.

Porco da latte alla lionnese.


Disossatelo tutto, eccettuata la testa, ed i piedi; fate una farsa in questo modo. Mettete nella casseruola una pinta di buon 126latte, quando bollirà aggiugnete mezza libbra di mollica di pane, che lascierete bollire finché sia spessa, e non vi sia più latte, volgendola soventi affinché non si attacchi; fatela raffreddare, indi prendete una coscia di vitello d’una libbra circa, con altrettanto grasso di bue tagliato insieme, mettetevi poi il pane grattugiato con del prezzemolo, cipollette, e fonghi triturati, sale, e pepe, con quattro uovi intieri; tagliate in grossi dadi il fegato del porco, e quasi altrettanto presciutto crudo, che meschiarete con la farsa, aggiustando il tutto nel porco, poi cucitelo, ed accomodatelo, come se doveste metterlo allo spiedo, copritelo con lardo, ed inviluppandolo in una stamigna, legatelo, facendolo cuocere come il precedente, e servitelo sopra di una servietta freddo per tramesso.

Porco da latte in pasticcio freddo.


Per fare questo pasticcio freddo, adoperate quello, che spiegheremo nell’articolo de’ pasticci.

127CAPITOLO VI
DEL MONTONE


Le parti del montone che sono più in uso nella cucina sono le seguenti.
Le gambe, il quarto, la spalla, l’arrosto, il collo, il petto, il fìleto, la lingua, i piedi, i rognoni esteriori, e la coda.

Arrosto di "biffe" di montone in varie maniere.


Si mette intiero nello spiedo, piccato di ventresca, e si serve nel suo suco per pezzo di mezzo, e si mette ancora alla sainte Menehoult; allora fatelo cuocere alla braise, come la lingua di bue; quando poi è cotto copritelo con pane grattugiato per farlo colorire, e servite sotto una buona salsa; si può anche quando è ben piccato farlo cuocere come un fricandeau, ed anche ghiacciarlo.
Si servono altresì cotti alla braise, ed immascherati con diversi intingoli di legumi, o differenti salse.

Coscia di montone alla "Perigord".


La coscia del montone che è una parte del arrosto, si aggiusta ancora nella stessa maniera, e di più alla Perigord; voi prendete allora de’ tartuffi tagliati in piccole fette, che volgerete insieme con piccoli 128pezzi di lardo, sale, spezie fine, prezzemolo, cipolle, ed aglio, il tutto ben trito; coprite per ogni parte la coscia di tartuffi, e lardo, lasciandola per due giorni inviluppata bene in una carta, acciò non prendi aria, poscia fatela cuocere cinque ore a piccol fuoco, dentro di una casseruola nel suo succo coperto di pezzi di vitello, e di lardo; quando sarà cotta, levate il grasso dalla salsa in cui è cotta, aggiugnendovi un cucchiaio di succo, e servite.

Coscia di montone con erbaggi ghiacciati.


Prendete una coscia mortificata, infilzatela, e mettetela in una pignatta con buon brodo, prendete la metà d’un cavolo, una donzina di radici per accomodarvi d’intorno, sei grosse cipolle, tre occhi di scelleri, e sei rape; fate imbianchire il tutto insieme per un mezzo quarto d’ora, facendolo poscia imbianchire nell’acqua, e spremetelo per levarci l’acqua; infilzate il cavolo, ed i scelleri, e mettete tutti questi erbaggi a cuocere con la coscia, conditela, e mettetevi pochissimo sale. Quando il tutto è cotto, aggiustate la coscia, e li erbaggi su d’un piatto, asciugate il grasso che resta, con un pannolino bianco, prendete poscia il brodo in cui è cotta la coscia, disgrassatelo, e poi passatelo alla stamigna, facendolo ridurre a due cucchiai, e questo sarà il ghiaccio, che metterete leggermente su la coscia, con li erbaggi, per ghiacciarli egualmente, mettete poi del suco chiaro nella casseruola del ghiaccio, per staccarne il resto, passate questa salsa alla stamigna, per renderla più 129chiara, e conditela di buon gusto; servitela sopra gli erbaggi, senza toccare il ghiaccio.

Coscia di montone col prezzemolo.


Prendete una coscia mortificata, infilzatela, fatela cuocere cinque ore con brodo, e pochissimo sale, con un mazzetto guernito; quando sarà cotta la coscia, levatela, e disgrassato il brodo, lo ridurrete in ghiaccio, rimettendo poscia la coscia nella stessa casseruola, affinché prenda tutto il sapore della carne; abbiate cura di rivolgerla, affinché non si attacchi; quando non vi sia più di salsa nella casseruola, aggiustate la coscia sul piatto che dovrete servire, mettendo nella casseruola del suco colato chiaro per staccarne il resto. Togliete un buon pugno di prezzemolo, fatelo imbianchire un mezzo quarto d’ora, poi mettetelo nell’acqua fresca, premendolo, e tagliandolo ben fino, e per fine spargetelo nella vostra salsa, la quale proccurarete che sia condita di buon gusto, servendola poscia per disopra la coscia.

Coscia di montone alla "poële".


Prendete una coscia già mortificata, e poi tagliatela in fette di tutta la sua larghezza, e grossa due dita, fate quattro pezzi della coscia, ed inlardatela condita di lardo, prezzemolo, cipollette, fonghi, un baccello d’aglio, sale, e pepe; mettete al fondo di una casseruola qualche pezzo di lardo, e cipolla, aggiustando la coscia di sopra; coprite bene la casseruola, e fatela cuocere a fuoco lento nel suo suco; 130quando sarà già mezza cotta, disgrassate la salsa, e se avete del sugo colato mettetene un poco, e servitela a corta salsa.

Coscia di montone alla genovese.


Prendete una coscia di montone mortificata, levategli la pelle senza distaccarla del tutto da detta coscia: infilzate nella carne dei pezzi di scelleri mezzi cotti alla braise, o nel brodo de’ piccoli cocomeri tagliati grossamente, del lardo, il tutto ben condito leggermente, ed alcune file d’acciuga; rimettendo poi la pelle in modo che non sembri staccata; attaccandola con filo, affinché non si ritiri, e cuocendola allo spiedo al solito, e servite con una salsa, mettendo alle uova un poco di cipollina.

Coscia di montone all’acqua.


Aggiustate un poco la coscia del montone, tagliandola verso il fine, affinché non resti così lunga; lardate la carne con lardo, ed alcune file d’acciughe, o pure mettetevi alquanto più di sale nel farla cuocere, legatela, e mettetela in una pignatta con un boccale d’acqua, ed altrettanto brodo, fatela bollire, schiumandola, aggiugnetevi un mazzetto di prezzemolo, cipollette, mezzo baccello d’aglio, tre cipolline, due garoffani, due cipolle, una carotola, ed una pastinaca. Quando sarà cotta, passate il brodo alla stamigna, con disgrassarlo, mettendolo poi al fuoco per ridurlo alla consistenza di gelatina, la quale dovete poi mettere sopra la coscia, mettete poscia qualche cucchiaio di brodo, o suco colato per 131distaccare ciò che vi resta nella casseruola, e dopo di averla passata allo staccio, servitela sotto la coscia.

Coscia all’inglese.


Tagliate un poco la coscia sul fine, e la pelle sopra l’osso della giuntura, per piegarla senza la sfigurare; inlardate il tutto per traverso con lardo, legatela, e mettetela in una pignatta con brodo, un mazzetto di prezzemolo, cipollette, un baccello d’aglio, tre garoffani, una foglia di lauro, timo, basilicò, sale, e pepe; quando sarà cotta lasciatela sgocciolare, togliendole il grasso con un pannolino, servendola con una salsa fatta come segue.
Mettete in una casseruola un bicchiere di brodo, e quasi altrettanto di suco colato, de’ cappari, un’acciuga, alquanto di prezzemolo, cipolletta, cipolline, un rosso d’uovo indurito, il tutto ben triturato, fatele dare due, o tre bolli, servendola sopra la coscia.

Coscia ai cavoli fiori.


Fatela cuocere come sopra, e dopo d’averla aggiustata sopra il piatto da servire; mettendovi all’intorno de’ cavoli fiori, i quali imbianchirete per un momento, e ritirati li porrete a cuocere in acqua bollente con sale, ed un pezzo di butirro, allorché saranno cotti, e sgocciolati, acconciateli propriamente attorno alla coscia, e mettete i cavoli fiori in alto, versandovi sopra una buona salsa fatta col suco colato ordinario, pepe, 132butirro, e sale; stemprandola al fuoco, e quando dovrete servire, mettetevi dell’aceto.

Coscia ai cavoli fiori ghiacciati di cascio parmigiano.


Fate cuocere la coscia, ed i cavoli fiori come sopra, con questa differenza che bisogna mettervi molto sale, il tutto essendo cotto, prendete il piatto che dovete servire, mettendovi un poco di salsa, come sopra, coprite la salsa col formaggio parmigiano raschiato, versandovi sopra il resto della stessa salsa, facendo un nuovo coperto di formaggio; allora mettetelo a cuocere a fuoco lento, coprendolo con un coperchio di tortiera, sopra di cui vi metterete del fuoco, finché abbia preso color dorato, e li riduca in corta salsa; prima di servire asciugarete i bordi del piatto, e lasciate sgocciolare il grasso, che si trova nella salsa.

Coscia ai piccoli cocomeri.


Mettete a cuocere una coscia di montone in una pignatta con brodo, od acqua, un mazzetto di prezzemolo, cipollette, un baccello d’aglio, tre chiodi di garoffani, timo, lauro, basilicò, due cipolle, due carote, una pastinaca, sale, e pepe; e quando sarà cotta passate la salsa alla stamigna, disgrassandola acciò si riduca in gelatina, che servirete sopra la coscia, mettendo di sotto un intingolo di piccoli cocomeri tagliati in due o tre pezzi, secondo la loro grossezza, raschiateli un poco, e fateli imbianchire un momento, per togliere la forza dell’acido, servendoli in una salsa stemprata.

133
Coscia "à la regence".


Tagliate una coscia di montone per traverso in tre, o quattro pezzi, inlardate ciascun pezzo di lardo condito di sale, spezie fine, erbe fine triturate, fate cuocere nella stessa maniera del bue alla reale, e la servirete calda per entrée, o fredda per tramesso.

Coscia alla reale.


Fate cuocere la coscia alla braise nella stessa maniera di quella de’ cavoli fiori, e servite sopra un intingolo d’animelle di vitello, fonghi, e piccoli uovi; per far questo intingolo voi farete imbianchire nell’acqua tepida un’animella di vitello, indi la metterete nell’acqua fresca, e taglierete in grossi dadi, e dopo d’averle tolto il cornetto, la metterete nella casseruola con fonghi triturati nella stessa maniera, passandoli al fuoco con un mazzetto di prezzemolo, cipollette, due garoffani, un mezzo baccello d’aglio, mettendovi in seguito un pugillo di farina, bagnate in appresso con metà suco, e metà brodo, facendo cuocere a fuoco lento, condite di sale, e pepe rotto; quando sarà pressoché cotta, disgrassatela, e mettetele i detti piccoli uovi, che avanti farete imbianchire nell’acqua bollente, bisogna ritirarli all’acqua fresca per togliere la piccola pelle che si trova di sopra, dopo che avranno bollito mezzo quarto d’ora nell’intingolo; aggiugnetevi del suco di citrone oppure d’aceto, e servitela sopra la coscia; se avete poi del suco colato, mettetevi meno di farina, e di suco di citrone.
134Per i piccoli uovi, come non si può sempre averne, se ne può fare in questa maniera. Fate indurire due uova, prendendone li rossi che metterete in un mortaio, con mezzo pugillo di sale, pestateli, aggiugnendovi un rosso d'uovo crudo; allorché saranno stemprati, ritirateli, per metterli sopra d’una tavola coperta di farina, volgendoli a guisa d’una piccola salsiccia, e tagliandoli in piccoli pezzi uguali, volgendo ciascun pezzo nel fondo delle mani per farli rotondi, mettendoli sopra d’un piatto, facendoli poscia cuocere alquanto nell’acqua bollente, con ritirarli nell’acqua fresca, e metterli a sgocciolare sopra uno straccio prima di metterli nell’intingolo.
Questo intingolo vi può servire a mascherare varie sorta di carne in entrée, e quando è solo, si serve per tramesso.

Coscia alla "Mailly".


Disossate la coscia alla riserva del fine, poi fateli de’ buchi al di dentro, senza pertugiare la pelle, per mettervi un salpicon fatto di questa maniera.
Tagliate del lardo, un poco di giambone, dei fonghi, de’ piccoli cocomeri tagliati in dadi, condite di sale, spezie fine mischiate, prezzemolo, cipollette triturate, timo, basilicò in polvere, lauro, unite tutto insieme, e fatelo entrar per tutto nella coscia, in seguito legatela, e mettetela in una casseruola con un bicchiere di brodo, ed altrettanto di vino bianco, una cipolla, una carota, ed una pastinaca, fatela cuocere a piccol fuoco ben chiuso per cinque ore, e 135quando sarà cotta, disgrassate la salsa, passatela per la stamigna, e se sarà troppo liquida, riducetela a lento fuoco a giusta consistenza, aggiugnetevi un poco di suco colato per legarla; servite sopra la coscia.

Coscia alla sultana.


Fate alquanto di farsa con un pezzo di coscia di vitello grosso come un uovo, altrettanto di grasso di bue, che triturerete insieme, aggiugnetevi prezzemolo, cipollette tagliate, un rosso d’uovo crudo, un cucchiaio d’acquavita, sale, e pepe; fate dei buchi in tutto il di sopra della coscia, per far entrare questa farsa, che farete cuocere allo spiedo inviluppata di carta, allorché sarà cotta, servitela con una salsa fatta come segue.
Mettete in una casseruola un quartino di vin bianco, altrettanto di brodo, con prezzemolo, cipollette, una mezza foglia di lauro, timo, basilicò, un baccello d’aglio, due garoffani, una carota, mezza pastinaca, sale, e pepe rotto; fate bollire il tutto per un’ora a piccol fuoco, riducendo la salsa a metà, passatela alla stamigna, aggiugnendovi un uovo duro triturato, ed un pugillo di prezzemolo imbianchito triturato finissimo, e butirro grosso come una noce stemprato con farina; fate unire al fuoco, e servite sopra la coscia.

Coscia brinata.


Inlardatela per ogni parte con piccoli cocomeri, giambone, e lardo, il tutto tagliato in dadi, infilzatela, mettendola in una 136pignatta con un quartino di brodo, un bicchier di vin bianco, un pezzo di giambone, un mazzetto di prezzemolo, cipollette, tre chiodi di garoffano, un baccello d’aglio, timo, foglia di lauro, e basilicò; fate cuocere a piccol fuoco per tre, o quattro ore, poscia passate una parte della salsa alla stamigna, disgrassatela, e mettetevi tre rossi d’uova duri, cappari, acciughe, e prezzemolo imbianchito; aggiugnetevi un pezzo di giambone cotto con la coscia, triturate tutto ben fino, mettendovi alquanto di butiro con farina; fate unire la salsa al fuoco, e servitela sopra la coscia.

Quarto di montone in coste arrostite.


Tagliate un quarto di montone in coste alquanto grosse, levandone un poco sul fine, affinché non siano troppo lunghe, immergendole in butiro fresco fonduto, o in buon olio; condite di sale, pepe, prezzemolo, cipollette, e fonghi, il tutto ben triturato il più che potrete, coprendole di pane grattugiato fino; fatele cuocere a fuoco lento sopra la graticola, bagnandole mentre cuociono coll’avanzo del condimento, acciò non si asciughino troppo, e che restino di color d’oro, servitele senza salsa oppure con suco chiaro, dove vi sia alquanto d’agresto, sale, e pepe rotto, e si servono per entrée.

Quarto di montone in una terrina all’inglese con lenti.


Tagliatelo in piccole coste, facendolo cuocere in buon brodo, poco sale, ed un 137mazzetto ornato; fate cuocere una libbra di belle lenti con brodo, quando saranno cotte, cavatene il suco, mettendolo con le coste cotte, e ben condite; se per sorte il suco fosse troppo chiaro, fategli prendere un poco di consistenza al fuoco; poi prendete una terrina, per servire a tavola, che resista al fuoco, coprendo con mollica di pane mezzo abbrustolita, mettete poscia la vostra terrina nel forno, facendola bollire un’ora, ed in servendo, mettetevi il resto del suco. Per entrée.

Coste di montone in roba da camera.


Fatele cuocere con brodo, poco sale, un mazzetto guernito; cotte che saranno, disgrassate il brodo, e passatelo allo staccio, poscia riducetelo in gelatina, mettendovi le coste dentro per ghiacciarle, indi ghiacciate lasciatele raffreddare; prendete della coscia di vitello, e grasso di bue, per fare una farsa con due uova, sale, pepe, prezzemolo, cipollette, e fonghi, il tutto triturato, e bagnate la farsa con crema, poscia inviluppate ciascuna costa con questa farsa, mettetele sopra una tortiera coprendola con pane grattugiato, poi fatele cuocere al forno, e quando saranno di bel colore mettetele a sgocciolare dal loro grasso, e servite sotto una buona salsa chiara, e per entrée.

Coste di montone al basilicò.


Prendete un quarto di montone, tagliatelo in coste, facendole cuocere come sopra, e finitele nella stessa maniera; circa la 138farsa, fatela consimile, con questa differenza, che vi aggiugnerete del basilicò finissimo, un uovo di più, e meno crema; quando saranno bene inviluppate di farsa, e coperte di pane grattugiato, e fritte con un bel colore, servitele d’intorno ad un pezzo di mollica di pane fritto nel mezzo del piatto. Servitelo per entrée.

Quarto di montone al prezzemolo.


Tagliate con proprietà un quarto di montone, levandogli la pelle che si trova di sopra al filetto, piccate tutto il quarto di prezzemolo intiero, e ben verde, e fatelo cuocere allo spiedo; quando sarà seco il prezzemolo, se avete del grasso bagnatelo di tempo in tempo, finché il quarto sia cotto; mettete alquanto di suco in una casseruola, con cipolline trite, sale, e pepe rotto; fate scaldare, e servite di sotto il quarto.

Quarto di montone alla "Contì".


Aggiustatelo levandovi la pelle di sopra il fileto, prendete tre oncie di ventresca, due acciughe lavate, tagliatele in pezzi, ed unitele con alquanto di pepe rotto, due cipolline, prezzemolo, una mezza foglia di lauro, cipollette trite, tre o quattro foglie di basilicò in polvere, con altrettante foglie di serpentaria trita, inlardate tutto il filetto con lardo, e le acciughe, mettendo il quarto con tutte le erbe in una casseruola, bagnando con un bicchiere di vin bianco, ed altrettanto brodo; fate cuocere a piccol fuoco per 139tre ore; allorché sarà cotto voi disgrassate la salsa, mettendovi del butirro con farina della grossezza d’una noce; fate legare la salsa al fuoco, e servitela sopra il quarto.

Coste di montone al sugo di rape.


Prendete otto, o dodici rape secondo la loro grossezza ben tenere, e dopo averle bene raschiate, e lavate, tagliatele in piccoli pezzi, imbianchitele per un mezzo quarto d’ora all’acqua bollente, e lasciatele sgocciolare, mettendole in una casseruola con un pezzo di butirro, passatele al fuoco volgendole soventi finché abbiano preso un bel colore, aggiugnendovi allora un pugillo di farina, sale, pepe, e due cipolline tagliate; bagnandole con brodo, e facendole bollire a piccol fuoco, finché siano le rape risolte in gelatina spessa; poi passatele per una mestola, ed intanto che cuocono, tagliate un quarto di montone in coste, le quali marinarete con sale, pepe, ed alquanto di grasso, o sia d’olio, fatele arrostire alla graticola, bagnandole col resto della marinata, servendole sopra la gelatina di rape. Servitele per entrée.

Coste di montone alla "marinière".


Tagliate un quarto di montone in coste, ed aggiustatele in una casseruola con butirro grosso la metà d’un uovo, passatele al fuoco finché siano divenute alquanto rosse, poi bagnatele con un bicchier di vin bianco, ed altrettanto brodo, aggiugnendovi una donzina di piccole cipolle bianche, e facendo bollire a piccol fuoco; una mezz’ora 140dopo mettetevi tre oncie di ventresca, una carota, ed una pastinaca, il tutto tagliato in fili, un piccolo branco di sattureggia, e prezzemolo triturato, un poco di sale, pepe rotto, ed aceto: allorché le coste sono cotte, e vi resta poca salsa, accomodate le coste nel piatto da servire, mettendo le cipolle d’intorno, con le fila delle radici, e lardo sopra le coste, e servitelo per entrée.

Coste di montone alla "pluche verte".


Preparate le coste di montone come sopra, mettendole in una casseruola con del butirro, un mazzetto di prezzemolo, cipolle, due baccelli d’aglio, due cipolline, cinque, o sei foglie di serpentaria, due garoffani, una mezza foglia di lauro, alquanto di timo, e basilicò; passatele al fuoco, mettendovi un pugno di farina, bagnatele con un bicchier di vin bianco, ed alquanto più di brodo, conditele di sale, e pepe, facendole bollire a lento fuoco fino che vi resti più poca salsa, e che siano cotte le coste, allora aggiustatele sul piatto da servire, passate la salsa allo staccio, e sgrassatela, rimettendola al fuoco con del butirro grosso come un uovo, mescolato con farina, ed un pugno di prezzemolo imbianchito, ben premuto, e tagliato fino, con un mezzo cucchiaio d’agresto, volgetela finché sia unita come una salsa bianca, e servitela sopra le coste.

guazzetto di montone.


Per fare un guazzetto di montone al gusto cittadinesco, tagliate una spalla di 141montone in pezzi larghi due dita, ed alquanto più lunghi; fate un rosso con alquanto di butirro, ed un cucchiaio a bocca di farina, facendoli arrossire a piccol fuoco, volgendoli sempre con un cucchiaio sino che divenghino del colore della cannella; poi mettetevi la carne, e passatela cinque, o sei volte al fuoco, volgendola di tanto in tanto, dopoché vi avrete posto un boccale di brodo, o d’acqua calda, a poco per volta, affinché il rosso si stempri bene, volgendo sempre col cucchiaio finché l’abbiate messo tutto, condite la carne con sale, pepe, un mazzetto di prezzemolo, cipolle, una foglia di lauro, timo, basilicò, tre garoffani, un baccello d’aglio, fate cuocere a piccol fuoco; a mezza cottura inchinate la casseruola per sgocciolare il grasso levatelo con un cucchiaio, lasciandone il meno che potrete, prendete delle rape ben raschiate, e lavate, tagliatele in pezzi, mettendole nella carne, e fatele cuocere assieme; quando che il tutto sarà cotto, levate il mazzetto, inchinate di nuovo la casseruola per togliere l’avanzo del grasso; se la salsa è troppo lunga, fatela ridurre al fuoco, finché sia né troppo chiara, né troppo spessa; cioè che sia della consistenza d’una doppia crema; aggiustate i pezzi di carne nel fondo del piatto, con le rape di sopra, e bagnate il tutto con la salsa, e servitelo per entrée.

guazzetto di montone particolare.


Prendete un quarto di montone, tagliate le coste doppie affinché siano più grosse, non lasciando a ciascuna che una costa, 142tagliatele cortissime, ed aggiustatele con proprietà, appianatele un poco, mettendole a cuocere nel brodo con un mazzetto di prezzemolo, cipollette, una mezza foglia di lauro, ed un poco di timo, basilicò, due garoffani, un mezzo baccello d’aglio, sale, e pepe rotto, prendete delle rape, e tagliatele come amandole, fatele bollire un mezzo quarto d’ora, indi mettetele nell’acqua fresca, fatele cuocere nel brodo, e del suco per colorirle, poco sale, e pepe rotto; allorché saranno quasi cotte, mettetevi due altri cucchiai di suco colato; le coste quando saranno cotte, disgrassatene la salsa, e passatela allo staccio, per metterla nell'intingolo delle rape, procurando che non sia troppo salata, riducendola alla consistenza d’una salsa, poi aggiustate le coste nel piatto da servire, con l’intingolo di rape sopra, e servitelo per entrée.

Quarto, e coscia di montone coi cocomeri.


Prendete un quarto di montone mortificato, aggiustandolo con proprietà levandogli la pelle di sopra il fileto, ed i nervi, tagliate le ossa che sono al basso delle coste; piccate il fileto di sopra con lardo fino, e poi mettetelo allo spiedo, se volete senza piccarlo, ma questo è troppo comune: pigliate due, o tre cocomeri pelati, e votati, e tagliati in dadi, fateli marinare per due ore con un piccolo cucchiaio d’aceto, alquanto di sale pesto, premendoli bene con le mani per farne uscire l’acqua, e metteteli a misura in una casseruola con un 143pezzo di butirro, e giambone, passateli al fuoco, rivolgendoli sovente con un cucchiaio finché cominciano a colorirsi, allora mettetevi un pugno di farina, bagnandoli con metà suco, e metà brodo, e se non avete suco, coloriteli di più, fateli cuocere a piccol fuoco, e disgrassateli; quando saranno cotti, aggiugnetevi un poco di suco colato, per unirli; se non avete suco colato, mettetevi più di farina prima di bagnarla. Finito che sia l’intingolo, servitelo sotto il quarto di montone; se voi volete servire un intingolo di filetti di montone ai cocomeri, tagliateli in fette sottili, e fateli marinare, e cuocere come sopra. Finite l’intingolo di buon gusto, prendete della coscia di montone arrostita, tagliandola in sottilissimi fili, e facendoli scaldare nell’intingolo, senza farli bollire; fate così con il resto del quarto, e della spalla di montone, come anche d’ogni sorta di carne cotta allo spiedo.

Quarto di montone alla rette, detto "crépine".


Tagliate in fette circa dieci, o quindeci cipolle, passatele al fuoco con un pezzo di butirro, volgendole soventi con un cucchiaio finché siano ben cotte; tagliate il quarto in costole, facendole cuocere a fuoco lento con brodo, un poco di sale, e pepe rotto, quando saranno cotte, riducete la salsa, finché s’attacchi tutta alle coste, ritiratele sopra d’un piatto, sgocciolate il grasso dalla casseruola, e mettetevi un mezzo bicchiere di brodo per staccarne l’avanzo, passate la salsa allo staccio, per metterla 144indi con le cipolle, e tre rossi d’uova; fateli unire al fuoco, senza bollire, affinché non si rapprendino; prendete della rete, che avete messo nell’acqua, premetela, e tagliatela in tanti pezzi, quante sono le coste, e mettetene sopra ogni costola un pezzo di rete, con intorno della cipolla, inviluppandola tutta colla rete, e fermatene tutti i bordi con uova sbattute, ed immergetele tutte nell’uova, coprendole con pane grattugiato, accomodandole su d’un piatto, che deve andare al fuoco, bagnando il di sopra con un buon grasso, ed olio, e mettetele nel forno oppure al fuoco, con un coperchio di tortiera di sopra, finché abbiano preso un bel colore dorato, allora ritiratele sopra di un pannolino, per sgocciolarne il grasso; servite con una salsa fatta in questa maniera.
Mettete in una casseruola un mezzo bicchiere di vin bianco, altrettando brodo, un poco di sugo, sale, e pepe rotto; fate cuocere il tutto, e ridurre a metà, servendola sotto la costa, e servitelo per entrée.

Costole di montone alla "poële".


Prendete un quarto di montone mortificato, e tagliato in coste, mettendolo in una casseruola con buon butirro, passatele al fuoco, rivolgendole soventi sinché siano cotte, ritiratele dalla casseruola per sgocciolarne il grasso, lasciandone circa un mezzo cucchiaio a bocca di grasso, aggiugnendovi un bicchiere di brodo, cipollina tagliata, sale, e pepe rotto; fate bollire, per distaccarne l’avanzo, appresso mettete le costole 145con tre rossi d’uova, il che unirete bene al fuoco, senza che bolla; quando servirete mettetevi un poco di noce moscada con alquanto d’aceto.

Coste di montone alla crosta, o sia "gratin".


Tagliate un quarto di montone in coste, e mettetele in una casseruola con alquanto di lardo liquefatto, prezzemolo, cipolletta, due carotole, il tutto tagliato, passatele al fuoco, e bagnatele con brodo, conditele di sale, pepe rotto, facendole cuocere a lento fuoco; quando saranno cotte, sgrassate la salsa, e mettetevi un poco di sugo colato per unirla; prendete il piatto da servire, e mettetevi nel fondo una piccola crosta della spessezza d’uno scudo, fatta in questo modo.
Prendete un pugno di pane grattugiato, mescolatelo con alquanto di butirro, tre rossi d’uova, un poco di prezzemolo, cipollette tagliate fine, e sale, mettendo il piatto su la cenere calda, finché la crosta sia attaccata al piatto, sgocciolate il butirro che avanza, e servite le coste sotto la salsa; si servono nella stessa maniera molti altri intingoli.

Quarto, o coste di montone "à la ravigotte".


Lasciate il quarto intiero, oppure se vi piace tagliatelo in coste, mettendole in una casseruola con alquanto di butirro, passatele al fuoco, mettendovi un pugno di farina bagnata con brodo, ed un mazzetto di prezzemolo, cipollette, un mezzo baccello d’aglio, due garoffani, fate cuocere a piccol fuoco; quando sarà disgrassata, mettete 146parte di essa su d’un piatto, stemprandovi tre rossi d’uova, e delle erbe alla ravigotte, mettete il tutto nella casseruola con le coste, fatele unire al fuoco senza lasciarle bollire, aggiustando la carne nel piatto da servire con la salsa di sopra; le erbe alla ravigotte servono tutte a guernire l’insalata come cerfoglio, serpentaria, pimpinella, crescione, mettendone di ciascuna secondo la loro forza, non ne bisognando che un mezzo pugillo in tutto, che farete bollire un mezzo quarto d’ora nell’acqua, ritirandole poi nell’acqua fresca; premetele bene, passandole finissimamente prima di farle unire.

Spalla di montone in pallone.


Disossatela, ed arrotonditela, facendola stare a forza di filo, mettendola quindi a cuocere alla braise, cotta che sarà, ed asciugata dal grasso, servitela collo stesso intingolo, e condimento come alla lingua di bue pag. 54, e come di sopra alla coscia, e quarto.

Spalla di montone alla turca.


Fatela cuocere quattr’ore con brodo, ed un mazzetto guernito al solito; cotta che sia pigliate sei oncie di riso lavato, mettendolo a cuocere col brodo della spalla, passandolo allo staccio senza disgrassarlo, quando il riso sarà cotto e ben spesso, mettete la spalla nel piatto da servire, tagliandola in due, o tre luoghi, per ivi far entrare il riso; coprite poi tutto il di sopra della spalla con riso, mettendovi del formaggio raschiato sopra; fate prendere il 147colore, sopra mettendovi un coperchio da tortiera, con buon fuoco, servendo con una salsa di sugo colato chiaro.

Spalla di montone al forno.


Inlardate una spalla di montone con ventresca, mettete nel fondo d’una terrina proporzionata due, o tre cipolle in fette, una pastinaca, ed una carota tagliata in fette, un baccello d’aglio, due garoffani, mezza foglia di lauro, ed alcune foglie di basilicò, con circa un quartino di brodo, sale, e pepe, se non volete inlardarla, mettetevi più sale, mettendovi la spalla sopra, e facendola cuocere al forno; quando sarà cotta, passate la salsa allo staccio, e premete gli ortaggi, acciò facciano alquanto di sugo chiaro per unire la salsa, disgrassandola, servitela su della spalla.

Spalla di montone alla "Sainte Menehoult".


Fate cuocere una spalla di montone al brodo, ed un mazzetto guernito, con sale, e pepe, subito cotta fatela sgocciolare, aggiustandola sul piatto da servire, mettendovi una buona salsa sopra, che farete come segue.
Prendete due cucchiai di sugo colato da mettere in una casseruola con butirro stemprato con farina, tre rossi d’uova, unendoli al fuoco, e versandola sopra la spalla, poi copritela con mollica di pane, bagnando dolcemente la mollica col grasso levato dalla spalla; fateli prendere colore, sopra mettendovi un coperchio da tortiera con fuoco di sopra; poscia sgocciolate il grasso 148del piatto nettandone i bordi, servite di sotto una salsa chiara alla cipollina oppure con un poco di sugo, con sale, e pepe rotto; se non avete del sugo colato per la salsa da mettere sopra la spalla, prendete della cottura disgrassata, e mettete un poco più di farina con butirro.

Spalla di montone alla moscovita.


Prendete due pugni di prezzemolo ben verde, infilzatene tutta la spalla e ben coperta, mettetela allo spiedo; quando sarà caldo il prezzemolo, prendete del grasso caldo, versandolo leggermente sul prezzemolo con un cucchiaio, mettendone di tempo in tempo, finché la spalla sia cotta; per servirla tagliate due cipolline, mettendovi un poco di sugo con sale, pepe rotto, fatela scaldare bene, aggiustando la salsa sotto la spalla.

"Hachis" di spalla di montone coperto, o sia piccatiglio.


Fate cuocere una spalla di montone allo spiedo, e triturate finissimamente tre, o quattro cipolle, con due cipolline, passandole al fuoco con un pezzo di butirro finché cominciano a prendere colore, aggiugnendovi un buon pugno di farina, che rivolgerete bene assieme finché abbia preso il color d’oro, bagnandolo con due cucchiai di buon brodo, aggiugnendovi un pugno di prezzemolo trito, e fatelo bollire per una mezz’ora a piccol fuoco; poi prendete la spalla arrostita, levandole la carne senza toccare la pelle di sopra, acciò 149comparisca ancora intiera, e triturate finissimamente la carne levata, mettendola con cipolle al fuoco senza che bolla; conditela poi con sale, pepe rotto, bagnando il disopra della spalla con grasso, e butirro, coprendola con pane grattugiato, con farle prendere un bel colore dorato, ponendovi sopra un coperchio da tortiera con fuoco; aggiustate l’hachis nel piatto, coprendolo colla spalla.

Spalla di montone all’acqua.


Prendete una spalla intiera, rompetele le ossa, e fatela cuocere con brodo, ed un mazzetto guernito, quando sarà cotta, sgrassate il brodo, e riducetelo in gelatina, mettendovi in appresso alquanto di sugo colato chiaro nella casseruola, per distaccarne il resto. Servite questa salsa su la spalla.

Spalla di montone in varie maniere.


Essa si serve allo spiedo colla salsa alla cipollina, alle cipollette, intingolo di cicoria, e di lattuca. Vedete il capitolo degl’intingoli.

Spalla di montone in crosta.


Rompete le ossa di sotto col manico del coltello, fatela cuocere con brodo, ed un mazzetto guernito con pochissimo sale; quando sarà cotta ritiratela, per disgrassare la salsa, che ridurrete in gelatina, ghiacciando con questa tutto il di sopra della spalla, lasciandola raffreddare, poi aggiugnete del brodo nella stessa casseruola per staccarne il resto, mettendovi del sugo colato, passate 150questa salsa allo staccio in un’altra casseruola, che farete scaldare prima di servire; prendete allora la spalla di montone, e mettetela sopra di una tortiera, coprendola tutta con una farsa, come si è detto per le coste in roba da camera, coprite il di sopra della farsa con pane grattugiato, mettendola a cuocer nel forno, oppure sotto un coperchio; quando sarà cotta, e colorita, ritiratela sopra di un pannolino bianco, ed asciugatela del grasso, indi mettetela nel piatto da servire colla salsa per di sotto.

salsiccione di spalla di montone.


Disossatela bene, e battendola stendetela il più che potrete, mettetevi sopra una farsa di pasticcio della spessezza d’un mezzo scudo, aggiustate sopra questa de’ piccoli cocomeri, e del giambone tagliato in fili, rimettendovi un poco di farsa sopra solamente per farli stare, rivolgete la spalla, inviluppandola ben ferma in un pannolino, allora fatela cuocere con alquanto di brodo, ed un mazzetto guernito; fatta che sia la cottura disgrassate la salsa, e passatela allo staccio, riducendola ove fosse troppo liquida, aggiugnendovi un cucchiaio di sugo colato per unirla, e servite sopra la spalla.

Del collo di montone.


Fatelo cuocere alla braise fatta con brodo, lardo, sale, e pepe, ed un mazzetto guernito; quando sia cotto, servitelo con intingolo di rape, o di cocomeri, scelleri, o salsa triturata, o all’Inglese od alla ravigotte; subito tagliato mettetelo nel vaso a 151cuocere, e cotto che sarà lo metterete sopra la graticola con grasso di pignatta, prezzemolo, cipollette tagliate, sale, e pepe: poi si copre con mollica di pane, e si serve sotto una salsa d’agresto.

Dei rognoni di montone.


Essi si fanno cuocere alla graticola, aprendoli per mezzo, e passandoli al traverso un piccolo spilletto di legno, conditeli di sale, e pepe; quando saranno cotti serviteli sopra di una salsa alla cipollina. I rognoni esteriori chiamati animelle si servono per tramesso, toltane la pelle tagliateli in pezzi, facendoli marinare con sale, pepe, e sugo di citrone, indi asciugati infarinateli, e fateli friggere, servendoli con prezzemolo fritto.

Del petto di montone in varie maniere.


Si serve come il collo, e si fa arrostire nella stessa maniera, come anche si fa cuocere alla braise intiero, o tagliato in pezzi, e servitelo con un intingolo di rape; si fa pure in hauchepot.
Vedere la coda di bue in hauchepot pagina 61.

Del fileto di montone in "brezolle".


Prendete un fileto di montone intiero, aggiustatelo, e tagliatelo fino, mettendolo in una casseruola, sopra mettendovi prezzemolo, cipollette, fonghi, ed un baccello d’aglio; il tutto triturato, del lardo liquefatto, sale, pepe rotto, facendo un suolo, con sopra diversi altri, cioè con alquanto di 152fileto, ed un poco d’intingolo fino alla fine, fatelo cuocere alla braise a piccol fuoco; quando sarà cotto disgrassatelo, e distaccatene i fileti, aggiugnendovi un poco di sugo colato nella salsa, e servite.

Filetto di montone in "paupiettes".


Per farlo in paupiettes prendete un fileto intiero, tagliatelo in fette di tutta la sua lunghezza, battetele bene, mettendole sopra una buona farsa fatta con bianco di pollame cotto, e grasso di bue imbianchito, prezzemolo, cipollette, fonghi triturati, sale, pepe, e quattro rossi d’uova, rivolgete le paupiettes, facendole cuocere allo spiedo inviluppate di lardo, e di carta; quando saranno cotte, servite di sopra una buona salsa; potete servire il fileto in fricandeau al naturale, o con intingolo di cicoria, o di lattuca.

Filetto di montone in "profitrol".


Tagliate il fileto in piccoli quarti, batteteli un poco, mettendovi della farsa come per le paupiettes; dateli la forma di un piccolo pane, facendoli cuocere a piccol fuoco in una buona braise, come la lingua di bue, quando saranno cotti, serviteli in diverse salse secondo il gusto moderno.

Lingua di montone arrostita.


Dopo di averla fatta cuocere nell’acqua, per toglierle la pelle, tagliatela per metà, immergendola in olio, prezzemolo, cipollette, fonghi, un baccello d’aglio triturato, sale, pepe, coprendola di pane, con farla 153arrostire sopra la graticola, e servitela con una salsa d’agresto. Per fare un bel piatto ve ne abbisognano tre, o due se sono grosse.

Lingue di montone in papigliotte.


Dopo di averle imbianchite, e pulite, fatele marinare con sale, pepe rotto, prezzemolo, cipollette, fonghi, aglio triturato, mezzo citrone tagliato in fette, ed olio; mettete ciascuna metà di lingua con ogni sorta di detto condimento in carta bianca fregata d’olio, con fette di lardo sotto, e sopra; piegate la carta molto forte attorno, affinché non vi possa uscir niente, indi fatela cuocere alla graticola a piccol fuoco, e servite colla carta.

Lingue di montone alla cuciniera.


Dopo di averle arrostite come sopra, mettete in una casseruola del butirro della grossezza d’un piccol uovo, due rossi d’uova, e due cucchiai di sugo d’agresto, alquanto di brodo, sale, pepe, e noce moscada; volgetela bene sopra il fuoco, acciò si riduca il tutto come una salsa bianca, che servirete sotto le lingue.

"Hatelet" di lingue di montone.


Prendete tre lingue di montone cotte nell’acqua, tagliatele in pezzi quadrati della stessa grandezza, che passarete al fuoco in una casseruola con un pezzo di buon butirro, sale, pepe, prezzemolo, cipollette, e fonghi, il tutto ben triturato; bagnando con sugo colato, e se non ne avete, mettetevi un buon pugillo di farina 154bagnato con brodo, e lasciate bollire l’intingolo, finché la salsa sia ben spessa; aggiugnetevi poi due rossi d’uova, unendoli con la salsa al fuoco, senza che bolla; lasciate raffreddare l’intingolo, ed infilzate tutti i pezzi di lingua con piccoli spiedi di legno, inzuppandoli di tutta la salsa, coprendoli poscia con pane grattugiato, e fateli arrostire, bagnandoli con butirro di tempo in tempo; arrostiti che saranno, e ben coloriti, serviteli asciutti con li spiedi.

Lingue di montone allo spiedo.


Prendete quattro lingue cotte nell’acqua con sale, una cipolla piccata con due garoffani, una carota, ed una pastinaca, levatele la pelle, ed inlardatele per traverso con lardo; o per il meglio piccate tutto il di sopra con ventresca, ed infilzatele nello spiedo inviluppate di carta ingrassata, quando saranno cotte, e colorite, servitele colla salsa in questa maniera.
Mettete in una casseruola tre cucchiai di sugo, due di agresto, un piccolo pezzo di butirro stemprato con farina, sale, pepe rotto, unite tutto al fuoco, e servite sotto le lingue; fatele prendere del gusto con brodo, sale, pepe, un mezzo baccello di aglio, ed una cipollina; quando le farete cuocere, come abbiamo fatto nella precedente.

Lingue di montone alla fiaminga.


Pigliate due, o tre cipolle tagliate in fette, passatele al fuoco con butirro finché comincino a colorirsi, mettetevi un pugillo di farina, bagnando con un bicchier di vin 155bianco, e mezzo bicchiere di sugo, aggiugnetevi de’ fonghi, due cipolline, prezzemolo, e cipollette, il tutto ben triturato, sale, pepe rotto, ed un poco d’aceto, fate tutto bollire insieme mezzo quarto d’ora, in appresso preparate tre lingue di montone cotte e mondate, tagliatele in due senza però separarle, e mettetele nella salsa per farle bollire finché abbiano preso buon gusto, e vi resti poca salsa; servite.

Lingue di montone in "cannellon".


Pigliate due lingue cotte, tagliatele in cinque, o sei pezzi di eguale grossezza in lunghezza, fatele prender gusto in brodo, aceto, sale, e pepe; fate una farsa con tre uovi duri, un poco di prezzemolo, cipollette, il tutto ben triturato, alquanto di basilicò in polvere con un pezzo di butirro; unite tutto con tre rossi d’uova; fate sgocciolare i pezzi di lingua, ed asciugati con un pannolino, immergete ciascun pezzo in questa salsa, volgendoli poscia in pane grattugiato, ed immergendoli in bianchi d’uova sbattuti, ricoprendoli col pane grattugiato, fateli cuocere, e colorire. Servite.

Lingue di montone in "surtout".


Mettete in una casseruola del butirro grosso come un uovo, stemprato con un buon pugillo di farina, un bicchier di vin nero, due cucchiai di buon brodo, prezzemolo, cipollette, cipollina, fonghi, un mezzo baccello d’aglio, il tutto triturato, basilicò in polvere, sale, e pepe rotto; unite la salsa al fuoco, facendola bollire finché sia spessa; 156prendete due, o tre lingue cotte, e fredde, tagliatele in fili, mettete un poco di salsa nel fondo, e poscia un coperto di fili su la salsa, e di nuovo altra salsa, con altri fili, seguitando così sino al fine, terminando con la salsa.
Metterete attorno il bordo del piatto dei fili di pane tagliati con proprietà, coprite il di sopra con pane grattugiato, bagnando in appresso con buon butirro caldo; mettetelo poscia a fuoco lento, coprendolo con un coperchio da tortiera con fuoco sopra per colorire il pane grattugiato, inchinate poscia il piatto per far sgocciolare il butirro d’avanzo; asciugate indi i bordi, e servite.

Lingue di montone alla "poële".


Mondate che siano tre lingue di montone, tagliatele per metà, senza dividerle; e mettetele in una casseruola con buon brodo, due cucchiai di sugo colato, oppure due cucchiai a bocca di pane tritturato con brodo; fatelo bollire un tantino, passatelo per la stamigna, premendolo con un cucchiaio; così potete servirvi per altri intingoli alla Cittadinesca per ischivare la spesa, e pena di fare il sugo colato; dopo del sugo colato mettetevi un bicchier di vin bianco, prezzemolo, cipollette, un baccello d’aglio, fonghi triturati, un piccol pezzo di butirro, sale, e pepe rotto, fate bollire per una mezz’ora, finché la salsa sia né troppo unita, né troppo chiara.

157
Lingue alla guascogna.


Tagliate in fili tre lingue cotte, prendete un piatto che resista al fuoco, e mettete nel fondo alquanto di sugo colato, con prezzemolo, cipollette, mezzo baccello d’aglio, e fonghi, tutto triturato, sale, pepe rotto; aggiustatevi sopra le file di lingua, e conditele sopra come sotto, coprendo il di sopra con pane grattugiato, e spargete sopra di essa dei piccoli pezzi di butirro grossi come piselli, il che condirà il vostro intingolo, ed impedirà che il pane diventi nero al calore del fuoco; mettetelo a cuocere a piccolo fuoco, coprendolo con un coperchio di tortiera, e fuoco sopra; quando sarà di bel colore servite in salsa corta.

Lingue alla crosta, o sia "gratin".


Fatele cuocere con brodo, un mezzo bicchier di vin bianco, un mazzetto di prezzemolo, cipollette, mezza foglia di lauro, alquanto di timo, basilicò, mezzo baccello d’aglio, due garoffani, sale, e pepe rotto, fatele bollire a piccol fuoco un mezzo quarto d’ora, aggiugnetevi alquanto di sugo colato; per la crosta prendete un piatto, che resista al fuoco, mettetevi nel fondo una farsa della spessezza d’uno scudo, fatta con pane, un pezzo di butirro, o lardo raschiato, due rossi d’uova, prezzemolo, cipolle tagliate, sugo colato, un cucchiaio a bocca di brodo, sale, e pepe rotto; mettete il vostro piatto sopra la cenere calda, finché la farsa si attacchi al piatto, poscia sgocciolatene il butirro, asciugate i bordi del 158piatto, e servite sopra la lingua con la loro salsa.

Lingue alla "Sainte Menehoult".


Quando saranno imbianchite nell’acqua, e pelate, tagliatele nel mezzo senza dividerle, facendole prender gusto, e mettendole a bollire con un quartino di latte, un pezzo di butirro, prezzemolo, cipollette, un baccello d’aglio, due carote, il tutto intiero, due garoffani, sale, e pepe rotto; poscia levate le erbe fine, e prendete il più grasso della cottura delle lingue, per bagnarle, coprendole con pane grattugiato; fatele arrostire, e colorire, servendole con una salsa piccante in questa maniera.
Mettete in una casseruola delle radici, cipolline, mezza foglia di lauro, timo, basilicò, mezzo baccello d’aglio, alquanto di butirro, passandola al fuoco, finché si cominci a colorire, poscia mettetevi un pugno di farina bagnata con brodo, un cucchiaio a bocca d’aceto, sale, e pepe, fate bollire la salsa un quarto d’ora, sgrassatela, e passatela allo staccio; questa salsa potrà servirvi per ogni sorta di entrées di arrosto, che abbia bisogno di essere rilevato. Servitelo per hors d’oeuvre.

Piedi di montone alla "poulette".


Dopo d’averli fatti imbianchire nell’acqua, pelateli, e levateli l’osso grosso, poi metteteli in una casseruola con un buon pezzo di butirro, ed un mazzetto guernito, e lasciateli al fuoco, quando saranno cotti, e ridotta la salsa, disgrassateli, mettendovi 159tre rossi d’uova stemprati con latte, o crema, fatela unire al fuoco, e servendo mettetevi alquanto di sugo di citrone, ed aceto.

Piedi di montone alla "Sainte Menehoult".


Quando saranno imbianchiti nell’acqua levateli l’osso grosso, mettendoli poscia in una casseruola con un buon pezzo di butirro, prezzemolo, cipolletta, una punta di aglio triturata, sale, e pepe; fate cuocere, finché non vi sia più salsa; alla fine volgeteli, acciò non s’attacchino; quando saranno raffreddati immergeteli nel resto della salsa, coprendoli con pane grattugiato, fateli arrostire, e serviteli a secco, o con una salsa chiara, e piccante. Serviteli per hors d’oeuvre.

Piedi di montone alla "ravigotte".


Cotti che saranno toglieteli l’osso grosso, metteteli nella casseruola con buon butirro, un mazzetto guernito, brodo, sugo colato, sale, e pepe, fateli bollire finché la salsa sia quasi ridotta; quando sarete vicini a servire, mettetevi dentro la vostra ravigotte composta d’ogni sorta di fornitura d’insalata, come cerfoglio, pimpinella, porcellana, ecc., fate imbianchire il tutto mezzo quarto di ora al più, ritiratele dall’acqua, premetele, triturandole finamente, e servitele nell’intingolo, avvertendo che la salsa non sia né troppo chiara, né troppo densa, e condita di buon gusto. Serviteli per hors d’oeuvre.

160
Piedi di montone alla salsa "Robert".


Pigliate della cipolla tagliata in fili, mettendola in una casseruola con butirro, facendola cuocere a metà, mettendovi poscia i piedi di montone mondati, e tagliati in tre, aggiugnetevi del brodo, alquanto di sugo colato, condite di sale, e pepe; quando sarà cotto l’intingolo aggiugnetevi della mostarda, con alquanto d’aceto, e servite in salsa corta. Per hors d’oeuvre.

Piedi di montone colla farsa.


Prendete dodeci piedi di montone cotti, metteteli nel brodo con sale, pepe, una foglia di lauro, timo, basilicò, un baccello di aglio, fateli cuocere a lento fuoco per mezz’ora, poi ritirateli, levandoli le ossa il più che potrete, in luogo de’ quali farete entrare una farsa così fatta.
Triturate un piccolo pezzo di carne cotta, con altrettanto grasso di bue, alquanta mollica di pane bagnata con latte, condite di sale, pepe, prezzemolo, e cipollette tagliate, unite con tre rossi d’uova; dopo che i piedi saranno farsiti, se li volete fritti immergeteli nell’uova sbattute, coprendoli con pane grattugiato, facendoli friggere, e servendoli; se volete servirli, senza farli friggere, immergeteli in butirro caldo, coprendoli con pane grattugiato, fateli arrostire alla graticola, e fateli prender colore sul piatto da servire, coprendolo con un coperchio da tortiera, con fuoco sopra, sgocciolando il grasso se ve n’è; servendo nettate i bordi del piatto; vi si può 161aggiugnere una salsa di sugo chiaro, se più piace.

Piedi di montone all’inglese.


Prendete dodici piedi di montone cotti all’acqua, mettendoli in una casseruola con brodo, un cucchiaio d’agresto, sale, pepe, qualche fetta di cipolla, un baccello d’aglio, una radice tagliata in fette, fate bollire mezz’ora per darli gusto; quando che saranno cotti, e sgocciolati cavatene le ossa, mettendovi in vece altrettanta mollica di pane tagliata in lunghezza, e grossezza delle ossa; poi così tagliata fatela passare al fuoco con butirro. Serviteli con salsa piccante per hors d’oeuvre.

Piedi di montone in differenti maniere.


In qualunque maniera li vogliate aggiustare, fateli sempre cuocere nell’acqua: quando saranno ben cotti levate l’osso della gamba, lasciando il piede intiero; se volete servirli con salsa, dopo d’averli pelati metteteli in una casseruola con un pezzo di butirro, brodo, un mazzetto guernito, sale, e pepe; fateli bollire a lento fuoco per una mezz’ora; quando saranno abbastanza cotti metteteli su di un pannolino, per asciugarli dal loro grasso, e poscia aggiustateli sul piatto da servire, con porvi sopra una salsa a vostro gusto di quelle, che troverete nell’articolo delle salse.

Piedi di montone in "surtout".


Dopo di averli fatti cuocere come sopra prendete il piatto da servire, che resista al 162fuoco, mettetevi nel fondo una farsa di carne ben condita, e di buon gusto, aggiustandovi sopra i piedi, coprendoli con la medesima farsa, uniteli di sopra con un coltello bagnato nell’uova sbattute; copriteli in seguito con pane grattugiato, mettendoli a cuocere a piccol fuoco finché siano coloriti; toglietene il grasso, e servite nel fondo una salsa piccante chiara, che sarà la prima, che voi troverete all’articolo delle salse.

Piedi di montone alla crosta, o sia "gratin".


Fateli cuocere nell’acqua, poscia metteteli a condire in una casseruola con un bicchiere di vin bianco, tre cucchiai di brodo, altrettanto sugo colato, un mazzetto di prezzemolo, cipollette, un mezzo baccello d’aglio, due garoffani, sale, e pepe rotto, fateli bollire a lento fuoco, e ridurre a corta salsa; toglieteli il mazzetto, e serviteli su d’una crosta come quello delle lingue di montone pag. 157.

Piedi di montone ai cocomeri.


Fateli cuocere, e condire come abbiamo detto dei piedi di montone in diverse maniere, ed in vece della salsa mettetevi un intingolo di cocomeri.

Piedi di montone ai cocomeri, e in fricassea di polastri.


Tagliate ciascun piede in tre pezzi, dopo di averli fatti cuocere nell’acqua e ben pelati, metteteli in una casseruola con altrettanti cocomeri tagliati in grossi dadi, che marinarete per un quarto d’ora con un 163cucchiaio d’aceto, ed alquanto di sale; premeteli bene colle mani, poi mettetevi un pezzo di butirro, ed un mazzetto guernito; passate il tutto al fuoco, mettendovi un pugno di farina bagnata nel brodo, lasciate bollire a piccolo fuoco, finché i cocomeri siano cotti, e non vi sia più salsa; allora mettete tre rossi d’uova stemprati con crema, fate unire la salsa al fuoco che bolla; prima di servire gustate se vi è abbastanza di sale, ed aceto, ed aggiugnetevi un poco di pepe rotto.

Piedi di montone al basilicò.


Fateli cuocere al solito, e lasciateli raffreddare, poscia immergeteli in uova sbattute, per coprirli poi di pane grattugiato; fateli friggere nel grasso finché siano coloriti, e serviteli guerniti di prezzemolo fritto. I piedi farsiti si fanno nella stessa maniera, con questa differenza, che quando sono freddi, voi metterete intorno a ciascun piede una salsa ben unita con uova, immergendoli poscia in uova, per coprirli di pane grattugiato.

Della coda del montone.


Ella si serve cotta alla braise come la lingua di bue pag. 54.

Coda di montone in varie maniere.

[Coda di montone in varie maniere.]


Prendete cinque, o sei code, e dopo d’averle fatte cuocere in una piccola braise composta di brodo, due cipolle, due radici, un mazzetto d’erbe fine, sale, e pepe, fatele cuocere tre, o quattr'ore; 164poscia mettetele alla graticola, e quando saranno fredde immergetele in due uova sbattute, come per una fritella, copritele in seguito con pane grattugiato; quando sono tutte coperte, immergetele in olio fino, o in grasso tepido, ricopritele di nuovo, e mettetele alla graticola con piccol fuoco; quando sono colorite servitele a secco, o con una salsa chiara a l’ecchalotte.
Se volete servirle fritte, quando saranno cotte, e raffreddate, immergetele in uova sbattute, copritele con pane grattugiato, e fatele friggere; servitele con prezzemolo fritto.


Cotte alla braise si servono con sugo colato di lenti, e ventresca, o un intingolo di cavoli, e ventresca.
[Coda di montone alla Parmegiana]

Voi potete altresì aggiustarle alla Parmegiana, mettendo pochissimo sale nella braise; prendete il piatto da servire, mettete nel fondo alquanto di sugo colato, e del formaggio Parmegiano grattugiato, aggiustate con un poco di salsa le code di sopra con detto formaggio; fatele cuocere per un quarto d’ora, passandovi la paletta rossa per di sopra per agghiacciarle; servitele di bel colore a corta salsa.

Code di montone al riso.


Mettete cinque code a cuocere con brodo, un mazzetto guernito, sale, e pepe, lasciatele sgocciolare, e raffreddare; prendete circa sei oncie, o più di riso, mettetelo in una piccola pignatta col brodo della cottura delle code, passatelo allo staccio senza disgrassarlo; fate cuocere il riso a 165piccol fuoco, che sia molto spesso, e poco cotto; quando sarà mezzo freddo coprite il fondo del piatto con alquanto di riso, aggiustatevi le code di sopra, senza che si tocchino, copritele tutte col resto del riso, lasciandole ritenere la forma di coda; coprite poi il di sopra con uova sbattute, mettendo il piatto sopra la cenere calda con il coperchio di tortiera, e buon fuoco di sopra; lasciatele finché siano colorite, ed il riso in crosta; allora levate il grasso, asciugatele, e servite.

Code di montone alla prussiana.


Prendetene quattro o cinque, e mezzo cavolo, e mezza libbra di ventresca, fate imbianchire il tutto, indi ritiratele all’acqua fresca, premete il cavolo, e tagliatelo in pezzi che legarete ciascuno solo, tagliate anche la ventresca, senza separarla dalla cotica, legatela, mettete le code nel fondo della pignatta, li cavoli, e la ventresca con sei grosse cipolle di sopra, un mazzetto con prezzemolo, cipollette, due garoffani, mezzo baccello d’aglio, un piccolo branco di finocchio, alquanto di sale, pepe rotto, bagnate con brodo, facendo cuocere alla braise a lento fuoco; tagliate della midolla di pane in pezzi rotondi della grandezza d’un mezzo scudo; passatele al fuoco con butirro, finché siano colorite, indi sgocciolatele, aggiungete un pugillo di farina nel butirro restato del pane, fatelo arrostire, e bagnate col brodo de’ cavoli, ed alquanto d’aceto; fate bollire mezz’ora finché la farina abbia tempo di cuocere, e 166che con questo possiate formare un piccolo sugo colato di buon gusto, disgrassatelo, e passatelo allo staccio: quando le code saranno cotte, e non vi sarà più salsa, sgocciolatele, asciugandole con un pannolino, ed aggiustatele con i cavoli, mettendo le cipolle all’intorno della ventresca, ed il pane sopra i cavoli, e servite la salsa sopra.

Code di montone coi cavoli alla "bourgeoise".


Fate cuocere cinque, o sei code in una piccola braise leggiera fatta con brodo, poco sale, pepe, un mazzetto guernito di prezzemolo, cipollette, due garoffani, un mezzo baccello d’aglio; fate imbianchire un mezzo cavolo all’acqua bollente per un quarto d’ora, poi ritiratelo nell’acqua fresca, e premetelo, togliete l’occhio, e triturate il tutto; tagliate quattr’oncie di lardo in piccoli dadi, e mettetelo coi cavoli in un piccolo rosso fatto con un pugno di farina, e butirro, unitelo insieme, bagnandolo con brodo senza sale, lasciate cuocere un’ora a piccol fuoco, finché i cavoli, ed il lardo siano ben cotti, e l’intingolo unito; sgocciolate bene le code, ed asciugatele con un pannolino, aggiustandole sopra d’un piatto in distanza l’una dall’altra, coprendole coll’intingolo; servitele calde.

167CAPITOLO VII
DELL’AGNELLO


Quantunque l’agnello non sia uno delli migliori pezzi per la cucina, poiché egli è insipido, non lascierò tuttavia di spiegare le differenti parti, che possono venire in uso.

Testa, cuore, fegato, coratella, e piedi d’agnello alla cittadina.


Levate le mascelle, ed il muso, fatela sgorgare in acqua con tutto il resto tagliato in pezzi, fateli imbianchire per un momento, indi cuocere a lento fuoco con brodo, alquanto di butirro, un mazzetto guernito, sale, e pepe.
Quando è cotto, stemprate tre rossi d’uova con alquanto di latte, e fate unire la salsa al fuoco, aggiugnendovi poscia alquanto d'agresta; aggiustate la testa nel piatto da servire, scopritene le cervella, con il resto d’intorno, e la salsa sopra.

