CUCINA
TEORICO-PRATICA
COMULATIVAMENTE
COL SUO CORRISPONDENTE RIPOSTO
PICCOLA PARTE
APPROSSIMATIVA DELLA SPESA
CON LA
PRATICA DI SCALCARE, E COME SERVIRSI DEI PRANZI E CENE
Che vengono coadiuvati da diversi disegni in Litografia
finalmente
QUATTRO SETTIMANE
SECONDO LE STAGIONI
DELLA VERA
CUCINA CASARECCIA
IN DIALETTO NAPOLITANO
composta
Dal Cav. Sig. D. Ippolito Cavalcanti
Duca di Buonvicino
SETTIMA EDIZ.
Migliorata del tutto, per quanto più possibile, dalle altre precedenti.
NAPOLI
Stabilimento Tipografico di Domenico Capasso
Strada S. Sebastiano n° 51, nel cortile de’ RR. PP. Gesuiti.
1852.
Saranno dichiarate false, contraffatte, e soggette al rigore delle Leggi tutte le copie, che non saranno marcate col bollo che indichi il numero della edizione, ed il titolo.
Chi non conosce quanto sia penetrante la terribile scala dei delitti che rende l’uomo capace a delinguere senza avvedersene, perché, il primo a commettersi, si conosce di poco momento, e di veruna conseguenza, senza riflettere al futuro; dal primo piccolo, si passa con faciltà al secondo, quindi al terzo, e poscia in quei tali, che ne formano la distruzione: similmente sembrami potersi a me adattare il paragone, poiché nel 1837 mi proposi formare un volume di GASTRONOMIA, dandogli il titolo di Cucina TEORICO-PRATICA, col corrispondente Riposto, ed alcune nozioni di scalcare, con un calendario per tutto il corso di un anno, di quattro piatti al giorno, e finalmente una cucina veramente Casereccia in Dialetto Napolitano, con un altro Calendario corrispondente; lo diedi alle stampe, e lo pubblicai; e debbo confessare essere incerto del suo esito; ma che! rimasi sorpreso in vedere la precocità con la quale fu da tutti acquistato quel volume, e gradita quella mia operetta, non solo in questa nostra bella Partenope, nel Regno intero, e nell’Estero ancora. A dirla in vero ne restai compiaciuto, ed il mio amor proprio immensamente soddisfatto; in guisa che, esaurita quella prima Edizione in ottavo, di fogli venti fatta quasi per ischerzo, mi risolsi formar la seconda, ampliandola di molto, con alligarvi ancora dei disegni analoghi per l’apparecchio di diversi Pranzi e Cene, e questa riuscì di fogli ventotto, che la pubblicai nel 1839: la medesima fu più gradita della prima, e con eguale sollecitudine venne esaurita; intanto novelle ricerche mi venivan fatte, per essersi maggiormente generalizzata la voce di questa mia Operetta di Gastronomia, e si resero compagni IVindivisibili (niegar nol posso) la mia passione su ciò, e le richieste, che non esitai momento di comporre la terza Edizione, variandola, accomodandola, ed ampliandola per quanto più potetti, onde presentarla ai miei amici dilettanti di Gastronomia più piacevole, con diversi disegni, che si pubblicò nel 1844. La medesima l’è pur terminata, come la 4.ª la 5.ª e la 6.ª.
Ora mi veggo nel medesimo caso di maggiori richieste; per cui mi son deciso di appagare non solo li signori dilettanti di Gastronomia, che di secondare sempre più la mia passione, formando la Settima Edizione, in un modo del tutto nuovo, cioè:
Conterrà questa Settima Edizione, nella sua prima parte, un Calendario di un anno intero, con un pranzo periodico di otto piatti al giorno, compresi in essi due zuppe, una in brodo, e l’altra incaciata col suo corrispondente Riposto, includendoci ancora de’ vini esteri, il gelato, dolci, caffè, e rosolio; descrivendoci da prima la minuta della Cucina, del Riposto, e del Desserts; di poi la pratica del pranzo medesimo, e così continuare per tutto il corso di un anno servendomi di quanto offrono le rispettive Stagioni; e finalmente il dettaglio della spesa per soli dieci giorni di ogni trimestre di Stagione dando principio dalla Primavera, e così pel suo prosieguo.
Passerò quindi alla seconda parte rapidamente sul modo di scalcare e far servire le tavole, trovando necessario indicare questo modo specialmente per le Province, in dove si renderà più difficile rinvenire persona domestica che ‘I conosca, accennando ancora delle variate maniere come apparecchiar si possono de’ Pranzi e delle Cene, e finalmente, quasi come un baleno, passerò alla terza parte volendo sostenere lo scherzo della Cucina Casareccia in Dialetto Napolitano, formando per questa una settimana per ciascuna Stagione, onde non rendere molto voluminosa la presente.
Secondando adunque questa mia idea, sembrami maggiormente avere squarciato quel velo, che molti tiene ancor ravvolti fra le tenebre, cioè pria della pubblicazione di questa Vmia Operetta, e che lo spaccio della presente sia un farmaco salutare, onde ridonar loro la luce, e così conoscere da quali artigli veniva quel velo tenebroso sostenuto, perché osservar non si potesse, e la moltiplica de’zeri sulle liste, e la qualità de’ generi non ricettibili (oggetto essenzialissimo della propria salute) ed ancor per quella benedetta maniera di apparecchiare, che rendesi stomachevole, ove per avventura, qualcuno rapidamente vedesse sconcio, come spesse volte mi è pure avvenuto, oggetto principale del presente mio pensiero, essendo io tediosissimo sulla pulizia, per cui mi permetto sopra tutto d’imporre ai miei amici dilettanti di Gastronomia, di particolarmente badare a questo articolo; come all’altro interessante della rame, che sia sempre stagnata, perché ciò riguarda pur anco principalmente la propria salute.
Mio caro lettore, non voglio più abusare della tua pazienza, con intrattenerti ulteriormente, perché quant’altro avrei a dire, specialmente se m’inoltrassi nella storia.
Mi basta soltanto di presentare ai miei amici dilettanti di Gastronomia questo settimo lavoro, il quale dovrà senza dubbio gradirsi, pel novello modo che l’ho trattato e sfido a chicchessia, che basta tenere questo volume, la di cui guida non farà sfigurare nelle circostanze, renderà il cento per uno sulla spesa, e con qualche sagace avvedutezza esser sicuro della pulizia.
Sembrami pertanto aver tutto spiegato e dichiarato, e con la massima sincerità; sincerità che non deve a nessuno affrontare quando si batte in cadenza. Ora non mi rimane altro che la lusinghiera speranza del grazioso compatimento de’ miei amici, e particolarmente di quelli dilettanti di Gastronomia, che rende il mio cuore al massimo dei contenti.
La stanza stabilita per cucina esser dovria molto ampia, col posto delle diverse fornelle nel suo centro, però, se la cucina fosse situata nel pian-terreno, giacché il descritto posto per le fornelle richiede molto sostegno; se poi la cucina si trovasse nell’interno dell’appartamento, allora sicuramente le fornelle sono accosto alle pareti. Fra le fornelle, oltre delle solite quadrate di diversa dimensione ve ne bisognano due, una lunga per la pesciera, ed una altra tonda più grande delle altre, per adattarvici, o la casseruola rotonda per li rifreddi, o per qualche caldaia per uso simile, o per siroppare delle diverse conserve, tanto per uso della cucina che pel riposto.
Evvi di assoluta necessità il forno, da poter servire, e per la cucina, e pel riposto, e questo sarebbe ottimo se fosse costrutto sotto la cappa del cammino da fumo, onde quest’ultimo dia il menomo incomodo.
Oltre a ciò ci è di precisa necessità un posto con tavolone di marmo al di sopra, pel lavoro delle paste, lungo palmi cinque, largo palmi tre, e della spessezza di once due e mezzo.
Sarebbe ancor ottimo, se vi fosse una vasca con chiave, per somministrare prontamente l’acqua, con posto al disotto a forma di lavamano, con buco, perché l’acqua ne uscisse, bisognevole per lavare tutte l’erbe necessarie per la cucina.
Vi sarebbe pur necessaria nella cucina una stufa a forma di armadio, per conservar caldi alcuni piatti, li quali per mancanza di tempo, debbonsi apparecchiar pria.
Marmitte di rame tre, una di caraffe diciotto, l’altra di dodici, e l’ultima di caraffe sei.
7Casseruole grandi due, cioè, di caraffe dodici, con il loro coverchio. Altre due per metà. Altre quattro casseruole di caraffe tre.
Casseruole quattro di caraffe due.
Casseruole matte con piccolo bordo alto quattro dita numero quattro con coverchio.
Una casseruola grande, detta rotonda a forma di conca, senza manico, ma con due maniglie movibili, con l’orlo spianato al disopra, e con coverchio con la maniglia nel mezzo, la stessa è atta a cuocere li rifreddi.
Una pesciera lunga palmi tre, per lessare de’ grossi pesci col suo corrispondente coverchio incassato, e l’anima al di dentro tutta bucata con li rampini, per trarre fuori il pesce; un’altra per metà.
Due tortiere, una di esse per 24 pasticetti, e l’altra per metà, con li corrispondenti fornelli, ma di quelli alti, due altre tortiere un poco più piccole ma proporzionatamente.
Due padelle, ovvero tortiere, e propriamente le così dette tielle a due maniche con i coverchi a fornello, una più grande dell’altra.
Due polsonetti per siroppare zucchero, uno della capienza di caraffe sei, e l’altro per metà.
Caldaie con coverchi di legno, ma che sieno incassati sull’orlo di sotto della caldaia perché diversamente, s’introdurrebbe del fumo; una di esse per caraffe trenta, e le altre due per metà gradatamente.
Padelle numero tre di rame, o di ferro, con manico non molto lungo, perché per le fritture qualunque, il manico dee tenersi sempre in mano, dovendosi maneggiare con molta facilità; e tre di diversa grandezza.
Diverse stampe, e forme, per granate al bagno-maria col corrispondente coverchio; delle altre per le forme dei geli, lavori alla spiga, e delle bombe americane ec. di queste ve ne potrebbero essere ancora di latta.
Quattro dozzine di diverse forme per pasticetti; con una trentina di piccolissime formette di latta grandi al di sopra, quanto una mezza piastra.
Due mescole di rame bucate per schiumare — Un coppino di rame grande per prendere brodi, due altri più piccoli.
Due passa-brodi uno più grande dell’altro.
Due cucchiaroni — Un altro con piccoli buchi per togliere il grascio dai brodi.
Due diverse cioccolattiere con i corrispondenti frollatoi di legno.
Una trentina di piccole forme di latta a guisa di tabacchiere, di un dito d’altezza, e della rotondità di tre dita, con coverchi.
Diverse graticole di ferro.
Vari spiedi per gli arrosti.
Quattro treppiedi di ferro di diversa dimensione — Due palette di ferro.
Una morsa di ferro, ovvero una molletta per prendere i carboni accesi.
8Due forchettoni di ferro con rampini.
Un altro con manico di legno, o di osso.
Due grattuge per formaggio.
Una piccola grattugia rotonda di latta con manicetta sopra, per raspare agrumi.
Una dozzina di diverse lardaruole di lamina di ottone di diverse dimensioni per piccare fregandò ec.
Due speroni diversi, per tagliare strisce di paste ec.
Il pezzo de’ diversi taglia-paste, uno dentro all’altro per tagliare paste, fette di pane, radici, ed altro.
Due lunghi aghi di ferro per incosciare polli.
Due passa limoni.
Una fornacetta di ferro per bruscar caffè, mandorle, ed altro.
Setacci diversi, di pelo e di seta, almeno una dozzina, per passare carne pesta, salse, brodi, creme ec.
Una siringa di stagno, con diverse stampe, per la pasta bugnè, pel butiro ec.
Due tamburretti a tre fondi con quello in mezzo forato per farinare le fritture.
Due mortai di pietra con pestelli di legno, un mortaio di bronzo con corrispondente pestello.
Quattro stenderelli di legno diversi; ovvero laganatoi, per spianare, e levigare le paste; ed un altro più lungo, e più sottile senza il garbo pe’ tagliolini.
Due fascetti di vetiche, ovvero le così dette, dai ... sbattitore, questo è uno strumento di cucina necessario per montare le chiare d’ovi, e ve ne sono di diverse maniere. Vi sono quelle forchette di legno a quattro denti di quel legno stesso che si sanno i setacci; ve ne sono di quelli di bosso che sembrano come un lungo pennello; e ve ne sono di quelli di tanti fili di ottone ravvolti, e le loro punte infilzate in una manicetta di legno tornita come una manicetta per caffettiera, sembrando il suo assieme come una conocchietta.
Tre o quattro dozzine di piccoli spiedini di ferro filato, bastantemente consistenti, da servire per braciolette; uccelletti, granelli ec. Questi potrebbero essere ancora d’argento perché vanno presentati in tavola con l’oggetto.
Mescole di legno diverse, e molte.
Due rocchelli di legno per avvolgerci spago, e filo.
Uno astuccio di bosso per conservar degli aghi, e li così detti saccolari, e degli altri regolari grandi per cucire le diverse galantine nei panni-lini.
Due coltelli, detti trincianti, uno più grande dell’altro. Due taglialardi sottili, e lunghi di dieci, o dodici pollici, due coltellini più piccoli della metà di quelli di tavola con la punta con lo sguscio, e che questo abbia ancora il suo taglio, atti per disossare.
Due, o più coltellini col manico con le lame come temperini, però un pochino più grandetti, per dissossare uccelli.
9Due altri coltellini lunghi un terzo di palmo, e larghi come uno stretto fusillo, necessarii per forare i piccoli cocozzoli.
Vari cava-frutti.
Una regolare mannaia, con manico, per tagliare ossa, spine di grossi pesci ec.
Le misure della caraffa, e mezza caraffa di latta.
Le due più piccole misure d’oglio, cioè il misurello, e mezzo misurello all’uso di Napoli.
Quattro conocchiette di bosso per cavare il sugo dagli agrumi.
Una graticola di ferro filato a forma di cancellata per bruscare fette di pane ec.
Una leccarda, o di rame stagnata o di latta, ma di quelli fogli di lamina più forti, con quattro piccoli piedi, e manico di legno tornito, per farvi sgocciolare il grascio da sotto gli arrosti.
Delle scodelle diverse di terra, ed altri vasi simili.
Un pancone di castagno proporzionato per la cucina, degli antesini, delle mappine, de’ mensaletti di canape a due tele di palmi otto, delle asciugatoie.
Finalmente, un armadio di palmi tre in quattro lati alto palmi quattro, con portella, cioè l’ossatura di legno, e chiuso di lasca tela, pendolo ad una trave della cucina con rotella, e che abbia due scanzie per conservare delle carni, pesci, ed altro, onde tutto preservare dalle moleste mosche, e schifosi mosconi i di cui escrementi si degenerano quasi momentaneamente a vermini.
Quattro polsonetti di diverso calibro, per siroppare il zucchero, uno appresso dell'altro, il primo della capacità di otto caraffe, e gli altri proporzionatamente per metà.
Quattro cocome di rame di diversa grandezza per fare il caffè.
Quattro caffettiere di rame con manico di legno, due di esse col buco sul coverchio, col corrispondente frollatoio per fare la cioccolata.
Un piccolo lambicco di rame di una decina di caraffe.
Quattro fogli di rame, due di essi con manico ancor di rame.
Una conca grande di rame.
Un trombone di rame, o stagno a vento, col suo corrispondente tinello, ed armadio per gelare l’acqua.
Due sorbettiere di stagno con i loro corrispondenti tinelli, una di essa detta centenaria, e l’altra per metà.
Otto sorbettiere, per mantecare, e conservare il sorbetto, di circa caraffe otto con i corrispondenti tinelli, e cucchiaroni di ottone proporzionati per ciascuna sorbettiera.
Quattro schiumoni, per le forme intere di gelato per tavola.
Diverse forme di stagno di diversi lavori, per i piccoli gelati, e di queste il maggior numero che si potrà.
Quattro stufe di rame stagnate, due più grandi delle altre, con i loro corrispondenti tenacci per conservarci i gelati.
10 Un trombone di stagno a mano, col suo coverchio, e tinello con manico, per gelare acqua.
Due coppini con manico lungo, per prendere acqua, e per acque granite.
Setacci di diverso calibro, e di questi molti, perché non sono mai bastanti.
Uno stenderello, rigato per il suo rotondo per delineare pasta per dolci.
Una pietra col suo corrispondente laganatoio ancor di pietra come quella, che si manteca il cioccolatto, per lavorarci similmente le mandorle, e ridurle a pasta.
Quattro tinelli almeno, come quelli per la vendemmia, per gelare tutte le forme dei gelati, con alcuno più piccolo, laddove si dovesse gelare o uno schiumone solo, o poche forme.
Una graticola a maglia di ferro filato, bastantemente, col manico di legno tornito, per asciugarvi sopra de’ frutti sciroppati, delle castagne ec. con la sua corrispondente leccarda onde possa al disotto sgocciolare il giulebbe.
Una dozzina di fusi di bosso, per lavorare il zucchero torto.
Vari tromboncini di vetro, però che abbian la bocca grande, da potervici granire semate, limonee ec. con li loro corrispondenti sugheri.
Delle diverse caffettiere per riscaldare caffè.
Molte scodelle di creta, per farci le dosi dei sorbetti.
Diversi bottoni di cristallo per conservarci, sensi, ogli, spiriti ec.
Un cucchiaio da tavola d’argento, ed il piccolo per caffè, per formare le diverse mirenghe.
N. B. Molti che avran letto le mie precedenti edizioni di questa operetta, ed osservando la presente, vi rinverranno negli utensili pel riposto molti oggetti di meno, ciò l’è stato, che avendo cambiato metodo, e sistema per la presente settima edizione, cioè, formando un solo calendario, ovvero un pranzo quotidiano, il quale comprende cucina e riposto, taluni di essi sono nella lista della cucina, perciò ho creduto di non farne la multiplica; come ancora sembrerà ad occhio nudo eccedente quanto vi ci abbia compreso, ma tutto necessario per la cucina di un grande o per qualche altro, che avendo lasciato or ora l’aratro, il martello, la forbice, la mezza canna ec. gli saltasse il grillo in testa di vivere More Nobilium, ed ancor dippiù, che dovendosi esporre alle stampe un libro, studiar dee l’autore di presentarlo quanto più decente si possa.
Facilitar volendo a tutti i miei amici dilettanti di Gastronomia, che divertir si volessero ancor essi personalmente, in qualche grandiosa, o mediocre circostanza di loro gusto, sia per pranzo, sia per cena, stabilisco tutte le proporzioni di quantità, pel 11numero di dodici coperti. La prudenza di ciascuno ne farà l’aumento, o diminuzione, secondo il numero più, o meno di essi.
Prendi un rotolo di fior di farina, ne toglierai un pochino, e lo porrai sul pancone proprio, separatamente per farinare lo stesso nell’impasto della pasta; ci unirai mezzo rotolo di zucchero di cucina scuro macinato, ci unirai mezzo rotolo di perfetta sugna (taluni adoperano ancora il butiro), ci unirai dodici torli d’ovi, un pochin pochino di sale, e della raspatura della corteccia, o di limone, o portogallo, impasterai tutto insieme, senza molto maneggiarla; fatto che avrai un pastume, te ne potrai servire, per tutto ciò potrà occorrere in cucina di lavori di pasta frolla.
Prendi un rotolo di fior di farina il più ottimo, lo porrai sulla tavola di marmo, ci farai un buco nel mezzo, e ci porrai un pochin di sale, di butiro un’oncia, e la impasterai con acqua fresca: la faticherai, e batterai benissimo, cioè ribattendola con la mano destra sulla tavola di marmo, in modo che perfezionandosi così, diviene quasi come la pasta di miele per li così detti franfellicchi; quando sarà divenuta così morbida la farai riposare per mezz’ora; di poi con lo stenderello, o laganatoio, la levigherai tutta uguale, portandola alla spessezza di mezzo dito; su di essa ci distenderai once 24 di ottimo, e fresco butiro, e lo disporrai tutto uguale; chiuderai le due punte nel mezzo, ed il tutto per metà, distenderai con lo stenderello di bel nuovo, e con molta diligenza, polverizzando col fior di farina, e ripeterai la piegatura sempre per metà, ricordandoti, che nell’estate piegherai la pasta cinque volte, e nell’inverno sei; l'ultima volta poi la lascerai della stessa grossezza di mezzo dito.
Taglierai questa pasta col coltello infocato, dividendola, e suddividendola, per que’’lavori che ti necessiteranno; tutti quei primi contorni, che ne toglierai, di essi potrai servirtene, per suoli di torte, di pasticcetti, petit-paté, ed altro.
Quando lo strutto è bianco, sodo e di buon odore ci si può fare 12lo sfoglio come quello al butiro; ma ciò riesce più facilmente nell’inverno, però bisogna impastare la pasta molto più tenera della precedente.
In molte parti del Regno di Napoli ove si scarseggia di butiro, necessariamente si deve far uso dello strutto, e del grascio di rognone di manzo, potrai adoperare ancora il grascio di vaccina, precisamente la rognonata alla quale toglierai una velata membrana che conserva il grascio, la laverai ben bene, la sgocciolerai, e la pesterai, dipoi l’unirai con la sugna, servendoti per la quantità metà e metà, e di questa pasta ti servirai per tutti i lavori di sfoglio come la precedente.
Prendi libbre quattro, e poco più di fior di farina, libbre due di ottimo butiro, e due once di sale pesto; porrai la farina sulla tavola di marmo, facendoci un buco nel mezzo, in dove porrai il butiro, ed il sale; quindi prenderai dell’acqua quasi bollente, e la verserai sopra il butiro mescolandolo bene con le mani, finché sia liquefatto; dipoi impasterai sollecitamente bene a forza di polso, perché la pasta divenga ben legata, mentre quanto più sarà ferma, tanto meglio sarà la riuscita. La lascerai riposare per ore tre, e quindi potrai servirtene per tutti li pasticci, e caldi, e freddi.
Non tralasciando mai di fare le mie osservazioni, e saggi circa le diverse manipulazioni, che far si possono ancor diversamente; ho fatto un altro sperimento per la stessa pasta cioè:
Prendi una libbra di fior di farina, la porrai sulla tavola di marmo, ci farai un buco nel mezzo, in dove porrai, once quattro di fresco ed ottimo butiro, tre torli d’ovi freschi, una chiara, ed un poco di sale pesto; impasterai con acqua fresca, e renderai la pasta non tanto dura, né molto tenera, la farai alquanto riposare, e quindi te ne servirai.
Bisognandoti per pasticci freddi ci porrai meno butiro.
Porrai in una casseruola mezza caraffa d’acqua, e la farai quasi bollire, cioè, quando dal fondo della casseruola principieranno a sollevarsi sulla superficie dell’acqua tanti pallini, e sta or ora per bollire, pria che aprasi il bollo verserai in quest’acqua bollente tanto fior di farina, per quanto ce ne va, non potendoti dire su di ciò precisamente il quantitativo, per la ragione, che spesse volte accade avere la farina di terra, e questa l’è più asciutta, e ce ne bisogna di meno, altra volta si avrà la farina di mare che essendo più umida ce ne bisogna dippiù, oppure aver il fior di 13farina, che dicesi variato ed allora addio pasta bugne, per cui non posso precisartene la quantità, solo però ti basti sapere la quantità dell’acqua, e pel fior di farina ne terrai pronti due terzi di rotolo onde non ti manchi; girerai dunque ben forte con la coda del laganatoio, e con l’altra mano farai piovere il fior di farina nell’acqua bollente; sarà il suo punto di cottura, quando la pasta si stacca quasi tutta dalla cassa della casseruola, e si attacca tutta alla punta del laganatoio; la toglierai subito dal foco, e la porrai sulla tavola di marmo a raffreddare; divenuta fresca batterai sei ovi interi, con quattro torli dippiù, ed a poco per volta ne porrai di questo battuto nella pasta maneggiandola benissimo con la mano, e così facendo farai ben medesimare gli ovi con la pasta, finché diviene morbida. E laddove ti sembrasse alquanto soda, dir voglio, più dura, più forte, allora ci porrai degli altri torli d’ovi, seguitando a maneggiarla; divenuta morbida, la riunirai tutta, e te ne potrai servire o nella siringa, formando delle zeppole, o a diverse pagnottine, comunemente dette ovi di lupo o pagnottine brusche ec.
Prendi una libbra di fior di farina, la impasterai con un poco d’acqua calda, e ci porrai tre quarti d’oncia di lievito di birra, e se questo non potrai avere, ci porrai quello pel pane, ed impastando bene la ravvolgerai in un panno-lino facendola rinvenire, ovvero lievitare, fermentare in un luogo caldo cioè, per un quarto d’ora nell’està, ed un’ora nell’inverno; dipoi porrai sulla tavola di marmo altre due libbre di fior di farina, l’unirai con la pasta già lievitata come sopra, con una libbra e mezzo di butiro, dieci ovi battuti, un’oncia di sale pesto, ed un mezzo bicchiere d’acqua, impasterai tutto bene, polverizzando con fior di farina di tanto in tanto; la ravvolgerai di bel nuovo in panno-lino lasciandola fermentare per dieci ore. Debbo avvertire, che questo termine potrebbe essere abbreviato laddove fosse più caldo il sito, o che il livieto fosse stato maggiore per cui ne sollecita la fermentazione, e per questo caso ne osserverai spesso il punto, che si conosce dalle crepature che da sé succedono alla pasta; di questa pasta te ne potrai servire, per focacce, grandi e piccole; delle pagnotte, e pagnottine, verniciandole al disopra con battuto d’ovi, ed al disotto con strutto, o butiro, adattandole in tortiera, facendole cuocere al forno; per le piccole mezz’ora; per le grandi un’ora e mezzo; ci potrai formare delle pagnottine frammezzate con del prosciutto, e mozzarella; potrai lavorare questa pasta dentro le piccole formette espressamente, farsite di magro, e di grascio.
Prendi mezzo rotolo di fior di farina, l’impasterai con numero 14otto ovi interi pria ben battuti con poco sale, ed impasterai forte, laddove gli ovi fossero stati più piccoli ce ne porrai dippiù, dovendo essere questa pasta molto soda, ma che sia ben faticata; ne farai due o tre porzioni, e con lo stenderello proprio, cioè, quello per levigare la pasta pe’ tagliolini, che dev’essere più lungo, senza maniche e tutto uguale; con esso levigherai le tele, ravvolgendo la pasta allo stesso, e rotolando sulla tavola di marmo, vedrai, che la pasta si assottiglierà, e diverrà sempre più lunga; di tanto in tanto polverizzerai la tavola di marmo, e distenderai la tela della pasta su di essa farinandola appena, la ravvolgerai di nuovo allo stenderello, e la rotolerai finché giunga a quella sottigliezza che più ti necessita, nell’intelligenza, che per tagliolini semplici e per zuppa la pasta dev'essere sottilissima, se ti servisse per un'ordura di tagliolini, la pasta deve essere un poco più spessa ovvero più alta, più grossa, via; portata dunque la pasta a quel punto che più ti necessita lasciandola ravvolta allo stenderello medesimo, non farai altro che adattare lo stesso per lungo della tavola, sfilare lo stenderello, ed allora col coltellone, che ben tagli, taglierai ugualmente i tagliolini, che con poco fior di farina cercherai con ambo le mani sciogliere alla rinfusa tutte quelle ravvolte fittuccine, riponendole sopra de’ fogli di carta per farli asciugare.
Volendo gli struffoli, farai precisamente la pasta precedente; se poi li vorresti più teneri ci aggiungerai ad un rotolo di fior di farina un’oncia e mezzo di butiro, o di sugna; se poi vorresti gli struffoli di maggior delicatezza e particolarità, impasterai la pasta con soli torli d’ovi, ma che sieno freschi, ci unirai ancora della raspatura di corteccia di limone, o portogallo; maneggerai moltissimo la pasta e ne farai tanti maccheroni, e di questi tritulerai li struffoli friggendoli galleggiando nello strutto, e facendoli venire biondi biondi.
Potrai tagliare li maccheroni a mostaccioletti, ed allora farai struffoloni. Potrai tagliare dei pezzettini della pasta, ed incavarli con le dita, o sulla tavola medesima, o sopra un canestro perché così ci verrebbe un lavoretto. Potrai farli picciolissimi, come più ti aggrada.
Qui debbo trascrivere la salsa per condire li detti struffoli, per qualunque modo sia la loro forma, potendone variare ancora il colore: per la salsa generale, prendi la sottilissima corteccia di dieci portogalli, e la tritulerai finissima, prendi once otto di mandorle dolci, le spellerai con acqua bollente, l’asciugherai, le bruscherai di biondo colore, e grossolanamente le tritulerai; prendi once otto di ottimo miele bianco, prendi once sedici di zucchero, prendi once quattro di cedro candito, ed altrettanto di cocozzata tutto ben triturato, porrai tutto in una proporzionata caldaia, o polsonetto di 15riposto, e farai bollire, portando il miele ed il zucchero a caramello, e giunto che sarà a questo punto, ci rivolterai sollecitissimamente ben bene li struffoli, rivoltando, ora sulla fornella, ed ora al di fuori, onde tutto s’incorpori; porrai li struffoli nel piatto proprio, formandone un tortano se ti piace, e con le mani bagnate all’acqua li stringerai perché venissero compatti, al disopra ci polverizzerai con molta cannella pesta, e zucchero, ne potrai formare delle tonde palle, che dalla caldaia con le mani all'acqua fresca le maneggerai, e così farai delle belle palle, che quando ne ho dovuto fare qualche complimento a delle Signore, queste mi han chiesto li struffoli, che glie l’avessi lavorati a palle, che ci sentivano più gusto.
Se poi vorresti formare un bel piatto di struffoli a variati colori farai così:
Della pasta ne disporrai in diverse forme, taluni più piccoli, altri a mostaccioletti, talun’altri incavati, diversi formati a tarallini come ginetti, ed a partite a partite li friggerai, dipoi farai il giulebbe a caramello solo di zucchero, di questo ne prenderai una parte, che basti a rivoltarci una diversa porzione de’ struffoli, e per darci il color nero porrai nel polsonetto della cioccolata polverizzata, e così li farai neri; se rossi, porrai nel polsonetto della lacca sciroppata; se gialli col senso, prenderai dei bombò di Francia, li pesterai, e così darai quei colori e quei sensi, che più ti piaceranno, purché però li saprai ben montare nel piatto.
Prendi once sedici di mandorle dolci, le spellerai con acqua bollente, le pesterai ben fine nel mortaio, e di tanto in tanto ci porrai un pochino di bianco d’ovo battuto, onde non diano oglio; quando saranno ben peste, le porrai in un polsonetto da riposto, con altrettanto di zucchero fino, le porrai sulla fornella con foco moderato, mescolando con cucchiaia di legno finché vedrai che la pasta si distacca dal polsonetto, e che non si attacca più alle dita; allora la toglierai dal foco, e dal polsonetto, e quando sarà tiepida la stenderai leggermente con lo stenderello sopra di un foglio di carta, polverizzando con zucchero fiorettato, e così te ne servirai secondo il capriccio.
Impasterai tanto fior di farina, e tanto zucchero fino fiorettato con poco succo di limone, bianco d’ovo battuto alla fiocca, ed un pochino d'acqua di fior d’arancio. Questa pasta non dev'esser molle, ma bensì duna certa consistenza. La sua cottura è al forno sopra fogli di carta potendosi lavorare in diverse forme.
Prendi una libbra di fior di farina, l’impasterai con sette once di zucchero fino fiorettato, sei torli d’ovi freschi, due chiara d’ovi, e due once di butiro fresco; questa pasta dovrà essere alquanto soda, ed è buona per tutte le croccanti. Con la pasta croccante, o alla nobile, e pane di spagna, potrai fare de’ superbi tempi. dei cocchi, delle rupi, dei frammenti di antichità ec. potrai unire insieme la pasta croccante, la nobile, ed il pane di spagna, e vedrai che forma il più bell’effetto nel genere di pasticceria decorata; per formare canestrini, vasi ec. oltre della pasta suddetta si ha la pasta di mandorle, la quale si può colorire come si vuole. Oltre di ciò vi sarebbe il zucchero spongato a diversi colori, questo è ancora ottimo per formare diversi capricci; ma per eseguire tutto questo e bene, ci vuole disegno, architettura, genio, buon gusto, diligenza, e, sento dirmi, ancor denari.
Prendi una libbra di fior di farina, la impasterai, con sei once di zucchero fino, un poco di polvere di cannella, della raspatura di limone, due ovi, once quattro di butiro, ed un poco d’acqua; maneggerai, e quindi prenderai de’ cannoletti di canna lunghi un quarto di palmo, o poco più secondo il gusto, li bagnerai nello strutto liquefatto, e ci ravvolgerai la pasta, che sia ben connessa la unione, e li friggerai; quando saranno ben cotti di biondo colore, diligentemente li sfilerai, potendoli riempire, o di crema, o di ricotta, o di qualunque marmellata, e polverizzati con zucchero, e cannella.