Testa d’agnello in varie maniere.


Prendete due teste d’agnello unite al collo, levateli le mascelle, ed il muso, fatele imbianchire, e cuocere in una braise bianca, come alle orecchie di vitello.
Mettetele in una pignatta con brodo, un mazzetto guernito, sale, pepe, radici, 168cipolle, agresta granita, o mezzo citrone pelato, e tagliato in fette; fatele cuocere a lento fuoco, indi scopritene le cervella, ed aggiustatele nel piatto da servire, con sopra una salsa di buon gusto alla spagnuola od alla ravigotte, oppure in altra consimile secondo il vostro genio.
Oppure prendete del brodo della loro cottura, che non sia troppo salato, stempratelo con tre rossi d’uova, un pugno di prezzemolo trito, fatelo unire al fuoco, e servitelo sopra le teste.
Potete altresì in vece della salsa mettere un intingolo di creste, o di tartuffi oppure un salpicon.
Si fanno anche delle minestre con la testa d’agnello.

Quarto d’agnello d’avanti come si debba servire.


Il quarto d’avanti è migliore di quello di dietro; si serve per l’ordinario arrostito per un piatto di arrosto, oppure in fricandeau.
Per ben ghiacciarlo, prendete del ghiaccio nella casseruola con il dorso di un cucchiaio, distendetelo sopra l’agnello; si serve altresì in fricandeau con un intingolo di spinacci, o alla braise con un intingolo di cocomeri.
Potete farne un’entrée all’inglese, mettendo le coste alla graticola, come quelle di montone, e facendo cuocere il resto del quarto allo spiedo, poi quando è freddo, fatene un hachis con le coscie d’intorno.
169Quando è cotto allo spiedo, ed è già stato servito, tagliatelo in fili, e mettetelo in blanquette, o alla bechamel, come spiegheremo qui sotto.

Del quarto d’agnello di dietro.


Il quarto d’agnello di dietro si mette per l'ordinario allo spiedo oppure ripieno di farsa, si fa cuocere alla braise, e si serve con un intingolo di spinacci.
Cotto alla braise, e raffreddato ritirate i fileti, e metteteli in blanquette, o alla bechamel come qui sotto.

Filetti d’agnello in "blanquette".


Mettete in una casseruola un pezzo di butirro, de’ funghi tagliati, un mazzetto guernito; passate il tutto al fuoco, aggiugnendo un pugno di farina, bagnate con brodo, e fate cuocere i funghi finché vi resti più poca salsa; mettetevi dentro i filetti d’agnello cotti allo spiedo, e tagliati in piccoli pezzi minuti, con un’unione di tre rossi d’uova stemprati nel latte; fate unire la salsa al fuoco, non lasciandola bollire; conditela di buon gusto, ed in servendo aggiugnete alquanto d’agresto oppure d’aceto. Serviteli per hors d’oeuvre.

Filetti d’agnello "à la bechamel".


La bechamel si fa riducendo la crema a tal segno che basti per farne una salsa; quando comincia ad ispessirsi volgetela sempre, affinché non si formi in grumo; quando sarete vicino a servire, mettetevi i filetti tagliati come li precedenti; fateli scaldare, senza 170lasciarli bollire; conditeli di buon gusto, e serviteli.
Ogni sorta di filetti alla bechamel si fa nella stessa maniera.

Uso delle animelle d’agnello.


Si servono nella stessa maniera dell’animelle di vitello come avanti al cap. IV.

Lachietti.

Piedi d’agnello incrostati.


Fate cuocere in una buona braise una dozzina di piedi d’agnello, e dieciotto, o venti piccole cipolle bianche; fate una piccola crosta con pane, un poco di formaggio raschiato, un pezzo di butirro, e tre rossi d’uova, mischiate il tutto insieme, e distendetelo sul fondo del piatto che dovrete servire; mettete il piatto sopra la cenere calda, per far cuocere, ed attaccare alquanto la crosta, aggiustandovi di sopra i piedi d’agnello frammischiati con le cipolle; lasciateli stare alquanto tempo al fuoco, indi togliete il grasso, e servite con sopra una salsa di buon vitello.
La lingua, la coda, ed i piedi si aggiustano come quei del montone.

171CAPITOLO VIII
DEL POLLAME
Del pollame in generale.


Io mi sono disteso parlando della carne di beccaria, per istruirvi delle mutazioni che si possono fare; egli è tempo di ragionarvi della carne più dilicata. Comincierò adunque dal pollastro, essendo questo il migliore per la sanità. La di lui carne è nutritiva, e facile a digerire, ed è uno de primi alimenti soliti ad essere ordinati agli ammalati.
Vi sono officiali di cucina, che dicono che ogni sorta di pollame subito ucciso deve essere spiumato, ma al parer mio dico essere bene d’aspettare qualche poco di tempo, perciocché saranno più buoni, e più teneri; indi svotati, abbrustoliteli sopra di un fornello bene acceso di carbone, passandoli leggermente sopra la fiamma tanto che basti per abbrucciarne i peli che vi restano; se non avete il comodo del fornello prendete un foglio di carta, ed abbrucciatelo sotto i peli. Per sventrarli tagliate la pelle al di dentro del collo, distaccate leggermente il gozzo dalla pelle senza rompere il pollame, mettete poscia il dito nella pancia per distaccare ciò che vi è nel corpo, le budella, il fegato, ec., allargate indi il buco vicino al croppone, e votate il 172pollame senza romperlo, levandogli l’amaro del fegato, e del ventriglio.
Ogni sorta di pollame, ed uccellame si abbrustolisce, e vota nella stessa maniera; fatelo anche abbrustolire sopra la brace, acciò non divengono le carni troppo dure; dopo vuotatelo, ed asciugatelo bene con un straccio, o piccatelo poscia con lardo, secondo più vi piacerà.
Se volete servirlo arrosto non abbrustolitelo.

Pollastri di varie qualità.


Ve ne sono di quattro sorta, cioè de’ pollastri grassi, de’ pollastri all’uova, de’ pollastri alla regina, e de’ comuni.
Il pollastro alla regina è il più piccolo, e più stimato, indi v’è quel delle uova; il grasso che è il più forte, è molto stimato, quando è ben bianco ed in carne.

fricassea di pollastri.


Prendete due pollastri comuni bene in carne, abbrustoliteli, spiumateli, votateli, tagliateli in pezzi, ed immergeteli in acqua tepida facendoli sgorgare, indi aggiustate i fegati, i ventricoli, e le zampe senza pelle; tagliatene i sproni, i colli di cui voi tagliarete la metà della testa; quando saranno ben lavati, e sgocciolati, metteteli in una casseruola con del butirro, un mazzetto di prezzemolo, cipollette, lauro, timo, basilicò, due garoffani, dei funghi, una fetta di presciutto; lasciate il tutto al fuoco, finché non vi sia più salsa; allora mettete un buon pugno di farina bagnata con 173acqua calda, condite di sale, e pepe rotto, facendolo cuocere, e ridurre in salsa, e quando sarete vicino a servire, aggiugnete tre rossi d’uova stemprati con crema, o latte, e fateli unire al fuoco, senza lasciarli bollire, mettetevi del sugo di citrone, o d’aceto; aggiustate la fricassea nel piatto, in maniera che le coscie, e le ali restino di sopra, coprendo il tutto con la salsa, ed i funghi; se volete che la fricassea resti più bianca, levate la pelle dai pollastri prima di dividerli.
Potete altresì metterli arrosto con fondi di carcioffolo mezzo cotti, tagliando il pollastro in pezzi, e passandolo al fuoco in una casseruola con un pezzo di butirro, un mazzetto guernito, ed i carcioffoli con un pugno di farina, bagnando con brodo, un poco di sugo, e mezzo bicchiere di vin bianco; fate bollire a lento fuoco, e disgrassate la salsa.
Quando il pollastro è cotto servitelo a corta salsa oppure in fricandeau fatta come quella di vitello.

fricassea di pollastri "à la bordois".


La fricassea di pollastri à la bordois si fa come la precedente, coprendola però con pane grattugiato: dopo d'averla aggiustata nel piatto, mettete sopra il pane grattugiato de’ piccoli pezzi di butirro grossi come piselli, fatela colorire, sopramettendovi un coperchio da tortiera oppure nel forno; servite caldo, in questa maniera si può mascherare qualunque fricassea, che sia già stata servita.

174
Pollastro alla tartara.


Abbrustolitelo, e votatelo, indi tagliatelo per metà, rompetegli alquanto le ossa, e fatelo marinare in butirro fresco liquefatto, prezzemolo, cipollette, funghi, un baccello d’aglio, il tutto triturato, sale, e pepe, immergetelo nel butirro, e copritelo con pane grattugiato, e fatelo cuocere a lento fuoco, e servitelo a secco oppure con una piccola salsa chiara.

Pollastri in tamburri.


Prendete due polastri abbrustoliti, e votati, aggiustandoli le zampe nel corpo, lasciateli le ale, ed appianateli alquanto, poi fateli marinare con prezzemolo, cipollette, aglio intiero, olio fino, sale, e pepe rotto; fate un tamburro di carta, e mettetevi dentro i pollastri con il loro condimento, coprendoli con fette di lardo, e carta; fateli cuocere lentamente alla graticola, o sotto di un coperchio da tortiera; quando saranno cotti levate le erbe, ed il lardo: serviteli nel tamburro, aggiugnendovi qualche goccia di agresto. Potete pure cavarli dal tamburro, e servirli con una salsa di vostro gusto.

Pollastri comuni in diverse maniere.


Li pollastri comuni servono per ogni sorta d’entrées bollito; per quelli arrostiti prendete dei polastri grassi, o di quei comuni ben in carne.

175
Come servansi i pollastri grassi, alle uova, ed alla regina.


Si aggiustano tutti nella stessa maniera, essi servono d’ordinario per un piatto di arrosto.
Se vi piace copriteli di lardo; e conoscerete se sono ben cotti allorché tenendoli per la coscia piegano sotto il dito, ed allora si levano dal fuoco, bastando il colore che sia moderato.
Ogni sorta di arrosto dovrà farsi cuocere nella stessa maniera, mettendovi più, o men fuoco, e tempo, secondo che sarà più, o men duro.
Ognuno sa far cuocere la carne allo spiedo; pochi per altro sanno servirla ben cotta: eppure da questo dipende molto la bontà della carne; come altresì dall’essere poco, o troppo mortificata.

Pollastri in "entrée" di arrosto in varie maniere.


Se volete servire i pollastri grassi, o alla regina per entrée, fateli cuocere allo spiedo in questa maniera.
Abbrustoliteli alla fiamma del fornello, votateli, e metteteli nel corpo alquanto di lardo tagliato, il loro fegato, alquanto di prezzemolo, cipolle, con poco sale, il tutto ben triturato, cucendoli acciò non esca fuori niente; fateli rifare al fuoco in una casseruola con il grasso della marmitta, se non avete butirro, e poi cuocere allo spiedo inviluppati di lardo, e carta; non metteteli ad un fuoco troppo ardente, per non 176lasciarli colorire, dovendosi i pollastri in entrée servir bianchi.
Quando sono cotti aggiustateli nel piatto che dovete servire con quella salsa, od intingolo che più vi piacerà: come salsa alla ravigotte, alla spagnuola, alla sultana, all’alemanna, all’inglese, salsa bianca con cappari, ed acciughe, salsa alla carpe, all’italiana, ai piccoli uovi, salsa piccante, ed alla regina; oppure con un intingolo ai tartuffi, ai spongioli, alle piccole cipolle, ai cocomeri, ai cardi, ai gambari, ai pistacchi, ai fegati grassi, ed alle ostriche.

Pollastri alla crosta di pane.


Prendete un grosso polastro, o due, fate una salsa de’ loro fegati, e fateli cuocere allo spiedo inviluppati in lardo, e carta, poi serviteli con una salsa fatta in questa maniera.
Prendete un poco d’olio fino, e fatevi friggere due croste di pane, indi lasciatele sgocciolare, e mettete nello stesso olio cotto due cipolle tagliate in fili, quando saranno quasi cotte, aggiugnetevi prezzemolo, cipollette, un fegato di pollame il tutto triturato, che bagnarete con un bicchiere di vin bianco, ed un buon cucchiaio di sugo colato; disgrassate la salsa, e conditela di sale, e pepe pesto, indi fatela cuocere un quarto d’ora a lento fuoco, e servite i pollastri con le croste da canto.

Pollastri con i cavoli fiori.


Prendete due pollastri mediocri, buoni per far cuocere allo spiedo, pelateli, 177abbrustoliteli, e votateli, levate l’amaro dei fegati, e tagliati meschiateli con butirro, prezzemolo, cipollette trite, mettete questa piccola farsa nel corpo, lasciando le membra aggiustate alla maniera de’ polli d’india; fateli rifare al fuoco in una casseruola con butirro, o grasso, poi inviluppateli in lardo, e carta per farli cuocere allo spiedo; aggiustandoli poscia nel piatto che dovete servire con li cavoli fiori sgocciolati, e cotti con acqua, butirro, e sale; versatevi sopra una salsa fatta con sugo colato, butirro grosso come una noce, sale, e pepe rotto; fatela unire, non lasciandola bollire.

Pollastri alla "poële".


Pelate, ed abbrustolite due pollastri mezzani, tagliateli in due per mezzo dello stomaco, votateli, e metteteli in una casseruola con butirro, un baccello d’aglio, due cipolline, funghi, prezzemolo, cipolle, il tutto ben triturato; aggiugnete un pugno di farina, bagnate con un bicchiere di vin bianco, ed altrettanto brodo, e condite con sale, e pepe rotto; fate cuocere, e ridurre a corta salsa, levate il grasso, e servite.

Pollastri con il formaggio.


Pelate, ed abbrustolite due pollastri, dopo d’averli votati aggiustate le zampe nel corpo, tagliandoli col coltello; fateli rifare in una casseruola con alquanto di butirro, bagnateli con mezzo bicchiere di vin bianco, ed altrettanto brodo, mettetevi un mazzetto di prezzemolo, cipollette, mezza foglia 178di lauro, timo, basilicò, alquanto di sale, e pepe rotto; fateli cuocere un’ora a lento fuoco, non lasciandoli bollire, poi levate i pollastri, mettendo nella salsa alquanto di butirro con un pugno di farina, che farete unire al fuoco; prendete il piatto, che dovete servire, mettetevi una parte di questa salsa nel fondo, e sopra la salsa un piccolo pugno di formaggio di Savoia raschiato, mettendovi sopra i pollastri, e sopra di essi versate il resto della salsa, sopramettendovi altrettanto formaggio, come avete messo sotto, mettete il piatto a piccol fuoco, con un coperchio di tortiera carico di fuoco per di sopra, lasciandolo finché i pollastri siano coloriti, e non vi sia più salsa, allora serviteli caldi; se il formaggio fosse molto salato non mettetene nella cottura de’ pollastri.

Pollastri alla serpentaria, detta "estragon".


Fate imbianchire per mezzo quarto d’ora un buon pugno di foglie di serpentaria, ritiratele all’acqua fresca, premetele, e tagliatele fine; pelate, ed abbrustolite due pollastri, votateli, tagliate i fegati, e mischiateli con un pezzo di butirro, un quarto di serpentaria tagliato, sale, e pepe rotto; mettete questa piccola farsa nel corpo de’ pollastri, che aggiustarete con le loro zampe in una casseruola, per farli rifare in butirro, o grasso, aggiugnetevi una fetta di lardo su lo stomaco, e fateli cuocere allo spiedo inviluppati in carta; quando saranno cotti, mettete l'avanzo della serpentaria in una casseruola con due fegati, un 179poco di butirro, un pugno di farina, due rossi d’uova, mezzo bicchiere di sugo, due cucchiai di brodo, alquanto d’aceto, sale, e pepe rotto; fate unire la salsa, non lasciandola bollire, e servitela sopra i pollastri.

Pollastri in "matelotte".


Tagliate la testa, e la coda ad una dozzina di piccole cipolle bianche, fatele imbianchire mezzo quarto d’ora all’acqua bollente, indi ritiratele all’acqua fresca, per toglierle la prima pelle; tagliate due carotole mezzane, ed una pastinaca della lunghezza di due dita, tagliandole d’intorno, per darle la figura di un bastone; mettete in una casseruola un piccolo pezzo di butirro con due pugni di farina, volgendolo al fuoco finché abbia preso il colore della cannella; bagnate con un bicchier di vin bianco, ed altrettanto brodo, mettete le carotole con le piccole cipolle, un mazzetto di prezzemolo, cipolline, mezzo baccello di aglio, due garoffani, una foglia di lauro, timo, basilicò, sale, e pepe rotto; fate bollire a lento fuoco per mezz’ora, indi prendete un grosso pollastro, o due piccoli pelati, abbrustoliti, e votati, fateli rifare al fuoco, e tagliateli in quattro; metteteli nell’intingolo, aggiugnendovi se volete, il fegato, collo, ale, e zampe; fate bollire lentamente per lo spazio d’un’ora; quando saranno cotti, e vi resti più poca salsa, levate il grasso, ed aggiugnete una acciuga con un pugno di cappari, e serviteli caldi.

180
Pollastri alla giardiniere.


Votate due pollastri mezzani, e fate scaldare le zampe per pelarle, e farle entrare nel corpo, tagliandole gli sproni, indi fateli rifare al fuoco; tagliate ciascun pollastro in due, appianandoli alquanto con il coltello; fateli poi marinare un’ora con butirro caldo, prezzemolo, cipollette, un baccello d’aglio, funghi, il tutto triturato fino, sale, e pepe rotto; fate restare più che potrete di marinata vicino ai pollastri, coprendoli con pane grattugiato, metteteli alla graticola a cuocere lentamente bagnandoli con l’avanzo della marinata; quando saranno cotti, e coloriti, serviteli con una salsa fatta con alquanto di sugo, tre cucchiai d’agresto, sale, pepe rotto, alquanto di prezzemolo trito, due rossi d’uova, e fatela unire al fuoco senza lasciarla bollire.

Pollastro col cerfoglio.


Mettete alquanto di butirro in una casseruola, con due radici, una pastinaca tagliata in fette, due, o tre cipolle tagliate pure in fette, un baccello d’aglio, due garoffani, una foglia di lauro, timo, e basilicò; lasciate tutto al fuoco finché sia alquanto colorito, indi bagnate con un bicchier di vin bianco, ed altrettanto brodo, fate cuocere a fuoco lento, e ridurre a metà; passate allo staccio, aggiugnendo un poco di butirro, con un buon pugno di farina, due pugni di cerfoglio tagliato fino; fate unire questa salsa al fuoco, e servitela sopra dei pollastri cotti allo spiedo.

181
Pollastri "au reveil".


Abbrustolite, e mondate due pollastri, votateli, e tagliate i fegati per mischiarli con butirro, prezzemolo, cipollette, due foglie di serpentaria, due, o tre branchi di cerfoglio, il tutto triturato, sale, e pepe rotto, riempitene i pollastri, aggiustando loro le zampe; fateli rifare al fuoco con alquanto di butirro, o grasso, poi metteteli a cuocere allo spiedo involti con lardo, e carta; mettete il butirro, di cui vi siete già servito in una casseruola con due radici in fette, due cipolle pure in fette, un baccello d’aglio, due garoffani, una foglia di lauro, timo, e basilicò; lasciate al fuoco finché sia prossimo a colorirsi, bagnate con un bicchier di vin bianco, ed altrettanto brodo, fate bollire a lento fuoco un’ora e mezza, e passate allo staccio; prendete delle erbe, di cui si adornano le insalate, come serpentaria, cerfoglio, pimpinella, ec., mettetene in tutto un mezzo pugno ben fino nella salsa, lasciandolo in fusione per mezz’ora sopra la cenere calda senza che bolla, passate allo staccio, e premete le erbe per far uscire il sugo: mettete nella salsa un poco di butirro con un pugno di farina, sale, e pepe rotto; fate unire al fuoco, non lasciando bollire, servitela su de’ pollastri.

Pollastri con agresto granito.


Pelate, abbrustolite, e votate i pollastri, riempiteli di una farsa fatta con il fegato meschiato con butirro, prezzemolo, cipollette tagliate, sale, e pepe rotto; fateli 182cuocere allo spiedo, mettendo in una casseruola alquanto di butirro, due cipollette, un baccello d’aglio, prezzemolo, e cipolline, una carotola, una pastinaca, due garoffani, lasciando tutto al fuoco finché sia colorito, indi aggiugnete un pugno di farina bagnato con un bicchiere di brodo; lasciate cuocere, e ridurre a metà, passate allo staccio, prendete un buon pugno di agresto granito ben verde, levate gli acini per farli imbianchire un poco all’acqua bollente, poscia sgocciolati metteteli nella salsa con due rossi d’uova, fatela unire al fuoco volgendo sempre, e non lasciando bollire; quando la salsa è spessa levatela dal fuoco, e servitela sopra i pollastri.

Pollastri alla "gibelote".


Tagliateli per membra, e mettete in una casseruola le parti più minute con funghi, un mazzetto di prezzemolo, cipollette, un baccello d’aglio, mezza foglia di lauro, timo, basilicò, due garoffani, ed un poco di butirro, passateli al fuoco, aggiugnendo un buon pugno di farina bagnato in un bicchier di vin bianco, brodo, e tanto di sugo che basti per colorire l’intingolo, sale, e pepe rotto; fate cuocere, e ridurre a corta salsa.

Pollastri con i piccoli piselli.


Tagliateli per membra, e metteteli in una casseruola con una libbra di piccoli piselli, butirro, prezzemolo, cipollette, passateli al fuoco con un pugno di farina bagnata con mezzo sugo, e mezzo brodo; 183fate cuocere, e ridurre a corta salsa; non mettetevi sale, se non un momento prima di servire, ed alquanto di butirro se vi piace.

Pollastri in "hatelet".


Prendete dei pollastri arrostiti, che siano già stati serviti, tagliateli, aggiustando ciascun pezzo in spiedi d’argento, o piccoli spiedi di legno, immergeteli in uova sbattute, condite di sale, pepe, prezzemolo, e cipollette tagliate, copriteli con pane grattugiato, e bagnateli con butirro, od olio, ricopriteli di nuovo, e metteteli alla graticola, bagnandoli leggermente con alquanto d’olio; servite a secco oppure con salsa chiara.

Pollastri marinati.


Tagliateli per membra, fateli marinare, e friggere come si è detto di sopra del petto di vitello.

Pollastri in forma di pane.


Levate loro le ossa senza rompere la pelle, riempiteli d’un intingolo di animelle di vitello, infilzateli rendendoli rotondi, inviluppateli coperti di lardo in un pannolino bianco, fateli cuocere con vino bianco, buon brodo, ed un mazzetto guernito, e serviteli con una salsa alla spagnuola.

Pollastri alla "Sainte Menehoult".


Abbrustolite, votate, ed aggiustate le zampe nel corpo a due pollastri comuni, metteteli nella casseruola con butirro, un 184bicchier di vin bianco, sale, pepe rotto, un mazzetto di prezzemolo, cipollette, un baccello d’aglio, timo, lauro, basilicò, e due garoffani; fate cuocere a lento fuoco, ed attaccare la salsa ai pollastri, indi immergeteli in uova sbattute, copriteli poscia con pane grattugiato, ed immergeteli in butirro, ricoprendoli con pane, metteteli alla graticola per colorirli, serviteli a secco, o con una salsa chiara, e piccante.

Uso del gallo, e della pollastra.


Sono ambidue buonissimi per fare del brodo, e della gelatina di carne per gli ammalati, mettendovi alquanto di giaretto di vitello insieme; sono altresì buoni a dar corpo ad ogni salsa od intingolo.

De’ polli d’india.


Li polli d’india si servono allo spiedo, piccati con lardo per un piatto di arrosto, principalmente se è grasso, e tenero.
Quando è cotto e raffreddato ciò che ritirarete dalla tavola vi servirete a fare diversi entrées; tagliatelo in fili, e servitelo in blanquette; vedete l’Agnello in blanquette oppure alla bechamel.
Le coscie si servono alla graticola con la salsa robert, se volete servire un pollo d’india per entrée, aggiustatelo allo spiedo come si fa de’ pollastri grassi, fatelo cuocere nella stessa maniera, e servitelo con la medesima salsa, ed intingolo.
Voi potete altresì servirlo per entrée senza farlo cuocere allo spiedo, come spiegheremo appresso.

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Parti minute de’ polli d’india in fricassea in bianco, o in rosso.


Prendete le ale, zampe, collo, fegato, e ventriglio di uno, o due polli, scaldateli per pelarli; metteteli in una casseruola con butirro, un mazzetto di prezzemolo, cipollette, un baccello d’aglio, due garoffani, timo, lauro, basilicò, e funghi, passate tutto al fuoco con un buon pugno di farina, bagnando con acqua, e brodo, condite di sale, e pepe rotto, fate cuocere, e ridurre a corta salsa; quando siete vicini a servire, levate il mazzetto, ed aggiugnetevi una unione di tre rossi d’uova, con della crema: fateli unire, non lasciando bollire, ed in servendo un poco d’aceto, o d’agresto, se volete servirli in rosso; dopo d’averli infarinati, bagnateli con mezzo brodo, e mezzo sugo, e lasciate ridurre a corta salsa, se poi volete servirli con i piccoli piselli, metteteli nella casseruola con i piselli, ed un pezzo di butirro, infarinateli, e bagnateli con metà brodo, e metà sugo, lasciandoli cuocere, e ridurre a corta salsa.

Differenti maniere di aggiustare i polli d’india vecchi.


Essi servono a fare delle daubes; spiumateli, votateli, ed aggiustate loro le zampe nel corpo, fateli rifare sopra la brace, piccateli con lardo, condite di sale, pepe, prezzemolo, cipollette, ed aglio, il tutto triturato; metteteli a cuocere in una pignatta con un boccale di vin bianco, brodo, radici, cipolle, un mazzetto guernito, sale, e pepe, e 186fateli cuocere lentamente; quando saranno cotti, passate il brodo allo staccio, riducendolo in ghiaccio, che lasciarete raffreddare, distendetelo sopra il pollo d’india, e se ve ne avanza mettetelo nel corpo; servitelo in un piatto sopra di una salvietta, guernito di prezzemolo verde.
Potete altresì servirli per entrées alla braise, come brezolle, fricandeau, degli entrées alla cittadina fra due piatti come le noci di vitello.

Coscie di pollo d’india accompagnate.


Fate sgorgare, ed imbianchire un’animella di vitello all’acqua bollente, tagliatela in grossi dadi, con molti funghi tagliati nella stessa maniera, uniteli insieme con lardo, prezzemolo, cipollette, basilicò triturato, sale, pepe rotto, e due rossi d’uova; prendete due coscie di pollo d’india crudo, e ben pelato, e disossatele, lasciandovi però il fine dell’osso unito alla zampa, mettetevi dentro l’animella di vitello con il condimento; cucitele, e fatele cuocere in una piccola braise fatta con un bicchier di vin bianco, altrettanto brodo, un mazzetto di prezzemolo, cipollette, ed un poco di sale; copritele con fette di lardo, e fatele cuocere lentamente; subito che siano cotte, e vi resti più poca salsa, togliete il grasso, le fette di lardo, ed il mazzetto, aggiugnendo due cucchiai di sugo colato per unirla, oppure un poco di butirro con un pugno di farina, ed alquanto di prezzemolo imbianchito triturato; fatela unire al fuoco, e servitela sopra le coscie con del sugo 187di citrone, o alquanto d’agresto se più vi piace.

Pollo d’india all’"escalope".


Levate le coscie, ed aggiustatele come le precedenti; delle ali, e stomaco fatene l’escalope, il carcame mettetelo in una marmitta per mangiarlo allesso. Prendete le ale, e le coscie, tagliatele in fili minuti, ed aggiustatele in una casseruola un suolo sopra l’altro, mettendo sopra ciascuno sale, cipollette, prezzemolo, basilicò, funghi triturati, pepe rotto, ed un poco d’olio. Coprite con fette di lardo, e fare cuocere lentamente sopra la cenere calda, alla metà della cottura, aggiugnete un mezzo bicchier di vin bianco, e disgrassate la salsa prima di servirla sopra delle escalopes; se avete del sugo colato mettetene due cucchiai per unirla, del sugo di citrone, o un poco d’aceto.

Coscie di pollo d’india alla crema.


Se vi servite delle coscie d’un pollo d’india cotto allo spiedo, che sia già stato servito, non bisogna piccarle, se poi sono crude, piccatele a traverso di lardo; fatele cuocere alla Sainte Menehoult fatta così: mettete in una casseruola alquanto di butirro con mezzo cucchiaio di farina, sale, pepe, prezzemolo, cipollette, un baccello d'aglio, tre garoffani, una foglia di lauro, timo, basilicò, due pugni di coriandoli, ed un quartino di latte, volgete al fuoco sin che bolla; mettetevi le coscie, facendole bollire lentamente; quando si piegheranno 188sotto il dito ritiratele per sgocciolarle; prendete il grasso di detta Menehoult, ed immergetevi le coscie, coprendole indi con pane grattugiato, mettendole su la graticola, bagnatele leggermente con il resto del grasso; mettete in una casseruola mezzo bicchiere di sugo con due cucchiai d’agresto, sale, e pepe rotto; fate scaldare, e mettete sopra le coscie.

Pollo d’india in forma di pane.


Prendete un pollo d’india, abbrustolitelo ad un fornello bene acceso, e disossatelo, indi mettetegli nel corpo un piccolo intingolo crudo composto di fegati, funghi piccoli, e ventresca, il tutto tagliato in dadi minuti, ed unito con sale, spezie fine, prezzemolo, e cipollette tagliate, cucitelo, e dategli la forma di un pane, mettendovi una fetta di lardo sopra lo stomaco, inviluppatelo in un pannolino, e fatelo cuocere in una pignatta proporzionata con brodo, un bicchier di vin bianco, ed un mazzetto di erbe fine; tosto che sia cotto levatelo, e tenetelo caldo, disgrassate il brodo, e mettendolo in una casseruola riducetelo in una piccola salsa, aggiugnendovi due cucchiai di sugo colato, scoprite il pollo, toglietegli il lardo, ed asciugatelo dal grasso premendolo un poco con un pannolino bianco, e servitelo con la salsa di sopra.

Pollo d’india alla "poële".


Pelate, ed abbrustolite un pollo d’india, appianatelo alquanto sopra lo stomaco, aggiustandogli le zampe nel corpo; mettetelo 189in una casseruola con butirro, o lardo liquefatto, prezzemolo, cipollette, funghi, un baccello d’aglio, il tutto triturato ben fino; fatelo rifare, e mettetelo in un’altra casseruola col condimento, sale, e pepe rotto; coprite lo stomaco con fette di lardo, bagnate con un bicchier di vin bianco, ed altrettanto brodo, e fate cuocere a lento fuoco, indi levate il grasso, ed aggiugnete alquanto di sugo colato nella salsa per unirla.
Il pollastro, e la pollastra si aggiustano nella stessa maniera.

Pollo d’india in galantina.


Abbrustolite, e votate un grosso pollo d’india, disossatelo per farne una galantina, come abbiamo detto del porco da latte in galantina al capitolo V.

Pollo d’india in ballone.


Disossatelo senza rompere la pelle, levate tutta la carne, e tagliatela in fili, il resto fatelo come il formaggio di porco al capitolo V.
Se volete servirlo per entrée ritiratelo mentre è caldo, e servitelo con una buona salsa.

Pollo d’india rotolato.


Abbrustolite un pollo d’india, e tagliatelo in due, disossatelo, e mettete in ciascuna metà una buona farsa di carne, indi rotolatelo, legatelo, e fatelo cuocere coperto di fette di lardo, con un bicchier di vin bianco, altrettanto brodo, un mazzetto di prezzemolo, cipollette, un baccello d’aglio, due garoffani, alquanto di timo, lauro, 190basilicò, sale, pepe, due cipolle in fette, una carotola, ed una pastinaca; quando è cotto, levate il grasso dalla salsa, e passatela allo staccio, aggiugnendovi alquanto di sugo colato per unirla; servitela sopra la carne.
In vece di questa salsa potete metterne un’altra oppure un qualche intingolo di vostro genio.

Delle zampe de’ polli d’india.


Si fanno cuocere alla braise, come la lingua di bue, con un buon condimento.
Quando sono cotte, e raffreddate immergetele nel grasso della loro cottura, coprendole con pane grattugiato, facendole colorire alla graticola, e servendole a secco per tramesso.
Se volete farle friggere immergetele in uova sbattute, e coperte di pane grattugiato, fatele friggere, e colorire, servitele guernite di prezzemolo fritto; alcuni sogliono mettere una farsa d’intorno alle zampe prima di coprirle di pane.

Ali del pollo d’india con le piccole cipolle, e formaggio.


Prendete sei, o otto ali di pollo d’india, pelatele, poi fatele imbianchire; mettetele in una casseruola con un mazzetto di prezzemolo, cipollette, due garoffani, mezza foglia di lauro, ed alquanto di basilicò; bagnate con un bicchier di vin bianco, ed altrettanto brodo; fate cuocere a lento fuoco per mezz’ora, indi aggiugnete per lo meno una dozzina di piccole cipolle imbianchite un quarto d’ora all’acqua 191bollente, e ben pelate, un poco di sale, e pepe rotto; lasciatele finire di cuocere, e ritiratele dalla casseruola per sgocciolarle, passate la salsa allo staccio, e riducetela se è troppo lunga, mettetevi alquanto di butirro con un pugno di farina, facendola unire al fuoco; prendete il piatto che dovete servire, mettetevi un poco di salsa nel fondo, con sopra mezzo pugno di formaggio di Savoia, o parmeggiano raschiato, aggiustate di sopra le ale con le piccole cipolle intiere, mettete il resto della salsa di sopra, e coprite di formaggio raschiato, mettendo il piatto sopra d’un piccolo fornello per farlo bollire lentamente finché vi resti più poca salsa; colorite di sopra con una paletta infuocata, o un coperchio da tortiera carico di fuoco; servite caldo.

Ale in fricassea di pollastri.


Dopo d’averle pelate, ed imbianchite, fatele cuocere come la fricassea de’ pollastri.

Ale in "fricandeau".


Prendete dieci, o dodeci ale di pollo d’india, o quindeci di pollastri ben pelate, piccatele di ventresca, indi fatele imbianchire un poco all’acqua bollente, e cuocere come i fricandeau alla cittadina.

Ale alla spagnuola.


Dopo d’averle imbianchite, e pelate mettetele in una casseruola sopra delle fette di lardo, con due cucchiai d’olio, un bicchier di vin bianco, altrettanto brodo, un mazzetto di prezzemolo, cipollette, due 192baccelli d’aglio, timo, lauro, basilicò, due garoffani, sale, pepe rotto, e due pugni di coriandoli; quando sono cotte passate la salsa allo staccio, toglieteli il grasso, ed aggiugnete un poco di sugo colato per unirla; asciugate le ale con un pannolino bianco, e servitele colla salsa di sopra.

Ale in "matelote".


Fate un piccolo rosso con un cucchiaio di farina, e del butirro bagnato con mezzo bicchiere di vin bianco, ed altrettanto brodo, fatevi cuocere dentro le ale con un mazzetto di prezzemolo, cipollette, e due baccelli d’aglio, timo, lauro, basilicò, e due garoffani, sale, e pepe rotto, alla metà della cottura mettete per lo meno una dozzina di piccole cipollette bianche, imbianchite un quarto d’ora all’acqua bollente, e pelate; tagliate delle molliche di pane della grandezza d’un mezzo scudo, e lasciatele al fuoco con un poco di butirro, finché siano colorite; finito l’intingolo, e ridotto a corta salsa aggiugnetevi alquanti cappari fini intieri, aggiustate le ale con il pane di sopra, ed intorno alla salsa.

Ale al sugo di piselli verdi.


Fatele cuocere con alquanto di brodo, ed un mazzetto guernito, sale, pepe, ed alquanto di ventresca, se vi piace; prendete una libbra di piselli cotti nel brodo, e delle code di cipolle, prezzemolo, riducetele in sugo per mezzo della stamigna; mettete nel sugo la cottura delle ale per darli gusto, e servitela sopra delle ale, e della 193ventresca in una terrina, che sia né troppo chiara, né troppo spessa.

Ale al sugo di lenti.


Farete tutto come sopra, non mettendo però nella cottura delle lenti le code delle cipollette, ed il prezzemolo. Si servono per entrée.

Ale colle piccole cipolle.


Fate un intingolo di piccole cipolle già spiegato di sopra; mettete le ale in una casseruola con brodo, un mazzetto guernito, sale, e pepe rotto; fatele cuocere, indi levate il grasso della cottura, e passatele alla stamigna, mettetele nell'intingolo delle cipolle per darle corpo, e servite a corta salsa sopra le medesime per entrée.

Ale al vino di Sciampagna.


Coprite il fondo di una casseruola di fette di vitello, e le ale di sopra coperte con fette di lardo, mettete un mazzetto guernito, sale, pepe rotto, un bicchiere di vino di sciampagna, e mezzo bicchiere di buon brodo; lasciate cuocere lentamente; quando tutto è cotto, aggiugnete due cucchiai di sugo colato nella salsa, levatele il grasso, e passatela alla stamigna, servendola sopra le ale ben asciutte dal loro grasso.
Cotte cosi in vece del vino voi potete mettervi qualche salsa od intingolo che più vi piacia.

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Ale alla "Sainte Menehoult".


Fatele cuocere con un bicchier di brodo, mezzo bicchier di vin bianco, un mazzetto guernito, sale, e pepe rotto; quando saranno cotte a piccol fuoco, attaccate tutta la salsa alle ale, quasi ghiacciandole; lasciatele raffreddare, indi immergetele in alquanto d’olio per coprirle con pane grattato; bagnatele pure con olio, e fatele colorire alla graticola; servitele senza salsa oppure con una salsa chiara condita di buon gusto.
Le stesse ale possono farsi friggere, non immergendole però prima in olio, ma in uova sbattute, indi coperte di pane grattugiato fatele friggere; si può fare lo stesso con ale, che siano già state servite.

Del pollastro "pintadeau", e della "pintade".


La pollastra pintade s’aggiusta per entrée come la pollastra novella. Il pintadeau piccatelo, e fatelo cuocere allo spiedo per un piatto di arrosto come il fagiano.

Della pollastra, e del cappone, come si debba aggiustare.


La pollastra si serve altresì per un piatto d’arrosto, come abbiamo detto dei pollastri grassi; nel tempo del crescione mettetegliene tutto all’intorno, condite con sale, ed aceto; i fegati grossi delle pollastre, capponi, polli d’india, e grossi pollastri si mettono in vari intingoli, e servonsi per tramesso particolare; fateli cuocere allo spiedo inviluppati in lardo tagliato in fette, 195coprendoli con pane grattugiato; serviteli con la salsa bachique; potete altresì metterli in tamburri fatti con carta unta d’olio; fateli cuocere nel loro sugo con prezzemolo, cipollette, e funghi, il tutto triturato, delle fette di lardo sotto, e sopra, un poco di olio, ed in servendo del sugo di citrone oppure mettetele in papigliotte ovvero in intingolo secco.

Pollastre di varie maniere.


Esse servono per entrée in varie maniere.
Se sono tenere servitele per entrée allo spiedo con la medesima salsa, o intingolo de’ pollastri in entrée allo spiedo; fate lo stesso per li capponi.
Se poi non gli stimate teneri per lo spiedo, metteteli in fricandeau, come si fanno li fricandeau di vitello, o alla tartara, o allesso.
Abbrustoliteli, votateli, aggiustate loro le zampe nel corpo, e fateli imbianchire un momento; mettete una fetta di lardo sopra lo stomaco per conservarlo bianco, legateli, e fateli cuocere in una pignatta; quando la coscia pieghi sotto le dita ritirateli, e serviteli con alquanto di brodo, e grosso sale di sopra.

Pollastra alla cittadina.


Abbrustolita votatela, ed aggiustateli le zampe nel corpo, poi mettete nel fondo di una casseruola un poco di butirro, due cipolle tagliate in fette, e la pollastra sopra voltata con lo stomaco sotto, copritela con altre due cipolle in fette, due radici 196tagliate in fili, un mazzetto guernito di ogni sorta d’erbe fine, ed alquanto di sale; fatela cuocere in questa maniera sopra la cenere calda, ed a metà della cottura aggiugnete un bicchier di vin bianco; quando sarà cotta levate il grasso dalla salsa, e passatela alla stamigna, mettendo alquanto di sugo colato, e servitela sopra la pollastra.

Pollastra fra due piatti.


Abbrustolita votatela, aggiustandoli le zampe nel corpo, fatela rifare in una casseruola al fuoco con butirro, sale, pepe, prezzemolo, cipollette, funghi, ed un baccello d’aglio, il tutto triturato. Mettete nel fondo di una casseruola delle fette di vitello, e la pollastra di sopra con tutto il suo condimento, e coperta di lardo in fette; fatela cuocere in questa maniera sopra la cenere calda; quando è cotta disgrassate la salsa, e passatela alla stamigna, aggiugnendo un cucchiaio di sugo colato, ed alquanto d’agresto; gustate se è condita, e servitela sopra la pollastra.

Pollastra col prezzemolo.


Prendete una pollastra cruda, o cotta allo spiedo, già stata servita quantunque già rotta, tagliatela in membri, e fatela cuocere in una casseruola con buon brodo, sugo colato, sale, e pepe rotto: quando è cotta, e la salsa ridotta aggiugnete un buon pugno di prezzemolo tagliato ben fino, che avrete fatto bollire un momento nell’acqua, prima di tagliarlo premetelo bene, ed in servendo aggiugnetevi alquanto d’agresto.

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Cipollata in varie maniere.


Per fare una cipollata prendete delle coscie di pollastre, o polli d’india, o per far meglio prendete le sole ale dei polli d’india, o delle pollastre, secondo la stagione, prendete altresì sei salsiccie lunghe un dito con ventresca tagliata in fette, e imbianchite delle piccole cipolle bianche; fate cuocere il tutto insieme in una casseruola con alquanto di brodo, mettendovi sotto e sopra delle fette di lardo, due fette di citrone, ed un mazzetto di erbe fine; quando è cotto, fatelo sgocciolare per aggiustarlo nel piatto che dovete servire; prendete indi la salsa restata nella casseruola, disgrassatela, e passatela alla stamigna, aggiugnete un cucchiaio di sugo colato per darle un poco di consistenza; gustate poi se la salsa è condita, e servitela di sopra.
Le ale di pollastra si aggiustano nella stessa maniera di quella de’ polli d’india. Voi potrete servire un pollastro intiero nella stessa maniera.

Pollastra colle cipolle.


Prendete una buona pollastra tenera, pelatela, abbrustolitela, e votatela: prendete il fegato, tagliatelo, ed unitelo con lardo raschiato, prezzemolo, cipollette, e funghi, il tutto triturato, e condito di sale, e pepe; mescolate bene questa farsa, e riempitene la pollastra; cucitela, e fatela cuocere allo spiedo inviluppata in lardo, e carta; subito che sia cotta servitela con un intingolo di piccole cipolle bianche fatto così.
198Prendete delle piccole cipolle, tagliate loro alquanto l’estremità della testa, e delle code, fatele cuocere un quarto d’ora all’acqua bollente, indi ritiratele all’acqua fresca, pelatele, e fatele cuocere nel brodo; quando saranno cotte, e sgocciolate, fatele condire in un buon sugo colato, lasciandole dar qualche bollo sopra del fornello; servitele d’intorno alla pollastra.
I pollastri colle cipolle si aggiustano nella stessa maniera.

Pollastra immascherata.


Prendete una buona pollastra pelata, abbrustolita, e votata; fate una farsa col suo fegato, lardo raschiato, prezzemolo, cipollette, due rossi d’uova, sale, e pepe; riempitela, e cucitela per farla cuocere in una casseruola con del grasso, poi mettetela allo spiedo, e guernitela tutto all’intorno di fili di presciutto fresco, e mollica di pane, della lunghezza della pollastra; inviluppatela in molti fogli di carta, dimodoché né il sugo, né il grasso possano escire; fatela cuocere a lento fuoco senza bagnarla; ritirandola dallo spiedo mettete qualche cosa sotto per ricavare il sugo, aggiustandola nel piatto che dovete servire con il sugo, e pane d’intorno.

Pollastra alla matelota.


Prendete una pollastra abbrustolita, e votata, senza le ali, e zampe, ed aggiustatela come se voleste metterla nella pentola, piccatela con lardo, e fatela cuocere con vino bianco, ed alquanto di brodo, sei 199grosse cipolle, carotole, e pastinache ben tagliate, un mazzetto guernito, sale, e pepe; fate cuocere lentamente, e quando sarà cotta aggiustatela nel piatto da servire con le cipolle, e radici d’intorno; servitela con la salsa ben disgrassata: se avete un cucchiaio di sugo colato mettetene per dare maggior consistenza alla salsa.

Pollastra alla cuciniera.


Pelate, abbrustolite, e votate una pollastra, riempitela di una farsa fatta con il suo fegato, del butirro, prezzemolo, cipollette, un baccello d’aglio triturato, sale, e pepe, con due rossi d’uova, fatela cuocere allo spiedo; cotta che sarà bagnatela di sopra con butirro caldo, o con rossi d’uova stemprati, copritela di pane grattugiato, e fatela colorire, servendola con una salsa fatta come segue.
Mettete in una casseruola mezzo bicchier di brodo, alquanto d’aceto, ed un pezzo di butirro unito con un pugno di farina, sale, pepe, e noce moscada raschiata, fate il tutto unire al fuoco.

Pollastra in "court boüillon".


Abbrustolite una buona pollastra, fateli scaldare le zampe per levar loro la pelle; votatela, ed aggiustateli le zampe nel corpo, legatela, e mettetela in una pentola proporzionata alla grossezza con butirro, due cipolle in fette, una radice, una pastinaca, un mazzetto guernito di prezzemolo, cipollette, un baccello d’aglio, tre garoffani, sale, e pepe; bagnate con due bicchieri di 200brodo, ed uno di vin bianco, due cucchiai di agresto, e fate cuocere a lento fuoco; quando la pollastra piegherà sotto il dito, passate tutto il court boüillon alla stamigna, e fatelo ridurre al fuoco in una salsa che servirete sopra della pollastra.

Pollastra alla "bechamel".


Per l’ordinario si prende una pollastra cotta allo spiedo, e già stata servita, tagliatela per mezzo, o in pezzi, se è quasi intiera levateli tutta la carne, e tagliatela in fili; mettete nella casseruola un boccale di crema, ed un quartino di latte, e mentre bolle alquanto di butirro unito con farina, sale, pepe, due cipolline, mezzo baccello d’aglio, con del prezzemolo; fate bollire lentamente per mezz’ora, quando la salsa è ridotta passatela alla stamigna, indi mettetevi dentro la pollastra per farla scaldare senza che bolla; se la salsa non è abbastanza unita aggiugnete un rosso d’uova, e fatela unire senza lasciarla bollire, ed in servendo mettete due, o tre goccie d’aceto.

Pollastra alla "Montmorenci".


Dopo d’averla abbrustolita, e votata, piccateli il di sopra, indi riempitela di fegati tagliati in dadi, ventresca, e piccole uova, cucitela, e fatela cuocere come un fricandeau, ghiacciandola nella stessa maniera.

Pollastra marinata.


Pelate, abbrustolite, e votate una pollastra, indi tagliatela in pezzi, e fatela 201marinare, e friggere come il petto di bue.

Pollastra alla "Sainte Menehoult".


Preparare una pollastra, e fatela cuocere come i pollastri alla Sainte Menehoult.

Pollastra al bianco mangiare.


Fate bollire in una casseruola un boccale di buon latte con timo, lauro, basilicò, e coriandolo, finché sia ridotto a metà, passatelo alla stamigna, aggiugnendovi un pugno di pane grattugiato, rimettetelo al fuoco finché il pane siasi imbevuto di tutto il latte: allora levatelo dal fuoco, mettendovi quattr’oncie di pane tagliato in piccoli pezzi, dodici amandorle dolci ben peste, sale, noce moscada raschiata, e cinque rossi d’uova; mettete tutto nel corpo della pollastra pelata, abbrustolita, e votata, cucitela, e fatela cuocere infra due fette di lardo; bagnate con latte, e condite con sale, ed alquanto di coriandolo; quando sarà cotta, ed asciugata dal grasso servitela con una salsa alla regina.

Pollastra in cannelloni.


Tagliatela per metà, e disossatela, mettendo su ciascuna metà una buona farsa di pollame, rotolandola, coprendola di una fetta di lardo al di sopra, legatela, e fatela cuocere con butirro, mezzo bicchier di vin bianco, buon brodo, un mazzetto guernito, sale, e pepe, per lo spazio di un’ora; cotta che sia, passate la salsa alla stamigna, togliete il grasso, ed aggiugnete due cucchiai di sugo colato, facendo ridurre la 202salsa al fuoco; levate le fette di lardo, ed il filo, e servite la salsa sopra dei cannelloni della pollastra.

Pollastra alla crema.


Essa si fa per l’ordinario di una pollastra cotta allo spiedo, e già servita, purché resti intiera: prendete la carne dello stomaco, tagliatela ben fina, e fatela bollire con butirro, un buon pugno di pane grattugiato, ed un boccale di latte finché sia spessa; lasciatela raffreddare: aggiugnete poi una mezza libbra di grasso di bue, prezzemolo, cipollette, funghi, sale, pepe, con cinque rossi d'uova, mettete questa farsa nel corpo della pollastra al luogo dello stomaco, unite il di sopra con un coltello bagnato in uovo sbattuto, copritela con pane grattugiato, poi mettete la pollastra in una tortiera con delle fette di lardo sotto, e ben coperta di carta, fatela cuocere sotto di un coperchio da tortiera, e servitela con la prima salsa che troverete al capitolo delle medesime.

Pollastra con la crosta.


Abbrustolita, e votata, aggiustateli le zampe nel corpo, indi piccatela a traverso di lardone, fatela cuocere con alquanto di buon brodo, sale, pepe, ed un mazzetto guernito; quando sarà cotta, fateli attaccare tutta la salsa d’intorno, lasciandola raffreddare; mettete nella casseruola un buon pezzo di butirro unito con un cucchiaio a bocca di farina; bagnate con latte, sale, e pepe, e fate unire la salsa finché resti 203spessa, distendendola sopra la pollastra, e coprendola a misura di pane grattugiato finché abbia preso la forma di una crosta, fatela colorire, sopra mettendovi un coperchio di tortiera, e servitela con la prima salsa, che troverete al suo capitolo.

Pollastra accompagnata.


Levate l’osso del brichet dello stomaco ad una pollastra votata, e riempitela di un intingolo meschiato, come quello che troverete nel capitolo degl’intingoli, fatela cuocere allo spiedo inviluppata di lardo, e carta, e servitela con una buona salsa, come quella alla spagnuola, o alla sultana, che troverete nel capitolo delle salse.

Pollastra al sangue.


Mettete in una casseruola del prezzemolo, cipollette, funghi, il tutto triturato, con alquanto di butirro, mettete tutto al fuoco, aggiugnendovi un quartino di sangue di porco con quattro rossi d’uova, quattr’oncie di pane tagliato, un piccolo pugno di coriandoli pesti, sale, e pepe rotto; fate il tutto unire al fuoco non lasciando bollire, e volgendo sempre, quando sarà freddo mettetelo nel corpo di una pollastra che farete cuocere allo spiedo inviluppata di lardo, e carta, e servirete con la prima che vi è nel capitolo delle salse.

Pollastra alla "chia".


La chia è una specie di cocomero che viene dall’Indie, tagliatela in fette, e lasciatela un quarto d’ora immersa in acqua 204quasi bollente, poscia sgocciolatela, e mettetela in una salsa di sugo colato, che servirete sopra di una pollastra allo spiedo.

Pollastra in fili.


Prendete una pollastra già servita, tagliatela in fili, facendola scaldare con una buona salsa unita al rosso, o al bianco, come alla bechamel, o alla regina, che troverete nel capitolo delle salse.

Della pollastra, e del cappone.


Servono ordinariamente per ottimi piatti di arrosto, piccati, e fatti cuocere allo spiedo.

Dell’anitro, anitrino, oca, e papero.


L’anitrino si serve cotto allo spiedo per un piatto di arrosto; se volete servirlo per entrée, mettetelo con varie piccole salse, sempre però cotto allo spiedo. L’anitro, anitrino, oca, e papero si aggiustano tutti nella stessa maniera, facendoli cuocere in una buona braise con brodo, sale, pepe, ed un mazzetto guernito d’ogni sorta di erbe fine; quando saranno cotti serviteli con un intingolo di cocomeri, o piselli, o con altra salsa a voi piacevole.

Anitro con la farsa.


Abbrustolitelo, e votatelo dalla parte del gozzo, e disossatelo affatto senza rompere la pelle; quando cominciate a disossarlo, ed a rivolgerlo, a misura che li levate le ossa, riempitelo a metà con una farsa di pollame oppure non avendone altra, di pollo d’india.
205La farsa di pollo d’india si fa prendendo alquanto di coscia di vitello, il doppio di grasso di bue tagliato insieme con prezzemolo, cipollette, e funghi, il tutto triturato, due uova, sale, e pepe; meschiate bene tutto insieme, e mettetelo nel corpo dell’anitro, legatelo, e fatelo cuocere alla braise, come la lingua di bue. Quando sarà cotto asciugatelo dal grasso, e servitelo con una buona salsa od un intingolo di castagne; fate cuocere dei marroni in un quartino di vin bianco con alquanto di sugo colato, e sale; servite come più vi piacerà.

Anitro in "hauchepot".


Abbrustolito, votatelo, e tagliatelo in quarti, fatelo cuocere in una piccola pignatta con rape, un quarto di cavolo, pastinaca, carotole, cipolle, il tutto tagliato, e propriamente aggiustato; fate imbianchire il tutto per mezzo quarto d’ora, indi cuocere in una pignatta con buon brodo, lardo tagliato in fette e attaccato alla cotica, e legato, un mazzetto guernito con alquanto di sale.
Quando tutto sarà cotto aggiustate l’anitro in una terrina da servire sopra la tavola con gli erbaggi d’intorno, levate il grasso dal brodo della pignatta, in cui sono cotti gli erbaggi, ed aggiugnete alquanto di sugo colato, servendo a corta salsa sopra gli erbaggi, e l’anitro. Gustate prima se la salsa è di buon gusto.

206
Anitro colle rape.


Prendete un anitro abbrustolito, votato, e con le zampe aggiustate al di dentro; dopo d’averlo ben pelato mettete del butirro in una casseruola con un cucchiaio di farina che farete arrossire, bagnando con brodo, mettete l’anitro dentro con un mazzetto guernito, alquanto di sale, e pepe rotto, facendovi cuocere insieme delle rape tagliate propriamente, mettendole nello stesso tempo se sono dure, se no a metà della cottura dell’anitro; tosto che sia ben cotto l’intingolo, e disgrassato, aggiugnete un poco d’aceto, e servite a corta salsa; così si aggiusta l’anitro con le rape alla cittadina; si può altresì far cuocere l’anitro a parte in una braise bianca, e le rape, ed emendarle, farle imbianchire, e cuocere con buon brodo, sugo di vitello, e sugo colato; quando l'intingolo è fatto servitelo sopra l’anitro.

Anitro "au pere douillet".


Bene pelato, abbrustolito, e votato un anitro aggiustateli le zampe nel corpo, indi legato mettetelo in una casseruola proporzionata con un mazzetto di prezzemolo, cipollette, un baccello d’aglio, due garoffani, timo, lauro, basilicò, un buon pugno di coriandoli, delle fette di cipolla, una carotola, una pastinaca, un pezzo di butirro, due bicchieri di brodo, ed uno di vin bianco; fate cuocere a lento fuoco, e quando che l’anitro piega sotto il dito, 207passate la salsa alla stamigna, levando il grasso, e servitela sopra.
Voi potete altresì tagliarlo in quattro prima di farlo cuocere.

Anitrini coi piselli.


Prendete due, o tre anitrini votati, aggiustate loro le zampe in modo che non comparisca altro che l’artiglio; fateli imbianchire un momento all’acqua bollente, poi fate un piccolo rosso con due pugni di farina, e del butirro: mettete dentro gli anitrini con una libbra di piccoli piselli, un mazzetto di prezzemolo con delle cipollette; fate bollire lentamente finché gli anitrini siano cotti; un momento prima di servire aggiugnete alquanto di sale, e servite a corta salsa.
Li paperi si aggiustano nella stessa maniera.

Oche farsite allo spiedo.


Prendete dei marroni, o delle grosse castagne, levate loro la prima pelle, e mettetele al fuoco in una pentola pertugiata, volgendole per levar loro la seconda, conservando le più belle per fare l’intingolo; se non avete pentola pertugiata, mettete li marroni nell’acqua bollente, lasciandoli bollire per levarli la seconda pelle, ritirate quelle che avete destinato per l’intingolo, le altre triturate mettetele in una casseruola con la carne di tre, o quattro salsiccie, il fegato dell’oca tagliato, due cucchiai di grasso, od un buon pezzo di butirro, una cipolla, un baccello d’aglio, prezzemolo, 208cipolline, il tutto triturato, lasciando tutto insieme al fuoco per un quarto d’ora, poi lasciatelo raffreddare, e prendete un’oca giovane e tenera, pelata, abbrustolita, e votata, mettendovi questa farsa nel corpo e cucita, fatela cuocere allo spiedo, e servitela con l’intingolo di castagne, come troverete al capitolo degl’intingoli. Servite per un grosso entrée.

Oca con la mostarda.


Prendete un’oca giovane, e tenera, pelatela, abbrustolitela, e votatela; tagliateli il fegato, che mescolarete con due cipollette, mezzo baccello d’aglio, prezzemolo, e cipolle, il tutto triturato, una foglia di lauro, basilicò trito od in polvere, timo, un buon pezzo di butirro, sale, e pepe rotto, riempitene l’oca, e cucita fatela cuocere allo spiedo, bagnandola di tempo in tempo con butirro, ed a misura che la bagnerete mettete un piatto di sotto per non perdere quello che cade; quando l’oca sarà quasi cotta aggiugnete un cucchiaio di mostarda nel butirro con cui l’avete bagnata, rimettetelo sopra l’oca, e copritela tutta con pane grattugiato, fatela finir di cuocere, e colorire, servendola con una salsa fatta in tal guisa.
Mettete alquanto di butirro in una casseruola con due pugilli di farina, ed un cucchiaio di mostarda, con un cucchiaio da caffè di aceto, un piccolo bicchiere di sugo, o brodo, sale, e pepe; fate unire al fuoco, e servite sopra dell’oca per entrée.

209
Oca alla "daube".


Prendesi per l’ordinario un’oca non tanto tenera come per mettere allo spiedo, votata aggiustateli le zampe nel corpo, indi fatela rifare al fuoco, piccandola da per tutto con lardo condito unito con prezzemolo, cipollette, mezzo baccello d’aglio, una foglia di lauro, timo, basilicò in polvere, sale, pepe rotto, alquanto di noce moscada raschiata, legatela, e fatela cuocere in una pentola proporzionata con due bicchieri di acqua, altrettanto vin bianco, mezzo bicchiere d’acquavita, un poco di sale; coprite la pentola, lasciandola cuocere tre o quattr’ore; quando la salsa è corta riducetela in ghiaccio, aggiustando la daube nel suo piatto; quando sarà quasi fredda versate la salsa sopra, ed aspettate a servire per tramesso freddo quando la salsa sia affatto gelata.

Come debbansi aggiustare le oche per conservare.

[Come debbansi aggiustare le oche per conservare.]


Perché le ale, e coscie d’oca si conservino lungo tempo, prendete delle oche quante ne bastino, pelatele, abbrustolitele, votatele, e mettetele allo spiedo, lasciandole finché siano quasi cotte, mettete da parte il grasso che renderanno in cuocendo; lasciate raffreddare le oche, e tagliatele in quattro, levando le coscie, e facendo unire lo stomaco alle ale, aggiustatele ben serrate in una pentola di grasso, mettendo sopra di ciascun suolo tre, o quatro foglie di lauro con sale; fate liquefare il grasso dell’210oca con altro grasso di porco, coprendo con esso le ale, e le coscie.
Mettetelo nella pentola, non la coprendo con carta pecora se non dopo ventiquattr’ore, e quando il tutto sia ben freddo; conservatele in luogo secco. D’ordinario non si aggiustano in questa maniera se non in quei luoghi in cui si vendono a buon prezzo.


[Maniera di servire le oche]

Quando volete servirvene levatele dalla pentola, e dal loro grasso, lavandole in acqua calda; potete farle cuocere in una piccola braise per servirle con diverse salse od intingoli; oppure servirle cotte alla graticola coperte di pane grattugiato con una salsa chiara alla ravigotte, o alla remoulade che troverete nel capitolo delle salse.


[Altra maniera di servire le oche]

Voi potete altresì quando sono cotte alla braise servirle con una salsa di mostarda fatta nella seguente maniera: mettete in una casseruola alquanto di butirro con un pugno di farina, un cucchiaio di mostarda, due cipolline tagliate, un piccolo baccello di aglio, sale, pepe rotto, il tutto stemprato con un poco di brodo, ed unito al fuoco. Servite sopra le coscie od ale: esse servono ancora a fare degli hauchepot, ed a guernire le zuppe.

Anitro in globo.


Aggiustatelo come il pollo d’india in ballone.

Anitro alla Brusselle.


Abbrustolito votatelo, e metteteli in corpo un salpicon fatto così: tagliate in dadi un’animella di vitello con ventresca; 211unite tutto con prezzemolo, cipolla, funghi, e cipolline, il tutto tagliato, sale, e pepe rotto; cucitelo, e fatelo cuocere con una fetta di lardo sopra lo stomaco, un bicchiere di vin bianco, altrettanto brodo, due cipolle, una carotola, mezza pastinaca, ed un mazzetto guernito; subito che sia cotto passate la salsa alla stamigna, e levate il grasso, aggiugnendo alquanto di sugo colato per unirla; fatela ridurre, e servitela sopra l’anitro per entrée.

Anitro alla "daube".


Aggiustatelo come abbiamo detto di sopra alla pag. 209 dell’oca alla daube.

Anitro in "chausson".


Disossatelo, e riempitelo come l’anitro con la farsa, poscia fatelo cuocere con un bicchier di vin bianco, ed altrettanto brodo, un mazzetto guernito, sale, e pepe rotto; quando sarà cotto passate la salsa alla stamigna, disgrassatela, aggiugnendo alquanto di sugo colato per unirla; quando sia ridotta servitela sopra l’anitro.

Anitro alla "bearnoise".


Fatelo cuocere con alquanto di brodo, mezzo bicchier di vin bianco, un mazzetto di prezzemolo, cipollette, timo, lauro, basilicò, e due garoffani: mettete in una casseruola sette, o otto grosse cipolle tagliate in fette con butirro, volgendole al fuoco soventi finché siano colorite; aggiugnete un buon pugno di farina bagnata con la cottura dell’anitro, di poi fate cuocere le 212cipolle, e ridurre a corta salsa, levate il grasso, aggiugnendo alquanto d’aceto, e servitela sopra l’anitro.

Anitro all’italiana.


Fatelo cuocere con un quartino di vin bianco, altrettanto brodo, sale, e pepe rotto; mettete in una casseruola due cucchiai a bocca di olio, prezzemolo, cipollette, funghi, ed un baccello d'aglio, il tutto triturato, passatelo al fuoco con un pugno di farina bagnata con la cottura dell'anitro, disgrassata, e passata alla stamigna, fate ridurre la salsa, levatele il grasso, e servitela sopra l’anitro per entrée.

Anitro al sugo di piselli verdi.


Fate cuocere mezza libbra di piselli secchi con alquanto di brodo, prezzemolo, e code di cipolle, indi passateli in sugo molto spesso; se i piselli sono verdi, mettetene una libbra senza prezzemolo, e cipollette; fate cuocere l’anitro con brodo, sale, pepe, ed un mazzetto guernito; indi passata la salsa alla stamigna mettetela nel sugo per darle corpo: fate ridurre il sugo a segno che sia né troppo chiaro, né troppo spesso, e servitelo sopra l’anitro; voi potete ancora mettere un pezzo di lardo tagliato in fette vicino alla cotica, e servirlo d’intorno; ogni entrée al sugo verde si fa in questa maniera.

Delle polle da acqua.


Le polle da acqua sono uccelli acquatici, ve ne sono di varie specie, e 213grossezza; gli uni hanno i piedi verdastri, gli altri il color di rosa, o rosso; essi s’aggiustano come l’anitro.

De’ piccioni "cauçhois", de’ colombini, e de’ colombi salvatici.


Li grossi piccioni cauçhois quando sono bianchi, grassi, e teneri, servono per un piatto di arrosto piccati con lardo; se ne fanno altresì vari entrées.

Grossi piccioni in varie maniere.


Fateli cuocere in una braise come la lingua di bue, aggiustandoli nel piatto, con intorno de’ cavoli fiori cotti in bianco, e serviteli sotto di una salsa al butirro oppure con un intingolo di cocomeri, e di piccole cipolle, o cardi come più vi piacerà.

De’ piccioli piccioni di colombara.


Si servono per un piatto di arrosto cotti allo spiedo, ed inviluppati in lardo, e foglie di vigna.
Servendoli allo spiedo abbrustoliteli, e votateli; tagliate il fegato, con lardo, e poco sale, rimettetelo nel corpo; fateli cuocere allo spiedo inviluppati di lardo, e carta.
Quando sono cotti serviteli con differenti salse, ed intingoli, come alla cipolletta, alla ravigotte, al butirro, ai piccoli uovi, all’Italiana, o con intingolo di spongioli, di funghini prugnoli, di tartuffi, di punte di sparagi, di piccoli piselli, di cardi, o di lattughe con la farsa.

214
Piccioni alla "bourgeoise".


Puliteli, votateli, ed aggiustate loro le zampe nel corpo, fateli imbianchire per un momento, poi ritirateli all’acqua fresca; metteteli in una casseruola con un mazzetto guernito di funghi, l’ochio di carcioffolo tagliato in quattro, e mezzo cotto, sale, e pepe; quando saranno cotti aggiugnete alquanto di sugo colato, e servite a corta salsa; se non avete sugo mettete un’unione di tre rossi di uova stemprati con brodo, ed alquanto di prezzemolo trito.

composta di piccioni.


Pigliate de’ piccoli piccioni pelati, aggiustate loro le zampe, e fateli imbianchire, levando loro il collo, e le ale; metteteli in una casseruola con due, o tre tartuffi, o funghi, qualche fegato di pollame, un’animella di vitello imbianchita, e tagliata in quattro pezzi, un mazzetto guernito, ed un buon pezzo di butirro, passate tutto al fuoco, aggiugnendo un buon pugno di farina, e bagnando con metà sugo, e metà brodo, un bicchier di vin bianco, sale, e pepe rotto; lasciate cuocere, e ridurre a corta salsa, indi levate il grasso, e servendo mettetevi del sugo di citrone, od alquanto d’aceto bianco.

Piccioni al basilicò.


Prendete dei piccoli piccioni, votateli, ed aggiustate loro le zampe nel corpo, fateli cuocere in una braise come la lingua di bue, mettendovi alquanto più di basilicò, 215cotti che saranno ritirateli, lasciandoli raffreddare, poscia immergeteli in due uova sbattute, come per una frittata, copriteli con pane grattugiato, e fateli friggere, servendoli guerniti di prezzemolo fritto.

De’ piccioni salvatici.


Si servono comunemente in fricassea, o alla graticola; se sono bene in carne si possono far cuocere allo spiedo; questi piccioni non sono buoni che per l’ordinario di una casa, ove non si rifletta tanto al gusto, ed all’apparenza.

Piccioni alla "crapaudine", salsa d’agresto.


Prendete dei buoni piccioni, aggiustate loro le zampe al di dentro, se sono grossi tagliateli in due, se piccioli tagliateli di dietro, ed appianateli senza loro rompere troppo le ossa, fateli marinare con olio fino, sale, pepe rotto, prezzemolo, e cipollette, e funghi, il tutto triturato; lasciateli condire il più che potete, e coprite con pane grattugiato; metteteli alla graticola, bagnandoli con l’avanzo della loro marinata; fateli cuocere, e colorire a piccol fuoco, indi serviteli con questa salsa: mettete una cipolla tagliata in un mortaio con dell’agresto, pestate bene tutto insieme per far uscire il sugo più che potrete da mettere con brodo, sale, e pepe rotto; fate scaldare, e servite sotto i piccioni.
I medesimi piccioni si servono anche senza agresto, con un’altra salsa chiara, alquanto piccante; in vece dell’olio si può altresì mettere butirro, o grasso.

216
Piccioni in matelota.


Prendete dei piccioni mezzani bene aggiustati, metteteli in una casseruola con butirro, una dozzina di piccole cipolle bianche cotte in acqua per mezzo quarto di ora, e pelate; aggiugnete quattr’oncie di ventresca tagliata in fette, un mazzetto guernito, un pugno di farina che bagnerete con metà brodo, e metà vin bianco; quando li piccioni saranno cotti, e vi resti poca salsa, aggiugnete un'unione di tre rossi d’uova con un poco di latte, ed in servendo alquanto d’aceto.
Voi potete altresì aggiustarli come i piccioni cauçhois, ed i piccioni di colombara.

Piccioni con intingolo di gambari.


Prendete tre, o quattro piccioni mezzani imbianchiti, e votati, tagliateli un poco sopra la schiena per allargarli lo stomaco, e fateli cuocere con alquanto di buon brodo, un bicchier di vin bianco, un mazzetto guernito, sale, e pepe; poi mettete in una casseruola una dozzina di gambari con funghi, e butirro: passate il tutto al fuoco, aggiugnendo un pugno di farina che bagnarete con la cottura dei piccioni passata alla stamigna; fate bollire l'intingolo finché non vi resti più salsa, aggiugnete un’unione di tre rossi d’uova con crema, alquanto di noce moscada, un piccolo pugno di prezzemolo trito; fate unire al fuoco, volgendo sempre, e non lasciando bollire; asciugate i piccioni, ed aggiustateli nel piatto con sopra l'intingolo de’ gambari.

217
Piccioni con erbe fine.


Dopo d’averli bene aggiustati, e fatti imbianchire, tagliateli sopra la schiena per appianarli alquanto; metteteli poi in una casseruola con i loro fegati tagliati, un pezzo di butirro unito con un buon pugno di farina, sale, pepe rotto, funghi, cipollette, prezzemolo, mezzo baccello d’aglio, il tutto tagliato ben fino, mezza foglia di lauro, timo, e basilicò in polvere, fare cuocere per mezz’ora al fuoco, aggiugnendo poi mezzo bicchiere di vin bianco con altrettanto brodo; fate terminare di cuocere, levate il grasso, e servite a corta salsa per entrée.

Piccioni "en surprises".


Prendete cinque piccioli piccioni bene aggiustati, mettete li loro fegati da parte; fateli imbianchire, poi mettete nella stessa acqua cinque belle lattughe arrotondite, e fatele bollire alquanto, ritirandole poscia nell’acqua fresca, premetele, ed apritele in due senza distaccarne le foglie; mettete di sopra una piccola farsa fatta con li fegati dei piccioni, prezzemolo, cipollette, cinque, o sei foglie di serpentaria, alquanto di cerfoglio, il tutto ben fino, e mescolato con butirro, o lardo raschiato, sale, e pepe rotto, ed unito con due rossi d’uova; mettete indi un piccione su ciascuna foglia, ed inviluppatelo in maniera che non si vegga; legateli, e metteteli a cuocere per un’ora a lento fuoco in brodo alquanto grasso con un mazzetto guernito, asciugateli poscia con un pannolino, levate loro il filo, e 218serviteli con sopra un buon sugo colato di vitello; passate la salsa alla stamigna, togliete il grasso, e fatela ridurre, aggiugnendovi alquanto di butirro unito con farina, e due rossi d’uova; fate unire al fuoco, non lasciando bollire, e servite li piccioni inviluppati nelle lattughe.

Piccioni con li piccoli piselli.


Prendete tre, o quattro piccioni imbianchiti, aggiustate loro le zampe, e se sono grossi tagliateli in due, mettendoli in una casseruola con del butirro, una libbra di piselli, un mazzetto di prezzemolo, e cipollette, mettete tutto al fuoco con un pugno di farina, che bagnarete con un bicchiere d’acqua; fate cuocere a lento fuoco; quando sono cotti, e non vi è più salsa, aggiugnete alquanto di sale, con un’unione di due uova con crema; fate unire al fuoco, non lasciando bollire, e servite a corta salsa.
Se volete metterli in rosso, mettete un poco più di farina, e bagnate con metà sugo, e metà brodo, lasciate cuocere, e ridurre finché vi sia più poca salsa, e ben unita, ed un momento prima di servire mettetevi del sale con alquanto di zuccaro.

Piccioni con sparagi tagliati.


Tagliate il tenero di piccoli sparagi, del peso di una libbra e mezza, metteteli in acqua fresca per lavarli, indi fateli imbianchire mezzo quarto d’ora all’acqua bollente, ritirati poscia, ed asciugati, aggiustateli nella stessa maniera de’ piccioni con li 219piccoli piselli, aggiugnendo però nel mazzetto alquanto di sevoreggia con due garoffani.

Piccioni in "court boüillon".


Prendete tre, o quattro grossi piccioni piumati, abbrustoliti, e votati, aggiustate loro le zampe nel corpo, piccateli di lardo, metteteli in una pentola con un mazzetto di prezzemolo, cipollette, un baccello di aglio, timo, basilicò, una pastinaca, due garoffani, una foglia di lauro, una carotola, due cipolle, alquanto di butirro, sale, e pepe, bagnate con un bicchier di vin bianco, ed altrettanto brodo, e fate cuocere lentamente, passate la salsa alla stamigna, e fatela ridurre, aggiugnendo un mezzo cucchiaio d’agresto, ed alquanto d’aceto; servite sopra li piccioni.

Piccioni alla "Sainte Menehoult".


Prendete tre grossi piccioni pelati, e votati, lasciate loro i fegati, ed aggiustateli le zampe nel corpo; fateli rifare, e mettete in una casseruola alquanto di butirro unito con due pugni di farina, del prezzemolo in branchi, cipollette intiere, due cipolle in fette, de’ pezzi di carotole, e pastinache, un baccello d'aglio intiero, tre garoffani, sale, pepe, una foglia di lauro, timo, e basilicò; bagnate con un bicchiere di latte, fate bollire, indi mettetevi li piccioni per farli cuocere lentamente per un’ora; quando sono cotti ritirateli per asciugarli, levate il grasso della Sainte Menehoult, e mettetelo su di una assietta, immergetevi dentro li piccioni, e coperti con pane 220grattugiato fateli colorire alla graticola, bagnandoli con l’avanzo del grasso: servite a secco. Mettete una salsa alla remoulade nel vaso da salsa, e la maniera di farla la troverete nel capitolo XX delle salse.

Piccioni alla "Mariane".


Aggiustate tre piccioni come li precedenti, ed appianateli un poco con il coltello; metteteli nella casseruola con due cucchiai d’olio, un bicchiere di brodo, sale, pepe rotto, e due foglie di lauro; fateli bollire adagio sopra della cenere calda; quando sono cotti aggiustateli nel piatto da servire, asciugandoli dal grasso; levate altresì il grasso della salsa, ed il lauro, ed aggiugnete un’acciuga triturata, tre cipolline, un pugno di cappari; il tutto tagliato, ed un poco di noce moscada unita con sugo, ed un pugno di farina, fate unire al fuoco, e servite sopra de’ piccioni.

Piccioni in "fricandeau".


Piccateli tutto al di sopra con lardo fino, e fateli cuocere, e ghiacciare come il fricandeau di vitello alla cittadina pag. 107.

Piccioni in fricassea di pollastri.


Tagliate de’ grossi piccioni in quattro pezzi, e li mezzani per metà, e fateli cuocere come la fricassea di pollastri pag. 172.

Piccioni al sole.


Prendete de’ piccoli piccioni appena nati, pelateli, votateli, lasciate loro le ale, la testa, e le zampe; passate a traverso delle coscie di ciascheduno un piccolo spiedo 221affinché non s’allontanino mentre li farete imbianchire per un momento nell’acqua bollente, poi fateli cuocere nella casseruola con un bicchier di vin bianco, un mazzetto guernito, ed un poco di butirro: asciugateli, e lasciateli raffreddare per immergerli poscia in una pasta, e farli friggere, e colorire. Serviteli caldi con all’intorno del prezzemolo fritto. La pasta si fa mettendo nella casseruola due pugni di farina, sale pesto, un poco d’aglio, stemprando a poco a poco con vino bianco finché sia né troppo chiara, né troppo spessa, acciò fili versandola dal cucchiaio.

Piccioni in "surtout".


Fate un intingolo come quello de’ piccioni alla cittadina. Quando l’avrete ridotto a corta salsa mettetelo a raffreddare; indi prendete il piatto che dovete servire che resista al fuoco, e metteteli nel fondo una buona farsa di carne; aggiustate l’intingolo di piccioni sopra, e copritelo con la medesima farsa, in maniera che non si vegga, unendo con un coltello bagnato in uovo; coprite con pane grattugiato, e fate cuocere sopra mettendo il coperchio di tortiera finché sia colorito; levate il grasso, e servite con sopra una buona salsa di sugo chiaro.

Piccion in timbale.


Fate un intingolo di piccioni; quando è condito di buon gusto, e freddo mettetelo in una casseruola, come spiegheremo nel 222capitolo della pasticcieria, in cui troverete ogni sorta di timbale.

Piccioni con le testuggini.


Tagliate la testa, e le zampe delle testuggini, e fatele cuocere con vino bianco, brodo, un mazzetto guernito, indi levate loro la scorza, e l’amaro, e metteteli in un intingolo di piccioni condito di buon gusto.

Piccioni in torta.


Vedete il capitolo XVII de’ pasticci.

Piccioni alla "poële".


Spiumate e votate dei piccoli piccioni, lasciate loro le zampe, e fateli riffare leggermente al fuoco, indi metteteli in una casseruola con butirro, prezzemolo, cipollette, funghi, un baccello d’aglio, il tutto triturato, sale, e pepe rotto; indi metteteli con tutto il loro condimento in un’altra casseruola, con al fondo delle fette di vitello imbianchite per un momento all’acqua; aggiugnete un mezzo bicchiere di vin bianco, e copriteli con fette di lardo ed un foglio di carta bianca; mettete un coperchio sopra la casseruola, e lasciateli cuocere a fuoco lento; levate poscia il grasso della cottura, e mettete un poco di sugo colato per unirla, e servitela sopra de’ piccioni.

Piccioni in "hâtelet".


Prendete un intingolo di piccioni già stato servito, mettetevi dentro un pezzo di butirro, e fatelo scaldare, e per far meglio aggiugnete due, o tre rossi d’uova; indi 223metteteli in piccoli spiedi tutti coperti di salsa, e di pane grattugiato, e fateli colorire alla graticola, servendoli senza salsa.

Piccioni in "crepine", o sia reticella.


Prendete cinque piccoli piccioni imbianchiti, aggiustate loro le zampe nel corpo, e fateli cuocere per mezz’ora con un poco di brodo, mezzo bicchier di vin bianco, ed un mazzetto guernito; lasciateli poi raffreddare, e fate una farsa con della coscia di vitello, grasso di bue, mollica di pane secco, latte, o crema, prezzemolo, cipollette, funghi tagliati, sale, e pepe, unite con tre rossi d’uova, ed i bianchi sbattuti; inviluppate ciaschedun piccione in questa farsa, coprendolo poscia con un pezzo di reticella che unirete con un uovo sbattuto; copriteli con pane grattugiato, e fateli colorire, sopra mettendo un coperchio di tortiera che lascierete mezz’ora con piccol fuoco, affinché la farsa abbia tempo di cuocere; asciugateli poscia del grasso, e serviteli con la salsa della cottura de’ piccioni disgrassata, e passata alla stamigna con un poco di sugo colato per unirla.

Piccioni in "beignets".


Prendetene di quei che siano già stati serviti, tagliateli per metà, e fateli condire, indi raffreddati immergeteli in una pasta fatta con farina, vin bianco, un cucchiaio d’olio, e sale; fateli friggere, e serviteli guerniti di prezzemolo fritto.

224
Piccioni alla delfina.


Sono piccioli piccioni cotti fra due fette di lardo, con un poco di brodo, una fetta di citrone, un mazzetto guernito, servonsi anche con animelle di vitello ghiacciati come il fricandeau.

CAPITOLO IX
DELLA CACCIAGIONE
Della cacciagione in generale


La farchetola
Li rouges
Li allebrans
Le lodole
La beccaccia
La beccaccina
Li beccaccinotti
Le quaglie
Li quagliotti
Li guinards
Gli ortolani
Il faggiano
Il polombo selvatico
Le pernici rosse, dette cotornici
Le pernici grigie
I merli
Le grive
Li gelinotes
Il piviere
Li pettirossi
La pavoncella
L’anitro, e anitra salvatica


Cacciagione a pelo


La lepre
Il leprotto
Li conigli
Li piccoli conigli


Della selvaggina


Il cavriolo
Il daino
Il cervo
La cerva
Il cerviato
Il cinghiale
Il cinghialetto

225MANIERA DI AGGIUSTARE OGNI SORTA DI CACCIAGIONE, E SELVAGGINA
De’ fagiani.


Li fagiani servonsi d’ordinario arrosto, votandoli, piccandoli, e cotti di bel colore allo spiedo.
Servonsi ancora in entrée di arrosto, cotti allo spiedo, con una piccola farsa fatta con i loro fegati tagliati, ed uniti con lardo, prezzemolo, cipollette, il tutto triturato, sale, e pepe rotto; inviluppateli con lardo, e carta, servendoli con una salsa alla Provinciale od altra salsa di gusto moderno.
Potete altresì farne de’ pasticci caldi, e freddi, e servirli in un catino.

Delle anitre selvatiche.


L’anitra è più stimata che l’anitro, e si servono d’ordinario arrosto senza piccarle, abbrustolite, e votate; oppure in entrée cotto allo spiedo, e fredde, tagliatele in fili da mettere in varie salse, come al sugo di limone, all’acciuga, ai cappari, che troverete nell’articolo delle lodole.

Delle farchetole, "rouges", ed "allebrans".


Le farchetole abbrustolite, e votate si fanno cuocere allo spiedo senza piccarle, e servonsi per arrosto.
Oppure si servono in entrée inviluppate con carta in intingolo di olive, o di cardi, di rape, di tartuffi, o con una salsa alla rocambole.
226Li rouges votati, ed abbrustoliti servonsi d’ordinario arrosto.
Li allebrans s’aggiustano come le farchetole.

Lodole di varie sorti.


Le lodole si fanno cuocere allo spiedo piccate con lardo, non votatele, e mettete loro sotto delle arrostite di pane per ricevere il grasso, che cade. Servitele sopra delle arrostite per un piatto di arrosto. Si aggiustano in varie altre maniere per entrée.
Si servono in torta, votandole, e levando loro il ventricolo, e mettendo il resto con lardo raschiato nel fondo della torta con sopra le lodole senza zampe, e testa, che avrete prima fatte passare al fuoco in una casseruola con alquanto di butirro, prezzemolo, cipollette, funghi, un baccello di aglio, il tutto triturato, e freddo.
Finite la torta come spiegheremo nel capitolo generale delle torte.

Lodole in "salmis" alla cittadina.


Si servono le lodole che sono cotte allo spiedo, e già state servite, levando loro la testa, e quello che hanno nel corpo, gettate via il ventricolo, e servite il resto con le arrostite, pestando il tutto in un mortaio, e stemprandolo con brodo, e passandolo alla stamigna, condite con sugo colato, sale, pepe rotto, ed alquanto di rocambole pesto, ed un poco di aceto: fate scaldare tutto al di dentro delle lodole senza farle bollire, e servitele guernite di croste fritte.
227Ogni sorta di salmis alla cittadina si fa nella stessa maniera, prendendo gli avanzi, ed i carcami per pestare.

Lodole in intingolo.


Prendete una dozzina di lodole spiumate, abbrustolite, e votate, fate loro passare le zampe nel becco come se doveste farle arrostire; mettetele poscia al fuoco in una casseruola con butirro, un mazzetto guernito, dei funghi, un’animella di vitello, con un pugno di farina, bagnando con un bicchier di vin bianco, brodo, e sugo quanto basti per dar colore; fate bollire e ridurre alla consistenza di una salsa, levando poi il grasso, condite con sale, e pepe rotto; lo stesso intingolo tolto da tavola, si può aggiustare in tamburri: coprendo il fondo del piatto in cui dovete servire con una buona farsa di carne, mettete l’intingolo sopra, e ricopritelo con la medesima farsa, unendo con un coltello bagnato in uovo, coprendo con pane grattugiato, fate cuocere con sopra un coperchio di tortiera, indi sgocciolate il grasso, e servite con sotto una salsa di sugo chiaro.

Del palombo, e palomba selvatici.


Questi sono una sorta di palombi salvatici che servono per un eccellente piatto di arrosto, piccandoli, e facendoli cuocere di bel colore. Servono anco per entrée di varie sorti, vedete l’articolo de’ piccioni.

228
Modo di conoscere le pernici.


Se hanno la prima penna dell’ale aguzza, il becco nero, e le zampe nere sono giovani; se sono fresche, e di buon odore saranno altresì assai buone.
Le pernici rosse per esser buone debbono avere la prima penna delle ale alquanto aguzza, ed un poco bianca nel fine.

Come debbansi aggiustare le pernici.


Le pernici si servono arrosto spiumate, votate, piccate, e cotte di bel colore.
Se volete servirle per entrée abbrustolitele, votatele, e fate una piccola farsa de’ loro fegati uniti con lardo raschiato, sale, prezzemolo, e cipollette tagliate; mettete loro questa farsa nel corpo, e cucitele, aggiustando loro le zampe sopra lo stomaco; fatele rifare al fuoco in una casseruola con butirro, indi cuocere allo spiedo inviluppate in lardo, e carta; quando sono cotte servitele con quella salsa, od intingolo che più vi piace, come salsa alla carpe, alla spagnuola, salsa di pezzetti di melarancio, o alla sultana, oppure con intingolo di tartuffi, di olive, o di salpicon.
Troverete tutte queste salse nel capitolo delle medesime, e gl’intingoli nel suo capitolo.
Potete altresì mettere le pernici alla graticola in papigliotte.

Delle pernici vecchie.


Si fanno sempre cuocere alla braise fatta come quella della lingua di bue al cap. III, 229aggiugnendovi del vin bianco; quando sono cotte mettetele in una terrina con sugo di lenti, e lardo, fate come si fa del petto di vitello con i cavoli, e ventresca, non facendo però imbianchire le pernici.
Si possono altresì servire con un intingolo di marroni, di ulive, di tartuffi, o di cardi. Se ne fa di più un pasticcio caldo, o freddo, e si fan cuocere alla pentola per guernire il mezzo di una minestra.
Le pernici rosse si aggiustano come le pernici grigie.

Delle beccaccie, beccaccine, e beccaccinotti.


Si servono tutte cotte allo spiedo per arrosto piccate con lardo, e coperte con foglie di vigna, non votatele, e se si votano si farà delle croste in questa maniera: un tantino di acciuga, un ottavo di un baccello di aglio, e li suoi interiori bene triturati, e sasonati, metteteli a cuocere sopra le croste di pane, e sotto allo spiedo per ricevere il grasso che cade, e servitele con esse.
Potete altresì farne de’ salmis quando sono cotte, e fredde, aggiustandole come le lodole in salmis alla cittadina, se volete servirle per entrée spiumatele, abbrustolitele, e tagliatele al di dietro per votarle; gettate via il ventricolo, e tagliate il resto, e mescolatelo con lardo raschiato, un pezzo di butirro, prezzemolo, cipollette tagliate, con alquanto di sale; mettete questa farsa nel loro corpo, e cucitela; e dopo di aver loro aggiustate le zampe, fatele cuocere allo spiedo inviluppate con lardo, e 230carta; quando sono cotte servitele con un intingolo come alle pernici.
Le beccaccine, e baccaccinotti si servono nella stessa maniera; se ne fanno ancor delle torte, votandole, e facendo una piccola farsa come sopra da mettere nel fondo della torta, che finirete come è spiegato nel capitolo delle torte.

Delle quaglie, e de’ quagliotti.


Si servono cotti allo spiedo per arrosto, spiumandoli, votandoli, e facendoli rifare su della brace: inviluppatele poscia con lardo in una foglia di vigna, e fateli cuocere, servendoli di bel colore.
Se volete servirli per entrées fateli cuocere in una braise fatta con delle fette di vitello, un mazzetto guernito, fette di lardo, alquanto di butirro, poco sale, mezzo bicchier di vin bianco, ed un cucchiaio di brodo, facendoli cuocere a lentissimo fuoco; quando sono cotte ritiratele, e mettete nella loro cottura un poco di sugo colato, levate il grasso dalla salsa, e passatela alla stamigna, e quando è ben condita servitela sopra delle quaglie, e quagliotti.
Facendo cuocere le quaglie in questa maniera potete guernirle con gambari, od un’animella di vitello cotta con le quaglie. esse servonsi ancora con i cavoli guerniti di ventresca; o con il sugo di lenti come le pernici.

Quaglie con lauro.


Abbrustolitele, e votatele, indi tagliate li loro fegati per mischiarli con 231prezzemolo, cipollette, butirro, sale, e pepe rotto: rimetteteli nel corpo, e fatele cuocere allo spiedo inviluppate in carta. Fate bollire un mezzo quarto d’ora nell’acqua quattro, o cinque foglie di lauro per metterle poscia a far brodo in una salsa di sugo di vitello, che servirete sopra le quaglie.

Quaglie con cavoli.


Fateli cuocere come il petto di bue al cap. IlI senza farle imbianchire.

Quaglie in crosta.


Prendete sei, o sette quaglie abbrustolite, e votate, mettetele al fuoco in una casseruola con butirro, un mazzetto guernito con funghi, ed un pugno di farina bagnato con un bicchier di vin bianco, brodo, e sugo quanto basti per darle colore, sale, e pepe rotto; a metà della cottura mettete un’animella di vitello imbianchita, e tagliata in grossi dadi; finite di far cuocere, e fate ridurre la salsa; quando l’intingolo è condito di buon gusto levate il grasso, e servitelo sopra di una crosta fatta così: tagliate il fegato delle quaglie con prezzemolo, cipollette, unendo il tutto con pane grattugiato, butirro, sale, pepe rotto, e rossi d’uova; prendete il piatto che dovete servire, e metteteli questa piccola farsa nel fondo, lasciandolo al fuoco finché siasi ridotta in crosta, che servirete con l’intingolo di sopra.

232
Quaglie al "salpicon".


Fate cuocere delle quaglie allo spiedo, o in una piccola braise, e servitele con un intingolo di salpicon che troverete nel capitolo degl’intingoli.

Degli ortolani, dei "guinards", e delle "gelinotes".


Gli ortolani sono piccoli uccelli molto delicati, e buoni che si servono arrosto, come servonsi pure li guinards, e le gelinotes.

Delle grive.


Spiumatele, e fatele rifare senza votarle, e servitele cotte allo spiedo con delle arrostite di pane di sotto come le lodole.
Se ne fanno altresì diversi entrées come di beccaccie, che farete nella stessa maniera.
Li merli si servono nella stessa maniera, e non si votano.

De’ pivieri.


Essi sono eccellenti quando sono grassi, spiumateli, e piccateli senza votarli, e fateli cuocere allo spiedo con sotto delle arrostite di pane; quando sono cotti, e coloriti serviteli con le arrostite di sotto.
Se volete servirli per entrée d’arrosto fate una farsa di quello che hanno nel corpo, come abbiamo spiegato della beccaccia, e fateli cuocere nella stessa maniera, servendoli con la medesima salsa, od intingolo. Se volete servirli alla braise fateli cuocere come le quaglie, e serviteli come le medesime.

233
La pavoncella.


Si serve cotta allo spiedo per arrosto, come l’anitro salvatico.

De’ pettorossi.


Sono assai buoni, e servonsi arrosto come gli ortolani.

Cacciagione a pelo
Delle lepri, e de’ leprotti.


I leprotti servonsi per arrosto senza pelle, e votati, facendoli prima rifare sopra della brace, e piccandoli. Quando sono cotti serviteli con una salsa d’aceto, pepe, e sale che metterete nella salsiera.
Se volete servirli per entrée, quando sono cotti, e freddi tagliatene dei fili da mettere in una peverada unita.
Si servono ancora in fili con una salsa alla cipollina, od altra salsa piccante.
Le lepri si aggiustano in sivè; tagliatele in pezzi, e ritirato il sangue, fatele cuocere nella casseruola con butirro, ed un mazzetto ben guernito, un buon pugno di farina, bagnando con brodo, un boccale di vin bianco, sale, e pepe; quando è cotto mettete dentro il sangue, e fate unire la salsa, e servitela corta.

pasticcio di lepre alla cittadina.


Spogliatela, votatela, tagliatela in pezzi, piccatela per ogni parte con grosso lardo, e volgetela nel sale, pepe, prezzemolo, 234cipollette, ed aglio, il tutto triturato; mettetela poscia in una piccola pentola con mezzo bicchiere d’acquavita, un pezzo di butirro, e fatela cuocere a fuoco lento; quando è cotta, e non vi è più salsa mettetevi il suo sangue, fate scaldare, non lasciando bollire, ed aggiustate la lepre nel piatto che dovete servire, unendola ben assieme, dimodoché sembri un pezzo solo. Servite questo pasticcio freddo per tramesso.

Lepre con rape.


Spogliate una lepre, e votatela, mettete da parte il fegato dopo d’avergli levato l’amaro, e tagliatelo in pezzi, mettendo il tutto nella casseruola con butirro, un mazzetto guernito, cipollette, un baccello di aglio, tre garoffani, una foglia di lauro, timo, e basilicò, passare tutto al fuoco con un cucchiaio a bocca pieno di farina bagnata con un quartino di vin bianco, due cucchiai d’aceto, e due o tre bicchieri di acqua, o brodo: lasciate cuocere un’ora, indi se avete delle rape tagliate propriamente, fatele imbianchire per un quarto d’ora all’acqua bollente, e mettetele a cuocere con la lepre, condite di sale, e pepe rotto; finite di far cuocere, e ridurrete la salsa; levate il mazzetto, e servite caldo: se la lepre è tenera potete far cuocere le rape nello stesso tempo.

Fili di lepre in sivè.


Prendete una lepre arrostita, e già stata servita, levateli tutta la carne, e tagliatela in fili; pestate un poco le ossa che 235metterete con i fianchi in una casseruola con alquanto di butirro, qualche fetta di cipolla, un baccello d’aglio, una foglia di lauro, e due garoffani; passate tutto al fuoco, aggiugnendo un buon pugno di farina bagnata con un bicchiere di brodo, due di vino rosso, sale, e pepe; fate bollire per mezz’ora, e ridurre a metà; passate la salsa alla stamigna, e mettetevi dentro i fili della lepre, con alquanto d’aceto: fate scaldare senza bollire, e servite per entrée.

Leprotti con sangue.


Spogliando, e votando un leprotto mettete da parte il sangue, poi tagliatelo in pezzi, e piccatelo con lardo; mettetelo in una casseruola con il fegato, un poco di butirro, ed un mazzetto guernito, passatelo al fuoco con un buon pugno di farina che bagnerete con tre bicchieri di brodo, un quartino di vin rosso, un cucchiaio d’aceto, sale, e pepe rotto: fate bollire finché il leprotto sia cotto, e ci resti più poca salsa; prendete allora il fegato cotto trituratelo, e mescolatelo con il sangue; quando sarete vicino a servire mettete il sangue nella salsa per farla unire al fuoco, non lasciando però bollire come si fa di una unione di rossi d’uova; aggiugnete poscia un mezzo pugillo di cappari che siano fini, ed intieri. Servite caldo per entrée.

Fileti di lepre alla peverada.


Prendete una lepre, od un leprotto cotto allo spiedo, e già stato servito, levateli la carne per tagliarla in fili; se non è 236sufficiente per guernire un piatto tagliatela in pezzi grossi, ed eguali, metteteli in una casseruola con una salsa alla peverada, facendoli scaldare senza bollire, e servite caldo; troverete la salsa nel suo capitolo. Servite per hors d’oeuvre, o per tramesso.

Modo di conoscere li conigli giovani.


Li conigli sono giovani quando al di fuori delle zampe d’innanzi, o sopra della giuntura hanno una piccola lente: come ancora quando hanno il naso più aguzzo, e le orecchie più tenere, quantunque non sia sempre un segno sicuro.
Li leprotti distinguonsi dalla lepre nella stessa maniera.

De’ conigli di varie sorti.


Li conigli giovani si servono arrosto spogliati, votati, e fatti rifare sulla brace: piccateli, e fateli cuocere allo spiedo, servendoli di bel colore.
Vi possono altresì servire per molti entrées, come in fricassea di pollastri tagliandoli in pezzi, e facendoli sgorgare lungo tempo nell’acqua, indi cuocere come il petto di bue in fricassea di pollastri. Potete ancora farli marinare, tagliandoli in pezzi come la cervella di bue, servendoli nello stesso modo.

Conigli al sugo di lenti.


Tagliateli in pezzi, e fateli cuocere con buon brodo, ventresca, un mazzetto guernito, sale, e poco pepe.
Fate altresì cuocere una libbra di lenti 237alla regina con brodo senza sale, passandole indi alla stamigna con il loro brodo, ritirate il coniglio con la ventresca dalla sua cottura, mettendo questo brodo nel sugo delle lenti, e facendo ridurre al fuoco, ed unire: fateci scaldare dentro il coniglio, e la ventresca, e servitelo in un catino per entrée.

Coniglio alla cittadina.


Tagliatelo in pezzi, e mettetelo in una casseruola con del butirro, un mazzetto guernito, dei funghi, e degli occhi di carcioffolo imbianchiti: passare tutto al fuoco con un pugno di farina bagnata con brodo, un bicchier di vin bianco, sale, e pepe. Quando è cotto, e non vi è più salsa aggiugnete un’unione di tre rossi d’uova stemprati in brodo, ed un poco di prezzemolo trito, e servitelo condito di buon gusto per entrée.
Li conigli vecchi, se si tratta d'intingoli, si servono come li giovani, avendo il tempo da cuocere. Non sono però buoni né allo spiedo, né marinati, né in papigliotte, e né meno in tamburri.

Sanguinacci di coniglio.


Prendete tre quartini di latte che farete bollire con tre cipolle tagliate in fette, del coriandolo, prezzemolo, cipollette intiere, timo, lauro, e basilicò, fate ridurre il latte ad un terzo, indi passatelo alla stamigna, e mettetevi dentro molti fegati di conigli; tagliate mezza libbra di pane in piccoli quadrati, un poco di sale, e spezie fine; 238fate scaldare il tutto sopra di un piccolo fuoco, volgendolo sempre: quando il tutto è bene unito né troppo caldo imbottate questo sanguinaccio in budella di porco della lunghezza di circa otto dita, non riempiendole più de’ due terzi affinché cuocendo non si rompano. Fateli cuocere nell’acqua bollente per un quarto d’ora, e quando vi esce il grasso sono cotti, ritirateli sopra di un piatto per metterli alla graticola. Serviteli secchi per hors d’oeuvre.

Piccoli conigli in "bigarrure".


Prendete due o tre conigli teneri, spogliati, e votati, tagliate loro i fegati per farne una farsa con del lardo raschiato, un poco di butirro, e della midolla di bue, prezzemolo, cipollette, dell’erba savoreggia tagliata, sale, e pepe rotto: unite questa farsa con tre rossi d’uova, e mettetela nel corpo de’ coniglietti che cucirete, e farete rifare sopra la brace. Tagliate delle file di mollica di pane della lunghezza de’ coniglietti, ed altrettante file di lardo, coprite tutto il corpo de’ coniglietti mettendo una fila di pane, ed un’altra di lardo, di modo che non si vegga altro che la testa, inviluppateli in carta ben unta con butirro, e fateli cuocere lentamente allo spiedo; quando saranno cotti, ed il pane abbrustolito levate la carta, e serviteli con il pane, il lardo, ed il sugo della sua cottura, aggiugnendo un poco d’aceto. Serviteli per entrée.

239
Coniglio in matelota.


Tagliate il coniglio in pezzi, e fate un rosso con un piccolo cucchiaio di farina, ed un pezzo di butirro; poi mettetevi dentro i pezzi del coniglio con il fegato: passate tutto al fuoco, bagnando con un bicchier di vin rosso, due di acqua, brodo, un mazzetto guernito, sale, e pepe rotto; lasciate cuocere a lento fuoco per mezz’ora, poscia aggiugnete una dozzina di piccole cipolle imbianchite; potete altresì aggiugnere un’anguilla tagliata in pezzi che metterete quando il coniglio sarà ai tre quarti della cottura; prima di servire levate il mazzetto, ed il grasso della salsa, e mettete un buon pugillo di cappari intieri, un’acciuga tagliata, e servite con delle croste passate al fuoco con butirro, bagnando il tutto con la salsa. Servite per entrée.

Piccoli conigli in "hachis".


Prendete l’avanzo di un piccolo coniglio arrostito, già stato servito, levategli tutta la carne, e tagliatela insieme con alquanto di montone arrostito: prendete le ossa del coniglio, e tagliateli in piccoli pezzi; metteteli nella casseruola con butirro, cipolline, mezzo baccello d’aglio, timo, lauro, e basilicò; passare tutto al fuoco con un buon pugno di farina, bagnando con un bicchier di vin rosso, ed altrettanto brodo; fate bollire lentamente per mezz’ora, indi passate la salsa alla stamigna, mettetevi dentro la carne tagliata con sale, e pepe rotto; fate scaldare senza lasciar bollire, e servite 240caldo per hors d’oeuvre. Potete guernire l’hachis con delle croste fritte, come quella de’ spinacci.

Fileti di piccoli conigli con i cocomeri.


Prendete due grossi cocomeri, tagliateli in fette le più minute che potete, e metteteli in una casseruola con due cucchiai di aceto, e sale; fatele marinare due ore volgendole di tanto in tanto, premetele poscia per farne uscire tutta l’acqua, e mettetele in una casseruola con butirro, ed un mazzetto guernito, passatele al fuoco volgendole soventi finché siano un poco colorite, mettete due pugni di farina bagnata con due bicchieri di brodo, lasciate cuocere a fuoco lento una buona mezz’ora finché l’intingolo sia ben unito, levate il mazzetto, e mettete i fili di coniglio tagliati come il cocomero, fate scaldare senza che bolla, e condite con sale, e pepe rotto, e servite: riguardo ai fili prendete l’avanzo di un coniglio che sia già stato servito arrosto.

Fileti di coniglio in insalata.


Prendete della mollica di pane ben tagliata con delle grosse fette di lardo, mettete tutto nella casseruola con butirro al fuoco finché sia colorito; fate sgocciolare, e prendete l’avanzo di un coniglio arrostito, levategli tutta la carne, e tagliatela in grossi fili; prendete il piatto, ed aggiustatevi sopra i filetti di pane con la carne del coniglio, e due acciughe lavate, e tagliate in piccoli pezzi con dei cappari intieri, e delle piccole cipolle bianche cotte nella pentola, 241meschiando il tutto in proprietà, e disegno, conditelo di sale, pepe rotto, olio, ed aceto: d’ordinario si condiscono in tavola.

Piccoli conigli con i piselli.


Tagliateli per metà, e fateli cuocere come i pollastri con i piccoli piselli.

Piccoli conigli in papigliotte.


Prendete un coniglio tenero, tagliatelo in pezzi, e fatelo marinare con prezzemolo, cipollette, funghi, un baccello d’aglio, il tutto triturato, sale, pepe rotto, ed olio fino; inviluppate ciascun pezzo col condimento, una fetta di lardo, in un foglio di carta bianca unta con butirro, od olio; fate cuocere lentamente alla graticola, mettendo un altro foglio di carta unta di sotto. Servite con la carta.

Conigli "aux gites", o sia nel covile.


Riempite due conigli con una farsa fatta con i loro fegati, un pezzo di butirro, prezzemolo, cipollette, e funghi, il tutto tagliato, sale, e pepe rotto; cuciteli, ed aggiustate loro le zampe d’avanti sul naso, e quelle di dietro sotto il ventre, mettendoli de’ piccoli spiedi per farle stare; fateli cuocere con un bicchier di vin bianco, brodo, lardo, butirro, sale, pepe rotto, ed un mazzetto guernito: quando sono cotti passate la salsa alla stamigna, levate il grasso, ed aggiugnete alquanto di sugo colato, e fatela ridurre, aggiustate i conigli come se fossero nel covile.

242
Conigli in tamburri.


Tagliateli in pezzi, e fateli cuocere in intingolo, che finirete come li piccioni in surtout.

Conigli con erbe fine.


Tagliateli in pezzi, e metteteli in una casseruola con prezzemolo, cipollette, funghi, ed un baccello d’aglio, il tutto triturato, un pezzo di butirro, timo, lauro, e basilicò quasi in polvere; passateli al fuoco con un pugno di farina bagnata con un bicchier di vin bianco, un poco di sugo, e brodo; fate cuocere, e ridurre alla consistenza di una salsa: quando siete vicini a servire prendete i fegati che sono cotti con la fricassea, triturateli, e metteteli nella salsa.

Piccoli conigli con la crosta.


Fateli cuocere come li precedenti, lasciando però le erbe fine intere, ed in mazzetto; serviteli sopra di una crosta fatta come quella delle quaglie con la crosta.

Piccoli conigli alla spagnuola.


Tagliateli in pezzi, e fateli cuocere con mezzo bicchier di vin bianco, alquanto di brodo, un mazzetto guernito, sale, e pepe, e serviteli con una salsa alla spagnuola che troverete nel capitolo delle medesime.

Piccoli conigli in galantina.


Disossateli affatto, ed aggiustateli come il porco da latte in galantina, capitolo V. Quando saranno cotti se volete servirli per 243entrée ritirateli caldi, ed asciugati dal loro grasso, e serviteli con la salsa alla spagnuola: d’ordinario si servono per tramesso freddi, ed allora lasciateli raffreddare nella loro cottura come abbiamo detto del porco da latte.

Piccoli conigli in "hâtelet".


Tagliateli in pezzi, e fateli cuocere con mezzo bicchier di vin bianco, brodo, un mazzetto guernito, sale, e pepe rotto; quando sono cotti riducete la salsa, e fatela attaccare alla carne, metteteli a raffreddare, poi infilzateli in piccoli spiedi, ed immergeteli in uovo sbattuto; copriteli di pane grattugiato, bagnate con grasso per ricoprirli di nuovo; fateli colorire alla graticola, e serviteli a secco con li spiedi.

Piccoli conigli in polpettone.


Fate un intingolo bene unito di un coniglio tagliato in pezzi con un’animella di vitello, e funghi; quando è cotto e freddo prendete una farsa fatta come quella del pane di vitello al cap. IV, e finite il polpettone di coniglio pure come il pane di vitello.

Conigli rotolati con pistacchi.


Disossate affatto uno o due conigli, e fate una farsa de’ loro fegati, ed altra carne cotta, del pane grattugiato, inzuppata di latte, prezzemolo, cipollette, funghi, sale, e pepe; unitela con quattro rossi d’uova, e distendetela sopra de’ conigli, rotolandoli in seguito, ed infilzandoli; fateli cuocere 244con alquanto di vin bianco, brodo, ed un mazzetto guernito; quando sono cotti levate il grasso dalla salsa, e passatela alla stamigna, aggiugnendo alquanto di sugo colato per unirla. Servitela sopra de’ conigli con circa due dozzine di pistacchi pelati.

Coniglio in forma di testuggine.


Votate un coniglio, lasciandogli il fegato senza l’amaro; disossatelo solamente nel mezzo della schiena, e fate un buco nella pelle per farvi passare la metà della parte d’avanti, cosicché essendo rovesciato abbia la forma di una testuggine; infilzatelo, e fatelo cuocere con un bicchier di vin bianco, alquanto di brodo, un mazzetto guernito, sale, e pepe; quando sarà cotto passate la cottura alla stamigna, e levate il grasso, aggiugnendovi un poco di sugo colato per unirla; fatela ridurre alla consistenza di una salsa, e servitela sopra del coniglio.

Della carne nera chiamata selvaggina
Del cervo, cerva, cerviato, cavriolo, e daino.


Si aggiustano tutti nella stessa maniera; i quarti d’avanti, e di dietro servonsi marinati, e cotti allo spiedo; la marinata si fa con aceto, sale, pepe, ed un poco d'acqua.
Si servono ancora come il bue alla moda in pasticcio freddo, ed in pasticcio alla pentola.

245
Del cinghiale, e cinghialetto.


Il teschio che serve per un tramesso freddo de’ più squisiti, si fa cuocere come quello di porco; li piedi si aggiustano alla Sainte Menehoult come quelli di porco.
Li quarti d’avanti, e di dietro servonsi cotti allo spiedo, in pasticcio freddo, dopo d’averli fatti marinare in sivè, in bue alla moda, ed in pasticcio alla pentola.
Il cinghialetto piccato serve per un bel piatto di arrosto.

"Hachette" d’ogni sorta di carne arrostita.


Prendete della carne arrostita di qualunque sorte, tagliatela in fileti minuti, e mettetela nella casseruola con alquanto di prezzemolo, cipollette, e funghi, il tutto triturato con un poco di buon brodo, sale, e pepe rotto; lasciate tutto al fuoco per un quarto d’ora; prendete il piatto che dovete servire, mettetevi alquanto di salsa della carne, con del pane grattugiato, di cui ne metterete altresì sopra la carne; lasciate cuocere a fuoco lento finché vi sia una piccola crosta nel fondo del piatto; mettete indi il resto della salsa con un poco d’agresto.

246CAPITOLO X.
DE’ PESCI DI MARE, E DI ACQUA DOLCE
De’ pesci di mare.


Dopo d’avervi parlato delle carni della terra, e mostrato come si debbano servire, egli è tempo di passare a quelle di cui ci serviamo ne’ giorni di magro, insegnandovi la varietà de’ pesci tanto di mare, quanto d’acqua dolce, e le diverse maniere di aggiustarli: comincierò da’ pesci di mare, siccome più abbondanti.
Il rombo
La barbue
Il salmone
Lo storione
La cheppia, o laccia
La mollua fresca
La razza
Il merluzzo
La mollua salata
La sogliola piccola
Il passerino
La sogliola
La plie
La triglia, o muggino
L’eperlan
Lo sgombro
Il tonno
La tonnina
La viva
La macreuse
La sardella
Il pesce cappone
L’aringa fresca
L’aselo
L’acciuga
Il bar
Il vaudreuil
La lubine

247
De’ pesci con le conchiglie


Il gambero di mare
Gli homars
La tellina
Le ostriche

Del rombo, e "barbue" come si debbano aggiustare.


Fatelo cuocere in una casseruola proporzionata con metà salamoia, e metà latte, quanto basti per far bagnare il pesce: fatelo bollire lentamente dimodoché non si rompa; quando piega sotto le dita è cotto; servitelo sopra di una servietta guernito di prezzemolo fritto d’intorno per un piatto di arrosto; se volete servirlo per entrée in magro mettetelo nel piatto con sopra una salsa all’olio, che farete mettendo in una casseruola dell’olio fino, sale, pepe rotto, ed alquanto di aceto; fate scaldare la salsa senza lasciarla bollire, e servitela sopra del rombo.

Rombo con li cappari.


Mettete nella casseruola un buon pezzo di butirro, un pugno di farina, sale, pepe rotto, un’acciuga lavata, e trita con dei cappari fini; volgete la salsa al fuoco finché sia unita, non lasciandola bollire, e servitela sopra del rombo.
Voi potete altresì servirlo con una salsa alla bechamel; fate ridurre tre quartini di crema a metà, mettendovi un poco di salsa, e servite sopra del rombo.
Si serve ancora con una salsa trita, e magra, o con un intingolo di gambari.

248
Rombo, e "barbue" in grasso, ed in magro.


Se volete farli cuocere come si servono di magro saranno più al naturale, e vi costeranno meno.
Mettete loro sopra differenti salse grasse, come salsa di tartuffi, di ostriche; salsa di animelle di vitello, o piccoli uovi; salsa alla spagnuola, salsa triturata, salsa al vino di sciampagna, od intingolo di creste.
Se volete farli cuocere in magro, fate una salamoia così: mettete in una casseruola un buon pugno di sale, una pinta d’acqua, aglio, radici, cipolle, ogni sorta d’erbe fine, prezzemolo, cipollette, e garoffani; fate bollire tutto insieme a lento fuoco per mezz’ora, lasciatela indi riposare, e ridurre al chiaro, passatela alla stamigna, aggiugnendovi poscia il doppio di latte; fate cuocere dentro il pesce a piccolissimo fuoco.
Ogni sorta di court boüillon bianco per il pesce si fa nella stessa maniera.

Rombo, e "barbue" in grasso.


Mettete nel piatto una buona fetta di vitello, sale, e pepe con il rombo, un mazzetto guernito d’ogni sorta d’erbe fine, e copritelo d’ogni parte pure con erbe fine, fatelo asciugare a lento fuoco, aggiugnendo poscia un bicchiere di vino; quando è cotto, servitelo con diverse salse grasse od intingoli.
Se volete servirlo al naturale, aggiustatelo nel piatto che dovete servire con la cottura passata alla stamigna, e disgrassata insieme 249con due cucchiai di sugo colato, se è troppo lunga fatela ridurre; servendolo così: mettete pochissimo sale nella cottura.

Del salmone fresco, e come si debba aggiustare.


Tagliatelo in fette, e fatelo marinare con alquanto d’olio, o buon butirro, sale, e pepe; mettetelo alla graticola, bagnandolo con la sua marinata, e servitelo con le medesime salse, ed intingoli del rombo.
Si può altresì servire cotto in court boüillon con le medesime salse, od intingoli.
Se volete servirlo per un piatto di arrosto non levategli le scaglie, e quando è cotto mettetelo a secco su di una servietta con prezzemolo verde d’intorno.
Se lo servite per entrée levategli le scaglie, lasciando il pezzo intero come per il rosto. Il court boüillon si fa mettendo in una pignatta del vino bianco, brodo magro, erbe, cipolle in fette, un mazzetto guernito, sale, pepe, e butirro; fatelo cuocere dentro.
Ogni sorta di pesce in court boüillon si fa cuocere nella stessa maniera.

Salmone in cassa.


Prendete due fette di salmone fresco della spessezza di un buon mezzo dito, fatelo marinare un’ora in olio fino, poco aceto, prezzemolo, cipollette, un poco di funghi, e mezzo baccello d’aglio, il tutto triturato ben fino, mezza foglia di lauro, timo, basilicò quasi in polvere, sale, e pepe rotto; fate indi una cassa con della carta bianca proporzionata alle due fette del salmone, 250ungetela al di sotto con olio, e mettetela nel piatto con dentro il salmone, ed il suo condimento; copritelo con pane grattugiato, e fatelo cuocere al forno, oppure ad un piccolo fornello con sopra un coperchio da tortiera carico di fuoco: quando il salmone è cotto e colorito aggiugnete in servendo del sugo di citrone oppure una salsa alla spagnuola, e prima di metterla leverete il grasso dalla cottura del salmone.

Dello storione, come si debba aggiustare.


Si serve cotto allo spiedo; fatelo marinare per due, o tre ore in una marinata ordinaria, che farete mettendo in una casseruola un pezzo di butirro unito con farina, sale, pepe, prezzemolo, cipollette, aglio, erbe fine, garoffani, un quartino di acqua, un poco d’aceto: fate scaldare la marinata al fuoco volgendola; quando è tepida mettetevi dentro lo storione, lasciandolo finché sia abbastanza marinato, poscia fatelo cuocere allo spiedo, e servitelo con qualunque buona salsa magra.
Si può altresì far cuocere in court boüillon, come il salmone, e servite con la medesima salsa magra.

Storione in grasso allo spiedo.


Piccatelo con lardo, e fatelo cuocere allo spiedo, e servitelo con qualunque buona salsa, come alla spagnuola, all’italiana, alla ravigotte, o con intingolo di tartuffi, di prugnoli, di animelle di vitello, di creste, o piccoli uovi.

251
Storione alla "braise".


Mettetelo in una piccola pignatta con delle fette di vitello, e di lardo, un quartino di vin bianco, un mazzetto guernito, cipolle, radici, sale, e pepe con buon brodo; quando è cotto servitelo con la stessa salsa, od intingolo, con cui lo servite allo spiedo.

Storione in matelota.


Tagliate della mollica di pane in tondo, della grandezza d’un mezzo scudo, mettetela al fuoco con butirro, e fatela colorire; lasciatela sgocciolare; prendete un pezzo di storione tagliato in fette assai minute, mettetele nel piatto, aggiustandole in maniera che non siano l’una sopra l’altra, con butirro, sale, e pepe rotto; fatele cuocere a lento fuoco, ed essendo cotte da una parte volgetele dall’altra, un quarto d’ora basta per la loro cottura, levatele dal piatto, e mettete in questo un poco di farina unita con butirro, cipollina, e prezzemolo, il tutto tagliato; bagnate con due bicchieri di vin rosso, e fate bollire tutto insieme per un quarto d’ora; rimettete lo storione nella salsa per farlo scaldare senza che bolla, aggiugnete de’ cappari triti, e guernite li bordi del piatto con il pane fritto, bagnando tutto il di sopra con la salsa.

Della cheppia.


La cheppia servesi intera, o dimezzata. Se volete servirla per un piatto di arrosto votatela, lasciando solo le scaglie, e fatela 252cuocere in court boüillon come il salmone: quando sarà cotta servitela sopra di una servietta guernita di prezzemolo verde.
Se volete servirle per entrée levate loro le scaglie, e servitele con diverse salse, come ai cappari, all’olio, ed all’italiana.
Si fanno altresì friggere alla graticola dopo di averle sgusciate, e votate. Tagliate loro alquanto la schiena, e fatele marinare con olio, butirro, sale, e pepe, mettetele alla graticola, bagnandole di tanto in tanto con la marinata; quando sono cotte (il che si conosce quando la spina non è più rossa) servitele con un intingolo di farsa ben condito, o con una salsa di cappari, o di acciughe.

Della mollua fresca.


La mollua fresca si fa cuocere in court boüillon bianco come il rombo, e servesi con la stessa salsa, od intingolo tanto in grasso, quanto in magro.

Mollua fresca alla delfina od intingolo di latte del pesce carpe, e punte di sparagi.

[Mollua fresca alla delfina.]


Prendere una mollua ben fresca, sgusciatela, e votatela, asciugatela, e fatela marinare per due ore con olio fino, sale, e pepe, prezzemolo, cipollette intiere, un baccello d’aglio, ed una foglia di lauro: prendete indi un filo di ferro passatelo nella mollua, cominciando dagli occhi fino alla coda; fateli prendere la figura di un delfino, mettetela sopra di una tortiera, e bagnatela con la sua marinata. Fatela cuocere al forno, indi levatele il fil di ferro, ed 253aggiustatela sul piatto che dovete servire, con sopra un intingolo fatto così.


[Intingolo di latte di pesci carpe]

Prendete il latte di tre pesci carpe, fatelo bollire nell’acqua per un momento con delle punte di sparagi, mettete il tutto nella casseruola con un buon pezzo di butirro, dei funghi, un mazzetto di prezzemolo, e cipollette, aggiugnete un pugno di farina, e bagnate con un bicchier di vin bianco, e con brodo magro.
Quando l’intingolo è cotto, e la salsa ridotta, e condita, mettete un’unione di tre rossi d’uova con della crema: fate unire la salsa al fuoco, e servitela sopra la mollua; non mettete gli sparagi se non quando l’intingolo è presso che cotto.

Della razza.


Per aggiustarla nella maniera più civile si fa cuocere in un calderone con acqua, aceto, qualche fetta di cipolla, ed alquanto di sale: dopo d’averla ben lavata nell’acqua fresca, e levatole l’amaro del fegato fatela bollire pochissimo, indi ritiratela sul piatto, e pelatela, tagliando i bordi per proprietà. Se non è abbastanza cotta (il che si conosce quando la spina è ancor rossa) rimettetela sopra di un fornello con un poco del suo court boüillon, e quando siete vicino a servire sgocciolatela, e servitela con quella salsa che più vi piacerà, come di butirro, di cappari, di acciughe, d’olio, o di prezzemolo fritto; e questa farete facendo scaldare la razza sul piatto che dovete servire, con aceto, sale, ed un poco di 254pepe rotto, e mettendovi sopra del butirro, ed all'intorno del prezzemolo fritto.