Prendi once sedici di fior di farina, quattr'ovi, due once di butiro, un pochino di sale, e mezzo bicchiere di vino bianco; impasterai tutto benissimo, e cercherai, che la pasta sia soda, ma giusta facendola alquanto rassettare in un panno-lino. Questa pasta è buona per fare un'ordura, cioè, farai un raguncino. prenderai un poco della pasta, la distenderai sulla palma della mano, ci porrai un poco dei raguncino, e poi chiuderai la pasta formandone una palla ben levigata, la rotonderai benissimo, e così le friggerai.
Prendi mezzo rotolo di fior di farina, mezzo quarto di sugna, ed impasterai con acqua, ed un ovo intero, maneggiandola bene, la distenderai come la pasta de’ tagliolini, e ne farai una tela; farai una 17farsa di ovi battuti, provola grattugiata, ed un trito di mozzarelle mischiato tutto insieme, e con questa farsa ne riempirai i panzerotti, che li taglierai, o con lo sperone proprio o con qualche stampa, e quindi li friggerai di bel biondo colore.
Il brodo per le zuppe di grascio specialmente, l’è sempre lo stesso, per cui quanto riguarda parola brodo non so, né posso diversificare che aumentarne degli altri.
Il brodo chiaro è composto di carne vaccina, pollo, prosciutto, delle zampe di vitella, delle diverse verdure, e pochissimi aromi; ma pria di venire alla pratica di questo brodo, trovo necessario prevenire una circostanza, cioè, se vorrai o pur no servirti del lesso, dappoiché questo piatto presentemente si è ridotto ad un capriccio, perché taluni lo vogliono, talun’altri no; alcuni sostengono non essere della decenza presentare in un pranzo di parata il lesso, ed io in certo modo ci convengo, ma come si fa poi nelle province!, ove non così facilmente potrà rimpiazzarsi questo piatto con un altro, per la deficienza tante volte de’ generi, per cui è di mestieri servirsi del lesso di vaccina; ed all’oggetto premessa tal ragione, vengo alla pratica per fare il
Se dunque servir ti dovesse il lesso prendi rotoli tre di carne vaccina, ma che sia il vacante (perché questo sito è il migliore) in un sol pezzo, lo laverai diverse volte con acqua fresca, e lo terrai alquanto in essa, perché così darà fuori tutta la residuale parte sanguinosa, lo legherai con spago, perché oltrepassando per inavvertenza la sua cottura si aprirebbe, ché se saper potessi l'età della vaccina, del bue, dell'annecchia, della vitella ec. ti darei la norma dei gradi di cottura, che a forza di sperimenti l’ho pur rinvenuti, col dirti le ore di bollimento. Porrai dunque in una marmitta la detta carne con mezzo rotolo di prosciutto, dal quale ne toglierai il grascio e quella parte salsa; ci unirai parimenti o una gallina, o un cappone, e sia ancor gallo, o diversi pezzi di pollo, che diano la stessa quantità, ci porrai un pochino di sale, ed una decina di caraffe d’acqua, adatterai la marmitta sulla fornella a poco foco, finché si presenti la schiuma, la quale dovrà sorbire tutta l’impurità delle carni, che con molta diligenza con la mescola bucata toglierai, e laddove ti sembrasse di essersi di molto avvanzato il bollo, ragione che farebbe disperdere quella schiuma, ovvero quella impurità, che ancor ce ne fosse, diminuirai la forza del foco con della cenere nella fornella ed un tantino d’acqua fresca nella marmitta; quando si sarà tutto purificato, allora farai aumentare il bollimento, onde tutto entri in cottura. Praticherai 18tutta l’attenzione in osservare quando la carne vaccina sia giunta alla sua morbidezza di cottura; allora la toglierai, riponendola in una casseruola con alquanto di brodo, onde non si annerisca, facendo rimanere a cuocere il resto, badando che il brodo non molto si restringa, e per ovviare ciò, terrai sempre pronta dell’acqua bollente, con la quale rimpiazzerai (altrimenti non avrai più il brodo, ma un culì).
Quando si è tutto quasi disfatto, toglierai dal foco la marmitta, e passerai pel passa brodo il tutto; laverai la detta marmitta pulitissima, onde vada via tutto il grascio, che vi ci si sarà attaccato, o riporrai il brodo in essa, che farai alquanto raffreddare per toglierne il grascio, che sulla sommità si presenterà sempre, che leverai diligentemente. con un cucchiarone (qui è necessario farti osservare un principio economico, immaginandomi sempre di parlare con un dilettante di Gastronomia; conservare quel grasso che toglierai dal brodo, dappoiché se quel giorno medesimo, o anche pel seguente, dovresti imbianchire degli ortalizi o delle erbe, quello l’è ottimo allungandolo con dell’acqua bollente, e ciò serve per evitare la spesa di altra carne per fare un tantino di brodo per lessare le anzidette erbe, come praticasi per crescere di zeri le liste); disgrassato per quanto possibile, avrai il brodo, passerai alla seconda operazione di darci il gusto, e chiarirlo, onde servirtene per qualunque zuppa. Porrai nella marmitta medesima assieme col brodo il bianco di quattro selleri, sei pastinache, che rasperai, dividerai in quarti, e ne toglierai quel midollo che hanno nel mezzo, essendo quello durissimo, e produttivo di mal di visceri, ci porrai grani due di petrosemolo, e cerfoglio; una cipolla bianca intera non molto grande, una piccolissima stecchetta di cannella, quattro teste di garofani, e del sale corrispondente (si intende già che tutte le descritte erbe debbono essere ben pulite e lavate), chiuderai la marmitta, onde per quanto è possibile non svaporizzi, e con un foco piuttosto temperato farai tutto scuocere, badando sempre che il brodo non si restringa, altrimenti faresti il consumé, per cui di tanto in tanto ci porrai dell’acqua bollente, se il bisogno richiedesse, e tosto che avrai osservato essersi scotte le verdure, ed il brodo rimasto in sufficienza da poter bagnare due zuppiere, passerai tutto per setaccio, senza pressione di mano, ma solo rimenando con la mescola di legno l’erbe, onde tutto il brodo ne sgoccioli: porrai quel brodo in una casseruola, facendolo alquanto raffreddare, ci mescolerai tre chiara d’ovi ben montate alla fiocca, e porrai l’anzidetta casseruola sul foco, e quando la schiuma degli ovi avrà riunito tutta l'impurità delle erbe già cotte, portando alla sommità del brodo tutto il verde, con mescola bucata ne la toglierai finché vedrai, che il brodo siasi in certo modo chiarito (il che non puol essere 19interamente); lo ripasserai diligentemente per un setaccio, e quindi per una salvietta stretta, pria bagnata nell’acqua, e così facendo otterrai la limpidezza del brodo, il quale dev’essere chiaro, ma di un colore dell’ambra; lo gusterai come ti sembra di sale, e per questa parte ti prego essere sempre avaro; perché questo puol sostituirsi, ma non già togliersi.
Divenuto alla perfezione il brodo, lo conserverai ben chiuso, e che sia sempre caldissimo, onde servirtene per qualunque zuppa che ti piacerà, dappoiché il brodo chiaro è sempre lo stesso.
Nel caso poi non ti servisse il lesso, allora in vece del pezzo del vacante prenderai diversi pezzi di carne, ma che non sia grassa né nervosa, e ne prenderai rotoli due, che farai in certo modo scuocere come il prosciutto ed il pollo, e così proseguirai pel già descritto.Montare alla fiocca, s’intende battere bon bene col fascetto di vetiche, o col battitoio le chiara d’ovi, e renderle spumose alla perfezione, perché così si ottiene purificare e chiarire ogni impurità.
Volendo servire una zuppa di magro, vi è di necessità del pesce, e come tale, dei piatti di pesce ancora, perciò non volendo alterare in verun modo l’economia, te ne additerò il modo come ottenere la prima e seconda parte.
Il brodo di pesce dee farsi con i soli scorfani, cocci, ed andragini; ma può farsi con i merluzzi, con i cefali, con le spinole, con la cernia e con la pescatrice, però i primi sono ottimi solo pel brodo, e non già per un piatto di pesce di parata, ma con i secondi si ottiene il brodo, e della loro carne quanti piatti può mai immaginar l’idea.
Se dunque vorrai servirti del solo brodo, prendi un rotolo e mezzo o di cocci, o di scorfani, o di andragini, li laverai benissimo, ne toglierai le garge e le squame, li rilaverai di nuovo e li porrai in una marmitta con dieci caraffe d’acqua, farai bollire dolcemente per toglierne la schiuma che salirà; quando avrai bene schiumato, ci porrai del sale, il bianco di quattro selleri, grani due di petrosemolo, e cerfoglio, sei pastinache raspate. divise in quarti e toltone quel midollo di mezzo, una cipolla, ma intera, ben pulita, quattro teste di garofani, ed una stecchetta piccolissima di cannella; ci porrai ancora once dieci, o di butiro, o di sugna, o di ottimo oglio, aumenterai il foco, facendo tutto scuocere; badando sempre però che il brodo non si restringa, avendo sempre pronto un recipiente d’acqua bollente per sostituircela laddove manchi. Disfatto che si sarà, ed il pesce e l’erbe, passerai tutto per setaccio e quel brodo lo chiarirai come quello precedente di carne, con le chiara d’ovi montate; fatte queste operazioni lo terrai caldissimo per versarlo nelle zuppiere, per le zuppe di magro.
Nel caso che si volesse uno o più piatti di pesce, in questo caso prenderai rotoli due e mezzo, o di merluzzo, o di cefalo, o di spinola, ne toglierai le garge e le squame, laverai tutto bene, ne taglierai le teste con alquanto di polpa, e le code similmente, ci 20unirai un rotolo solo de’ pesci precedenti pel brodo, e farai il resto, conservando il pesce per quel piatto che vorrà farsi.
Per questo brodo praticherai lo stesso come il precedente, meno il pesce, il butiro o strutto, e circa l’oglio, ti regolerai per dieci caraffe d’acqua, ci porrai once dodici di ottimo oglio, l’erbe medesime, insomma tal quale ho detto precedentemente; farai bollire e scuocere, passerai per setaccio, e sarà ancor questo un eccellente brodo semplice per una zuppa di magro; volendola alla santé frammezzerai nella zuppiera dei filettini delle erbe medesime, pria lessate separatamente, oltre di quelle che debbono dare il gusto al brodo, come di sopra.
Questo brodo lo farai come il precedente, però, in vece dell’oglio, ci porrai once sedici di ottimo e fresco butiro, ci unirai le descritte erbe, che farai scuocere; riducendo il brodo alla metà, quindi passerai per setaccio, porrai un poco di quel brodo in una proporzionata casseruola, in dove ci scioglierai ben bene dieci torli d’ovi, ma freschi, badando che non si leghino e non si aggruppiscano, e così girando girando con mescola di legno, verserai nel brodo generale questo poco cremato, perché ci darà buon gusto.
Questo brodo l’è ottimo nella circostanza di dover servire una zuppa di magro senza potere aver pesci, secondo potrai trovarti.
Prendi rotoli quattro di ottimi, e ben maturi pomidoro, li netterai benissimo, li dividerai per metà, ne toglierai quel viscido con i loro semi, li suddividerai, e li porrai in una casseruola a bollire con poche foglie di petrosemolo, e di basilico, quando si sarà tutto bastantemente disfatto, passerai per setaccio fortemente; riporrai quell’estratto in una casseruola, con del sale, ed once dieci di butiro, o sugna, ci porrai caraffe sei di acqua (se questa fosse bollente non ci è male), e farai bollire, portando questo brodo a metà, del quale potrai servirtene per pastine, ovvero paste minute, per croste di pane con pezzettini di pesce, o frutti di mare ec.
Il magistero per fare le creme l’è sempre lo stesso non alterandosi in altro, che nei soli sensi, per cui nel proposto sistema della formazione di questo unico volume descriverò la maniera generale come farsi la crema, e quindi il modo come variarne i sensi, onde 21non farne la ripetizione in ogni volta, che debbo presentare un piatto di crema secondo i giorni, tranne di quelle altre creme che saranno composte, e per queste, siccome si stabiliranno, né additerò la pratica.
Per ogni caraffa di latte, sia di capra, sia di vaccina, ma li raccomando che sia munto là per là dovendo esser fresco, e che la caraffa sia perfettamente giusta, perché diversamente la mia ricetta non riuscirebbe perfetta, siccome porrai la caraffa di latte in una casseruola, prendi una caraffa d’acqua fresca in due metà, una la porrai in una casseruola con once cinque di amido, o fioretto, che scioglierai con la mano ben bene, e farai un altro latte, nell’altra meta d’acqua ci scioglierai once dodici di zucchero fino sul fuoco, facendoci dare pochi bolli perché tutto si liquefacesse, e raffreddato alquanto lo mescolerai col latte, e coll’amido già sciolto, ci porrai pochissimi granelli di sale, poca raspatura, o di portogallo o di limone, ed otto torli d’ovi freschi, mescolerai tutto benissimo perché tutto si medesimi, e quindi passerai per setaccio, riporrai la crema in una proporzionata casseruola, l’adatterai sulla fornella, con foco temperato, e con una mescola di legno adattata sempre per la crema, intendo dire che non senta di grascio, girerai dolcemente sempre per un lato perché diversamente facendo non si legherà a perfezione; la porterai a quella densità che più ti necessita; se la crema dee servirti semplice sarà un punto più liquida; se per torta, o pasticcetti, la farai un poco più densa, e così farai per tutte le altre, additandoti per paragrafi quanti sensi mai la mia debole idea mi suggerirà, se semplice la porrai nel piatto proprio polverizzandola con cannella.
Per ogni caraffa di latte farai la decozione stretta di once sei di ottimo cioccolatto, che facendola alquanto raffreddare la mescolerai ben bene nella dose della crema semplice già fatta, passerai tutto per setaccio e farai la cottura.
Prendi once sei di pistacchi, ma di quelli già scorzati dalla prima durissima corteccia, li spellerai con acqua bollente, e li pesterai nel mortaio di pietra espressamente e per i pistacchi e per le mandorle, e nel pestarli di tanto in tanto ci porrai poche stille d’acqua onde non tramandino oglio; ridotti che l’avrai come una pasta ci farai una decozione con acqua liquefacendoli così, ricavandone una caraffa d’acqua, quello appunto, che ho detto nella regola generale, in dove ci scioglierai nella metà le once cinque di amido, e nell’altra le once dodici di zucchero, mescerai tutto, passerai per setaccio, e ci darai quella cottura come di sopra.
Bruscherai color pulce, ovvero così detto carmelitano, once quattro di buon caffè, e bollentissimo lo tufferai nella dose semplice della crema, lo farai così raffreddare, e quindi passando tutto per setaccio, farai la crema col semplice senso di caffè.
Farai la decozione di caffè come per la bevanda, ne farai una caraffa, la raddolcirai di zucchero, e d’essa supplirai per la caraffa d’acqua, cioè, metà ci scioglierai le once cinque di amido, e nell’altra ci farai liquefare le once dodici di zucchero, mescolerai col latte ed i torli d’ovi, e farai la crema di torroncino.
Per questa crema prendi once quattro dei bombò di Francia col senso di rose, che son rossi, li pesterai, e li scioglierai nella mezza caraffa d’acqua ove farai liquefare le once dodici di zucchero, che mescolerai con la dose già detta, vedi sempre la prima composizione, che è la generale, passerai per setaccio, ed avrai la crema di rose, ma se per caso ti trovassi in un sito, che bombò non ve ne sono, e potrai avere dell'oglio di rose, sarà ottimo, e ce ne porrai tante stille per quanto il gusto ti darà, e per darci il colore ci mescolerai un pochino dell’alacca sciroppata, ed avrai il medesimo intento; se neppure oglio potrai avere userai una caraffa d’acqua di rosa distillata, che la supplirai a quella per lo zucchero, e per l’amido, se poi neppur questa aver potrai, la crema di rose non farai.
Similmente ti ho detto per la crema precedente di rose, farai per questa di menta, servendoti di once quattro di bombò di menta; se questi aver non puoi, ci porrai o dell’acqua distillata di menta, o dello spirito di esso, ma bada che per quest’ultimo devi usare molta diligenza circa la quantità, perché di più amareggia, ce ne porrai tanto, per quanto ti gusta, e farai il di più come di sopra.
Prendi once quattro di bombò col senso di anisi, li pesterai, li farai liquefare collo zucchero, e così avrai la crema di anisi.
Porrai in una caffettiera una caraffa ed un quartino d’acqua, ci 23 unirai un’oncia di cannella contusa, ne farai la decozione, e la ridurrai bollendo ad una caraffa, che supplirai a quella dello zucchero, e dell'amido, la mescolerai nella dose generale, e farai la crema di cannella.
Per questa farai tal quale come la precedente.
Prendi un rotolo e mezzo di ottime e pronte fragole, le passerai per setaccio, e ne riceverai una caraffa di estratto, lo mescolerai con la caraffa di latte, ci scioglierai le once cinque di amido, gli otto torli d’ovi freschi, libbre due di zucchero polverizzato benissimo, non potendosi diversamente liquefare, il solito sale, ma pochissimo, mescolerai tutto, passerai per setaccio, e farai questa crema come lo altre, e sarà ottima. Volendola di fragole ananasse farai lo stesso.
Porrai in una casseruola una caraffa d’acqua e due chiara d’ovi, e col frollatoio farai come per la cioccolata, perché così si eleverà la schiuma, quindi ci porrai un rotolo di zucchero inglese il più buono, e mescolerai tutto; adatterai la casseruola sulla fornella con temperato foco, e sciropperai lo zucchero, schiumandolo bene, facendone sgocciolare tutto lo giulebbe dalla mescola bucata; quando lo avrai bene schiumato, lo porterai al suo punto di cottura del presente lavoro da me stabilito al settimo, segnato nelle diverse cotture dello zucchero, che qui appresso vedrai denominandolo la grande plume; questo punto di cottura per le ova faldacchiere lo conoscerai nel far cadere delle stille di giulebbe in un piattino da caffè, che non sia bagnato, e raffreddandosi quelle stille restino addensite; allora lo toglierai dal foco, facendolo raffreddare in un vase di terra. Raffreddato che sarà, ci mescolerai trenta torli d’ovi ben battuti, ci porrai una raspatura o di cedro, o di portogallo, o di limone, e se ti piacesse di darci il senso di vainiglia sarebbe pur ottimo, per questo senso però farai così: di una bacchetta di polposa vainiglia ne prenderai la quarta parte, la pesterai benissimo nel mortaio di pietra con delle poche pietre di zuccotto, o ancor di zucchero, e la ridurrai in polvere, e poi la mescolerai nella dose, passerai tutto per setaccio a forza di mano onde tutto sorta, e questo estratto lo porrai in una casseruola, che adatterai sulla fornella con temperato foco, e con mescola di legno pulitissima girerai come la crema portando alla densità, e così sarà fatto.
Spellerai con acqua bollente una libbra di mandorle dolci, le pesterai finissimo, bagnandole con un pochino d’acqua per volta, perché diversamente daranno oglio; dipoi lo scioglierai con una caraffa d’acqua fresca, e maneggiandole bene le passerai per setaccio, premendo bene, e di tutto ne ricaverai una caraffa di latte: a questo ci unirai once quindici di zucchero, sciolto in mezza caraffa d’acqua bollente, ci unirai ancora once quattro di amido sciolto in altra mezza caraffa d’acqua fresca; unito tutto, e ben medesimato, lo passerai novellamente per setaccio, ci porrai appena di sale, come per tutte le creme, e ci darai la cottura come tutte le altre creme. A questo potrai unirci ancora, volendo, della cioccolata, ed allora farai una decozione stretta con once sei di ottimo cioccolatto, e farai come le altre, la proporzione per dodici persone farai di latte di mandorle una caraffa e mezzo, ma senza ovi.
Se invece della cioccolata vorrai metterci del caffè, ed in questo caso ciò che ho detto d’acqua sarà tutto di decozione di caffè, insomma le due mezze caraffe d’acqua saranno convertite in una caraffa di decozione di caffè, che farai dolce come quello che ordinariamente beviamo nelle tazze, ed in questa caraffa di dolce caffè, scioglierai le once quindici di zucchero, e le once quattro di amido, e così finalmente farai questa crema.
La forza di sperimenti mi ha fatto conoscere diversi punti di cottura dello zucchero, addicendo ciascuno di essi alle varie manifatture per cucina e pel riposto.
Per ogni terzo di zucchero, porrai in un polsonetto mezza caraffa d’acqua, ci frollerai due chiara d’ovi, ci mescolerai il terzo di zucchero, ovvero una libbra, lo porrai sulla fornella con temperato foco, quando la schiuma si riunisce fermentando, e si stacca dal polsonetto, allora con la mescola bucata la toglierai versandola in un passa-brodo, con vase al disotto, onde ne sgoccioli quel giuleppe, che indispensabilmente porterà seco la schiuma, onde non perderlo, che lo rimetterai nel polsonetto. Fatta questa prima operazione, cioè di avere spumato lo zucchero, succedono i diversi punti di cottura dello zucchero, cioè:
Il primo lo chiamo il piccolo lissè che si cuoce, toccando appena con l'estremità di un dito destramente quel bollente giulebbe, e quindi fra due dita, che nel riaprirle formi quella picciolissima parte di giulebbe con sottil filo, che subito si spezza.
Questo punto l’è buono per lavorare qualunque crema.
Il secondo lo chiamo il grande lissé, che succede 25 progressivamente bollendo, e si conosce col medesimo mezzo, perocché quel sottil filo non si spezza così facilmente.
Questo l’è buono per fare i rosoli meno cremati.
Il terzo passando un bollo dippiù lo chiamo il piccolo perlé, perché bollendo forma delle grosse perle.
Questo è proprio per fare qualunque sorbetto.
Il quarto, che continuando a bollire ne succede il grande perlée, e si conosce, che bollendo forma il giulebbe delle piccole perle, rotonde ed elevate.
Questo è proprio per fare il sorbetto di amarene, perché essendo questa qualità di sorbetto molto aspro, il maggior bollimento dello zucchero gli dà più dolcezza, ed è buono ancora per que’ rosoli, che si volessero mollo cremati.
Il quinto lo chiamo la piccola, e grande, queue de’ cochon, che si conosce bagnando la mescola bucata, e quindi, lasciando cadere quel giulebbe, si forma attaccato alla mescola medesima come una coda.
Questo l’è ottimo per farci confettare i marroni, ovvero le castagne.
Il sesto è il soufflé, il quale succede continuando a bollire, e si conosce essere giunto questo punto quando tuffando la schiumaruola nel giulebbe, e soffiando a traverso de’ buchi, ne vedrai uscire delle scintille di zucchero.
Questo giulebbe è ottimo per conservarsi, o nei vasi di Faenza o nelle bottiglie di cristallo, per servirsene al momento e portarlo a maggior consistenza, ove il bisogno lo richiedesse.
Il settimo lo chiamo la grande plume e questo si riconosce come il precedente, diversificando che le scintille debbono essere più forti, in modo che immergendo la schiumarola nello zucchero, e battendola colla mano, ne sortano delle lunghe scintille, le quali riunendosi insieme, e soffiandolo si formano in aria come un piumazzo.
Questo è ottimo per fare la pignolata.
L’ottavo l’ho chiamato il piccolo, e grande boulet, e si conosce questo punto di cottura facendo sempre bollire un poco dippiù, che secondo la stretta teoria sarebbe di bagnare due dita nell’acqua fresca, che terrai sempre pronta, e velocemente immergersi nel giulebbe, come con uguale precocità le bagnerai di nuovo nell’acqua fresca, e rimenando lo zucchero tra le dita, che v’è rimasto, il quale raffreddandosi si farà come una pasta molle, questo è il mezzo in teorica per conoscere il punto di questa cottura di zucchero: ma ciò sarebbe, laddove io mi fossi determinato di parlare a delle persone dell’arte, locchè non ho mai sognato, ma dirigere questi pochi da me fatti esperimenti a’ miei cari amici dilettanti di Gastronomia, per cui mi credo nel dovere dare un altro mezzo come 26conoscerlo ugualmente, assicurando, che mi spiacerebbe oh quanto, se le loro dita si scottassero: per ovviare questo inconveniente, farai cadere delle stille di giulebbe in un piattino da caffè asciugato, e raffreddato che sarà il giulebbe, lo maneggerai con le dita, e vedrai che si ridurrà come una pasta molle, e se non vi fosse giunto ancora, ci farai dare pochi altri bolli.
Questo l’è ottimo per fare le mirenghe di riposto.
Il nono punto di cottura lo chiamo il cassé, e si conosce nella medesima maniera della precedente diversificandone il saggio, perché bollendo un poco dippiù, acquista il giulebbe maggior consistenza, sicché immergerai sollecitissimamente la schiumaruola nel giulebbe e similmente la tufferai nell’acqua fresca, da dove la ritirerai, e tastando le dita su di essa, vedrai che quella panna di zucchero già fatta, raffreddata, si frange facilmente come se fosse un sottilissimo ghiaccio.
Questo l’è ottimo per ravvolgerci le mandorle, e formarne delli diversi lavori di croccande ec.
L’ultimo punto finalmente di cottura (almeno secondo me) è il caramel poco diverso dal precedente, prevenendo, che volendo il caramel oscuro, allora bisogna far bollire soltanto lo zucchero con l’acqua a gran foco, badando però, che il bollo non salti fuori del polsonetto, casseruola, caldaia, quello che fosse, secondo la proporzione, altrimenti tutto si perderà, e ciò, finché sia giunto a quel grado di colore che si desidera. Per il caramel chiaro, che farai come gli altri, si conosce, facendone cadere un poco del giulebbe in un piattino fresco, e raffreddato che sarà, vedrai se si è formata una caramella. Essendo questo il punto più forte di cottura, potrai servirtene per fare lo zucchero tirato, con colori in tante fittuccine storcigliate, dandoci però un altro punto di cottura a picciolissimo foco, senza mai rimenarlo sul foco medesimo, altrimenti diverrà lo zucchero nel suo stato primiero.
Se per avventura dirigendo altrove il tuo pensiero, ed essendoti alienato di ciò che stavi facendo, i punti di cottura del giulebbe son passati, perché questi a gradi a gradi passano, e ritornando nel tuo centro osserverai avere oltrepassato quel tuo prefisso punto, rimetterai un poco d’acqua fresca, e ribollendo lo ridurrai come vuoi, purché non si fosse attaccato nel fondo del polsonetto, ché subito prende cattivo gusto, ed in quest’ultimo caso, pagherai il fio della tua alienazione, forse per qualche Signorina alla quale l’idea avrai diretta, e farai punto e da capo.
Nel caso ti sgomentasse che il bollimento dello zucchero sia molto forte e che uscisse dall’orlo del vase, o per causa di foco avvanzato o che non avrai saputo adattare la proporzione del vase medesimo, ti suggerisco il mezzo come al momento rimediare senza togliere il polsonetto, o caldaia, dalla fornella. Ci porrai due stille di latte, oppure un tantino di cera, quanto una testa di spillone, che all’istante vedrai tutto rimesso.
Scintille, s'intende un filo più forte, o meno forte, più lungo o meno, e ciò deriva dalla cottura maggiore del zucchero, che gradatamente passa da un punto all’altro, però dovendo sempre bollire uguale e non alterando mai il foco.
Il magistero de’ rosoli l’è sempre lo stesso, tranne qualcuno che meritasse qualche eccezione, che particolarmente ne farò la descrizione, secondo occorrerà pel proposto sistema di questa mia Settima Edizione.
Per numero dodici persone è sufficiente una libbra di spirito di vino, ma che sia il più perfetto; in esso porrai quel senso che più ti piacerà nel modo seguente.
Se di limone, o portogallo, ne prenderai una decina delli più freschi, ne taglierai sottilmente le cortecce, e le porrai in fusione nello spirito per ore 24, battendolo di tanto in tanto; farai il giulebbe con un rotolo di zucchero, servendoti del secondo punto chiamato da me lissé e verrà meno cremato; volendolo poi maggiormente cremato, farai il giulebbe al quarto punto denominato il grande perlée; lo farai raffreddare, e quindi lo mescerai con lo spirito, togliendone quelle cortecce, e facendolo bene medesimare lo farai distillare coll’imbuto di vetro espressamente, o col coppo di carta floscia pria bagnata, o colla bombace; qui debbo avvertirti. che nel riunire lo spirito di già col senso, con il giulebbe, saggerai il grado di dolcezza per portarlo a quel gusto che ti piacerà, potendoci aumentare o un pochino di spirito, o un pochino di zucchero, facendolo liquefare in una parte del già fatto giulebbe, e distillato che sarà di bel color chiaro, lo porrai in bottiglia di tuo genio e lo servirai.
Nel caso che nella prima distillazione non venisse perfettamente limpido lo ripasserai novellamente.
§2. Se lo vorresti di cedrato, siccome il senso di questo agrume è più sensoso, ti servirai delle cortecce di quattro piccoli; se poi fossero di quelli bellissimi cedrati d’Ischia che sono i migliori, e che sono ben grandi, o di quelli di Sorrento, ti servirai della corteccia di due di essi.
Se lo vorresti di cannella, prendi una terza d’oncia dell’ottima cannella, la ridurrai contusa, e la porrai in fusione con lo spirito; facendo il dippiù come sopra.
Se di vainiglia, prenderai due polpose bacchette, le dividerai per metà per lungo, le suddividerai e le porrai nello spirito e farai come sopra.
Se di cioccolata, ne prenderai mezza libbra, ma della più perfetta, la rasperai tutta col coltello, la porrai nello spirito, ed il dippiù come sopra.
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Se di caffè, ne bruscherai once quattro del più buono, di bel color pulce, e bollentissimo, lo tufferai nello spirito, praticando tutto come sopra.
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Volendo poi fare il rosolio di fragole, non vale la pena di dare il senso a solo una libbra di spirito, ma bensì a molto, perché le fragole una volta all’anno vi sono, sicché ne farai almeno una decina di libbre di spirito, che porrai in un vaso di vetro, ed in esso ci tufferai rotoli tre di pronte e fresche fragole, ma di quelle espressamente tolte dalle piante, togliendone gli sterpi, e le terrai in fusione per una ventina di giorni, dopo de’ quali farai il giulebbe, e pel dippiù farai come sopra; di quest’ultima parte non volendo spendere in una sol volta il zucchero, lo potrai fare siccome ti bisognerà; ma debbo avvertirti, che tutti i rosoli quanto più sono stagionati, tanto più sono ottimi.
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Similmente farai quello di ciriege, dette corvine; queste però le terrai in fusione per 40 giorni, ed ancor due mesi, e se ci darai un senso di limone, cioè, della corteccia di un paio di limoni, con una stecchetta di cannella ci sta benissimo, e farai il giulebbe come sopra; di rosoli ne potrai far quanti ne vorrai siccome l’idea ti suggerirà.
Per questa bevanda ti raccomando prendere il più buon caffè, lo bruscherai color pulce o castagna o il così detto carmelitano, lo macinerai, e quindi porrai dodici tazze d’acqua ancor col piattino in una coccoma per quanto bastino per dodici persone, la farai bollire, ed allora diligentemente ci tufferai once quattro di macinato caffè, con mescola propria lo rivolgerai in quell’acqua, facendolo cadere giù nel fondo della coccoma, e con molta attenzione la terrai sul foco, facendo che il bollimento risalga sull’orlo, ed allora sarà perfezionata la sua cottura, quando vedrai che il bollo medesimo si presenta in picciole perle, toglierai dal foco la coccoma, ci porrai mezza tazza sola d’acqua fresca, facendolo rassettare per quindi passare il caffè in una cassettiera per riscaldarlo e servirlo.
Tutto ciò che ho descritto in questi diversi paragrafi, sono le regole generali per il loro lavorio, che saranno segnate secondo i giorni che ciascuna cosa bisognerà, onde riportarsi sempre a queste per non farne la ripetizione volta per volta. Darò dunque principio a questo novello mio calendario con le rispettive stagioni.
PRATICA.
Prendi un rotolo di grossi gamberi, li laverai pria benissimo, e li lesserai, dipoi ne staccherai le code, che le conserverai, e i loro gusci li pesterai al mortaio; porrai questo pesto in una marmitta di rame con caraffe otto d’acqua, once otto d’oglio ottimo, del sale. una cipolla intera, grana due di pastinache raspate al di fuori, e quindi le dividerai in quarto togliendone quel midollo che l’è molto nocivo, il bianco di quattro selleri, mezzo grano di petrosemolo, ed un grano di cerfoglio, farai tutto cuocere, e poi passerai per setaccio, facendo ridurre quel brodo al terzo, che è quanto dovrà servire per la zuppa; prendi numero sei pagnotte di pane di grana due, le suddividerai in tanti dadi, e poscia li friggerai di bel color d’oro, li porrai in zuppiera, versandoci quel brodo e 30sopra ci adatterai quelle code dei gamberi scorzati, e così sarà servita la zuppa in brodo.