Razza alla "Sainte Menehoult".


Levatele la pelle, e tagliatela in pezzi larghi due dita, e fatela cuocere un mezzo quarto d’ora a fuoco lento: mettete nella casseruola un pezzo di butirro con un cucchiaio di farina che stemprerete insieme; bagnate a poco a poco con un boccale di latte, e condite con sale, pepe, ed un mazzetto guernito, fate bollire per un buon quarto d’ora, indi mettete dentro la razza per farla cuocere; quando è cotta immergetela nel più grasso della salsa, e copritela di pane grattugiato, e mettetela alla graticola, bagnandola alquanto di butirro, servitela a secco, mettendo una remoulade in un vaso da salsa, che troverete il modo di farla nel capitolo XX delle salse.

Razza marinata fritta.


Levatele la pelle, e tagliatela in pezzi come la precedente per farla marinare due, o tre ore con acqua, aceto, sale, pepe, prezzemolo, cipollette, un baccello d’aglio, cipolle in fette, radici, e garoffani; sgocciolatela, asciugatela, ed infarinata fatela friggere, e servitela con del prezzemolo fritto.

Razza con la salsa del suo fegato.


Fatela cuocere come sopra. Riguardo alla salsa mettete nella casseruola del prezzemolo, cipollette, funghi, un baccello di aglio, il tutto ben fino, con un poco di butirro, lasciate tutto per qualche tempo al 255fuoco, ed aggiugnete un buon pugno di farina con butirro, cappari, un’acciuga triturata, il fegato della razza cotto, e battuto, con sale, e pepe rotto, bagnate con acqua, o brodo, e fate unire al fuoco, e servite sopra la razza.

Razza al formaggio.


Levatele la pelle, e tagliatela in quattro pezzi eguali, e lavatela: fatela cuocere con un quartino di latte, pochissimo butirro unito con due pugni di farina, un baccello d’aglio, due garoffani, due cipolline, una foglia di lauro, timo, basilicò, sale, e pepe, lasciate bollire, indi mettete la razza, la quale cuocerà in poco tempo: ritiratela per sgocciolarla, passate la salsa alla stamigna, e fatela ridurre, mettete nel fondo e sopra del piatto che dovete servire un piccolo pugno di formaggio di Savoia raschiato, aggiustate sopra la razza, mettendo frammezzo una dozzina di piccole cipolle bianche cotte con brodo, e ben sgocciolate, con dei pezzi rotondi di pane fritto, frammischiando l’uno con l’altro propriamente. Mettete di sopra il resto della salsa, e coprite con del formaggio di Savoia, o Parmeggiano grattugiato. Mettete il piatto al fuoco, lasciandolo bollire dolcemente finché non vi sia più salsa; mettete di sopra un coperchio di tortiera carico di fuoco per fargli fare la crosta, e quando sarà colorito servite.

Del merluzzo.


Il più bianco è il migliore, prima di bagnarlo battetelo bene con un martello per 256intenerirlo, lasciatelo per molti giorni nell’acqua che cangiarete soventi: fatelo cuocere un momento, indi sgocciolatelo, ed aggiustatelo in pezzi nel piatto con una salsa alla gascogne fatta così. Mettete il merluzzo nella casseruola con olio fino, butirro, pepe rotto, un poco d’aglio, e sale; se è troppo dolce mettete la casseruola sopra d’un fornello, volgendo il tutto di continuo finché sia unito il butirro con l’olio, e servitelo ben caldo per cagione dell’olio.

Della mollua salata.


Per conoscere la buona mollua vedete se ha la carne bianca, e la pelle nera, lavatela, e sgusciatela, e fatela cuocere un momento con acqua in una caldaia, indi fatela sgocciolare, e servitela con quella salsa che più vi piace. Mettete in una casseruola alquanto di farina con butirro, e pepe, stempratela nel latte, aggiugnendo alquanto d’agresto granito, fatela unire al fuoco, e mettetevi dentro la mollua per farla condire, e servitela; potete altresì mettere a luogo dell’agresto, del prezzemolo, e cipolline tagliate.

Mollua al mastro di casa.


Prendete una parte della mollua sgusciata, e lavata mettetela con acqua in una caldaia al fuoco; quando è vicina a bollire schiumatela, e bollendo levatela tosto, lasciandola coperta con un pannolino per mezzo quarto d’ora, indi ritiratela dall’acqua, e fatela sgocciolare. Aggiustatela nel piatto con prezzemolo, cipollette tagliate, pepe 257rotto, noce moscada raschiata, un buon pezzo di butirro, ed un cucchiaio d’agresto; fate scaldare il tutto volgendo, e servite.

Coda di mollua con la farsa.


Mettete nella casseruola due grossi pugni di pane grattugiato passato allo staccio con un boccale di latte; lasciate bollire al fuoco finché il pane grattugiato sia spesso, indi raffreddato che sia, aggiugnete un poco di butirro, prezzemolo, cipollette tagliate, sale, e pepe con due rossi d’uova. Prendete la coda della mollua cotta all’acqua come la precedente, levatele tutta la carne, lasciandole la sola spina: mettete nella casseruola del butirro con funghi tagliati, prezzemolo, cipollette, mezzo baccello d’aglio, il tutto triturato; passate la casseruola al fuoco con mezzo cucchiaio di farina, bagnando con un quartino di latte, e pepe rotto; fate bollire finché la salsa sia corta, poscia aggiugnete la mollua tagliata in fili con tre rossi d’uova, e fate unire al fuoco senza che bolla, lasciandola raffreddare: pigliate il piatto che dovete servire mettetevi sopra la spina della coda, e l’estremità di essa inviluppatela con carta unta di butirro; guernite con la farsa tutta la spina, mettendo nel mezzo l’intingolo della mollua che coprirete con l’avanzo della farsa, dimodoché non si vegga l’intingolo, ma sembri una coda di mollua, unite il tutto con un coltello bagnato in uovo sbattuto, e coprite con pane grattugiato, facendola cuocere, e colorire al forno con sopra un coperchio da forno di campagna; quando poi 258sarà cotta, e colorita asciugate li bordi del piatto, e servite.
Potete anche mettere nel fondo una salsa fatta con un bicchier di buon brodo, un poco di butirro unito con farina, come abbiamo detto di sopra parlando della razza marinata pag. 254, mettendo pochissimo sale nella marinata.

Mollua in "beignets".


Prendete una mollua cotta nell’acqua, e bene asciutta, tagliatela in pezzi che immergerete in una pasta fatta con farina, vino, olio, e poco sale, e farete friggere, servendo con del prezzemolo fritto.

Della sogliola piccola, del passerino, della sogliola, e della "plie".


Questi quattro pesci si aggiustano nella stessa maniera: dopo di averli sgusciati, votati, e ben lavati, asciugateli con un pannolino bianco, e tagliateli nella schiena vicino alla spina, infarinateli, e fateli friggere con buon fuoco chiaro in una frittura ben calda, abbiate riguardo in ogni sorta di frittura che il fuoco debbe essere sempre abbondante, e chiaro.
Quando sono cotti, e coloriti ritirateli in un pannolino, e serviteli sopra di una servietta per un piatto di arrosto.
Questi pesci si possono altresì servire per entrée quando sono fritti, con sopra una salsa di cappari, o d’acciughe, oppure all’olio.
In grasso con una salsa triturata, o qualche piccolo intingolo di animelle di vitello, o funghi.
259Essi si servono ancora cotti alla graticola, ma prima marinati con olio, pepe, prezzemolo, cipollette intiere, le quali leverete prima di servire; quando che il pesce è al fuoco bagnatelo di tanto in tanto con la marinata, e servitelo con una salsa di vostro gusto.
Si può anche far cuocere in un court boüillon bianco, come abbiamo detto del rombo, e con la stessa salsa, od intingolo si può benissimo servire.

Sogliola, passerino, e "plies" fra due piatti alla cittadina.


Mettete nel piatto che dovete servire del butirro liquefatto con prezzemolo, cipollette, funghi triti, sale, e pepe; ed aggiustatevi sopra il pesce sgusciato, mettendo sopra di esso lo stesso condimento che sotto avete posto: coprite il piatto, e fatelo cuocere a lento fuoco sopra di un fornello; quando è cotto servitelo a corta salsa, aggiugnendovi un poco di agresto. Potete altresì dopo d’avere aggiustato il pesce come ho detto prima di farlo cuocere, coprirlo di pane grattugiato, e farlo cuocere nel forno, o sotto di un coperchio da tortiera.

Del "eperlan".


Non si debbe votare, lavatelo bene, ed asciugatelo tra due pannilini bianchi; infarinatelo, e fatelo friggere a fuoco chiaro; servitelo per un piatto di arrosto.
Si possono anche servire fra due piatti alla cittadina per entrée, come abbiamo detto della sogliola ecc.

260
Della triglia, e dello sgombro.

[Della triglia, e dello sgombro.]


La triglia sgusciatela, e votatela, indi lavata tagliatela un poco d’ambedue le parti.
Lo sgombro votato, e lavato tagliatelo in due pezzi.
Questi due pesci bene asciugati con un pannolino s’aggiustano nella stessa maniera; lasciateli per una mezz’ora immersi in olio, sale, e pepe, poi metteteli alla graticola, e fateli cuocere bagnandoli con la loro marinata; quando saranno cotti serviteli con una salsa bianca ai cappari, od alle acciughe.


[Sgombro alla graticola]

Lo sgombro cotto alla graticola si può anche servire così: aggiustatelo nel piatto che dovete servire tagliato in due parti, con prezzemolo sopra, cipollette trite, buon butirro, una goccia d’acqua, sale, e pepe con alquanto di aceto; mettetelo al fornello per farlo bollire alquanto, e servitelo a corta salsa.
Si serve di più con il butirro arrossito, e prezzemolo fritto: ed al mastro di casa, quando è cotto alla graticola mettendoli nel corpo del butirro, unito con prezzemolo, cipollette tagliate, sale, e pepe rotto.

Del tonno.


Si mangia ordinariamente in insalata; egli è un grosso pesce di mare che si può anche servire per entrée; aggiustatelo nel piatto che dovete servire con butirro, prezzemolo, e cipollette tagliate, copritelo con pane grattugiato, e fategli prendere colore al forno, o sotto d'un coperchio da 261tortiera, e se ne avete del fresco aggiustatelo come il salmone fresco.

La viva.


Sgusciata, e votata, lavatela bene, indi asciugatela, e tagliatela da ciascuna parte in cinque, o sei luoghi; immergetela in olio, sale, e pepe, e fatela cuocere alla graticola, bagnandola col resto dell’olio. Servitela con una salsa al butirro, ed ai cappari, all’acciuga, o con farina, acqua, sale, e pepe; faccendola unire al fuoco con una salsa al pover’uomo, o triturata: si potrebbe servire in varie altre maniere.

Del pesce cappone.


Il pesce cappone non si sguscia, ma votato, e lavato se ne ritirano i fegati.
Si fa cuocere alla graticola come la viva, e servesi con le medesime salse, mettendovi dentro i fegati.
Il pesce cappone ha la testa più grossa, ed è meno in carne, e si fa cuocere diversamente.
Dopo di averlo votato, e lavato, senza sgusciarlo si fa cuocere con vino bianco, butirro, sale, pepe, un mazzetto d’erbe, e cipolle: fate bollire per mezz’ora il court boüillon affinché sia condito quando lo metterete dentro, lasciandovelo pochissimo.
Quando sarà cotto ritiratelo dal court boüillon, sgusciatelo per ogni parte eccettuata la testa, e servitelo con le medesime salse di sopra.

262
Della sardella, ed aringa fresca.


Questi due pesci si aggiustano nella stessa maniera, sgusciati, lavati, indi asciugati si fanno cuocere alla graticola, e si servono con questa salsa; mettete in una casseruola un pezzo di butirro con farina, un poco di aceto, un cucchiaio di mostarda fina, sale, pepe, ed alquanto d’acqua; fate unire la salsa al fuoco, e servitela sopra.

Aringhe salate alla "Sainte Menehoult".


Prendete una dozzina di aringhe salate, tagliate loro l’estremità della testa, e della coda; lasciatele per quattr’ore nell’acqua, e due ore in un quartino di latte: indi asciugatele, ed immergetele in butirro caldo meschiato con mezza foglia di lauro, timo, basilicò in polvere, due rossi d’uova, e pepe rotto; copritele a misura che le bagnate con butirro, e pane grattugiato, e fatele cuocere lentamente alla graticola, mettete nel fondo del piatto che dovete servire due cucchiai d’agresto, ed aggiustate sopra le aringhe.

Delle acciughe, e loro utilità.


Le acciughe sono piccoli pesci di mare, che vengono a noi in piccoli barili confettati col sale; dopo d’averle ben lavate si dividono in due parti per levar loro la resta, e servono d’ordinario per insalate, 263e salse, come per la salsa al butirro, in magro, alla remoulade; o per gl’intingoli di grasso, mettendole con sugo colato, e butirro.
Si servono altresì fritte, dopo di aver loro levato il sale immergetele in una pasta fatta con farina, un cucchiaio d’olio, e stemprata con vin bianco che non sia troppo liquida; quando sono fritte servitele di bel colore per tramesso.

Quell’osso del pesce dal capo alla coda, che altramente si disce spina.

Arrostite di acciughe.


Prendete delle fette di pane tagliate propriamente della lunghezza, e larghezza di un dito, fatele friggere nell’olio, ed aggiustatele in un piatto di tramesso. Mettetevi sopra una salsa fatta con olio fino, aceto, pepe rotto, prezzemolo, e cipollette, il tutto triturato, e coprite a mezzo le vostre arrostite con delle fila di acciughe.

Dell’asello.


L’asello servesi d’ordinario fritto, dopo d’averlo sgusciato, votato, lavato, ed asciugato, lasciategli il fegato nel corpo, e tagliatelo d’ambe le parti in cinque, o sei luoghi, immergetelo nella farina, e fatelo friggere ad un fuoco chiaro quanto potrete; servitelo sopra di una servietta per un piatto d’arrosto.
Quando è fritto in questa maniera voi potete servirlo per entrée, mettendovi sopra una salsa bianca con cappari, ed acciughe.
Se volete aggiustarlo con maggior proprietà levategli la testa, e la spina di mezzo; prendete le fila dell’asello, 264mettetele nel piatto, il bianco sopra con la salsa.
Si può altresì servire alla cittadina, come abbiamo detto del passerino, o della plie.

Del "bar".


Si fa cuocere in court boüillon; se volete servirlo per un piatto di arrosto, votatelo, lavatelo, e fatelo cuocere con vin bianco, butirro, acqua, sale, pepe, cipolle, radici, prezzemolo, e cipollette; quando è cotto, ed asciugato servitelo sopra di una servietta guernito di prezzemolo verde.
Se volete servirlo per entrée fatelo marinare mezz’ora con un poco d’olio, sale, e pepe, facendolo cuocere alla graticola, bagnatelo di tanto in tanto con l’avanzo dell’olio. Quando è cotto servitelo con una di quelle salse che sono di vostro gusto, come abbiamo spiegato per gli altri pesci.
Proccurate di tagliare tutti i pesci in cinque, o sei parti prima d'immergerli nell’olio.

Del "vaudreuil".


Egli è un pesce eccellente che ha la carne molto bianca, e serve a fare delle buone farse nei giorni di magro; si fa cuocere con del vin bianco, un bicchiere d’olio, sale, pepe, cipolle, radici, aglio, prezzemolo, e fette di citrone; quando è cotto servitelo sopra di una servietta.

Della "lubine".


Egli è un pesce molto brutto che non ha altro che zampe; lavato che è lascia l’acqua 265nera come l’inchiostro. Delle zampe se ne fanno delle farse, ed il corpo cotto si serve come il vaudreuil.

Della "lubine".


È un pesce della Brettagna più grosso della mollua, si serve, e si fa cuocere come abbiamo detto della mollua.

Dei gambari di mare, degli "homars", e delli granchi di mare.


Essi si servono tutti nella stessa maniera: fateli cuocere ad un buon fuoco per mezz’ora con acqua, e sale; quando sono freddi ungeteli con butirro per darli colore, pestate loro prima le zampe, ed aprite li gambari, o l’homar pel mezzo.
Serviteli freddi sopra di una servietta con le loro zampe d’intorno.

Della tellina.

[Della tellina.]


Dopo di averla lavata, e raschiato il guscio, asciugatela, e mettetela in una casseruola ad un fornello con molto fuoco, acciò il caldo la faccia dividere, indi pelatela, e levatele li granchi se ne trovate.
Mettetela in appresso in una casseruola con butirro, prezzemolo, cipollette triturate, passandola al fuoco con un piccolo pugno di farina bagnata con alquanto di brodo, e quando non vi sarà più salsa aggiugnete tre rossi d’uova uniti con crema, facendo unire salsa al fuoco, poscia mettetevi un poco d’agresto.


[Telline in minestra]

Le telline si servono altresì in minestra, dopo di averle fatte rifare, come abbiamo 266detto, passando per una servietta ben chiusa l’acqua che esse avranno renduta, mettetele in un buon brodo che conserverete per fare un’unione con sei rossi d’uova, che unirete al fuoco volgendo di continuo; mettete quella unione nella zuppa quando siete presso a servire, e servite le telline all’intorno del piatto.

Delle ostriche.


Esse si mangiano d’ordinario crude con pepe, si servono ancora nelle loro scorze cotte alla graticola con fuoco sotto, e sopra; quando incominciano ad aprirsi sono cotte, e si dimandano ostriche saltate; si servono ancora alla graticola in un’altra maniera: apritele, e mettetele nel butirro liquefatto con pepe, e pane grattugiato, e fatele cuocere alla graticola con fuoco sotto, e sopra.
Servono ancora per intingoli di diverse carni, come di pollastri, pollastre, piccioni ec.; allora fatele imbianchire nella loro acqua a lentissimo fuoco, non lasciandole bollire, indi ritiratele all’acqua fresca, asciugandole con un pannolino, e mettetele in sugo colato grasso senza sale, con due acciughe triturate; fatele scaldare senza che bollino, e servitele con quello che vi piacerà.

Ostriche in cibreo manicaretto.


Prendete una cinquantina di ostriche, mettetele nell’acqua calda; quando è vicina a 267bollire ritiratela nell’acqua fresca, asciugatele, e poi o prendete solo il tenero, o se volete prendere tutto, il più duro tagliatelo a parte ben fino. Se volete meschiarvi della carne di carpio, questa accrescerà l’hachis (da’ francesi così detta la carne triturata), e gli darà buon gusto. Mettete in una casseruola un buon pezzo di butirro, con prezzemolo, cipollette, funghi tagliati, passate al fuoco con un pugno di farina che bagnarete con un quartino di vin bianco, ed altrettanto brodo magro: fatevi cuocere dentro l’hachis finché non vi sia più salsa, e conditelo di buon gusto. Quando siete vicino a servire aggiugnete una unione di tre rossi d'uova con della crema, e servite per entrée.

In francese hachis.

Del gravagno.


Si fa cuocere in un court boüillon fatto come quello del salmone fresco per cinque, o sei ore, e si serve con una salsa triturata, o con un intingolo di latte di pesce carpio, e funghi.

Sorta d’uccello maritimo, in francese detto macreuse.

Gravagno con fagiuoli.


Spiumate un gravagno, e votatelo, fatelo cuocere sopra della brace, come se voleste far cuocere allo spiedo un pezzo di pollame; tagliatelo in quattro, e mettetelo in una casseruola con butirro, 268lasciandolo per un’ora al fuoco, indi mettetelo in una piccola pentola con brodo magro, un bicchiere di vin rosso, sale, pepe rotto, ed un mazzetto guernito; fate cuocere lentamente per quattro, o cinque ore. Prendete delle rape tagliate propriamente, e fatele imbianchire mezz’ora all’acqua bollente, facendo un piccolo rosso con farina, e butirro bagnato con la cottura del gravagno, e fatevi cuocere dentro le rape; quando le rape, ed il gravagno sono ben cotti, tagliate della mollica di pane della grandezza d’un mezzo scudo, passatelo al fuoco con alquanto di butirro finché siano ben colorito. Aggiustate il gravagno, e le rape nel piatto con il pane di sopra, bagnando il tutto con una salsa ben disgrassata, e condite di buon gusto.

De’ pesci di acqua dolce


Egli è tempo di parlarvi de’ pesci di acqua dolce, e di spiegarvi la maniera di aggiustare quelli, che sono più in uso.
In pesci di acqua dolce abbiamo:
Il luccio
L’anguilla
Il carpio
La trutta
Il persico
La tinca
La lote
La testuggine
La lampreda
Il gambaro
Il cefalo
Il ghiozzo
Il piccolo barbio
La breme
Le rane

269
Del luccio.


Se volete servirlo arrosto non isgusciatelo: dopo d’averlo votato fatelo cuocere in court boüillon che vi spiegherò, e serviravi per tutti gli altri pesci di acqua dolce.

"Court boüillon" per ogni sorta di pesce di acqua dolce.


Mettete nella casseruola, o in un pescaiuolo (regolandovi in questo dalla grossezza del pesce) dell’acqua, ed una quarta parte di vin bianco, butirro, sale, e pepe, ed un grosso mazzetto guernito unito insieme con qualche fetta di cipolla, e carotola; fatevi cuocere dentro il pesce senza sgusciarlo (lo stesso court boüillon può servire per molte volte), procurate d’inviluppare il pesce che volete far cuocere nel court boüillon in un pannolino, cosi voi lo maneggiarete più facilmente, e quando sarà cotto non correrete rischio di romperlo.

Il luccio in "entrée".


Tagliatelo in pezzi non sgusciandolo, e fatelo cuocere nel court boüillon. Quando è cotto, e siete presto a servire, sgusciatelo, ed aggiustatelo nel piatto con sopra una salsa bianca, od un’altra di vostro gusto.
Si serve ancora in fricassea di pollastri dopo d’averlo sgusciato, e tagliato in pezzi: mettetelo al fuoco nella casseruola con butirro, un mazzetto, de’ funghi, aggiugnete poscia un pugno di farina, e bagnate con brodo, e vino bianco, e fate cuocere a gran fuoco. Quando è cotto, e condito di 270buon gusto, aggiugnete una unione di rossi d’uova, e crema.
Il luccio s’aggiusta ancor in matelotta, o marinato, e fritto: la marinata fatela come quella di vitello.

Dell’anguilla.


Levatele la pelle, votatela, e lavatela, mettetela in fricassea di pollastri come il luccio: la potete altresì far cuocere alla graticola tagliata in pezzi lunghi quattro dita, e servitela con una salsa bianca di cappari, ed acciughe, od altra; s’aggiusta ancora con qualche intingolo di funghi, o di talli di lattuche.
Quando è grossa fatela cuocere allo spiedo inviluppata in carta unta di butirro, e servitela come cotta alla graticola.
In grasso servitela in fricandeau, e guernitene degli entrées grassi. Ella è altresì eccellente alla matelotta.

Anguilla con talli di lattuche romane.


Tagliatela in pezzi, e fatela cuocere come se voleste metterla in fricassea di pollastri; quando è pressoché cotta prendete dei talli di lattuche romane ben pelati, e cotti in un’acqua bianca con alquanto di sale, e butirro; fateli sgocciolare, indi metteteli a condire con l’anguilla; aggiugnete in appresso un’unione di tre rossi d’uova stemprati con crema; fate unire al fuoco, ed in servendo versatevi un poco d’aceto, se non avete messo del vino nella fricassea.

271
Del carpio.


Quando è grosso si serve in bleù per un piatto di arrosto, non isgusciatelo, ma solo votato levategli le squame, indi mettetelo in un gran piatto, versategli sopra dell’aceto bollente per renderlo di color turchino, e fatelo cuocere in un court boüillon.
Quando è cotto servitelo sopra di una servietta guernita di prezzemolo verde per un piatto di arrosto magro. Ogni sorta di pesce fritto, e cotto in court boüillon si serve per un piatto d’arrosto magro.

Carpio in matelotta.

[Carpio in matelotta.]


Sgusciato, e senza squame tagliatelo in pezzi, e mettetelo in una casseruola con altri pesci, come luccio, anguilla, gambari; fate poscia in un’altra casseruola un piccolo rosso con del butirro, ed un cucchiaio a bocca di farina: quando è di bel colore aggiugnete ancora alquanto di butirro, e fatevi cuocere dentro delle cipolle tagliate, e bagnate con metà vino rosso, e metà brodo magro; versate poscia le cipolle con la salsa sopra del pesce, e conditelo con sale, pepe, ed un mazzetto guernito di erbe fine, facendolo indi cuocere a gran fuoco per mezz’ora; quando siete presto a servire mettete delle croste di pane nella salsa, e servitele insieme.


[Altre preparazioni per il carpio]

Quando il carpio è solo senza altro pesce si chiama stuffatto.
Si fa altresì cuocere alla graticola, votato, e sgusciato con un intingolo di farsa 272sotto, che troverete nel capitolo de’ legumi; ed in fricassea de’ pollastri come alla pag. 172.
Tagliatelo in pezzi, e mettetelo in una casseruola con butirro, prezzemolo, cipollette, e funghi, il tutto triturato, un quartino di vin bianco, sale, e pepe; quando sarà cotto servitelo di buon gusto a corta salsa.
Si può aggiustare in molte altre maniere di grasso, e di magro che non v’insegno, perché sono di troppa spesa.

Della trutta "saumonée", e della comune.


La trutta saumonée ha la carne rossa, e la comune bianca; la prima è molto migliore, s’aggiustano però nella stessa maniera.
Fatele cuocere in un court boüillon con del vino rosso, e servitele sopra di una servietta guernita di prezzemolo verde.
Se volete metterle in entrée versatele sopra una salsa che si serva per gli altri pesci.
Potete altresì farle cuocere alla graticola dopo d’averle immerse nell’olio, come abbiamo detto degli altri pesci, e servirle con un intingolo magro.
S’aggiustano anche in grasso, come il salmone fresco.

Del persico.


Levategli le squame, e votatelo, lasciandole la metà de’ suoi uovi; fatelo cuocere in un court boüillon con vino bianco; quando è cotto sgusciatelo, ed aggiustatelo nel piatto che dovete servire, con sopra una 273salsa ai cappari, od altra di vostro gusto, o con qualche intingolo magro.
Se lo servite in grasso mettete la salsa, o l’intingolo grasso.

Della tinca.


Per sgusciarla bisogna bianchirla, cioè metterla un momento nell’acqua bollente e coprirla, indi ritiratela, e sgusciatela, cominciando dalla testa, senza guastare la pelle, o scorticarla; votatela poscia, e lavatela togliendole le alette: fatela cuocere alla graticola come gli altri pesci, e servitela con le medesime salse.
Si serve ancora in fricassea di pollastri, tagliandola in pezzi, come abbiamo detto del luccio.

Della "lote", e mustela.


Egli è uno de’ migliori pesci di acqua dolce, per isgusciarla fate lo stesso della tinca, lasciandola però meno nell’acqua bollente per timore che non si scortichi: fate cuocere prima il court boüillon, acciò abbia più buon gusto, mentre a questo pesce basta un sol momento per cuocere.
Servesi ancora in diverse maniere come gli altri pesci: la potete far friggere, ed allora non fate altro che infarinarla, e farla friggere, e quando è colorita servitela sopra di una servietta per un piatto d’arrosto.
Si aggiustano ancora in matelotta, e se ne fanno de’ buonissimi entrées di grasso, come in fricandeau piccate con lardo, o al naturale con de’ buoni intingoli di creste od altri tali di vostro gusto.

274
Della testuggine.


La testuggine è un pesce che nasce in una squaglia, ve n’ha di acqua dolce, e di mare, per l’ordinario non servono ad altro che a guernire degli intingoli.
Se volete mangiarle sole, o metterle in qualche intingolo tagliate loro le zampe, e la testa, e fatele cuocere un momento con acqua, sale, cipolle, prezzemolo, cipollette, radici, un mezzo citrone, o dell’agresto granito; dopo ritiratele dalla loro squama, e togliete loro l’amaro.
Tagliate la carne in pezzi, e mettetela in un intingolo di vostro gusto, oppure se volete mangiarla sola aggiustatela in fricassea di pollastri come si è detto del luccio di sopra.

Delle lamprede.


Queste rasomigliano all’anguilla: ve n’è di mare, e di riviera; per isgusciarle fate come abbiamo detto della tinca, indi tagliatele in pezzi, e fatele friggere dopo di averle infarinate.
Si fanno altresì cuocere alla graticola, e si servono con una salsa fatta ai cappari, o alla remoulade cittadinesca.
Mettete in una casseruola olio, aceto, sale, pepe rotto, e mostarda; stemprate il tutto insieme, e servitelo a parte in un vaso da salsa.

Dei gambari.

[Dei gambari.]


Se hanno le zampe grosse, e rosse sono migliori; si mangiano comunemente cotti 275in court boüillon, come il luccio senza butirro.
Quando sono cotti aggiustateli sopra di una servietta per un piatto di tramesso.
Li stessi gambari già serviti potete aggiustarli un’altra volta in fricassea di pollastri, dopo d’aver loro pelate le code, e le zampe.
Con i loro gusci se ne fanno de’ buonissimi sughi, e le code servono a guernire degli entrées, o delle minestre di gambari; in qualunque maniera però che ve ne vogliate servire fate così.


[Preparazione dei gambari]

Fateli bollire un momento, indi ritirate le code pelate da una parte, ed i corpi dall’altra. Pestate i corpi per tre ore, indi stemprateli con buon brodo, e passateli alla stamigna; se volete servire questo sugo in qualche intingolo servitelo più spesso, mettendovi dentro le code de’ gambari cotte in alquanto di brodo: lasciatele ridurre quasi a secco, e mettete tutto nel sugo, indi fatelo scaldare, non lasciando bollire, e servitelo in carne, o pesce secondo il vostro gusto.
Se è in grasso vi servirete di un buon brodo grasso; se è poi per un pesce prendete un buon brodo magro fatto con ogni sorta di buon legume, ed acqua di piselli; fate che il brodo sia ben chiaro, affinché non renda torbido il sugo.
Se volete servirvene per una minestra tenete il sugo più chiaro, e mettete nella minestra il brodo in cui sono cotte le code, le quali aggiustarete d’intorno al piatto che dovete servire.
276Quando la zuppa sarà ben cotta aggiugnete il sugo di gambaro; fatela scaldare senza che bolla, e servitela condita di buon gusto.

Del piccolo barbio, cefalo, ghiozzo, e della "breme".


Il piccolo barbio si serve in stuffato come il carpio; si mette altresì alla graticola quando è grosso, e servesi con una salsa bianca. Lo stesso fate per il cefalo. Il ghiozzo si serve fritto, e la breme cotta alla graticola con le medesime salse, o fritta per un piatto d’arrosto.
Quantunque questi pesci non siano troppo stimati, ve ne sono tuttavia de’ molto buoni.

Stuffato di ghiozzo.


Sgusciato e votato asciugatelo senza lavarlo, prendete il piatto che dovete servire, mettetevi nel fondo del buon butirro con prezzemolo, cipollette, funghi, timo, lauro, e basilicò, il tutto triturato ben fino, sale, e pepe rotto; aggiustatevi sopra il ghiozzo, e conditelo come segue: bagnate con un bicchier di vin rosso, e coprite facendo bollire affinché vi resti più poca salsa (un quarto d’ora basta per la cottura). Le anguille s’aggiustano nella stessa maniera; prima di servirvene però non asciugatele.

Delle chiocciole, lumache di vigna in fricassea di pollastri.


Nella primavera, e nell’autunno se ne trovano molte di quelle buone a mangiare per chi 277le gusta; per farle uscire dai loro gusci, e nettarle mettetele in una caldaia con alquanto di cenere, ed acqua; quando comincierà l’acqua a bollire lasciatele per un quarto di ora; ritiratele, e nettatele per rimetterle poscia in acqua chiara, e farle bollire un momento. Asciugatele, e mettetele in una casseruola con butirro, un mazzetto di prezzemolo, cipollette, un baccello d’aglio, due garoffani, timo, lauro, basilicò, dei funghi, ed un pugno di farina bagnata con brodo, un bicchier di vin bianco, sale, e pepe rotto; lasciatele cuocere finché vi sia più poca salsa, in servendo un’unione di tre rossi d’uova con crema, che farete unire senza che bolla, mettendovi un poco d’aceto bianco, o della noce moscada.

Delle rane.

[Delle rane.]


Tagliate loro le zampe, ed il capo dimodoché vi resti poco più delle coscie. Si possono aggiustare in due differenti maniere, cioè:

Rane in fricassea di pollastri.


Mettetele nell’acqua bollente, e lasciatele bollire un momento, indi ritiratele all’acqua fresca, ed asciugatele; mettetele in una casseruola con dei funghi, un mazzetto di prezzemolo, cipollette, un baccello di aglio, due garoffani, ed un pezzo di butirro; lasciatele alquanto al fuoco, aggiugnendo un pugno di farina bagnata con un bicchier di vin bianco, alquanto di brodo, sale, e pepe rotto; lasciatele cuocere un quarto d’ora, facendole ridurre a corta salsa; 278aggiugnete poscia una unione di tre rossi d’uova con alquanto di crema, un piccolo pugno di prezzemolo tagliato ben fino; fate unire tutto senza lasciar bollire.

Rane fritte.


Fatele marinare crude per un’ora con metà acqua, e metà aceto, prezzemolo, cipollette intiere, fette di cipolle, due baccelli d’aglio, tre garoffani, una foglia di lauro, timo, e basilicò, indi asciugate infarinatele per farle friggere, servendole con prezzemolo fritto per farle migliori, immergetele in una pasta fatta con farina stemprata in un cucchiaio d’olio, un gran bicchiere di vino bianco, e sale, che non sia troppo chiara, ma fili versandola dal cucchiaio.

279CAPITOLO XI.
DE’ LEGUMI, ED ORTAGGI
De’ legumi, ed ortaggi in generale.


Ora descriverò i legumi, ed ortaggi che s’adoprano in cucina, come semi, erbe, e radici, poi dimostrerò l’uso che se ne può fare, e la maniera di aggiustarli; in appresso v’insegnerò un metodo per conservarli in tutto l’inverno. Si hanno:Li piselli con i suoi vari generi
Li fagiuoli verdi, e bianchi con i suoi generi
Le fave
Le lenti con i suoi generi
Il riso
Il ginepro
Il gruau
I cavoli con i suoi generi
Le carote
Le pastinache
Il prezzemolo
Le cipollette
Il cerefoglio
L’acetosa
La bietola
Le cipolle
Li porri
Li scelleri
Le rape
Le radici di prezzemolo
Le nape, e ravanelli
Le lattuche con i suoi generi
La indivia con i suoi generi
Li cardi con i suoi generi
Li carcioffi
Gli sparagi
Li cavoli fiori
I lupuli


280
I cocomeri co’ suoi generi


Gli spinacci
Le scorzonere
Li meloni
Le radici
Le belle rape
Li funghi, e bolleti con tutti vari suoi generi
Li cappari grossi, e piccoli
Li tartuffi
Li sisari
Il timo
Il lauro
Il basilicò
Le porcellane
La satureggia
Il finocchio
L’aglio
Le cipolline
La bugolosa
Il boraggine
Li raperonzoli
Il crescione
La pimpinella
La menta
La serpentaria
Con varie altre erbe che usano i cuochi.

De’ piselli verdi, e secchi.


Li piselli si hanno verdi per tre mesi, cioè giugno, luglio, ed agosto. Son buoni quelli che sono colti di fresco subito scorzati, e che hanno un gusto dolce, e che sono teneri. I più piccoli sono i più stimati.
Li buoni piselli subito scorzati hanno una piccola coda.
Li piselli verdi si servono con ogni sorta di vivanda: fanno eccellenti intingoli. Si servono tanto in grasso, come in magro per tramesso.
I piselli secchi servono a far del sugo.

Piccoli piselli alla cittadinesca.


Prendete una libbra e mezza di piccoli piselli ben lavati, che metterete in una casseruola con un pezzo di butirro, un mazzetto di prezzemolo, e cipollette, una 281lattuca rotonda tagliata in quattro. Fateli cuocere nel loro sugo a piccol fuoco per un’ora e mezza. Quando sono cotti, e che non vi resta quasi più salsa v’aggiugnerete un poco di zuccaro, e sale fino, indi vi metterete un’unione fatta con due rossi d’uova stemprati con sufficiente quantità di crema, si unisca il tutto al fuoco, poi si serva. Alcuni si servono semplicemente senza aggiugnervi le uova, e la crema, con una salsa corta.

Uso de’ piselli secchi.


Li piselli secchi servono a fare del buon sugo per li giorni di magro, e a dar gusto, e corpo alle zuppe, e minestre. Questo sugo serve ancora a mettere sotto le aringhe nella quadragesima. Per far questo sugo si passano per una stamigna; poi gli aggiugnete butirro, prezzemolo, e cipollette triturate, e condite di sale, e pepe.

"Petit salè" ai piselli.


Fate cuocere la carne con li piselli nell’acqua, avete riguardo di dissalare la carne a metà, affinché il sugo sia di buon gusto, aggiugnete anche due radici, due cipolle, ed un mazzetto di erbe fine. Quando i piselli son cotti passateli in sugo, servendo sopra la carne.
Vi sono anche i piselli detti golosi, i quali quando sono nel lor più verde si fanno cuocere nella loro scorza, come li piccoli piselli già descritti.

282
De’ piccoli fagiuoli verdi.

[De’ piccoli fagiuoli verdi].


Si prendono molto teneri, se ne toglie le punte d’ambi i lati, procurando di toglierne bene i fili; si lavano, e si fanno cuocere nell’acqua bollente; quando sono cotti, mettete nella casseruola un pezzo di butirro, e cipollette tagliate; quando il butirro sarà liquefatto mettetevi dentro i fagiuoli, lasciandoli prima sgocciolare, metteteli un poco sopra il fuoco, volgendoli di tanto in tanto; vi si aggiugne un pugillo di farina, un poco di buon brodo, e del sale, fateli bollire infin a tanto che non vi resti più salsa: quando sarete vicino a servire, mettete una unione fatta con tre rossi d’uova stemprati nel latte, ed appresso un poco di sugo d’agresto, o d’aceto; quando l’unione sarà dal fuoco resa consistente, li servirete per tramesso.
Se si usano in grasso vi si può aggiugnere del sugo di vitello; ed in magro del sugo colato.

De’ fagiuoli verdi, come si confettano, e si seccano che si conservano almeno fino a Pasqua.


Prendeteli verdi quando ne vorrete confettare, e scieglieteli ben teneri con poche fila, mondate le punte, indi metteteli a cuocere per un quarto d’ora nell’acqua bollente, poi ritirateli nell’acqua fresca per lasciarli ivi raffreddare, lasciandoli sgocciolare; ben asciutti si pongono ne’ vasi a ciò destinati ben propri, indi mettetevi della salamoia sopra; poi vi si versi del butirro 283liquefatto, il quale sta di sopra alla salamoia, ed impedisce che li fagiuoli prendino l’aria, indi mettete i vasi in un luogo né troppo umido, o freddo, né troppo caldo, si chiudono bene con carta forte, e non apriteli se non nel bisogno.


[Salamoia]

La salamoia si fa così: si mette due pinte d’acqua, una pinta d’aceto, ed una libbra di sale; fate il tutto scaldare fino che il sale sia liquefatto, lasciandola poscia raffreddare, e si versa adagio, acciocché la feccia rimanga nel fondo, e di questa servitevene come sopra.

Per farli seccare.


Ben mondati, e cotti un quarto d’ora, ed asciutti infilzateli con un ago in filo, attaccandoli al solaio in luogo asciutto, e si conservano in questa maniera lungo tempo, e quando volete servirvene immergeteli nell’acqua tepida sino che abbiano ripigliata la loro primiera verdura, e vigore: poscia fateli cuocere nell’acqua, ed aggiustateli come si è detto de’ fagiuoli verdi. Circa alli fagiuoli confettati messi nella salamoia quando vi servirete lavateli, poi fateli cuocere nell’acqua, e serviteli come i fagiuoli verdi.

De’ fagiuoli bianchi.


Fateli cuocere nell’acqua, indi mettete nella casseruola un pezzo di butirro, ed alquanto di farina che voi farete arrossire, mettendovi della cipolla trita, che farete poi cuocere in questo rosso; quando sarà cotto mettetevi li fagiuoli con prezzemolo, cipollette, sale, pepe, ed aceto; fate bollire il tutto, e servite.
284In grasso in luogo del butirro vi servirete di lardo liquefatto, bagnando con un poco di sugo di vitello. Si servono pur anche in grasso per tramesso, od entrée se voi vi metterete sotto una coscia di montone arrostito.

Delle fave.


Alcuni le mangiano colla scorza, allora bisogna prima farle cuocere mezzo quarto d’ora per toglierne l’acredine: ma comunemente si mangiano scorzate, e la maniera di aggiustarle è la seguente.
Poste che siano in una casseruola con butirro, un mazzetto di prezzemolo, cipollette, ed un poco di satureggia, passatele al fuoco mettendovi alquanto di farina, e di zuccaro quanto una noce, bagnandole con brodo. Cotte che saranno aggiugnete un’unione di tre rossi d’uova stemprati nel latte, e servite per un piatto di tramesso.

Delle lenti.


Le lenti ordinarie scieglietele larghe, e di color biondo, mondate, e lavate fatele cuocere nell’acqua, e poscia friggere come i fagiuoli bianchi.
Le lenti alla Regina sono quelle piccole più sugose; d’ordinario si servono per far del sugo, perché il colore è più bello, ed il gusto più saporito.

sugo di lenti.


Ben mondate, e lavate fatele cuocere con buon brodo grasso, o magro, secondo l’uso che ne vorrete fare; quando sono 285cotte, passatele alla stamigna, bagnandole col lor brodo; condite questo sugo di buon gusto, servendovene secondo vi piacerà.

Del riso.

[Del riso.]


Esso serve a fare delle minestre sì grasse, che magre, e degli entrées, comunemente si mangia al latte. In grasso si è già spiegato al principio di questo libro.

[Riso in magro]

In magro si fa dopo d’averlo ben lavato nell’acqua tepida, e fregato nelle mani lo farete cuocere in buon brodo fatto con pastinache, carote, cipolle, radici di prezzemolo, cavoli, scelleri, nape, acqua di piselli, e di tutto questo bisogna metterne ciò che basta, e far in modo che l’uno non domini sull’altro, principalmente il scellero, e la radice di prezzemolo. Mettete con questo brodo un pezzo di butirro, e del sugo di cipolle fin che il riso sia abbastanza colorito. Fatelo cuocere per un’ora oppure secondo il vostro genio tanto che basti, conditelo di buon gusto; così cotto servitelo né troppo chiaro, né troppo denso.


[Riso in bianco]

Se volete servirlo in bianco non vi mettete il sugo di cipolle: quando il riso sarà cotto prendete del brodo, in cui stemprarete sei rossi d’uova, uniteli sopra il fuoco, tenendo quell’unione al caldo finché dovrete servire; allora la metterete sul riso.


[Riso al latte]

Il riso al latte si fa così: dopo d’averlo ben lavato fatelo cuocere mezz’ora a piccol fuoco con un poco d’acqua per farlo crepare, aggiugnendovi a poco a poco del latte caldo sin che sia cotto, e conditelo di 286sale, e zuccaro, servendolo né troppo denso, né troppo chiaro.

Del ginepro.


Il ginepro non si usa che per le vivande, e carni che si mettono in salê, come un pezzo di bue all’ecarlatte: se ne può metter un poco quando voi salarete del porco fresco, ciò darà buon gusto, purché non ne mettiate troppo.

Del "gruau".


È una farina d’avena molinata grossolanamente; questo è un rimedio assai rinfrescante, e che si usa per le persone che hanno il petto debole. Per servirvene voi prenderete un boccale d’acqua, o di latte, mettetevi un cucchiaio a bocca pieno di gruau, fate bollire dolcemente un quarto d’ora, lasciatelo riposare per beverlo chiaro: se aggrada aggiugnetevi alquanto di zuccaro.

De’ cavoli.


Li cavoli sì bianchi, che verdi, ed altri si aggiustano tutti ad una stessa maniera. Comunemente si usa avanti di metterli nella pignatta di legarli con filo acciò non meschiano colla carne cuocendo.
Se ne volete fare degli entrées li tagliarete in quarti dopo averli lavati; poscia fateli bollire un quarto d’ora nell’acqua, mettendovi un pezzo di ventresca tagliato in pezzetti, ma non divisi, assicurati nella cotica: poscia ritirateli all’acqua fresca, premeteli, legateli bene, e metteteli a cuocere in una braise col pezzo di ventresca, e 287la carne che destinate di servire assieme.
Avvertite che il far cuocere alla braise non è altro che far cuocere nel brodo con sale, pepe, un mazzetto di prezzemolo, cipollette, garoffani, un poco di noce moscada, e due o tre radici.
Quando la carne, ed i cavoli sono cotti ritirateli per ben asciugarli dal loro grasso, aggiustandoli nel piatto che dovete servire con ventresca sopra, mettendo in appresso una salsa fatta d’un buon sugo colato, e condita di buon gusto.
Le carni che meglio convengono co’ cavoli sono le coste di vitello, il petto di bue, il pezzo della culata, salsiccia di porco, spalla di montone disossata, ed arrotondita con legarla ben forte, il capone colle coscie e gambe ben aggiustate.
Di qualunque carne voi vi serviate abbiate cura di farla bollire due minuti nell’acqua per toglierle la schiuma, poi fatela cuocere co’ cavoli. Si usa ancora appresso la gente cittadina cotti che sono, e ben sgocciolati i cavoli di mettervi sopra una salsa bianca.

Cavoli alla "bourgeoise".


Prendete un cavolo intiero ben lavato, fatelo bollire per un quarto d’ora nell’acqua, facendolo poi raffreddare nell’acqua fresca, indi premetelo con diligenza per non rompergli le foglie, quali si leveranno poi d’una ad una, riempiendole di farsa fatta come quella dell’anitra farsita; rimettendo poi le foglie così aggiustate le une sopra le altre, come se il cavolo fosse ancora 288intiero, legatelo poscia con filo, e fatelo cuocere in una braise fatta come quella della lingua di bue, condite di buon gusto. Cotto che sarà toglietelo dalla braise, e premetelo leggermente in un pannolino per farne escire il grasso; tagliatelo poi in due, ed aggiustatelo sul piatto che dovrete servire, mettendovi sopra un buon sugo colato.

De’ cavoli fiori.


Li cavoli fiori sono una spezie di cavoli, il di cui seme e grana si trova abbondante in Italia; le foglie d’intorno sono assai buone, e servono a far delli tramessi, ed adornare gli entrées di carne. Per servirvene mondateli, lavateli, e fateli cuocere un momento nell’acqua, poi ritirateli per terminare di farli cuocere in un’acqua bianca fatta con un cucchiaio di farina stemprata con acqua, un poco di butirro, e sale; cotti che saranno aggiustateli nel piatto che dovrete servire, mettendovi sopra, se in grasso una salsa al sugo colato, ove vi sia un poco di butirro dentro, ed in magro una salsa bianca.
Per entrée cotti che saranno nella suddetta maniera aggiustategli all’intorno della carne che voi li destinate, mettendovi sopra una salsa propria per la carne, dove vi dovrà sempre essere del butirro.

Cavoli fiori in grana.


Prendete de’ cavoli fiori ben mondati, e fateli cuocere a metà nell’acqua, mettendoli poi nell’acqua fresca, dopo fateli sgocciolare, e prendete una casseruola della 289grandezza del fondo del piatto che dovete servire, mettetevi delle fette di lardo al fondo, aggiustando li cavoli fiori sopra, e facendo stare la testa sotto, e le code in alto; prendete poscia una buona farsa fatta con coscia di vitello, grasso di bue, prezzemolo, cipollette, e funghi, il tutto triturato, condito di sale, pepe, e tre uova intiere senza crema, né brodo; di questa farsa ben condita, ed unita, ne metterete in tutti i luoghi vuoti de’ cavoli fiori, facendoveli entrare colle dita, indi fateli cuocere con buon brodo condito di buon gusto.
Quando li cavoli fiori saranno cotti, e che non vi resterà più salsa rinversate dolcemente la casseruola de’ cavoli fiori nel piatto che dovete servire, togliendovi le fette di lardo, e mettetevi sopra un buon sugo colato con alquanto di butirro, e servite per entrée.

Cavoli alla fiamminga.


Tagliate un cavolo in quattro, imbianchitelo per un quarto d’ora nell’acqua bollente, messo indi nell’acqua fresca, premendolo per farne escir l’acqua, toltone l’occhio, legatelo, e fatelo cuocere con un pezzo di butirro, buon brodo, e sette od otto cipolle, un mazzetto guernito, un poco di sale, e pepe rotto, quando è tosto cotto aggiugnetevi a cuocere insieme delle salsiccie; quando l'intingolo sarà cotto prendete una crosta di pane che sia più grande della palma della mano, e fatela friggere con butirro, il quale così fritto metterete nel fondo del piatto con cui volete servire 290il cavolo, mettendo le salsiccie colle cipolle d’intorno, che il tutto sia ben asciutto dal suo grasso; disgrassate anche la salsa de’ cavoli; se avete un poco di sugo colato mettetevene dentro, facendo che la vostra salsa resti corta, e di buon gusto, e servite di sopra.

Cavoli in "surprise".


Prendete un cavolo intiero, fatelo cuocere un quarto d’ora nell’acqua, poi ritiratelo in acqua fresca, premetelo colle mani senza romperne le foglie, indi mettetelo su d’una tavola, dilargate alquanto le foglie in maniera che possiate facilmente toglierne il suo occhio di dentro, ed in luogo d’esso vi metterete dei marroni, e della salsiccia, rimettete poi le foglie ristringendole come prima, in maniera che sembri esservi niente altro, poi legatelo bene, e fatelo cuocere in una piccola braise leggiera fatta con brodo, poco sale, pepe rotto, radici, cipolle, ed un mazzetto; quando sarà cotto mettetelo a sgocciolare, e servite con una salsa ove vi sia del butirro.

Delle carote, e pastinache che comprendonsi anche sotto il nome di radici.


Si usano ordinariamente mettersi in ogni sorta di minestre, nelle braises per li sughi colati servirete ancora degli entrées di carne in catino, che si chiama hauchepot; si adorna dei piccoli entrées cogli intingoli di radici. Allora si tagliano le radici in lunghezza di due dita, tagliandole poi in rotondo, indi fatele cuocere un quarto d’ora 291nell’acqua, poi mettetele in una casseruola con buon brodo, un bicchier di vin bianco, un mazzetto d’erbe fine, ed un poco di sale. Cotte che saranno aggiugnetevi alquanto di sugo colato per unire la salsa, e servite con ciò che voi giudicate a proposito.

Carote, pastinache ecc. in "menus droits".


Prendete delle cipolle, tagliatele in fili, fatele cuocere in piccol rosso fatto con butirro, e farina, quando le cipolle sono quasi cotte bagnatele con brodo, e finitele di far cuocere. Abbiate poi delle carote, pastinache, scelleri e nape, il tutto tagliato propriamente in fili, e cotto mettetelo nell’intingolo di cipolle, condite di sale, pepe rotto, ed alquanto d’aceto: quando voi servirete aggiugnetevi della mostarda.

Radici alla crema.


Prendete grosse radici ben tenere, raschiatele, lavatele, poi imbianchitele una mezz’ora nell’acqua bollente, indi tagliatele in grosse fila, e mettetele in una casseruola con un pezzo di butirro, un mazzetto di prezzemolo, cipollette, un baccello d’aglio, due cipolline, due garoffani, del basilicò; passatele sopra il fuoco mettendovi un pugillo di farina, sale, pepe rotto, buon brodo; lasciate cuocere fino che sia ridotto in salsa corta, togliete il mazzetto, aggiugnendovi un’unione fatta con tre rossi d’uova, e crema: fate unire il tutto senza bollire, servendo con un poco d’aceto bianco.

292
Del prezzemolo, e cipollette.


Sono in grande uso in cucina; è inutile il descriverne l’uso che se ne fa, mentre nel decorso di questo libro si vede l’utilità che se ne ricava.

Del cerfoglio, acetosa, bietola, porcellane ecc., e maniera di conservarle per l’inverno.

[Del cerfoglio, acetosa, bietola, porcellane ecc., e maniera di conservarle per l’inverno.]


Tutte queste erbe sono eccellenti per fare le zuppe, e degli intingoli di farse: si usa di confettar quest’erbe nella state per l’inverno, quando esse sono aggiustate come bisogna niente perdono della loro bontà, ed è facile il farlo.


[Maniera di confettare le erbe]

Prendete dell’acetosa, cerfoglio, bietola, porcellane, dei cocomeri se ve ne sono, prezzemolo, cipollette; mettete di quest’erbe a proporzione della lor forza; dopo di averle mondate, e più volte lavate, e sgocciolate le tagliarete, poi premetele bene colle mani acciò non vi resti punto d’acqua.
Prendete una caldaia della grandezza della quantità dell’erbe che avete, mettetevi un buon pezzo di butirro, indi le erbe sopra, e del sale quanto basta, fatele cuocere a piccol fuoco finché siano ben cotte, e che non vi resti acqua; dopo che saranno alquanto raffreddate mettetele ne’ vasi a loro destinati ben propri; meno consumazione che si fa dell’erbe più i vasi debbono esser piccoli, perché quando si vorrà far uso di dette erbe, e che il vaso non sia più pieno è difficile che le erbe si conservano più di tre settimane.
Quando le erbe sono del tutto fredde nei 293vasi prendete del butirro, fatelo liquefare, lasciandolo intiepidire, e versatelo sopra le erbe; dopo che il butirro è ben rappreso coprite i vasi di carta, e metteteli in luogo né troppo umido, né troppo secco, e si conservano fino a Pasqua. Quando volete servirvene mettetene la quantità che volete in brodo che non sia ancora salato, e così avrete della zuppa fatta nell’istante; se poi vorrete farne della farsa, la metterete in una casseruola con un pezzo di butirro, fatele bollire un momento, mettendovi insieme alcuni rossi d’uova con latte, e servitevene per mettere sotto le uova dure, o alcun piatto di pesce arrostito sopra la graticola.
Il tempo più conveniente per confettare le erbe è verso il fine di settembre.

Della cipolla.


È di un grande uso alla cucina la cipolla, ed è sana, quando se ne serve con moderato uso, entra in molte minestre, e sughi; la piccola cipolla bianca è la più stimata per gli intingoli; per quest’effetto non la pelate, tagliandole solamente il fine della testa, e della coda; fatela cuocere nell’acqua un quarto d’ora, ritirandola poscia nell’acqua fresca, e togliendole la prima pelle, fatela cuocere nel brodo; quando è cotta mettetevi due cucchiai di sugo colato per unire la salsa, conditela di buon gusto, e servitela con ciò che giudicherete a proposito; cotte che saranno nel brodo, ben sgocciolate, e fredde si mangiano in insalata con sale, pepe rotto olio, ed aceto.

294
Dei porri.


I porri non servono in cucina che per la minestra, essi danno buon gusto al brodo.

Dello scellero.


Quando è ben bianco, e tenero si mangia in insalata con una remolata fatta di sale, pepe olio, aceto, e mostarda.
Si serve ancor dello scellero per metterne nella minestra, ma ve ne abbisogna poco, perché domina sopra gli altri erbaggi: se volete servirlo in intingolo con carne, ben lavato fatelo cuocere una mezz’ora nell’acqua bollente, premetelo bene, e fatelo cuocere con buon brodo, e sugo colato, conditelo di buon gusto, ed usate diligenza in levarne il grasso quando sarà cotto, servitelo colla carne che giudicherete a proposito.

Del ramolaccio, e ravanelli.


Essi non servono in cucina che crudi in hors d’oeuvre al principio del pranzo vicino alla zuppa.

Delle radici di prezzemolo.


Si serve delle radici di prezzemolo per mettere nella minestra, ve ne abbisogna poche, perché hanno un gusto piccante; non sono buone per le persone calde.

Delle nape.


Si mettono nella minestra, se voi volete guernire il piatto o zuppa, tagliatele con proprietà, fatele cuocere un poco nell’acqua per toglierne il forte, ed in appresso 295facendole cuocere nel brodo con sugo per darli colore. Servono anche per fare intingoli, per mettere colla carne. Tagliatele con proprietà, e fatele alquanto bollire nell’acqua, facendole poi subito cuocere nel brodo con sugo colato, ed un mazzetto d’erbe fine; quando sono cotte, e condite di buon gusto disgrassate l’intingolo, servite sopra la carne che voi giudicherete a proposito, la quale deve esser cotta alla braise.
Se voi volete una marinata più semplice mettetele a cuocere colla carne, quando è mezza cotta levate il grasso, e condite di buon gusto. Se quest’ultima maniera non è così bella, costa per altro meno, e non è così difficile.

Delle lattuche pomate, e romane.


Io non voglio qui descrivere tutte le differenti sorte di lattuche, basta dire che si mangiano tutte in insalata; quando sono belle, e tenere servono anche a fare intingoli, e minestre, in maniera che dopo mondate, e lavate le mettiate a cuocere nell’acqua per un buon quarto d’ora, ritirandole poi nell’acqua fresca, premetele colle mani, se sarà per la minestra voi le legarete, e le farete cuocere con buon brodo, e le servirete attorno il piatto a zuppa. Il brodo ove esse sono state cotte vi servirà a mettere nella minestra.
Se volete fare intingolo per entrée, dopo di averle ben premute fatele cuocere con butirro, buon brodo, e sugo colato, condite di buon gusto; quando siete presso a servire disgrassate l’intingolo, e 296mettetelo sotto la carne che giudicarete a proposito.
Les montans di lattuca sono buoni per fare dei tramessi, dopo di averli mondati metteteli a cuocere nell’acqua, ove voi stemprarete un cucchiaio di farina, mettetevi un mazzetto d’erbe fine, due cipolle, due radici, un poco di butirro, e del sale.
Quando sono cotte in magro le servirete con una salsa bianca, o con una unione di rossi d'uova, e latte.
In grasso metteteli in sugo colato fatto di buon gusto, e serviteli colla carne, o soli per tramesso.

Lattuche pomate farsite.


Prendete delle lattuche pomate, otto o dieci secondo la loro grossezza, fatele bollire una mezz’ora nell’acqua, poi ritiratele in acqua fresca, per poi premerle colle mani, indi mettetele sopra di una tavola, ed alzate le foglie di ciascuna lattuca, senza però separarle, mettetevi nel mezzo una farsa di carne condita di buon gusto, come quella che troverete qui appresso per i piccoli pasticci: inviluppate la farsa colle foglie di lattuca, e fatele cuocere in una piccola braise; quando sono cotte sgocciolatele, premetele in un pannolino, immergetele poi in una pasta a friggere fatta con farina, vin bianco, un cucchiaio d’olio, ed un poco di sale: fatele friggere di bel colore. Si puonno immergere ancora nel bianco d’uovo sbattuto, poi coprirle di pane grattugiato, e farle friggere. Essendo farsite in questa maniera servono a guernire degli entrées di carne.

297
Della indivia selvatica bianca, e verde.


La indivia selvatica bianca non è buona che per mangiare in insalata; la verde serve a mettere ne’ brodi rinfrescanti, e a far decotti nella medicina.

Dell’indivia bianca ordinaria.


Si mangia in insalata, e serve a fare degli intingoli, dopo averla mondata, e lavata fatela bollire una mezz’ora nell’acqua, poi ritiratela all’acqua fresca, e premetela. In seguito mettetela a cuocere con alquanto di butirro, brodo, e sugo colato se ne avete, se no fate un piccolo rosso di farina per legar la salsa; quando essa è cotta, condita di buon gusto, e disgrassata mettetevi un poco di cipollina se vi piace; e servite sotto del montone arrostito.
Se volete servirla al bianco in magro in luogo del rosso di farina mettetevi l’unione di rossi d’uova, e crema, e servitela sotto le uova molle.

De’ cardi di Chieri.