Prendi once quattro di alici salse, le laverai e le spinerai, le tritulerai, dipoi le farai soffriggere in una casseruola grande, con once otto d’oglio il più perfetto, frattanto farai bollire l’acqua e lesserai un rotolo e mezzo di vermicelli, quando son giunti alla giusta cottura facendoli conservare la loro prontezza, li sgocciolerai benissimo, e li rivolterai in quell’oglio con le alici salse ben consumate, li condirai con del sale e del pepe, togliendo la casseruola dalla fornella, la terrai al calorico del foco perché così li vermicelli si prosciugano, e rivoltandoli spesso verranno tutti sciolti, e così li porrai in zuppiera.
Prendi un rotolo ed un quarto di fior di farina e farai la pasta di sfoglio giusta il cap. IV. §2., prenderai quel taglia-pasta che più opportuno crederai, lo farai infocare nello strutto bollente, e con esso taglierai il Petit-paté, ne taglierai un altro ancora, e su di uno di essi ne toglierai il dimezzo con un altro taglia-pasta più piccolo, in modo che resti come un tarallino; quest’ultimo lo porrai sopra dell’altro incollandolo con del butiro liquefatto, ed ecco formato un piccolo canestrino, adatterai tutti questi canestrini in una tortiera verniciata di sugna, con ancora quelli piccoli tondi i quali servir dovranno per coverchio; sopra tutti li vernicerai di ovo battuto, farai cuocere al forno, non molto violento, oppure sotto al fornello. Frattanto farai la farsa delle ostriche, delle quali ne prenderai trenta di quelle buone del Real Fusaro, che sono le più grandi, e polpose, per l’inverno, per l’estate queste non son buone, ed allora ti servirai di quelle piccole dette da noi nella nostra bella Napoli del Castello, ma di queste ultime un numero maggiore, perché son picciolissime; le lesserai non molto, quanto basti per toglierle dai loro gusci, le laverai con acqua calda, e le tritulerai; questo trito lo porrai in una casseruola, con dei pezzettini di tartufo, poche erbette di petrosemolo, e maggiorana triturato finissimo, ci porrai del sale, del pepe, e ci farai una liga di torli d’ovi, butiro, e pochino di colletta, farai tutto incorporare sul foco, e con questa farsa riempirai li già cotti pétit-paté otturandoli con quelli piccoli tondi e così sarà fatto.
Porrai in una proporzionata casseruola once due di sale, una caraffa d’acqua, due cipolle, un grano di petrosemolo, e maggiorana, un grano di menta, una rapa, due pastinache, ben pulite, grana due di cerfoglio, quattro teste di garofani, farai tutto bollire a lento foco per mezz’ora, e dopo farai riposare questa composizione, onde tutto vada al fondo; dipoi passerai questo brodo, lo 31porrai in una casseruola, ci unirai mezza caraffa di latte, lo farai bollire, ed in esso ci farai cuocere rotoli due e mezzo di buoni merluzzi ben puliti, che li servirai nel piatto proprio con poco di questo brodo.
Prendi numero 24 carciofi, ne toglierai tutte le foglie verdi e cattive, aggiusterai col coltello intorno al tronco, e ne spunterai la cima, le dividerai per metà, e le porrai in acqua fresca con del sale e succo di limone, onde s’imbianchissero; dipoi le lesserai ma non molto, e le riterrai in acqua fresca; prenderai quindi un pane di butiro di once sei, lo porrai in una casseruola a liquefare; prendi dodici torli d’ovi li batterai benissimo, e dopo li mescolerai col liquefatto butiro, ci porrai il succo di mezzo limone, e fatta questa salsa, l'unirai con li carciofi che sgocciolerai dall’acqua; farai de’ piccioli crostini di pane fritto, che ti serviranno di una graziosa guarnizione all’intorno del piatto con in mezzo li carcioffi con la salsa anzidetta.
Prendi numero 24 ovi, li lesserai duri, li netterai dalle loro cortecce, li dividerai per metà, e ne ricaverai destramente i torli; frattanto pesterai grana tre di menta fresca, con once due di cedro candito, ci pesterai ancora quei torli d’ovi come pure la mollica di una pagnotta bene spungata nell’aceto bianco e premuta, ci pesterai di più once quattro di zucchero bianco, e finalmente passerai benissimo questa dose pel setaccio, e raccogliendo quell’estratto, ne riempirai con esso quei gusci degli ovi, e di tutto ciò che deve rimanere lo scioglierai con aceto bianco, formando una seconda salsa. Aggiusterai le anzidette metà degli ovi ripieni in un piatto proprio versandoci la seconda descritta salsa.
Prendi rotoli due di mezzane alici, ne toglierai le teste, le laverai due volte nell’acqua fresca, e quindi le porrai a sgocciolare sopra di un setaccio, o crivello per l’oggetto, prendi un rotolo di sugna la porrai in una padella proporzionata, la farai bollire sul foco, e poscia farinerai benissimo le alici; di biondo colore le friggerai, riponendole sopra della carta floscia, perché quest’ultima ne sorbisca tutta la parte grassa. Farai dippiù una frittura di poche foglie di petrosemolo riducendole quasi smeraldine, adattandole sopra le già fritte alici, che accomoderai nel piatto proprio a forma di piramide con salvietta al disotto.
Farai questa crema siccome la troverai descritta nel suo proprio cap. IV. al §1. senza farne inutilmente la ripetizione.
Prendi grana due di scarola bianca la laverai molto bene e l’aggiusterai nella propria insalatiera, come pure grana sei di broccoli, lesserai le sole cime, con i loro fiorellini, e farai lo stesso.
Prendi once dodici d’alici salse, le laverai, le spinerai dividendole per metà, e con molta simmetria l'aggiusterai nei piattini propri condite con oglio. Similmente farai per i due piattini di peparoli, quelli delle olive vanno riposte nelle piccole spolette con acqua, e ne prenderai la quarta parte della nostra misura napolitana, ma delle bianche. Prendi grana due di rafanelli, li netterai benissimo, lavandoli più volte, e quindi li aggiusterai nei propri piattini con le cimette nel mezzo facendoli figurare come un verde garofaletto. Prendi mezzo rotolo di butiro in due pani, ciascuno di essi lo passerai per la siringa con una graziosa stampa, e quel lavoro lo farai cadere nei piattini tenendoci un piccolo tovagliolo al disotto. Prendi due pagnotte, le scorzerai, le fetterai in tanti crostini, li bruscherai, e li porrai nei due piattini nel mezzo de’ tovaglioli. Prendi rotoli due di mele e rotoli due di pere, e ne farai quattro piattini. Prendi numero 12 finocchi, ne toglierai le loro prime foglie, ne spunterai le cime, e li ridurrai corti, li laverai benissimo, e l’adatterai in due piattini. Prendi una misura di grosse castagne verdi, le farai in arrosto facendoci un piccolo taglio col coltello per ognuna, e poscia l’adatterai nei piattini in mezzo ai tovaglioli come i crostini. Per le spumette di cioccolata, prendi sei torli d’ovi, li batterai benissimo, li mescolerai con un’oncia e mezzo di ottima cioccolata polverizzata, ed ancora once sei di zucchero affiorato, ovvero ben pesto, e passato per setaccio, e batterai tutto insieme per circa una mezz’ora: batterai quindi alla fiocca, ovvero spumante assai, le sei chiara d’ovi; unirai tutto con la precedente composizione, e la medesimerai: quindi a poco a poco ci porrai once sei di amido affiorato, che pur farai tutto ben unire, di poi adatterai nei ruoti di rame della carta, e su di essa in tanti punti ci porrai con un cucchiaio da tavola quella composizione formando tante piccole spumette, polverizzandole con zucchero fiorettato; le farai cuocere dolcemente al forno, o sotto al fornello. Per li graffioletti, prendi sei chiara d’ovi, le batterai col battitoro o col fascetto di vetiche alla fiocca, ci unirai once sei di zucchero fiorettato, once due di fioretto, ovvero amido, anche passato per setaccio, e quindi ci mescolerai li sei torli d’ovi e farai una composizione; nei ruoti di rame adatterai dei fogli di carta, e su di essi con cucchiaio da tavola prenderai di quella dose e la porrai nella carta, formando nel cadere il graffioletto che non sarà più grande quanto vada la dose nella coppa del cucchiaio, o pochino dippiù: laddove li vorresti più grandetti, li 33farai cuocere ad un forno temperato: frattanto farai il giulebbe con once dodici di zucchero bianco, portandolo al nono punto di cottura, cioè al cassè; lo farai alquanto raffreddare battendolo con mescola di legno perché s’imbianchisca, e questo ti servirà di naspro alli graffioletti che con un piccolo pennellino, dopo cotti, li vernicerai, e poscia adattandoli su degli altri fogli di carta li farai asciugare nel forno aperto. Questi due dolci li aggiusterai a forma di piramide nei piattini con carta intagliata al disotto.Fiocca s’intende, che quando più si battono le chiara d’ovi diverranno bianche, e spumanti.
Per tutto ciò che ne ho fatto la descrizione generale sembrami male approposito farne la ripetizione. Per cui ricorrerai al §. dei rosoli e non volendoti impicciare per questo ne acquisterai una bottiglia quotidianamente, e qui debbo prevenire che se i tuoi commensali non sono né parasiti né bevitori molto ci rimarrà e specialmente del rosolio, che potrai riunirlo in ogni giorno in un vaso di vetro, e fatta così una miscellanea potrai ancor servirti di quella, fattane una quantità, che ti assicuro essere molto grazioso quel rosolio (forza d'esperienza).
Prendi numero dodici ottimi portogalli freschi, li scorzerai li dividerai per metà, e con la conocchiella ne caverai tutto il succo, che farai cadere in una scodella di creta espressamente, nella quale ci porrai otto bicchieri d’acqua regolari; farai il giulebbe con un rotolo e quarto di zucchero chiaro al terzo punto di cottura, cioè al piccolo perlée, ci porrai una raspatura di portogallo medesimo, e lo mescolerai nella precedente dose, che farai in una sorbettiera, riponendo quest’ultima nell’acqua fresca, onde prenda corpo; poscia porrai in neve questo sorbetto nel modo seguente. Prendi rotoli otto di neve, e rotoli due di sale. con la metà di esso salerai la metà della neve, che regolarmente triturata l’adatterai all’intorno di una sorbettiera col suo corrispondente tinello della capienza di una cinquantina di bicchieri, preparando contemporaneamente un’altra sorbettiera molto più piccola ancor con neve per riporci il sorbetto a misura che lo mantecherai; preparate così le due sorbettiere verserai nella maggiore la quarta parte della dose, chiuderai col suo coverchio la sorbettiera, e principierai a nevarla girando a destra ed a sinistra pel manico del coverchio, e dopo una decina di minuti sturerai la sorbettiera, e con la coppa del cucchiarone proprio, che quasi terrai vicino alla mano destra; scrosterai quella parte di dose che già si sarà gelata, e riunendola tutta nella coppa istessa del cucchiarone la passerai nella piccola sorbettiera, e così farai finché terminerà la dose; di tanto in tanto col cucchiarone maneggerai quel mantecato onde maggiormente divenga morbido il sorbetto, che per ottenere ciò non si deve tenere molto chiusa la prima sorbettiera, perché prolungandosi questo punto ne succede la durezza del sorbetto, che l’è un grandissimo difetto.
34 Questo è il modo da congelare qualunque sorbetto.
Dovendo dunque servire questo gelato per tavola è necessario presentarlo o in piccole forme o in una sola; sicché porrai nelle formette o nella forma il già mantecato sorbetto; se nelle piccole, queste dopo ripiene, e ben chiuse, le porrai in un tinello con neve, in dove le terrai per circa un’ora, onde il sorbetto acquisti maggior consistenza, e prenda quella forma che si desidera. E lasso tal tempo, prenderai quelle forme una per volta, le bagnerai con acqua fresca, l’aprirai, e le ravvolgerai in carta, quindi le riporrai in una stufa, o in una sorbettiera adattata che figuri da stufa ben condizionata di neve, che ti servirai di quella che rimane sgocciolandola, e se non basta ce ne porrai dell’altra sempre salata.
Debbo avvertire esser questa la maniera generale di far sorbetti; ad eccezione delle forme grandi, le quali volendole han bisogno cambiarsi almeno tre volte la neve, altrimenti l’azione frigida non così facilmente penetra, stante la grandezza della forma, sicché dovendo fare una forma simile, la riempirai di quel sorbetto, che più ti gradirà; e quindi la porrai nel tinello proprio circoscritto da neve salata; quando questa si sarà ridotta quasi in acqua, sturerai il tinello, ne farai uscire l’acqua, e riporrai da capo la neve, e questo lo ripeterai per ben tre volte, perché così verranno ottime queste forme.
Tante volte si desidera uno schiumone di variati colori, ed in tal modo farai i sorbetti, come per esempio, uno schiumone con la corteccia di pistacchio e cannella con pignoli, allora farai meno sorbetto di pistacchio, e di questo ne farai una camicia allo spumone, e nel mezzo c’incasserai quella di cannella con i pignoli, e così, ec.
L’è questa dunque la norma generale da gelare, mantecare, e conservare qualunque sorta di sorbetto e forme, sicché in ogni circostanza mi riporterò sempre a questa, variandone nei sensi, e per qualcheduno sorbetto che soffrisse l’eccezione della regola, ne farò la spiega, altrimenti io perderei del tempo a scrivere, la spesa sarebbe maggiore per carta, e stampa, e li miei cari amici che mi hanno onorato nell’associarsi a questa mia operetta mi bestemmierebbero per grazia, e con ragione.
Bruscherai once quattro di ottimo caffè, lo macinerai, e lo tufferai in una cocoma con dodici tazze d’acqua ancor con poco nel piattino, e quando bolle, farai questa bevanda, come vedrai descritta nel suo cap. IX.
zuppa di gamberi.
Gamberi un rotolo 40
Pastinache 2 selleri 2 petrosemolo e cerefoglio 2 una cipolla 1 01
Oglio once otto 01
Pagnotte numero sei 12
Sugna per friggere le pagnotte 1235Vermicelli all’oglio con alici salse.
Alici 04
Oglio once otto 07
Vermicelli un rotolo e mezzo 15Petit-Paté di sfoglio farsiti di ostriche.
Fior di farina un rotolo e un quarto 12 ½
Butiro 02
Butiro once trenta 35
Ostriche numero trenta del Fusaro 30
Tartufi 10
Petrosemolo e maggiorana 01
Ovi, soli torli, sei 09Merluzzo in salamoja.
Cipolle, petrosemolo, maggiorana, menta 1, rapa e pastinache 1, teste di garofano 1 03
Latte 04
Sale once 2 01
Merluzzi rotoli due e mezzo 87 ½Entremets di carciofi al butiro con salsa d’ovi.
Numero ventiquattro carciofi 71
Butiro once sei 09
Ovi 12, soli torli 18
Limone 00 ½
pane per crostini 04
Sugna per friggerli 06Ovi alla marinara.
Ovi 18 27
Menta 03
Cedro candito once due 04
pane 03
Aceto una caraffa 03
Zucchero bianco once quattro 04Fritto d’alici
Alici mezzane rotoli due 60
Sugna un rotolo 24
Fior di farina per farinarle mezzo rotolo 05
Petrosemolo 01Crema di cioccolata.
cioccolata mezza libbra 20
Latte una caraffa 08
amido once cinque 02 ½
Zucchero once dodici 12
Ovi, soli torli, otto 12
Cannella fina da polverizzarsi 05Foco per tutto, carboni rotoli dieci 15
Sale per tutto 03 ½
Pepe per tutto 02
Pagnotte di grana due dodici, di un grano dodici 36
Vino di pasto caraffe 12 60
Neve per l’acqua gelata rotoli due 10
insalata cotta, e cruda, scarola 02
Broccoli 06
Aceto una caraffa 04
Oglio una caraffina 12
Sale per le saliere, e pepe 08
Alici salate once dodici 12
Peparoli 05
Butiro pani due 20
Pagnotte per crostini due 04
Olive una quartarola 06
Rafanelli 02
Mela rotoli due 16
Pera rotoli due 24
Finocchi numero 12 06
Castagne una misura verdi 06
Per le spumette di cioccolata, torli d’ovi sei 09
zuccotto fliorettato once 6 10
cioccolata un’oncia e 1/2 03 ¾
amido once sei 03
Carta 01 ¼
Raffioletti, ovi sei 09
Zucchero once sei 10
amido once due 01
Carta 02
36 Zucchero per naspro once dodici 11
Una bottiglia di rosolio di limone 40
Due bottiglie di ottima malaga 80
Oglio per li piattini 03Sorbetto di Portogallo.
Portogalli dell’anno scorso numeri dodici 24
Zucchero un rotolo, ed un quarto 40
Neve rotoli otto 40
Sale rotoli due 28Caffè
Once quattro di ottimo caffè 09Collettiva.
Cucina 624 ½
Riposto 565Totale 1189 ½.
PRATICA.
Farai il brodo giusta il cap. V. §2. Prendi sei pagnotte di grana due, le farai a dadi e le friggerai, ci frammezzerai dei filettini delle erbe come nel capitolo e paragrafo medesimo, ci verserai il brodo, e la servirai.
Prendi un rotolo e mezzo di maccheroni, li lesserai, ma pronti, li aggiusterai in zuppiera frammezzandoli con once dodici di parmegiano grattugiato, ed once otto di butiro bollentissimo.
Farai questa pasta giusta il cap. IV. §14. Prendi mezzo rotolo di pesce, sieno alici, sia merluzzo, sia cefalo, sia palamido, sia tonno ec. ne prenderai la sola polpa e la pesterai, ci pesterai ancora la mollica di una pagnotta spungata nell’acqua, e premuta, e questo pesto lo passerai per setaccio, quindi lo condirai con del 37sale, del pepe, petrosemolo trito, con due once di provola grattugiata, e due ovi battuti, ed impasterai tutto, ne farai tante picciolissime polpettine o braciolettine; queste le farai cuocere in un brodo di sostanza, che farai, o dalla testa, o coda del pesce, che per quest’oggetto ti servirai della polpa, o pur diversamente farai soffriggere un piccolo trito di cipolla in una casseruola, con due once di sugna, quando si farà bionda la bagnerai con acqua, e quindi ci scioglierai grana due di conserva di pomidoro, e farai questo brodo, lo passerai, ed in esso farai cuocere le dette polpettine; cotte che saranno le toglierai dal brodo, ed in esso ci farai cuocere once otto di funghi, o freschi o secchi, ed once quattro di piselli freschi; quando queste erbe saran cotte ci unirai le polpettine, e braciolettine, e se piace ci porrai uno o due tartufi scorzati, e triti, rivolterai tutto, e ci porrai un pochino di colletta, che la farai in un coppino con un tantino di fior di farina, e la scioglierai benissimo con acqua, badando che non si aggruppi, e la mescerai nella casseruola non con molto brodo, ci farai dare pochi bolli, e così farai tutto legare; quindi toglierai questo raguncino da quella casseruola, e lo passerai in un’altra perché si raffreddi; prendi di poi la pasta già fatta, ne farai tante porzioni uguali, in modo che ciascuna di esse col suo ripieno deve figurare come una palla di bigliardo, fatte così le palle e ben arrotondite che non resti veruna lesione di connessura, e ciò si ottiene col mezzo della sugna, le friggerai con strutto di bel biondo colore, adatterai una salvietta nel piatto proprio, ed a forma di piramide aggiusterai li detti flapin-frasce.
Prendi rotoli due e mezzo di grossi cefali, e se fosse un solo grande sarebbe migliore, dopo di averlo ben pulito, e lavato, lo farai in giuste fette, le rilaverai di nuovo e le asciugherai; le porrai in una casseruola piatta, con del sale, pepe, e petrosemolo trito e due cipollette triturate finissime, chiamato questo trito dai... fineserbe, che porrai sopra le fette del pesce, ci porrai due misurelli d’oglio ottimo, e mezza caraffa d’acqua, e così dolcemente le farai cuocere; quando sarà il momento di servire questo pesce, aggiusterai le fette nel piatto, ci verserai un poco di quel brodo, e tutto quel trito bene sgocciolato, lo porrai su delle sette del pesce.
Prendi un rotolo di patate, le lesserai, le spellerai, ne toglierai quei nocciuoli, e le pesterai benissimo; prendi mezzo rotolo di pane a pagnottone la di cui polpa, ovvero mollica la farai spugnare in una caraffa di latte; quando si sarà bene inzuppata la premerai e la mescolerai benissimo con la pasta di pomi di terra che passerai per setaccio; dipoi ci unirai otto chiara d’ovi che monterai alla fiocca e dopo ci unirai ancora i rossi, e li medesimerai con la schiuma; farai una dose con l'estratto di pomi di terra, unendoci ancora once dodici di parmegiano grattugiato, e mescerai tutto: 38dipoi prendi una proporzionata casseruola la vernicerai di butiro, la ingranirai di pan-gratto finissimo, ed a giusto foco la farai cuocere, cioè accenderai i carboni in una fornella ma che sieno tutti beni accesi: li toglierai tutti, e nella fornella che è di già arroventata adatterai la casseruola col coverchio, sopra del quale ci porrai del foco e degli altri carboni, ne accerchierai la casseruola facendoli essere quasi sempre vivi col ventarolo; baderai ancora che, per le schiume, la dose non deve oltrepassare la metà della casseruola, per darsi luogo al gonfiore della schiuma. Il punto di sua cottura l’è quando immergendo diligentemente la lama di un coltellino nel mezzo della schiuma, e poi togliendolo, se questa ne sorte lorda della dose ha bisogno di più stagionare, se netta l’è cotta; allora toglierai la casseruola dal foco, la farai alquanto rassettare sul pancone, ed al momento di doverla servire cercherai staccarla con la punta di un coltello diligentemente dal bordo della casseruola, e quindi rovesciarla nel piatto proprio con salvietta al disotto.
Prendi rotoli due di rape (l’indicazione di questo peso necessita per darti la proporzione sempre) ma che non sieno né spinose né di giorni, ma fresche, le scorzerai, e le fetterai della spessezza di una nostra moneta di rame di grana cinque, e di due soldi toscani l’un sopra dell’altro, ed ancor poco più; dipoi con uno di quelli taglia-pasta della rotondità quanto la nostra moneta di un tarì o di una lira ne taglierai una quantità, li lesserai appena, con acqua e sale, li sgocciolerai benissimo, facendoli terminar di cuocere in una caraffa di latte con once otto di butiro, badando che le rape non passino di cottura; momenti prima di servire questo Entremets ci mescolerai sei torli d’ovi bene battuti, farai entrare in cottura, servendolo con guarnizione di crostini fritti.
Prendi un rotolo e mezzo di cecinelli ma quelli veraci (questi 39si conoscono da quelli detti bianchetto, essendo i veraci di color biondo e li secondi di color cenericcio) ed è a sapersi, che li primi detti veraci la loro specie l’è tal quale, sono pregiati, ed il loro prezzo è molto dippiù di quelli detti bianchetto perché questo bianchetto non è altro che le picciolissime alici spogliate or ora sortite dalle uova, e siccome questo benedetto bianchetto il suo prezzo l’è molto di meno, ed allor quando viene apparecchiato, chi sarà capace comprendere, se quel piatto sia del bianchetto o de’ cecinelli veraci? Tutte queste verità debbo precisarle dappoiché il mio scopo è sempre di dare una illustrazione per quanto più potrò a miei cari amici analfabeti della scienza di Gastronomia, che desiderosi divenir volessero dilettanti come me: li laverai dunque benissimo facendoli pur così sgocciolare in un più largo setaccio, quindi li farinerai diligentissimamente con un rotolo di fior di farina in modo che debbonsi sciogliere ad uno, ad uno; li friggerai con strutto o con oglio di bel biondo colore, e togliendoli dalla padella li farai prosciugare sopra fogli di carta floscia onde quest’ultima s’impregni della parte grassa senza farli raffreddare; l’aggiusterai nel piatto con la salvietta ben disposta al disotto.
Cecinelli. Questo è un minutissimo pesce di mare, grosso come un ago da cucito, e lungo poco più di un dito traverso, il suo colore è bianco tendente a quel di pomice.
In Napoli è abbondantissimo, assai delicato, e leggerissimo allo stomaco, in guisa che si permette agli ammalati. Devesi scegliere fresco, e più grosso che sia possibile. La sua pesca è tutto l’anno, ma il tempo migliore per mangiarlo è nell’Estate.
In Roma non ve ne sono di questi piccoli pesciolini.
In Palermo sono più grossi, che in Napoli.
Le maniere più usuali di mangiare questi pesciolini son cioè, allesso, e fritti oppure in frittelle.
In Napoli si veggono due specie di Cecinelli, cioè, li Veraci che sono quelli in discorso, e gli altri, chiamansi Bianchetto, li quali per rubar danaro a chi non ne conosce l’origine facilmente l’imbattano per quelli Veraci, perché vi è per essi la propria ragione: quelli Veraci siccome la loro specie è di esser sempre così piccini hanno un valoro di prezzo maggiore, che non l’hanno quelli detti Bianchetto, non essendo altro quest’ultimi che le piccolissime alici spogliate, il che è proibito dalle leggi farne la pesca, con le reti espressamente, dovendo esser questo il loro Sacco come la calzetta, e le leggi, ripeto, guardando in riguardo alla Polizia Urbana sempre alla retta Giustizia ne proibiscono la pesca e con molte grandissime Multe di Città, perché potrebbesi perdere la razza delle alici; e circa di questo ne conosco moltissimo, per tante simili circostanze come tutti sanno che io ho potuto, e dovuto conoscere.
Prendi un piede di vitella, lo dividerai per metà, lo laverai e lo lesserai, con due caraffe d’acqua, lo schiumerai, e quando questo brodo sarà ridotto alla metà, ne toglierai il piede di vitella, passerai quel brodo, e lo disgrasserai, e poscia lo farai bollire di nuovo facendone restringere fino alla terza parte in modo che dovrai ricavarne mezza caraffa; questo ultimo estratto lo passerai per doppio setaccio e lo farai rassettare, dovendoti servire per colla onde ben legare la bomba americana; fatto ciò prendi ott’ovi conservando i torli e le sole chiare dentro una scodella proporzionata, le batterai alla fiocca col battitoio in modo che il polso fatighi per portare la schiuma alla sua perfezione, frattanto sciropperai mezzo rotolo di zucchero bianchissimo, portandolo all’ottavo punto di cottura da me chiamato il piccolo e grande boulet, che lo vedrai nei punti di cottura dello zucchero al §8, e lo farai alquanto raffreddare. Prendi li torli d’ovi, li batterai ancor bene separatamente, e tanto che a forza di battere s’imbianchissero, e ridotti a questa perfezione, li mischierai con la fiocca, ovvero con le già chiara d’ovi battute; prendi mezza bacchetta di vainiglia la tritulerai, e la pesterai nel mortaio di pietra con grana 40cinque di zuccotto perché questo genere diversamente non puole polverarsi, ridotta in polvere la passerai pel piccolo setaccio, e diligentemente la medesimerai nella dose; dipoi da un’altra persona farai versare nella dose medesima il giulebbe filando (s’intende a poco a poco, essendo questo il vero termine tecnico) e destramente lo mescerai con la dose istessa, come similmente farai del brodo; quindi verserai questa dose in una forma adattata, ed un’ora prima incirca che si dovrà servire la porrai in neve, che farai nel seguente modo: in una scodella porrai delle mappine così alla rinfusa, cioè formando un concavo, e nel suo dintorno ci porrai della neve pesta, nel mezzo ci adatterai la forma, che circonderai ancora di neve pesta; quelle mappine servono perché liquefacendosi la neve se ne inzuppino di quel liquefatto, altrimenti la forma resterebbe nell’acqua; terrai pronta dell’altra neve per sostituircela, e circa questo quantitativo possono bastare rotoli due di neve. Quando sarà il momento di servire questo piatto cercherai di farla staccare dalla forma con moltissima attenzione e per fare più presto porrai in una casseruola dell’acqua calda, ed appena tufferai la forma in essa, che tosto ti ubbidirà; porrai sulla forma una salvietta propria, e quindi il piatto, e con ambo le mani rivolterai facendola cadere leggermente nel mezzo del piatto.
Prendi grana due di lattuga, la laverai, e propriamente l’aggiusterai nelle insalatiere, come del pari farai col cavolfiore, che lo lesserai. Prendi once otto di ottimo tarantello, ne toglierai le cortecce, lo laverai più volte, e lo fetterai come al prosciutto sottilmente, e ne formerai due piattini con oglio. Prendi mezzo rotolo di butiro in due pani, che farai come il giorno precedente, come pure per li crostini, similmente farai de’ rafanelli. Prendi once otto di capperi in aceto, e ne formerai due piattini. Prendi un rotolo e mezzo d’uva, e rotoli due di mela e ne farai quattro piattini. Prendi n.12 finocchi e ne farai due piattini. Prendi una misura di ottime castagne, o pur marroni, le segnerai col coltello e le farai arrosto dentro una padella espressamente bucata, e divenute di color biondo, adatterai due tovaglioli in due piattini, ed in mezzo a questi porrai le castagne.
Prendi once sei di mandorle dolci, le scorzerai con acqua bollente e poi le terrai nell’acqua fresca per ore ventiquattro; quindi le asciugherai benissimo e le pesterai in mortaio, bagnandole con acqua di fior d’arancio; farai il giulebbe con mezza libbra di zucchero, portandolo al settimo punto di cottura, cioè la grande plume come vedi al §17, in esso ci porrai la pesta pasta di mandorle, ed a lento foco farai disseccare, finché si riduca maneggiabile; dipoi prendi un foglio di carta bianca, lo polverizzerai 41di finissimo zucchero, e su di esso distenderai la suddetta pasta levigandola con lo stenderello, portandola alla spessezza di uno scudo; con un coltello ne toglierai tutto il difforme, e poscia ne taglierai tanti filetti, formando di questi tanti anelli che di ogni due incrocicchiati ne formerai il marzapane; fatti questi marzapani, li ravvolgerai nel naspro bianco e quindi li polverizzerai con zucchero, li porrai sopra fogli di carta, e questi nelle tortiere, o sopra fogli di rame, ed a lento fuoco li farai cuocere.
Per le mirenghe, prendi once sedici di zucchero doppio-raffinato inglese, lo ridurrai in giulebbe, che lo porterai all’ottavo punto di sua cottura, cioè al grande boulet, prendi otto chiara d’ovi, le monterai alla fiocca, ed intiepidito il giulebbe, diligentemente filando lo mescolerai nella fiocca anzidetta, rivolterai sempre con forza finché si eleverà bene la pasta, e laddove ti sembrasse troppo dura, non ci porrai tutta la fiocca, ovvero tutta la schiuma; ci rasperai un pochino di corteccia di cedro, o limone, oppure delle stille di oglio di cannella, di rose, di vainiglia ec. Dopo che ci avrai dato il senso, e bene mischiato tutto, ma sempre da un lato perché diversamente facendo si corrompe la dose, preparerai dei fogli di carta. e su di essi farai cadere tanti cucchiai di quella dose, e di quella grandezza che più ti piacerà; le farai assodare o nel forno lentissimo o sotto al fornello, che forsi vengono migliori. Cotte che saranno, rivolterai con somma diligenza la carta su di un’altra per far distaccare le mirenghe, e quindi riunendole in coppia ne formerai tanti ovi.
Prendi once trenta di zucchero, e ne farai il giulebbe al terzo punto di cottura, cioè al piccolo perlée, vedi Cap. VII., ci porrai quattro caraffe nostre di Napoli d’acqua fresca, e dodici stille di oglio di cannella gustando la dose se il senso ci sta bene, in diverso caso ce ne porrai ancora; passerai questa composizione per setaccio, e farai il sorbetto come ho detto nel primo giorno, essendo quella manifattura generale per tutti li sorbetti, meno qualcuno che sarà di eccezione.
Sia per la quantità, sia pel magistero farai come pel giorno precedente, non valendo la pena di moltiplicare enti senza necessità, e lo vedrai ancora nel Cap. IX.
zuppa d’oglio alla sante.
Once otto d’oglio grana 7
Pastinache 2
Selleri 2
Petrosemolo e cerfoglio 2
Una cipolla 1
Più pastinache 1
Selleri, petrosemolo e cerfoglio 3
Pagnotte sei 12
Sugna per friggere il pane 1242maccheroni con parmegiano e butiro
Un rotolo e mezzo di maccheroni 18
Parmegiano once dodici 25
Butiro once ottobre 15Ordura di flapinfrasce
Fior di farina once sedici 4
Pesce mezzo rotolo 20
Una pagnotta 2
Cipolle e conserva 3
provola once due 3
Funghi once ottobre 6
Piselli once quattro 5
Tartufo 6
Sugna un rotolo 24Cefalo alla marinara.
Cefalo rotoli due e mezzo 100
Petrosemolo e cipollette 03
Oglio once sei 07Schiuma di pomi di terra brusca.
Patate un rotolo 02
pane mezzo rotolo 03
Latte una caraffa 06
Ovi numero ottobre 08
Parmegiano once dodici 26
Butiro once quattro 07 ½
pane per ingranire la casseruola 02Entremets di rape al latte.
Rape 06
Latte una caraffa 06
Butiro once otto 15
Ovi numero sei 06
pane per crostini fritti 04
Sugna per detti 08Fritto di cecinelli.
Un rotolo e mezzo di cecinelli 45
Fior di farina un rotolo 10
Sugna un rotolo 24Bomba americana gelato alla vainiglia
Un piede di vitella 10
Ovi numero otto 08
Zucchero mezzo rotolo 18
Vainiglia 08
zuccotto 05
Neve rotoli due 10
Sale per tutto 03 ½
Pepe per tutto 02
Foco per tutto 15
Pagnotte di grana 2 dodici, di un grano dodici 56
Vino di pasto caraffe dodici 60
Neve per l’acqua gelata 10
Insalate cotta, e cruda, di lattuga 02
Di cavolfiore 04
Tarantello once otto 20
Butiro pani due 20
pane per i crostini pagnotte due 04
Rafanelli 02
Olive una quartarola 06
Capperi once otto 08
Uva un rotolo e mezzo 36
Mela rotoli due 16
Finocchi numero dodici 06
Marsala due bottiglie 80
Castagne una misura 06
Oglio per li piattini 03
Aceto una caraffa ottimo 01
Oglio una caraffina 12
Sale e pepe per le saliere 08
rosolio di menta una bottiglia 40Piattini di dolci di marzapani amorosi.
Mandorle once sei 09
Acqua di fior d’arancio 05
Zucchero once sei 07
Carta 01
43Zucchero per naspro 06
Zucchero per polverizzare 05Per le mirenghe.
Once sedici di zucchero finissimo 18
Ovi otto 08
Per sensi 06
Carta 01Gelato di cannella.
Zucchero un rotolo 36
Oglio di cannella 12 stille 30
Neve rotoli otto 40
Sale rotoli due 28Caffè.
Once quattro di ottimo caffè 09Collettiva.
Cucina 614
Riposto 594
Totale 1208
Farai il brodo giusta il cap. V. §2; dipoi prendi otto pagnotte, le scorzerai e le taglierai a piccioli dadi, li friggerai con strutto di biondo colore, facendone bene sgocciolare il grascio, e quando sarà il momento porrai li dadi di pane fritto in zuppiera, versandoci quel brodo bollente.
Prendi un rotolo e mezzo di stretti tagliarelli, li lesserai, ma non scotti, l’accomoderai in zuppiera con parmegiano, e brodo finto che farai così: prendi mezzo rotolo di lardo di prosciutto con tutta la cute, lo netterai, e lo porrai in una casseruola con una cipolla trita e due once di butiro, farai ben soffriggere, come se dovessi fare il brodo di sostanza, quando la cipolla diviene bionda bagnerai con un tantino d’acqua bollente, dipoi ci porrai grana 44due di vera conserva di pomidoro, e la farai liquefare, finalmente ci porrai tanta quantità d’acqua per quanto, portandolo alla sua cottura, ti basti per condire la zuppiera de’ tagliarelli; ne toglierai quel lardo, passerai per setaccio il brodo disgrassandolo alquanto, e di questo ti servirai.
Prendi dalle borraggini le foglie più grandi, le laverai benissimo e le tufferai appena nell’acqua tiepida perché s’indebolisca la loro nervatura, quindi le asciugherai, rimanendoci lo stelo della foglia, farai una farsa di pesce, cioè: prendi mezzo rotolo d’alici, ne prenderai la sola polpa, e la pesterai con un grano di mollica di pane spugnata nell’acqua, ci porrai once due di provola grattugiata, due rossi d’ovi, del sale e del pepe, mescolerai tutto bene, e con questa farsa ne riempierai una foglia di borraggine, spalmandola da per tutto, che ricoprirai con un’altra simile foglia; farai una pastarella di fior di farina, come quella per le ostie, e le friggerai con strutto bollentissimo. Adatterai nel piatto proprio una salvietta, e su di essa aggiusterai le dette foglie come una piramide. Circa il quantitativo, ti regolerai tre foglie ripiene per ciascun coperto.
Prendi grana cinque di rafanelli bianchi, ed altrettanti di pastinache, ma che sieno queste due radici di buona qualità, che non sieno spinose né storcicchiate, le netterai e laverai, e le farai in fette, della spessezza di mezzo dito; di queste rotonde fette ne formerai una sì, e l’altro no una cassa nella forma destinata per tal granata adattando la fila appresso su dei vuoti della prima. Prendi un rotolo di pane, ma del giorno precedente perché si possa grattugiare, con mezzo rotolo di provola pur grattugiata; impasterai queste due materie con dieci ovi battuti, del sale, del pepe, e del petrosemolo trito, e ne formerai una farsa, e di questa ne farai una controcassa attaccata a quella precedente delle radici lasciandoci il vuoto nel mezzo. Prendi un rotolo e mezzo di pesce, o cefalo, o merluzzo, o palamido, o tonno, o alici, ne prenderai la metà della polpa e la pesterai benissimo con la mollica di una pagnotta, once quattro di provola grattugiata, tre o quattro ovi, del sale o pepe, e delle erbette, ne farai un’altra farsa, la passerai per setaccio e ne farai tanti piccoli lavori, polpettine, braciolettine, keneff ec.; dell’altra metà del pesce la porrai in una casseruola a soffriggere con poco strutto, bagnandola con conserva di pomidoro liquefatta con acqua bollente, e farai del brodo; quando la polpa del pesce si è cotta ne la toglierai, ed in quel brodo farai cuocere quelli piccoli lavori del pesto pesce, con due once di funghi e due once di piselli, e formerai un raguncino, e cotto che che sarà, ci unirai quella polpa già cotta in pezzettini, ci porrai un poco di fior di farina, perché l’umido del brodo si addensi, e tutto 45questo lo porrai nel vuoto della forma, e similmente la chiuderai con dell’altra farsa che ne conserverai e finalmente, con delle fettoline delle radici, chiuderai la forma col suo coverchio ben legata con spago, facendola cuocere ne l’acqua bollente. Quando la dovrai servire la toglierai dal bagno maria, la sturerai, ci porrai un coverchio di casseruola e la rivolterai sotto sopra facendone sgocciolare tutto il brodo; quando vedi che tutto sia sgocciolato, allora diligentissimamente la farai scivolare nel piatto proprio, mettendoci un pochino di brodo del pesce, che te ne conserverai per quest’oggetto.
Prendi rotoli due di grossi gamberi, ovvero così detti mazzacogni, li lesserai tanto, quanto potrai toglierne il frutto delle code, e queste le conserverai; dipoi pesterai tutto il resto finissimo e lo porrai in una casseruola con una caraffa e mezzo d’acqua, che farai bollire facendo ristringere alla metà; passerai per setaccio, ed in quel brodo ci farai cuocere mezzo rotolo di piccoli funghi, ed once otto di scorzati piselli, ci porrai qualche pezzettino di tartufo (se piace), del sale, del pepe, un trito di pochissime erbette, come maggiorana e petrosemolo, ed once due di butiro, e cotto che sarà tutto ci unirai le code de’ gamberi; quando dovrai servire, diligentemente cercherai dividere i gamberi dalla salsa, che porrai sotto al piatto, e disopra ben disposte ci adatterai le code anzidette con una guarnizione di crostini fritti.
Prendi rotoli due di zucca, ovvero cocozza di spagna, la ridurrai in pezzetti e la lesserai con poca acqua, e scotta che sarà la porrai in un setaccio per sgocciolarne tutta l’acqua; dipoi la mescerai con la mollica di due pagnotte spungate nel latte, pria premute; batterai alla fiocca, ovvero spumanti, otto chiara d’ovi, e quindi con li torli ancora, che unirai alla dose con del sale e poco pepe: passerai per setaccio, e poscia ci unirai once dodici di parmegiano grattugiato; se ti sembra la dose alquanto dura, ci porrai un pochino di latte per morbidirla; prendi una casseruola proporzionata, la vernicerai di butiro, la granirai di pan-gratto, e diligentemente ci verserai la dose, badando che deve restare fino alla metà del bordo, necessitando l’altra pel suo gonfiore; quindi la porrai sulla fornella già roventata con una fascia di carboni accesi e con dell’altro foco sopra il coverchio; dolcemente la farai cuocere: baderai di tanto in tanto che non si bruci, per poter regolare l’azion calorica osserverai il suo punto di cottura, che il conoscerai immergendo nel mezzo della schiuma la lama del coltello, ed estraendola vedrai che se ne sorte umida ha bisogno di maggior cottura, se tal quale l’è il segno della sua perfezione; la toglierai dalla fornella, e la porrai sul pancone perché si rassetti; al momento di servirla, con la punta del coltellone diligentemente la 46staccherai se forsi qualche granello di pangratto siasi attaccato, e quindi adatterai una salvietta nel piatto proprio e sopra ci rivolterai la schiuma.
Prendi rotoli due e mezzo di triglie, che sieno fresche ed almeno di otto a rotolo; le sgargerai, l’aprirai il ventre con molta diligenza, le laverai, e quindi le farai sgocciolare; le porrai in un piatto con dell’oglio e del sale; frattanto infocherai la graticola, e dopo di averla pulita ci adatterai le triglie e le farai arrosto bagnandole con oglio e poco aceto; cotte che saranno farai un trito o di lattuga o scarola, l’adatterai nel piatto proprio e sopra ci accomoderai le triglie ben disposte.
La esecuzione di questa la vedrai descritta al cap. VI delle creme §3, e ciò per non moltiplicar carta; la proporzione poi pel pranzo di dodici coperti sarà di caraffe una e mezzo di latte, e così ti regolerai pel dippiù.
Per due piattini d’ovi di tonno ne prenderai once otto, ne toglierai quella membrana che riveste l’ovo perché lorda e molto salsa, ma lo farai con molta diligenza altrimenti il pezzo si sgranerà, lo fetterai similmente e l’aggiusterai nei piattini con oglio.
Similmente farai per li due piattini d’alici salse giusta il primo giorno, come del pari farai de’ peperoli, del butiro e dei crostini, come ancora de’ rafanelli, e delle olive, e dei finocchi ancora; per li due di mellone, ne toglierai li semi e le cortecce, li dividerai in fette e poscia li suddividerai in tanti pezzettini a mostaccioletti, e così l’accomoderai nei piattini, come per le pere ancora.
Pesterai once quattro di cedro candito con un’oncia di fiori di melarancio ancor canditi, ovvero sciroppati, ci unirai due once di marmellata di percoche, once tre di zucchero fino e quattro torli d’ovi, mescolerai tutto, e passerai per la stamigna che premerai fortemente con mescola di legno: questo estratto ci unirai le quattro chiara d’ovi battute alla fiocca; distenderai in una tortiera un foglio di carta bianca, e su di essa ci adatterai tanti cucchiai di quella dose; per ghiacciarli, li polverizzerai con zucchero fino, e li farai cuocere dolcemente al forno.
Prendi once quattro di mandorle, le scorzerai con acqua bollente, le pesterai bene nel mortaio con un pochino di zucchero perché non diano oglio, dopo che l’avrai bene affinate e ridotte in 47 pasta ci unirai once quattro di zucchero affiorato, un’oncia di fior di farina e torli d’ovi, batterai tutto in insieme per un quarto d’ora, dipoi batterai alla fiocca quattro chiara d’ovi e, giunta questa spuma alla perfezione, la mescerai con la composizione precedente; farai delle formette di carta, o quelle di latta, le vernicerai di butiro, ed in esse porrai la dose anzidetta; polverizzandole di zucchero, le farai cuocere dolcemente al forno, e divenute ben colorite queste formette, le toglierai potendole sformare ancor calde. Tutti questi piattini di dolci vanno apparecchiati con carta graziosamente intagliata al disotto de’ piattini.
Prendi due caraffe di latte, le porrai in un polsonetto, e ci farai dare appena uno e due bolli e le porrai in una sorbettiera e questa in un tinello con acqua fresca; prendi once 24 di zucchero bianco, lo farai in giulebbe portandolo al terzo punto di cottura da me chiamato il piccolo perlé, vedilo al cap. VII, lo farai alquanto raffreddare, ci unirai sette torli d’ovi freschi e ci mescolerai ancora il latte, già rinfrescato, porrai questa dose in un calderotto proporzionato e quindi sul foco, ma che sia lentissimo; quando gli ovi entrino in cottura, girando sempre con la mescola, e quando questa rimane verniciata, allora toglierai tutto dal foco e ci darai qualche senso d’agrume, e specialmente quello di limone piccolo ci sta benissimo, raspandone la corteccia; lo farai raffreddare, e quindi lo passerai per setaccio, lo porrai in una sorbettiera, che farai riposare e rinfrescare in un tinello con acqua fresca, e quindi lo porrai in neve facendo tutto il dippiù, come ho detto per la regola generale di gelare al cap. X pel sorbetto del pranzo del 1° marzo.
Bruscherai once quattro di ottimo caffè, e ne farai la bevanda come ho prescritto col cap. X.
zuppa in brodo di pesce
Pesce un rotolo 30
Oglio once 12 12
Selleri, pastinache, petrosemolo, cerfoglio 04
Teste di garofani 4 ed una stecchetta di cannella 01
Una cipolla 01
Pagnotte 8 16
Sugna un rotolo 24Tagliarelli incaciati con brodo finto
tagliarelli un rotolo e ½ 13
Parmegiano once 12 23
Lardo di prosciutto once 16 13
Cipolla 01
Butiro 04
Conserva di pomidoro 02Ordura di foglie di borragini
Borraggini 06
Alici mezzo rotolo 18
pane 01
provola once 2 04
Ovi 2 02
Fior di farina once 8 02 ½
Sugna un rotolo 2448 Granata di pesce al bagno maria.
Rafanelli, e pastinache 10
pane un rotolo 06
provola mezzo rotolo 16
Ovi 10 10
Petrosemolo 01
Pesce un rotolo e mezzo 52
Pagnotta 02
provola 04
Ovi 4 04
Piselli, e funghi 04
Sugna 02Entremets di gamberi.
Gamberi rotoli 2 80
Funghi mezzo rotolo 20
Piselli 10
Butiro 04
Tartufi 10
Pagnotte due per li crostini 04
Sugna 04Schiuma brusca di zucca.
Cocozza di spagna rotoli due senza corteccia 04
Pagnotte 2 04
Latte una caraffa 06
Ovi 8 08
Parmegiano once 12 25
Butiro 04
Per pangratto 03 Arrosto di triglie.
Triglie rotoli due e mezzo 120
Lattuga 01
Oglio, ed aceto 05Crema di caffè bianco
Latte una caraffa e mezzo 09
amido once 7 ½ 03 ½
Zucchero fino once 18 20
Limono 01
Ovi 12 12
Caffè once 6 10
Cannella pesta ottima 03Fuoco per tutto 15
Sale per tutto 04
Pepe per tutto 02
Pagnotte di grana due dodici, di un grano dodici 36
Vino di pasto caraffe 12 60
Ovi di tonno once 8 20
Alici salate once 12 12
Peparoli 05
Butiro pani due 20
Pagnotte per crostini 2 04
Olive una quartarola 06
Rafanelli 02
Due melloni 30
Mela rotoli due 16
Pera rotoli due 24
Finocchi numero 12 06
Biscottini di confetture.
Cedro candito once 4 06
Fior di melarancio 03
Marmellate di percoche once due 04
Zucchero once tre 04
Più zucchero per polverizzare 05Idem di mandorle dolci.
Once 8 di mandorle 12
Once 4 di zucchero 04 ½
Fior di farina un’oncia 00 ½
Ovi 4 04
Butiro 02
Carta 12
Zucchero per polverizzare 02 Pel sorbetto.
Latte due caraffe 12
Zucchero once 24 27
Ovi 7 07
49 Limone 00 ½
Neve rotoli 8 40
Sale rotoli due 28
Una bottiglia di rosolio di limone 40
Caffè once 4 09
zuccotto 15
insalata cotta e cruda, scarola 02
Broccoli 06
Oglio per li piattini 05
Aceto una caraffa 04
Oglio una caraffina 12
Sale per le saliere, e pepe 08Neve per l’acqua gelata rotoli due 10
Due bottiglio di bordò 2 40 Collettiva.
Cucina 718
Riposto 765 ½
Totale 1483 ½
PRATICA.
Prendi un rotolo di polpa, o di tonno, o di pesce spada, o di palombo, o di merluzzo, o di cefalo, o pur di alici, meno di queste ultime, ma degli altri ne toglierai la cute, le spine, le teste e le code, e le porrai in una marmitta, con le altre teste, e le code del pesce che servir ti dovrà per l’entrata giusta la minuta del presente pranzo, e farai il brodo con delle erbe come quello del giorno precedente, frattanto pesterai la polpa del pesce moltissimo, con due pagnotte scorzate e spungate nell’acqua, e premute, ci porrai sei torli d’ovi, once quattro di provola grattugiata, del sale, del pepe, e pochissima polvere d’aromi; fatta questa farsa la passerai per setaccio, e di questo estratto ne formerai tanti piccoli tarallini che li farai cuocere in una tortiera o con brodo della zuppa medesima o con acqua e butiro; passerai quindi il brodo per setaccio, aggiusterai quelli tarallini di pesce nella zuppiera frammezzati con pezzettini di pane bruscato che farai da sei pagnotte, versandoci quel brodo.
Prendi mezzo rotolo di scorfanelli, o andragini, li laverai e netterai benissimo, li porrai in una casseruola con una cipolla trita, once quattro di sugna, del sale, del pepe, e pochissima polvere d’aromi, facendo sulla fornella soffriggere la cipolla; divenuta rossa anzi bionda la bagnerai con la liquefazione di grana tre di conserva di pomidoro, e farai così il sugo, che passerai per setaccio; lesserai un rotolo e quarto di quella finissima pasta a forma di anelletti, li sgocciolerai benissimo e li porrai in zuppiera, che condirai con once 12 di parmegiano e quel brodo frammischiato.
Prendi grana 6 di spinaci, grana venti di sparagi, once 16 di funghi, che sieno pur de’ secchi, once otto di piselli scorzati finissimi; tutte queste erbe le netterai e le lesserai, quindi le pesterai con due pagnotte scorzate e spungate nel latte, e premute ci unirai once otto di parmegiano grattugiato, dieci torli d’uovi duri, ci porrai del sale. del pepe e seguiterai a pestare benissimo, quindi passerai questa composizione per setaccio, e laddove ti sembrasse la stessa alquanto dura ci porrai un pochino di latte: ne farai tante braciolette o altri lavoretti a tuo capriccio, le passerai nel fior di farina, poscia nel battuto d’ovi e finalmente nel pangratto, che friggerai a color d’oro; adatterai una salvietta nel piatto proprio, ed a forma di piramide farai figurare questa graziosa ordura capricciosamente aspersa di petrosemolo fritto.
Prendi rotoli due e mezzo di cefali o merluzzi, ai quali ne avrai già tolte le teste e le code per la zuppa; tutto il resto lo lesserai mischiando nell’acqua mezza caraffa d’aceto, del sale e tre limoni piccoli fettati, perché così verrà di buon gusto e non si frantuma dopo cotto, ed alquanto raffreddato lo spinerai ed a filettini l’aggiusterai nel piatto proprio, versandoci una salsa acida che farai come segue.
Prendi grana due di cipolle secche (bada bene, che quando parlo di cipolle intendo dir sempre delle secche perché in una cucina non si possono vedere le così dette novelle, perché queste ultime sono acquose e non puol riuscire perfetto il loro lavoro; solo al fosso dell’arso ed in altre parti simili si veggono, non conoscendo quei materiali il Rem per causam), grana tre di peparoli in aceto, grana 4 di capperini, e grana quattro di cetrioli in aceto, triturerai tutto finissimo, e farai bollire anzi scuocere in una casseruola con acqua; sarà di tuo piacimento se questa salsa la vuoi masticare, non la passerai per setaccio, ci porrai del sale, del pepe, pochi aromi, del 51succo di limone, ed once quattro d’oglio perfettissimo, facendo tutto novellamente incorporare sul foco, la gusterai pria se v’ha di bisogno più acido di limone, e se fosse molto ci porrai un poco di zucchero, e la verserai sul pesce. Volendo, potrai passarla ancora per setaccio.
Lesserai n. 24 ovi e li farai duri, li scorzerai e li dividerai in quarti, ma vorrei che fossero ben caldi, che per ottener questo terrai il piatto sopra di una casseruola con l’acqua bollente, perché quel vapore li conserverà caldi; lesserai ancora similmente altri ovi 20 pestando finissimo i soli torli, sciogliendo questo pesto in una casseruola con mezza bottiglia di ottimo rum, poco succo di limone e tanto zucchero polverizzato per quanto ci darà buon gusto; questa salsa la verserai sul piatto degli ovi già preparato, e sarà grazioso.
Prendi un rotolo di quelle cipollette piccole ma non già delle piccolissime, insomma che sieno tutte uguali, le netterai e le lesserai appena, e diligentemente col cavafrutto proprio le vuoterai; prendi due pagnotte scorzate, e bene spungate nel latte, le premerai e le pesterai con sei torli d’ovi duri ed once 4 di parmegiano grattugiato, ci porrai del petrosemolo trito, ma finissimo, ci unirai una grazia di zucchero, del sale, del pepe, e raffinerai benissimo questa composizione con altri torli d’ovi crudi, ne riempirai quindi le cipollette, le passerai pel fior di farina e nel battuto d’ovi, e poscia le friggerai; terrai pronto un poco di brodo di pesce, che ne farai di più, lo porrai in una casseruola in dove farai terminar di cuocere le cipollette, e quando saran cotte ci porrai un po’ di fior di farina, un tantino di succo di limone e raspatura della corteccia, farai bene incorporare, accomodandole diligentemente nel piatto proprio versandoci quella salsa sopra.
Prendi rotoli due di baccalà ottimo spungato, lo ridurrai in pezzi e lo laverai benissimo, di poi lo lesserai un punto di più; lo spellerai e spinerai subito, e con forte polso lo pesterai finissimo; ne riserberai però un pezzo non pesto, ci unirai mezzo rotolo di pane spungato nel latte, e bene premuto, che pestandolo mescolerai col baccalà con mezzo grano di petrosemolo, ci unirai ancora dodici once di provola grattugiata e passerai tutto per setaccio, a questo estratto ci unirai otto chiara d’ovi battuti alla fiocca e quindi i loro torli, e farai tutto medesimare; prendi una proporzionata casseruola; la vernicerai di butiro e la ingranirai di pan-gratto, ma di una grana finissima, quindi ci verserai diligentemente la composizione, frammezzandoci dei pezzettini di quel pezzo di baccalà espressamente rimasto; baderai, che la composizione deve essere per la 52metà del bordo della casseruola, riserbando il resto pel suo gonfiore; porrai sulla fornella già roventata la casseruola con una fascia di carboni accesi, e gli altri sul coverchio, badando ancora che il foco non sia molto violento. Praticherai tutta l’attenzione che venga cotta perfetta, osservando con la punta del coltello, che immergerai nel mezzo della schiuma per vedere la sua cottura; giunta al suo punto, porrai la casseruola sul pancone, la farai rassettare, e quindi la staccherai diligentemente, e poscia la rovescerai nel piatto proprio.
Prendi mezzo rotolo di zucchero bianco, lo farai in giulebbe quasi ad una mezza caramella, lo farai raffreddare ed intanto batterai alla fiocca otto chiara d’ovi, ma che sia la schiuma ben forte ed elevata; in essa ci filerai il giulebbe, e con l’altra mano mescolerai, ma sempre da un lato; ci unirai once sei di pignoli ben puliti ed un paio di stille d’oglio di cannella; porrai nei ruoti dei fogli di carta, e su di essa ci porrai tante porzioni della dose, che prenderai con un cucchiaio, e farai cuocere a un forno piuttosto temperato; cotte che saranno, con somma diligenza le staccherai dalla carta e l’adatterai nel piatto proprio con salvietta al disotto.
Prendi grana due di lattuga e l’accomoderai nella insalatiera; prendi grana dieci di ottimi broccoli di rape, ne toglierai tutte le foglie, restandoci il solo fiore con le piccole foglie e lo stelo lo sfilerai, e quindi li lesserai, che similmente adatterai ne la propria insalatiera. Prendi once otto di tarantello, ne toglierai la cute e quella parte salina, lo fetterai come il prosciutto, lo laverai, e ne formerai due piattini che condirai con ottimo oglio; similmente farai delle alici salse, che ne prenderai once 12, le spinerai e le laverai, formandone altri due piattini; ne farai altri due di capperi ed olive, come ancora di cedrioli e piccole milinsane in aceto. Farai due piattini di butiro, con due altri di crostini di pane bruscati, ne farai due di rafanelli, due di finocchi, due di portogalli e due di mele; farai gustare ancora due bottiglie di vin di Madera.
Prendi un’oncia e mezzo di ottima cannella, la ridurrai contusa, e la riporrai in una cassettiera ben chiusa; con una caraffa e mezzo d’acqua la farai bollire, facendola restringere alla metà, badando che non svaporizzi, farai il giulebbe con un rotolo e quarto di zucchero, portandolo al terzo punto di cottura che è il piccolo perlé, e giunto che lo avrai a questo punto ci porrai un’oncia di pignoli ben puliti, ci farai dare pochi bolli, e quindi ne li toglierai, e conserverai; farai alquanto raffreddare il giulebbe e poscia l’unirai con la decozione di cannella, scandagliando se tutto questo liquido forma il quantitativo di quattordici bicchieri per formare 53una forma di gelato per dodici; passerai per setaccio la dose e ci unirai li pignoli; farai tutto riposare e rinfrescare in una proporzionata sorbettiera e quindi la gelerai come le precedenti.
Prendi once tre di pistacchi, li spellerai con acqua bollente, l’asciugherai con panno-lino e li pesterai con un’oncia e mezzo di cedro sciroppato ed un poco di raspatura di cedro verde, o limone; nel mentre che pesti, bagnerai questa pasta con un poco di schiuma d’ovo, che farai alla fiocca di una sola chiara; porrai questa composizione in una scodella, ci mescolerai once tre e mezzo di finissimo zucchero, o due rossi d’ovi, batterai tutto finché si incorpori; batterai alla fiocca sei chiara d’ovi, e ci unirai ancora un cucchiarino di fior di farina, e mescolerai tutto insieme; farai delle formette di carta oppure sopra de’ fogli di carta porrai detta composizione a forma di biscottini, li polverizzerai con finissimo zucchero, e li farai cuocere ad un forno lento.
Prendi once due di marmellata d’arancio, un tantino di raspatura di cedro verde grattugiata dalla sua corteccia, once sei di zucchero bianco affiorato, quattro torli d’ovi freschi, e batterai il tutto con mescola di legno per una mezz’ora; batterai alla fiocca otto chiara d’ovi, che unirai alla composizione con tre once di fior di farina, che questa ce la farai cadere col mezzo del setaccio, onde ci cada uguale e non si aggruppi: farai delle formette di carta in dove porrai la composizione anzidetta e le farai cuocere in un forno lento, e quando le avrai levate dal forno, farai un piccolo ghiaccio di zucchero con fiocca di chiara d’ovi e raspatura di cedro, e con questa vernicerai li biscottini, che rimetterai nel forno, onde si asciughi soltanto questo naspro; ed appena saranno perfezionati così li toglierai ancor caldi dalla carta.
Ghiaccio, s’intende naspro.
Farai la solita bevanda con once quattro di caffè come al capitolo IX.
zuppa di pesce alla Bolognese
Pesce un rotolo 40
Pastinache 2 selleri 2 petrosemolo e cerfoglio 2 una cipolla 1 07
Garofani, e cannella 01
Pagnotte numero due 04
provola once 6 05
Ovi numero sei 06
Aromi 00 ½
Pagnotte sei 12Sementina incasciata.
Pesce mezzo rotolo 20
Cipolle, e spezie 01 ½
Sugna 03
54 Pasta a tarallini un rotolo e quarto 20
Conserva di pomidoro 03
Parmegiano once dodici 26 Ordura di diverse erbe.
Spinaci 06
Sparagi 20
Funghi once 16 16
Piselli scorzati once 8 20
Pagnotte due 04
Latte una caraffa 06
Ovi numero 10 10
Fior di farina 02
Ovi pel battuto sei 06
Sugna un rotolo 24 Entrata di cefalo e merluzzo in fili.
Pesce rotoli due e mezzo 100
Aceto 02
Limoni 04
Cipolle 02
Peparoli, capperi, e cetrioli 11
Oglio once 4 04
Aromi 01Ovi alla marinara Inglese.
Ovi 24 24
Piu ovi 20 20
Limone 01
rum mezza bottiglia 20
Zucchero 10Entremets di cipollette alla Savoiarda
Cipollette un rotolo 08
Pagnotte due 04
Latte una caraffa 06
Ovi 10 10
Petrosemolo 01
Parmegiano once 4 08
Zucchero 02
Ovi pel battuto 6 06
Fior di farina 05
Sugna mezzo rotolo 12
Limone 01Schiuma di Baccalà
Baccalà rotoli due 32
pane mezzo rotolo 03
Latte una caraffa 06
provola once 12 12
Ovi 8 08
Pan-gratto, e butiro 08 Imborracciate.
Zucchero mezzo rotolo 18
Ovi 8 08
Pignoli once 6 06
Stille d’oglio di cannella 2 06
Carta 02 Foco per tutto 15
Sale per tutto, e pepe 10
pane per 13 coperti a grana tre per cadauno 36
Vino di pasto caraffe 12 60
Lattuga 02
Broccoli di rape 10
Tarantello once otto 20
Alici salate once 12 12
Capperi, ed olive 10
Cetrioli, e milinsane 10
Butiro pani due 20
Pagnotte per crostini 2 04
Rafanelli 02
Finocchi 12 06
Portogalli 12
Mele rotoli 2 18
Due bottiglie di madera 120 Gelato di cannella rossa con pignoli.
Zucchero un rotolo e quarto 45
Cannella un’oncia e mezzo 30
Pignoli un’oncia 01
Sale rotoli due 28
Neve rotoli otto 40Biscottini di pistacchi.
Pistacchi once 3 15
Cedro candito un’oncia e mezza 02
Zucchero polverizzato 05 55 Biscottini alla provenzale.
marmellata di fior d’arancio once 2 04
Un cedro 04
Zucchero once 6 07
Ovi 8 08
Fior di farina once 3 01
Zucchero fiorettato 05
Carta 02
rosolio una bottiglia 40
Caffè once 4 09
zuccotto 13Aceto 01
Oglio per piattini 07
Oglio una caraffina 12
Sale e pepe, per le saliere 08
Neve per l’acqua gelata 10Collettiva.
Cucina 659
Riposto 642
Totale 1301
Porrai in una marmitta di rame nove caraffe d’acqua, once 16 di ottimo butiro, due selleri, una rapa, del cerfoglio, tre pastinache, dell’acetosa, del sale, poco pepe, tre teste di garofani, ed una stecchetta di cannella, farai tutto scuocere, e ridurre il brodo al terzo, lo passerai per setaccio; frattanto separatamente farai scuocere mezza misura di ottime lenticchie, le passerai per setaccio, estraendone tutto il sugo, che conserverai in una casseruola tenendolo al caldo. Prendi un rotolo e mezzo di ottimo riso, lo netterai benissimo, lo laverai con acqua fresca, lo asciugherai con panno-lino, e lo farai cuocere nel brodo primiero, e baderai che non sia molto consistente; quando lo dovrai servire, lo porrai in zuppiera, versandoci sopra il sugo delle lenti ben caldo.
Prendi un rotolo e mezzo di maccheroni, li lesserai al proprio punto, quindi li sgocciolerai, e li porrai in zuppiera, frammezzandoli con parmegiano grattugiato e butiro.
Prendi due pagnottoni di pane, già, ben grandi li scorzerai e li dividerai in fette, ma che sieno molto spesse, riducendo ciascuna fetta ad una figura regolare o a mostaccioletto, o di figura ovale, o rotonda; dopo di averli così modellati, ne toglierai la mollica di mezzo, e così formerai tanti cassettini che friggerai nel butiro, e se ti trovi in sito ove butiro non hai, li friggerai con la sugna, o pur con l’oglio ma il più perfetto, e li friggerai di bei biondo colore. Prendi un rotolo di gamberi, li lesserai, ne toglierai dalle cortecce le code, che come sai quello è il loro frutto, e di tutti i gusci ne farai un pesto, lo farai bollire con una caraffa d’acqua perché dia tutto l’estratto, quindi lo passerai per setaccio, ed in quel sugo, con once due di butiro, farai cuocere once quattro di piselli scorzati ed altrettanti di piccoli funghi; prenderai ancora un buon tartufo nero, lo scorzerai e lo farai a filettini, che ancor lo mescerai in questo piccolo entremets, ci farai cuocere un trito finissimo di maggiorana e petrosemolo, e quindi con un tantino di fior di farina ci farai un poco di colletta perché quel sugo si leghi; ci porrai le code de’ gamberi, onde s’incorporino nella salsa; e poscia ne riempirai quelli cassettini di pane, che simmetricamente aggiusterai nel piatto proprio con salvietta al disotto.