Dopo di averli mondati, e lavati fateli cuocere nell’acqua, volgendoli di tanto in tanto affinché il disopra non diventi nero; dopo cotti lasciateli sgocciolare: fate una salsa bianca con un pugillo di farina, acqua, butirro, sale, pepe, un poco d’aceto, fatela legare sopra il fuoco, e mettetevi i cardi a bollire per un piccolo momento a fuoco lento affinché prendino gusto; se il butirro fosse ridotto in olio è segno che la salsa è troppo spessa, allora vi si aggiugne un 298cucchiaio d’acqua, e si fa cuocere finché la salsa sia divenuta come prima.

De’ cardi.


Tagliateli della lunghezza di tre pollici, non mettete quelli che sono concavi e verdi; fateli cuocere una mezz’ora nell’acqua, indi metteteli nell’acqua tepida per pelarli, poi fateli cuocere nel brodo, in cui stemprate un cucchiaio di farina; mettetevi del sale, cipolle, radici, un mazzetto di erbe fine, un poco d’agresto, ed alquanto di butirro. Cotti che saranno metteteli in buon sugo colato con un poco di brodo, fateli bollire una mezz’ora in questa salsa affinché prendino gusto; fate che la salsa sia né troppo densa, né troppo chiara, e che sia d’un bel colore biondo, e servite.
Se volete servirli in magro li metterete in una salsa, come si è detto avanti degli altri cardi.

De’ carcioffi.


Essi sono di gran vantaggio in cucina, servono a fare dei tramessi, ed il gambo serve ad ornare ogni sorta d’intingolo.
Non voglio or qui descriver a parte a parte tutti li cangiamenti che si possono fare, il che sarebbe inutile, mentre mi son proposto di non dare al pubblico se non se intingoli semplici. Li carcioffi si mangiano comunemente dopo averli tagliato il verde di sotto, e tagliate a metà le foglie di sopra. Fateli cuocere nell’acqua con un poco di sale, un mazzetto 299d’erbe fine; cotti che sono lasciateli sgocciolare, e levateli l’inutile.
Se è in giorno di grasso prendete del sugo colato, mettetevi un pezzo di butirro, un poco d’aceto, sale, e pepe rotto, legate la salsa sopra a fuoco, e mettetela sopra i carcioffi.
Se è in giorno di magro vi metterete una salsa bianca: questi medesimi carcioffi cotti nell’acqua, e freddi si mangiano all’olio con sale, pepe, ed aceto.
Se li volete far friggere tagliateli in pezzi, mondateli, lavateli, bianchiti, e marinati, lasciandoli sgocciolare. Quando li farete friggere bisogna prima involgerli dentro la casseruola con un pugillo di farina, due uova, un poco di aceto, sale, e pepe, fateli friggere finché siano gialli, e serviteli con prezzemolo fritto; essendo tagliati nella medesima maniera fateli cuocere nell’acqua per un quarto d’ora, rimetteteli nell’acqua fresca, ed aggiustateli come la fricassea de’ pollastri.
Quando saranno cotti mettetevi un’unione di farina, uova ecc., e li servirete per un piatto di tramesso: se volete confettare li carcioffi, o farne seccare per l’inverno eccone la maniera.
Toglietene tutte le foglie, non lasciando altro che ciò che è buono a mangiare, gettandoli di mano in mano nell’acqua finché gli abbiate aggiustati tutti; fateli quindi cuocere nell’acqua, acciò possiate facilmente levarne la barba di dentro, rimettendoli poi nell’acqua fresca, e ben propri lasciateli sgocciolare; se li volete secchi metteteli 300sopra una graticola nel forno che sia poco caldo, e che la mano vi possa soffrirsi dentro.
Secchi che siano servitevene per mettere negli intingoli, dopo d’averli fatti rinvenire nell’acqua tepida; se vorrete confettarli saranno migliori: mettetevi una salamoia, come si è spiegato all’articolo de’ fagiuoli verdi confettati alla pag. 282, osservando la stessa regola e metodo. I carcioffi violetti teneri, ed i piccoli verdi si mangiano al pepe, olio ecc. Si mettono sopra di un piatto con alquanto di ghiaccio vicino alla zuppa per un piccolo hors d’oeuvre.

Articiocchi.

Carcioffi alla "barigoulie".


Prendete tre, o quattro carcioffi secondo la loro grossezza, e grandezza del piatto di tramesso, tagliate il verde di sotto, e la metà delle foglie, metteteli in una casseruola con brodo, o acqua, due cucchiai di olio, un poco di sale, pepe, una cipolla, due radici, ed un mazzetto guernito; fateli cuocere, riducendo intieramente la salsa, quando sono cotti, e che non vi è più salsa fateli friggere un momento nell’olio per farli arrossire; poi metteteli sopra una tortiera coll’olio restato nella casseruola, mondateli dalla lor barba, sopra mettendovi un coperchio da tortiera ben caldo con fuoco sopra per far arrostire le foglie; se aveste un forno caldo essi diverrebbero più belli; arrostiti che saranno, e d’un bel colore serviteli con una salsa all’olio, aceto, sale, e pepe rotto.

301
Carcioffi all’agresto in grana.


Prendete tre, o quattro carcioffi, toltone il verde di sotto, e tagliate a metà le foglie di sopra; fateli cuocere in una piccola braise, condite leggermente, mettendoli poi a sgocciolare, e mondateli dalla lor barba, servendoli con una salsa fatta in questa maniera.
Mettete in una casseruola un pezzo di butirro, un pugillo di farina, due rossi d’uova, un poco di sugo d’agresto, sale, e pepe rotto, fate legare la salsa sopra il fuoco, unita che sia mettetevi dell'agresto in grana, fatto prima bollire un momento nell’acqua, e serviteli per tramesso.

Carcioffi "tournés".


Prendete sei carcioffi grossi e teneri, toglietene le foglie più grosse con tutto il verde, il quale va levato dolcemente colla punta di un coltello volgendo a misura il carcioffo dalla parte del tronco, acciò sia tagliato egualmente, procurando di non toccarle il bianco, gettateli di mano in mano nell’acqua fresca, poi fateli imbianchire mezzo quarto d’ora nell’acqua bollente, ritirateli poi nell’acqua fresca per toglierli la barba; fateli cuocere in un bianco di farina stemprata con acqua, sale, butirro, ed un poco d’agresto in grana, o la metà di un citrone tagliato in fette: quando saranno cotti ritirateli per asciugarli con un pannolino, aggiustateli nel piatto servendoli sopra una salsa al bianco di vitello, od altra che più v’aggrada.

302
De’ sparagi.


Si mangiano in varie maniere, li più grossi sono i migliori: si fanno in intingoli per guernire gli entrées di pesce, o di carne, per ornare le minestre; ordinariamente si servono per tramesso con una salsa; per tal effetto dopo d’averli tagliato parte del loro bianco, e ben lavati fateli cuocere un mezzo quarto d’ora nell’acqua con sale: per esser cotti come devono bisogna che siano crocanti; poscia aggiustateli sul piatto che dovete servire, versandovi sopra una salsa.
In giorno di grasso prendete del sugo colato, mettendovi un poco di butirro, sale, e pepe rotto: fate unire la salsa al fuoco, poi versatela su gli sparagi. In giorno di magro mettetevi sopra una salsa bianca. Gli sparagi essendo cotti nell’acqua, e raffreddati, si usa di mangiarli all’olio, aceto, sale, e pepe: se volete farne un intingolo prendetene solo il più tenero che tagliarete in lunghezza di due dita; fateli cuocere nell’acqua, e ben sgocciolati metteteli in una buona salsa, e servite con ciò che giudicarete meglio.
Per le minestre poi prendete solo il verde, fateli bollire un momento nell’acqua, mettendoli poi nell’acqua fresca legateli in piccoli pacchetti, e fateli cuocere nel brodo che destinate per la minestra: quando sono cotti guernite con gli sparagi il bordo del piatto.

303
Sparagi in piccoli piselli.


Dopo di averli tagliati della grossezza di piccoli piselli, e ben lavati fateli cuocere un momento nell’acqua; lasciateli sgocciolare, ed aggiustateli come i piccoli piselli alla bourgeoise, non togliendoli che le lattuche.

Della zucca.

[Della zucca.]


La zucca si serve in diverse maniere, ma non ne faccio la descrizione perciocché non gusta a tutti, dirò solamente per fare la zuppa al latte;

[Zucca per zuppa al latte]

fatela cuocere nell’acqua; quando è cotta, e che vi resta poc’acqua, mettetevi del latte, un pezzo di butirro, sale, e zuccaro, se vi piace immergetevi dentro il pane, ma non fatelo punto cuocere; se poi ne volete far friggere, quando la zucca è cotta nell’acqua mettetela in una casseruola con un pezzo di butirro, cipolletta, sale, e pepe: quando avrà bollito un quarto d’ora, e che non vi rimane più salsa mettetevi un’unione di rossi d’uova con crema, o latte.

De’ lupuli.


Si mangiano ordinariamente solo in quadragesima per un’insalata cotta: fateli cuocere nell’acqua con alquanto di sale; cotti, freddi, e ben sgocciolati aggiustateli nel piatto che dovete servire, mettendovi sopra sale, pepe olio, ed aceto.

304
De’ cocomeri.


Il cocomero è conosciuto da tutti, mentre si sa che il di lui seme è una delle quattro sementi fredde colla zucca, anguria, e mellone. Per servircene bisogna pelarlo, toglierne il di dentro, e tagliarlo in pezzi, per farne intingolo fatelo immergere od umettare con mezzo cucchiaio d’aceto, ed un poco di sale per due ore, volgendolo, e rivolgendolo di tanto in tanto, per farli gettare con tal mezzo la sua acqua fredda, cattiva per lo stomaco, indi premetelo bene avanti di metterlo nella casseruola. Fatelo cuocere con un pezzo di butirro, brodo, ed un mazzetto guernito; quando è cotto aggiugnetevi un poco di sugo colato, disgrassate l’intingolo prima di servire. Se sarà in magro, dopo averli premuti come si è detto, metteteli nella casseruola con butirro; quando saranno passati al fuoco aggiugnetevi un pugillo di farina, e bagnate con brodo: essendo cotti, e senza salsa mettetevi un’unione di rossi d’uova, e latte; e servite per tramesso oppure per hors d’oeuvres con uova molle sopra, oppure senza.
Se ne volete fare in minestra fateli cuocere un momento nell’acqua, poi finite di darli cottura nel brodo con alquanto di sugo per darli colore: cotti che saranno guernitene il bordo del piatto a zuppa, e servitevi di questo brodo per mettere nella minestra. Se si vogliono confettare li cocomeri si scieglieranno piccoli non affatto maturi, aggiustandoli in vasi propri colla sua 305salamoia di sopra, come si è detto de’ fagiuoli verdi alla pag. 282. Quando vorrete servirvene si pelano, e si adoperano come gli altri.

De’ "salsifix", e scorzonere.


Li salsifix, e scorzonere si aggiustano nella stessa maniera; raschiateli, e lavateli, e poi fateli cuocere come i cavoli fiori, e serviteli con una salsa bianca.

De’ spinacci.


Dopo di averli mondati, e lavati diligentemente più volte fateli cuocere nell’acqua, ritirandoli poi nell’acqua fresca per premerli bene, indi metteteli in una casseruola con un pezzo di butirro, fateli bollire a piccol fuoco sopra un fornello per un quarto d’ora, mettendovi del sale, un pugillo di farina, e bagnandoli con latte, o crema. In grasso al luogo della crema mettetevi un buon sugo colato, o sugo di vitello: aggiustati in tal maniera si possono servire con carne cotta allo spiedo.

De’ meloni, e maniera di conoscerli.


Servono i meloni per hors d’oeuvre al principio di un pasto; per scieglierli buoni bisogna odorarli, e devesi sentire come un gusto di pece, devono avere la coda corta ed amara, e ben grossa, che premendosi colla mano sia ferma, e non molle; la rosa dee esser larga, e che resista premendosi col pollice; che sia né troppo verde, né troppo maturo, e che sbattendosi non suoni.

306
De’ "topinambours".


Sono poco stimati: chi li vuol mangiare li fa cuocere nell’acqua, e poi li pela, e li mette in salsa bianca con mostarda.

Bietola rossa.


Si fa cuocere nell’acqua, oppure dentro di un forno; si mangia in insalata, o in fricassea. Per friggerla mettetela in una casseruola con butirro, prezzemolo, cipollette triturate, un poco d’aglio, un pugillo di farina, a sufficienza d’aceto, sale, e pepe: e fatela bollire un quarto d’ora.

De’ piccoli cocomeri.


I piccoli cocomeri servono ad ornare le insalate cotte; se ne fanno anche degli intingoli; fateli bollire un momento nell’acqua per toglierli la forza dell’aceto, metteteli poi in una buona salsa, od intingolo senza più farli bollire, e servite con ciò che giudicarete meglio.

Cetruoto di biada di Turchia.


Prendete della biada di Turchia, che sia ancora in midolla, e ben verde, fatela cuocere a metà nell’acqua, ritirandola poscia in acqua fresca, mettetela indi a confettare; fate bollire dell’acqua con un terzo di aceto, alcuni garoffani, e sale: mettete questa salamoia ben bollente colla biada sulla cenere calda, all’indomani si rinnova in salamoia, e si rimette sulla biada nella cenere calda, continuandosi la medesima 307operazione fino che sia ben verde; dopo coprite i vasi, avendola aggiustata colla salamoia come bisogna, e ve ne servirete come li piccoli cocomeri detti di sopra.

De’ funghi.


I funghi sono migliori quelli che vengono sulla terra preparata a posta; se ne può avere tutto l’anno. Non è così delle spognuole, e prugnole che nascono ne’ boschi, e ne’ campi il mese di maggio, ed aprile: per averne tutto l’anno bisogna farli seccare, dopo averli pria tagliato il fine della coda, e lavati; si fanno sgocciolare, e seccare nel forno ma che il calore sii moderato essendo poi del tutto secchi si metteranno in luogo bene asciutto: per adoperarli bisogna farli rinvenire nell’acqua tepida. Tutte le sorta di funghi s’adoprano nella stessa maniera, ed entrano in moltissime salse, ed intingoli.
Se volete servirvene per tramesso alla crema metteteli in una casseruola con un pezzo di butirro, un mazzetto di prezzemolo, e cipollette, passateli sopra il fuoco, aggiugnendovi un pugillo di farina bagnata con acqua calda, un poco di sale, e zuccaro: subito che sono cotti, e che non vi rimane più salsa mettetevi un’unione di rossi d’uova, e della crema. Fate friggere una crosta di pane nel butirro, e mettetela nel fondo del piatto che dovete servire, mettendovi sopra l’intingolo, se de’ suddetti funghi ne volete far polvere, quando saranno ben secchi, come si è detto sopra, bisogna 308pestacciarli, e setacciarli ben fini, per poi servirvene di detta polvere in tutti gli intingoli ove vi entri prezzemolo, e cipollette.

De’ cappari grossi, e fini.


Li fini servono a guernire le insalate cotte, ed a mettersi intiere nelle salse. Li grossi servono a mettersi nelle salse ove ve ne abbisogna per triturarli.

Delle capuccine, e "chia".


Le capuccine sono fiori rossi che si mangiano in insalata, e ne fanno l’ornamento. La chia confettata nell’aceto come li piccoli cocomeri, si mangia nella stessa maniera.

De’ tartuffi bianchi.


Li più grossi sono i migliori, e li più stimati si trovano nel Piemonte, e si mangiano ordinariamente cotti con vino, e brodo, conditi di sale, pepe, un mazzetto di erbe fine, radici, e cipolle; prima di farli cuocere immergeteli nell’acqua tiepida, fregandoli bene con una scopetta per togliere bene la terra che v’è attorno. Li tartuffi sono eccellenti in ogni sorta d’intingolo, o triturati, o tagliati in fette dopo di averli pelati, questo è il migliore condimento che potete servire in cucina. Si usano ancora a farli seccare, ma la loro bontà n’è di molto diminuita, e presentemente non si usano più secchi.

Triffole.

309
Tartuffi alla marescialle.


Prendete dei tartuffi ben lavati, e diligentemente fregati, e pelati; mettete ciascun tartuffo condito di sale, e pepe rotto, inviluppato in più pezzi di carta in una pignatta senza umido: fateli cuocere così aggiustati sopra la cenere calda per un’ora; poi li servirete caldi nel loro naturale.

De’ sisari.


Alcuni li raschiano, ma si diminuiscono di molto, e sono più dilicati; altri si contentano di lavarli, e romperne il duro. Fateli cuocere nell’acqua, e sale per un quarto d’ora, poi sgocciolati immergeteli in una pasta fatta con farina, vin bianco, un cucchiaio d’olio, e del sale, e che non sia troppo chiara; lasciandola cadere dal cucchiaio bisogna che fili. Immersi, e bagnati li sisari in questa pasta si fan friggere, e si servono per tramesso.

Del timo, lauro, basilicò, satureggia, e finocchio.


Il timo, lauro, e basilicò servono a mettere in tutti li mazzetti, ove è detto di mettervi erbe fine. La satureggia non serve che per mettere nelle fave. Il finocchio serve per gli intingoli al finocchio; fatelo cuocere prima di adoperarlo un momento nell’acqua, sgocciolato mettetelo semplicemente sulla carne che gli è destinata, senza che tocchi la salsa; pochi amano questo intingolo.

310
Della pazienza, bugolosa, e boraggine.


Servono solamente in cucina per fare brodi rinfrescanti con un piccolo pezzo di vitello senza sale.

Del crescione alla noce, e di fontana, serpentaria, menta, e pimpinella.


Il crescione di fontana si serve attorno alla pollastra, o cappone cotto allo spiedo, conditelo di sale, e poco aceto.
Il crescione alla noce, cerefoglio, serpentaria, la menta, e pimpinella servono per ornare insalate. Se ne può fare delle piccole salse verdi; mettete del tutto secondo la lor forza, poco di menta, e serpentaria, perché sono troppo forti; fatele cuocere tutte un momento nell’acqua, indi si mettono nell’acqua fresca, e si premono: trituratele ben fine, e mettetele in un buon sugo colato, e servitevi per ciò che stimerete a proposito.

Dell’aglio, "rocambole", e cipolline.


Ve ne servirete per mettere negli intingoli, e salse che hanno bisogno di esser rilevate, come è segnato in questo libro, fuorché ne vogliate fare qualche salsa particolare.

311CAPITOLO XII
DELLE UOVA
Uso dell’uovo, e sue buone qualità.


Niuna cosa avvi che più somministri diversità dopo la carne in cucina, quanto le uova. Quest’è un alimento eccellente, e nutritivo, che il sano e l’ammalato, il povero ed il ricco dividono egualmente.
Gli uovi freschi raddolciscono le acredini del petto, se son vecchi è facile che incomodino quelli che sono di un temperamento caldo, e bilioso. Per conoscere se gli uovi sono freschi presentateli al chiaro di una candela, se sono chiari, trasparenti, e pieni, è segno che sono freschi.
Descriverò qui alcuna cosa della loro proprietà prima di venire alle differenti maniere di aggiustarli. Il rosso dell’uovo fresco stemprato con acqua calda con un poco di zuccaro, bevendolo quando si va a riposare è buono per le persone incomodate dal raffreddore; e questo è ciò che si chiama latte di polla. Il bianco bagnato coll’acqua di piantaggine è buono per l’infiammazione degli occhi. La pelle dell’uova vicino alla scorza si fa seccare, e pesta, poi si meschia col bianco, è buona per la crepatura de’ labbri. La scorza di uova abbrucciata e pestata è buona per imbianchire i denti, 312e bevuta con vino per arrestare lo sputo di sangue; se ne fa ancora un mastico molto eccellente per incollare le porcellane rotte con calce viva, del bitume, della scorza di uova, e cemento fino, il tutto meschiato, e bagnato con bianco d’uova.
Come la provisione delle uova in una casa è di un grand’utile per l’inverno che son troppo cari; se ne ammassano in quantità l’estate di quelli della luna di agosto: a quest’effetto metteteli in un luogo che sia né troppo caldo, né troppo freddo, la cantina a loro è eccellente quando non sia umida; metteteli in una cassa nell'estate con paglia, e nell’inverno metteteli il fieno. V’ha alcuno che si serve della segatura di legno per metterli entro, chi di stoppa, e chi di cenere si serve.
Ma or è tempo di venirne a descrivere le principali maniere d’aggiustarli.

Delle uova molle d’ogni sorta.


Siccome gli uovi affogati nell’acqua, cioè rotti nell’acqua bollente non restano ben rotondi, quando non sono freschi, e che amano meglio di mangiarli al guscio che sagrificarli in questa maniera ecco ciò che supplirà in luogo.
Mettete dell’acqua in una pignatta, fatela bollire, ed allora mettetevi la quantità d’uova che vorrete, fatele bollire cinque minuti ben giusti, e ritirateli presto nell’acqua fresca per pelarli dolcemente senza guastarli; in tal guisa il bianco sarà cotto, ed il giallo sarà molle; ve ne accorgerete 313toccandoli con le dita, che sono flessibili, e molli; e serviteli intieri.
Queste sorta d’uova si servono d’ogni maniera, con una salsa bianca, salsa verde, salsa al sugo colato, salsa ai cappari, ed acciughe, salsa all’agresto in grana, salsa Robert, salsa alle cipolline. Coll’intingolo di funghi, di tartuffi, di animelle di vitello, di sparagi, di cardi, di porri, di scelleri, di lattuche, di cicoria; in grasso, ed in magro, e d’ogni maniera che più vi aggradirà.

Uova al guscio.


Tutti sanno come si fan cuocere al guscio, ma chi le fa cuocere troppo, e chi poco. Per non fallire quando l’acqua bolle mettete entro le uova a bollire per due minuti giusti, poi ritiratele, e copritele per un minuto per lasciarle far il latte; in questa maniera non possono mancare di esser cotte a dovere; servitele in una servietta.

Uova mescolate in vari modi.


Se volete farle al naturale mettete semplicemente le uova in una casseruola con alquanto di butirro, due cucchiai a intingolo di sugo colato, conditele, e fatele cuocere sopra d’un fornello, rivolgendole sempre con un picciolo bastoncello a due, o tre ramicelli. Cotte che siano servitele prontamente, se è in magro in luogo del sugo vi metterete della crema, usando lo stesso metodo.
Se le volete fare con qualche intingolo di ortaggi sia scelleri, sia lattuca, o sia314 cicoria, bisogna che l’intingolo sia del tutto terminato come se doveste servirlo, allora trituratelo ben minutamente, mettendone due cucchiai a intingolo nelle uova con meschiarle come gli altri ec. Se sarà all’agresto dopo averlo fatto cuocere un momento nell’acqua lo conservarete per farne un cordone attorno le uova quando saranno aggiustate nel piatto che dovete servire.

Uova fritte d’ogni sorta.


In grasso le farete friggere con grasso di porco, ed in magro prenderete del butirro liquefatto, mettetelo in una pentola; quando la frittura è ben calda mettete le uova ad uno ad uno per farle friggere, proccurate che siano ben rotondi in rivolgendole nella pentola, e non lasciate indurire il rosso: servite queste uova nello stesso modo che si è detto delle uova molle collo stesso intingolo, e salsa. Le uova al butirro si fanno mettendo in una pentola un pezzo di butirro che farete liquefare al fuoco, quando più non stride nel friggere voi avrete le uova rotte nel piatto condite di pepe e sale, mettetele nella pentola, e fatele cuocere, poi passateli una paletta infuocata al di sopra per far cuocere il rosso, e servite con alquanto d’aceto sopra.

Uovi alla "bagnolet".


Rompete otto uovi freschi nell’acqua bollente mettete in una casseruola del giambone cotto triturato con un poco di sugo colato, e del brodo con un poco d’aceto, 315pepe rotto, ed alquanto di sale: fate scaldare la salsa, e servite sopra gli uovi.

Uovi al piatto, detti nello specchio.


Prendete un piatto che resista al fuoco, e mettete nel fondo alquanto di butirro, fate che si stenda per tutto, mettendo sopra gli uovi conditi di sale, e pepe, due o tre cucchiai di latte; fateli cuocere a lento fuoco sopra un fornello, passatevi sopra una paletta infuocata, e servite.

Uovi al latte.


Prendete tre uovi che stemprarete con mezzo cucchiaio di farina, e zuccaro della grossezza di una noce, alquanto di sale, e tre bicchieri di latte; mettete il tutto nel piatto che dovete servire, e fateli cuocere sopra il fornello per un quarto d'ora: passatevi sopra la paletta infuocata, e servite subito che sono cotti.

Uovi alla duchessa.


Fate bollire tre quartini di crema con zuccaro, fiori di cedro, pralines, citroni confetti, e marzapane, il tutto ben triturato; prendete otto uovi, li di cui bianchi sbatterete bene, lasciando i rossi a parte; e de’ bianchi sbattuti ne immergerete due, o tre cucchiai alla volta nella crema, il che vi formerà degli uovi senza rossi; toglieteli, e lasciateli sgocciolare, aggiustando gli uni sopra gli altri finché si formino otto uovi, che aggiustarete sul piatto che dovete servire, mettete la crema sopra il fuoco per farla ridurre alla consistenza di salsa; e 316quando sarete vicino a servire mettetevi gli otto rossi, facendone l’unione sopra il fuoco senza che bollano, acciò non si rappigliano, versando la salsa sopra i bianchi d’uova.
Gli uovi alla farsa non sono altro che uovi duri messi sopra un intingolo di farsa, come si detto sopra.

Delle frittate in varie maniere.


Prendete degli uovi quanti ne vorrete, e metteteli in una casseruola con sale fino, e sbattendoli bene; fate liquefare il butirro in una pentola, mettendovi dentro gli uovi, e fateli cuocere finché la frittata sia ben colorita di sotto, e poi rinversatela nel piatto che dovete servire. Per quelli che amano il prezzemolo, e cipollette si triturano ben fine, e se ne mette dentro.
Se volete fare delle frittate più distinte, come al lardo, di rognone di vitello, di punte di sparagi, di tartuffi, o di funghi ecc. bisogna che l’intingolo sia cotto, e condito, come se allora doveste servire, raffreddato che sia trituratelo fino affinché s’incorpori bene cogli uovi, sbattendo bene il tutto insieme, facendo questa frittata nella pentola come le altre; vi regolarete per il condimento in ciò che vi entra nell’intingolo per salar la frittata, acciò non vi mettiate troppo sale. Quelle che si fanno per la farsa di lattuca, o cicoria si fanno in differente maniera.
Farete tutti questi intingoli in magro come s’è detto a ciascun articolo di queste erbe, e le aggiustarete nel piatto che dovete servire, mettendovi sopra una frittata, 317dove non vi entri che uovi, e sale, e servitela per hors d'oeuvres, e le precedenti per tramesso.
Le arringhe per le frittate apritele per il dorso, e fatele arrostire, poi trituratele, e mettetele nella frittata come se metteste del giambone; non mettendovi sale nelle uova; questa frittata si finisce come le altre; quella del giambone si fa nella stessa maniera.

Uovi in trippa, ed ai cocomeri.


Prendete de’ cocomeri che tagliarete in piccoli pezzi della grossezza di un dito, passateli sopra il fuoco con butirro, prezzemolo, e cipollette trite, mettetevi un pugillo di farina bagnata con alquanto d’acqua, condite di sale, e pepe: quando saranno cotti, e che non vi resti più salsa, mettetevi gli uovi duri tagliati in quarti con latte, facendoli bollire un momento; gustate se hanno preso buon gusto, e servite.
Se volete fare delle uova in trippa al rosso prendete alquanto di butirro, ed un cucchiaio di farina che farete arrossire sul fuoco, mettendovi poscia un pugno di cipolle tagliate in quarti; fatele cuocere in questo rosso, aggiugnendovi del butirro, e bagnando con brodo; subito che sono cotte le cipolle mettetevi degli uovi duri tagliati in pezzi, fateli bollire un momento, metteteli un poco di aceto, sale, e pepe; e servite in salsa corta.
Mettete in una casseruola delle cipolle tagliate in fili, che farete cuocere a fuoco lento con butirro; quando sono cotte 318mettetevi alquanto di sugo colato magro; se no farete un piccol rosso con butirro, e farina, mettete poscia le cipolle, bagnandole con un bicchier di vin bianco, ed un poco d’acqua: condite con sale, e pepe, quando saranno cotte, e la salsa ridotta, preparate una frittata ben asciutta, che tagliarete in fili, mettendola nell’intingolo di cipolle, che farete scaldare senza bollire, aggiugnendovi della senapa quando sarete vicino a servire.

Uovi alla crosta.


Prendete un piatto che resista al fuoco, e mettetevi sopra una piccola crosta, la quale farete con mollica di pane, un buon pezzo di butirro, ed un’acciuga triturata, prezzemolo, cipollette, ed una cipollina, il tutto trito, con tre rossi d’uova, meschiate tutto insieme per metterlo nel fondo del piatto della spessezza d’uno scudo, facendolo attaccare al fondo sopra d’un piccolo fuoco, poi rompetevi sopra sette od otto uovi, che condirete con sale, e pepe rotto, fate cuocere a fuoco lento, passandovi sopra la paletta infuocata; bisogna che il rosso sia tenero, e quando sono cotti servite.

Uovi meschiati al guscio.


Tagliate tanto di mollica di pane in rotondo in forma di una tabacchiera per quanti uovi che volete servire: fatevi un piccolo buco nel mezzo per farvi stare un uovo nella sua lunghezza; indi prendete le uova che volete meschiare, rompeteli prontamente per una parte per votarli, 319mischiate li rossi in una casseruola con un piccolo pezzo di butirro, un poco di prezzemolo, cipollette tagliate, sale, pepe rotto, e due cucchiai di crema, fateli cuocere sopra il fuoco rivolgendoli sempre finché siano cotti, e li rimetterete ne’ loro gusci, dopo di averli lavati, e sgocciolati gli aggiustarete sopra la mollica del pane.

Uovi alla ugonotta.


Prendete il piatto con cui dovete servire, mettetelo sopra un fuoco lento con un poco di sugo, rompete dolcemente le uova, cosicché i rossi restino intieri; condite di sale, e pepe rotto, fate cuocere il di sopra con una paletta infuocata, e serviteli che siano teneri.

Uovi in timballa.


Fate fondere un poco di butirro per immergere dentro a caduno de’ sei bicchieri, o sia piccole timballe di rame, prendete sei uovi, quali stemprarete con tre o quattro cucchiai di sugo colato, condite di sale, e pepe, passateli alla stamigna, per metterli ne’ suddetti vasi non bisogna empirli, metteteli a cuocere al bagno maria; bisogna che l’acqua bolla dolcemente; quando sono fermi bisogna farli passare con diligenza attorno un piccol coltello per distaccarli dal vaso, versateli sul piatto, e servite con sugo chiaro.

Uovi in insalata.


Triturate un poco di lattuca che voi metterete nel fondo d’un piatto, aggiustate 320disopra con simetria degli uovi duri tagliati in due, ed intorno all’ornamento dell’insalata, condite d’olio, aceto, sale, e pepe rotto.

Uovi alla ventresca.


Prendete quattr’oncie buone di ventresca, tagliatela in piccoli pezzi sottili, mettendoli in una casseruola su d’un piccol fuoco finché sia cotta; abbiate cura di rivolgerla, poi versate il liquefatto nel piatto che dovete servire con due cucchiai di sugo; rompetevi sopra sette od otto uovi, mettendovi anche le fette di ventresca, pepe rotto, e del sale; fate cuocere sopra un piccol fuoco, e passatevi una paletta infuocata sopra. Serviteli teneri.

Uovi in pelle di Spagna.


Stemprate tre cucchiai di sugo colato, altrettanto di sugo con sei uovi, sale, e pepe rotto; passateli alla stamigna, mettendoli sul piatto che dovete servire: fateli cuocere al bagno maria; quando saranno presi in servendo tagliateli col coltello, aggiugnendovi del sugo chiaro di sopra.

Uovi in fili.


Passate sopra il fuoco con un pezzo di butirro, cipolle, e funghi tagliati in fili con un piccol baccello d’aglio; quando le cipolle cominciano a colorirsi mettetevi un buon pugillo di farina, bagnate con brodo, un bicchier di vin bianco, sale, e pepe rotto, fate bollire una mezz’ora, e ridurre in consistenza d’una salsa; poi mettetevi gli uovi duri, cioè i bianchi tagliati in fili, 321ed i rossi intieri; fate bollire un momento, e servite.

Uovi alla crema.


Mettete nel piatto che dovete servire un quartino di crema: fate bollire, e ridurre a metà, mettetevi otto uovi, sale, e pepe rotto; fateli cuocere passandovi la paletta rovente sopra, e serviteli teneri.

Uovi al formaggio.


Mettete in una casseruola quattr’oncie di formaggio di Savoia raschiato, butirro della grossezza di una noce, prezzemolo, cipollette tagliate, un poco di noce moscada, mezzo bicchier di vin bianco: fate bollire a lento fuoco, rivolgendole sempre finché il formaggio sia liquefatto, poi mettetevi sei uovi per meschiarli, e cuocerli a fuoco lento; serviteli guerniti di mollica di pane sui bordi del piatto.

Uovi fritti.


Farete tre frittate molto sottili, fatte con tre uovi per ciascuna, condite di prezzemolo, cipollette, sale, e pepe rotto, a misura che son fatte stendetele sopra il coperchio di una casseruola; poi volgetele ben serrate, tagliando ciascuna in due per farne di tre sei, indi immergetele in uova sbattute, e copritele di pane grattugiato; fatele friggere di bel colore, e servitele ornate di prezzemolo fritto.

322
Uovi al pane.


Mettete in una casseruola un mezzo pugno di pane grattugiato con un bicchiere di crema, sale, pepe, ed alquanto di noce moscada; quando il pane avrà sorbito tutta la crema rompetevi dentro sei uovi, sbattendoli assieme per farne una frittata.

Uovi alla crosta al cascio parmeggiano.


Mettete nel fondo del piatto che dovete servire del pane grattugiato come una noce, con un poco di formaggio raschiato, un pezzo di butirro, due rossi d’uova, un poco di noce moscada, e del pepe rotto, meschiate tutto insieme, e stendetelo nel fondo del piatto: fatelo attaccare sopra un piccol fuoco, poi rompetevi dieci uovi, mettendo sopra di essi del formaggio parmeggiano grattugiato, fateli cuocere passandovi sopra la paletta infuocata, e servite che i rossi siano alquanto teneri.

Uovi alla cittadina.


Stendete del butirro della grossezza d’uno scudo nel fondo del piatto che dovete servire, mettendovi delle fette di mollica di pane tagliate sottilmente, ed anche delle piccole fette di formaggio di Savoia, poi mettetevi otto, o dieci uova condite di sale, noce moscada, e pepe rotto; fate cuocere a piccol fuoco sopra un fornello.

Uovi alla graticola arrostiti.


Prendete un foglio di carta bianca doppia, tagliatela in otto piccoli quarti uguali; 323mettetevi ciascun piccolo quadrato in forma di cassa piegato, ungendolo dentro, e fuori di butirro; pigliate un buon pezzo di butirro che stemprarete con mezzo pugno di pane grattugiato, prezzemolo, cipollette; un baccello d’aglio, sale, e pepe rotto, mettendolo ripartitamente nel fondo delle casse, rompetevi in ciascuna cassa un uovo dentro, condite di sopra con sale, e pepe, facendoli cuocere a piccol fuoco sopra d’una graticola, passandovi sopra la paletta infuocata. Serviteli col giallo teneri nelle sue casse.

Uovi all’aglio.


Prendete dieci baccelli d’aglio, fateli cuocere un mezzo quarto d’ora nell’acqua, poi pestateli con due acciughe, un buon pugno di cappari, poi gli stemprarete con olio, un poco d’aceto, sale, e pepe rotto; mettete questa salsa nel fondo del piatto che dovete servire, mettendovi sopra degli uovi duri, e aggiustati con proprietà.

Uovi alla giardiniere.


Mettete in una casseruola quattro o cinque grosse cipolle tagliate in fili con un pezzo di butirro, passatele sopra il fuoco sino che siano quasi cotte, aggiugnendovi un pugno di farina bagnata con un boccale di latte, condite di sale, e pepe rotto; fate bollire finché la salsa sia spessa: poi toglietele dal fuoco per mettervi dieci uova che sbatterete insieme, mettendo tutto nel piatto che dovete servire, facendole cuocere a 324piccol fuoco, coprendo il piatto con un coperchio di tortiera.

Uovi in "surtout".


Mettete in una casseruola un pezzo di butirro con prezzemolo, cipollette, funghi, e cipolline, il tutto triturato, passatela sopra il fuoco mettendovi un pugno di farina bagnata con un quartino di latte, sale, e pepe rotto; fate bollire sino che sia legata la salsa, mettetevi sette uovi duri tagliati in quarto, fateli bollire un momento, aggiustandoli nel piatto che dovete servire: fate una frittata di sei uovi che metterete sopra, acciò non si vegga l’intingolo degli uovi che è sotto; fregate la frittata al di sopra con butirro caldo, coprendola di pane grattugiato bagnato con butirro caldo; fateli prender colore sotto un coperchio di tortiera, e servite.

Uovi all’acqua.


Pigliate una casseruola, mettetevi dentro un boccale d’acqua con un poco di zuccaro, acqua di fior di cedro, corteccia di citron verde; fate bollire a piccol fuoco per un quarto d’ora; lasciandola poi raffreddare; rompete in un’altra casseruola sette rossi d’uova se il piatto è piccolo, se è grande mettetene di più, indi stemprate i rossi con l’acqua che avete messo a raffreddare; passate indi alla stamigna, facendo cuocere al bagno maria nel piatto che voi dovete servire. Per esser ben cotti devono restare un poco tremolanti, senza che vi sia acqua nel 325fondo, e questo dipende dal più, o meno che metterete de’ rossi d’uova.
Ecco descritte varie maniere di uova al gusto moderno per diversificare il gusto di quelli che gli ameranno; e queste bastino senza estendermi sopra una infinità d’altre che sarebbero troppo dispendiose, ed intriganti per le persone che non sono al fatto, e mi farebbe uscire dal soggetto che mi sono preso di non scrivere che vivande facili a fare.
In magro ogni sorta d’uova in caso di bisogno si servono indifferentemente per hors d’oeuvre, o tramesso.

CAPITOLO XIII
DEL butirro, formaggio, E LATTE


Tempo è ormai di descrivervi il vantaggio, e la qualità del butirro, formaggio, e latte.

Del butirro.

[Del butirro.]


Siccome la buona qualità del butirro è essenziale per la cucina, e che le migliori vivande vagliono niente, se il butirro è forte, bisogna che un cuoco sia ben pratico, e facci le diligenze necessarie per ben conoscerlo, pagandolo ciò che vale per averlo buono.
Il migliore è quello che è giallo naturalmente, il bianco non ha un gusto 326così dolce. Vi è del butirro giallo falsificato, che si fa col sugo d’una pianta chiamata barbole: questo giallo è più oscuro che quello che è naturale al butirro, e per un poco di diligenza che si usi è facile il distinguerlo; a tal effetto bisogna odorarlo, e gustarlo per sapere se è rancido; il butirro di maggio, e di settembre è quello che più devesi stimare per la bontà delle erbe, mentre in tal tempo le vacche cibandosi di cibo più sostanzioso danno al latte un buonissimo gusto: e giustamente in queste due stagioni le persone provvide devono fare la loro provvisione sia per fonderlo, sia per salarlo. Ecco la maniera di fonderlo.


[Maniera di fondere il butirro]

Prendete trenta libbre di buon butirro, che metterete in una caldaia ben propria con quattro garoffani, due foglie di lauro, ed una cipolla; fate cuocere questo butirro a piccol fuoco per tre ore senza schiumarlo sino che sia ben chiaro fisso, poi ritiratelo dal fuoco, lasciandolo riposare per un’ora, indi lo schiumarete, e versarete dolcemente in vasi di terra; passate la feccia del butirro rimasto al fondo in una stamigna, ed usatelo il primo. Quando i vasi sono pieni portateli in cantina, ed essendo raffreddati copriteli con carta, mettendovi sopra delle lastre di pietra od altro. Il butirro in tal maniera si conserva lungo tempo senza corrompersi.


[Maniera di salare il butirro]

La maniera di salare il butirro è altrettanto buona quando è fatta con diligenza; dopo averlo più volte accuratamente lavato per fargli uscire il suo latte prendetene due libbre per volta, e mettetele sopra una 327tavola bene pulita, e lo distenderete con un legno rotondo od opianatoio come fosse un pezzo di pasta, riducendolo alla spessezza d’un dito: spandetevi sopra del sale in quantità ragionevole, piegate il butirro in tre o quattro, impastandolo bene finché sia ben mischiato col sale. Continuate a prenderne altre due libbre, operando come sopra, finché avrete terminato, mettendolo poi in vasi di pietra ben propri, e premendolo bene colle mani acciò non vi resti di voto dentro. Quando i vasi saranno pieni fate fondere del sale in sufficiente quantità d’acqua, quale metterete sulla superficie de’ vasi; portateli indi in cantina per conservarli, e copriteli come si è detto sopra al butirro liquefatto.


Non voglio ora qui descrivere la maniera di fare i formaggi, spiegherò solamente di certi metodi di cui si può servirlo sopra le tavole, e l’uso che se ne può fare in cucina. Noi abbiamo li formaggi di capra, che son fatti col latte di capra meschiato con un terzo di latte di vacca; poi abbiamo quelli di Aosta, il piacentino, di Savoia, e di grovera, il quale deve essere scielto con occhi grandi, e ben grasso il formaggio parmigiano; abbiamo ancora i formaggi teneri di fresco fatti, quali si servono al grosso sale. I piccoli formaggi al fior di latte che si mangiano colla crema, e col zuccaro; tutte queste sorta di formaggi si servono sopra la tavola nella frutta; in cucina non v’è che il 328parmigiano, la grovera, e il lodigiano, di cui si serve.

"Ramequins".


Per quest’effetto mettete un buon pezzo di formaggio che voi romperete in una casseruola con un pezzo di butirro di peso quattr’oncie circa, un quartino di acqua fredda, o calda, pochissimo sale, ed un’acciuga trita; fate bollire tutto insieme, e mettete tanto di farina quanto la salsa ne potrà ricevere, fatela disseccare sopra il fuoco finché la pasta sia ben spessa; mettetela poscia in un’altra casseruola per stemprarvi dentro gli uovi, quanti la pasta ne potrà portare senza esser liquida; bisogna che questa pasta si sostenga versandola dal cucchiaio senza colare; aggiustarete questa pasta in piccoli pezzi della grossezza d'un uovo di piccione sopra un piatto profondo, e fateli cuocere al forno. Per essere ben fatti bisogna che i ramequins siano leggieri, e di un bel colore.


Serve a fare degli entrées in grasso, ed in magro; per servirvene raschiatelo; la carne, o pesce che destinate di servir assieme deve esser cotta alla braise, o in intingolo; la salsa, e la carne devono avere men sale del solito, perché il formaggio parmigiano lo sala ancora; prendete il piatto che voi dovete servire, mettetevi un poco della salsa destinata alla carne nel fondo, sopra mettendovi del formaggio parmigiano, aggiustandovi sopra la carne, versandovi il resto 329della salsa che coprirete da per tutto di parmigiano, mettendo il tutto nel forno, o sotto ad un coperchio di tortiera per farli prendere colore, e servite in salsa corta, asciugando bene i bordi del piatto. Potete anche mettere de’ cavoli fiori, o de’ cardi che servirete per tramesso.

Del latte.


Non vi è cosa che ricerchi maggior proprietà del latte, una minima improprietà può guastarlo, perché è soggetto a prender cattivo gusto; si è veduto per i differenti apparecchi descritti in questo libro quanto sia utile il latticinio senza più parlarne. Mi resta a descrivere sopra questo soggetto varie creme che saranno utilissime per servire in tramesso.

CAPITOLO XIV
DELL’USO DELLE SPEZIERIE, ED ALTRE COSE CHE SERVONO A CONDIR LE VIVANDE


Le spezie necessarie alla cucina, e quelle di cui se ne fa più uso sono il zuccaro, il sale, il salnitro, la noce moscada, i garoffani, il pepe fino, il pepe rotto, il citrone, la canella, il zenzero, il coriandro, il zafferano, la mostarda, i pistacchi, le mandorle dolci, ed amare, l’uva passa, i pignoli, l’agresto, l’aceto rosso, e bianco, l’olio fino, e comune, ed il melarancio.
330Il sale già si sa esser indispensabile. Il pepe non è già così necessario. Il salnitro serve a far del ghiaccio; si meschia con due terzi di ghiaccio per far agghiacciare le creme od i liquori che si stima necessario.
La noce moscada, i garoffani, il zenzero, il pepe fino, il fior di moscata, la cannella, e il coriandro per condire gli intingoli.
Se ne fa delle spezie mischiate, mettendone di ciascuna la dose che gli è conveniente; ma senza prendersi tal incomodo se ne trova delle fatte da’ droghieri.
Queste spezie miste sono eccellenti per ogni sorta di pasticci, e tramessi di carne fredda.
Il ginepro non serve che per le carni da mettersi nel sale; ma bisogna metterne poco per salar la pezza di bue, per il giambone.
Il zafferano in cucina vi ha chi l’usa solo per il pane benedetto di campagna.
La senapa si serve vicino alla carne di bue al pranzo, ed a fare delle salse robert, e ramolata.
Li pistacchi servono per le creme, per la galantina, ed a far degli intingoli particolari.
Le amandole dolci, ed amare servono a fare de’ biscottini d’amandole, delle paste, di marzapani, ed entrano in varie creme. Servono anche a fare delle orzate, come quivi appresso si dirà.
L’aceto rosso, e bianco, il citrone, e la melarancia brusca servono a dar rilievi agli intingoli, e salse, come è ben spiegato in ciascun articolo ov’è di bisogno.
Il buon olio serve per ogni sorta 331d’insalata, e per un’infinità d’intingoli che sono all’uso.

Come si debba chiarificare il zuccaro per fare ogni sorta di confetture.


Bisogna prendere il bianco d’un uovo, e sbatterlo colla mano, aggiugnendovi dell’acqua secondo la quantità del zuccaro che vi metterete; fate bollire, mettendovi di tanto in tanto dell’acqua fredda fino che il zuccaro sia chiaro, e che sia ben stato schiumato, ritiratelo poi dal fuoco, e passatelo in una stamigna, facendone poscia quell’uso che bramerete.

Delle differenti cotture di zuccaro.


Ciascuna cottura del zuccaro ha il suo uso, esse si sieguono tutte a misura che continuano a bollire. Dopo di averlo chiarificato, come dissi, rimettetelo al fuoco per farlo bollire. La prima cottura si chiama il piccolo lissè, che si conosce immergendovi dentro un dito, e toccandolo con l’altro, ed apriteli per osservare se forma un piccolo filo, quale si rompe, e si ritira in goccie sulle dita; la seconda che si chiama il gran lissè ha un bollo di più, ed il filo non si rompe così facilmente, e si stende di più nelle dita. La terza che è il piccolo perlato ha un bollo di più, e si conosce facendo la stessa operazione il filo non si rompe. La quarta che è il gran perlato si conosce quando bollendo il zuccaro forma delle piccole perle rotonde, ed elevate. La quinta è la piccola, e grande coda di porco che si conosce facendolo bollire un 332bollo di più; e prendendo del zuccaro colla mestola, poi lasciandolo cadere forma la coda di porco. La sesta è il soufflé, il che conoscerete continuando a farlo bollire, e immergendo la mestola, o sia schiumarola nel zuccaro, soffiando a traverso i buchi ne vederete uscire delle scintille di zuccaro, o siano specie di piccole botti. La settima, che è la piccola e gran piuma, si conosce come la precedente, colla differenza che le specie delle piccole botti devono esser più forti, e per la gran piuma immergerete la mestola nel zuccaro, e sbattendo colla mano ve ne deve uscire delle scintille lunghe che si uniscono insieme levandosi in aria. La ottava, che è il piccolo e grosso boulet, il che si conosce facendo bollire ancora un poco; proccurate di avere a voi vicino dell’acqua fresca, dove v’immergerete dentro due dita, mettendoli velocemente nel zuccaro, e ritirandoli subito nell’acqua fresca; il zuccaro che voi avrete preso lo rimenerete colle dita, ed essendo freddo deve essere come una pasta molle, nella stessa maniera deve essere il grosso boulet ma la pasta più ferma. La nona cottura è il cassè, e si conosce nella stessa maniera che il grosso boulet, con questa differenza che la piccola palla rinfrescata bisogna che si rompa premendola colle dita.
La decima, che è il caramel, è poco differente dal cassè; vi è il caramel oscuro che si fa in differente maniera, bisogna solamente mettere del zuccaro con acqua, e farlo bollire a gran fuoco finché sia 333pervenuto al grado di colore che voi bramerete. Quando alle volte avreste mancati i gradi di cottura che vi vogliono fare si rimette alquanto di acqua nel zuccaro, riducendolo alla sua consistenza con farlo nuovamente ribollire.

Per far l’aceto rosso, bianco, e rosato.


Secondo la quantità d’aceto che far vorrete prendete un vaso più o meno grande; per farne venti pinte prendete un barile di tal capacità che sia nuovo, e se fosse di legno vecchio bisogna farlo appianare per di dentro; indi prendete una pinta d’aceto del più forte, fatelo bollire, e mettetelo così bollente nel barile che chiuderete subito col turacciolo, e scuotendolo bene, rivolgendolo, ed agitandolo finché l’aceto sia divenuto freddo; sei ore dopo togliete l’aceto, mettendo il barile a suo luogo al caldo; dopo averli messo il turacciolo fategli un buco nell’alto abbastanza grande, affinché vi possiate mettere un gran tenivello, per cui vi farete entrare due pinte di aceto del più forte, otto giorni dopo aggiugnetevi una pinta di vino proprio per far aceto, continuando a far lo stesso di otto giorni in otto giorni finché il barile sia già mezzo pieno, ed allora ne potrete mettere davantaggio, ma bisognerebbe procurare che l’aceto che vi avete messo fosse della stessa forza del primo perché l’aumento che fareste non avrebbe la stessa forza; essendo il barile pieno, e l’aceto essendo ridotto in tutta sua bontà, ritiratene li due terzi che metterete in un altro barile, 334rimettendo poscia in esso del vino, come sopra si è detto, e con tal mezzo voi avrete sempre dell’aceto. Il vino più proprio per far l'aceto è quello che si cava vicino alla feccia, quale è forte, ed acido senza aver fiori; allorché l’aceto non fosse abbastanza colorito, vi aggiugnerete un poco di sugo di more salvatiche ben mature.
L'aceto bianco si fa col rosso; per farlo metterete al fuoco dieci pinte di aceto, e fatelo bollire finché siano ridotte ad otto pinte, indi fatelo distillare in un alembicco secondo la quantità che ne vorrete.
Per far l’aceto rosato fate seccare due giorni al sole un’oncia di rose muscate, che metterete in una pinta d’aceto, quale poscia esporrete al sole per quindeci giorni in un’ampolla bene otturata; quello di serpentaria, di fior di garoffani, e di sambuco si fa nello stesso modo: per quello poi di fior di cedro vi si mette la foglia senza essere seccata: quello d’aglio per ogni oncia vi bisogna quattro pinte d’aceto bianco, dodici garoffani, ed una noce moscada tagliata in pezzetti.

Aceto di primavera.


Prendete nella primavera verso il mese di giugno di ogni sorta di piccole erbe, come crescione, pimpinella, cerefoglio, e serpentaria, facendole seccare al sole; secche che saranno mettetele in un vaso della grandezza di sei pinte, con dieci baccelli d’aglio, altrettante cipolline, sei cipolle, un pugillo di senapa, venti garoffani, mezz’ottavo di mace, un ottavo di pepe lungo, 335un citrone tagliato in fette colla sua scorza; allora riempite il vaso d’aceto, e dopo d’averlo esattamente otturato lo esporrete per dieci giorni all’ardore del sole: indi lo colarete per tirarlo al chiaro, mettendolo in ampolle che chiuderete bene, e ve ne servirete per ciò che più giudicarete a proposito.

CAPITOLO XV
DELLE CREME
crema bianca al naturale.


Prendete una pinta di latte, un boccale di fior di latte, un pezzo di zuccaro che farete bollire insieme, e ridurre il tutto alla terza parte, mettendolo poi a intiepidire finché possiate colle dita soffrire il suo calore; prendete un poco di coagulo, o sia presame, stemprandolo nell’acqua in un cucchiaio a bocca, meschiatelo bene colla crema, passando il tutto nella stamigna; prendete il piatto che dovete servire, mettendolo sopra la cenere calda, versandovi dentro la crema, e copritela con un coperchio, mettendovi sopra della cenere calda, lasciandolo finché sia rappresa la crema, indi portatelo al fresco per servirla fredda.

336
crema ghiacciata.


Prendete una casseruola, mettendovi dentro un piccolo pugno di farina, citrone verde triturato fino, un pugillo di fiori di cedro inzuccherati e pestati, un pezzo di zuccaro; stemprate il tutto con otto rossi di uova, mettendo i bianchi a parte in un vaso di terra, i rossi li mescolarete con un boccale di fior di latte, ed un quartino di latte; fate cuocere questa crema sopra il fuoco per mezz’ora finché divenghi spessa: allora ritiratela dal fuoco, sbattendo con un battitore i bianchi che avete messi da parte; quando saranno ben elevati meschiateli nella crema, la quale metterete nel piatto che dovete servire, versandovi sopra del zuccaro da per tutto finché la crema sia coperta; fatela cuocere al forno, o sotto un coperchio da tortiera: quando sarà ben elevata, e ghiacciata servite.

crema alla midolla.


Prendete otto rossi d’uova che stemprerete con due cucchiai di farina, un poco di citrone verde triturato fino, alquanto di acqua di fior di cedro, e tre quartini di fior di latte, ed alquanto di zuccaro; indi prendete tre oncie di midolla che farete liquefare sopra il fuoco, e la passerete in una stamigna; mettete questa midolla nella crema, fatela cuocere per una mezz’ora, indi ritiratela per mettervi gli otto bianchi d’uovi ben sbattuti in un vaso di terra, ed elevati, meschiateli bene nella crema, ed aggiustateli nel piatto che dovete servire; 337fatela cuocere al forno, o sotto un coperchio di tortiera, come la precedente: quando è cotta prendete alcune piume ben proprie, che immergerete in butirro caldo, e le passerete leggermente sopra la crema, e mettete subito delle nompareille.
Le nompareille sono piccoli grani di confettura d’ogni colore, e servite.

crema alla crosta.


Prendete sei uovi, due intieri, e quattro rossi, che stemprarete con un piccolo pugno di farina, un boccale di fior di latte, tre marzapani infranti, un poco di cedro verde trito, ed un pezzo di zuccaro; mettete il piatto che dovete servire sopra di un fornello a fuoco lento con la crema, quale dopo averla ben rimenata la farete cuocere per un’ora, passandoli sopra la paletta infuocata per darli un bel colore; se vi metteste troppo fuoco la crosta rimarrebbe abbruciata, e di cattivo gusto.

crema al piccolo pane.


Prendete tre piccoli pani, toglietene la crosta per di sotto per poterne cavar la mollica, senza guastare la crosta di sopra, immergete le croste di sotto e di sopra in latte, e zuccaro.
Prendete poscia una casseruola, ove vi metterete due piccoli cucchiai di farina che stemprarete con sette rossi d'uova, mettendo i bianchi in un vaso di terra a parte, mettete co’ rossi tre marzapani infranti, di cedro verde trito, un pezzo di zuccaro, ed un boccale di fior di latte; fate 338cuocere il tutto per un quarto d’ora sopra il fuoco, e ritiratelo.
Togliete li piccoli pani di dentro il latte, e metteteli a sgocciolare.
Prendete il piatto che dovete servire, mettete questa crema al fondo, il disotto de’ pani sopra, poi prendete il disopra de’ pani, ed al luogo della mollica che avete tolto mettetevi della crema, e li metterete nel piatto come se fossero intieri, copriteli della medesima crema, ed uniteli sopra della medesima affinché ciascun pane conservi la sua figura; fateli cuocere al forno, o sotto un coperchio di tortiera per mezz'ora, quindi prendete i bianchi d’uova che sbatterete come la fiocca, e mettetevi dentro del zuccaro fino. Ritirate i piccoli pani dal forno per coprirli co’ bianchi d’uova, procurando di conservarli la lor figura, mettetevi sopra del zuccaro, e rimetteteli al forno finché siano d’un bel color giallo, e servite.

crema leggiera.


Mettete in una casseruola tre quartini di latte con zuccaro, scorza di cedro verde, ed acqua di cedro: fate bollire il tutto insieme, e ridurre a metà, ritirandola poi dal fuoco per metterla a raffreddare; stemprate in una casseruola un cucchiaio di farina con sei rossi d’uova, i di cui bianchi metterete a parte in un vaso di terra, indi versate la vostra crema a poco a poco, stemprandola colli detti sei rossi, poi passatela alla stamigna, e fatela cuocere al bagno maria; quando sarà cotta, e rappresa come bisogna 339levatela dal bagno, e sbattete i bianchi di uova messi a parte finché siano ben elevati; mettetevi del zuccaro fino, e coprite la crema colli bianchi d’uova in forma di piramide, mettetevi del zuccaro fino sopra, e fate cuocere sotto un coperchio da tortiera a fuoco lento, e servite d’un bel colore.

crema "bachique".


Mettete in una casseruola tre quartini di vin bianco, due scorze di cedro verde, un pugillo di coriandri, un piccol pezzo di cannella, e tre oncie di zuccaro: fate bollire a piccol fuoco per un buon quarto d’ora; stemprate in un’altra casseruola un mezzo cucchiaio a caffè di farina con sei rossi di uova, mettetevi indi a poco a poco il vino già fatto bollire, allorché sarà mezzo freddo, passate tutto alla stamigna, e fate cuocere la crema al bagno maria; quando sarà rappresa mettetela al fresco finché sia ora di servirla.

crema italiana.


Mettete in una casseruola tre quartini di latte; fateli bollire mettendovi un poco di scorza di cedro verde, un pugillo di coriandri, un piccol pezzo di cannella, un poco più di tre oncie di zuccaro, due grani di sale; fate bollire, e ridurre a metà, mettendola poscia a raffreddare; poi mettete in una casseruola un pugillo di farina stemprata con sei rossi d’uova, versandovi sopra la crema a poco a poco, rivolgendola di tanto in tanto, quindi passatela alla stamigna, aggiustandola nel piatto che 340dovete servire: fatela rapprendere nel bagno maria, e prima di servirla passatevi sopra la paletta infuocata per darli colore.

crema al caffè.


Mettete tre quartini d’acqua in una caffettiera, e quando bollirà mettetevi due oncie di caffè, rimenatelo bene con un cucchiaio, lasciandolo al fuoco che bolla finché siasi elevato almeno quattro o cinque volte; lasciatelo riposare acciò diventi chiaro, versandolo poi dolcemente in una casseruola con un boccale di latte, ed un pezzo di zuccaro; fatelo bollire finché non vi resti che ciò che fa bisogno per la grandezza del piatto: stemprate cinque rossi d’uova con un pugillo di farina, ed indi la crema, passandola poi alla stamigna per metterla nel piatto che dovete servire, il quale deve essere sopra una casseruola dove vi sia dell’acqua vicina a bollire; coprite il piatto con un coperchio da casseruola con alquanto di fuoco sopra, e fate bollire finché la crema sia rappresa; servite caldamente.


Raschiate alquanto di cioccolato, mettendolo in una casseruola con un’oncia, e mezza di zuccaro, un boccale di latte, un quartino di crema; fate bollire dolcemente finché sia diminuito del terzo: ritiratela dal fuoco, quando sarà mezzo freddo stempratevi cinque rossi d’uova, indi passatela alla 341stamigna, e fatela rapprendere al bagno maria, come la precedente.

crema fritta.


Mettete in una casseruola della farina circa tre cucchiai a bocca, stempratela a poco a poco con sei uovi intieri, un poco di scorza di cedro raschiata, fiori di cedro inzuccherati, e pesti, un boccale di latte, alquanto di zucchero, un piccolo pugillo di sal fino; fatela cuocere sopra un piccolo fuoco per mezz’ora, rimenandola sempre; quando sarà ben spessa, e consistente stendetela della spessezza d’un mezzo dito sopra d’un piatto infarinato, gettandovi sopra della farina, quando sarà fredda tagliatela come vorrete per farla friggere in una frittura ben calda; in seguito voi l’agghiaccierete, inzuccherandola, e passandovi sopra la paletta infuocata.

crema al "caramel".