Prendi rotoli tre di spinole, ma che non sieno meno di numero sei, le pulirai benissimo e quindi le spolperai per lungo, togliendone la testa, la spina e la coda, e di ogni metà ne farai due filetti per lungo; farai un trito di cipollette, petrosemolo ed once quattro d’alici salate, le farai soffriggere in una casseruola con once sei d’oglio finissimo, bagnerai con acqua questa salsa perché venga bon cotta; la porrai in una tortiera ed in essa farai cuocere li filetti del pesce, arrotolandoli un per uno come un tortanetto che formerai con un palicco; quando questi saran cotti, li toglierai dalla salsa, ne leverai li palicchi, l’aggiusterai con molta diligenza nel piatto proprio, ed in quella salsa ci farai incorporare poche olive dissossate e capperini, e quando tutto sarà pronto verserai questa salsa sopra de’ rotoletti del pesce, con guarnizione attorno di crostini fritti e piccolissime cipollette lessate.
Prendi grana dodici di buone pastinache, che sieno uguali, le rasperai, le fetterai rotonde della spessezza più di uno scudo, le farai trattenere alquanto in sale, poscia le laverai e quindi le 57lesserai per metà in una caraffa di latte allungata con acqua; quando saran cotte le sgocciolerai, e frattanto porrai un’altra caraffa di latte in una casseruola con dieci torli d’ovi freschi, ci scioglierai leggermente un pochino di fior di farina con poche stille di succo di limone, poco sale, e farai cuocere al foco lento girando come la crema; quando la mescola si sarà verniciata, allora ci mescolerai le cotte pastinache, ed avrai fatto questo entremets d’erbe.
Prendi once 24 di teneri scorzati piselli, li farai cuocere in una casseruola con un pane di butiro, farai gli ovi duri due per cadaun coperto, li scorzerai, li dividerai per metà, l’aggiusterai nel piatto proprio e ci verserai i piselli come una salsa con guarnizioni di crostini fritti.
Prendi rotoli tre di sarachi, ma dei grandi, o invece un bel dentice; lo sgargerai, gli aprirai la pancia e lo laverai benissimo, pria con acqua fresca, poi con aceto, e quindi lo bagnerai d’oglio; farai arroventare la graticola e farai arrosto questo pesce bagnandolo di tanto in tanto con acqua e sale; allorquando sarà ben cotto, ma non prosciugato, l’adatterai in una sperlunga con trito d’insalata cruda al disotto, perché in tavola poi si accomoderà con oglio ed aceto.
Farai la pasta frolla con mezzo rotolo di fior di farina, vedi cap. IV §1; fatta questa pasta vernicerai appena una casseruola proporzionata di sugna, quindi distenderai la pasta levigandola con lo stenderello, ovvero laganatoio, della spessezza di due scudi, e farai la cassa nella casseruola ben disposta, dir voglio che ci vada bene uguale; fatta questa cassa di pasta ci farai una controcassa di carta, e quindi il vuoto che rimane lo riempirai con brenna appena impastata con poca acqua bollente, e così farai cuocere questa pasta come un timpano, una schiuma ec; cotta che sarà la toglierai dal foco e la farai raffreddare, quindi diligentemente ne toglierai la brenna e la carta e con somma attenzione sformerai quella pasta dalla casseruola, bisognando intera; adatterai una salvietta nel piatto proprio, e su di essa ci situerai la forma di pasta; frattanto prendi rotoli tre di mele, così dette genovesi, le scorzerai e le ridurrai in dadi, le sciropperai con once 24 di zucchero bianco, senza farle disfare ma che li pezzettini di mele sieno ben cotti; se ti sembra che vi sia molto umido di giulebbe ne lo toglierai; ci porrai tanto rum quanto ci dia buon gusto, girerai con la mescola, e caldissima verserai questa composizione nella forma di pasta frolla che si servirà scoverta.
Prendi due bottiglie del Reno. Farai una insalatiera di lattuga, e 58scarola, e ne farai un’altra di cicorie cotte. Farai due piattini di butiro, con due altri di crostini bruscati, con li tovaglioli al disotto; farai due pattini di alici salate, spinate e divise per metà, con due altri, uno di olive ed un altro di capperoni, come ancora due altri piattini di peparoli in aceto ben disposti, tagliandoli a filettini e togliendone tutti li semi, e tutti questi piattini li condirai con oglio; farai due piattini di rafanelli, altri due di mele, di pere, di portogalli, e due finalmente di castagne arrostite nel mezzo di tovaglioli.
Farai due piattini di dolci, cioè uno di pasta reale e l’altro di mostaccioletti con le carte arricciate attorno. Gelato di amarene.
Prendi una libbra di mandorle dolci, le scorzerai con acqua bollente, le asciugherai e le pesterai finissime, riponendoci di tanto in tanto un pochino d’acqua di cannella onde le mandorle non diano oglio; dipoi farai il giulebbe con una libbra di zucchero, portandolo al 3° punto di cottura che ho chiamato il piccolo perlé: in esso ci farai cuocere la pasta di mandorle, rivolgendola sempre e bene; cotta che avrai la pasta, la toglierai dalla casseruola, o polsonetto, e la farai alquanto raffreddare in un vaso di terra, quindi farai sul pancone un pavimento d’ostia bianca, e su d’essa verserai la sciroppata pasta di mandorle, che l’adatterai ben levigata, la cui spessezza non sarà più alta di un dito; dipoi ne farai tanti piccoli lavoretti, cioè de’ piccoli cori, de’ mostaccioletti, de’ tarallini ec.; fatti questi lavori li porrai in una tortiera, li farai assodare nel forno non forte; dopo cotti ci farai un naspro bianco, li riporrai di nuovo nel forno aperto perché si asciughi il naspro, e così saranno fatti.
Prendi una libbra di fior di farina ed un’altra di zucchero grasso, una quarta d’oncia di ottima cannella polverizzata, un pochino di polvere di garofalo, due once di mandorle brustolite ed un tantino di pepe: impasterai tutto bene con acqua fresca, facendola come una pasta soda, la porrai in un panno-lino, in dove la farai riposare per ore ventiquattro, di poi ne formerai diversi mostaccioletti, l’adatterai nelle tortiere, e li farai cuocere al forno; dopo cotti li vernicerai, o col naspro di cannella o cioccolata, e quindi li farai asciugare al forno aperto.
N.B. Pel naspro di cannella farai il giulebbe stretto, riponendoci per ogni mezzo rotolo di zucchero mezz’oncia di ottima cannella polverizzata, e pel naspro di cioccolata once otto della stessa ben pesta.
Soda s’intende alquanto dura, come se fosse la pasta de’ tagliolini.
Per fare lo schiumone di questo gelato, prendi un rotolo e mezzo di amarene se son fresche, mezzo rotolo se son secche: ne toglierai li sterpi e le pesterai finissime con tutti li nocciuoli, perché questi ci danno un senso di mandorla amara che ci farà grazioso; porrai questo pesto in una casseruola con acqua in proporzione e farai bollire, per poterle passare per setaccio ricavandone dodici bicchieri regolari: per questo sorbetto, perché le amarene contengono dell’aspro, farai il giulebbe con un rotolo e mezzo di zucchero, che lo farai in giulebbe portandolo al quarto punto di cottura, cioè al grande perlée; unirai al giulebbe l’estratto delle amarene e ripasserai per setaccio, riponendo la dose in una sorbettiera, e quest’ultima nel tinello con acqua fresca per farla riposare; e farai il dippiù come il gelato precedente.
zuppa di riso.
Butiro once 16 30
Selleri, rape, cerfoglio, acetosa, e pastinache 04
Garofani e cannella 01
Lenticchie mezza misura 08
Riso un rotolo e messo 18Maccheroni con parmegiano e butiro.
maccheroni un rotolo e mezzo 15
Parmegiano once 12 25
Butiro due pani 04Ordure.
Pagnottoni 2 16
Gamberi un rotolo 40
Piselli, e funghi 20
Tartufi 15
Fior di farina 00 ½
Maggiorana, e petrosemolo 00 ½
Butiro 40Entrata di Rudaline.
Rotoli tre di spinole 180
Cipolletta, e petrosemolo 06
Alici salate once 4 04
Oglio once 6 09
Capperi, ed olive 06
Pagnotte due per li crostini 04
Sugna 08
Cipollette 01
Palicchi 01Entremets di pastinache.
Pastinache 12
Latte due caraffe 12
Ovi 10 10
Fior di farina 01
Limone 01Ovi in trippa ai piselli.
Ovi 24 24
Piselli once 24 30
Butiro un pane 10
Pagnotte per crostini 04
Sugna 08 Arrosto di sarachi o dentice.
Pesce rotoli tre 180
Lattuga 01
Oglio, ed aceto 05Sciarlotta di mele.
Fior di farina once 16 03
60Sugna 06
Ovi 6 06
Zucchero once otto 09
Mela rotoli tre 21
Zucchero fino once 24 27
rum 10Foco per tutto 20
Sale e pepe per tutto 10
Carta, e brenna 03
Pagnotte di grana due dodici di un grano 12 36
Vino di pasto caraffe 12 60
insalata cruda 03
Di cicorie cotte 05
Butiro pani due 20
Pagnotte per crostini due 04
Alici salate once 12 12
Comacchio once 12 20
Olive, e capperoni 15
Peparoli 05
Rafanelli 02
Portogalli 12 12
Pera rotoli due 30
Castagne verdi una misura 06
Due bottiglie del Reno 300
Oglio per li piattini 07
Oglio una caraffina 12
Aceto 04
Sale e pepe per le saliere 08
Neve per l’acqua gelata 10Piattini di dolci di pasta reale.
Mandorle once 12 12
Acqua di cannella 06
Zucchero once 12 14
Ostia bianca 03
Zucchero per naspro 10
Chiara d’ovi due 02 Mostaccioletti.
Fior di farina once 12 04
Zucchero once 14 14
Cannella una quarta 05
Polvere di garofano 02
Pepe pesto 00 ½
Zucchero per naspro once 8 09
cioccolata pel detto once 4 10 Gelato d’amarene.
Amarene secche mezzo rotolo 30
Zucchero un rotolo e mezzo 54
Neve rotoli otto 40
Sale rotoli due 28Rosolio una bottiglia 40
Once quattro di ottimo caffè 09
zuccotto 15
Foco pel riposto 15 Collettiva.
Cucina 892
Riposto 894 ½
Totale 1786 ½
PRATICA.
Prendi mezza misura di ceci bianchi, li porrai in una marmitta di rame proporzionata, con una pezzolina ripiena di cenere fina ligata, e farai bollire con acqua ed uno spicchio d’aglio (per chi piacesse); quando saranno non molto cotti, li sgocciolerai e li riporrai in una casseruola piuttosto grande, con dell’acqua bollentissima da poter servire sufficientemente per la zuppa, ci unirai once nove di oglio finissimo e farai ancora bollire: frattanto prendi once quattro di ottimo dissalsato tarantello, lo taglierai a dadi con due once di alici salse, pulite e spinate, farai soffriggere questi salumi in una separata casseruola con del trito petrosemolo, poca maggiorana e pochissimo oglio, e cotti che saranno questi pezzettini, li mescolerai con li ceci; prendi ancora un grano di torzelle, che ne avrai sei o sette mazzettini, le netterai benissimo restandoci una piccola cimetta, prendi un grano di rape tonde e bianche, le scorzerai e le farai in filettini, ed assieme con le torzelle le farai cuocere con li ceci; quando tutto sarà incorporato e cotto, toglierai dal foco il brodo e farai di sei pagnotte di pane diversi filettini di crostini bruscati che adatterai in zuppiera, frammezzandoci quelle erbe e ceci, e quindi ci verserai il brodo e sarà una ottima zuppa per la circostanza quaresimale.
Prendi un rotolo di ottimo riso, quello di Germania è ottimo purché siano li risi lunghi, perché è forte, quello della Provincia di Principato Citra, ovvero Salerno, l’è anche buono, ma quest’ultimo riso è il più lordo di polvere; dopo che avrai bene osservato questo riso, lo netterai in un panno-lino stropicciandolo perché si pulisca benissimo, dipoi lo laverai con acqua fresca, e lo asciugherai ancora benissimo, togliendone tutta l’idea dell’acqua; porrai in una casseruola once otto di sugna ed once otto di durissimo caciocavallo del nostro Regno, che scorzerai e taglierai in dadini, e questi li farai soffriggere con la sugna facendoli divenir biondi, ed allora porrai nella casseruola il riso e, con socratica pazienza, lo rivolterai sempre con mescola di legno, facendolo così colorire e bruscare, e quando vedrai che si è tutto ugualmente colorito, e gonfiato alquanto, ci porrai il brodo per cuocerlo; qui è di mestieri che ti dica come esser potrebbe questo brodo; se aver potrai delle pomidoro secche, mi piacerebbe in preferenza, perché di queste ne prenderai once sedici, le bollirai e, scotte, le passerai per setaccio fortemente, ne raccoglierai l’estratto, che discioglierai con acqua bollente, ed ecco ottenuto il brodo che porrai nella casseruola col riso, ricoprendolo anche di più perché si possa cuocere; se 62queste aver non puoi, sarebbe pur ottimo del brodo di pesce, ma se diversamente non potrà riuscirti, ci porrai dell’acqua bollente sciolta con once quattro di ottimo butiro; ci porrai il coverchio e farai bollire; quando vedi essere incominciato il bollimento rivolterai di tanto in tanto, perché facilmente il riso si attacca ed allora addio, perché ci daresti quel grazioso odor di fumo bruciato; quando dunque ti sembra che sia ben cotto e ben gonfio il riso, lo toglierai e lo servirai, prevenendoti che dovrà servirsi nella zuppiera tutto sciolto.
Prendi un rotolo di polpa di pesce spada, o di tonno, o di palamido, o di schettoni seu lacerti, o di grosso merluzzo, o di cefalo; lo netterai benissimo e lo pesterai finissimo, con una pagnotta di pane spungata nel latte, un tartufo scorzato (per chi piace), once quattro di funghi freschi, o pur dei secchi, rammolliti, lessati, premuti, e pesti ancora, con del sale e pochissimi aromi, come pepe, garofano e cannella; fatta questa farsa, ci unirai otto torli d’ovi, e se vedi che la pasta sia molto soda ce ne porrai ancora dippiù per ammollirla; la passerai per setaccio, e ne formerai tante giuste braciolettine, l’involgerai nel fior di farina, quindi nel battuto d’ovi, e poscia le ingranirai col pangratto e finalmente le farai fritte con la sugna di bel biondo colore, gondolando sempre la padella; le farai sgocciolare di quel grascio sopra di carta floscia, e poi lo adatterai a forma di piramide con tovagliolo sotto e del petrosemolo fritto, che sembri uno smeraldo.
Soda l’ho detto altra volta s’intende dura.
Prendi un rotolo e mezzo di ottimo baccalà spungato, e per spiegar meglio questo peso, per chi sa questa mia operetta arrivi in siti ove questo peso non si conoscesse, lo ripeterò in once, dunque once cinquanta; lo lesserai appena, perché facile ti riesca spellarlo e spinarlo, badando che non si riduca in frantumi; frattanto farai un trito di cipolla, petrosemolo e maggiorana, che farai soffriggere in una casseruola con once quattro di ottimo oglio; ci porrai quindi il baccalà con del sale, pepe e spezie, e lo farai incorporare; in una separata casseruola ci porrai un bicchiere da vino di ottimo aceto bianco ed un coppino di sugo di pesce con due foglie d’alloro, e farai separatamente cuocere, ci porrai un pochino di fior di farina perché ci dia un poco di glutine, e rivolterai bene; ne toglierai le foglie d’alloro e toglierai dalla fornella questa casseruola; farai dei crostini fritti, ma graziosamente tagliati, e formerai nel piatto proprio un pavimento di essi, facendovi figurare sull’orlo i loro estremi; quindi aggiusterai il baccalà con la sua prima composizione, e poscia ci verserai l’ultima salsa che ti ho indicata.
Prendi tre grossi cardoni, ti servirai delle foglie bianche, le 63taglierai in pezzi non più lunghi di quattro dita, ne toglierai tutti i loro filamenti e li tufferai in acqua fresca con succo di limone e sale, perché così s’imbianchiscono; dipoi li lesserai con acqua molta girandola spesso, perché restino tutti sempre nell’acqua, perché quei pezzi che il bollo presenterà sulla superficie diverrebbero neri se non si rivoltano; dopo cotti li riporrai in acqua fresca; frattanto farai una
Farai gli ovi duri in numero 24, li scorzerai e li farai in quartini, l’aggiusterai nel piatto proprio e ci verserai una crema di limone liquida, e caldi li servirai; il magistero per la crema lo vedrai al suo cap. VI, senza che ne facessi la inutile ripetizione, e per la proporzione da servirsi per questo piatto come una salsa, ne farai la quantità di mezza caraffa di latte, badando di farla più liquida.
Prendi rotoli tre di spinola, o spinole, ma che non sieno tanto piccole, le netterai e pulirai di tutto, l’aggiusterai in una larga casseruola oppure in un ruoto con bordo tondo, farai un trito di grana due di cipollette, un grano di petrosemolo ancor trito, uno spicchio d’aglio intero (per chi piace), once quattro di ottimo oglio, del sale e del pepe; frattanto farai bollire un bicchiere di vino bianco facendone restringere il terzo, e dopo ci porrai mezzo coppino di acqua bollente, e questo lo verserai ancora nel pesce; lesserai ancora a mezza cottura otto piante d’indivia, ovvero scarola, ne toglierai tutto il cattivo e le legherai perché restino ben conservate, di poi le toglierai, le scioglierai, le spunterai, e le dividerai in due e l’aggiusterai diligentemente attorno al pesce, ci porrai del sale, del pepe ed un mazzettino d’erbe come petrosemolo, basilico, maggiorana, cerfoglio, acetosa, e lo legherai bene; porrai sulla casseruola, o altro vase, un foglio di carta e ci porrai il coverchio, e con foco sotto e sopra farai cuocere dolcemente, però; quando il 64pesce sarà cotto l’aggiusterai nel piatto, ne togllerai il mazzetto e ci accomoderai li mazzettini d’indivia attorno, versandoci quella salsa che pria disgrasserai spruzzandoci al di sopra poco succo di limone.
Farai la pasta frolla, con libbre due di fior di farina giusta la proporzione generale data nel cap. IV. §1, senza molto maneggiare, terrai pronte le barchiglie ovvero le formette lunghe per li pasticcetti, regolandoti farne uscire dalla pasta trenta, e per non errare ne farai sessanta uguali porzioni che di ogni coppia di esse formerai il pasticcetto, che riempirai di amarene sciroppate, e di queste ne prenderai libbre due e mezzo, che le ripartirai per trenta pasticcetti; porrai queste forme nei ruoti e farai cuocere o al forno o sotto al fornello: dopo cotti di bel biondo colore, li farai riposare tal quale sul pancone, e quindi diligentemente li sformerai, accomodandoli nel piatto proprio con tovagliolo al di sotto polverizzandoli di zucchero finissimo.
Prendi una libbra di zucchero, lo farai in giulebbe stretto o propriamente alla nona cottura da me denominata cassè, v. il capitolo della cottura del zucchero, e portato che avrai a questo punto il giulebbe, ci mescolerai once sei di ottimi e bianchi pignoli con un pochino d’acqua di cannella e succo di fresco limone, rivolgerai tutto bene, e quando sarà tutto bene unito farai sulla tavola di marmo un pavimento d’ostia bianca e su di essa verserai con un cucchiaio tanta quantità di dose, che formerai le pignolate di una regolare grandezza; le farai assodare così, dipoi, con un coltellino ne toglierai tutte le dissuguaglianze dell’ostia e l’accomoderai nel piattino di riposto con carta arricciata al disotto.
Prendi sei chiara d’ovi, le batterai alla fiocca e ci mescolerai once sei di zucchero affiorato, ci mescolerai once due d’amido fiorettato e sei torli d’ovi freschi, e medesimerai tutto benissimo; dipoi sopra de’ fogli di carta con un cucchiaio verserai di questa dose tante piccole porzioni, formando con la punta del cucchiaio medesimo li raffioletti, che farai cuocere ad un forno temperato; cotti che saranno, farai il naspro con un terzo di zucchero, ovvero once undici, che porterai allo stesso punto di cottura per le pignolate, cioè il nono; e fatto alquanto raffreddare, con un pennellino adattato vernicerai interamente li raffioletti, che porrai sopra altra carta facendoli asciugare al forno aperto, ed aggiusterai similmente come le pignolate.
Prendi once ventiquattro di pistacchi, li scorzerai con acqua 65bollente e li pesterai benissimo, di poi li farai bollire con tre caraffe e mezzo d’acqua, passerai per setaccio questo brodo e l’unirai al giulebbe, che farai di once trentatré di zucchero, che farai al terzo punto di cottura, cioè al piccolo perlé, e farai il gelato come li precedenti.
Bruscherai once quattro di ottimo caffè, e ne farai la bevanda come ho prescritto nel cap. IX.
zuppa di ceci.
Ceci mezza misura 08
Oglio once 9 12
Più oglio 02
Tarantello once quattro 10
Alici salate once 2 02
Petrosemolo, maggiorana e torzelle 02
Pagnotte 6 12Riso brusciato
Riso un rotolo 14
Sugna once 8 06
caciocavallo di regno once 8 12
Altro condimento 15Ordura
Pesce un rotolo 45
Pagnotta 02
Latte mezza caraffa 03
Tartufo 10
Funghi 08
Ovi 8 08
Fior di farina once 16 04
Più ovi otto 08
Per pan-gratto 06
Sugna un rotolo 24Entremets di cardoni
Tre cardoni 24
Limoni 03
Fior di farina un’oncia 00 ½
Butiro once 6 10
Aceto 04
Pagnotte due 04
Sugna once otto 06Baccalà alla marinata
Baccalà once 50 24
Cipolla 02
Petrosemolo, e maggiorana 02
Aceto 01
Fior di farina, e alloro 01
Pel sugo di pesce 10
Pagnotte due 04
Sugna once 8 06Ovi alla milanese
Ovi 24 24
Latte 03
Zucchero once 5 e mezzo 06
Più ovi 03
amido once 2 01
Limoni freschi 02 Spinola alla dama
Pesce rotoli tre 180
Cipollette 03
Oglio once 4 05
Vino bianco 01
Scarola 02
Erbe 03
Limoni, e carta 03Pasticcetti
Fior di farina once 24 06
Zucchero once 12 08
Ovi 09
Marmellate d’amarene libbre due e mezzo 50
Limone 01Foco per tutto 20
Sale e pepe per tutto 10
Pagnotte di grana 2 dodici, di un grano dodici 36
Vino di pasto caraffe 12 60
Insalate cotta, e cruda di lattuga 03
Di cavolfiore 04
Butiro pani due 20
pane per i crostini pagnotte due 04
Alici salate once 12 12
Ovi di tonno once 8 25
Olive e peparoli 15
Rafanelli 02
Portogalli numero 12 12
Mela rotoli due 16
Castagne una misura 06
malaga due bottiglie 80PIATTINI DI DOLCI.
Pignolata
Zucchero once 12 14
Pignoli once 6 06
Acqua di cannella 05
Limone 01
Ostia bianca 02Raffioletti
Ovi 6 06
Once 6 di zucchero 07
Umido once 2 01
Zucchero per giulebbe once 11 12
Carta 02Gelato di pistacchio
Pistacchi once 24 120
Zucchero once 33 36
Neve rotoli 8 40
Sale rotoli 2 28Rosolio una bottiglia 40
Caffè once 4 09
zuccotto 15
Neve per l’acqua gelata rotoli 2 10
Sale per le saliere, e pepe 08
Oglio per li piattini 07
Aceto una caraffa 04
Oglio una caraffina 12
Foco per il riposto 10Collettiva
Cucina 654 ½
Riposto 690
Totale 1341 ½
PRATICA.
Prendi rotoli due di piccole ragoste, che sieno vive, le lesserai, e raffreddate, ne toglierai dalle code la polpa, che conserverai; 67prendi quei gusci tutti, li pesterai ben bene; porrai questo pesto in una marmitta di rame con caraffe otto d’acqua, due grana di selleri ben puliti, una grossa ed intera cipolla, un grano di petrosemolo, uno di cerfoglio, uno di pastinache, un grano di cannella contusa e teste di garofani, del sale, e farai tutto bollire con once nove d’oglio ottimo, oppure di butiro, secondo il gusto; quando tutto si sarà disfatto, e ristretto il brodo quanto basti per la zuppiera, passerai tutto per setaccio; disgrasserai questo brodo, ed in esso ci porrai la polpa delle ragoste divisa in pezzettini onde s’incorpori nel brodo; fetterai sei fresche pagnotte, le bruscherai, e le porrai in zuppiera versandoci quel brodo con li pezzettini di ragoste.
Lesserai pronti pronti libbre quattro di vermicelli, l’accomoderai in zuppiera con once dodici di parmegiano ed once otto di butiro liquefatto e bollente.
Prendi tre quarti di ottimo riso ovvero once ventiquattro, l’osserverai benissimo, lo netterai con panno-lino della polvere e lo laverai, e poscia l’asciugherai ancora; lo lesserai in una casseruola proporzionata con acqua ed once quattro di sugna, e del sale; quando sarà giusto di cottura non scotto, lo toglierai dal foco, badando che non debba essere brodoso ma appena umido, ci mescolerai un battuto di sei ovi ed once otto di parmegiano grattugiato e poco pepe rivoltando bene, riporrai la casseruola sulla fornella sempre mescolando, perché gli ovi entrino in cottura; quindi lo verserai o in una tortiera o in un piatto largo perché si raffreddi alquanto da potersi maneggiare: frattanto farai un pesto di mezzo rotolo di polpa di pesce, e siano pur le alici, ci unirai una pagnotta di pane spungata nell’acqua fresca e premuta, un pochino di provola grattugiata, un ovo intero battuto, del sale e del pepe e poco petrosemolo trito, passerai questa composizione pel setaccio, e ne formerai tante piccole polpettine e braciolettine, che per poterle bene maneggiare le ravvolgerai nel fior di farina; farai un poco di culì, ovvero brodo di pesce, ed in esso ci farai cuocere le anzidette polpettine, con pochi piselli e funghi; ci porrai appena del fior di farina perché ci dia un poco di colletta, e questo necessita per conservare un tantino di umido; dipoi farai del pan-gratto finissimo; prenderai di quel riso un poco da poter fare una bracioletta che distenderai nella palma della mano sinistra, ci porrai un poco di quel raguncino, e ravvolgerai la bracioletta chiudendola bene; tutte queste le bagnerai nel battuto di ovi, e quindi le ingranirai col pan-gratto, e di bel biondo colore le friggerai accomodandole nel piatto con tovagliolo al disotto.
Prendi un bel dentice che sia di circa rotoli quattro, lo 68spargerai, lo squamerai, l’aprirai il ventre e lo laverai benissimo; lo legherai con spago ben bene, perché non si frantumi; lo porrai in una casseruola ovale con fettoline di lardo e prosciutto magro, e sopra delle fettoline di cipolla e carote, un mazzettino d’erbe, del sale e poco pepe, due o tre teste di garofani, un quartino di vino bollente ed un poco d’acqua pur bollente, e farai che il pesce resti coperto con questo brodo, porrai sulla casseruola un foglio di carta, e quindi c’incasserai il coverchio, e lo farai cuocere con foco sotto e sopra dolcemente; quando sarà cotto, lo toglierai diligentemente e lo riporrai in disparte, ma che resti caldo; farai scuocere quanto vi sarà rimasto nella casseruola aggiungendovi poc’altra acqua, e passerai per setaccio; raccoglierai questo estratto, lo porrai in una casseruola in dove ci scioglierai dieci torli d’ovi freschi, e rivolgerai benissimo con una salsa; toglierai lo spago dal pesce, l’aggiusterai in una sperlunga versandoci quella salsa caldissima.
Mazzettino d’erbe s’intende sempre di petrosemolo, maggiorana, basilico, cerfoglio stretto fra le foglie d’alloro, meno qualche eccezione che si spiegherà.
Farai un trito, ma finissimo, di tre peparoli in aceto, once quattro di capperini, due cipollette, due cetrioli in aceto, del petrosemolo, e farai disfare bollendo con acqua, due once di butiro; ci porrai del succo di limone, poco fior di farina per darci un poco di colletta; se fosse molto aspra, ci porrai un pochino di zucchero; lesserai numero 24 ovi duri, li scorzerai e li farai in quartini, li accomoderai nel piatto versandoci la salsa.
Prendi una o due buone cappucce, ne toglierai tutte le foglie verdi ed intere le lesserai, cioè tanto che basti a poter maneggiare le foglie, le quali debbono essere flessibili; le staccherai tutte e ne toglierai il nervo di mezzo; farai una farsa di provola grattugiata, battuto d’ovi, ma che sia consistente e non liquida; di questa ne riempirai le foglie di cappuccia, e diligentemente le ravvolgerai come tante braciolette, dipoi l’accomoderai in una casseruola piatta, facendole dolcemente cuocere con sugo di butiro, e, cotte che saranno, l’aggiusterai nel piatto proprio.
Prendi due carlini di fresche patelle, altri due di mezzani cannolicchi, altri due di ostriche, un rotolo di ottime vongole: lesserai tutti questi frutti di mare, tanto da poterne prendere il frutto dai loro gusci; dopo che li avrai raccolti, li laverai benissimo con acqua fresca più volte, perché delle cortecce, delle patelle specialmente, sempre ne rimangono de’ frantumi; prendi un buon tartufo nero, lo scorzerai e lo farai in filettini; farai un trito finissimo di menta e petrosemolo; prendi una casseruola di quelle piatte, ci farai 69soffriggere once otto di polpa di pesce qualunque, o pure delle alici, ma ben pulite, con once tre di oglio il più perfetto, e di tanto in tanto bagnerai con acqua bollente, finché si rende come una salsa quella polpa di pesce; ci farai bollire un mazzettino d’erbe, ci porrai del sale e del pepe, e, fatto un piccolo brodetto, ci mescolerai li frutti di mare, che gli farai dare la propria cottura, e poi ci porrai il trito delle erbe e li filettini di tartufo; farai due pagnotte a piccoli crostini, il friggerai, e li porrai per guarnizione al sottè di frutti di mare.
Pel magistero di questa crema ricorrerai al cap. VI, per la proporzione da servire per 12 coperti farai la crema con una caraffa e mezzo di latte, il dippiù giusta il prescritto.
Il ripetere ogni giorno l’apparecchio intero pel riposto lo trovo inutile, bastando quanto ho detto pel primo giorno, e quello ti sia di norma.
Prendi once quattro di zucchero fino, una libbra di fior di farina, due once di butiro liquefatto, ed impasterai con tanti rossi di ovi per quanto siano bastanti a fare una pasta soda, che farai fermentare per due ore ravvolgendola in un panno-lino; dipoi, rimaneggiandola, ne formerai li così detti ginetti in tanti piccoli tarallini, l’aggiusterai in tortiera; facendoli cuocere ad un foco lento, frattanto farai il giulebbe con un terzo di zucchero, all’ottavo punto di cottura da me chiamato boulet; in esso rivolgerai li ginetti con raspatura della corteccia di cedro, o limone, e mescolandoli bene, perché tutti si verniciassero, l’accomoderai di bel nuovo in tortiera e li farai così asciugare nel forno medesimo.
Prendi tre once di marmellata d’arancio, un pochino di raspatura della corteccia di un cedro verde, mezza libbra di zucchero doppio raffinato e passato per setaccio, quattro torli d’ovi freschi, e batterai tutto bene con mescola di legno per mezz’ora; batterai alla fiocca otto chiara d’ovi, che unirai alla composizione con tre once di fior di farina, e questa la farai cadere nella dose setacciandola, perché vi piova finissimo e non si aggruppi; farai delle formette di carta, dando loro quella figura che più ti piacerà, ed in esse porrai la detta composizione, l’adatterai in tortiera, e li farai cuocere in un forno lento; farai intanto un piccolo ghiaccio di zucchero con fiocca di chiara d’ovi e raspatura di cedro, e con questo, dopo cotti, vernicerai li biscottini, che rimetterai nel forno, 70onde si secchi soltanto questo naspro; appena saranno perfezionati, li toglierai ancor caldi dalla carta e l’accomoderai nel piattino come innanzi.
Prendi libbre tre di conserva di percoche, ma che sia di quella bionda, la porrai in un polsonetto con tre caraffe d’acqua e farai bollire molto; dipoi passerai per setaccio, in modo che quella conserva passi tutta; farai il giulebbe con once ventiquattro di zucchero, al punto del piccolo perlè, e lo mescolerai in quello estratto che ripasserai novellamente pel setaccio; e poscia lo farai riposare e rinfrescare in una sorbettiera, e questa in un tinello con acqua fresca, e farai quindi il gelato, come ti ho dato la norma pel primo giorno di questa mia operetta.