Mettete nella casseruola un boccale di latte, ed un quartino di fior di latte con un piccolo pezzo di cannella, un pugillo di coriandri, e scorza di cedro verde; fate bollire per un quarto d’ora, levatela dal fuoco, e mettete in una pentola tre oncie di zuccaro con mezzo bicchiere d’acqua, fatela bollire sopra un fornello finché sia di colore di cannella oscuro, levatela dal fuoco, e mettetevi la crema, rimettetela sopra il fuoco finché il zuccaro siasi stemprato colla crema; indi stemprate cinque rossi d’uova con un pugillo di farina, mettetevi a poco a poco la crema, passatela alla stamigna 342per farla cuocere al bagno maria, come la precedente.

crema alla "franchipane".


Mettete nella casseruola due cucchiai di farina con del cedro verde raschiato, fiori di cedro arrostiti, e triturati, ed un poco di sale; stemprate con cinque uovi un boccale di latte, un poco di zuccaro, fatela cuocere rivolgendola sempre per mezz’ora; quando sarà fredda essa servirà per far una torta di franchipane o tartelette, e non avete che a metterla sopra una pasta sfogliata; quando sarà cotta bisogna ghiacciarla col zuccaro, e paletta infuocata al solito.
Le torte alla midolla di bue si fanno nella stessa maniera, con questa differenza che avanti di ritirare la crema dal fuoco vi aggiugnerete della midolla di bue liquefatta, e passata alla stamigna; lasciatela cuocere nella crema per un momento.

crema alla Maddalena.


Stemprate quattr’uovi con un pugillo di farina, alquanto di cedro verde raschiato, un piccolo pezzo di cannella pesta, alcuni marzapani d’amandole amare infranti, un mezzo cucchiaio d’acqua di cedro, un boccale di fior di latte, un’oncia e mezza di zuccaro, e del sale quanto un pisello; mettete il piatto sopra un fuoco lento, e versatevi la crema; quando sarà cotta spargetevi sopra del zuccaro per ghiacciarla colla paletta infuocata.

343
crema alla duchessa.


Mettete nella casseruola un boccale di latte, ed un quartino di fior di latte, un piccolo pezzo di cannella, una scorza di cedro verde, un’oncia e mezza di zuccaro; fate bollire per una mezz’ora, e diminuire di un terzo, passatela alla stamigna, e stempratevi a poco a poco sei rossi d’uova con un poco di farina, mettetevi alcuni marzapani d’amandole amare, due oncie di cioccolato, ed un poco di fiori di cedro immascherati, il tutto ben triturato; fatela cuocere al bagno maria, come si è detto a quella di caffè.

crema di riso per li convalescenti.


Prendete tre oncie di riso mondato, e ben lavato in acqua tiepida, mettetelo a cuocere in brodo grasso; allorché sarà cotto, ed alquanto consistente, ammaccatelo con un cucchiaio, e fatelo passare nella stamigna, e fregatelo forte con un cucchiaio di legno; aggiugnendovi di tanto in tanto un poco di brodo caldo per aiutare a farlo passare; servitelo della spessezza di una crema doppia.

crema di tè, serpentaria, scelleri, e prezzemolo.


Mettete nella casseruola un quartino di fior di latte, ed un boccale di latte, quattr’oncie di zuccaro: fate bollire, e diminuire d’un terzo.
Se sarà crema di tè che vorrete fare mettetevi ciò che vi abbisogna di tè bollito per 344farne cinque tazze, lasciandolo bollire un momento, e passatelo alla stamigna.
Se volete fare una crema di serpentaria, prendetene due branchi, che farete bollire un mezzo quarto d’ora nell’acqua, poi fatelo bollir nella crema; bisogna lasciarlo solamente tanto tempo quanto basterà per dargli gusto, e ritirarlo subito per timore che il gusto non domini: farete quella del prezzemolo, e de’ scelleri nella stessa maniera.
La crema essendo passata alla stamigna, stempratevi cinque rossi d’uova con un pugillo di farina, e fatela cuocere al bagno maria come quella del caffè; se volete servirle fredde non vi mettete né uova, né farina, dopo che sono passate alla stamigna, e che la crema è tiepida stempratevi del coagulo, o di pelle di volatile triturata; passate indi alla stamigna, e mettetela nel piatto che volete servire, il quale metterete sopra un poco di cenere calda, coprendolo con un coperchio, con sopra alquanto di cenere calda; lasciatelo finché la crema sia consistente, poi mettetela al freddo finché vogliate servirla.

crema in forma di fiocca.


Fate bollire un boccale di latte, ed altrettanto di fior di latte con tre oncie di zuccaro finché sia ridotto a metà; levatelo dal fuoco; quando sarà tepido fatelo rapprendere con coagulo, o colle pelli di sopra: quando sarà freddo prendete un boccale di crema doppia che sbatterete, ed a misura che essa fa di schiuma levatela 345colla mestola per metterla sopra uno staccio, sotto mettendovi un piatto; continuate a sbattere la crema finché ne abbiate abbastanza per coprire la crema in forma di piramide unita, e servite subito.

CAPITOLO XVI
DELLE FRITELLE, O BEIGNETS
Fritelle di crema.


Prendete un pugno di farina che stemprarete con tre uovi intieri, e sei rossi, quattro marzapani infranti, un poco di fior di cedro confettato, altrettanto di citrone confetto, e trito, un quartino di fior di latte, altrettanto di latte, ed alquanto di zuccaro; fate cuocere il tutto al fuoco per un quarto d’ora, tanto che la crema divenghi ben spessa; mettete a raffreddare, versandola sopra un piatto infarinato, mettendovi anche sopra della farina dopo averla distesa della spessezza d’un pollice: quando essa è fredda tagliatela in piccoli pezzi per renderli rotondi nelle mani con farina; fateli friggere con frittura ben calda, ed inzuccherateli sopra, e serviteli.

Fritelle, "soufflets", o peti, e "petit choux".


Mettete in una casseruola grosso come un uovo di butirro, un poco di cedro verde 346raschiato, acqua di cedro, un cucchiaio di caffè, tre oncie di zuccaro, un poco di sale, tre quartini d’acqua; lasciate bollire tutto assieme per un momento: poi mettete dentro tanto di farina quanto ne potrà capire per far una pasta ben unita, e spessa, rivolgetela bene sopra il fuoco con un cucchiaio di legno finché si attacchi alla casseruola, allora versatela prontamente in un’altra casseruola, stemprandovi due uovi per volta, rivolgendo bene la pasta col cucchiaio di legno, e continuarete a mettere due altri uovi finché diventi molle la pasta senza che sia chiara, indi mettetela sopra un piatto, distendendola con un coltello della spessezza d’un dito; farete scaldare della grassa, o sia frittura che non sia troppo calda, immergete il manico di un cucchiaio nella frittura a prendere della pasta della grossezza di una noce, fatela cadere nella pentola battendo sul bordo: fatele friggere tutte così a piccol fuoco, rivolgendole continuamente; quando sono bene elevate, e di bel colore, servitele caldamente dopo d’averle ben inzuccherate; se sono ben fatte devono essere leggiere, e vote di dentro.
Potete ancora aggiustarli altrimenti per friggerli: fate de’ piccoli mucchi della grossezza d’una noce gli uni vicino agli altri sopra un foglio di carta bianca, roversciateli nella frittura a mezzo caldi, quando le fritelle saranno distaccate, levate la carta, e fate friggere come sopra. Con questa stessa pasta si fanno de' piccoli pasticcetti, non essendovi altro cangiamento da farsi che 347mettervi più butirro nella pasta, e farli cuocere al forno.

Fritelle di piccole foccaccie.


Prendete due piccole foccaccie, tagliatele per metà, togliendole la mollica, mettendovi in vece una crema corta oppure delle confetture, riunite insieme le due metà, in modo che esse sembrino intiere, immergetele in una pasta fatta con farina, un poco d’olio, e del sale: stempratele con vino bianco, e fatele friggere di bel colore, ghiacciandole con zuccaro, e passatevi sopra la paletta infuocata.

Fritelle di pomi, pera, e persici.

[Fritelle di pomi, pera, e persici.]


Prendete de’ pomi ranetti, tagliateli in quattro parti, toglietene la pelle, ed i semi; aggiustandoli con proprietà, fateli marinare due o tre ore con acquavita, zuccaro, scorza di cedro verde, ed acqua di cedro; quando avranno preso gusto lasciateli sgocciolare, poscia metteteli con farina in un pannolino bianco, rimuateli, e rivolgeteli bene dentro acciò siano bene infarinati; fateli friggere di bel colore, ed agghiacciateli con zuccaro, e paletta infuocata. Quelli di persici si fanno nella stessa maniera.


[Frittelle di pera in pasta]

Si fanno anche delle fritelle di pera in pasta; allora iscavate il pero nel mezzo senza romperlo per toglierli i semi, pelatelo, e tagliatelo in fette della spessezza di uno scudo; fateli marinare come i precedenti, poi immergeteli in una pasta fatta 348come quella di piccole foccaccie pag. 347: fateli friggere, e serviteli agghiacciati di zuccaro.

Fritelle di melarancio, o sia portogalli.


Prendete quattro o cinque portogalli, toglietene la superficie della scorza attorno con un piccolo coltello della spessezza della costa del coltello, poi tagliateli in quarti per toglierli gli acini, e metterli a cuocere con alquanto di zuccaro; fate una pasta con vino bianco, e farina, un cucchiaio di buon olio con un poco di sale; stemprate bene questa pasta, e fate che sia né troppo chiara, né troppo corta, e che versandola dal cucchiaio fili, immergetevi i quarti di portogallo dentro, per farli cuocere in una frittura finché siano di bel colore; serviteli agghiacciati di zuccaro fino, colla paletta infuocata passata di sopra.

Fritelle al bianco mangiare.


Mettete in una casseruola tre oncie di farina di riso, che stemprarete con due uovi, un boccale di latte, e due oncie di zuccaro; fate cuocere sopra il fuoco, e bollendo rivolgete sempre per due ore finché sia ben spessa, poi levatela dal fuoco, mettendovi un pugillo di cedro verde raschiato, fiori di cedro confettati triti, ed un poco di sale, essendo tutto ben mischiato, stendete sopra un piatto infarinato la crema, spargendovi sopra della farina; quando sarà fredda tagliatela in piccoli pezzi per arrotondirli colle mani della grossezza d’una palla mezzana, fateli friggere in una frittura ben 349calda, allorché sono ben colorite ritiratele prontamente per involgerle in zuccaro fino.

Fritelle di pane d’ostia.


Prendete due dozzine di grandi pani d’ostia, prendetene uno, sopra il quale vi metterete alquanto di crema di franchipanne, o delle confetture; bagnatene i bordi con acqua fredda, applicandovi sopra un altro pane, uniteli bene intorno per incollarli assieme; allorché saranno tutti fatti immergeteli in una pasta fatta con farina, vino bianco, un cucchiaio d’olio, e del sale; fateli friggere, e ghiacciare con zuccaro, con la paletta infuocata passata di sopra.

Fritelle di foglie di vite.


Fate immergere per un’ora delle foglie di vite con un poco d’acquavita, poi fatele sgocciolare, mettendovi dentro un poco di crema di franchipanne, che invilupparete bene colle foglie, immergendole poscia bene in una pasta come le fritelle precedenti, e finitele come sopra.

Fritelle "mignones".


Mettete in una casseruola due buoni cucchiai di farina, che stemprarete con quattro uovi intieri, un poco di sale, due oncie di zuccaro, del cedro verde raschiato, un mezzo cucchiaio d'acqua di cedro, un quartino di latte, ed altrettanto di fior di latte: fate cuocere a piccol fuoco, rivolgendo sempre; quando sarà cotta, e ben spessa stendetela sopra un piatto che sia infarinato; subito che sarà fredda tagliatela in 350pezzi con un taglietto da pasta a piccoli pasticci, immergendo ciascun pezzo nella pasta fatta come segue.
Mettete in una casseruola due cucchiai di farina, un cucchiaio d’acquavita, ed un poco di sale stemprato con due uovi; fatele friggere, e servitele ghiacciate di zuccaro, facendovi passare la paletta infuocata sopra.

Fritelle di pasta.


Mettete sopra una tavola mezza libbra di farina, del butirro grosso come un uovo, un buon pugillo di sale, e circa un mezzo bicchiere d’acqua, impastate bene la pasta, poi stempratela molto sottile, tagliandola con il coltello con cui si taglia la pasta a pasticci; mettete su di ciascun pezzo un poco di crema di franchipanne, sopra mettendovi un pezzo di pasta come sotto; bagnatene i bordi, incollandoli insieme, e premeteli all’intorno; fatele friggere di bel colore dorato, ghiacciate il disopra con del zuccaro, e la paletta infuocata.

Fritelle di pane.


Fate bollire un quartino di latte, e ridurre a metà, con un poco di zuccaro, un pugillo di sale, un mezzo cucchiaio d’acqua di cedro, ed un poco di citrone verde trito; prendete della mollica di pane tagliata della grandezza d’un mezzo scudo, ed un poco più spessa, mettetele nel latte per farle bagnare un momento; quando che saranno inzuppate le fette di pane mettetele a sgocciolare, poi infarinatele, e fatele 351friggere, agghiacciandole con zuccaro, e la paletta infuocata sopra.

Fritelle alla crema ghiacciata.


Mettete in una casseruola un quartino di fior di latte, un mezzo boccale di latte, un poco di sale, un pugillo di citrone verde trito finissimo; fate bollire, e ridurre a metà, poi aggiugnete tre grandi cucchiai di farina che stemprarete diligentemente sul fuoco colla crema, e rivolgerete fino che sia ben consistente, levatela dal fuoco per metterla sulla tavola; stendetela bene con un legno finché sia sottile più d’uno scudo, tagliatela poi in quadro, facendola friggere, ed agghiacciare col zuccaro, e paletta infuocata sopra.

CAPITOLO XVII
DELLA PASTICCIERIA

Non voglio ora qui descrivere ogni sorta di pasta, basti che un cuoco possa servire una tavola cittadina, e che sappia fare delle torte in varie maniere per entrée, e per tramesso, in grasso, ed in magro, e delle pasticcierie fredde.
Per tramesso nel mezzo che si serve più volte, l'essenziale è di procurar di far la pasta nella maniera che spiegheremo. Per la cottura delle carni che devono mettere in pasta l’essenziale è di sapere quanto tempo a loro bisogna per essere cotte alla braise, 352e non lasciarla che una mezz’ora di più nel forno. Vi è anche un’altra cosa molto essenziale per quelli che fanno le paste, la quale è di saperle governare, e conoscere il forno di cui si serve. A tal effetto se saranno pezzi che siano lunghi, per farli cuocere, farete scaldare il forno lungo tempo. E poco potete rischiare, purché lasciate diminuire il calore, cioè dopo che il forno sia ben pulito chiudetene la porta, e state una mezz’ora prima d’infornare: in tal maniera non abbruccierete vostra pasticcieria; per i pezzi poi quali sono presto cotti procurate che il forno non sia troppo caldo, principalmente per le paste sfogliate, che cuocerebbero troppo presto, e non avrebbero tempo di elevarsi.

Della pasta "brisée" per la timbale.


Sopra un quarto di farina mettetevi una libbra e mezza di buon butirro, e circa un’oncia di sale, questo vi servirà per regola, adoprando questa dose secondo la pasta che vorrete fare; mettete la farina sopra la tavola ben propria, facendovi un buco nel mezzo per mettervi il sale, ed il butirro in piccoli pezzi: procurate di non mettervi tropp’acqua acciò la pasta non venghi liquida, e difficile a sostenersi; stemprate il butirro bene coll’acqua, ed a poco a poco colla farina; tosto che la farina ha bevuto tutta l’acqua impastate bene la pasta a forza di braccio che sia bene unita, ed alquanto consistente senza grumi; procurate di farla almeno due ore prima di 353servirvene acciò la pasta abbia tempo di rinvenire.
Con questa pasta farete ogni sorta di timbale per entrée, come carne di beccheria, pollame, uccellame, e pesci. Le torte che voi potete fare in differenti maniere in pollame, sono d’una pollastra tagliata in quattro, de’ piccoli piccioni intieri, o tagliati in due quando sono grossi, delle ali di polli d’india. Prendete ciò che giudicarete a proposito, ed immergetelo nell’acqua bollente, ritirandolo subito per piumarlo nell’acqua fresca, proccurando di piumarlo bene: prendete la tortiera per mettervi un pezzo di pasta della spessezza d’uno scudo, che avrete distesa, sopra di cui vi metterete la carne che avrete preparata con sale, e pepe, mettendovi del butirro in tutti i luoghi voti; coprite con fette di lardo la carne, coprendola con altrettanta pasta quanta ne avete messo di sotto: bagnate con acqua, incolando le due parti che dovranno toccarsi insieme premendole bene all’intorno; fatevi poi col pollice un bordo tutto all’intorno, e prendete un uovo, sbattendolo bene, indi con una piuma bagnata in esso fregate tutto il di sopra della torta; fatela cuocere al forno per tre ore; un quarto d’ora dopo che la torta sia al forno bisogna cavarla per farle un buco nel mezzo acciò possa uscire il fumo, il quale le darebbe cattivo odore se non si usasse questa precauzione; rimettetela poi nel forno per finirla di far cuocere, quando sarà cotta levatevi il disopra, tagliandola all’intorno vicino al bordo; levatele il grasso che 354è nella torta, e le fette di lardo, levandovi con un cucchiaio ciò che vi è dentro nel bordo non cotto. Tenete preparata in una casseruola una buona salsa che metterete nella torta: se avete di che fare un buon intingolo di animelle di vitello, e funghi di un buon gusto, per mettervi dentro sarebbe buonissimo; ricopritela col suo di sopra, e servite.
Ecco la maniera che osservarete per ogni sorta di torte; per entrée sia in grasso che in magro, non vi ha cangiamento che per le carni che sono dentro per il lor condimento, il tempo della cottura, e le salse differenti; per ciò che riguarda la pasta sarà meglio la sfogliata per uso delle torte grasse, e come anche in magro.

Torta di coste di montone alla "Perigord".


Pigliate un quarto di montone, tagliatelo in costole ben corte, non lasciandovi che l’osso quale marca la costa. Dopo aver coperta la tortiera di pasta, come si è detto, aggiustate le coste di sopra, prendendo altrettanti tartuffi mezzani, e dopo averli pelati, e mondati li metterete dentro le coste condite di sopra con sale fino, ed alquanto di spezie miste, coprendo con fette di lardo, e sopra di esso mettetevi del butirro della spessezza di uno scudo; terminate poscia la torta, aggiustandola nella stessa maniera come si è detto precedentemente; quindi la farete cuocere almeno per lo spazio di tre ore, quando sarà cotta levateli con diligenza il lardo, e tutto il grasso, ed untume come si è detto, mettendovi in 355iscambio un buon sugo colato, dove prima avrete messo un buon bicchiere di vino di sciampagna oppure se non l’avete vi potrete aggiungere del vino bianco.
Si possono ancora fare delle torte senza tartuffi, allora si tralascia di mettervi il vino bianco nel sugo colato. Le torte di cartilagini di vitello si fanno nella stessa maniera, fuorché farete bollire un momento le cartilagini nell’acqua, ritirandole poscia all’acqua fresca, e dopo d’averle fatte ben sgocciolare le aggiustarete come si è detto delle coste.

Torta d’ogni sorta d’uccellame, e cacciagione.


Il coniglio bisogna tagliarlo membro per membro, rompergli le ossa col manico del coltello.
Se volete fare una torta di lepre, toglietene tutte le ossa, non vi mettendo che la sola carne; le ossa serviranno per fare un sivè per li domestici.
Per fare una torta di beccaccia, prendetene due, e poscia le tagliarete in quattro; triturate il di dentro delle medesime con lardo, e ben aggiustate le metterete al fondo della torta.
Per le lodole bisogna toglierli le gambe, ed il collo, e votarle di dentro, facendo una farsa come alle beccaccie.
Dopo aver osservato sopra tutti questi capi di selvaggiume come si siamo regolati, ciò che vi resta a fare sopra tutte le altre sorta, è quasi sempre lo stesso.
Mettete nella tortiera con un mazzetto 356d’erbe fine, sale, e spezie fine, coprite di fette di lardo, e di butirro, mettendovi il coperchio di pasta, come resta spiegato precedentemente, per finirla come si è detto. Quando la torta è cotta, e disgrassata mettetevi dentro una buona salsa fatta con un buon sugo colato, e quando sarete vicino a servire premetevi nella salsa il sugo di due melaranci; se aveste in luogo della salsa un buon intingolo di animelle di vitello, e funghi; od un intingolo di tartuffi tagliati in fette, la torta riuscirebbe di più buon gusto, e sarebbe assai stimata. In servendo vi metterete sempre il sugo di un melarancio, riguardo al selvatico che ha bisogno di essere rilevato col piccante.

Torte di ogni sorta di farse.


Prendete ciò che più vi piacerà di carne di bue del più tenero, coscia di montone, di vitello, pollame, o selvaggiume; procurate di toglierne tutti li piccoli ossi, e che non vi sia di filandre, o cartilagini; bisogna prendere d’una carne sola per volta, ne prenderete mezza libbra oppure nove oncie, e trituratela finamente, mettendo altrettanto di buon grasso di bue, prezzemolo, cipollette, e funghi, il tutto trito finissimamente, e condito di sale fino con spezie miste. Quando il tutto è ben mescolato aggiugnetevi due uova intiere bagnate con sei oncie di fior di latte; quando che sarà terminata questa farsa assaggiatela se ha buon gusto, indi mettete un fondo della pasta solita di già descritta sopra, nella tortiera, poi per di sopra vi metterete questa 357farsa della spessezza d’un pollice, copritela dopo di pasta, terminandolo nella stessa maniera come s’è detto delle altre: fatela cuocere due ore; se fosse poi di bue, o di montone ve la lascierete maggior tempo; subito che sia cotta, e ben disgrassata passate un coltello sopra la farsa per tagliarla in piccoli quadrati, mettendovi sopra un buon sugo colato chiaro, e servite.

Delle torte magre in pesci.

[Delle torte magre in pesci.]


Prendete de’ pesci che giudicarete più a proposito, sia anguilla, salmone, tinca, luccio, ec. Dopo di averli scagliati, e tagliati in tronchi mettete al fondo della tortiera la pasta solita, mettendovi sopra il pesce con un mazzetto d’erbe fine, sale fino, e spezie fine; coprite tutto il pesce con butirro, mettendovi sopra un coperto di pasta come si è detto, e così terminate la torta come si è spiegato delle altre: un’ora e mezza di cottura basta per le torte di pesce; cotte, e disgrassate che saranno aggiugnetevi un buon intingolo magro fatto nella maniera seguente.


[Intingolo per torte magre in pesci]

Prendete un pugillo di farina che farete arrossire con alquanto di butirro, bagnate con sei oncie di vin bianco, del brodo magro od acqua tepida; mettetevi de’ funghi, un mazzetto d’erbe fine, ed un poco di sale: fate bollire quest’intingolo una mezz’ora, e disgrassatelo; prendete poscia del latte di carpione, o di carpia (per latte s’intende ciò che rinchiude i semi del pesce) fatelo bollire un momento, indi ritiratelo nell’acqua fresca; poi lo farete bollire in 358questo intingolo per un mezzo quarto di ora. Finito che sarà, e d’un buon gusto lo metterete nella torta. Potete ancora mettervi in luogo del detto intingolo degli intingoli magri di tartuffi, di funghi, di punte di sparagi, ed altri secondo la stagione, in cui vi troverete.

Timbale di ogni sorta.


Per far ogni sorta di timbale fate una pasta in questa maniera.
Mettete sopra una tavola una libbra di farina, fatevi un buco nel mezzo per mettervi un poco d’acqua, un mezzo bicchiere d’olio d'oliva, tre oncie di grasso di porco, due rossi d’uova, ed un poco di sale; stemprate ben bene questa pasta che sia ben densa, e ferma; dopo prendete di questa pasta ben impastata li due terzi che distenderete coll’opianatoio della spessezza d’uno scudo, mettete questa pasta in una piccola casseruola stendendola bene al fondo, ed all’intorno, premendola un poco acciò prenda bene la forma della casseruola, proccurando che non si rompa, mettete sopra l’intingolo di carne, o di pesce che vorrete, purché sia cotto, raffreddato, ed in salsa corta. Voi potete anche far passare in questa maniera vari intingoli, i quali fossero già stati serviti; indi distenderete il terzo di pasta avanzato della stessa spessezza, copritene la carne, bagnatene i bordi per unirli assieme come fate nelle torte; premetene bene i bordi, e fatela cuocere al forno od alla braise, mettete la casseruola sopra la cenere calda con un coperchio, e fuoco sopra; 359quando la pasta della timbala sarà cotta rinversatela dolcemente sossopra nel piatto che dovete servire; fatevi un buco nel mezzo, in maniera che possiate rimettere il pezzo di pasta che avete levato, acciò non si conosca, e per il suddetto buco vi farete entrare una salsa tale e quale voi giudicarete a proposito, secondo la carne che dentro vi avrete messo.

Della pasta "brisée" per li pasticci freddi.


Li cuochi che avranno la destrezza di fare un pasticcio dell’altezza di quattro pollici si serviranno della stessa pasta delle torte già descritte. Osservarete la stessa maniera anche per la composizione del di dentro; la cottura, e le salse sono le stesse. Il piacere che se n’ha, sebben siano le stesse cose, è che si diversifichi, per soddisfare l’occhio d’una tavola, e si farà con un bel accompagnamento condito di buon gusto, per poter sperare onore, e gloria della sua intelligenza.
Ecco la maniera di fare la pasta brisée per li pasticci freddi, farete più o meno di pasta secondo ciò che avrete bisogno, e vi regolarete come segue: prendete quattro libbre, o più di farina, due libbre di butirro, e due oncie di sale; mettete la farina sopra una tavola, fatevi un buco nel mezzo per mettervi dentro il sale, ed il butirro; indi prenderete dell'acqua pressoché bollente, che versarete sopra il butirro, meschiando bene colle mani finché sia liquefatto, indi meschiatevi la farina, impastandola bene a forza di braccio il più 360presto che sarà possibile, acciocché sia ben legata, e più che la pasta sarà ferma migliore sarà la riuscita, basta che sia ben unita. Lasciatela riposare per tre ore questa pasta avanti di servirvene, ed aggiustatela con tal pasticcio di carne che giudicarete a proposito.

Maniera di fare li pasticci di ogni sorta di carne che vorrete metter in pasta.


Prendete della coscia di vitello, coscie di montone, pernici, beccaccie, filetti di lepre, pollastri, capponi, non importa che il condimento, e la maniera di aggiustarli appresso a poco n’è tutto l’istesso. In tutti li pasticci qui sopra descritti se volete sempre aggiugnervi della coscia di vitello, per guernire, sarà sempre bene dovunque ella si troverà. Li polli d’india disossati, guerniti di vitello fanno ancor de’ pasticci eccellenti.
Le pernici, beccaccie, capponi, e pollastri dopo che sono stati votati aggiustateli le gambe nel corpo, e rompeteli un poco le ossa col manico del cortello; fateli abbrustolire sopra il fuoco, dopo averli asciugati, e mondati inlardateli per tutto con lardo stemprato con sale fino, e spezie mischiate, prezzemolo, e cipollette trite.
Farete nella stessa maniera alla coscia di vitello, e di montone, fuorché questi non si fanno abbrustolire; quando la carne sarà ben preparata tagliate delle fette di lardo quanto basta per coprirne tutta la carne.
Prendete la metà della pasta già preparata, arrotonditela con le mani, girandola 361sopra la tavola, il che si dimanda molar la pasta, poi distendetela coll’opianatoio di legno finché sia della spessezza d’un mezzo dito; mettete questa pasta sopra un foglio di carta unto di butirro, poi sopra la pasta metterete la carne ben serrata, e stretta insieme, condite di sale, e spezie fine; coprite di fette di lardo con molto butirro sopra, mettendovi poi un coperchio di pasta sopra più sottile di quello che avete messo sotto; bagnate con una penna i bordi che devono unirsi, acciocché s’attacchino bene insieme, premendoli poscia da ogni parte con le dita; indi colla stessa penna che immergerete nell’acqua bagnate tutto il disopra del pasticcio, rilevando d’ogni intorno la pasta per formare un bordo all’intorno del pasticcio, ed unitela presto senza appoggiarvi troppo per timore di rompere, o guastare la pasta. Quando sarà bene aggiustata farete un buco nel mezzo al disopra della larghezza d’un pollice: fate un camino di pasta, dove vi metterete una carta rotolata, affinché cuocendo il pasticcio non venga a chiudersi il buco, indi con un uovo sbattuto insieme colorirete tutto il pasticcio, e per abbellirlo vi aggiugnerete delle fiori fatte colla medesima pasta, colorendole similmente coll’uovo sbattuto; un momento avanti di metterlo al forno vi metterete per il camino del pasticcio due cucchiai di acquavita, la quale gli darà un buon gusto, senza che si senta l’odore dell’acquavita, atteso tutti i miscugli d’odori che vi sono dentro assieme; fatelo cuocere al forno almeno quattr’ore, più, o meno 362secondo la sua grossezza: quando sarà cotto mettetelo a raffreddare, otturando bene il camino con un pezzo di pasta cruda finché dovete servirlo.

Della pasta sfogliata.


Prendete una libbra di farina (sarà il più che ne potrete mettere per fare una torta) metterete questa farina sopra una tavola, facendovi un buco nel mezzo, in cui metterete alquanto di sale, ed acqua, impastando bene la detta farina, e procurando che la pasta riesca né troppo molle, né troppo dura, lasciatela riposare almeno due ore avanti di servirvene, indi prendete quasi altrettanto butirro quanto vi ha di pasta, e stendete la pasta coll’opianatoio di legno, mettendovi in mezzo il butirro; date cinque giri nell’estate, e sei nell'inverno (ciò che si dice giro è di stendere la pasta col legno fin a tanto che sia della spessezza di un mezzo dito, spargendo di tanto in tanto leggermente alquanto di farina). Quando ciascun giro è finito ripiegate la pasta in tre, ricominciando fino al fine; servitevi di questa pasta per fare ogni sorta di torte, per fare de’ piccoli pasticci, e paste sfogliate.

Piccoli pasticci delicati.


Farete de’ piccoli pasticci ordinari che si fanno colla pasta sfogliata, prendete un poco di coscia di vitello, ed altrettanto di midolla, o grasso di bue, che triturarete bene insieme, mettendovi prezzemolo, cipollette, e funghi, il tutto triturato, due 363uovi intieri, pepe, e sale; stemprate questa farsa con sei oncie di fior di latte; gustando se è buona, indi prendete delle forme per i piccoli pasticci, mettendovi dentro della pasta spessa come uno scudo, e sopra la pasta aggiustatevi la farsa, coprendola con altrettanta pasta; indorateli sopra, come si è detto nel precedente, fateli poi cuocere al forno, e servite caldamente.
Questi medesimi pasticci per farli delicati, mentre cuocono prendete del bianco di pollame cotto allo spiedo, trituratelo fino; mettete in una casseruola circa un boccale di buon brodo, un piccolo mazzetto di erbe fine, ed un poco di butirro, riducendo il brodo al quarto, allora levateli il mazzetto, ed in vece mettetevi il bianco di pollame triturato con alquanto di sale; fate scaldare senza bollire, e mettetevi un’unione di tre rossi d'uova fatta con fior di latte: fate legare sopra del fuoco, mettendovi appresso del sugo di citrone; essendo ritirati dal fuoco i pasticci togliete a ciascuno il di sopra, e levateli la carne di dentro, ed in luogo di detta carne, o farsa, mettetevi dell’intingolo di bianco di pollame un cucchiaio per ciascheduno, rimettendovi sopra ciaschedun pasticcio il suo coperto, e serviteli più caldamente che potrete.

"Gateau" al formaggio.


Prendete del formaggio che sia ben grasso, ed impastatelo con una libbra e mezza di 364farina, una libbra di butirro, e pochissimo sale, mettetevi cinque o sei uovi per stemprare la pasta; quando sarà bene unita la bagnarete per lasciarla riposare un’ora, indi formerete il gateau al solito per farlo cuocere.

Foccaccia.

"Gateau" d’amandole.


Mettete sopra una tavola una libbra di farina, fatevi un buco nel mezzo per mettervi grosso come una noce di butirro, quattro uovi, un pugillo di sale, tre oncie di zuccaro fino, e mezza libbra d’amandole dolci pestate fine, impastate il tutto insieme, e formatene un gateau secondo il solito, facendolo cuocere, ed agghiacciare con del zuccaro, e passandovi sopra la paletta infuocata.

"Gateau" colla ventresca.


Tagliate una libbra di ventresca in fette piccole sottilissime, mettetele dopo in una casseruola sopra un piccolo fuoco, facendola cuocere per lo spazio di una mezz’ora; poscia metterete sopra una tavola una libbra e mezza di farina, facendovi un buco nel mezzo di essa per mettervi dentro la ventresca, che in cuocendo si sarà liquefatta, con una mezza libbra di butirro, alquanto di sale, due uovi, un gran bicchiere d’acqua, e proccurate d’impastare bene il tutto, lasciando riposare la pasta almeno per lo spazio d’un’ora, e mettete nella pasta le fette sottili di ventresca in modo che rimangano alquanto distanti le une dalle altre; formate poscia la foccaccia 365all’ordinario, indorandola con un uovo sbattuto, e fatela cuocere una buon’ora nel forno oppure sotto di un coperchio da tortiera.

"Gateau" in lozange.


Fate una pasta sfogliata come abbiamo spiegato di sopra, e stendetela coll’opianatoio che divenghi della spessezza d’un mezzo dito, tagliatela poscia in quadrato della larghezza di due dita; indorando con uovo sbattuto il disopra del gateau, fatelo cuocere nel forno per lo spazio d’un quarto di ora, poscia agghiacciatelo col zuccaro, e passatevi sopra la paletta infuocata.

"Gateau" di Savoia.


Mettete quattordici uova in una bilancia, pesando dall’altra parte altrettanto zuccaro fino, levate indi dalla bilancia il zuccaro, e mettetevi tanta farina quanto peseranno sette uova, che metterete dall’altra parte; indi rompete le uova, mettendo i rossi in un vaso a parte, e collocando i bianchi in un altro vaso; con i suddetti rossi metterete il zuccaro che avete pesato, con alquanto di cedro raschiato, de’ fiori di cedro abbrustoliti e triti, e sbattete il tutto insieme per un’ora, poscia meschiatevi i bianchi che avanti avrete già sbattuti ben bene a parte, aggiugnendovi per ultimo la farina a poco a poco, rivolgendola a misura che la mettete; procurate di avere una casseruola mezzana profonda oppure una poupetoniere che fregarete con butirro raffinato, asciugandola bene con un pannolino, 366e poi mettetevi del butirro affinato, facendo che si stenda per tutto, mettetevi poi ripartitamente il biscottino, e fatela cuocere al forno d’un calor moderato per un’ora e mezza: cotta che sarà rinversatela dolcemente sopra un piatto, e se è di un bel colore dorato lo servirete nel suo naturale, ma se avesse preso troppo colore bisognerebbe ghiacciarlo con un ghiaccio bianco, che si fa con zuccaro finissimo, un bianco d’uovo, ed il sugo di mezzo cedro, sbattete il tutto insieme in un vaso di maiolica con un cucchiaio di legno, fino a tanto che il ghiaccio sia ben bianco, servendovi di questo per coprire la foccaccia; procurate di non servire finché il ghiaccio sia ben secco.

"Gateau" alla crema.


Mettete una libbra di farina sopra la tavola, facendovi un buco nel mezzo per mettervi un quartino di crema doppia, un buon pugillo di sale, impastate leggermente la pasta, lasciandola riposare per lo spazio almeno di una mezz’ora; in appresso vi metterete nella pasta una mezza libbra di butirro, stemprandola per cinque volte, come ad una pasta sfogliata; poscia formatene un gateau oppure molti de’ piccoli, indorandoli con uovi sbattuti, facendoli cuocere poscia nel forno.
Questa dose si servirà per fare quanti gateau che bramerete.

367
"Gateau" alla reale.


Mettete in una casseruola un pugillo di citrone verde trito, due oncie di zucchero, alquanto di sale, del butirro grosso quanto la metà d’un uovo, ed un bicchiere di acqua, fate il tutto bollire per un momento, e poscia aggiugnetevi quattro, o cinque cucchiai di farina: fate cuocere bene al fuoco, rivolgendo sempre affinché resti ben consistente, e principiando essa ad attaccarsi alla casseruola, mettendovi un uovo per volta, rivolgendola ben forte col cucchiaio, acciò l’uovo s’incorpori bene colla pasta; continuando in tal guisa ad aggiugnervi delle uova uno per volta fino che la pasta sia divenuta molle, senza però che sia liquida; indi vi aggiugnerete alquanti fiori di cedro confettati con due marzapani d’amandole amare, il tutto ben fino; aggiustate le piccole foccaccie della grossezza della metà di un uovo sopra della carta unta di butirro, indorando il disopra con uova sbattute, e fatele cuocere per una mezz’ora al forno con un calore temperato.

Pasta, e "gateau" di "brioche".


Mettete una libbra di farina sopra una tavola, impastatela con un poco d’acqua calda, ed alquanto più di una mezz’oncia di lievito di birra, e se per avventura non ne avete vi metterete in suo luogo un piccolo pezzo di quella di pane, inviluppate questa pasta in un pannolino, e mettetela in qualche luogo caldo a rinvenire, cioè 368per un quarto d’ora nella state, e per lo spazio di un’ora nell’inverno: metterete poscia due libbre di farina sopra una tavola colla pasta fatta in lievito, ed una libbra e mezza di butirro, dieci uovi, un mezzo bicchiere d’acqua, ed un’oncia circa di sal fino; impastate il tutto colla palma delle mani ben insieme per tre volte, spargendovi di tanto in tanto della farina, ed inviluppatela in una tovaglia per lasciarla rinvenire nove, o dieci ore; tagliate poscia questa pasta secondo la grandezza del gateau che vorrete fare, dandole una forma rotonda colle mani, ed appianandola un poco al disopra, indorandola coll’uova bene sbattute; fatela cuocere al forno, cioè per le piccole lo spazio di una mezz’ora, e per le grosse di un’ora e mezza.

"Gateau" di carne.


La carne che impiegherete darà il nome alle foccaccie, come foccaccie di lepre, di coniglio, e di bue, si fanno tutte ad una stessa maniera, con questa differenza che la cacciagione si mischia con altrettanta carne di beccaria.
Per fare un gateau di montone prendete della coscia, levatene tutta la carne dopo d’averle tolta la pelle, mettete questa carne con una libbra di lardo tagliato in dadi, sei rossi d’uova, sale fino, spezie fine, un mezzo bicchiere d’acquavita, funghi, cipolline, prezzemolo, ed alquanto di cipollette, il tutto triturato; mettete delle fette di lardo nel fondo della casseruola, e la farsa di carne sopra, dopo averla ben mischiata con 369tutto il condimento, fatela cuocere al forno almeno per tre ore; cotta che sia lasciatela raffreddare in detta casseruola, indi toglietela per versarla sopra d’un piatto: lasciatevi le fette di lardo che sono attorno alla foccaccia, raschiate leggermente col coltello, e servite sopra un piatto guernito di una servietta.

"Gateau" di riso.


Mettete in una piccola pignatta quattr’oncie di riso ben lavato, facendolo crepare sul fuoco con un bicchier d’acqua, indi aggiugnetevi del latte tanto quanto basterà per farlo cuocere; quando sarà consistente lasciatelo raffreddare; fate una pasta con una libbra di farina, sale, quattr’uovi, una mezza libbra di butirro, ed il riso: impastate il tutto assieme, e formatene un gateau, indoratelo con uovi sbattuti, e fatelo cuocere al forno per lo spazio d’un ora, oppure sotto ad un coperchio di tortiera. Sovvengavi di ungere la carta, sopra cui volete mettere il gateau.

"Gateau fourres".


Prendete della pasta sfogliata, formatene due gateau uguali della grandezza del piatto di tramesso, e della spessezza di due scudi per ciascheduno; mettete sulla prima delle confetture, lasciando un dito di bordo, il quale bagnarete con una penna bagnata nell’acqua, mettete il secondo gateau sopra il primo, ed uniteli bene assieme colle dita, premendoli tutto all’intorno, e dopo averli ben aggiustati indoratelo 370con uovo sbattuto, fatelo cuocere al forno; cotto che sarà subito che lo cavarete dal forno, passatevi sopra un pennello immerso nel butirro, indi gettatevi da per tutto il disopra della piccola nompareille.
Per cangiare un’altra volta, in luogo della nompareille vi metterete del zuccaro fino, passandovi sopra la paletta infuocata per ghiacciarlo.

Tartarette.


Fate una pasta sfogliata come qui avanti, stendetela della spessezza di un mezzo scudo, tagliatene dei piccoli pezzi, metteteli sopra delle forme a piccoli pasticci, e sopra la pasta vi metterete della crema di franchipanne, oppure delle confetture a vostro piacimento, basta che non sia gelatina; coprite con qualche pezzo di pasta, facendovi un bordo all'intorno: fate cuocere al forno per una mezz’ora; ghiacciatele con zuccaro, e passandovi sopra la paletta infuocata.

Pasticcetti, o "dariolles".


Mettete sopra una tavola ott’oncie di farina, quattr’oncie di butirro, un pugillo di sale, ed un bicchiere d’acqua, impastate il tutto assieme per fare una pasta consistente; stendete questa pasta coll’opianatoio di legno, che resti della spessezza di un mezzo dito, tagliatela in pezzi della larghezza delle forme a piccoli pasticci, appoggiate il dito sopra ciascun pezzo, ed elevatelo sopra i bordi, premendoli tutto all’intorno per farne un bordo dell’altezza di un dito, e 371della spessezza di un testone, metteteli al forno di un calor moderato per un mezzo quarto d’ora; appresso mettetevi un quartino di crema stemprata con due cucchiai di farina, pochissimo sale, un’oncia di zuccaro; quando saranno cotti spargetevi del zuccaro fino sopra.

Timbale di biscottini.


Prendete sei uova, ed oncie sedici di zuccaro con oncie otto di farina; questa dose vi somministrerà per fare sei timbale della grandezza d'un bicchiere per ciascheduna, e queste vi faranno un piatto di tramesso; per farle osservarete la medesima maniera del gateau di Savoia, con questa diversità che il forno deve essere più dolce, e vi va solo una mezz’ora di cottura.

Cialde scroscianti.


Mettete sopra di una tavola una mezza libbra di farina con tre oncie di zuccaro fino, un bianco d’uovo, un mezzo cucchiaio d’acqua di cedro, butirro grosso come una noce, un mezzo bicchiere d’acqua, ed un piccol pugillo di sale, impastate il tutto insieme, e fate che la pasta sia ben unita, e ferma, stendetela sottilmente, e tagliatene de’ piccoli pezzi che metterete sopra delle forme a piccoli pasticci, fatele cuocere per un quarto d’ora in un forno dolcissimo; quando saranno fredde, mettetevi leggermente sopra della gelatina d’uva spina, o di altre confetture.
Questa medesima pasta serve a fare delle cialde frastagliate, con questa differenza che 372vi metterete più bianco d’uova, e niente di acqua.

"Feuillantines".


Fate una pasta sfogliata, come avanti, distendetene un pezzo della grandezza d’una torta, e della spessezza d’un mezzo scudo, mettendola sopra d’una tortiera, con sopra della crema di franchipanne, copritela d’un altro pezzo frastagliato, unitela assieme, premendoli sopra i bordi, indoratela con uovo sbattuto, e fatela cuocer al forno per un’ora. Se ne fanno ancora delle più piccole, ed altre più grandi delle tartarette.

Genovesa.


Fate una pasta brisée, come in principio di questo capitolo, stendetela della spessezza di un mezzo scudo, e tagliatela della medesima grandezza, mettendo sopra ciascun pezzo un cucchiaio a caffè di crema di franchipanne, bagnate un poco i bordi, coprendo con un altro pezzo di pasta come sotto, uniteli bene assieme, premendoli tutto all’intorno; fateli friggere di bel colore, lasciateli sgocciolare su di un pannolino, ed agghiacciateli il di sopra con zuccaro, e paletta infuocata.

"Poupelain".


Mettete in una casseruola tre bicchieri di acqua con un buon pugillo di sale, e del butirro quanto la metà di un uovo; fatela bollire, poi levatela dal fuoco per mettervi una mezza libbra di farina; dopo di averla ben bene stemprata rimettetela sul fuoco, 373rivolgendola sempre finché la pasta divenghi consistente, e che incominci ad attaccarsi alla casseruola, allora levatela dal fuoco, e mettetela in un’altra casseruola, dove ad uno per volta vi stemprarete diversi uovi, finché la pasta rimanga molle senza esser liquida; apparecchiata che avrete una casseruola della grandezza del poupelain che vorrete fare, ungetela per di dentro con butirro affinato, mettendovi la pasta per far cuocere al forno per lo spazio di un’ora e mezza, indi levatela dalla casseruola, e tagliatela per mezzo, volgendo il coltello tutto all’intorno per levarne il disopra; levatevi la pasta di dentro che non è cotta, mettendovi dentro del butirro caldo: fregando con piuma, e spargendovi del zuccaro da per tutto con della scorza di citrone fina, rimettendovi al disopra del poupelain l’altra metà; fregate in ogni parte con butirro, e zuccaro fino, terminando per ultimo con agghiacciarlo colla paletta infuocata.

"Talmouzes".


Mettete in una casseruola un piccolo bicchiere di acqua, due oncie di butirro, ed un poco di sale; quando l’acqua principierà a bollire mettetevi due cucchiai di farina che stemprarete finché la pasta sia soda, e consistente: allora levatela dal fuoco, e stempratevi dentro ad uno per volta tanti uovi, quanti la pasta potrà riceverne senza però che divenghi liquida, ma solo tenera; aggiugnetevi in appresso del formaggio bianco alla crema ben sgocciolato, il quale stemprarete con la pasta, pigliate poscia delle 374forme a piccoli pasticci, e mettetevi un pezzo sfogliato della stessa pasta quanto quella a’ piccoli pasticci, e stendetela sopra le forme in maniera che ve ne avanzi della pasta attorno, aggiustarete in appresso sopra la detta pasta il formaggio della grossezza di un uovo, e l’invilupparete colli quattro cantoni di sfogliata, indorandola sopra con uovo sbattuto; fatele indi cuocere al forno a fuoco dolce, e quando saranno cotte, e di bel colore servite caldamente per tramesso.

"Meringues".


Prendete de’ bianchi d’uovi secondo la quantità che ne vorrete fare; per un piccolo piatto di tramesso cinque sono sufficienti: sbatteteli in forma di neve, o sia fiocca; quando che saranno ben elevati aggiugnetevi della scorza di cedro raschiata, e del zuccaro in polvere, ritornate a sbattere gli uovi un’altra volta, in appresso aggiustarete le meringues sopra un foglio di carta bianca, facendovi de’ piccoli mucchi della grossezza della metà d’un uovo, senza che si tocchino l’una con l’altra, mettendovi sopra un coperchio con alquanto di brace per farle cuocere; quando poi saranno cotte, e di bel colore levatela di sopra la carta per togliere il di dentro che non è cotto, e mettetevi in suo luogo alquante confetture, e poscia ne unirete due l’una contro l’altra, e le servirete più secche che potrete.

375
Torta di ogni sorta di confetture per l’inverno.


Prendete qualunque confettura che vorrete (la confettura che impiegherete sarà quella che darà il nome alla torta) sia marmellata d’albicocchi, sia confettura di ciriegie, sia d’agresto, di pomi, od altre.
Prendete della pasta sfogliata, come si è detto avanti pag. 362, mettetela al fondo della tortiera, e sopra la pasta aggiustarete la confettura che le avete destinata, lasciandovi un pollice di bordo, che bagnarete con piume immerse nell’acqua; poscia mettetevi sopra delle piccole bande, o sia pezzi di pasta che aggiustarete sopra per coprirne le confetture, e farete un bordo di pasta alla torta; poi fatele cuocere al fuoco per un’ora al più. Quando saranno cotte mettetevi del zuccaro fino, e passatevi la paletta infuocata.
Si fanno ancora delle torte nello stesso modo con più avanzi di composte, le quali non siano più in istato di servire, purché non siano ancora divenute acide, mischiate questi avanzi come una marmellata, e servitevene come si è detto delle confetture.

Torte di confetture per l’estate.


Esse si fanno colli frutti freschi a misura che la provida natura ce li presenta; la maniera d’adoprarli si troverà qui appresso nel trattato di Credenza, la sola differenza sarà che farete il siropo che sia più corto, e più forte.
Se saranno frutti col nocciuolo, oppure 376da doverli pelare, avrete cura di mondarli bene. Quando servirete poi le composte fredde, proccurarete di aggiustare nella medesima maniera, come si è detto nelle torte di confetture per l’inverno.

Torte colla gelatina.


Le torte che si fanno colla gelatina sono differenti, perché il caldo facendo liquefare la gelatina, le torte farebbero poi una cattiva figura. Per evitare questo inconveniente mettete della pasta sfogliata nella tortiera, facendole un bordo di pasta come alle altre, e mettetele a cuocere senz’altro aggiustamento; quando la pasta è cotta mettetevi del zuccaro fino sui bordi, ed agghiacciateli colla paletta infuocata. Subito che la torta sarà fredda coprite tutto il fondo della medesima insino al bordo colla gelatina che vi piacerà di mettervi, e servite freddo per tramesso.
Le gelatine di cui potrete servirvi sono di uva spina, di more di rovo, di pomi, di ciriegie, e di cotogno.

377CAPITOLO XVIII.
DEGL’INTINGOLI
Intingolo di tartuffi.


Pelate degli tartuffi mezzani, i quali poscia taglierete in fette, mettendoli in una casseruola con un piccolo pezzo di butirro, un mazzetto di prezzemolo, cipollette, un mezzo baccello d’aglio, due garoffani, passate sopra il fuoco il tutto, aggiugnendovi un pugillo di farina, bagnandola con un bicchiere di brodo, ed altrettanto vino bianco, fate cuocere per un’ora a piccol fuoco; disgrassate, ed aggiugnetevi un poco di sugo colato, sale, e pepe rotto.

Intingolo di funghi, prugnoli, e spognuole.


Mettete de’ funghi mondati con un pezzo di butirro in una casseruola, un mazzetto di prezzemolo, e cipollette, passateli sul fuoco mettendovi un pugillo di farina, bagnate con un bicchiere di brodo, ed un mezzo bicchier di vin bianco con altrettanto sugo, e fatelo cuocere per lo spazio di un’ora; disgrassatelo, aggiugnendovi poscia un poco di sugo colato se ne avete, in difetto vi metterete alquanto più di farina; quando lo passerete al fuoco conditelo di sale, e pepe rotto.
378Gli intingoli di prugnoli, e di spognuole si fanno nell’istesso modo, solo proccurando che le spognuole siano ben lavate, e sbattute in più acque per farne escire l’arena.

Intingolo di cipolle.


Voi avrete trovato la maniera di farlo alla pag. 293, e lo servirete con del pollame cotto allo spiedo, o alla braise, e tal carne di beccaria che vorrete.

Intingolo di cocomeri.


Troverete la maniera di farlo sopra alla pag. 304.

Intingolo di piccoli cocomeri.


Lo troverete sopra pure alla pag. 306.

Intingolo di cardi.


Questo lo farete come è notato sopra alla pag. 297.

Intingolo di gambari.


Dopo averli fatti bollire un momento nell’acqua, e mondate le code le quali metterete in una casseruola con mezzo bicchiere di vin bianco, ed altrettanto brodo, con un bicchiere di sugo colato, fatele bollire per lo spazio d’un quarto d’ora, e servite con ciò che vorrete; se volete servirle con sugo colato di gambari, voi le farete cuocere con alquanto di brodo, e vino bianco; quando non vi sarà quasi più di salsa le metterete in un sugo colato di gambari, fatto come quello che si è spiegato pag. 275.

379
Intingolo di pistacchi.


Prendete un mezzo pugno di pistacchi che metterete per un momento nell’acqua bollente per levargliene la pelle, gettateli a misura nell’acqua fresca, lasciandoli sgocciolare, indi metteteli in una salsa fatta con buon sugo colato.

Intingolo di "passe-pierre".


Prendete della passe-pierre confetta solo le foglie, le quali per un momento imbianchirete nell’acqua bollente per toglierne la forza dell’aceto; poscia dopo di averle ben premute per farne uscir l’acqua, mettetele in una buona salsa fatta con sugo colato unito.

Intingolo di fegati.


Togliete l’amaro dei fegati, lasciandoli intieri, fateli imbianchire un momento nell’acqua bollente, mettendoli poscia in una casseruola con due cucchiai a intingolo di sugo colato, un mezzo bicchiere di vin bianco, ed altrettanto di brodo, un mazzetto di prezzemolo, cipollette, un mezzo baccello d’aglio, sale, e pepe rotto; fateli bollire una mezz’ora, poi disgrassateli, e serviteli colla carne che vorrete, o soli per tramesso.

Intingolo di ostriche.


Voi avrete trovata la maniera di farlo alla pag. 266.

380
Intingolo di scelleri.


Avrete trovato il modo di farlo alla pag. 294.

Intingolo d’indivia.


Trovarete il metodo per farlo alla pag. 297.

Intingolo di cavoli.


Fate bollire nell’acqua per una mezz’ora la metà d’un cavolo mezzano, ritirandolo nell’acqua fresca, poscia premetelo bene, e cavatene l’occhio: triturate un poco il cavolo, e mettetelo in una casseruola con un pezzo di butirro, passandolo sopra il fuoco, mettetevi un buon pugillo di farina, bagnando con brodo, e sugo finché ve ne sia abbastanza per dare un color dorato all’intingolo; fate bollire a piccol fuoco finché il cavolo sia cotto, e ridotto in salsa corta; condite di sale, pepe rotto, ed un poco di noce moscada raschiata. Servite sotto la carne che vorrete.

Intingolo di farsa.


Mettete in una casseruola dell’acetosa, lattuga, cerefoglio, cipollette, e porcellana, il tutto ben lavato, triturato, e premuto con un buon pezzo di butirro, passandolo sopra il fuoco finché non vi sia più acqua, mettendovi un pugno di farina, bagnate con brodo, e sugo colato, sale, e pepe rotto; fate cuocere bene tutto insieme, e servite in salsa corta.
Se fosse in magro, dopo avervi messo la 381farina bagnate con brodo magro, facendo bollire finché le erbe siano cotte, e che non vi resti più salsa; mettetevi poscia un’unione di tre rossi d’uova, quali farete stemprare con crema o latte, facendoli unire assieme sopra il fuoco senza bollire.

Intingolo di latte di carpio.


Fate imbianchire per un momento all’acqua bollente il latte di due carpio, mettendolo in una casseruola con due cucchiai di sugo colato, un mezzo bicchier di vin bianco, ed altrettanto brodo, un mazzetto di prezzemolo, cipollette, un mezzo baccello d’aglio; fate bollire per un quarto d’ora, conditelo di sale, e pepe rotto.
Se è in magro mettete in una casseruola due cipolle in fette, una radice, una pastinaca tagliata in pezzi, un mazzetto di prezzemolo, un poco d’aglio, due garoffani, una mezza foglia di lauro, timo, basilicò, ed un pezzo di butirro, passandola sopra il fuoco, e mettendovi un pugillo di farina bagnata con un bicchiere di vin bianco, ed altrettanto brodo magro; fate bollire il tutto insieme, e ridurre a metà, passate la salsa alla stamigna, mettendovi il latte de’ pesci per farlo bollire insieme un quarto d’ora, aggiugnendovi avanti di servire un’unione di tre rossi d’uova stemprati con crema, o latte, sale, e pepe rotto; fate unire il tutto insieme sopra il fuoco senza lasciar bollire.

382
Intingolo di lattughe.


Vedete il modo di farlo alla pag. 295.

Intingolo misto.


Mettete in una casseruola de’ funghi tagliati in quattro, dei fegati grassi, due o tre fondi di carcioffi cotti a metà nell’acqua, e tagliati in pezzi, un mazzetto di prezzemolo, cipollette, un mezzo baccello d’aglio, ed alquanto di butirro; passate il tutto sopra il fuoco, mettendovi un pugillo di farina, bagnate con mezzo bicchier di vin bianco, brodo, ed un poco di sugo colato, facendolo cuocere per una mezz’ora, disgrassatelo poscia, e conditelo di sale, e pepe rotto. Se voi aveste delle uova piccole le farete bollire nell’acqua per toglierne la piccola pelle, e le metterete nell’intingolo: se non ne aveste di naturali, e ne vorreste fare degli artificiali, prendete due rossi d’uova duri che pestarete, aggiugnendovi un rosso d’uovo crudo, un poco di sale fino, metteteli sopra di una tavola infarinata, volgendoli come una piccola salsiccia, e poi tagliateli in pezzi di eguale grandezza, ed arrotondite ciascun pezzo colla palma delle mani, posandoli di mano in mano a misura che gli farete sopra di un piatto infarinato; allorché saranno tutti finiti metteteli per lo spazio di un momento nell’acqua bollente; dopo ritirateli nell’acqua fresca, e fateli sgocciolare avanti di metterli nell’intingolo. Se vorrete mettere quest’intingolo al bianco non vi metterete punto di sugo colato; avanti di servire vi 383metterete un’unione di tre rossi d’uova con crema.

Intingolo di tellina, o sia "moules".


Esse s’aggiustano in magro, come viene spiegato alla pag. 265. In grasso mettete in una casseruola alcuni funghi, un mazzetto di prezzemolo, cipollette, ed un baccello d’aglio, due garoffani, un piccolo pezzo di butirro, una cipolla in fette, ed una radice, passate il tutto sopra il fuoco finché sieno coloriti; mettetevi un pugillo di farina bagnata con un bicchiere di vin bianco, dell’acqua della tellina, e del sugo; fate bollire una mezz’ora, disgrassatelo, aggiugnendovi un poco di sugo colato, e se non ne avete, vi bisogna un poco più di farina, e più di sugo: fate ridurre in salsa, passandola alla stamigna, mettendovi le telline senza conchiglie; dopo di averle aperte sul fuoco, mettetevi un poco di pepe rotto, del sale, se l’acqua delle telline non ha a sufficienza salato la salsa.

Intingolo delle cime di cardi, o sia "montant".


Fateli cuocere come li cardi di Chieri, spiegati avanti a pag. 297, e serviteli nella stessa maniera.

Intingolo di nape.


La maniera di farlo è come sopra alla pag. 294.

Intingolo d’olive.


Prendete un quartino di olive, che taglierete una per volta, girando attorno il 384nociuolo in maniera che tutta la polpa resti insieme attaccata, mettetele a misura nell’acqua, e ben sgocciolate mettetele in una buona salsa di un sugo colato di vitello condito di buon gusto.

Intingolo di "salpicon".


Mettete nella casseruola un’animella di vitello imbianchita, due fondi di carcioffi pure imbianchiti, e funghi, il tutto tagliato in dadi, con un mazzetto di prezzemolo, cipollette, un mezzo baccello d’aglio, garoffani, mezza foglia di lauro, un poco di basilicò, ed un pezzo di butirro, passatela sopra il fuoco, e mettetevi un buon pugillo di farina, bagnate con sugo, vino bianco, un poco di brodo, sale, e pepe rotto: fate cuocere, e ridurre in salsa corta; disgrassate avanti di servire.

Intingolo di marroni.


Levate la prima scorza a cinquanta marroni, metteteli in una pentola pertugiata per rivolgerli di tanto in tanto sul fuoco, finché possiate toglierli la seconda pelle, indi metteteli in una casseruola con un mezzo bicchier di vin bianco, due cucchiai di sugo colato, un poco di brodo, e del sale; fate cuocere e ridurre in salsa corta; proccurate che siano ben cotti, ed intieri.

385CAPITOLO XIX
DELLE ARROSTITE
Arrostite ai giamboni.