Circa il Caffè ne farai la solita decozione.
zuppa di ragoste.
Ragoste rotoli due 60
Selleri, petrosemolo, cerfoglio, cipolla 1 07
Garofani, e cannella 01
Oglio, e butiro 12
Pagnotte sei 12Vermicelli incaciati.
Vermicelli 15
Parmegiano once 12 24
Butiro pani due 20Ordura di riso.
Riso once 24 09
Sugna once 4 03
Ovi 6 06
Parmegiano once 8 18
Polpa di pesce per culì 30
Più ovi 02
provola 03
Petrosemolo 00 ½
Fior di farina 02
Pan-gratto 03
Condimento pel culì 10
Sugna once 21 18Dentice alla monarca.
Pesce rotoli 4 200
Lardo e prosciutto 13
Cipolle e carote 03
Erbe 04
Vino bianco 01
Carta 01
Ovi 10 10Ovi alla salsa ascè.
Peparoli 03
Capperini 04
Cetrioli 10
Petrosemolo 00 ½
Butiro 04
Fior di farina 04
Ovi 21 21Braciolette di cappucce.
Cappucce 06
provola once 12 12
Ovi numero sei 06
Butiro 15Sottè di frutti di mare.
Patelle, cannolicchi, ed ostriche 60
Vongole 20
Tartufo 10
Erbe 01
Polpa di pesce 08
Oglio once 4 04
Sugna 0671crema di rose.
Latte due caraffe 12
Ovi 16 16
Zucchero once 24 27
Bombò di rose 20
amido once 10 05Foco per tutto 20
Sale per tutto 10
pane per 12 coperti a grana 3 per cadauno 36
Vino di pasto caraffe 12 60
insalata cotta, e cruda 08
Alici salate once 12 12
Tarantello once otto 20
Milinsane e capperini 15
Butiro pani due 20
Pagnotte numero due 04
Rafanelli 02
Portogalli 12
Finocchi 12 06
Castagne verdi misura 1 06
Pera rotoli due 36
Due bottiglie di Lunel 80
rosolio una bottiglia 40
Caffè once 4 09
zuccotto 15
Oglio per piattini 07
Aceto 04
Oglio una caraffina 12
Sale e pepe, per le saliere 08
Neve per l’acqua gelata 10
Ginetti.
Zucchero once 4 05
Fior di farina once 12 03
Butiro once 2 04
Ovi 6 06
Zucchero once 12 13
Limone 01Biscottini alla provenzale.
marmellata di fior d’arancio 06
Cedro verde 05
Zucchero once 7 07
Ovi 4 04
Più ovi 04
Fior di farina once 3 01
Carta 02
Zucchero pel naspro, ed ovi 07Gelato di percoche.
Percocata libbre 3 06
Zucchero fino once 24 27
Neve rotoli otto 40
Sale rotoli due 28Collettiva.
Cucina 872
Riposto 645
Totale 1517
PRATICA.
Prendi grana tre di spinaci, un grano di lattughe, un altro di biete (ma queste che sieno con lo stipite rossagno, perché queste sono le servibili in cucina e quelle con lo stipite bianco sono quelle servibili per lo spedale), due di borraggini, due di acetosa, e cerfoglio, tutto ben triturato; porrai questo trito d’erbe in una casseruola con tre caraffe d’acqua, una cipolla intera, e poche teste di garofani, once otto di piselli scorzati teneri, con del sale, e porrai a bollire: quando la cipolla sarà cotta, la toglierai con le teste di garofani e ne toglierai ancora la casseruola dal foco; prendi un pane di butiro, lo farai liquefare in una piccola casseruola, e, dopo liquefatto, ci scioglierai fuori del foco dieci torli d’ovi freschi e, rivoltando bene, mescolerai questa purè nel brodo con l’erbe e farai tutto incorporare; dipoi prendi numero sei pagnotte, le suddividerai in tanti piccoli pezzettini a dadi, e di biondo colore li friggerai, li porrai in zuppiera, e ci verserai quel brodo.
Lesserai libbre quattro di tagliarelli, frattanto farai soffrigere once quattro d’alici salate, ben pulite e spinate, con once quattro d’ottimo oglio, facendo consumare le alici salate; sgocciolerai benissimo li tagliarelli e li rivolterai in quella salsa con del sale, e del pepe, e del petrosemolo finissimo triturato, e perché questa zuppa si presenti in zuppiera non umida, scosterai dal foco la casseruola, ma vicino al caldo della fornella, e rivoltando di tanto in tanto li scioglierai e li servirai.
Farai la pasta bugnè giusta il cap. IV. §6; e poi la proporzione la farai con tre quartini d’acqua, e dopo di averla ben maneggiata e fatigata, ci unirai once due di parmegiano grattugiato, e che sia provola o caciocavallo, siccome meglio potrà riuscirti; laddove ti trovassi in un sito ove parmegiano aver non puoi, ci porrai due once di ottimo butiro e continuerai a maneggiar bene la pasta, e per servirmi del vero termine, la sgranirai a forza di polso perché resti tutta medesimata. Qui debbo prevenire che la miscela della mozzarella potrai adattarcela in due modi, secondo più ti piacesse; cioè, o ci porrai molti pezzettini della stessa, mischiandola nella pasta, e ne formerai tante palle come quelle del bigliardo, le adatterai nelle tortiere verniciate di sugna e le farai cuocere al forno; oppure prenderai di quella pasta, la porrai nella pianta della mano sinistra spianata, e nel mezzo ci porrai dei pezzettini di mozzarella, chiuderai la pasta e formerai la palla, ovvero le pagnottine, che farai cuocere al forno; potrai cuocerle ancor 73diversamente, cioè friggendole alla padella con strutto gondolandole sempre; le farai sgocciolare sopra di carta floscia; e quindi le accomoderai nel piatto proprio con tovagliolo al di sotto.
Sgranare: l’è un termine di cucina di spianar bene la pasta, perché questa ha bisogno di faticarsi molto e tutto a forza di polso.
Prendi o un bel cefalo di rotoli tre, o non più di due, perché sarebbero molto piccoli se fossero dippiù, li sgargerai, e ne troncherai quelle due piccole ali, lo squamerai e spunterai ancora la forte criniera sul dorso della spina, l’aprirai il ventre, e lo netterai di tutto, lo laverai benissimo e lo asciugherai; dipoi lo ravvolgerai in un panno-lino, lo porrai a bollire in una pesciera con acqua, aceto, fette di limone, foglie d’alloro e del sale; quando sarà ben cotto, lo toglierai e diligentemente lo scioglierai, e lo porrai nel piatto proprio, che verrà condito con una salsa di sugo di limone, e sufficiente oglio, con del sale, del pepe e poco di petrosemolo triturato finissimo, che porrai in una salsiera propria, e così sarà servito.
Lesserai numero 24 ovi e li farai duri, li scorzerai e li dividerai per metà; frattanto farai una:
Cioè, porrai in una casseruola una caraffa e mezzo d’aceto bianco con once dodici di zucchero di cucina grascio, once quattro di mandorle scorzate e triturate, once due di cedro candito triturato, e farai bollire; quando tutto sarà entrato in consistenza, ci porrai poca polvere di garofano e cannella, pochissimo pepe, e pochi granelli di sale; se fosse ancora la detta salsa molto aspra, ci porrai un altro tantino di zucchero ed un bicchierino d’acqua, e farai bollire; ci porrai un poco di fior di farina perché ci dia una liga, e finalmente frammezzerai questa salsa con gli ovi, che accomoderai nel piatto proprio.
Grascio, l’è questo un altro significato, che si addice al zucchero, per distinguersi dal doppio raffinato, da quello che dicesi di cucina, che l’è bruno, e quello grascio, che è meno bianco del primo, ed è in certo modo più umido.
Prendi 24 piante di lattughe dette mortadelle, le netterai di tutto il cattivo fogliame e le laverai benissimo più volte perchè vada via tutta la parte arenosa; dopo che si saranno bene sgocciolate in un setaccio, le lesserai con diligenza somma, le premerai (qui, mio caro amico esecutor dilettante, mi ti raccomando di praticare tutta la pulizia possibile, giacché a questa discussione mi ci chiama l’esperienza di quel che ho veduto nelle diverse cucine e di ciò che mi si è presentato dinanzi a pranzo, e nelle tavole degli amici ed ancor nella mia, per dove poi ti assicuro, che sono stato, e lo sono sempre, inesorabile, non potendo affatto sopportare tutte le schifezze dei sciocchi..), le sgocciolerai ben bene, e le adatterai sul 74pancone riaprendole tutte; farai intanto una farsa o di parmegiano grattugiato ed ovi, o una di pesce battuto, o una con pan-gratto, olive, capperini ed alici salse, tutto triturato rammassato con ottimo oglio: questo sarà di tuo gusto o siccome forse saranno richieste; fatta dunque una di queste composizioni, ne riempirai le lattughe, le chiuderai e le legherai con filo, le adatterai in una casseruola piatta, e le farai dolcemente cuocere, cioè o con brodo di pesce, se la farsa l’è di pesce, o con oglio, se la farsa è stata di capperini, o con butiro, se le hai riempite con parmegiano ed ovi; le potrai ancora farsire con interiori di pollo in giornata di grascio ed allora ci porrai il brodo di sostanza; quando si saranno bene impregnate del sugo, e la farsa di cui le hai farsite si sarà cotta, ne toglierai il filo, l’adatterai nel piatto proprio con poco del sugo, che le avranno cotte.
Prendi rotoli quattro di vive e grosse vongole, le lesserai con acqua; ne toglierai il frutto che laverai con acqua fresca, e quindi le terrai in acqua fresca; frattanto prendi once 16 di teneri e scorzati piselli, altrettanto di freschi funghi, o se son secchi once otto, due o tre fascettini di sparagi prendendone le punte, che tutto insieme pesterai: porrai questo pesto in una casseruola che farai bollire con acqua ed once tre d’ottimo oglio, o pur di brodo di pesce; quando vedi che tutto sia cotto, toglierai dalla fornella la casseruola, cercherai sgrassare questa purè, quindi la passerai ben forte per setaccio, e l’estratto tutto lo porrai in una casseruola, facendolo sciogliere o con brodo di pesce o con pochissimo oglio ed acqua, ci porrai un pochino di fior di farina, e farai così come una liquida salsa; allora ci mescolerai le vongole perché s’incorporassero con la purè, ci porrai del sale, del pepe, ed adatterai nel piatto proprio questo entremets con guarnizioni di crostini fritti.
Prendi un rotolo di mandorle dolci, le scorzerai con acqua bollente, le triturerai minutissime, e con molta diligenza le friggerai, quanto appena prendessero un bel biondo colore; sciropperai un rotolo di zucchero fino al caramel ed in esso frettolosamente rivolgerai le tritissime mandorle, però fuori della fornella; terrai a calor di foco la casseruola perché le mandorle non s’indurissero, che ti sarebbe molto fastidio nel maneggiarle, ne prenderai di quelle una piccolissima quantità con le mani bagnate d’acqua fresca, ne formerai tanti tarallini che adatterai nel piatto proprio, col tovagliolo al disotto a forma di piramide.
Piattini di dolci, marzapani di cannella, e mirenghe.
Spellerai con acqua bollente una libbra di mandorle, le 75pesterai ben fine, bagnandole di tanto in tanto con un cucchiaio d’acqua di fior d’aranci; farai il giulebbe con once sei di zucchero al settimo punto di cottura, cioè à la grande plume, ed in esso porrai la detta pasta di mandorle, con pochissima polvere di cannella; farai restringere questa pasta sopra piccolo foco; ed allora sarà perfezionato il punto di cottura, quando toccandola con le dita più non si attacchi fra esse. Porrai questa pasta sopra fogli di carta polverizzando questi al disotto con zucchero fiorettato mischiato col terzo di fior di farina, la distenderai ben levigata non più alta di uno scudo, polverizzandola similmente al disopra; quindi la taglierai come più ti piace, in tante piccole o diverse forme che chiamansi marzapani; li farai cuocere nei ruoti al forno, a calor lento, ghiacciandoli poscia con naspro bianco. Farai le carte arricciate, e l’accomoderai nel piattino di riposto.
Prendi mezzo rotolo di zucchero, ovvero once 16, doppio raffinato, lo farai in giulebbe portandolo all’ottavo punto di cottura, cioè al grande boulet, v. cap. VII; perfezionato così il zucchero, prenderai otto chiara d’ovi, le monterai alla fiocca, e, fatto tiepidissimo il zucchero, a poco a poco ci mescolerai la detta schiuma rivoltando sempre con forza finché sarà bene elevata la pasta, e nel caso che ti sembrasse questa molto dura, non ci porrai tutta la fiocca; ci rasperai un pochino di corteccia o di cedro o di limone, ma che questi sieno freschi, oppure ci porrai delle stille d’oglio di cannella, o di rose, o di vainiglia ec. Dopo che avrai dato il senso alla pasta rivolgendola sempre bene, e sempre da un lato, altrimenti (servendomi del termine proprio) si corromperebbe, ovvero non puol portarsi più alla perfezione: preparerai dei fogli di carta distesi sul pancone, e su di essi farai cadere simmetricamente tanti cucchiai di quella dose, o dei grandi o dei piccoli, siccome più ti piaceranno le mirenghe; le farai assodare sotto al fornello. Quando saran cotte, rivolgerai con molta diligenza li fogli di carta su dell’altra per far così distaccare le mirenghe, e quindi riunendole in coppia ne formerai come tanti ovi; farai la carta arricciata come il piattino precedente.
Vedi la pratica del giorno 1° marzo.
Per questo trovo inutile la ripetizione bastando averne fatta la prima volta la descrizione giusta il cap. IX.
zuppa al brodo d’erbe.
Spinaci 3, lattuga 1, biete 1, borraggini 2, acetosa e cerfoglio 2 09
Cipolle e garofani 01 ½
Pizelli scorzati 15
76Butiro un pane 10
Pagnotte 6 12
Sugna 06Tagliarelli con le alici salse.
tagliarelli un rotolo mezzo 15
Alici salate once 4 04
Oglio once 4 05 Ordura di pagnottine brusche.
Vino bianco 01
Fior di farina 06
Ovi 6 06
Parmegiano 06
Butiro 04
Sugna un rotolo 24Lesso di cefalo.
Pesce rotoli tre 150
Aceto, e limoni 08
Oglio 12Ovi alla monachile
Ovi 24 24
Aceto 06
Zucchero 13
Mandorle o cedro 07Lattughe farsite.
Lattughe 12
Per la farsa 30
Condimento 10Entremets di vongole
Vongole rotoli 4 80
Piselli 40
Funghi 15
Oglio 04
Pagnotte due 04
Sugna 06Croccanda di mandorle.
Mandorle 36
Zucchero 36 Sale, e pepe per tutto 10
Foco per tutto 20
Pagnotte di grana due dodici, di un grano dodici 36
Vino di pasto caraffe 12 60
insalata cruda di lattuga 03
Cotta di scarola 03
Butiro pani due 20
Pagnotte per crostini 04
Alici salate once 12 12
Comacchio once 12 20
Olive, e capperoni 15
Rafanelli 02
Portogalli 12 12
Pere rotoli due 36
Castagne 06
frontignano due bottiglie 80
Neve per l’aequa gelata 10
Oglio per li piattini 07
Oglio una caraffina 12
Aceto una caraffa ottimo 04
Marzapani di cannella.
Mandorle 14
Zucchero 07
Cannella 00 ½
Acqua di fior d’arancio 06
Più zucchero 03
Fior di farina 01
Carta 02
Più zucchero 04Mirenghe.
Zucchero 18
Ovi 8 08
Cedro, o limone 03
Oglio 12
Carta 04 Gelato di portogallo.
Portogalli 10 15
Zucchero 36
Neve rotoli otto 40
Sale rotoli due 28 77 rosolio una bottiglia 40
Once quattro di ottimo caffè 09
zuccotto 15
Foco pel riposto 13Collettiva.
Cucina 632 ½
Riposto 622 ½
Totale 1255
PRATICA.
Prendi numero ventiquattro piante di ottimi broccoli, ne ricaverai il solo fiorame, col suo regolare stipite, e le tenerissime foglie che vi sono attaccate, li laverai benissimo e li scalderai a mezza cottura; prendi once otto di alici salate, le laverai con acqua, le spinerai e le porrai in una proporzionata casseruola con once 12 d’oglio, le farai soffriggere con spicchi d’aglio interi; quando le alici si sono disfatte ci porrai mezza caraffa d’acqua, e quando bollirà ne toglierai l’aglio, ci porrai li broccoli bene sgocciolati, e li farai terminar di cuocere, e così li porrai in zuppiera.
Lesserai libbre quattro di maccheroni, li farai cuocere pronti pronti, li sgocciolerai benissimo e li condirai in zuppiera frammezzandoli con once dodici di parmegiano grattugiato e due pani di butiro bollente.
Prendi dieci pagnotte di pane di grana due, le scorzerai e di ognuna ne farai quattro fette, delle quali, riunendole in coppia, ti formeranno venti crostini, e questi col coltellone li uguaglierai con qualche grazia negli estremi; dopo di ciò prendi un rotolo di ottimo e fresco palamido, lo spellerai, lo dividerai per metà, ne toglierai la spina maestra e tutte le altre, e tutto con somma diligenza, col 78coltellone a rasoio ne taglierai venti uguali fettoline, regolandoti che ciascuna di esse deve servirti per un crostino; dopo tale operazione, porrai a marinare il detto pesce con un finissimo trito di un grano di petrosemolo ed once due di piccolissimi capperini in aceto, che pria di triturarli bene laverai; adatterai le anzidette fettoline in un vaso di creta, che frammezzerai col detto trito del sale, e spezie, e finalmente del succo di limone; terrai un poco così a marinare, farai sottilmente, ma debbono essere diafane, quaranta fettoline di magro tarantello, pria benissimo dissalato, e preceduto questo apparecchio darai principio alla formazione di questi crostini come segue.
Prendi una coppia di pane, la tufferai nell’acqua fresca, ne prenderai una e la porrai sulla palma della mano sinistra; sopra di essa ci porrai una fettolina del tarantello, poscia una fettolina del pesce con un poco di quel trito premuto, quindi un’altra fettolina di tarantello, e di poi l’altra fetta di pane; combacerai con ambo le mani questo crostino, che subito bagnerai in una pastarella velatissima come da servire per le ostie, e precocemente friggerai con ottimo bollentissimo oglio; li farai sgocciolare sopra di floscia carta, e per ultimo l’accomoderai nel piatto proprio con tovagliolo al disotto. Vedrai che sono graziosissimi.
Prendi rotoli tre di palamido, ne taglierai ventiquattro fette uguali, da poter servire due per coperto (ma se ne riescono dippiù, sicuramente non anderanno queste nella mappatina del fazzoletto di colore, serbandosi come di uno di quei tali profitti ec.), porrai queste fette nei ruoti, facendoli cuocere con un finissimo trito di cipolla, petrosemolo ed oglio, rivoltandole spesso per farle ben cuocere; frattanto farai delle diverse salse, come a dire della salsa verde, della salsa ascè che ti ho fatta adoperare su degli ovi, della salsa-dolce, della salsa alla mariniera ancora eseguita nei precedenti giorni, ed ecco il significato del mosaico; tutte queste enunciate salse le accomoderai sopra di ciascheduna fetta del già cotto palamido nel piatto proprio, e sarà grazioso il vedersi questo piatto presentato in tavola con tante diverse, graziose e colorite salse.
Prendi numero 24 carciofi che in questa giornata si possono trovare delle nostre di Napoli, perché sono più tenere, diversamente prenderai quelle di Sicilia, che si distinguono dalle prime essendo la loro forma di figura lunghe, puntute e pungenti; siano quelle o queste, ne toglierai le prime foglie verdi e dure, le altre le taglierai per fino alla metà, e per le altre le troncherai nella punta; netterai tutto il grosso del loro dintorno e le dividerai per metà, togliendone forse a quelle siciliane la barba, ed a misura che le scorzi, le porrai nell’acqua fresca con sale e succo di limone perché così s’imbianchiscono; dipoi le lesserai appena, e le porrai di bel 79nuovo nell’acqua fresca; frattanto porrai in una casseruola once quattro di ottimo oglio, lo farai soffriggere con due spicchi d’aglio interi, e quindi ci porrai li carciofi con un trito di petrosemolo, un poco d’acqua, e le farai terminar di cuocere con del sale e del pepe, e li servirai con guarnizione di crostini fritti.
Prendi once sei di butiro, lo farai liquefare in una casseruola; ci porrai una cipolla trita, petrosemolo e maggiorana ancor trito, e farai soffriggere, di poi ci porrai mezza caraffa di latte, due once di pignoli brustoliti ed un poco di fior di farina, e farai alquanto bollire, lesserai 24 ovi senza corteccia, quindi sgocciolerai gli ovi, l’adatterai nel piatto proprio e ci verserai sopra la descritta salsa.
Prendi once 24 di fior di farina, once 12 di zucchero di cucina, once 12 di sugna, nove torli d’ovi freschi, impasterai, senza molto maneggiare, e farai la pasta frolla; di questa ne vestirai le diverse forme dei pasticcetti, che riempirai di un raguncino di polpettine di pesce, funghi, piselli e patelle, li coprirai con l’altra pasta; porrai le forme nei ruoti, e li farai cuocere al forno, di poi li sformerai adattandoli nel piatto proprio con tovagliolo al disotto.
Farai con due caraffe di latte la crema semplice come ti ho descritto nel suo capitolo VI, e te ne ricorderò in succinto l’idea, ci unirai un’oncia di mandorle dolci ed un’altra di pignoli, che bruscherai e triturerai con due once di candito; di poi prenderai un bicchiere di vin di Cipro, e se non ne potresti avere ti servirai della Madera, lo verserai in un altro bicchiere più grande che quest’ultimo fosse capace della quarta parte della caraffa, che terminerai d’empirlo di latte, lo mischierai nella dose già pria passata per setaccio, e così farai quella crema come tutte le altre.
Prendi numero cinque chiara d’ovi freschi, le porrai in un polsonetto, o in una scodella, le batterai col battitoio, o col fascetto di vetiche, formando la fiocca, ed allor terminerai quando si reggerà in piedi il battitoio medesimo; prendi li cinque torli d’ovi che hai conservati, aggiungendovene altri due, li batterai ancora e li unirai alla fiocca, ovvero la schiuma; prendi once sei di zucchero raffinato, ed affiorato, e diligentemente lo mescolerai con gli ovi di già battuti, come pure ci unirai ancora once sei di amido, ovvero fioretto, passato per setaccio, e farai una dose; farai quindi due cassettoni di carta da scrivere per forme che sieno giusti, in dove porrai fino alla metà di essi la composizione, li porrai in tortiera e li farai cuocere dolcemente al forno, o sotto al fornello, badando che la 80dose non dovrà riempiere li cassettoni di carta, ma bensì fino alla metà, giacché pel dippiù dovrà farlo il foco, onde venga ben gonfio; dopo che sarà cotto questo pane di spagna, ne toglierai la carta e diligentemente ne taglierai tanti giusti pezzetti che vernicerai con naspro bianco, che farai con chiara di ovi battuti alla fiocca e zucchero in giulebbe; adatterai dopo cotti questi pezzetti nasprati nel piattino proprio con carta intagliata al di sotto.
Prendi cinque torli d’ovi, li batterai in un vase di terra o in una scodella, ci mescolerai once quindici di zucchero polverizzato e ci unirai della raspatura della corteccia di cedro verde, batterai il tutto insieme finché il zucchero ben si medesimi con gli ovi, e di poi ci unirai once quindici di ottimo fior di farina e mescolerai ben bene; batterai alla fiocca le cinque chiara d’ovi, e quando saranno bene in ischiuma le mescolerai con la dose; farai de’ canaletti di carta, verniciati di caldo butiro, ed in ciascun di essi ci porrai due cucchiai di dose, li polverizzerai con zucchero e li farai cuocere a lento forno; quando saranno coloriti li toglierai dal forno e dalla carta, li adatterai sopra di un tovagliolo per farli disseccare, l’accomoderai nel piattino con carta arricciata al di sotto, e saranno ottimi per liquori e per qualunque altra bevanda.
Prendi otto freschi e grandi limoni, ne toglierai la corteccia come ad un frutto, li dividerai per metà, e con la conocchiella n’estrarrai il succo, che farai cadere in una scodella di creta, nella quale ci porrai sei bicchieri d’acqua, farai il giulebbe con un rotolo di zucchero portandolo al terzo punto di cottura, che è il piccolo perlé, e questo lo vedrai al cap. VII., ci porrai un poco di raspatura di cedro o di limone medesimo, mescolerai tutto insieme e passerai per setaccio; porrai questa dose in una sorbettiera, aggiungendoci due once di cocozzata, o due once di pere, e percoche sciroppate, che farai in pezzetti, porrai questa sorbettiera in un tinello con acqua fresca per riposarsi, e quindi neverai questo sorbetto come gli altri precedenti per ben mantecarlo, e quindi per formarne o uno schiumone o altra forma.
Farai la solita decozione di once quattro di ottimo caffè, vedi il cap. IX.
[Broccoli all’oglio.]
Broccoli 24
Alici salate 08
Oglio 12
Aglio 00 ½maccheroni con parmegiano e butiro.
maccheroni 15
Parmegiano 24
Butiro 10 81Crostini alla tedesca.
Pagnotte 10
Pesce un rotolo 40
Capperini e petrosemolo 03
Limoni e spezie 03
Fior di farina 01
Oglio 30Palamido alla mosaica.
Palamido rotoli 3 120
Oglio 04
Cipolla, e petrosemolo 02
Per tante diverse salse 40Carciofi all’oglio.
Carciofi 24 96
Oglio 07
Petrosemolo 01
Pagnotte 04
Sugna 06Ovi alla Svizzera
Ovi 24 24
Latte 03
Cipolla 01
Petrosemolo, e maggiorana 02
Pignoli 02
Fior di farina 01Pasticcetti di pesce.
Fior di farina 06
Zucchero 13
Sugna 08
Ovi 9 09
Funghi e piselli 10
Pesce per farsa 20
Condimento 06Crema alla Tedesca.
Latte 2 caraffe 12
Zucchero 27
Ovi 16 16
amido 03
Mandorle, e pignoli 05
Cocozzata 04
Vin di Cipro, o Madera 06
Più latte 01
Cannella pesta 03 Sale, e pepe per tutto 10
Foco per tutto 20
pane per 12 36
Vino di pasto 60
insalata cruda 03
Cotta di sparagi 20
Alici salate 12
Tarantello 20
Olive, e capperi 20
Peparoli e milinsane 15
Butiro 20
Pagnotte per crostini 04
Rafanelli 02
Finocchi 06
Castagne 06
Passi, fichi secchi, noci, e prugne secche 20
Portogalli 12
Mele 30
Sciampagna 2 bottiglie 280
Pel pan di spagna.
Ovi 7 07
Zucchero 07
amido 03
Zucchero per naspro ed ovi 10
Carta 02Biscotti per liquori.
Ovi 5 05
Zucchero 16
Cedro verde 10
amido 07
Butiro 02
Carta 02 Gelato di frutti.
Limoni 10
Zucchero 35
Cocozzata 08
Neve rotoli 8 40
Sale rotoli 2 28
rosolio una bottiglia 40
Caffè once 4 09
zuccotto 15
Neve per acqua gelata 10
Sale, e pepe per le saliere 08
Oglio per piattini 07
Aceto 04
82 Oglio una caraffina 12
Foco per tutto 15Collettiva.
Cucina 677 ½
Riposto 878
Totale 1555 ½
[PRATICA]
Prendi once quattro di bianchi fagioli, altrettante di ceci, di piselli secchi, di fave scorzate e di lenticchie, once due di secchi pomidoro, un grano di borraggine, un altro di petrosemolo, un altro di finocchi di montagna, ovvero così detti selvaggi, una cipolla, una carota, un sellero, una piccola rapa, una buona pastinaca, del sale, del pepe, due coriandri, due teste di garofani, una piccola stecchetta di cannella, once dodici di oglio finissimo ed uno spicchio d’aglio; porrai tutto questo ben pulito in una marmitta di rame con dieci caraffe d’acqua, su di essa ci porrai una doppia covertura di carta perché niente svaporizzi, e quindi ci porrai il coverchio proprio bene incassato; farai bollire proporzionatamente perché tutto si disfaccia: dopo due ore vedrai se il brodo sia ridotto al terzo, ed allora lo passerai per setaccio, quindi un’altra volta ancora, onde il brodo sia ben chiaro, lo conserverai in un’altra marmitta proporzionata al caldo; nel mentre che tutto bolle ti preparerai la zuppa nel modo seguente: prendi un pagnottone del giorno precedente, lo grattugerai finissimo, impasterai questo risultato con once otto di parmegiano grattugiato ed un battuto d’ovi, di una decina più o meno, non potendoti mai precisare il numero perché ci sono degli ovi più o meno grandi e per conseguenza il loro liquido non è sempre lo stesso, ci porrai del sale, poco pepe, e ne farai una farsa; di questa ne farai tante piccole polpettine e braciolettine, che farai cuocere in acqua semplice, e morbide le toglierai, le sgocciolerai, le porrai in zuppiera versandoci quel brodo bollente già fatto.
Lesserai libbre quattro di maccheroni della trafila più grande, li sgocciolerai benissimo e li frammezzerai con once dodici di parmegiano e sugo di pesce, che farai con mezzo rotolo di scorfanelli, o andragini, o cocci, infine di che meglio potrà riuscirti, meno delle alici e sarde.
Prendi due caraffe di latte; lo farai bollire, in esso ci farai cuocere mezzo rotolo di ben pulito e lavato riso, ed asciugato ancora, lo rivolterai spessissimo giacché l’è più soggetto ad attaccarsi al fondo della casseruola, e quando sarà appena entrato in cottura, ci mescolerai dodici soli torli d’ovi crudi ed once quattro di provola grattugiata, rivolterai tutto bene e farai un pavimento sul pancone di pan gratto finissimo; su di esso farai cadere con un cucchiaio da tavola di quella dose, negligentemente come se fossero tante pignolate, le polverizzerai di pan gratto ancora, e così le friggerai con strutto; potresti ancora diversamente formarle, cioè dando loro una figura regolare p.e. dopo che ne hai fatte tante simili porzioni, col cozzo di un coltello ci farai tante linee per lungo, come se fossero tante metà di picciolissimi cocomeri, come quelli che si smerciano al cantone Maddaloni per odore.
Prendi rotoli quattro di due ottimi merluzzi, che sgargerai, squamerai e ne spunterai un poco la coda, e ne toglierai intieramente le piccole ali, e col coltellone spunterai ancor le punte sul dorso, li laverai benissimo e li porrai in una pesciera con acqua, una caraffa d’aceto, due limoni fettati, poche foglie d’alloro, e due cimette di rosmarino e due once di sale, e così li farai dolcemente bollire; cotti bene, li rimarrai in quel medesimo brodo al caldo, per toglierli al momento di servirli, con foglie di petrosemolo all’intorno del piatto proprio, con salsa d’oglio e limone che separatamente presenterai in una salsiera.
Farai un battuto di numero venti ovi, dipoi prendi la padella più grande, e, ben pulita, ci porrai un pochino di sugna per volta, che farai liquefare sulla fornella facendo che si verniciasse tutto il fondo e, quando principierà a fumare, col coppino prenderai di quel battuto d’ovi e lo verserai girando girando per la padella in modo da covrire tutto il fondo, formandone una velata frittata; girerai la padella sulla fornella perché la cottura dell’ovo succeda uguale, quindi con la punta del coltellone staccherai dolcemente all’intorno quella frittatina e voltando la padella sotto sopra con un colpo di mano la farai cadere sul pancone, che l’accomoderai, 84e così farai di tutto il battuto. Di queste frittatine ne farai tante strisce, per formarne delle braciolette che riempirai di ricotta, poco zucchero e provola grattugiata: le rivolgerai, e poscia le adatterai in una tortiera con uno strato di provola grattugiata e zucchero, e frammezzate della stessa maniera ci farai fare il brulè sotto al fornello, e quando si saranno ben fermate, con somma dilicatezza le toglierai dalla tortiera e l’accomoderai nel piatto proprio.
Prendi un rotolo delle piccole cipollette, bada che queste debbono essere perfettamente bianche, e sono di loro natura così piccole, le netterai del loro cattivo, e le lesserai appena, le sgocciolerai e le vuoterai diligentemente col cava-frutto; farai una composizione di pane spungato nel latte, e premuto, con parmegiano grattugiato, torli d’ovi duri, e pesterai tutto finissimo, ci unirai del petrosemolo ben triturato, una grazia di zucchero, del sale, del pepe, ed affinerai bene questa composizione con dei torli d’ovi crudi; di questa ne riempirai le cipollette, le passerai nel fior di farina e nel battuto d’ovi, e poi le friggerai con sugna; le accomoderai nel piatto con una salsa piccante, facendo un trito finissimo di capperini, cetrioli e peparoli in aceto, farai questo trito cuocere con acqua semplice, e quando sarà ben cotto ci porrai tre once di butiro, farai tutto incorporare, e quindi verserai questa salsa sopra le cipollette.