Esse si fanno tagliando sei, o sette fette di pane della larghezza di due buone dita, passatele nel butirro finché siano di un bel colore dorato; tagliate indi altrettante fette di giambone della medesima grandezza; levarete il sale, lasciandolo stare nell’acqua un’ora (se non fosse per sorte fresco), mettetelo indi in una casseruola sopra un piccol fuoco per un’ora, quando il giambone sarà cotto toglietelo dalla casseruola, e mettete nella stessa un pugillo di farina per far un piccol rosso, bagnando con brodo senza sale, ed un poco d’aceto; fate bollire per un buon quarto d’ora, dopo di aver disgrassato passate questa salsa alla stamigna, ed aggiustate il giambone sopra le arrostite di pane, e la salsa sopra con alcuni grani di pepe rotto.

Arrostite alla ventresca.


Tagliate delle fette di pane della larghezza di due dita, e di eguale grandezza, mettetele sopra della ventresca a sufficienza tagliata in piccoli dadi, e stemprata con un uovo crudo, prezzemolo, cipollette, una cipollina, il tutto ben trito, e del pepe 386rotto; fatele friggere a piccol fuoco, e servite con una salsa chiara, ed un poco d’aceto.

Altra arrostita alla ventresca.


Bisogna avere un pane molle di una libbra, lungo e ben tosto, tagliatelo dai due canti, ed inlardate tutto il mezzo con ventresca tagliata in pezzi, indi avrete un coltello ben affilato, e tagliarete il pane in fette della spessezza di due scudi; immergete queste arrostite in uovo sbattuto, e mettetele a misura in una frittura che non sia troppo calda; fatele friggere dolcemente a piccol fuoco finché siano di un bel colore dorato, e servite con una salsa chiara, un poco d’aceto, e pepe rotto.

Arrostite alle acciughe.


Si fanno colla mollica di pane passata al butirro: aggiustarete sopra mezza dozzina di acciughe ben lavate, e tagliate in fili ben sottili in tutta la sua lunghezza, condite le arrostite con olio, aceto, e pepe rotto.

Arrostite di rognone di vitello.


Esse si fanno tagliando della mollica di pane della stessa grandezza come le precedenti, e mettetele sopra una farsa di un rognone di vitello cotto allo spiedo che voi triturarete con altrettanto di suo grasso, prezzemolo, cipollette, ed una cipollina trita, sale, e pepe, unite con quattro rossi d’uova, sbattendone bene i bianchi; mettete questa farsa sopra le arrostite, unite il disopra con un coltello immerso nell’uovo sbattuto, coprite con pane grattugiato; fatele 387friggere sopra una tortiera con fuoco sotto, e sopra, servitele con una piccola salsa chiara un poco rilevata con acido, e pepe.

Arrostite a’ spinacci, ed a’ fagiuoli verdi.


Essi si fanno con un intingolo di spinacci fatto con buon gusto, e ben consistente, indi vi metterete due rossi d’uovo crudi; aggiustate gli spinacci sopra della midolla di pane tagliato come le precedenti, unite con un coltello immerso nell’uovo, coprendo il disopra con pane grattugiato, fatele friggere, e servite senza salsa.
Le arrostite ai fagiuoli verdi si fanno nello stesso modo come quelle de’ spinacci.

Arrostite ai cocomeri.


Fate un intingolo di cocomeri, come quello alla pag. 304, quando sarà fatto, e ben unito mettetevi tre rossi d’uova, aggiustatelo sopra della mollica di pane, e finite come si è detto degli spinacci.

Arrostite d’ogni sorta di carne.


Prendete di qualsivoglia sorta di carne di quella che avrete già levato dalla tavola, tagliatela in piccoli dadi per farne un intingolo ben legato, quando sarà freddo mettetevi due rossi d’uova crudi: aggiustate la carne sopra della mollica di pane; fate friggere di bel colore, e servite colla salsa chiara.

Arrostite alla minima.


Tagliate de’ pezzi di pane della larghezza di due dita, ed un poco più lunghi, e 388della spessezza di due scudi, metteteli in una casseruola con olio per passarli sopra di un piccol fuoco, volgendole di tanto in tanto finché siano di un bel colore dorato; aggiustatele nel piatto, mettendovi sopra de’ fili d’acciughe, e dell’olio che già vi ha servito a passare le arrostite, della cipollina, prezzemolo, cipolletta, un baccello d’aglio, il tutto triturato, una mezza foglia di lauro, timo, basilicò in polvere, pepe rotto, ed alquanto d’aceto; fate bollire il tutto per un momento, ed aggiustate sopra le arrostite, e servite freddo.

Capitolo XX.
DELLE SALSE
Salsa alla "ravigotte".


Mettete in una casseruola un bicchiere di buon brodo, un mezzo cucchiaio a caffè di aceto, sale, pepe rotto, e del butirro grosso come una noce stemprato con farina, con due pugilli di fornitura d’insalata, come pimpinella, cerefoglio, civetta, e nasturzio: fate bollire un momento nell’acqua queste erbe, premetele bene, e poscia trituratele ben fine, mettendole nella salsa, facendo unire bene la medesima sopra il fuoco per servirla sopra ciò che vorrete; se vi metterete l’erbe dell’insalata ancora crude, ve ne vuole la metà di meno.

389
Salsa alla spagnuola.


Essa si fa mettendo del sugo colato in una casseruola con un buon bicchiere di vin bianco, ed altrettanto di buon brodo, un mazzetto di prezzemolo, cipolletta, due baccelli d’aglio, due garoffani, una mezza foglia di lauro, un pugillo di coriandri, due cucchiai d’olio, una cipolla in fette, una radice, ed una mezza pastinaca, fatela bollire presso di due ore ad un piccolo fuoco; indi disgrassatela per passarla alla stamigna; condite con un poco di sale, pepe rotto, e servitevene per ciò che vorrete.

Salsa alla sultana.


Mettete in una casseruola un boccale di brodo con un bicchiere di vin bianco, due fette di cedro senza scorza, due garoffani, un baccello d’aglio, una mezza foglia di lauro, prezzemolo, cipollette, una cipolla, ed una radice; fate bollire per lo spazio di un’ora e mezza, e ridurre in una salsa consistente, passandola alla stamigna, e mettendovi del sale, pepe rotto, un rosso di uovo duro triturato, un pugillo di prezzemolo imbianchito, e triturato fino.

Salsa all’allemanda.


Mettete in una casseruola un poco di sugo colato, con altrettanto di brodo, un pugillo di prezzemolo imbianchito, e bene triturato, due fegati di pollame cotto, un’acciuga, e de’ cappari, il tutto ben triturato, del butirro grosso come la metà di un uovo, sale, pepe rotto; fate unire la salsa 390sopra il fuoco, e servitevene per ciò che più vi piacerà.

Salsa all’inglese.


Triturate due rossi d’uovo duri, mettendone la metà in una casseruola con un’acciuga, e cappari triti, un bicchiere di brodo, alquanto di sale, pepe rotto, e del butirro grosso come la metà d’un uovo, stemprandovi dentro un pugillo di farina: fate legare la salsa sopra il fuoco, aggiustandola sopra ciò che vorrete, mettendovi sopra la carne, ed il restante dell’uovo duro ben triturato; questa salsa è buona per mascherare degli entrées che non fanno bella comparsa.

Salsa bianca ai cappari, ed acciughe.


Mettete in una casseruola del butirro grosso quanto un uovo, che meschiarete con un pugillo di farina stemprata con un bicchiere di buon brodo, un’acciuga trita, de’ cappari fini che siano intieri, sale, pepe rotto, e due cipollette intiere: fate unire la salsa sopra il fuoco, e levatevi le cipolle avanti di servire.

Salsa alla cittadina.


Fate bollire a piccol fuoco per una mezz’ora un bicchiere di vino bianco con altrettanto di sugo, due buoni pugilli di mollica di pane triturato fino, del butirro grosso come una noce, due cipolline, prezzemolo, cipollette, sale, e pepe rotto; ed in servendo mettetevi alquanto di sugo d’agresto.

391
Salsa al carpio.


Essa si fa mettendo nel fondo di una casseruola alquanto di lardo con alcune trancie di vitello, e tre o quattro pezzi di carpio, una cipolla, due cipolline, ed una radice, passando il tutto sopra un fuoco lento per lo spazio di una mezz’ora; quando sarà già alquanto attaccato alla casseruola bagnate con un bicchiere di vin bianco, due cucchiai di sugo colato, ed altrettanto di brodo; fate bollire ogni cosa insieme, e ridurre alla consistenza d’una salsa, disgrassatela in appresso, e passatela alla stamigna, conditela di sale, e pepe rotto.

Salsa italiana in grasso, ed in magro.


Mettete in una casseruola due buoni cucchiai d’olio fino, de’ funghi triti, con un mazzetto di prezzemolo, cipollette, una mezza foglia di lauro, un baccello d’aglio, e due garoffani; passate il tutto sopra il fuoco, e mettetevi un pugillo di farina, bagnate con vino bianco, ed altrettanto brodo buono, con alquanto di sugo colato, sale, e pepe rotto; fate bollire per lo spazio di una mezz’ora, disgrassatela poscia, togliendoli il mazzetto, e servite.
Se la volete fare in magro vi metterete del brodo magro, ed in vece del sugo colato aggiugnetevi un poco più di farina con due o tre cucchiai di sugo di cipolle.

Salsa ai piccoli uovi.


Mettete in una casseruola un bicchiere di buon brodo con alquanto di aceto, sale, 392pepe rotto, tre rossi d’uova duri triturati, e del butirro grosso come la metà di un uovo, stemprato con un piccolo pugillo di farina; fate unire il tutto sopra il fuoco, e servitevene per ciò che vorrete.

Salsa piccante.


Mettete in una casseruola un pezzo di butirro con due grosse cipolle in fette, una pastinaca, una carota, un poco di timo, lauro, basilicò, due garoffani, due cipolline, un baccello d’aglio, prezzemolo, e cipollette, passate il tutto insieme sopra il fuoco finché sia ben colorito, mettetevi indi un pugillo di farina, bagnate con brodo, ed un cucchiaio a bocca d’aceto, e fate bollire a piccol fuoco, disgrassandola, e passandola alla stamigna condita di sale, e pepe rotto. Servitevi di questa salsa per tutto ciò che ha bisogno di essere rilevato.

Altra salsa piccante.


Fate bollire un quartino di vino con altrettanto di brodo, quando che sarà ridotto a metà vi metterete una cipollina con un poco d’aglio, un pugillo di fornitura d’insalata, il tutto triturato ben fino; fate bollire per un momento, mettendovi poscia del butirro grosso come una noce, stemprato con un piccolo pugillo di farina, sale, e pepe rotto; facendo unire il tutto bene sopra il fuoco.

Salsa piccante fredda.


Pestate finissimamente un buon pugillo di fornitura d’insalata con un mezzo baccello 393d’aglio, e due cipolline: stemprate il tutto con alquanto di senapa, olio, aceto, sale, e pepe rotto.

Salsa all’agnello.


Prendete grosso come un uovo di butirro che stemprarete con prezzemolo, cipolletta, cipolline trite, e due pugilli di pane grattugiato ben fino; mettete il tutto in una casseruola con un bicchiere di brodo, altrettanto di vino bianco, facendolo alquanto bollire, conditela quindi di sale, e pepe rotto, ed in servendo aggiugnete un poco di sugo d’agresto.

Salsa alla "reine".


Mettete in una casseruola un pezzo di butirro con alcuni funghi, una cipolla, una carota, una pastinaca, un mezzo baccello d’aglio, passate il tutto al fuoco, mettendovi un pugillo di farina bagnato con un gran bicchiere di brodo, ed altrettanto di vino bianco; fate bollire il tutto per lo spazio di un’ora; indi disgrassate la salsa, e passatela alla stamigna: fate bollire un quartino di latte con mollica di pane grossa come la metà d’un uovo, allorché il pane sarà bene imbevuto di tutto il latte passatelo in una stamigna, premendolo forte con un cucchiaio, e quindi mettetelo nella salsa con sale, e pepe rotto.

Salsa alla provinciale.


Triturate del prezzemolo, cipollette, un baccello d’aglio, e de’ funghi; poscia vi metterete il tutto in una casseruola con 394alquanto di olio per passarla sul fuoco; bagnate con un quartino di vin bianco, alquanto di brodo, sale, e pepe rotto, facendola ridurre in una salsa; quindi disgrassatela avanti di servire.

Salsa al sugo di melarancio.


Mettete in una casseruola un mezzo bicchiere di brodo con altrettanto di sugo, ed alcune fette di scorza di melarancio acido, del butirro di grossezza come la metà di un uovo stemprato con alquanto di farina, sale, e pepe rotto, fate indi il tutto unire al fuoco, e premetevi in fine il sugo di un melarancio acido.

Salsa rossa ai cappari, ed acciughe.


Mettete in una casseruola un pezzo di butirro che stemprarete con un pugillo di farina, un’acciuga trita, sale, e pepe rotto, cappari fini intieri, due cipollette intiere, bagnate a poco a poco con del sugo fintanto che ve ne sia abbastanza per dar un bel color rosso alla salsa, la quale farete unire bene sul fuoco. Se la salsa fosse alle volte troppo consistente, mettetevi alquanto di brodo: quando vorrete servire cavatene le cipollette.

Salsa alla "remoulade".


Mettete in una casseruola una cipolletta, prezzemolo, cipolline, un baccello d’aglio, un’acciuga, e de’ cappari, il tutto ben triturato, sale, e pepe rotto: stemprate il tutto con un poco di senapa, olio, ed aceto.

395
Salsa alla "rocambole".


Mettete in una casseruola un mezzo bicchiere di vino bianco, altrettanto di brodo, due o tre cucchiai di sugo colato, sale, e pepe rotto: fate bollire il tutto insieme per lo spazio d’un quarto d’ora, e mettetevi cinque o sei rocamboles (sorta di frutto che viene di Spagna, o piuttosto di legume come una cipolletta) infrante avanti di servire.

Salsa al pepe.


Mettete in una casseruola del butirro della grossezza della metà d’un uovo, con due, o tre cipolle in fette, carote, e pastinache tagliate in fette, un baccello d’aglio, due cipolline, due garoffani, una foglia di lauro, timo, e basilicò: passate il tutto al fuoco finché cominci a colorirsi, mettendovi un buon pugillo di farina, bagnate con un bicchiere di vino rosso, ed un bicchiere d’acqua, un cucchiaio d’aceto, facendo bollire il tutto per una mezz’ora, disgrassatela poscia, e passatela alla stamigna, mettendovi del sale, e pepe rotto. Servitevi di questa salsa per tutto ciò che ha bisogno di esser rilevato.

Salsa al montone.


Mettete in una casseruola della cipollina trita, e pochissimo aglio, rompete la cipollina insieme coll’aglio, mettendovi per stemprare ogni cosa un cucchiaio di brodo, aggiugnendovi inoltre due cucchiai di sugo colato con sale, e pepe: fate poi bollire 396questa salsa per un momento, passandola alla stamigna in un’altra casseruola, ed avanti di servirla la farete scaldare un momento.

Salsa mista.


Prendete del prezzemolo, cipollette, funghi, ed un baccello d’aglio, il tutto ben triturato, passate sopra il fuoco il tutto dentro una casseruola con alquanto di butirro, mettendovi un pugillo di farina, e bagnandola con del buon brodo. Quando sarà cotta la salsa, e di già ridotta a metà, aggiugnetevi due piccoli cocomeri ben triti, ed un’unione di tre rossi d'uova stemprati con brodo; fate unire bene la salsa, e conditela di buon gusto, e servitela per ciò che più vi aggradirà.

Salsa appetitiva.


Prendete di ogni sorta di erbe piccole e fornitura d’insalata, di ciascuna secondo la loro forza, e dopo di averle mondate, e lavate mettetevi tre cipolline, facendo bollire il tutto per un momento in una pentola, indi ritiratele in acqua fresca, e dopo di averle ben premute bisogna metterle in un mortaio, e pestare il tutto ben fino, poscia mettete ogni cosa in una casseruola con un cucchiaio di brodo, e due cucchiai di sugo colato, stemprando il tutto bene, e passandola alla stamigna in un’altra casseruola, mettendovi del sale, pepe rotto, alquanto di butirro, ed un cucchiaio di senapa, facendo unire bene la salsa senza che bolla.

397
Salsa in bianco di grasso, e di magro.


Mettete in una casseruola se è in grasso del brodo grasso, e se è in magro del brodo magro, della mollica di pane, un mazzetto guernito di prezzemolo, cipollette, aglio, cipolline, timo, lauro, basilicò, garoffani, noce moscada, alcuni funghi intieri, un bicchier di vin bianco, sale, e pepe; fate bollire il tutto insieme, e ridurre a metà, passando indi la salsa alla stamigna per estrarne come un sugo colato.
Quando sarete vicino per servirvene metterete un’unione di tre rossi d’uova con crema dentro, facendoli unire colla salsa sopra il fuoco, e badate bene che la salsa non si rappigli.
Di questa salsa vi potrete servire per tutte le carni, e pesci che vorrete metter in bianco.

Salsa all’agresto.


Mettete in una casseruola due cucchiai di sugo d’agresto, altrettanto di sugo colato, sale, pepe rotto, della cipollina trita fina; fate che questa salsa sia ben chiara, facendola scaldare, e servitevene per la carne cotta alla graticola.

Altra salsa alla provinciale.


Mettete in una casseruola due cucchiai di olio fino, della cipollina, e funghi triturati, due baccelli d’aglio interi, passate il tutto sopra il fuoco, mettendovi un pugillo di farina, e bagnate con brodo, ed un bicchiere di vino bianco, sale, e pepe 398rotto, un mazzetto di prezzemolo, e cipollette: fate bollire il tutto insieme a piccol fuoco per mezz’ora, disgrassatela, e non lasciate di olio che ciò che vi abbisogna, perché sia perlata, e leggiera, levatevi il mazzetto, e l’aglio, servendo con ciò che giudicarete a proposito.

Salsa "Robert Bourgeoise".


Mettete in una casseruola alquanto di butirro con un cucchiaio a bocca di farina; fate arrossire la farina a piccol fuoco; quando sarà di bel colore mettetevi tre grosse cipolle triturate fine, e del butirro a sufficienza per far cuocere dette cipolle, indi bagnate con brodo, disgrassando la salsa, e lasciandola bollire per lo spazio di mezz’ora; quando sarete vicino a servire mettetevi sale, pepe rotto, aceto, e senapa. Vi servirete di questa salsa per il porco fresco, e per il pollo d’india.

Salsa alla crema.


Mettete in una casseruola alquanto di butirro, prezzemolo, cipollette, e cipolline, il tutto triturato, un baccello d’aglio intiero, passate il tutto sopra il fuoco, mettendovi un buon pugillo di farina, bagnando con della crema, oppure del latte, e fatela bollire un quarto d’ora, passandola poscia alla stamigna in un’altra casseruola: quando sarete vicino a servire mettete un poco di butirro con un pugillo di prezzemolo imbianchito, e triturato fino, sale, e pepe rotto; fate unire la salsa sopra il fuoco: vi 399servirete di questa salsa per ogni sorta d’entrées al bianco.

Salsa piccante alla marchesa.


Mettete in una casseruola due buoni pugilli di pane grattugiato ben fino, del butirro grosso come una noce, un cucchiaio a bocca pieno d’olio fino, della cipollina trita, sale, pepe rotto, e del sugo d’agresto a sufficienza per chiarificare la salsa; fatela scaldare al fuoco per farla unire, rivolgendola sempre con un cucchiaio. Questa salsa la potete servire in grasso, ed in magro per ogni sorta di vivande che hanno bisogno di una salsa piccante.

Salsa "au petit maitre", che serve per ogni sorta di pollame, e selvaggiume.


Mettete in una casseruola un bicchiere di vino bianco, la metà d’un cedro tagliato in fette, un poco di pane grattugiato fino, due cucchiai a bocca d’olio fino, un mazzetto di prezzemolo, cipollette, due baccelli d’aglio, alquanto di serpentaria, e due garoffani, un poco di brodo, sale, e pepe rotto; fate bollire il tutto insieme a piccolissimo fuoco per un quarto d’ora; disgrassando poscia la salsa, e passatela alla stamigna; vi servirete di questa salsa per ciò che vorrete, sia pollame, o cacciagione.

Salsa "bachique", che può servire per salsa verde, e piccante.


Mettete in una casseruola un cucchiaio d’olio fino, un quartino di brodo, un boccale di vin bianco; fate bollire il tutto 400insieme, e ridurre quasi a metà, mettetevi indi della cipollina, nasturzio, serpentaria, cerefoglio, prezzemolo, cipolletta, un poco d’aglio, il tutto ben triturato assieme, sale, e pepe rotto: fate bollire insieme il tutto per un momento, e servite; se voi avete un poco di sugo colato da mettervi nella salsa sarà meglio.
Questa salsa può servire per una salsa verde, e piccante per ogni vivanda che più vi aggradirà.
Quivi io terminerò la mia istruzione di cucina per passare ad un’altra che sarà molto necessaria per li cuochi, e per le signore cittadine, e borghesi che si dilettano di fare le confetture, ed i rattafià di ogni sorta; s’apprenderà la maniera di far le composte d’ogni specie, e come si può metter a profitto ogni sorta di frutta, che la Divina Provvidenza ci somministra; dopo avervi spiegata la maniera di servire le buone tavole in ogni genere di frutta, ed i cangiamenti che si possono fare in confetture secche, e liquide, ed in liquori, io finirò per le persone che non vogliono spender molto in confetture, e che saranno contente d’approfittarsi nell’inverno de’ frutti che la natura ha prodotto nell’estate.

401
CAPITOLO XXI.
DELLA FRUTTA

La natura ci comincia a fornire de’ frutti rossi, come sono le fragole dimestiche, e selvatiche. Le ciriegie primaticcie, le ciriegie a coda corta, le griotte, li graffioni, ec. Si ha ancora l’uva spina rossa, la bianca, e la piccola rossa che serve per la gelatina. Indi vengono le meliache, o albicocchi di cui ve ne sono di tre specie, le primaticcie, le moscate, e le ordinarie. Le prune, i persici di varie sorta, i peri, i pomi, e varie altre sorta sì per l’inverno che per l’estate.

Del tempo in cui si raccolgono i frutti, e come debbansi conservare.


Li frutti d’estate tanto a nocciuolo, che a granello debbono essere colti subito che son maturi, perché se si attende che siano di troppo, divengono cottonati, e presto si ammolliscono. Quelli d’autunno si raccolgono ordinariamente in settembre, e devono essere colti avanti che siano del tutto maturi. Quelli d’inverno devono essere raccolti lungo tempo avanti che siano maturi. Per conoscere la giusta maturità della frutta di estate bisogna tasteggiare i frutti dolcemente verso la coda, e per poco che sentiate il frutto ubbidire sotto le dita, distaccateli leggermente per non ammaccarli. 402Ogni sorta di frutto deve essere staccato col suo gambo, ed è essenziale di cogliere le frutta in un bel giorno sereno quando si vogliono conservare; dopo d’averli raccolti portateli dolcemente in un serbatoio fuori del rigore del freddo, principalmente quelli d’inverno, i quali maturano dopo colti in tal luogo; aggiustateli sopra degli assi, li peri, e pomi col gambo in alto, e li fichi appoggiateli da una parte; non bisogna mettervi sotto li frutti della paglia, perché sovente dà cattivo gusto, ed odore, e non impedisce già di corromperli. Allorché i frutti sono aggiustati sulle panche bisogna visitarli sovente per togliere que’ frutti che cominciano a guastarsi, perché li guasti corrompono li vicini, ed in questa maniera li conservarete lungamente.

403CAPITOLO XXII
DELLE BEVANDE
Bevanda di caffè.


Bisogna sceglierlo ben mondato dalla sua scorza, che sia nuovo di Levante, netto, ben nutrito, e di mezzana grossezza; bisogna osservare che non sia stato bagnato con acqua di mare, e non senta il muffiato. Bisogna abbrucciarlo in una pentola di ferro, o di terra: mentre che è sul fuoco si agita incessantemente, rivolgendolo colla padella finché divenghi quasi nero; poscia si riduce in polvere col molinello.
Si fa bollire dell’acqua in una caffettiera, si ritira un poco dal fuoco per gettarvi dentro, cioè sopra una pinta d’acqua un’oncia e mezza di caffè; poi subito si agita l’acqua con un cucchiaio tanto per rimeschiarvi il caffè, che per impedire che l’acqua bollendo esca dalla caffettiera; fategli dare sei o sette bolli circa sul fuoco, finché non vi apparisca più il caffè sull’acqua, ritiratelo poscia dal fuoco, e gettatevi dentro un cucchiaio a bocca pieno d’acqua fresca, e lasciatelo riposare sulla cenere calda. Quando vorrete servirlo lo tirarete al chiaro, e lo farete scaldare a sufficienza. Se lo vorrete servirlo al latte, o al fior di latte: fate separatamente bollire l’uno, e l’altro 404in una caffettiera che verserete così bollente nelle tazze, versandovi sopra il caffè. Proccurarete per bere il caffè buono, che sia sempre abbruciato di fresco.

Bevanda di cioccolato.


Fate bollire dell’acqua, allorché bollirà prendete un’oncia di cioccolato per ogni tazza d’acqua; mettete il cioccolato in una cioccolattiera, versandovi l’acqua bollente sopra, poscia fategli dare due o tre bolli al cioccolato, levando la cioccolattiera dal fuoco, lasciandolo cuocere dolcemente per un quarto d'ora, rivolgendolo collo sbattitore per terminare di dissolverlo; quando sarete vicino a servirlo cominciarete a sbatterlo dopo averlo tolto dal fuoco finché abbia fatto molta schiuma, quale versarete nella tazza, terminando di riempirla di cioccolato, si ricomincia indi a sbatterlo per fargli venire di nuovo la schiuma, e si riempie medesimamente di mano in mano le altre tazze; allorché collo sbattitore si vuol far montare bene la schiuma bisogna che a misura della quantità di cioccolato che avete, la mazza del frugone sia di tale altezza che senza toccare al fondo della cioccolattiera, da cui essa deve esser lontana un mezzo traverso di dito, sia intieramente coperta di cioccolato poiché, se la parte superiore dello sbattitore eccedesse l’altezza del liquore, la schiuma si farebbe imperfettamente.
Il cioccolato al latte si fa nella stessa maniera, ed in luogo dell’acqua, come ho detto qui sopra, vi servirete del latte che farete bollire, procurando che non si rappigli: e 405se alle volte il cioccolato non fosse abbastanza dolce da se stesso vi aggiugnerete del zuccaro a vostro piacere.

Bevanda di tè, bavaresa, e citronella.


Bisogna pigliare il tè recente, e che sia in piccole foglie verdi intiere, di un odore, e di un gusto di violetta, e che sia dolce, ed aggradevole. Metterete in infusione caldamente per un quarto d’ora due pugilli di tè in un boccale d'acqua bollente.
Il tè si prende col zuccaro in pane: ed allorché si prende col siroppo di capelvenere, allora si chiama bavaresa; alcune volte col tè si mette in infusione due fette di citrone, ed allora si dimanda citronella. Per chi gli piace se ne fa eziandio del tè al latte.

406CAPITOLO XXIII
DELLE COMPOSTE
composta di pomi alla portoghese.


Prendete de’ pomi ranetti la quantità che ve ne abbisogna per ben guernire il compostiere, toglietene il mezzo con una vidella di ferro bianco, o con un coltello, indi aggiustandoli in una tortiera, o sopra un piatto; mettete in ciascun pomo alquanto di zuccaro, ed un poco nel fondo della tortiera: poscia metteteli a cuocere nel forno, o sotto un forno di campagna, con del fuoco sotto e sopra, e serviteli caldi, spargendovi alquanto di zuccaro in polvere di sopra.

composta di pomi bianchi.


Tagliate de’ pomi per metà, togliendoli il mezzo, ed aggiustateli in una pentola voltati colla pelle, o sia scorza di sopra; mettetevi circa tre oncie di zuccaro, ed acqua abbastanza per farli cuocere; quando saranno cotti da una parte, volgeteli acciò possano cuocere ancora dall’altra; allora poi che saranno ben cotti, e che siano ridotti a consistenza di un siroppo, aggiustateli in un compostiere col suo siroppo sopra, servendoli caldi, o freddi, secondo che più vi sarà di genio.

407
Altra composta bianca di pomi.


Tagliate per metà sei grossi pomi ranetti, togliendoli a ciascuno la pelle, ed i granelli, e gettandoli a misura che li mondarete nell’acqua fresca, fateli poscia cuocere con un gran bicchiere di acqua, il sugo della metà d’un cedro, ed un pezzo di zuccaro; allorché li pomi saranno cotti aggiustateli bene in un compostiere, facendo indi ridurre il siroppo finché s’attacchi alle dita, e poscia versatelo sopra de’ pomi.

composta di pomi.


Li pomi che non sono ranetti non hanno tanta consistenza per la cottura, perciò non li pelarete, tagliateli solo per metà, e levateli i granelli, pertugiando in più luoghi il disopra, e facendoli cuocere con un bicchiere d’acqua, ed alquanto più di due oncie di zuccaro, e quando comincieranno a divenir molli, e teneri aggiustateli in un compostiere, facendo ridurre il siroppo, e versatelo sui pomi.

composta di peri di "Martin Sec", o di "Messire-Jean".


Prendete de’ peri intieri, che pelarete se vorrete ma per lo più si servono così intieri, toglieteli i fondi, e raschiate le code bene, mettendoli in un piccolo vaso di terra, ed aggiugnendovi un piccolo pezzo di stagno per renderli rossi, con acqua, e tre oncie circa di zuccaro; se vi sono molti peri mettetevi un piccol pezzo di cannella, facendoli cuocere davanti al fuoco: quando 408saranno cotti, e che il siroppo non è più chiaro, serviteli caldi, levandoli il pezzo di stagno.

composta di peri buon cristiani ecc.


Farete imbianchire li peri intieri senza levarli la pelle nell’acqua bollente, quando saranno al terzo cotti ritirateli nell’acqua fresca, pelateli allora intieri, o per metà mettendoli a misura che li pelate nell’acqua fresca, fate bollire il zuccaro in una pentola con un quartino d’acqua: allora vi metterete i peri dentro con una fetta di citrone, acciocché si conservino bianchi. Quando sono cotti, e della consistenza d’un buon siroppo, serviteli o caldi, o freddi, secondo vi sarà a grado.

composta di peri di "Rousselet", e di "Blanquette".


Si fanno nella stessa maniera come i precedenti, alla riserva che bisogna servirli intieri.

composta di peri arrostiti.


Prendete dei peri da cuocere, cioè di quelli che non siano ancor ben maturi, e metteteli in un fornello ben acceso finché la pelle sia bene abbrucciata: proccurate di rivolgerli a misura che arrostiscono, finché si levi la pelle fregandoli nell’acqua; allora loro torrete la pelle in questa maniera, poscia tagliateli per metà, togliendoli i granelli; lavateli di nuovo in più acque, e metteteli a cuocere con un boccale di acqua in un vaso di terra, aggiugnendovi un piccolo 409pezzo di cannella, e tre oncie di zuccaro; coprite il vaso, e fateli cuocere finché ubbidiscono facilmente sotto le dita; fate poscia ridurre a siroppo, e serviteli caldi, se vi aggradirà.

composta di peri alla buona femmina.


Prendete de’ peri da far cuocere che metterete intieri in un vaso con un bicchiere di acqua, un piccolo pezzo di cannella, due garofani, e due oncie di zuccaro, e fateli cuocere ben coperti sopra alquanto di cenere calda; quando sarete alla metà della cottura aggiugnetevi un bicchiere di vin nero, quando saranno ben cotti, fate ridurre il siroppo, perché ve ne bisogna poco, e servite caldo sopra i peri.

composta di fragole.


Fate cuocere tre oncie di zuccaro con un bicchiere d’acqua finché il siroppo sia ben consistente, e bisogna bene schiumarlo. Preparate delle belle fragole non troppo mature, mondate, lavate, e ben asciutte mettetele nel siroppo, e levatele dal fuoco per lasciarle riposare un momento nel siroppo, fatele dare un bollo, e poi ritiratele presto se bramate che restino intiere.

composta d’uva spina.


Farete un siroppo ben consistente come sopra, indi prendete una libbra di bell’uva spina che sia stata ben lavata, e sgocciolata, vi lascierete il grappolo se vi piace: mettetela nel siroppo per farle dare almeno tre bolli ben coperta, poi ritiratela dal 410fuoco, e schiumatela, aggiustandola bene nel compostiere.

composta di mora di rovo.


La farete nella stessa maniera come quella delle fragole, con la differenza però che non lavarete le more.


Prendete una libbra di agresto, che non sia ancor maturo, spezzate ciascun grano colla punta di un piccolo coltello per toglierne la semente, poi gettatelo nell’acqua bollente, ed allorché comincierà l’agresto ad impallidire levatelo dal fuoco, e gettatevi un mezzo bicchiere d’acqua, lasciandolo stare così finché sia affatto raffreddato, e l’acqua ritorni ad essere fredda, acciocché l’agresto ritorni a rinverdirsi, indi mettete un piccolo bicchiere d’acqua con sei oncie di zuccaro in una pentola per farlo bollire, aggiugnendovi subito l’agresto, e facendoli dare due o tre bolli, appresso schiumatelo bene, con aggiustare nel compostiere l’agresto a dovere, facendo ridurre il siroppo, e versatelo sopra l’agresto.

Altra composta d’agresto alla cittadina.


Cavata che avrete colla punta di un piccolo coltello la semente dall’agresto lo metterete in una pentola con tre oncie di zuccaro, ed un bicchiere d’acqua; fatelo bollire a piccol fuoco; quando sarà ben verde, e ridotto il siroppo, aggiustatelo nel compostiere, e servitelo freddo.

411
composta di ciriegie.


Tolta più della metà delle code alle ciriegie mettetele in una pentola con un mezzo bicchiere d’acqua, e tre oncie di zuccaro, mettetele sopra il fuoco, copritele, e fatele bollire alquanto, aggiustandole indi nel compostiere con versarvi sopra il siroppo.

composta d’albicocche, ed amandole verdi.


Fate bollire dell’acqua in una pentola con due pugilli di soda (sorta di pianta); quando avrà bollito alquanto gettarete le albicocche, ed amandole nella pentola; quando avranno dato un bollo ritiratele colla schiumarola, e fregatele bene colle mani per toglierle il tenero pelo, gettandole a misura che le pelarete nell’acqua fresca, poscia le farete cuocere nell’acqua bollente; tosto che saranno cotte, il che si conoscerà pungendole con uno spilletto, se vi entra facilmente, e che l’albicocche caschino da per se stesse è segno che sono abbastanza cotte: le ritirarete poi nell’acqua fresca, facendo appresso bollire del zuccaro in una pentola, aggiugnendovi poscia le amandole, ed albicocche, e facendole bollire dolcemente finché siano ben verdi, e servite.
Alcuni vi sono che non le mettono nella liscivia bollente, come abbiamo dimostrato per pelarle, contentandosi di fregarle con sale per levarle il pelo, facendole poi imbianchire, e cuocere come sopra.

412
composta d’albicocche alla portoghese.


Prendete la quantità che volete d’albicocche, che siano già quasi mature, e spezzatele in mezzo cavandone li nocciuoli: mettete poi del zuccaro nel fondo d’un piatto con mezzo bicchiere d’acqua, aggiustandovi le albicocche sopra, e mettetele sopra un fuoco mediocre per farle bollire finché siano quasi cotte al di sotto, e che non vi resti quasi più di siroppo, poscia levatele dal fuoco, e spargetevi del zuccaro fino sopra, coprendole con un coperchio da tortiera con fuoco sopra finché siano cotte, e di un bel colore ghiacciato; aggiustatele quindi nel compostiere mentre sono calde.

composta d’albicocche mature intere, o dimezzate.


Imbianchite le albicocche, o meliacche, nell’acqua bollente; quando saranno ben tenere ritiratele con una schiumarola, e mettendole nell’acqua fresca; fate poi bollire tre oncie di zuccaro in una pentola con un bicchier d’acqua, mettendovi le albicocche, fatele dare due, o tre bolli, schiumandole bene; levandole poscia per aggiustarle nel compostiere, e mettendovi il siroppo sotto. Servitele fredde, o calde, come più vi aggrada.

composta di prune "mirabelle" ecc.


Fate bollire dell’acqua, e gettate le prune per imbianchirle; quando saranno molli sotto le dita ritiratele colla schiumarola nell’acqua fresca, indi le metterete in una 413pentola con alquanto di zuccaro chiarificato se ne avete: mettendole poscia sopra d’un piccolo fuoco affinché divenghino verdi, e servite freddo.

composta di prune alla buona femmina.


Fate bollire per lo spazio di un quarto d’ora tre oncie di zuccaro con un bicchiere d’acqua, schiumatelo, poi quando sarà ridotto in siroppo mettetevi una libbra di prune già quasi mature; fatele dare alcuni bolli finché le prune siano cotte, schiumatele poscia, ed aggiustatele nel compostiere, facendo ridurre il siroppo se non è ancora ridotto, versandolo sopra delle prune.

composta di persici.


Prendete sette o otto persici quasi maturi, tagliateli per metà, dopo averne levati i nocciuoli metteteli un momento nell'acqua bollente, e li ritirarete subito che li possiate levare la pelle; fate bollire tre oncie di zuccaro con un bicchiere d’acqua, schiumandolo bene; mettendo indi li persici per farli cuocere; riducete il siroppo, e versatelo sopra li persici.

composta di persici abbrustoliti.


Prendete otto o dieci persici quasi maturi, ed interi, metteteli sopra un fornello ben acceso; fatene abbrucciar tutta la pelle egualmente, rivolgendoli a misura; quindi gettateli nell’acqua fresca; quando loro avrete tolta la pelle, e lavati in più acque, metteteli a cuocere con tre oncie di zuccaro, ed un bicchiere di acqua sino che 414ubbidiscano sotto le dita: aggiustateli nel compostiere, versandovi sopra il siroppo.

composta di persici alla portoghese.


Mettete sette o otto persici sopra di un piatto con zuccaro sotto e sopra, copriteli con un coperchio da tortiera, facendoli cuocere a fuoco lento, con fuoco sotto e sopra: quando sono cotti, e ben ghiacciati serviteli caldi.

composta di fette di persici.


Prendete cinque o sei persici ben maturi, pelateli, toglieteli i nocciuoli, e tagliateli in fette per aggiustarli nel compostiere che voi dovete servire, mettendovi zuccaro fino sotto e sopra de’ persici.

composta di ogni sorta di frutti abbrustoliti.


Fate ridurre il siroppo finché li frutti cominciano ad attaccarsi alla pentola, allora non bisogna abbandonar la pentola, e maneggiare la composta, rimovendo continuamente la pentola finché la composta abbia preso bel colore, allora mettete un’assietta sopra la composta, che terrete colla mano sinistra, e rinversate la composta sopra, la quale versarete con proprietà nel compostiere; servite freddo, o caldo; ma sarà meglio caldo.
Voi potete anco servirvi de’ frutti che abbiamo già spiegato per ridurli in composta in questa maniera, per così fare alcun cangiamento.

415
composta di citroni, Portogalli, bergamotti, e chinotti.


Bisogna tagliarli in piccoli pezzi, e farli cuocere bene nell’acqua, finché siano molli sotto le dita, poi ritirateli con la schiumora nell’acqua fresca; farete indi un piccolo siroppo con tre oncie di zuccaro, ed un bicchiere d’acqua; fate cuocere a fuoco lento li frutti per mezz’ora dentro, e servite freddo.

composta di cotogni.


Prendete tre grossi cotogni, se sono piccoli ne prenderete di più, metteteli nell’acqua bollente per farli cuocere finché siano teneri sotto le dita, indi metteteli nell’acqua fresca; tagliateli in quarti, e dopo che loro avrete tolta la parte dura di dentro colle sementi, e pelati; metterete tre oncie di zuccaro in una padella con mezzo bicchiere d’acqua; fate bollire, ed ischiumate, mettete li cotogni per finire di farli cuocere, e serviteli caldi.

composta d’uva moscatella.


Mettete in una pentola tre oncie di zuccaro, con mezzo bicchiere d’acqua; fate bollire, ischiumare, e ridurre in siroppo consistente; mettete in questo siroppo una libbra d’uva moscatella sgranata, e da cui avrete fatti uscire li semi; fatele dare due o tre bolli, ed aggiustatela nel compostiere, e se v’è della schiuma levatela con carta bianca.

416
composta di Portogalli crudi.


Tagliate il disopra a sei Portogalli, in maniera che possiate rimetterli come se fossero intieri; pertugiateli con un piccolo coltello in più luoghi del di dentro; fatevi entrare del zuccaro fino, rimetteteli il disopra, e serviteli. Potete ancora servirli dopo averli pelati, o tagliati in fette, aggiustateli nel compostiere con zuccaro fino sotto, e sopra.

composta di marroni.


Fate cuocere de’ marroni nella cenere, nella stessa maniera come se vorreste servirli in una servietta; quando saranno pelati metteteli in una pentola con tre oncie di zuccaro, e mezzo bicchiere d’acqua: fateli cuocere a fuoco lento per un mezzo quarto d’ora; avanti di servirli premetevi dentro il sugo d’un citrone, e servendo vi spargerete sopra leggermente del zuccaro fino.

composta d’uva spina verde.


Prendete una libbra d’uva spina verde, tagliatela da una parte con la punta del coltello per farne escire li semi, mettetela sopra il fuoco nell’acqua calda, e lasciatela finché si elevi, indi levatela dal fuoco, ed aggiugnetevi un bicchiere d’acqua fresca, un poco d’aceto, ed alquanto di sale, lasciandola in quest’acqua finché sia ben raffreddata, perché così diventa più verde, ritirandola poscia nell’acqua fredda. Mettete una mezza libbra di zuccaro nella pentola con un bicchiere d’acqua, fate 417bollire, ed ischiumate finché sia chiaro, mettetevi l’uva spina bene asciutta, facendola bollire dolcemente, indi ritiratela con la schiumora per metterla nel compostiere, e riducete il siroppo a consistenza versandolo poscia sopra l'uva spina.

Capitolo XXIV.
DELLE CONFETTURE, E MARMELLATE
confettura di marmellata d’albicocche.


Pelate bene le albicocche, se pur volete, toglietele i nocciuoli: poscia per ogni libbra di frutto prendete nove oncie di zuccaro, che chiarifìcarete come avanti alla pag. 331, indi fatelo cuocere al grosso boulet pag. 332, che si conoscerà quando immergendo la schiumora nel zuccaro, e ritirandola vi soffierete sopra, e vedrete volar in aria il zuccaro, questo è un segno della sua giusta cottura; allora vi metterete le albicocche, e le farete bollire, rivolgendole sempre con una spatola di bosco finché la marmellata si attacchi alle dita, allora sarà segno che la potrete mettere subito ne’ vasi.

confettura di marmellata d’albicocche "sans façon".


Tagliate sei libbre d’albicocche non troppo mature, più sottili che potrete, e 418mettetele a misura che le tagliate in un caldaio: rompete li nocciuoli, levandoli la pelle, e tagliandoli finissimi per unirli alle albicocche; pesate quattro libbre e mezza di zuccaro per metterlo colle albicocche. Mettete il caldaio ad un fuoco chiaro, rivolgendole sempre con la schiumora, per timore che la marmellata s’attacchi al fondo: poi quando le albicocche saranno quasi cotte, discendete di tanto in tanto il caldaio per schiacciare li pezzi d’albicocche che non sono ancor ridotti in marmellata. Facendola cuocere finché s’attacchi, toccandola colle dita senza troppa resistenza, mettendola poscia ne‘ vasi, che per tal effetto avrete preparati. Questo metodo, benché semplice, tuttavia è buonissimo.

confettura di gelatina d’uva spina.


Chiarificato che avrete il zuccaro, come sopra alla pag. 331, mettete per ogni libbra di zuccaro una libbra di frutto. Fate cuocere il zuccaro alla consistenza di cassè pag. 332, che si conosce mettendo un dito già bagnato nell’acqua poi nel zuccaro, e subito ritirato immergerlo di nuovo nell’acqua, che avrete cura di tenerla in un bicchiere colla sinistra mano; e se il zuccaro secca nell’acqua, e premendolo colle dita si rompa, è segno che è tempo di mettere il frutto col zuccaro, ed allora le farete dare due bolli ben coperto; poscia ritirate la confettura dal fuoco, passatela alla stamigna, e mettetela subito ne’ vasi.
Quando sarà fredda coprite i vasi, bagnando la prima carta che volete mettervi 419sopra nell’acquavita, affinché la confettura si conservi meglio; osservarete questo metodo in tutte le confetture, e giammai coprirete i vasi se la confettura non è del tutto fredda.

confettura di gelatina d’uva spina alla cittadina.


Bisogna chiarificare il zuccaro, come alla pag. 331, prendete poscia l’uva spina che metterete in una pentola, e fatela liquefare sul fuoco, facendole dare due o tre bolli, mettetela poscia a sgocciolare sopra una stamigna: misurate poscia il sugo che avrete ricavato dall’uva spina, e metterete altrettanto di zuccaro chiarificato in un’altra pentola, che farete cuocere alla consistenza di cassè come il precedente, e vi metterete dentro il sugo d’uva spina, facendole dare due bolli ben coperta, schiumatela bene, e mettete indi la gelatina ne’ vasi.

confettura di gelatina di pomi.


Si fa nello stesso modo che quella d'uva spina, con questa differenza che bisogna estrarre il sugo de’ pomi, facendoli bollire in alquanto d’acqua, poscia li passerete in una stamigna, premendoli un poco: e vi servirete di questo sugo per mettere nel zuccaro. La cottura è la stessa come quella di uva spina; voi conoscerete la giusta cottura, mettendo la schiumora nella pentola, e levandola con tenerla alquanto inclinata, se la gelatina nel colare dalla schiumora cade in forma di perla, il che è segno che è cotta, mettetela subito ne’ vasi.

420
marmellata di pomi.


Fate bollire nell’acqua de’ pomi di ranette intieri finché cominciano ad esser molli sotto le dita, poi metteteli nell’acqua fresca per levargli a ciascuno la pelle, e poscia fateli passare per una stamigna, premendo forte, mettendo ciò che vi sarà passato in una pentola per farla disseccare al fuoco, fino che la marmellata sia ben consistente. Fate cuocere secondo il peso della marmellata altrettanto zuccaro in consistenza della gran piuma (così detta la settima cottura del zuccaro pag. 332), mischiate il tutto insieme, rivolgendo con una spatola, o cucchiaio di legno; rimettetela sul fuoco solo per farla scaldare, rivolgendola sempre, ed allorché comincia a bollire levatela, e mettetela ne’ vasi, quando poscia sarà alquanto intiepidita, ricordandovi bene di non coprirla finché la marmellata sia fredda affatto.

marmellata di prune.


Tagliatele li nocciuoli alle prune che vorrete impiegare, fatele bollire sul fuoco con un poco d’acqua finché siano ridotte in marmellata, passatele per una stamigna, e rimettete sul fuoco ciò che vi sarà passato, e fate bollire finché la marmellata cominci ad attaccarsi alla pentola, indi mettetevi altrettanto zuccaro quanto avrete di marmellata, mettete il zuccaro con un quartino di acqua, fate bollire, e schiumate; la giusta cottura del zuccaro la conoscerete immergendo due dita nell’acqua fresca, indi mettendoli nel zuccaro, poi nell’acqua; se il 421zuccaro attaccato alle dita si rompe netto, allora vi aggiugnerete la marmellata per stemprarla col zuccaro, rivolgendo sempre finché freme; mettetela ne’ vasi, e quando sarà fredda spargetevi un poco di zuccaro fino di sopra.

confettura di prune.


Prendete le prune che vi saranno più in grado, come mirabelle, ec., fatele imbianchire, quando saranno molli sotto le dita, ritiratele con una schiumora, e mettetele nell’acqua fresca; chiarificate cinque libbre di zuccaro per ogni centinaio di prune; mettete le prune ad una ad una nel vaso affinché non si guastino, e sopra versatevi il zuccaro un poco più tepido; ogni giorno sera, e mattina metterete a sgocciolare le prune sopra d’una stamigna, e farete bollire il zuccaro, schiumandolo bene; poscia rimettete le prune nel vaso, versandovi di sopra il zuccaro un poco più tepido, e farete la stessa operazione per lo spazio di quattro o cinque giorni. Bisogna che la pruna Reine Claude sia verde, e le altre prune del loro colore: alla fine se vedete che il zuccaro non sia abbastanza in siroppo all’ultima cottura lo tirarete alla sua consistenza, aggiugnendovi due bicchieri di acqua per disgrassarlo, allora ancor bollente gettatelo sulle prune.

confettura d’albicocche intiere, o per metà.


Si usa lo stesso metodo per le albicocche, come s’è fatto alle prune.

422
marmellata di peri.


Fate cuocere nell’acqua finché siano teneri sotto le dita la quantità di peri che vorrete, levateli la pelle, e prendete solo la polpa, la quale passarete in una stamigna, mettendoli al fuoco, con rivolgerli sempre finché comincino ad attaccarsi alla pentola, indi secondo il loro peso mettete altrettanto zuccaro in una pentola con un quartino d’acqua, facendolo bollire, ed ischiumare, continuando a farlo bollire fin a tanto che immergendo dentro la schiumora, e scuotendola si alzino lunghe scintille di zuccaro unite assieme, allora mettetevi la marmellata per stemprarla col zuccaro assieme sopra del fuoco, quando principierà a fremere mettetela ne’ vasi, e quando sarà fredda aggiugnetevi sopra del zuccaro fino.

confettura d’albicocche verdi, ed amandole verdi.


Dopo che loro avrete levata la lanugine, o sia pelo dalle albicocche, ed amandole, come sopra si è detto alla composta alla pag. 411, fatele cuocere nell'acqua nella stessa maniera finché pungendole con una spilla entri dentro facilmente, e le albicocche caschino da loro stesse. Chiarificate una libbra di zuccaro per ciascuna libbra di frutto, facendo bollire il zuccaro per quattro o cinque giorni sera, e mattina senza il frutto, che metterete a sgocciolare, come si è detto alle prune, e poscia le metterete in un vaso di terra, versandovi di sopra il zuccaro, proccurando che resti un poco più che 423tepido. Quando poi le albicocche, od amandole saranno ben verdi, allora la confettura sarà fatta.


Levate tutte le sementi dell’agresto, e mettete una libbra di zuccaro per ciascuna libbra di agresto; poscia pigliate una parte dell’agresto che metterete nella pentola, mettendovi anche una parte del zuccaro sopra, il quale dovrà essere in polvere, aggiugnendovi poscia un’altra parte dell’agresto sopra, con un’altra parte di zuccaro, pure in polvere, e così continuando un suolo sopra l’altro fino alla fine: allora metterete l’agresto sopra il fuoco per farlo bollire dolcemente finché divenghi ben verde, il che sarà un segno certo della perfetta cottura, e mettetela subito ne’ vasi.

confettura d’agresto intiero.


Per ogni libbra di frutto bisogna mettervi una libbra di zuccaro in polvere, aggiustando bene il tutto nella pentola, e facendolo cuocere sopra un buon fuoco: fatelo bollire ben coperto due o tre bolli, e se l’agresto non è ben verde, bisogna lasciarlo bollire a fuoco lento finché sia divenuto ben verde, ed allora voi lo metterete ne’ vasi.


Mettete al fuoco dell’acqua, e quando sarà vicina a bollire mettetevi dentro quattro libbre d’agresto, levandoli prima il grappolo; quando sarà vicino a bollire levatelo dal fuoco, coprendolo per farlo ritornar 424verde, lasciandolo nella stess’acqua, finché sia affatto fredda, levatelo poscia per passarlo alla stamigna, e cavarne il più di marmellata che potrete, premendolo fortemente con un cucchiaio, mettete poscia questa marmellata in una pentola per farla disseccare sul fuoco finché resti consistente. Sopra ciascuna libbra farete cuocere altrettanto di zuccaro in consistenza della grande piuma pag. 332, mettendovi la marmellata per stemprarla bene col zuccaro, rimettetela poscia sul fuoco solo per farla scaldare, rivolgendola sempre finché vedrete che sia vicina a bollire, allora mettetela subito ne’ vasi.

marmellata di agresto alla cittadina.


Prendete la quantità d’agresto che vorrete, il quale non sia affatto maturo: levategli il grappo mettendolo nell’acqua che sia vicina a bollire; allorché comincia l’agresto ad impallidire, e che si è alzato sopra dell’acqua gettatevi un poco d’acqua fresca, e levatelo dal fuoco, coprendolo finché sia divenuto verde, e lasciandolo nella stess’acqua, che farete scaldare finché divenghi verde abbastanza: dopo lasciatelo ben sgocciolare, indi passatelo per una stamigna, premendolo fortemente con un cucchiaio di legno; poscia secondo il peso della marmellata mettete altrettanto zuccaro fino nella pentola, facendo bollire tutto insieme finché immergendovi un dito nella marmellata, ed appoggiandolo contro un altro si attacchino insieme, senza però troppa resistenza; indi mettetela dentro de’ vasi, dopo che si sarà alquanto raffreddata.

425
gelatina d’uva moscatella, e d’agresto.


Si fa nella stessa maniera, come quella di uva spina alla cittadina.

marmellata d’amandole, ed albicocche verdi.


Togliete la lanugine alle amandole od albicocche, come sopra si è detto alla pagina 411, fatele cuocere finché divengano ben tenere, ritirandole nell’acqua fresca, e facendole poscia ben sgocciolare, indi schiacciatele per passarle alla stamigna; mettete poscia questa marmellata sopra il fuoco per farle consumare tutta la superflua umidità, rivolgendola però sempre finché cominci ad attaccarsi alla pentola; poscia secondo il peso della marmellata mettete altrettanto zuccaro in altra pentola sopra il fuoco con un quartino d’acqua, fatelo bollire, e schiumatelo bene: continuando a farlo bollire finché immergendo due dita nell’acqua fresca, poi mettendole nel zuccaro, e di nuovo nell’acqua, il zuccaro che resta sulle dita si rompa tutto; allora mettetevi subito la marmellata per stemprarla assieme col zuccaro senza che bolla, e poscia mettetela ne’ vasi.

marmellata di fragole.


Mondate, e lavate mezza libbra di fragole, facendole sgocciolare, e passandole in una stamigna per metterle in marmellata; mettete sopra il fuoco una libbra di zuccaro con un bicchiere d’acqua, fatelo bollire, ed ischiumare, continuando a farlo bollire 426finché immergendovi dentro la schiumora, e scuotendola ve n’escano delle lunghe scintille. Mettetevi allora la marmellata di fragole per stemprarla col zuccaro, rivolgendola sempre sopra un fuoco mediocre senza lasciarla bollire, e poscia mettetela ne’ vasi.

marmellata di more.


Fate cuocere una libbra di zuccaro, come si è detto sopra per le fragole; quando sarà cotto mettetevi le more preparate in questa maniera: mondate due libbre di more, passandole in una stamigna per metterle in marmellata, la quale disseccarete sopra il fuoco finché s’attacchi alla pentola, indi mettetela nel zuccaro, facendola alquanto bollire, rivolgendola sempre, e poscia collocatela ne’ vasi a ciò destinati.

marmellata di ciriegie.


Fate cuocere due libbre di zuccaro come sopra; indi mettetevi quattro libbre di ciriegie, dopo averle tolti i nocciuoli, ed i gambi, rivolgetele col zuccaro, e fatele bollire insieme, finché il siroppo s’attacchi alle dita: allora levatela dal fuoco per metterla ne’ vasi.

marmellata di fiori di cedro.


Mettete oncie venti di zuccaro in una pentola con un quartino d’acqua; fatelo bollire, e ben ischiumare, continuando a farlo bollire finché immergendovi la schiumora dentro, e scuotendola con soffiare a traverso de’ buchi vi escano delle piccole 427scintille di zuccaro: mettetevi poscia de’ fiori di cedro preparati in questa maniera.
Prendete una mezza libbra di fiori di cedro men duri, fateli bollire per lo spazio di un mezzo quarto d’ora nell’acqua, poi levate quest’acqua dal fuoco, mettendovi un piccolo pugillo di alume; mettete poscia dell’altr’acqua al fuoco, e quando bollirà premetevi dentro il sugo di un citrone, aggiugnetevi poscia i fiori di cedro, quali avrete già ritirati colla schiumora, lasciandoli però prima ben sgocciolare, e fateli bollire in dett’acqua di citrone finché siano ben teneri sotto le dita, indi metteteli un’ora appresso nell’acqua fresca con alquanto sugo di citrone: premete poscia i fiori di cedro in un pannolino per farne uscire l’acqua, e pestateli in un mortaio per farli in marmellata. Mettete questa marmellata nel zuccaro per stemprarla insieme sopra un piccolo fuoco, versandovi il zuccaro più volte senza lasciarla bollire, aggiustatela quindi ne’ vasi, gettandovi sopra quando sarà fredda alquanto di zuccaro fino.

marmellata di persici.


Pelate de’ persici non troppo maturi, e dopo di aver loro tolti i nocciuoli tagliateli in pezzi, indi farete questa marmellata nella stessa maniera che le albicocche sans façon alla pag. 417.

marmellata di "epine-vinette".


Fate cuocere una libbra e mezza di zuccaro nella stessa maniera della marmellata 428di peri, indi mettetevi l’epine-vinette preparata in questa maniera.
Prendete una libbra d’epine-vinette sgranellata, che metterete in una casseruola con un bicchiere d’acqua: facendola bollire finché sia ridotta in marmellata; passatela indi alla stamigna, premendola forte acciò non vi resti che la pelle sopra la stamigna; rimettete poi sopra il fuoco nella pentola ciò che vi è passato, rivolgendola sempre finché si attacchi alla pentola, indi mischiatela col zuccaro per unirla insieme finché voglia bollire, poscia la metterete ne’ vasi.

marmellata di cotogni.


Prendete la quantità di cotogni che vorrete, fateli cuocere nell’acqua finché siano teneri; dopo fateli raffreddare nell’acqua fresca, indi tagliateli in quarti, togliendoli il mezzo con la semente, e la pelle, schiacciateli poscia, e passateli alla stamigna, mettendo tutto ciò che avrete passato in una pentola sopra il fuoco, rivolgendo sempre finché la marmellata divenghi consistente; poscia secondo il peso della marmellata mettete altrettanto zuccaro in altra pentola, facendolo cuocere, come si è detto nella marmellata di peri alla pag. 422, indi mischiatela col zuccaro per stemprarla sopra il fuoco, ritirandola quando comincia a fremere per metterla ne’ vasi.

429CAPITOLO XXV
DE’ SIROPPI
Siroppo di viole.


Sopra tre oncie di violette mondate, che porrete in un vaso di terra, versatevi un quartino d’acqua bollente, mettendo qualche cosa di proprio sopra le violette per tenerle immerse nell’acqua; copritele poscia mettendole sopra della cenere calda per lo spazio di due ore; indi passate le violette per un pannolino, il quale premerete forte per farne escire l’acqua; questa quantità di viole deve rendervi quasi una pinta di acqua; se ne cavarete una pinta mettetevi due libbre e mezza di zuccaro in una pentola con un quartino d’acqua, facendolo bollire, ed ischiumare, continuando a farlo bollire finché immergendo le dita nell’acqua, e poscia nel zuccaro, e di nuovo nell’acqua, il zuccaro che sarà rimasto attaccato alle dita si rompa netto, allora versatevi l’acqua di violette, ed abbiate cura che il siroppo non bolla; quando che saranno ben incorporate insieme mettete il siroppo in un vaso di terra, coprendolo bene, indi lo metterete sopra della cenere calda per tre giorni, proccurando che vi sia sempre il calore eguale senza che sia troppo caldo; conoscerete che il siroppo sia fatto allora 430quando mettendovi due dita dentro, e poi ritirandoli, nel distaccare un dito dall'altro forma un filo che non si rompe, e lo ritirarete ne’ vasi propri.

Siroppo di ciriegie.


Prendete due libbre di ciriegie ben mature, e sane, e levate loro le code, ed i nocciuoli, poscia mettetele in una pentola sul fuoco con un gran bicchiere d’acqua, facendole dare otto o dieci bolli, indi passatele alla stamigna, mettendo poi in altra pentola sul fuoco due libbre di zuccaro con un bicchiere d’acqua, facendolo bollire, ed ischiumandolo, continuando a farlo bollire finché immergendovi la schiumora, e scuotendola sopra il zuccaro, soffiandovi indi a traverso de’ buchi ve ne escano delle scintille di zuccaro, allora vi metterete subito il sugo di ciriegie, facendolo bollire insieme finché il siroppo abbia preso la sua consistenza.