Prendi rotoli tre di freschi calamari, ma che non sieno di quelli grandi ma mezzani, ne toglierai diligentemente la spada, gli artigli, ed il fiele, li laverai più volte e li farai sgocciolare; prendi del pan gratto, dell’origano polverizzato, pochi capperini, olive, del petrosemolo, once sei d’alici salse spinate, e tutto triturato, del sale e del pepe, e così impasterai con ottimo oglio questa composizione, della quale ne riempirai li calamari, ed alla bocca, per farci ritenere l’imbottitura, ci porrai delle stecchette o de’ palicchi, o de’ steli di origano; prendi una buona cipolla, la triturerai finissima, la farai soffriggere in una proporzionata casseruola con oglio, assieme con gli artigli dei calamari che triturerai ancora, e così farai un brodetto con del sale e del pepe, ed in esso ci farai cuocere li calamari anzidetti e così li servirai.
Prendi mezzo rotolo di zucchero bianco, lo farai in giulebbe, quasi ad una caramella, e lo farai raffreddare, frattanto batterai otto chiara d’ovi, ma che sia la schiuma ben forte; la mescolerai col giulebbe, però farai che un’altra persona versi quel giulebbe nella schiuma, facendovelo cadere filando; batterai col battitore o col fascetto di vetiche questa composizione, alla quale ci unirai 85once quattro di ottima cioccolata ridotta in minutissimi pezzettini, mezz’oncia d’anisi, ben scelti, mezza libbra di cocozzata triturata ed una piccola raspatura di limone; mescolerai tutto benissimo. Prendi de’ fogli di carta, e su di essi, con un cucchiaio, verserai di quella composizione ed in diversi punti uguali l’adatterai; li farai cuocere ad un forno temperato; e cotti, li staccherai diligentemente dalla carta, accomodandoli nel piatto proprio con tovagliolo al disotto.
Accomoderai in due insalatiere le insalate cruda e cotta, e quest’ultima giusta la minuta sarà di scarola, alle cui piante ne toglierai tutte le foglie cattive, le spunterai, le laverai più volte e le lesserai, quindi le sgocciolerai ed in un panno lino dolcemente le premerai, le dividerai in quarto, e così l’adatterai nella insalatiera con li stipiti nel mezzo; farai due piattini d’alici salate, pria lavate, spinate; due altri d’olive e di capperini, due d’ovo di tonno, che fetterai sottilmente togliendone pria quella veste salsa che lo ricovre, due di butiro e due di crostini, due di rafanelli, due di frutti secchi, due di finocchi. due di portogalli, due di mele e due di castagne arrosto, che porrai in mezzo a due tovaglioli; servirai il pranzo con due bottiglie di malaga, due piattini di dolci, cioè biscotti ordinari e pastiglie di cannella, il sorbetto di caffè bianco, rosolio, e finalmente la solita bevanda di caffè. Vedi cap. IX.
Prendi quattro ovi, dividerai le chiara dai torli, batterai per mezz’ora li rossi in un vaso con una libbra di zucchero fiorettato e con una corteccia di cedro verde finissimo triturata; di poi batterai alla fiocca le chiara, che sia bene elevata la schiuma, ed allora l’unirai con li rossi già battuti come sopra, ci unirai ancora mezza libbra di ottimo fior di farina a poco a poco per volta, volgendo bene il tutto; terrai pronte o delle formette di latta, o in vece lo farai di carta forte, le vernicerai di butiro, ed in esse ci porrai più della metà della composizione, dir voglio più della metà che non le riempirai intere, le polverizzerai di zucchero, facendo cuocere le formette ne’ ruoti per mezz’ora ad un forno temperato; quando saranno coloriti e quasi raffreddati li toglierai dalle forme, e con carta arricciata l’accomoderai nel piattino.
Farai fondere un’oncia di gomma adragante con un poco d’acqua, quando sarà fusa la passerai per la tela, porrai quest’acqua gommata in un mortaio, con un buon cucchiarino da caffè di cannella pesta, e passata per setaccio fino, ed una libbra di zucchero fine fiorettato, che porrai a poco a poco nel mortaio pestando questa pasta, riducendola maneggiabile; toglierai dal mortaio detta pasta, e ne formerai tante pastiglie di diverso disegno secondo il proprio gusto, e le farai seccare nel lento forno.
Farai il giulebbe con un rotolo e mezzo di zucchero al terzo punto di cottura, cioè al piccolo perlé come vedrai al suo cap. VII, e dopo che lo avrai bene schiumato lo porrai in una sorbettiera con quattro bicchieri d’acqua, e lo farai rassettare in un tinello con acqua fresca al di fuori; prendi mezzo rotolo di ottimo caffè, lo bruscherai color castagno e bollentissimo lo tufferai nella sorbettiera col raffreddato giulebbe, chiuderai ben presto la sorbettiera ponendoci al disopra un coverchio di carta e quindi il proprio facendoci raffreddare il caffè, perché così darà tutto il senso, lo passerai per setaccio e farai il sorbetto come gli altri precedenti. Farai servire la bottiglia di rosolio di quel senso che più ti piacerà, e finalmente, facendo la solita decozione di once quattro di caffè, ne appresterai la consueta bevanda.
zuppa alla scuba.
Fagioli 01
Piselli, e fave 04
Lenticchie 02
Pomidoro 04
Borraggine, petrosemolo, finocchi, cipolla, rapa, pastinaca, sellero e carota 08
Aromi 02
Oglio once 9 12
Pagnottone 08
Parmegiano 20
Ovi numero 10 10
Carta 02Maccheroni con sugo di pesce.
tagliarelli un rotolo e mezzo 15
Parmegiano once 12 25
Pesce, e condimento 30Ordura.
Riso 07
Latte 12
Pagnotte 3 06
Ovi 12 12
provola 04
Sugna un rotolo 24Lesso di merluzzo.
Pesce rotoli 4 160
Aceto e sale 04
Limone ed altro 08
Oglio 12Anemole.
Ovi 20 20
provola 24
Ricotta 12
Zucchero once 5 e mezzo 06Cipollette alla veneziana.
Cipollette 10
Latte 06
Pagnotte tre 06
Ovi duri 8 08
Parmegiano 13
Petrosemolo 01
Zucchero 03
Più ovi 10 10
Fior di farina once 16 04
Sugna 24Calamari farsiti.
Pesce rotoli tre 120
Pan-gratto, e butiro 08
Capperi, ed origano 04 ½
Alici salate once 6 06
Oglio 20
Cipolla 01Foco per tutto 20
Sale e pepe per tutto 10
Pagnotte di grana 2 dodici, di un grano dodici 36
87 Vino di pasto caraffe dodici 60
insalata cotta, e cruda, di lattuga 03
Di cavolfiore 04
Alici salate once 12 12
Ovi di tonno once otto 23
Butiro pani due 20
pane per i crostini pagnotte due 04
Rafanelli 03
Frutti secchi come il giorno preced. 20
Finocchi 06
Portogalli numero dodici 12
Mela rotoli due 16
Castagne una misura 06
Biscottini ordinari.
Ovi 4 04
Zucchero 13
Cedro verde 05
Fior di farina 02
Più zucchero 06
Butiro 04
Carta 05Pastiglie.
Gomma adragante 15
Cannella 06
Zucchero 13Sorbetto di caffè bianco.
Zucchero 54
Caffè 36
Neve rotoli 8 40
Sale rotoli due 28Malaga due bottiglie 80
Oglio per li piattini 07
Oglio una caraffina 12
Aceto una caraffa 04
Sale per le saliere, e pepe 08
rosolio una bottiglia 40
Caffè once 4 09
zuccotto 15
Neve per l’acqua gelata rotoli due 10
Foco per il riposto 15Collettiva.
Cucina 728 ½
Riposto 658
Totale 1386 ½
PRATICA.
Prendi libbre due di mandorle dolci, le porrai in una casseruola con acqua e le farai quasi bollire, le spellerai, e subito le tufferai nell’acqua fresca; le pesterai ben fine nel mortaio, riponendoci di 88tanto in tanto un cucchiaio d’acqua perché non si convertano in oglio; porrai questo pesto in una casseruola con tre caraffe d’acqua, once quattro di zucchero, un pochino di sale, della cannella contusa ed once due di cedro candito triturato; farai bollire per un terzo d’ora: passerai questo brodo per un panno-lino, che premerai molto; conserverai questo brodo al caldo, e frattanto farai delle fettoline di pane bruscato da sei pagnotte, le aggiusterai in zuppiera, e poscia ci verserai quel brodo, polverizzando la zuppa con zucchero e cannella.
Lesserai libbre quattro di vermicelli (ti raccomando che sieno pronti), li sgocciolerai benissimo e li frammezzerai in zuppiera con parmegiano grattugiato e butiro.
Prendi un rotolo e mezzo di pomi di terra, ovvero patate, le lesserai, le spellerai e le pesterai finissimo, togliendone quei nocciuoli; ci porrai once otto di parmegiano, caciocavallo o provola grattugiata, del sale, del pepe e tre pagnotte di pane spungato nel latte, rammasserai questa composizione col battuto d’ovi, la passerai per setaccio; ne farai tanti piccoli tortanetti, li passerai nel fior di farina, quindi nel battuto d’ovi e poscia pel pan-gratto, e li friggerai di biondo colore, li farai sgocciolare del grascio sopra di carta floscia, e l’accomoderai nel piatto proprio con tovagliolo al disotto.
Prendi rotoli tre di pesce palombo, lo decorticherai e ne farai delle fette sottili, le porrai in una casseruola piatta, situandole che una fetta non vada sopra dell’altra, ci porrai un pezzo di butiro, del sale, del pepe, e le farai cuocere a lento foco; e quando son cotte da una parte, le rivolgerai dall’altra: in un quarto d’ora saran cotte; le toglierai da quella casseruola, ed in essa porrai un poco di fior di farina unita con altro poco di butiro, pochissimo trito di cipolla, e petrosemolo; farai soffriggere bagnando con due bicchieri di ottimo vino rosso; farai bollire per un quarto d’ora, unendoci ancora due once di capperini triti; ci porrai le fette di pesce per farle incorporare in questa salsa, le accomoderai nel piatto proprio versandoci la salsa.
Porrai in una casseruola once sei di butiro, mezzo rotolo di buoni funghi secchi, ma rammollati nell’acqua e bene puliti, li taglierai in filettini, prendi due cipolle, ed ancora le taglierai in fili, e farai soffriggere; e quando le cipolle principiano a colorirsi ci porrai un pochino di fior di farina e due bicchieri di vino bianco: farai bollire, riducendo il tutto in una salsa consistente: farai 24 89ovi duri, li scorzerai, e diligentemente ne toglierai in due metà le chiara, facendo rimaner sano il torlo; le chiara le taglierai in fili e li porrai nella salsa rivolgendola bene; verserai questa salsa nel piatto proprio, e sopra di esso simetricamente porrai li torli d’ovi duri con guarnizione di crostini fritti.
Prendi rotoli due di ottimo baccalà spungato, lo lesserai, lo spellerai, e lo spinerai riducendolo a scaglie, cioè siccome sono le sue foglie; prendi quattro buone carote, due rape, le scorzerai, le fetterai, e le farai a filettini, le lesserai con acqua, ma a piccola cottura, le sgocciolerai da quella e le porrai in una casseruola, con once sei di butiro; farai terminar di cuocere le radici bagnandole con acqua bollente, ci porrai del sale e degli aromi, e quindi ci farai incorporare il baccalà e così lo servirai.
Prendi carlini sei di sparagi, ti servirai delle tenere punte lunghe un dito e più, li lesserai e li ritirerai in acqua fresca, quindi li sgocciolerai, dipoi li farai a mazzettini, li ravvolgerai nel fior di farina e poi nel battuto d’ovi, li friggerai di bel biondo colore, lo accomoderai in tortiera con parmegiano grattugiato e butiro liquefatto, e li porrai sulla fornella col fornello al di sopra; e fatto il brulè diligentemente li toglierai dal ruoto, e l’aggiusterai nel piatto proprio.
Farai la pasta frolla con libbre due di fior di farina, vedi il cap. IV. §1., levigherai della metà della pasta una tela non più spessa di uno scudo, la porrai in una tortiera, ci porrai ben distese libbre tre della conserva d’amarene, ci porrai l’altra pasta, ci farai un bordo regolare e la farai cuocere, o al forno o sotto al fornello, badando che non si bruci, la scivolerai nel piatto proprio e la polverizzerai con zucchero.
Trovo inutile ripetere quotidianamente l’apparecchio del Riposto, giacché parlando con dilettanti di Gastronomia, per conseguenza persone istituite, non già di quelle materiali, che troppo ci vuole per farsi intendere, mi tratterrò soltanto al magistero dei piattini de’ dolci e la composizione del sorbetto, dappoiché bastantemente ho parlato per questi piattini.
Prendi dieci ovi, mettendo i rossi di cinque in una terrina con del fiore di melarancio e della scorza di cedrone verde, il tutto ben triturato; batterai il tutto insieme con dieci once di zucchero fiorettato, finché il zucchero sia bene incorporato con gli ovi, ed 90alquanto liquido, indi batterai i restanti ovi, e quando saranno bene in ischiuma, li miscerai con il zucchero aggiungendovi sei once di fior di farina a poco per volta, volgendo bene il tutto acciò si unisca insieme; aggiusterai poscia la pasta nelle formette di latta o fatte espressamente di carta, forte bene unte di butiro, coprendole di zucchero, e le farai cuocere ad un forno lento.
Prendi sei ovi dividendo i rossi dalle chiara, porrai con li rossi un’oncia e mezzo di ottimo cioccolatto, e sei once di zucchero fiorettato, batterai il tutto insieme più di un quarto d’ora, dipoi ci unirai le chiara, ma pria montate alla fiocca; quando saranno bene incorporati, metterai a poco a poco, sempre mescolando, sei once di fior di farina, indi aggiusterai come quelli al cucchiaio sopra della carta, oppure in piccole forme di carta unta di butiro, coprendoli di zucchero, facendoli come li precedenti a lento forno.
Farai il giulebbe con un rotolo e quarto di zucchero, portandolo al terzo punto di cottura, cioè al piccolo perlé, vedi il cap. VII. §3; dipoi prendi numero venti bombò col senso di rose, li polverizzerai e li scioglierai con un poco d’acqua bollente quanto basti, e quando questa polvere si sarà ben disciolta la mischierai col giulebbe, aggiungendoci quattro buoni bicchieri d’acqua; e rivolgendo bene tutto, gusterai come sia di senso, potendoci aggiungere degli altri bombò oppure delle stille d’oglio di rose; passerai tutto per setaccio e lo porrai in una sorbettiera in fresco, per quindi fare il sorbetto come gli altri precedenti. Farai in ultimo la solita decozione di caffè giusta il cap. IX.
91PRATICA.
Prendi rotoli tre di zucca, ovvero la così detta cocozza di Spagna, ne toglierai la corteccia e la parte vicina alla semenza, la taglierai in pezzettini e la porrai in una marmitta di rame a bollire con acqua a sufficienza, facendola bollire per due ore, finché si riduca in gelatina; ci porrai un pane di butiro ed un poco di sale e farai continuare a bollire per altro poco; dipoi farai bollire separatamente due caraffe di latte mettendoci once quattro di zucchero; unirai il latte nella zucca e passerai per setaccio; laddove fosse in certo modo denso, terrai pronto dell’altro latte, e ce lo porrai ancora; farai di bel nuovo tutto incorporare al foco, ma non facendo bollire; farai da sei pagnotte piccolissimi bruscati crostini, che porrai in zuppiera versandoci al disopra quel brodo.
Lesserai, pronti pronti, libbre quattro di vermicelli, li sgocciolerai e frattanto farai soffriggere in una casseruola once sei d’oglio ottimo, con due spicchi d’aglio, ma interi, ed once sei d’alici salate, lavate e spinate; le farai distruggere nell’oglio, ne toglierai l’aglio, e quindi ci rivolterai li vermicelli, con del sale e del pepe; e fuori della fornella li rivolterai benissimo, perché così si prosciugheranno.
Prendi 24 pagnottine quelle di un grano l’una, ne toglierai tutta la corteccia con la grattugia, dipoi diligentemente le vuoterai tutte della loro mollica, lasciandoci il pezzettino di sopra per otturarle; frattanto farai un raguncino con polpettine di pesce, pochi piselli, funghi e pezzettini di tartufo, ci porrai un poco di fior di farina per farci un tantino di colletta, ne riempirai le pagnottine, dipoi le tufferai nell’acqua appena, le passerai pel fior di farina e pel battuto d’ovi, e poscia le friggerai di bel biondo colore e per ultimo l'accomoderai nel piatto proprio con tovagliolo al disotto.
Lesserai rotoli due di ottimo baccalà spungato, ma quanto lo potrai spinare e nettare della cute, dipoi lo farai soffriggere, o con strutto o con oglio o con butiro, ci porrai un trito di petrosemolo, menta romana e maggiorana, del sale e del pepe, girandolo sempre, bagnandolo di tanto in tanto con acqua bollente, ma in poca quantità, e quando sarà cotto, ci mescolerai dodici torli d’ovi battuti, un poco di fior di farina; farai incorporare e quindi ci porrai del succo di limone, non mollo, e così lo servirai.
Prendi numero 24 ovi, li porrai in una casseruola con acqua con tutte le cortecce, ma quando bolle; li farai bollire per giusto cinque minuti, dipoi subito li porrai nell’acqua fresca, e diligentissimamente li scorzerai, perché così facendo il bianco rimarrà intero ed i torli saranno molli; farai intanto la salsa piccante, triturando ben fine due cipolle che farai soffriggere con strutto, quindi ci porrai dell’altro trito finissimo di quattro peparoli in aceto, due citrioli ed once quattro di capperi, poco petrosemolo, e farai tutto cuocere con acqua; ci porrai del sale e del pepe, un pochino di fior di farina, e fatta così questa salsa la porrai nel piatto proprio, aggiustandoci simmetricamente gli ovi.
Prendi 24 selleri, ne toglierai tutto il fogliame cattivo e li taglierai cinque dita di lunghezza; dovendoti servire dalla parte di sotto, cioè del torzulo, li dividerai per metà, li laverai e li lesserai con sale, li porrai in acqua fresca, li rilaverai, e dolcemente li premerai, li farinerai, li passerai pel battuto d’ovi, e li friggerai; dipoi l’accomoderai in una tortiera frammezzandoli con parmegiano grattugiato e butiro liquefatto, facendoli incrostare al forno o sotto al fornello; fatto il brulè, con somma diligenza li toglierai dal ruoto e l’accomoderai nel piatto proprio per servirli.
Prendi un bel fresco dentice che sia almeno di rotoli tre, lo sgargerai, l’aprirai il ventre e lo laverai più volte, lo sgocciolerai, e poi lo bagnerai tutto con ottimo oglio; farai roventare la graticola e lo farai arrosto, bagnandolo sempre con oglio ed acqua con sale; quando sarà ben cotto, lo porrai nel piatto con trito di lattuga, scarola al disotto.
Porrai in una casseruola dodici torli d’ovi, ci scioglierai due cucchiai di fior di farina, di poi ci porrai due caraffe di latte ed una di fior di latte; passerai per setaccio questa composizione; la riporrai in casseruola con una stecchetta di cannella e due cortecce di limone fresco; la porrai sulla fornella per stringerla, girando sempre con la mescola, ne toglierai la cannella e limone e la porrai nel piatto proprio per farla raffreddare. Nel momento di servirla, la polverizzerai ben bene di zucchero fino, potendoci far fare il brulé in due modi, o passandoci una pala rovente o sotto al fornello, e così la servirai.
La pratica del Riposto e Desserts è come le altre antecedenti, parlerò solo dei piattini di dolci, e del Gelato.
93Farai due piattini di dolci, cioè uno Biscottini à la Saint-Cloud, ed un altro Tourons.
Prendi due once di farina di riso passata alla stamigna, la porrai in un vaso di creta con mezza libbra di zucchero fino, quattro rossi d’ovi e due o tre buone cortecce di cedrone verde tagliato ben fino, batterai tutto assieme per un quarto d’ora, dipoi ci unirai otto chiara d’ovi battuti alla fiocca e farai una pasta; farai delle formette di carta, bene unte di butiro, in dove porrai la dose, e li farai cuocere lentamente nel forno; quando saranno ben coloriti, li toglierai dalle forme ancor caldi, e l’aggiusterai nel piattino con carta arricciata al disotto.
Prendi sei once di mandorle, le scorzerai con acqua bollente, le triturerai in piccolissime fettoline, le porrai in una casseruola piatta con la corteccia di un cedro verde grattugiato, e sopra il calorico di pochissimo foco rivolterai sempre per farle disseccare; quando saranno ben disseccate, le toglierai dal foco e le farai raffreddare, indi le mescerai con tre chiara d’ovi battute alla fiocca, ci mescolerai ancora quattr'once di zucchero fiorettato, e farai come una pasta molle maneggiabile; ne farai tante piccole palle perfettamente rotonde, oppure de’ piccoli torroncini o bacchettini: porrai sopra de’ fogli di carta, polverizzandoli con zucchero, e farai disseccare a forno lentissimo.
Questo lo farai similmente come quello di rose del giorno precedente; servirai con una bottiglia di rosolio a tuo piacere, e finalmente con la grata bevanda del solito caffè, vedi il Cap. IX.
94PRATICA.
Prendi mezzo rotolo di cannolicchi, altrettanto di vongole, un rotolo di grosse tonninole, mezzo rotolo di patelle, laverai tutto benissimo più volte e l’ultima volta li laverai con acqua calda perché possa uscirne tutta l’arena; dipoi porrai tutti questi crostacei in una casseruola con quattro caraffe d’acqua, e farai bollire, onde tutti li frutti di mare si stacchino dalle loro cortecce; passerai tutto per setaccio conservando del brodo, il quale ha già dato il suo senso; toglierai le cortecce, e li frutti di mare li laverai e quindi li terrai nell’acqua fresca, ripasserai bel brodo per altro setaccio più stretto, e lo porrai in una marmitta, con grana due di selleri, grano uno di pastinache, un grano di petrosemolo e cerfoglio, tutte queste erbe ben pulite, lavate e grossolanamente triturate, una cipolla intera, una stecchetta di cannella, quattro teste di garofani, e due altre caraffe d’acqua, once nove di oglio perfettissimo e del sale; farai tutto scuocere, e quindi passerai per setaccio; riporrai questo brodo in una casseruola e batterai due chiara d’ovi alla fiocca, ed un poco alla volta lo porrai nella casseruola spumando il brodo per chiarirlo sulla fornella a lento fuoco; quando sarà chiarito lo conserverai unendoci tutti quei frutti di mare; farai dei dadini di pane fritto da sei pagnotte, li porrai in zuppiera, e ci verserai quel brodo bollente.
Lesserai libbre quattro di maccheroni, li sgocciolerai benissimo e li frammezzerai in zuppiera con once dodici di parmegiano grattugiato e due pani di butiro bollente.
Prendi tre quarti di ottimo riso, lo netterai di tutto, lo laverai e lo sgocciolerai; farai bollire in una casseruola tre caraffe d’acqua, once quattro di butiro, del sale e del pepe, e quando bolle ci farai cuocere il riso, badando che non deve essere scotto; se ritenesse ancora molto brodo ne toglierai un poco; dipoi grattugerai once otto di provola, e, togliendo dalla fornella la casseruola, ci mescolerai benissimo la provola, ci porrai il battuto di dieci ovi, cioè sei interi con le chiara e quattro rossi, e con mescola di legno tutto medesimerai, rimettendo per poco sulla fornella perché entri in cottura l’ovo; toglierai quindi questo riso dalla casseruola facendolo alquanto raffreddare da potersi maneggiare, facendone o delle piccole pagnottine, o delle braciolette, o delle forme come una pera, farai come più ti aggrada, li farinerai e poscia ravvolgerai nel battuto d’ovi e poi pel pangratto, e finalmente li friggerai di bel biondo colore, li farai sgocciolare del grascio sopra di carta floscia, e da ultimo l’accomoderai nel piatto proprio con tovagliolo al disotto.
Prendi rotoli quattro di ragoste: queste dovrebbero essere quelle non più di un rotolo, non meno di tre quarti, perché più grandi son troppo mastine, più piccole saranno grandi gamberoni; che sieno vive però; le lesserai, e dopo raffreddate si possono servire in due maniere: o divise per metà, togliendone quel filo che sembra come un tendine ed apparecchiate così nel piatto, oppure togliendone diligentemente dalle code la polpa e ricavando da tutti gli artigli il frutto, adattarlo sotto al piatto, situandoci disopra tutte le mezze code con del petrosemolo trito, e con le salsiere proprie far servire la salsa di succo di limone ed oglio condita con sale e pepe.
Prendi 24 ovi, li lesserai duri, e dopo raffreddati in acqua fresca, li scorzerai e li dividerai per metà, ne toglierai li rossi, e li pesterai con once quattro di butiro, altrettanto di ricotta fresca, ed once quattro di parmegiano grattugiato, poco sale e pepe; porrai questa farsa in una casseruola con otto torli d’ovi freschi ed una sola chiara, mescolerai tutto facendo stringere sulla fornella un poco la farsa anzidetta; della stessa ne riempirai le mezze chiara d’ovi dure, e di quella che dovrà rimanerci, la distenderai nel fondo del piatto, con simmetria, ci accomoderai di sopra gli ovi già ripieni. Prendi una casseruola, ci porrai un quartino di fior di latte, o latte semplice, due once di butiro maneggiato con alquanto fior di farina, poco sale e pepe, e farai un pochino bollire; dipoi diligentemente vernicerai con questa salsa tutti gli ovi situati nel piatto polverizzando tutto di parmegiano grattugiato, porrai il piatto nel forno, o sotto ad un lento fornello o sopra fornella con cenere calda, che appena avrà preso colore, li servirai.
Prendi due dozzine d’aringhe, ne toglierai la testa e la coda, lasciandole dissalare per ore quattro nell’acqua fresca e due ore in due caraffe di latte; le asciugherai e le porrai in un vaso, ricoprendole di butiro caldo, una foglia di lauro, un pochino di polvere di basilico, e quattro rossi d’ovi battuti, e del pepe; di poi le ingranirai di pan-gratto, e lentamente le farai arrostite sulla graticola, le aggiusterai nel piatto proprio con sotto un poco di salsa verde che farai così. Prendi grana due di menta e petrosemolo, netterai benissimo queste erbe, le pesterai. e di poi ci unirai la mollica di una pagnotta inzuppata nell’aceto e pesterai ancora, la passerai per setaccio, ci porrai un pochino di pepe, altrettanto di zucchero, quanto ci dia una grazia, un altro poco d’aceto, che appena sia molle, e sarà un ottimo piatto per la circostanza quaresimale.
Prendi un rotolo e mezzo di teneri scorzati piselli, li lesserai e 96quindi li rivolgerai nel butiro, li farai incorporare con poco sale e pepe, e li servirai con guarnizione di crostini fritti.
Prendi due libbre di fior di farina, due libbre di butiro, sedici rossi d’ovi, otto chiara pria battuti alla fiocca, sedici once di zucchero fino, due once di scorzetta candita trita fina, impasterai tutto bene; porrai questa pasta nelle stampe o nelle piccole forme, le farai cuocere al forno, di poi li sformerai, li porrai nel piatto con salvietta al disotto, polverizzandoli di zucchero.
Scorzerai once tre di mandorle dolci e le porrai nell’acqua fresca, come pure once tre di scorzate nocciuole, ovvero le così dette nocelle seu antrite, e dopo di averle bene sgocciolate ed asciugate, metà le triturerai ben fine, e l’altra metà in fette; farai il giulebbe di una libbra di zucchero à la grande plume, vedi al suo cap. VII. della cottura di zucchero, porrai nel giulebbe le mandorle e le nocciuole con poco cedro triturato, mescolerai tutto insieme fuori del foco, e quando sarà tutto bene mischiato, ci unirai una chiara d’ovo montata alla fiocca, farai che tutto sia bene incorporato, dipoi distenderai questa pasta sopra un foglio di carta, e quando si sarà raffreddata la taglierai nel modo che più ti piace.
Scorzerai con acqua bollente once tre di pistacchi, li sgocciolerai e li asciugherai, quindi li pesterai con un’oncia e mezzo di cedro candito ed un poco di raspatura di cedro verde, e di tanto in tanto bagnerai con un poco di chiaro d’ovo battuto; dopo che avrai pestata ben fina questa pasta, la porrai in un vaso di creta, ci porrai once quattro di zucchero fiorettato, due torli d’ovi, e batterai tutto insieme con mescola di legno, finché sia tutto incorporato; dipoi ci unirai sei chiara d’ovi battute alla fiocca ed un cucchiaio da caffè di farina, e continuerai a mescolare. Se hai delle formette lunghe di latta, per combinare questi biscottini li riempirai della pasta, diversamente li porrai sopra di fogli di carta bianca polverizzati di zucchero al disotto, e li farai cuocere ad un forno molto lento.
Farai il gelato d’anisi, e siccome ci sono ancora di questi li bombò farai il magistero per questo gelato come quello del giorno precedente.
Per la bevanda del caffè farai come le altre giusta il cap. IX.
PRATICA.
Prendi una dozzina di finocchi di campagna, ovvero quelli selvatici, ne prenderai il migliore, li laverai e li lesserai appena, e li porrai in acqua fresca, dipoi li legherai a mazzettini e li premerai; porrai in una casseruola once tre d’ottimo oglio, una cipolla, un grano di petrosemolo, tutto ben trito, e farai soffriggere; prendi quattro alici salse ben pulite e spinate, le pesterai nel mortaio e le renderai morbide con un poco d’acqua, le passerai nel setaccio, e questo estratto lo porrai ancora nel suffritto; ci unirai ancora li finocchietti e li girerai pel fuoco, bagnerai la casseruola con brodo di pesce che farai separatamente (come vedi al cap. V. §2.); quando si sarà tutto incorporato farai delle fettoline di pane bruscato, le porrai in zuppiera, ci verserai li finocchietti sciolti e quel sugo, e quindi ci porrai dell’altro brodo di pesce che vi bisognerà.
Lesserai pronti pronti un rotolo e mezzo di vermicelli, li frammezzerai con parmegiano e brodo di pesce, che dovendo fare il brodo per la zuppa ne farai un altro poco di sugo per li vermicelli.
Prendi grana sei di spinaci, grana venti di sparagi, mezzo rotolo di teneri e scorzati piselli; lesserai tutte queste erbe, le sgocciolerai e le pesterai ben fine, ci pesterai ancora la mollica di due pagnotte spungate nel latte, e premute; ci unirai once otto di parmegiano grattugiato, o caciocavallo, o provola, ed una decina di 98torli d’ovi duri; ci porrai del sale e del pepe, passerai ben forte questa dose per setaccio e, laddove ti sembrasse alquanto dura, ci porrai qualche torlo d’ovo fresco e la renderai morbida: ne farai tante braciolette che appellansi anemole, le passerai nel fior di farina, dipoi nel battuto d’ovi, e quindi le ingranirai col pan-gratto; ed a color d’oro le friggerai; le aggiusterai nel piatto proprio con tovagliolo al disotto.
Prendi trenta grossi gamberi, li lesserai, ne toglierai le code conservandone il frutto, tutto ciò che rimane lo pesterai e lo farai bollire in una casseruola con una caraffa d’acqua ed once quattro di butiro; passerai questo brodo per setaccio, che farai restringere per metà, e lo addenserai con un pochino di fior di farina: frattanto farai 24 ovi duri, cioè li porrai in una casseruola quando bolle l’acqua, li terrai precisamente cinque minuti, perché questo preciso tempo è sufficiente per indurire il bianco e rimanere il torlo molle; li ritirerai nell’acqua fresca e diligentemente li scorzerai facendoli figurare sani, l’accomoderai nel piatto proprio, ci verserai quel culì addensato, ed al disopra, simmetricamente, ci porrai le conservate code de’ gamberi, con guarnizione di crostini fritti.
Prendi il pezzo migliore della zucca, lo scorzerai e ne formerai quattro pezzi lunghi quadrati, e questi poi li fetterai un poco più spessi di uno scudo, ma che figuri un quadrello, come quei picciolissimi mattoni che si adoperano nei pavimenti; lesserai tutti questi quadrellini con sale, li sgocciolerai e li riporrai in una casseruola, facendoli soffriggere con butiro, sale e spezie, dipoi l’accomoderai in piatto con parmegiano grattugiato e butiro liquefatto, potrai frammezzarci ancora delle sottilissime fettoline di mozzarella; porrai il piatto sopra della fornella con sola cenere calda e disopra il fornello, perché s’incorpori e succeda pianin pianino il brulè, e così servirai.