Siroppo di albicocche.


Secondo il tempo che volete conservare i siroppi metterete più, o men zuccaro. Per il siroppo d’albicocche che volete conservare da una stagione all’altra, per ogni libbra di frutto vi metterete due libbre di zuccaro.
Prendete adunque una libbra d’albicocche ben mature, toglietene i nocciuoli, da cui prenderete le amandole, e dopo di averle pelate le triturarete in pezzi, indi tagliarete in piccoli pezzetti le albicocche; mettete due libbre di zuccaro in una 431pentola con un bicchiere d’acqua, e fatelo cuocere come il siroppo di ciriegie, indi mettetevi le albicocche coi nocciuoli, facendo cuocere il tutto insieme a fuoco mediocre finché prendendo del siroppo con due dita, e distaccandoli l’uno dall’altro si formi un filo che si sostenga, e non si rompa, allora lo passarete in una stamigna, potete altresì fare il siroppo in quest’altra maniera.
Dopo di aver tagliate le albicocche, ed i nocciuoli, come si è detto, mettetele sul fuoco con un bicchiere d’acqua, fatele bollire finché siano in marmellata, la quale passarete in una stamigna, premendo forte, lasciatela indi riposare, e colatela per una servietta, mettete questo sugo nel zuccaro per farlo cuocere alla consistenza d’un siroppo denso.

Siroppo di more.


Prendete duecento more ben nere, mettetele sul fuoco con un gran bicchiere d’acqua; fatele dare cinque o sei bolli finché abbiano renduto tutto il loro sugo, e passatele per una stamigna: lasciatele riposare, e ripassatele un’altra volta per una stamigna più densa; prendete due libbre di zuccaro, che metterete al fuoco con un quartino di acqua, fatelo bollire, schiumandolo, e continuate a farlo cuocere finché immergendovi due dita bagnati nell’acqua, poi nel zuccaro, e nell’acqua, e il zuccaro che resta nelle dita si rompa netto, allora vi metterete l’acqua di more; fatela scaldare finché sia incorporata col zuccaro, avendo attenzione che non bolla, indi mettetelo in 432un vaso di terra ben coperto, che lo porrete sopra di cenere calda per tre giorni, con calore eguale il più che potrete, senza che sia troppo forte; conoscerete che è in consistenza allorché prendendo del siroppo con un dito appoggiandolo contro l’altro, ed aprendoli tutti due si formi un filo, che non si rompa così facilmente, mettetelo ne’ vasi, e non otturatelo finché sia del tutto freddo.

Siroppo d’agresto.


Prendete due libbre di zuccaro grossolano, che metterete al fuoco con un quartino d’acqua; fate bollire ed ischiumare, facendolo cuocere finché immergendovi la schiumora, e scuotendola sopra, soffiando a traverso de’ buchi vi escano delle scintille di zuccaro, mettetevi poi dell’agresto preparato in questa maniera.
Prendete due libbre d’agresto ben verde e grosso, toglietene i grappoli, pestatelo, e spremetene il sugo, passandolo in una stamigna ben densa, lasciatelo riposare, e ritiratelo al chiaro, mettendolo nel zuccaro per farlo bollire insieme finché siano ridotti in siroppo denso, il che conoscerete quando si formerà un filo nelle dita come il precedente.

Siroppo di cotogni.


Prendete una dozzina di cotogni maturissimi, toglietene il di dentro, e la pelle, pestate il resto, e metteteli in una stamigna forte per torcerli a forza, ed indi ricavarne in questa maniera tutto il sugo; lasciatelo 433poi riposare per ritirarlo al chiaro; sopra ogni quartino prendete una libbra di zuccaro grossolano che farete cuocere nella stessa maniera del siroppo d’agresto: quando il zuccaro sarà cotto mettetevi il sugo di cotogni, che farete bollire insieme finché il siroppo abbia la medesima consistenza, come il precedente.

Siroppo di altea.


Fate cuocere una libbra di zuccaro grossolano nella stessa maniera come il siroppo d’agresto, indi mettetevi un’acqua d’altea fatta in questa maniera.
Fate cuocere in un boccale d’acqua nove oncie di altea trita, dopo d’averla raschiata, e lavata lasciatela bollire finché l’acqua s’attacchi alle dita, poi mettetela in una stamigna per torcerle, ed estrarle il sugo: lasciate riposar l’acqua, ritirandola al chiaro, prendetene il più chiaro per metterlo nel zuccaro, e fatelo bollire insieme finché abbia la consistenza di un siropo denso come sopra.

Siroppo di pomi.


Prendete tre oncie di pomi ranetti ben sani, tagliateli in fette più piccole che potrete, e fatele cuocere con un quartino di acqua; quando saranno in marmellata metteteli in una stamigna per estrarne poscia tutto il sugo, indi lasciatelo riposare, e tiratelo al chiaro; sopra ogni quartino di sugo farete cuocere una libbra di zuccaro nella stessa maniera del siroppo di ciriegie: quando sarà cotto mettetevi il sugo di 434pomi, e fate bollire insieme alla cottura de’ precedenti.

Siroppo di citroni.


Il siroppo di citrone si fa ordinariamente allorché se n’ha di bisogno; per tal effetto metterete una mezza libbra di zuccaro in una pentola con un piccol bicchiere d’acqua; fatelo bollire, ischiumandolo, e continuando a farlo cuocere finché immergendo un dito nel zuccaro, ed appoggiandolo contra l’altro, poscia aprendoli ambedue si formi un filo che si rompe, e forma una goccia sopra il dito; allora mettetevi il sugo di un piccolo citrone, facendogli dare ancora alcuni bolli, indi servitevene.

Siroppo di capelvenere.


Prendete un’oncia di foglie di capelvenere, mettetele in un boccale d’acqua bollente, lasciandole infusione per dodici ore sopra la cenere calda, indi passando in una stamigna il decotto lo metterete nel zuccaro preparato in questa maniera.
Mettete una libbra di zuccaro in una pentola, e fatelo bollire ischiumandolo; continuate a farlo cuocere finché immergendo due dita nell’acqua fresca, e poi nel zuccaro, indi nell’acqua, il zuccaro che resta fra le dita si rompa netto; allora mettetevi l’acqua di capelvenere senza far bollire; e quando poscia sarà bene mischiata col zuccaro metterete il siroppo in un vaso di terra coperto sopra dalla cenere calda per tre giorni con un calore uguale, il siroppo 435sarà fatto allorché sarà tirato in consistenza, come si è detto degli altri.

Siroppo di orzata.


Secondo la quantità del siroppo che volete fare vi regolarete sopra questa dose.
Sopra una mezza libbra di amandole dolci mettetevi due oncie di grani delle quattro sementi fredde, ed una mezz’oncia di amandole amare; mettete le amandole amare nell’acqua bollente, ritirandole subito per toglierle la pelle, gettandole a misura che le pelate nell’acqua fresca, indi asciugatele, e poi le pestarete in un mortaio colle sementi fredde il più fino che potrete: e per impedire che non si convertano in olio vi metterete di tanto in tanto un mezzo cucchiaio d’acqua, indi stemprarete la pasta con un quartino d’acqua tepida lasciata infusione per tre ore sopra della cenere calda; passatela poscia in una servietta aperta, premendola fortemente con un cucchiaio di legno per farne escire tutta l’espressione delle amandole: prendete una libbra di zuccaro cotto, come quello del siroppo di capelvenere, e finitelo nella stessa maniera sopra la cenere calda.

Siroppo di papavero selvatico.


Il papavero è un fiore che viene nelle biade, con cui si fa uno siroppo buono per il raffreddore. Prendetene una mezza libbra che metterete in un vaso di terra, versandovi sopra un boccale d’acqua bollente, e lasciandolo infusione per ventiquattr’ore sopra della cenere calda, indi fategli dare due 436bolli, e passatelo in una stamigna premendo ben forte per farne escire tutto il sugo: mettete poscia una libbra di zuccaro in una pentola con un bicchiere di acqua, e fatelo bollire ischiumandolo, indi mettetevi l’acqua di papavero, facendola cuocere insieme fino alla consistenza di siroppo, come si è detto ne’ precedenti.
Il siroppo di fiori di persico si fa nella medesima maniera.

Siroppo di cavoli rossi per fortificare il petto.


Tagliate, e lavate un grosso cavolo rosso, e mettetelo in una pignatta con acqua per farlo cuocere tre o quattr’ore, acciò non vi resti che un boccale di acqua: passate il cavolo in una stamigna, premendolo fortemente per farne uscire il sugo, indi lasciatelo riposare, e tiratelo al chiaro; poscia prendete una libbra di miele di Spagna, che metterete in una pentola con un bicchiere d’acqua; fatelo bollire ischiumandolo soventi, allorché il miele sarà ben chiaro mettetevi l’acqua del cavolo per far bollire insieme fino che sia pervenuto alla consistenza di siroppo come sopra.

Pasta d’amandole per far orzata.


Prendete una libbra di amandole dolci, le metterete per alquanto di tempo nell’acqua tepida per pelarle, gettandole di mano in mano a misura che le pelarete nell’acqua fresca; indi le pesterete bene, gettandovi dell’acqua di tanto in tanto affinché non si riducano in olio: quando che 437saranno ben pestate, mischiatevi una mezza libbra di zuccaro ben pesto, facendo una pasta insieme per servirvene al bisogno, e questa si conserva quasi un anno. Quando poi vorrete servirvene ne prenderete un pezzo grosso come un uovo, stemprandolo bene con tre quartini d’acqua, e poscia passatelo in una servietta.

CAPITOLO XXVI
DELLE CONSERVE
Conserva di violette.


Prendete un foglio di carta bianca, che lasciarete doppio, piegandolo all’intorno per fargli un bordo dell’altezza di un pollice, che faccia la figura di una cassa. Indi prendete una libbra di zuccaro, il quale metterete in una pentola con un bicchiere d’acqua, facendolo bollire ed ischiumandolo; continuate a farlo cuocere finché immergendovi la schiumora dentro, e scuotendola d’un rovescio di mano s’alzino in aria delle piccole scintille lunghe, che siano unite. Levatelo allora dal fuoco, e quando che sarà divenuto a metà freddo, mettetevi le violette preparate in questo modo.
Prendete due oncie di violette monde, che pestarete ben fine in un piccolo mortaio, stempratele col zuccaro, rimenando presto con un cucchiaio di legno, o con una 438spatola senza rimettere al fuoco, versandola subito nelle casse di carta; quando che sarà fredda passatevi il coltello sopra, segnando in quadro, ed in lungo in varie maniere, ed in piccoli quadrati, e quando sarà del tutto fredda la pasta, potrete romperla per servirvene.

Conserva d’uva spina.


Prendete una libbra d’uva spina rossa, togliendole i grappi, e mettendola al fuoco con un bicchiere d’acqua, facendola bollire finché abbia reso tutto il sugo, passatela alla stamigna, premendo forte; mettendo indi tutto ciò che vi sarà passato sopra il fuoco, affinché si riduca in marmellata densa. Poscia mettete una libbra di zuccaro con un bicchiere d’acqua in una pentola, facendolo bollire, ed ischiumandolo: seguitate a farlo cuocere finché immergendovi due dita già bagnati nell’acqua, e poi di nuovo in essa, il zuccaro che resta nelle dita si rompa netto; allora levatelo dal fuoco, e mettetevi la marmellata, rivolgendola bene insieme finché vedrete che si forma di sopra un piccolo ghiaccio, allora versatela in una forma di carta, come si è detto alle violette di sopra.

Conserva di more.


Fate cuocere una libbra di zuccaro come sopra, e mettetevi le more preparate in tal maniera.
Schiacciate, e passate alla stamigna una libbra di more con due oncie di uva spina rossa, il tutto ben mondato, mettendo ciò 439che sarà passato in una pentola al fuoco per toglierle la superflua umidità, mettendola poscia nel zuccaro, e terminandola come si è detto a quella di violette.

Conserva di ciriegie.


Fate cuocere una libbra di zuccaro come sopra; prendete una libbra di ciriegie togliendole tutti i gambi, ed i nocciuoli, e facendole rendere tutto il suo sugo sopra il fuoco; indi passatele alla stamigna, premendo forte con un cucchiaio di legno: poscia mettetele sopra il fuoco per toglierle la umidità superflua, e terminarete come si è detto alla conserva di violette.

Conserva di fiori di cedro.


Mettete una libbra di zuccaro in una pentola con un gran bicchiere d’acqua; fatelo bollire, ed ischiumatelo, indi continuando a farlo cuocere finché immergendovi la schiumora, ed un colpo di mano gettando ne volino scintille che si tenghino unite l’una all’altra; indi levatelo dal fuoco, e mettetevi li fiori preparati in tal modo.
Prendete delle foglie di fiori di cedro ben bianche, frastagliatele un poco con un coltello, bagnandole con la metà del sugo di un citrone, mettendole nel zuccaro, e rivolgendole senza però che sia al fuoco, finché il zuccaro divenghi bianco attorno la pentola, allora versate la conserva nelle forme di carta, come si è detto nelle precedenti.

440
Conserva d’albicocche, e persici.


Fate cuocere una libbra di zuccaro, come si è detto alle violette, cotto che sia mettetevi quattr’oncie di marmellata d’albicocche fatta in questa maniera.
Prendete quindeci, o dieciotto albicocche secondo la loro grossezza, che non siano affatto mature, mondatele da’ nocciuoli, e dalla pelle; tagliatele in pezzi, e fatele cuocere con alquanto d’acqua finché siano ridotte in marmellata ben secca e consistente, allora mettetela nel zuccaro, terminando la conserva come le precedenti.
La conserva di persici si fa nella stessa maniera come quella d’albicocche.

Conserva d’agresto.


Fate cuocere una libbra di zuccaro, come si è detto alla conserva di violette; cotto che sarà levatelo dal fuoco, rivolgendolo per due minuti circa, poscia mettetevi una marmellata d’agresto fatta in questa maniera.
Prendete una libbra d’agresto maturo, e toltogli il grappo mettetelo al fuoco per farlo cuocere in marmellata, indi passatelo in una stamigna, premendolo forte finché non vi resti che la semente, e la pelle, rimettete al fuoco la marmellata affinché prendi alquanto di consistenza, indi mettetela nel zuccaro, rimescolandola bene sin a tanto che il zuccaro incominci ad imbianchire attorno a’ bordi della pentola; allora versatela subito nella forma come le violette.

441
Conserva d’altea.


Tagliate in piccoli pezzetti una libbra circa d’altea, e dopo di averla raschiata, e lavata bene, fatela cuocere in un vaso di terra con alquanto d’acqua finché sia ridotta in marmellata, allora passatela per una stamigna, premendola forte; rimettete poscia sul fuoco tutto ciò che vi sarà passato, rivolgendolo sempre finché si riduca alla consistenza: fate poscia cuocere una libbra di zuccaro nella stessa maniera, come si è detto dell’uva spina, mettendovi dentro la marmellata, e terminatela come sopra.

Conserva di uva moscatella.


Prendete dell'uva moscatella, perché è la più buona, del peso di una libbra, e mezza, e tolti bene i grappi mettetela sul fuoco per farla crepare, indi passatela in una stamigna a tutta forza, mettendo ciò che vi sarà passato al fuoco, e riducendo la marmellata in una buona consistenza; indi farete cuocere una libbra di zuccaro nella stessa conformità, come si è detto all’uva spina: cotto che sarà aggiugnetevi la marmellata d’uva, terminandola come si è detto nelle precedenti.

Conserva di Portogalli.


Mettete una libbra di zuccaro in una pentola con mezzo bicchiere d’acqua, e fatelo bollire senza schiumarlo finché immergendovi la schiumora nel zuccaro, e soffiando a traverso de’ buchi ve n’escano di grandi scintille di zuccaro, allora levatelo dal 442fuoco, e quando sarà mezzo freddo vi metterete la scorza d’un Portogallo raschiata ben fina, e la rivolgerete col zuccaro finché incominci a divenir consistente: allora verserete la conserva nella forma di carta, come si è detto delle altre.
La conserva di citrone, di melarancio, e di limoni si fa nello stesso modo.

Conserva di caffè, e di cioccolato.


Mettete una libbra di zuccaro in una pentola al fuoco con un bicchiere d’acqua, fatelo bollire, ed ischiumatelo bene, continuando poscia a farlo bollire finché immergendovi la schiumora dentro, e soffiando a traverso ve n’escano delle piccole scintille di zuccaro; allora levatelo dal fuoco, lasciandolo alquanto raffreddare, indi mettetevi un’oncia di caffè macinato di fresco, e rivolgetelo bene insieme; quando il caffè sarà poi bene incorporato, verserete la conserva nelle forme di carta, come le precedenti.
La conserva di cioccolato si fa nella stessa maniera, colla differenza però che per ogni libbra di zuccaro vi vuole solamente una mezz’oncia di cioccolato raschiato finissimamente.

443Capitolo XXVII
DE’ FRUTTI ALL’ACQUAVITA, E RATTAFIA
Albicocche all’acquavita.


Cominciate a mettere in confettura le albicocche, come si è detto alle prune confette; mettetele indi col suo siroppo al fuoco; quando bolliranno gettatevi dentro una pinta di acquavita, facendo loro dare un bollo, poscia ritiratele, e mettetele ne’ vasi. Bisogna osservare quello che fa d’uopo, cioè di mettere una pinta d’acquavita per ogni centinaia d’albicocche, essendo necessario anche di levare la pentola dal fuoco, poiché nel versarvi dentro l’acquavita potrebbe darsi che dentro s’attaccasse il fuoco oncie bisognerebbe aver in pronto un qualche straccio bianco bagnato nell’acqua per coprirne la pentola subito, e con tal mezzo estinguere il fuoco di dentro; ma il meglio è di proccurare che questo non arrivi.

"Rattafia" d’albicocche.


Tagliate in piccoli pezzi quattr’oncie di albicocche, e rompetene i loro nocciuoli 444per prenderne le amandole, quali dopo che avrete pelate le pestarete bene, mettendole poscia nel vaso colle albicocche, e due pinte d’acquavita, una mezza libbra di zuccaro, un poco di cannella, ed otto garofani con alquanto di macis; otturate bene il vaso lasciandovi il tutto in fusione per quindici giorni, o tre settimane, proccurando di scuotere di tanto in tanto il vaso; indi passatelo per un colatoio per metterlo ne’ vasi che porterete poi in cantina.

Sorta di liquore.

Peri di "roussellet" all’acquavita.


Si fanno nello stesso modo, come di sopra si è detto delle albicocche all’acquavita.

Prune all’acquavita.


Le prune di qualsivoglia sorta esse siano si fanno nella stessa maniera come le albicocche all’acquavita, osservando la stessa cottura.

"Rattafia" di ciriegie.


Prendete delle ciriegie belle, e ben mature, levate loro i gambi, ed i nocciuoli, aggiugnendovi alquanto di mora di rovo, schiacciate poi il tutto assieme, mettendole in qualche vaso che sia ben proprio, e lasciandole per quattro o cinque giorni; proccurate di rivolgere la massa due o tre volte al giorno che così prenderà un bel colore, ed ottimo gusto: allora premete il tutto bene per ricavarne il sugo; e poscia misurarete il sugo ricavato, e sopra tre pinte di sugo vi metterete altrettanto d’acquavita, e sopra questa dose pestarete tre pugilli 445de’ nocciuoli delle stesse ciriegie, e tre oncie di zuccaro per ogni pinta di rattafia. Mettete il tutto infusione nello stesso vaso con un pugillo di coriandri, ed un poco di cannella; bisogna poi rivolgerlo sette o otto volte al giorno; indi lo passarete in un colatoio ben chiaro, per poi mettere nel fiasco in cantina.

Ciriegie all’acquavita.


Sopra una pinta d’acquavita mettetevi un boccale di sugo di mora di rovo che avrete schiacciato, e passato alla stamigna per estrarne il sugo; mettete con questo sugo l’acquavita, e una libbra e mezza di zuccaro; quando sarà liquefatto terrete apparecchiate delle belle ciriegie chiare, e mature, tagliatele i gambi a metà, ed aggiustatele nel vaso, versatevi sopra l’acquavita mischiata col zuccaro, bisogna che vi sia abbastanza di umido perché siano ben immerse le ciriegie; otturate bene il fiasco, e servitevene al bisogno.
Nell’inverno si può servirsene per ghiacciare in bianco, immergendole nel zuccaro meschiato con alquanto di bianco d’uova, o per mettere al caramel.

"Rattafia" di frutti rossi.


Prendete due libbre di ciriegie, e dopo di avere loro tolti i gambi, ed i nocciuoli, prendete una libbra di uva spina (detta uva tramata), una libbra di amarene nere, una libbra di mora di rovo, ed una libbra di more, che metterete appresso se non le avete tutte nello stesso tempo; schiacciate 446tutti questi frutti insieme per metterli in un vaso col loro sugo, e la metà de’ nocciuoli delle ciriegie ben pesti: lasciate il tutto infusione per tre giorni, indi passate il sugo in una stamigna per rimetterlo nello stesso vaso con altrettanta acquavita, quanto voi avrete il sugo, mettendovi tre oncie di zuccaro per ogni pinta di rattafia, ed un bastoncello di cannella. Lasciatelo infusione per due mesi; indi tirate il rattafia al chiaro per metterlo ne’ vasi.

Vino di ciriegie.


Per fare cinque pinte di vino prendete quindici libbre di ciriegie con due libbre di uva spina, che schiacciarete bene insieme; pestate li due terzi de’ nocciuoli, che meschiarete colle ciriegie; mettendo il tutto in un barile con tre oncie di zuccaro per ogni pinta di vino che cavarete; bisogna che il barile sia pieno, ed allora lo coprirete soltanto con una foglia di vite, mettendovi attorno della sabbia finché più non bolla, non bollendo d’ordinario più di tre settimane; bisogna aver la cura di tener sempre il barile pieno, aggiugnendovi secondo lo vedrete a diminuire del sugo di ciriegie; poscia quando che più non bollirà otturate bene il barile col turacciolo, e due mesi appresso tiratelo al chiaro per metterlo ne’ fiaschi.

"Rattafia" di nocciuoli, e di semi.


Per fare il rattafia di nocciuoli bisogna prendere una libbra d’amandole d’albicocche, scegliendone le più belle, e migliori; 447si può anche servire delle altre in mancanza delle prime: mettetele poscia infusione in due pinte d’acquavita, una pinta di acqua, una libbra di zuccaro, un pugillo di coriandri, ed un poco di cannella per lo spazio di otto giorni; indi passatelo in un colatoio che sia ben chiaro, poi mettetelo nel fiasco: ogni sorta di rattafia di semi, e d’altri nocciuoli si fanno nello stesso metodo.

"Rattafia" di fior di cedro.


Prendete una libbra di fior di cedro mondati, con due pinte d’acquavita, una pinta d’acqua, ed una libbra di zuccaro, mettendo il tutto infusione per tre settimane oppure per un mese; indi passatelo per un colatoio come gli altri.

Altro "rattafia" di fior di cedro.


Mettete in un vaso ben otturato una libbra di fior di cedro, una pinta, e mezza di acqua, due pinte d’acquavita, ed una libbra e mezza di zuccaro: poi mettete questo vaso in una caldaia piena d’ acqua, che farete bollire sopra il fuoco per lo spazio di dieci ore; poscia levatelo dal fuoco, lasciandolo ben raffreddare avanti di tirarlo al chiaro, e si conserva come gli altri sopra.

"Rattafia" di fior di cedro in un’altra maniera.


Mettete una libbra di zuccaro in una pentola con un bicchiere d’acqua; facendolo bollire, ed ischiumandolo bene, continuate indi a farlo cuocere finché immergendo la 448schiumora, e ritirandola con soffiare a traverso de’ buchi ve n’escano delle grosse scintille di zuccaro; allora levatelo dal fuoco, mettendovi una mezza libbra di foglie di fiori di cedro; fategli dare due o tre bolli col zuccaro, togliendolo poscia dal fuoco, e coprendolo bene, lasciandolo per lo spazio di cinque o sei ore nel zuccaro, indi rimettetelo sopra di un fuoco lento con una pinta d’acquavita, lasciandolo sopra il fuoco mediocre fino che il zuccaro sia ben misto, ed incorporato coll’acquavita: indi passate il rattafia in una servietta, mettendolo dopo ne’ fiaschi.
Per conservare i fiori di cedro che vi hanno servito a fare il rattafia, dopo che saranno stati ben premuti prendete una mezza libbra di zuccaro, e mettetelo in una pentola con un poco d’acqua, facendolo bollire, ed ischiumandolo: continuate a fare cuocere finché immergendovi due dita nell’acqua, e poi nel zuccaro, e di nuovo nell’acqua fresca, il zuccaro che restò attaccato alle dita si rompa netto, allora mettetevi i fiori di cedro, e fategli dare un piccolo bollo, levatelo dal fuoco, e rivolgetelo finché il zuccaro divenghi in polvere, mettendolo poscia sopra una stamigna; ricordatevi di mettervi sotto qualche cosa per non perdere il zuccaro che passerà per traverso. Questi fiori di cedro vanno messi in un luogo secco per poterli conservare, servendosi poscia di essi per metterli nelle creme, ed in tutto ciò che ha bisogno di fiori di cedro triti.

449
"Rattafia" di cotogni.


Prendete de’ cotogni, che mondarete dalla lor pelle, e da’ semi, indi pestateli per cavarne il sugo, premendoli in una stamigna, e secondo la quantità del sugo che ricavarete, cioè se saranno tre pinte ne metterete due di acquavita, e tre oncie di zuccaro per ogni pinta, della cannella, del coriandro, zenzero, e macis, di ogni cosa con discrezione, facendo stare il tutto infusione per dieci, o dodici giorni; otturate poi bene il vaso in cui avrete posto il rattafia, acciocché l’aria non vi penetri dentro; indi passatelo per un colatoio ben chiaro, e mettetelo nel fiasco ben chino, portandolo in cantina, e più sarà vecchio sarà sempre migliore.

"Rattafia" d’anice.


Per fare due pinte di rattafia d’anice mettete una libbra di zuccaro in una pentola con un quartino d’acqua; fatelo bollire insieme finché il zuccaro sia bene ischiumato, e chiaro: indi farete bollire a parte un quartino d’acqua, mettendovi tre oncie d’anice, levatelo poscia dal fuoco senza bollire, lasciandolo infusione per un quarto d’ora, e mettetelo nel zuccaro con una pinta e mezza d’acquavita, rivolgendo poi bene il tutto insieme avanti di metterlo nel vaso che otturarete bene, mettendolo indi al sole per tre settimane. Prima di metterlo ne’ fiaschi lo passerete per una stamigna.

450
"Rattafia" di ginepro.


Per fare tre pinte di rattafia di ginepro mettete in un vaso due pinte d’acquavita con un buon pugillo di ginepro, ed una libbra e mezza di zuccaro, che farete bollire avanti con un boccale d’acqua finché sia bene ischiumato, e chiaro: otturate poscia bene il vaso, e tenetelo in un luogo caldo per lo spazio di cinque settimane circa avanti di passarlo per il colatoio; quando poi l'avrete passato, e ridotto al chiaro a sufficienza lo metterete ne’ fiaschi otturandoli diligentemente. Questo rattafia quando più è vecchio, più divien buono, essendo stomacale di sua natura, cioè buono per fortificare lo stomaco.

"Rattafia" di limoni, o di citroni.


Prendete otto limoni, oppure otto citroni secondo vorrete, indi pelateli leggermente, prendendo solo la scorza citrina, lasciando il bianco; tagliate questa scorza in piccoli pezzi, e metteteli in un vaso con tre boccali d’acquavita, lasciandoli infusione per lo spazio di tre settimane; poscia mettete una libbra di zuccaro in una pentola con un quartino d’acqua, fate bollire bene insieme, ed ischiumatelo a dovere: aggiugnetelo poscia coll’acquavita, e lasciatelo infusione per lo spazio di dodici, o quindici giorni, indi lo passarete per metterlo ne’ fiaschi. La bontà di questo rattafia consiste nel conservarlo lungo tempo, perché quanto più è vecchio, più divien buono.

451
"Rattafia" di noci.


Allorché le noci saranno formate, prendetene una dozzina, spezzandole in mezzo, mettetele in un vaso con tre boccali di acquavita, otturatelo bene, e tenetelo in un luogo fresco per sei settimane, rivolgendo il vaso di tanto in tanto per incorporarlo insieme; mettete poscia una libbra di zuccaro in una pentola con un quartino d’acqua, facendolo bollire, ed ischiumandolo bene; dopo di aver passata l’acquavita alla stamigna vi aggiugnerete il zuccaro con un piccolo pezzo di cannella, ed un pugillo di coriandri; lasciate poscia il tutto infusione per lo spazio d’un mese, indi tiratelo al chiaro per metterlo ne’ fiaschi, li quali otturarete bene.

"Rattafia" di ciriegie, uva spina, fragole, e more per bere nell’estate.


Per fare dell’acqua rinfrescante prendete quel frutto che bramerete, regolandovi come segue. Per ciascuna libbra di frutto metterete una pinta d’acqua; schiacciando però prima bene il frutto, e stemprandolo poi coll’acqua: indi passatelo in un pannolino bianco, mettendovi alquanto di zuccaro; poscia passatelo in un colatoio. Per avere l’acqua ben chiara tenetela al fresco finché dovrete servirla. Se poi vorrete farne del ghiaccio vi metterete alquanto più di zuccaro, mettendo l’acqua nelle forme di latta, facendola apprendere con del ghiaccio, e del sale, o salnitro.
Quando comincieranno ad agghiacciarsi 452avrete la diligenza di rivolgerla di tanto in tanto con un cucchiaio finché sia bene rappresa, perché non facendo così, si agghiacciarebbero i soli bordi, e non il mezzo. Quando poi sarà bene agghiacciata aggiustatela ne’ piccoli bicchieri a ciò destinati, bisognando beverla nello stesso tempo.

Ricetta per fare il buon liquore chiamato "vespetro", approvato da’ medici.


Prendete una botte di vetro grosso, o di selce, che tenga alquanto più di due pinte; mettetevi dentro due pinte di buona acquavita, aggiugnendovi li semi che seguono, dopo d’averli rotti grossolanamente in un mortaio, cioè: due ottavi di semi d’angelica, un’oncia di semi di coriandro, un buon pugillo di fenocchio, altrettanto d’anice, aggiugnendovi il sugo di due citroni con li pezzi delle scorze, ed una libbra di zuccaro, lasciando il tutto infusione nella botte per quattro, o cinque giorni; ricordatevi di rimuovere di tanto in tanto la botte acciò con più facilità si dissolva il zuccaro; indi passarete il liquore per renderlo più chiaro con una carta grigia, mettendolo poscia ne’ vasi, i quali otturarete con gran diligenza.

Proprietà, e virtù del liquore detto "vespetro".


È buono il vespetro per i dolori di stomaco, indigestione, vomiti, colica, ostruzioni, mali di costa o di reni, difficoltà di orinare, oppressione, giri di capo, reumatismi, e respiro grave; fa pure morire li 453vermini a’ fanciulli, facendone loro prendere un cucchiaio per quattro, o cinque mattine. Preserva dall’aria cattiva, prendendone un cucchiaio avanti di escire, e fregandosene il naso, e le tempia. Questo liquore soddisfa coloro che ne hanno bisogno, e che l’hanno adoperato nelle sue occorrenze: ed appunto una persona qualificata, e di giusta probità mi assicurò, che essendo incommodato d’un flusso epatico, che gli cagionava una melancolia continua, questo liquore lo guarì affatto.

Tavolette di regolizia pel raffreddore.


Mettete in una pentola di terra una pinta d’acqua con una libbra di regolizia verde raschiata, e tagliata in piccoli pezzi con due pugni di orzo, e quattro pomi di ranette, fate bollire il tutto insieme a fuoco lento per quattro, o cinque ore finché sia ben cotto, e non vi resti più di un boccale d’acqua, indi pestate bene il tutto insieme, facendolo passare il più che potrete a forza di braccio per una stamigna, poscia aggiugnetevi una libbra di zuccaro purgato, due oncie di gomma adragante liquefatta: fate seccare questa composizione al fuoco, volgendola sempre con un cucchiaio di legno finché più non coli; allora rovesciatela sopra de’ fogli di carta uniti con alquanto di olio, e quando sarà fredda tagliatela in tavolette che metterete in luogo caldo a seccare.

454CAPITOLO XXVIII.
GHIACCI DE’ FRUTTI, E DEL formaggio COME SI PRATICA IN FRANCIA, CONSIMILI AI NOSTRI SORBETTI
Ghiacci di tutte sorta.


D’inverno servitevi de’ siroppi d’inverno, e d’estate prendete delle acque d’estate, come abbiamo detto nell’articolo precedente. Mettete di queste acque nelle sorbettiere, o forme al ghiaccio, ed a misura che si agghiaccieranno volgetele di tempo in tempo, e quando saranno ben ghiacciate servitele nelle coppe.

Dei cannelloni di crema ghiacciati.


Li cannelloni si fanno nella stessa maniera del formaggio ghiacciato; la diversità consiste solo nelle forme in cui li farete ghiacciare.

formaggio di crema ghiacciato.


Prendete un boccale di crema doppia se volete, o dell’altra purché sia buona, un quartino di latte, un rosso d’uovo, ed una libbra di zuccaro: lasciate bollire il tutto per alquanto di tempo, indi ritiratelo dal fuoco; prendete poscia qualche essenza, come sarebbe un qualche fiore di melarancio, 455bergamotto, o citrone, e mettetela nella forma di latta, facendola ghiacciare; indi mettete la forma in una secchia proporzionata il di cui fondo sia coperto di ghiaccio ben pesto con un pugno di sale, o salpietra o sia salamito, continuando a mettervi del ghiaccio, e sale d’intorno alla forma finché ne sia tutta circondata.
Quando il formaggio sarà tutto ghiacciato, e vi trovate vicino a servire mettete dell’acqua calda in una caldaia, immergendovi la forma del formaggio per farlo distaccare, ed aggiustatelo nel vaso per mangiarlo subito.

crema di fragole.


Prendete un quartino di fragole lavate, e sgocciolate, e pestatele in un mortaio: fate poi bollire tre quartini di crema con un quartino di latte, e zuccaro finché sia ridotto a metà, lasciatela poscia raffreddare, indi aggiugnetevi le fragole, stemprandole insieme con un pezzo d’aglio della grossezza d’una grana di caffè; passate il tutto ad una stamigna, e mettetelo in un compostiere che possa resistere alla cenere calda senza rompersi; mettete il compostiere sopra della cenere calda, col suo coperchio con altrettanta cenere calda sopra. Quando la crema sarà ridotta la metterete in un luogo fresco, oppure sopra del ghiaccio finché dobbiate servire.

crema di mora di rovo, ed angelica.


Si fa come quella delle fragole, con questa differenza che ritirando la crema dal 456fuoco, quando conoscerete che sia abbastanza ridotta vi aggiugnerete due rossi d’uova freschi, stemprati con un cucchiaio di crema; rimettete poscia la crema per un momento al fuoco, volgendola per far cuocere le uova, non la lasciando bollire: terminatela nella stessa maniera come la precedente.

crema sbattuta.


Prendete una pinta di crema buona, poi mettetela in una terrina con qualche fiore di melarancia pralinée, e tagliata ben fina, un paio d’oncie di zuccaro fino, gomma adragante in polvere grosso come la metà di una noce, ed a misura ch’ella si unisce levatela con una mestola, mettendola sopra di una stamigna con un piatto di sotto per ricevere quello che caderà; proseguite a sbatterla finché non vi resti più nulla nella terrina, e se non ne avete abbastanza prendete quella che sarà sgocciolata nel piatto, sbattetela di nuovo, ed aggiustatela nel compostiere. Alcuni vi sono che la guerniscono con citroni confetti tagliati in file; si serve però comunemente al naturale. Quelli che amano il citrone ne possono mettere un poco di verde triturato ben fino nella crema prima di sbatterla; ed allora non piccatela più con citrone confettato, ma aggiustatela nel compostiere in forma di piramide; e per cambiare voi la potete aggiustare in forma di molte piccole rocche.

crema alla portoghese.


Prendete un boccale di buona crema con un piccolo cucchiaio d’acqua di fiori di 457melarancio, con due oncie di zuccaro, e due uovi freschi: sbattete il tutto insieme finché la crema sia spessa; mettete ogni cosa in un compostiere sopra della cenere calda, coprendolo con un coperchio carico di fuoco; quando la crema sarà unita mettetela sopra del ghiaccio, o in un luogo fresco, lasciandola raffreddare finché sia tempo di servire.

crema sbattuta di fragole, ed angeliche.


Sbattete tre quartini di crema bianca, ed a misura che la vedrete ad unirsi, mettetela con la mestola sopra di una stamigna con sotto un piatto per raccogliere quello che caderà. Quando avrete sbattuto il tutto prendete due pugni di fragole, od angeliche, e passatele alla stamigna, premendole forte, indi mischiatele con due oncie di zuccaro fino, sbattendo poscia il tutto insieme con la crema un momento prima di servire, indi aggiustando la crema nel compostiere.

crema alla regina.


Prendete una pinta di crema, e poi mettetela al fuoco con due oncie di zuccaro; fatela bollire, e ridurre a metà, poscia levandola dal fuoco aggiugnetevi un piccolo cucchiaio d’acqua di fiori di melarancio con due bianchi d’uova sbattuti: poi sbattetela per un momento, e quando li bianchi di uova saranno cotti aggiustatela nel compostiere, e servitela fredda.

458
formaggio naturale alla crema.


Prendete un boccale di buon latte, e fatelo intiepidire al fuoco, ed in volgendolo mettetevi del buon coagulo grosso come un pisello, che stemprarete con lo stesso latte; fate unire il coagulo sopra della cenere calda, con sopra un coperchio con cenere calda, mettetelo poscia in un canestrino fatto di vinco a bella posta, e quando esso sarà asciutto aggiustatelo nel compostiere, e servitelo con della buona crema, e zuccaro fino sopra.

formaggio sbattuto.


Tagliate ben fino alquanto di scorza di citrone verde, e mettetelo in una terrina con tre quartini di buona crema, ed un poco di adragante in polvere grosso come un pisello; sbattete bene la crema, ed a misura che diverrà spessa, mettetela con la mestola in un canestrino di vinco, il quale non essendo ben serrato vi metterete nel fondo un pannolino bianco; quando la crema sarà del tutto sbattuta, lasciate bene sgocciolare il formaggio finché sia tempo di servirvene, ed allora roversciatelo in un compostiere, e copritelo con zuccaro.

formaggio alla principessa.


Mettete al fuoco un boccale di crema con una pinta di latte, due grani di sale, una scorza di citrone verde raschiata, un pugno di coriandoli, ed un piccolo pezzo di cannella con tre oncie di zuccaro; facendo il tutto bollire insieme, e ridurre alla 459metà: levatela poscia dal fuoco, e quando sarà intiepidita aggiugnetevi di coagulo grosso come un pisello stemprato in un cucchiaio d’acqua; quindi passate la crema alla stamigna, e rimettetela sopra della cenere calda: quando sarà congelata mettetela in un canestrino di vinco a sgocciolare, facendole prendere la figura di un formaggio, indi roversciatelo in un compostiere, e servitelo sopra di un’assietta.

formaggio alla "Montmorencì".


Mettete al fuoco un boccale di crema con due oncie di zuccaro, e quando incomincierà a bollire levatela dal fuoco, lasciandola raffreddare; indi aggiugnetevi un piccol cucchiaio d’acqua di fiori di melarancio, sbattendo bene la crema con una sferza fatta di vinco, ed a misura che diverrà spessa la toglierete con la mestola, e la metterete in un canestrino guernito con un pannolino bianco, continuate a sbatterla finché più non ve ne resti; dopo lasciate sgocciolare il formaggio, e servitelo in un compostiere, o in una assietta.

460CAPITOLO XXIX.
DE’ BISCOTTINI, MARZAPANI ED ALTRE COSE SIMILI DI CREDENZA
Delle foccaccie di fiori di melarancio.


Fate una forma con un foglio di carta bianca, che lascierete in doppio, e piegherete tutto all’intorno, facendo un bordo alto due dita, come se voleste fare un tamburro, o sia cassa; fate le forme della grandezza delle foccaccie che volete fare; per una foccaccia mezzana mettete una libbra di zuccaro in una pentola, con un bicchiere d’acqua; fatelo bollire, ed ischiumatelo bene finché immergendo la mestola dentro nel zuccaro, e soffiando a traverso de’ buchi si stacchino delle grandi scintille, e si uniscano le une con le altre: aggiugnetevi allora quattro oncie di foglie di fiori di melarancio, e fatele bollire fin a tanto che il zuccaro ritorni allo stato di prima; ritiratelo dal fuoco, volgendolo bene con una spatola, fregando tutto all’intorno della pentola, e nel mezzo finché il zuccaro incominci a divenire più consistente, allora aggiugnetevi alquanto di zuccaro fino, stemprato con un bianco d’uova, volgendo bene il tutto insieme, versando poscia la foccaccia nella forma, fate che il disotto della 461foccaccia nella pentola resti per disopra nella forma, mentre è caldo; la foccaccia di viole si fa nella stessa maniera, vi bastano però per quattr’oncie di viole dieci oncie di zuccaro.
Così pure si fanno le foccaccie di fiori di melarancia abbrustolite; facendo abbrustolire il fiore con alquanto di zuccaro, prima di metterlo nell'altro zuccaro.

Biscottini ordinari.


Secondo la grossezza, e quantità de’ biscottini che vorrete fare accrescerete, o diminuirete la dose quivi espressa. Prendete otto uovi con due libbre di zuccaro, mettete altresì una libbra di farina; rompete poscia gli uovi, mettendo i bianchi in disparte in un vaso, ed i rossi in un altro con il zuccaro, ed alquanto di scorza di citrone verde tagliato ben fino; sbattendo per mezz’ora i rossi d’uova con il zuccaro, indi sbattete li bianchi finché siano ben spessi, e meschiateli con il zuccaro; poscia vi metterete la farina a poco per volta, volgendo bene il tutto; prendete delle forme di latta, o di carta ben unta al di dentro con del butirro, e mettetevi dentro la pasta, non riempiendole più della metà: coprite il di sopra con zuccaro fino, facendole indi cuocere per lo spazio di mezz’ora nel forno; quando saranno coloriti, e quasi raffreddati ritirateli dalle loro forme.

Biscottini al cucchiaio.


Si fanno nella stessa maniera de’ precedenti, con questo però che basta la sola metà; non metteteli nelle forme: quando la 462pasta è fatta mettetene un cucchiaio per ciascun biscottino, stendendolo in lungo sopra un pezzo di carta bianca. Indi copriteli con zuccaro fino, e fateli cuocere nel forno più lentamente de’ precedenti, distaccandoli subito cotti dalla carta con un coltello.

Biscottini per i liquori.


Mettete cinque uovi con quindici oncie di zuccaro, ed altrettanto di farina, mettendo il zuccaro in una terrina con della scorza di citrone verde tagliata, e del fiore di melarancio triturato con li cinque rossi d'uova, sbattete bene il tutto insieme finché il zuccaro sia bene unito cogli uovi, indi mettete la farina, ritornando a sbattere bene il tutto insieme; sbattete li bianchi d’uova finché siano spessi, e quasi in neve, e meschiateli con il zuccaro, e la farina; indi prendete due fogli di carta bianca, piegateli in lungo, dando loro la figura di un canaletto dell’altezza, e larghezza di un dito, ungendoli con butirro caldo, e mettete loro dentro due cucchiai della pasta; copriteli poscia con zuccaro fino, facendoli cuocere nel forno a fuoco lento: quando saranno coloriti li levarete dalla carta per metterli sopra di una servietta in un luogo secco. Questi sono molto buoni da immergersi ne’ liquori.

Biscottini leggieri.


Prendete dieci uova, mettendo i rossi di cinque in una terrina con del fiore di melarancio, e della scorza di citrone verde, il tutto ben triturato; sbattete il tutto 463insieme con dieci oncie di zuccaro ben fino, finché il zuccaro sia bene incorporato con le uova, ed alquanto liquido; indi sbattete i bianchi de’ dieci uovi, e quando saranno ben inspessiti meschiateli con il zuccaro; aggiugnendovi sei oncie di farina a poco per volta, volgendo bene il tutto acciò si unisca insieme; aggiustate poscia la pasta nelle forme ben unte, coprendoli di zuccaro, e fateli cuocere a fuoco lento nel forno.

Biscottini di confetture.


Pestate in un mortaio della scorza di citrone confetto con un buon pugno di fiore di melarancio, indi aggiugneteli due cucchiai di marmellata d’albicocchi, tre oncie di zuccaro fino, e quattro rossi d’uova freschi, unendo il tutto insieme, e passandolo in una stamigna, che fortemente premerete con un cucchiaio di legno, aggiugnendovi quattro bianchi d’uova sbattuti, ed aggiustando in lungo sopra la carta bianca, come quelli al cucchiaio, copriteli con zuccaro fino per ghiacciarli, e fateli cuocere lentamente nel forno.

Biscottini di cioccolato.


Prendete sei uovi freschi, rompeteli mettendo i rossi in un vaso, ed i bianchi in un altro; indi mettete con i rossi un'oncia e mezza di buon cioccolato, e sei oncie di zuccaro fino; sbattete il tutto insieme più d’un quarto d’ora, aggiugnendovi i bianchi già bene sbattuti; quando poscia saranno bene incorporati assieme infonderete a poco a poco sempre mescolando, sei 464oncie di farina; indi aggiustateli come quelli al cucchiaio sopra della carta oppure in piccole forme di carta unte al di dentro, coprendoli con zuccaro, e facendoli cuocere come li precedenti.

Biscottini di amandole.


Se ne fanno di due sorta, cioè di amandole amare, e di amandole dolci; questi si fanno con prendere quattr’oncie di amandole dolci pelate, e ben pestate in un mortaio con un pugno di zuccaro affinché non facciano olio; sbattendole per lo spazio di un quarto d’ora con un'oncia di farina, tre rossi d’uova, e quattr’oncie di zuccaro fino, aggiugnendovi poscia quattro bianchi d’uova sbattuti; mettete la pasta nelle forme di carta fatte in forma di cassa, o sia di tamburro, della larghezza ed altezza di due dita, unte al di dentro con butirro, coprendo poscia i biscottini con zuccaro, e facendoli cuocere lentamente nel forno; quando saranno ben coloriti levateli dalla carta che siano ancora caldi.
Quelli di amandole amare si fanno nella stessa maniera, con questa differenza che per due oncie di amandole amare vi vuole un’oncia di amandole dolci; regolandovi sopra di questa dose per farne la quantità che vorrete, mettendo il resto a proporzione, secondo quello che abbiamo detto di sopra de’ biscottini di amandole dolci.

Biscottini di nocciuole.


Si fanno come quelli delle amandole dolci, detto di sopra.

465
Biscottini "à la Saint Cloud".


Prendete due oncie di farina di riso passata alla stamigna, mettetela in una terrina con mezza libbra di zuccaro fino, quattro rossi di uova, ed un pugno di citrone verde tagliato ben fino; sbattete il tutto ben insieme per un quarto d’ora: poscia aggiugnetevi otto bianchi d’uova sbattuti, aggiustando i biscottini in piccole forme di carta unte al di dentro con butirro, e facendole cuocere lentamente nel forno; quando saranno coloriti levateli dalle forme ancor caldi.

Marzapani.


Prendete una libbra di amandole dolci, pelatele, e mondatele, facendole pestare, bagnandole poscia con tre bianchi d’uova: meschiatele poscia con marmellata di albicocche, ed altre confetture non liquide, e con fiore di melarancia confetto, e pesto; quando sarà il tutto ben unito, mettete le amandole con del zuccaro in polvere in una casseruola, e fatele seccare al forno, indi mettetele sopra della tavola per impastarle con zuccaro fino, indi rotolate la pasta per farne de’ marzapani di qualunque figura; prendete sei bianchi d’uova sbattuti a metà con del citrone verde ben triturato, immergetevi dentro li marzapani, indi rimetteteli in zuccaro fino, lasciandoveli finché siano bene inzuppati; aggiustateli poi sopra de’ fogli di carta bianca, che metterete sopra de’ fogli di rame, e li farete cuocere lentamente al forno. Per essere sicuro del 466forno mettete alquanto di pasta sopra di una carta, se la carta prende colore il forno è troppo caldo.

Cialde.


Prendete tre uovi freschi, stemprateli con tanta farina quanta ne possono succhiare, del citrone verde triturato, acqua di fiore di melarancio, e del zuccaro fino; stemprate ogni cosa insieme, aggiugnendovi un poco più di un quartino di crema finché la pasta sia divenuta alquanto liquida, indi fate scaldare la forma sopra di un fornello, ed ungetela con della cera affinché le cialde non s’attacchino; quando la forma è calda mettetevi dentro un cucchiaio a bocca di pasta, chiudetela, e mettetela al fuoco: quando sarà cotta da una parte volgetela dall’altra, indi ritiratela per metterla sopra di uno stenderello di legno, e quando saranno tutte cotte mettetele in un luogo secco. Si possono conservare per moltissimi giorni purché si ritirino in una stufa.

Pera secche.


Pelate le pera, raschiatele un poco la coda, e tagliatele l’estremità, mettendole nell’acqua fresca, dopo fatele bollire finché pieghino sotto il dito, ritiratele poscia con la schiumora nell’acqua fresca; quando che saranno sgocciolate per ogni cinquanta pera mettete una libbra di zuccaro in due pinte d’acqua, e liquefatto che sia vi metterete le pera, lasciandole per due ore; indi aggiustatele sopra dei craticcioni con la coda in alto, e lasciatele stare una notte nel 467forno che sia tepido, come resta dopo levato il pane: la mattina seguente immergetele di nuovo nel zuccaro, rimettendole nella stessa maniera nel forno, il che continuarete a fare per quattro giorni, e l’ultima volta non ritiratele prima che siano affatto secche. Si possono conservare lungo tempo in un luogo secco.

Frutti secchi non confetti.


I frutti secchi al naturale servono molto per quelli che sono alla campagna, e che ne hanno abbondanza nei loro giardini; la maniera di farli seccare è questa: prendete delle ciriegie ben mature che non siano guaste, aggiustatele su delle craticcie, non mettendole una su l’altra, lasciatele le code, e fatele seccare nel forno non troppo caldo, come sarebbe appena levato il pane: lasciatele nel forno finché vi sarà del calore, indi ritiratele per poscia rimetterle di nuovo nel forno caldo, e lasciarle finché siano abbastanza secche, lasciatele poi raffreddare, ed unitele in mazzetti, chiudendole in luogo secco.
Le prune si fanno seccare nella stessa maniera, ma bisogna raccoglierle molto mature; quelle che cadono da loro sono le migliori, perché sono più piene, e di miglior gusto.
Li persici si fanno seccare come le prune, con questa differenza, che raccolti dall’albero sono migliori; tagliateli per mezzo, levandoli l’osso: quando saranno a metà secchi metteteli sopra della tavola pulita, ed appianateli acciò secchino ugualmente, 468rimettendoli poi nel forno finché siano secchi.
Fate lo stesso degli albicocchi, facendoli però uscire i nocciuoli senza dividerli.
Le pera, se le pelate prima di farle cuocere saranno migliori: prendete la pelle, e mettetela con le pera in una caldaia piena d’acqua, facendole bollire finché comincino a venir molli; lasciate loro le code, indi fatele seccare al forno come le precedenti.

Confetture di campagna.


Prendete una secchia di vino dolce, o meno, secondo la quantità delle confetture che volete fare, mettetelo in una caldaia, e fatelo bollire a fuoco chiaro finché sia ridotto ai due terzi, ed abbia una consistenza sufficiente per confettare il frutto. Prendete poi il frutto, fatelo cuocere nell’acqua finché sia un poco molle, poi pelatelo, e mettetelo nel siroppo di vin dolce, lasciandolo bollire finché sia cotto, schiumando bene. Per conoscere se il frutto è cotto prendete del siroppo, e messolo sopra di un’assietta, se chinandola il siroppo resta fermo è segno che il frutto è cotto, mettetelo poi nel vaso, quando sarà freddo: quantunque il vino fosse bianco non importa, purché sia dolce.

Confetture al sidro.


Prendete del sidro di pera fatto senz’acqua; per fare questa confettura quello di pomi non è abbastanza dolce; fatelo ridurre ai due terzi prima di mettervi il frutto, indi fate la confettura come quella del vino dolce.

469
Uso del miele in vece del zuccaro, e maniera di purgarlo.


Prendete del miele, e servitevi di esso invece del zuccaro, perché tutte le confetture, di cui abbiamo parlato finora si possono fare con il miele, purgandolo in questa maniera.
Mettetelo nella pentola sopra di un fornello, e schiumatelo bene quando che bolle; per conoscere quando sarà cotto abbastanza prendete un uovo di pollastra, e mettetelo nel miele, se s’immerge non è abbastanza cotto, e se resta al disopra potete servirvene per confettare ogni sorta di frutto, come fate del zuccaro.
Abbiate cura di far cuocere il miele lentamente acciò non s’abbrucci, volgendolo soventi con una spatola di legno.

Per fare la mostarda.


Prendete la quantità d’uva che volete, premete le grane nella caldaia, in cui la volete far cuocere, mettendola ad un fuoco chiaro, ed a misura che bollirà, con una mestola levate tutti gli acini, lasciandola indi bollire finché sia ridotta al terzo, diminuendo il fuoco a misura che divien spessa, volgetela soventi con una spatola di legno acciò non si abbrucci, indi ritiratela, e fatela passare per un pannolino bianco, premendola bene colle mani; ciò fatto rimettetela sul fuoco per farla ancora un poco bollire, volgendola continuamente finché abbia preso una sufficiente consistenza, indi levatela dal fuoco, e mettetela subito ne’ vasi.
470Quando sarà mezza fredda mettetela ne’ vasi, che lasciarete scoperti per cinque o sei giorni, indi copriteli con carta, osservandola quando la carta si ammuffirà per cambiarla, finché sia svaporata tutta l’umidità; poiché allora se sarà bene cotta non si guasterà più la carta, altrimenti vi converrà farla cuocere ancor un poco, indi la coprirete.
Alcuni mettono con l’uva delle pera pelate, e tagliate in piccoli pezzi, o de’ cotogni, i quali bisogna far cuocere a metà prima di metterli nell’uova.


Aggiunta al CAPITOLO I
Minestra di vermicelli.


Essendo cotta la carne, ed il brodo di buon gusto, e non torbido, passatelo in un pannolino, e mettete questo brodo in una marmitta di terra, ben disgrassato, ne passerete la quantità che avrete di bisogno, mettetela al fuoco, e quando bollirà mettete dentro la quantità di vermicelli che stimerete a proposito. Quando avranno dato alcuni bolli in questa maniera, discendeteli avanti al fuoco, e lasciateli ancora cuocere per un quarto d’ora che sarà sufficiente. Se i vermicelli sono di qualità più grossi allora lasciateli cuocere per mezz’ora. Si può tener chiara oppure spessa, come più piace. Questa minestra si serve in un catino, oppure in un piatto; si deve pur 471anche servire assieme, sopra un altro piatto il formaggio grattugiato per quelli che lo amano. Avrete riguardo che quando mettete i vermicelli nella marmitta che il brodo bolla, altrimenti si unirebbero tutti assieme. Ve ne sono de’ bianchi, e de’ gialli, grossi, e piccoli, e sono tutti egualmente buoni, e quelli di pasta di Genova sono i migliori.
Vi sono delle altre sorta di paste dei gusto de’ vermicelli detti Dandarini, che sono molto buoni per minestra; ve ne sono de’ rotondi come piselli, ed altri come la semenza di meloni, ed altri come la semenza de’ spinacci: in somma contraffanno ogni sorta di semenza, e queste minestre di pasta sono buone, massime per persone ammalate.
Vi è pur anche la semola, la quale è buonissima per gli ammalati, o per persone che mangiano poco a cena, e che vogliono conservarsi la loro salute; mettendone un buon pugno nel brodo, facendo cuocere dolcemente per una mezz’ora, e nello stesso tempo rivolgendo con un cucchiaio di legno. Questa si può tener più chiara, o più spessa, secondo il gusto del padrone.
Vi sono anche i maccheroni che si fanno cuocere con brodo, ed una pollastra, quando i maccheroni saranno cotti, la pollastra sarà pur anche cotta; si leva la pollastra, e si taglia in pezzi, si mette un suolo di maccheroni nel piatto, sopra spandendo del formaggio grattugiato, alquanto di pepe, e del sale se sarà di bisogno, mettete qualche pezzo di pollastra, con sopra del formaggio, dopo un altro suolo di 472maccheroni con del formaggio, in seguito il resto della pollastra, e de’ maccheroni, con sopra alquanto di pepe, qualche pezzo di butirro fresco, e formaggio abbondantemente. Fateli prender alquanto di colore al forno. Essendo come si deve serviteli per entrée, o per hors d’oeuvre.

Pasta di tagliatelli, o sia taglierini per minestra.


Mettete sopra una tavola una libbra di farina, fate un buco nel mezzo di essa e mettete alquanto di sale, ed acqua per stemprare la pasta di una sufficiente consistenza, impastandola bene per ridurla tanto sottile come vorrete, oppure gettate alquanto di farina sopra una servietta, mettete la pasta mezzo distesa, passate le mani disopra, tirando da una parte all’altra per ben unirla. Poi stendetela coll’opianatoio della sottigliezza che volete, e grande come un mezzo foglio di carta; ne farete diversi fogli, che rotolarete, e tagliarete caduno separatamente della larghezza di un mezzo dito. Essendo tutti tagliati fateli imbianchire all’acqua bollente, e quando avranno dato alcuni bolli levateli, e metteteli nell’acqua fresca. Quando saranno freddi lasciateli sgocciolare sopra uno staccio; dopo mettete nel fondo del piatto che volete servire del formaggio grattugiato, e poi condite i tagliatelli con alquanto di sale, e pepe, aggiugnendovi qualche pezzo di butirro, ed in seguito di formaggio di sopra; continuate nella stessa maniera sino al fine che adacquarete con un bicchier di fior di latte, e 473copriteli con formaggio, fateli prender colore al forno, e serviteli per entrée, o per hors d’oeuvre.

Minestra di lasagne col luccio.


Fate un bordo di pasta ben sottile, e ben lavorato intorno al piatto che volete servire. Avendo le lasagne preparate, ed un piccolo luccio cotto all’acqua, e sale, levate le scaglie, e la spina, e levatela per foglie, mettete un poco di formaggio nel fondo del piatto, dopo alquanto di luccio in foglie, dipoi un suolo di lasagne ben distese nel piatto. Indi accomodate il luccio, e conditelo di un poco di pepe, sale, noce moscada grattugiata, con dei piccoli pezzi di butirro disopra, spargendovi del formaggio grattugiato, e continuate fino al fine, terminandola col formaggio, e coprendola con pezzi di butirro.
Vi potete servire di ogni sorta di pesci in luogo del luccio, tanto di mare, che di acqua dolce, osservando che il pesce d'acqua dolce, di cui vi servirete non senta di fango.

Minestra di lasagne co’ gambari.


Voi avrete delle lasagne preparate, e le code di un centinaio di gambari, pigliate un piatto con un bordo di pasta, come sopra, mettete nel fondo un suolo di formaggio, dopo uno di lasagne, ed un altro di butirro, con sopra delle code di gambari, impolverate con formaggio, e continuate fino al fine, e dopo fatele prender colore al forno, e servitela per hors d’oeuvre, e per entrée.
474La potrete anche cangiare, in luogo delle lasagne mettendo de’ maccheroni.

Maniera di conservare gli uovi freschi un mese, o due.


Fate cuocere degli uovi a metà, dopo metteteli nell’acqua fresca, e lasciateli raffreddare; essendo freddi metteteli in una cassa con un suolo di sale, ed altro di uovi, avendo riguardo di non romperli. Quando vi vorrete servire metteteli dentro l’acqua bollente fuori del disopra del fuoco, ed in seguito li servirete.

"Beest steks" a l’inglese.


Pigliate della culotta di bue, tagliatene delle fette della spessezza di una lama di coltello, dopo battetele, poi conditele con un poco di sale, e pepe, fatele cuocere a gran fuoco alla graticola; abbiate riguardo di non lasciarle abbruciare. Essendo cotte accomodatele nel piatto con