Prendi rotoli quattro di seppie, non più di quattro a rotolo, ne toglierai quell’osso spungoso, il fiele, che è il nero, gli occhi e la bocca, le laverai immense volte, le taglierai a filetti e le asciugherai; dipoi triturerai due cipolle ed un grano di petrosemolo finissimo, farai soffriggere con once tre d’oglio, ci porrai le seppie con del sale e del pepe, ed un bicchiere di vino bianco che farai prima bollentissimo, anzi alquanto restringere, e poscia ce lo verserai, e così farai cuocere le seppie; se potrai avere un poco di sugo di pomidoro, sarà ottimo di mischiarcelo ancora pria di terminar la loro cottura; e così servirai con guarnizione di crostini fritti.
Questo l’è uno eccellente pesce di mare, così nominato da una linea color d’oro che si estende dal suo capo fino alla coda. In Roma viene distinto in due specie, cioè della corona e liscio, ma la prima specie è la vera orata, mentre la seconda non è che il sarago.
La carne di questo pesce è bianca, delicata, soda e di un ottimo gusto, benché asciutta, somministra buon nutrimento e facilissimo alla digestione. Questo pesce abbonda in gran copia nel mediterraneo, e particolarmente nel golfo di Lione e verso Marsiglia, mentre i popoli della Linguadocca si cibano comunemente di questo in tempo di quaresima. Questo pesce ama di stare in mare profondo, partorisce nel maggior caldo dell’estate vicino al lido. La sua pesca è nella primavera e specialmente nella marina del nostro Pozzuoli se ne pesca abbondantemente, e quelle di questo mare sono ottime perché vi sono moltissimi scogli ove si annidano e per godere del maggior fresco, per cui ho dovuto narrarti questo punto di storia di questo pesce.
Prendi dunque un paio di orate per dodici coperti, mentre questo pesce non v’ha della maggior grandezza di rotoli due e se mai vi fosse evvi una eccezione alla regola; lo sgargerai, gli aprirai il ventre, lo laverai benissimo più volte, lo bagnerai con oglio e lo farai arrosto; quindi lo porrai nel piatto proprio con lattuga o scarola trita al disotto.
Porrai in una casseruola un’oncia di fior di farina, delle cortecce di cedro verde triturato fino, de’ fiori di cedro inzuccherati e pesti, un terzo di zuccotto e zucchero finissimo: scioglierai il tutto con otto rossi d’ovi, conservando le chiara; mescolerai nella composizione una caraffa di fior di latte ed un quartino di latte; farai cuocere questa crema per mezz’ora, girandola sempre, finché divenga spessa, ed allora la toglierai dal foco; batterai con un battitore, o fascetto di vetiche, quelle otto chiara d’ovi, e, quando le avrai montate alla fiocca, mescolerai la schiuma nella crema badando che non sia molto calda e, rivoltando bene tutto, la verserai nel piatto proprio, polverizzandola da per tutto con zucchero finché la crema sia tutta coperta: dipoi la farai cuocere o al forno oppure sotto al fornello; e quando sarà bene elevata e ghiacciata la servirai calda.
La pratica pel riposto e desserts, la farai come le precedenti, solo farai per li dolci e gelato.
Due piattini di dolci, cioè uno marzapani di cannella, e l’altro di biscotti au-zephir.
Prendi una libbra di mandorle dolci, le scorzerai con acqua 100bollente, le pesterai ben fine, bagnandole con un cucchiaio d’acqua di fior d’arancio; farai un piccolo giulebbe con mezza libbra di zucchero, facendolo cuocere a la grande plume, vedilo al cap. VII della cottura del zucchero; portato a questo punto ci farai cuocere la pasta di mandorle con un’ottava d’oncia di ottima cannella pesta; dipoi farai disseccare la pasta sopra picciol foco, finché più non si attacchi alle dita toccandola; la porrai di poi sopra fogli di carta bianca polverizzati con zucchero ed un terzo di fior di farina mischiato; levigherai la pasta della spessezza di uno scudo e la interlincerai col coltello come più ti piace, e la farai cuocere ad un forno lento, indi agghiaccerai li marzapani con naspro bianco.
Porrai in una scodella quattro rossi d’ovi, una libbra di zucchero fiorettato, un pizzico di scorza di cedro grattugiato, ed altrettanto di fiori d’arancio confettati e ben fini triturati: batterai tutto insieme per mezz’ora continua, di poi batterai alla fiocca dodici chiara d’ovi, e quando la schiuma si sarà bene elevata ci mescolerai la primiera dose; intanto prendi mezza libbra di fior di farina pria diseccata al forno, la porrai in un finissimo setaccio, e farai cadere dolcemente così nella composizione, onde non si aggruppi, e farai tutto bene incorporare; di poi porrai li biscottini in modelli di carta, polverizzandoli sopra di zucchero, ed adattandoli nei ruoti li farai cuocere a lento forno, e quando saranno bene elevati e di bel colore ne toglierai la carta essendo ben caldi. Allora tanto gli uni che gli altri l’accomoderai nei piattini con carta intagliata al disotto.
Prendi una ananassa, la pelerai come una mela, quella corteccia la pesterai in un mortaio con zucchero, e quando vedi che nel mortaio principia un certo umido, ovvero che il frutto caccia fuori dell’acqua, allora la toglierai dal mortaio e la riporrai in una sorbettiera coverta; dipoi farai il giulebbe con due rotoli di zucchero al terzo punto di cottura, che è il piccolo perlé, v. cap. VII, e questo giulebbe lo porrai nella medesima sorbettiera ed in essa ci porrai il frutto dell’ananassa in fette, che dicesi si mette la nanassa in zucchero; quindi prenderai due portogalli ed un limone freschi, ne taglierai le cortecce come frutti, e le porrai ancora nella sorbettiera medesima come ancora il loro succo. Tutta questa dose restar deve insieme a confettarsi per ore ventiquattro, dopo di tal tempo potrai lavorare il tuo sorbetto così: volendo fare dodici bicchieri, o gelati, o forma di tal proporzione, prenderai sei bicchieri di quella dose descritta ed unirai altrettanto d’acqua che mescolerai tutto insieme e passerai per setaccio, e così farai il sorbetto come tutti gli altri, ritenendo conservato il rimanente della dose nella sorbettiera, per quanto 101 vorrai; laddove vorresti mischiare del frutto nel sorbetto mantecato della stessa, potrai farlo: prendendone una fetta, la farai in pezzettini e ce lo mescolerai, come altra volta ti ho detto pel sorbetto di frutti.
N. B. Nel caso che vorresti far maggior numero di pezzi di gelati e ti sembra non bastare la dose rimasta nella sorbettiera, non sgomentarti, perché ci ho anche pensato a questa economia; farai il giulebbe di un altro rotolo di zucchero come sopra, e lo mescerai nella sorbettiera, facendolo rimanere in fusione per altre ore ventiquattro.
Bruscherai once quattro di ottimo caffè, e ne farai la bevanda come ho prescritto nel cap. IX.
PRATICA.
Porrai in una marmitta una libbra di piselli teneri, un grano di cerfoglio, un grano di lattuga, due cipolle, un grano di petrosemolo, un grano di acetosa, un pane grosso di butiro e quattro caraffe d’acqua, farai bollire, ma non tanto scuocere le erbe, ci porrai del sale, due teste di garofani, ed una picciolissima stecchetta di cannella; passerai per setaccio questo brodo, ci scioglierai dieci torli d’ovi che passerai dolcemente pel fuoco, badando che l’ovo non si riduca in frittatile, tanto che dovrai scioglierli bene, e questo lo verserai ancor nel brodo generale; farai le croste di pane bruscate che porrai in zuppiera versandoci il brodo; se quest’ultimo ti sembrasse molto lungo lo farai restringere ancora.
Prendi libbre quattro di quella pasta minutissima, la lesserai e, dopo non molto cotta, la sgocciolerai ben bene e la tufferai in brodo di pesce, che espressamente farai, perché s’incorpori; dipoi la sgocciolerai ben presto ancora, e la porrai in zuppiera frammezzandola con parmegiano e butiro.
Farai questa pasta giusta il cap. IV. §7. Prendi un rotolo di ottimo fior di farina ed un’oncia e mezzo di lievito di birra, con poco sale; impasterai finissimo, come è detto nel capitolo, dipoi ne farai tanti pagnottini, o diverse formette nelle quali, sì agli uni che alle altre, le frammezzerai di provola bianca, l’adatterai in tortiera verniciata di butiro, se sono a pagnottini e non molto vicini fra loro, e li farai cuocere nel forno.
Prendi una bella spinola che sia almeno di rotoli tre, o pur due di questo peso, la sgargerai, la squamerai, le aprirai il ventre, le taglierai le punte della coda, ne troncherai le piccole ali e le spunterai quei pungoli che hanno sulla spina dorsale, le laverai più volte e l’asciugherai; la ravvolgerai poscia in un panno-lino, e la farai bollire nella pesciera propria, con l’anima al didentro, con metà aceto ed acqua, delle fettoline di limone, delle foglie di lauro, delle cimette di rosmarino e del sale; quando sarà al punto della cottura, la farai alquanto raffreddare nel medesimo brodo e la porrai nel piatto proprio, servendola con la
Batterai dodici torli d’ovi per più di un’ora col battitore, in modo quasi che divenissero bianchi e spumosi; quando si sarà bene elevata la salsa, ci verserai in dettaglio delle stille d’oglio il più perfetto, e questo della quantità di once due, e poco succo di limone passato per setaccio, e continuerai a battere facendo sempre più medesimare l’oglio ed il succo di limone con gli ovi; divenuta così perfetta, o la verserai sulla spinola oppure nelle salsiere.
Prendi once sei di butiro, lo farai liquefare in una casseruola, ci porrai una cipolla trita, petrosemolo e maggiorana, che farai soffriggere, e poi ci porrai mezza caraffa di latte, due once di pignoli brustoliti, un poco di colletta, ovvero fior di farina, e farai alquanto bollire; dipoi imbianchirai 24 ovi senza corteccia, l’accomoderai nel piatto e ci verserai sopra la descritta salsa.
Farai la pasta frolla giusta il cap. IV. §1, ed intanto triturerai 103 grana quattro di scarola, la laverai, la premerai, e la soffriggerai con once tre di ottimo oglio, ci porrai grana tre d’olive dissossate, e grana tre di capperini; se aver potrai de’ funghi e de’ piselli teneri ci stanno benissimo, ma pria li lesserai, quindi lesserai un rotolo di ottimo spungato baccalà, lo spellerai, lo spinerai e lo porrai in una casseruola per marinarlo (che volendo scherzare un poco con te, mio caro lettore, oppure esecutore che sei, voglio farti conoscere il termine alla rovescia che dicono quei grandi della cucina... marinare essi dicono minarcare sicché quando senti questo secondo lo attribuirai al mio primo), cioè lo farai soffriggere con once due di oglio ed once quattro d’alici salate ben pulite e spinate; quando si sarà ben marinato lo toglierai dal foco; porrai la pasta in una proporzionata tortiera verniciata di sugna, e la pasta che sia uguale levigata; nel setto ci porrai una metà di quella scarola, nel mezzo il baccalà ed al disopra l’altra scarola; ci farai il coverchio con l’altra pasta, e lo farai cuocere o nel forno o sotto al fornello.
Prendi ventiquattro belli carciofi, ne toglierai le foglie cattive e verdi, ne taglierai la punta e li netterai di tutto il cattivo, li dividerai in quarti e li tufferai nell’acqua fresca con molto succo di limone e sale per farli imbianchire; dipoi li rilaverai e li lesserai, e poscia li riporrai nell’acqua fresca; farai liquefare un pane di ottimo butiro, ci porrai dipoi mezza caraffa di latte, ed a foco lento ci porrai un poco di fior di farina per farci un poco di colletta, ci porrai li carciofi bene sgocciolati e li rivolgerai in quella salsa; porrai quest’entremets nel piatto proprio con guarnizione di crostini fritti.
Trovo inutile occuparmi di scrivere la ricetta per questa crema, avendola già detta nel cap. VI. §2, vedi quello e farai.
Avendo più volte detto l’apparecchio pel riposto e desserts, sembrami superfluo il ripeterlo ogni volta, specialmente per quelle cose che sono sempre le stesse; mi occuperò soltanto per quello che forsi non ho ancor parlato come p. e. per li dolci.
Eccone la pratica.
Porrai sei rossi d’ovi in una scodella, ci mescolerai un’oncia e mezzo di buona cioccolata pesta e sei once di zucchero fiorettato, batterai il tutto insieme più di un quarto d’ora, di poi ci unirai sei chiara d’ovi già bene battute alla fiocca; quando tutto sarà bene medesimato, ci farai cadere a poco a poco, sempre mescolando, 104sei once di fioretto passato per setaccio, indi o li porrai sopra fogli di carta prendendone tante porzioni col cucchiaio, oppure nelle piccole forme di carta unte di butiro; li coprirai di zucchero polverizzato, e li farai cuocere ad un forno lento; dipoi li toglierai e l’accomoderai a forma di piramide nel piattino con carta arricciata al disotto.
Porrai in una scodella due cucchiai di marmellata d’arancio, un pizzico di corteccia di cedro verde grattugiato, mezza libbra di zucchero passato per setaccio, quattro rossi d’ovi, e batterai tutto insieme per mezz’ora; ci unirai otto chiara d’ovi battuti alla fiocca, e quando si sarà tutto bene unito, ci unirai once tre di fior di farina, che sia ben secca, e ce la porrai col mezzo del setaccio, che vi cada polverizzando, e mentre cade dal setaccio la mescolerai con la dose; farai dei modelli di carta in dove porrai la dose e li farai cuocere ad un forno lento assai; dopo levati dal forno, li ghiaccerai superiormente con ghiaccio di zucchero fino, stemprato con un poco di chiaro d’ovo e succo di limone o cedro; li rimetterai nel forno soltanto per far seccare il ghiaccio e li toglierai dalla carta mentre sono ancor caldi.
Ho creduto ripetere questo gelato perché si trova in zucchero, e farai come il precedente.
Farai la solita decozione di once quattro di ottimo caffè, vedi il cap. IX.
105PRATICA.
Prendi un rotolo di mandorle, le porrai in una casseruola con acqua, e le farai quasi bollire, le spellerai e le riporrai in dettaglio nell’acqua fresca; quindi le asciugherai e le pesterai finissime nel mortaio di pietra, rimettendoci di tanto in tanto un cucchiaio d’acqua fresca, onde non si convertano in oglio; dipoi porrai questo pesto in una casseruola con quattro caraffe d’acqua, once sei di zucchero, un pochino di sale, mezza quarta di cannella contusa, e farai bollire dolcemente per mezz’ora; passerai questo brodo per un panno-lino che premerai moltissimo e lo conserverai al caldo; prendi un rotolo e mezzo di ottimo riso, lo vedrai benissimo, ne toglierai tutte le cose estranee che vi sono, lo laverai, lo asciugherai ben forte perché così si netterà benissimo; quindi lo lesserai con acqua e poco sale, e quando sarà cotto lo sgocciolerai bene e lo porrai in quel latte di mandorle, che sia bollente, lo rivolterai perché s’incorpori, e dipoi lo porrai in zuppiera alquanto brodoso, con un tantino di zucchero polverizzato e poca cannella pesta mischiata, per chi ne volesse.
Lesserai libbre quattro di vermicelli, li sgocciolerai e li frammezzerai in zuppiera con once dodici di parmegiano grattugiato ed once otto di butiro liquefatto bollentissimo.
Farai lo sfoglio giusta il cap. IV. §2, prenderai quel taglia-pasta che la tua prudenza ti detterà, lo infocherai nella sugna bollente e con esso taglierai tutti li petit-patè; prendi il taglia-pasta più piccolo, lo infuocherai come il precedente, e ne toglierai dalla meta de’ già tagliati petit-patè il piccolo pezzo di mezzo; sopra di ciascun petit-patè intero incollerai con liquefatta sugna un altro pezzo forato, e così li porrai in tortiera, verniciandoli con battuto d’ovi, e li farai cuocere al forno di bel biondo colore; li quali, dopo cotti, verranno col vuoto in mezzo come un piccolo canestrino: adatterai similmente in tortiera tutti quelli piccoli tondi, e li farai cuocere dolcemente al forno, li quali ti serviranno per coverchio; farai intanto una cassuoletta di pesce, funghi, piselli, pezzettini di tartufo, ligata con un poco di colletta di fior di farina, ne riempirai li petit-patè, ci porrai quel piccolo pezzettino per coverchio; adatterai un tovagliolo nel piatto proprio, ed a forma di piramide ci situerai li ripieni petit-patè.
Prendi un bel fresco dentice, lo sgargerai, gli aprirai il ventre, lo netterai e lo laverai benissimo; dipoi lo ravvolgerai in un panno fino, e lo lesserai con acqua, aceto, fettoline di limone e foglie di106 lauro; quando sarà ben cotto, diligentemente lo toglierai dal brodo, lo scioglierai e lo adatterai nel suo piatto proprio, facendo la
Prendi grana tre di menta e petrosemolo, le farai foglie per foglie, le laverai e le pesterai finissimo, ci pesterai ancora la mollica di una pagnotta spungata nell’aceto, e premuta, ci pesterai ancora dieci torli d’ovi duri, once quattro di zucchero, del sale, del pepe e poca cannella pesta, farai una composizione, la scioglierai con aceto bianco portandolo ad una giusta densità; fatta questa salsa, o la verserai sul pesce ben disposta oppure nelle salsiere servendola appresso del dentice, come più ti piacerà.
Farai numero 24 ovi duri, li scorzerai e li dividerai per metà, l’aggiusterai nel piatto proprio, versandoci una salsa acro-dolce, che la farai così:
Prendi una libbra di mostacciolo, la pesterai nel mortaio, finissimo, e questo pesto lo porrai in una casseruola con once quattro di mandorle brustolite e triturate finissime, come ancora once due di pignoli brustoliti e triturati, una quarta d’oncia di cannella e garofani in polvere, once sei di zucchero polverizzato, once due di cedro candito trituratissimo, e farai bollire con una caraffa e mezzo d’aceto ottimo; se l’aceto si fosse ristretto molto, e tutto ciò che è nella casseruola non è ancora in cottura, ci porrai un pochino d’acqua perché si perfezioni la salsa, la quale non dovrà essere né molto densa, né molto liquida; la gusterai, se sia molto o dolce o acre, per rimediare o col zucchero o con aceto, e fatta così la verserai su gli ovi duri già disposti nel piatto.
Prendi una ventina di belle rape bianche, non delle grossissime e non spinose; le laverai, le scorzerai rotonde come una mela, le setterai della grossezza di uno scudo e le porrai in sale; dopo che si saranno così marinate, le laverai, le asciugherai e le farinerai, e poscia le friggerai con sugna di bel biondo colore, le accomoderai in tortiera, frammezzandole con un terzo di parmegiano grattugiato ed un pane e mezzo di ottimo butiro liquefatto, le farai assodare nel forno o sotto al fornello, momenti pria di servirle diligentemente le toglierai dalla tortiera, e le adatterai nel piatto proprio, facendoci per sopra una polverata di parmegiano e con altro poco di liquefatto butiro; porrai il piatto sotto al solo fornello perché faccia di bel nuovo il brulè, e così le servirai.
Prendi due ottimi cavolifiori, che sia il suo fiorame ben stretto, 107li ridurrai in cime e li lesserai; quando saranno ben cotti ne pesterai il solo fiore; frattanto farai spungare la polpa di tre pagnotte di pane fresco in una caraffa e mezzo di latte, la premerai e la pesterai col pesto già dei cavolifiori, passerai pel setaccio, ed alla dose ci unirai once dodici di parmegiano grattugiato; dippiù batterai alla fiocca otto chiara d’ovi e le mescolerai, e quindi ci unirai ancora li torli d’ovi, e farai tutto medesimare; se ti sembra essere la dose alquanto dura ci porrai un pochino di latte; vernicerai una proporzionata casseruola di butiro, la ingranirai di pan-gratto finissimo e ci verserai la composizione, badando che deve giungere alla metà della casseruola; farai accendere tutti rossi li carboni nella fornella, che toglierai, restando la fornella soltanto arroventata; ci adatterai la casseruola con un coverchio di carta, e di sopra il proprio con li carboni, ed un cerchio all’intorno del bordo, e così la farai cuocere; di tanto in tanto osserverai non solo il grado di calorico, che il punto di cottura, e per conoscere quest’ultimo introdurrai la lama del coltello nel mezzo della schiuma, e vedrai: se sorte verniciata ha pur bisogno di ulterior cottura, se asciutta si è perfezionata; ed allora porrai la casseruola sul pancone per far rassettare la schiuma, e quando sarà ribassata la staccherai diligentemente con la punta del coltellone; adatterai un tovagliolo nel piatto proprio, e con un colpo di polso la rivolterai sul tovagliolo, e così si presenterà.
Farai la pasta frolla giusta il cap. IV. §1, e per la proporzione impasterai libbre due di fior di farina e col laganatoio la porrai in una proporzionata tortiera; ne toglierai tutto il suo dintorno e ci porrai ben disposte tre libbre di sciroppato; dipoi farai dell’altra pasta un’altra tela, come la precedente, e ci farai il coverchio, ne toglierai tutto il difforme attorno il giro, farai che con le dita si attacchino bene le due tele, ci farai un altro rifilo e ci farai ancora un grazioso bordino; la farai cuocere, o nel forno o sotto al fornello, e quando sarà cotta la farai raffreddare; e rotolandola destramente perché si stacchi dal ruoto, la scivolerai nel piatto proprio polverizzandola con molto zucchero.
Prendi una libbra di zucchero grasso, once dieci di fior di farina, tre quarti d’oncia di ottima cannella pesta, una terza d’oncia di garofani pesti ed un poco di raspatura di noce moscata; impasterai tutto con acqua calda e formerai una pasta piuttosto soda; questa pasta la ravvolgerai in un pannolino e la farai fermentare per due giorni; dipoi la rimenerai di nuovo, ne farai tante piccole porzioni di quella grandezza che far vorrai li mostaccioletti, dandogli quella figura e forma che più ti piacerà; li porrai sopra 108fogli di rame polverati di farina e li farai cuocere ad un giusto grado di forno, e cotti che saranno li nasprerai, o di cannella o di cioccolata, li riporrai nel forno, ma aperto, e li farai asciugare; e poscia l’accomoderai nel piattino proprio con carta arricciata al disotto.
Qui mi cade il pensiero dover ricevere dal lettore l’osservazione, cioè che dovendo scrivere il pranzo ed il riposto per lo medesimo giorno, per il magistero di questi mostaccioletti ha di bisogno far fermentare la pasta due giorni; direbbe bene, ma io rispondo che avendomi proposto di formare questa settima edizione ad un sol calendario, e propriamente pel pranzo periodico, talune cose hanno la necessità di un precedente apparecchio; perciò colui che volesse eseguire alla lettera, sicuramente ne precederà la lettura alla dettagliata minuta e così si regolerà, anche con l’anticipazione di quelle cose siccome vengono precisate, e ciò per chiudere sempre più la bocca alli maldicenti, ed ingiusti critici.
Prendi una libbra di mandorle; le spellerai con acqua bollente, le asciugherai e le bruscherai, dipoi le triturerai, le unirai con una libbra di zucchero bianco grasso ed once quattro di fior di farina, mezz’oncia di cannella pesta, mezz’oncia di butiro ed un poco di raspatura di noce moscata; impasterai tutto con acqua fresca, formando una pasta soda; ne formerai varii pezzi schiacciati e lunghi, ma di graziosa figura, e li porrai nel forno a giusto calorico nei ruoti o fogli di rame; quando saranno quasi cotti, li taglierai a traverso formandone li biscottini, li riporrai nel forno per farli biscottare, dipoi li vernicerai di naspro di limone, o altro a piacere, e li accomoderai nel piattino proprio, come li mostaccioletti.
Prendi un rotolo e mezzo di zucchero, lo farai in giulebbe portandolo al piccolo perlé giusta il cap. VII. §3.; lo porrai in una proporzionata sorbettiera a raffreddare in un tinello con acqua fresca; quindi prenderai dieci pronti e freschi limoni, li scorzerai, cioè ne toglierai la corteccia come se scorzassi una pera perché diversamente si lacerano tutti, li dividerai per metà, e con la conocchiella ne caverai il succo che farai cadere in una scodella, ove porrai otto bicchieri d’acqua fresca; passerai per setaccio e l’unirai con discrezione con il giulebbe per conoscere se sia molto acido, perché diversamente non porrai tutto il limone con l’acqua; e questa attenzione dubbia deriva dal perché io, che ora ti dettaglio la proporzione, non posso conoscere la grandezza de’ limoni che ti servirai; farai il mantecato di questo sorbetto tal quale ti ho precisato per li precedenti, e finalmente ne farai quella forma che più ti piacerà.
Per la bevanda del caffè farai giusta il cap. IX.
PRATICA.
Porrai in una marmitta once dodici di ottimo butiro, una cipolla tagliata in fette, una carota similmente, due selleri triturati, quattro teste di garofani, una piccola stecchetta di cannella, poco sale, e con otto caraffe d’acqua farai bollire generosamente sempre; ridotto alla metà il brodo, lo passerai per setaccio e lo terrai di parte, ne prenderai una caraffa, ed in una casseruola ci farai scuocere once dodici di piselli freschi, che passerai per setaccio premendoli bene, e questo estratto lo verserai nel brodo generale; quindi lesserai le cime tenere de’ sparagi in acqua bollente, che per la quantità ti regolerai con la tua prudenza, li passerai per acqua fresca e dopo, bene sgocciolati, li unirai ancora nella marmitta del brodo; farai delle fette di pane brustolito, le porrai in zuppiera versandoci il brodo bollente.
Lesserai a giusta cottura un rotolo e mezzo di paternostri, li sgocciolerai non molto e li porrai in una casseruola con once otto di liquefatto butiro, ci mescolerai once otto di parmegiano grattugiato e dipoi farai un battuto di numero dieci ovi interi che mescolerai benissimo, ci porrai del sale e del pepe, e farai legare a lento foco perché gli ovi entrino in cottura, versandoli nella zuppiera bastantemente morbidi.
Prendi rotoli due di ragoste, ma quelle di mezzo rotolo, le 110lesserai non tanto, le farai raffreddare e ne caverai tutto il frutto, ancora quello de’ loro artigli lo pesterai finissimo, mescolandoci ancor pestando once quattro di grattugiato parmegiano, ci unirai dei torli d’ovi non più di quattro, ed una mollica di una pagnotta di grana due bene spungata e premuta, e tutto passerai per setaccio ben forte; farai intanto in una casseruola un ripieno di pochi piselli, funghi, pezzettini di tartufo, del petrosemolo trito finissimo, delle patelle, legando questo ripieno con sugo di pomidoro, oppure della conserva, ci porrai un poco di fior di farina, perché ci dia un poco di colletta; terrai pronto del pan gratto, e di quello estratto di ragosta ne farai tante giuste porzioni da formarne delle diverse braciolette: porrai nella palma della tua mano sinistra del fior di farina, disopra con l’altra ci distenderai una porzione della descritta ragosta, e nel mezzo ci porrai un poco di quel ripieno, la ravvolgerai e la farinerai, quindi tutte le passerai pel battuto d’ovi, poscia nel pan gratto, e le friggerai color d’oro con ottimo strutto; adatterai nel piatto proprio una salvietta, ed al disopra ci aggiusterai questa frittura, che chiamasi ordura di anemole.
Ragosta. Questo è un pesce Crostaceo del genere dei gamberi di mare, ed ha le medesime virtù e proprietà, che il gambero di acqua dolce. La sua carne nutrisce molto, e produce un alimento assai sodo, e fortificativo: il suo succo è dolcificante, e conviene particolarmente ne’ calori di petto, ma questa carne è di difficile digestione, e più di quella de’ gamberi di acqua dolce.
Nulladimeno la ragosta viene servita sopra tutte le buone e delicate mense per Ia squisitezza della sua carne.
Trovasene quantità ne' nostri mari e sulle nostre coste, e abbondano moltissimo in tutte le città marittime d’Italia e segnatamente in Roma, Napoli e Genova.
Questo Crostaceo è buono in ogni Stagione, ma più quando è preso in tempo del plenilunio, dal mese di ottobre fino ad aprile.
La femmina piena di uova devesi preferire al maschio essendo molto migliore.
Le ragoste vivono ne’ luoghi pietrosi del mare, riveggonsi l’Inverno comparire verso le spiagge e sulle sponde de’ fiumi, e nell’Estate si ritirano in luoghi profondi. Si battono fra esse colle loro corna, e si nutriscono di piccoli pesciolini che trovano intorno ad esse.
Prendi once sei di butiro, lo maneggerai con due once di ottimo fior di farina; porrai in una casseruola una caraffa di latte, ma perfettissimo, ci unirai il butiro con pochino di sale, lo passerai sulla fornella per farlo appena bollire onde si medesimi, lo passerai per setaccio, e questo estratto lo porrai di nuovo in casseruola con sei torli d’ovi ben battuti con pochino pochino di zucchero, e girando sempre con la mescola onde questa salsa non si attacchi al fondo della casseruola, lo farai alquanto condensare; aggiusterai numero 24 ovi duri già cotti nel piatto, o in quartini o per metà, versandoci quella salsa bollente, che pria ci porrai poche stille di limone.
Prendi rotoli due di solmone, lo laverai benissimo più volte; lo 111 lesserai in acqua, con poco aceto, o vino bianco, delle fette di limone, un mazzetto ben legato di petrosemolo, maggiorana, rosmarino, e foglie d’alloro; quando sarà cotto lo porrai in acqua fresca e lo potrai servire o intero, ben nettato dalle spine, oppure a scaglie, versandoci sopra la seguente salsa. Prendi once quattro di capperini, ma di quelli in aceto, once tre d’alici salse ben pulite e spinate, del petrosemolo finissimo triturato, del pepe, niente sale, tutto triturerai, e farai bollire con oglio e poca acqua; di tanto in tanto ci porrai un poco d’ottimo aceto bianco, e quando sarà cotta ci porrai il succo di un fresco limone, verserai sul piatto, con guarnizione di piccoli crostini fritti.
Salamone. Il Salamone è un grosso ed eccellente pesce di mare, che ama l’acqua dolce, ciò che lo rende di un sapore assai grato; a tale oggetto entra nei fiumi nel principio di Primavera, osservandosi che in questa Stagione è più grasso e di miglior gusto che in qualunque altra ed in oltre modo superiore a quello che alcuna volta si prende nel mare; ma allorché ha dimorato più di un anno in un fiume, diviene pallido, secco, magro e di cattivo sapore. E s’intende qui parlare allorquando questo pesce è vivo e fresco.
Il migliore Salamone detto Solmone dev’essere grosso, di un’età media, corto, rossastro, e pescato in acqua chiara e corrente; la sua carne è tenera, delicata e saporosa. Il boccone migliore di questo pesce è la Hure, ossia la testa con parte del collo; poscia viene il ventre detto panzetta, ma siccome questa parte è molto grassa non conviene per conseguenza gran cosa allo stomaco. In Francia se ne prendono de’ molti buoni nella Saine, la Loire, ed assai più nella Garonne. In Germania nel Reno, in Inghilterra nel Tamigi; in oltre tutti in Pietroburgo sono delicatissimi quelli presi nella Neva. I fiumi di Spagna e di Portogallo ne somministrano anche. I Spagnuoli, i Russi, ed altre nazioni usano di salarlo per conservarlo e farne commercio col trasportarlo ne’ paesi esteri, e specialmente in Italia, ove siamo privi di sì buon pesce. La sua pescagione si fa di Primavera nel cui tempo è migliore, e questa continua l’Estate e l’Autunno.
Prendi o un grosso cavol-fiore o due o tre piccoli, che cercherai tenere quelli che hanno lo sterpo più al verde; lo lesserai in tante piccole cimette, ben pulite e nettate delle cortecce, con sale, le sgocciolerai bene e le rivolterai in una casseruola con once dodici di ottimo butiro pria liquefatto, e quindi l’aggiusterai nel piatto proprio.
Prendi rotoli tre di cefali, non più piccoli di quattro, o meglio se fosse un solo, li sgargerai, li sventrerai, e laverai benissimo, l’asciugherai e li rivolgerai nell’oglio: infuocherai la gratella e ci adatterai il pesce, ed a vapore farai cuocere perfettamente, bagnando di tanto in tanto con oglio e poco aceto; quindi con lattuga o scarola triturata al di sotto l’accomoderai nel piatto proprio.
Prendi caraffe due di latte, munto espressamente, ne farai la crema giusta il cap. VI, prendi una libbra di fresco pane di Spagna, 112lo farai in piccolissime fettoline, che frammezzerai con la crema nel piatto proprio polverizzandolo di ottima cannella.
Credo bene non ripetere l’apparecchio di tutti li piattini, perché detto più volte precedentemente, ricordando per li piattini di dolci, e pel gelato di cannella proposto nella minuta di questo giorno, come praticherò per li seguenti, tranne quelli di cui non avessi ancora parlato.
Circa il magistero de’ mostaccioletti vedi quello del giorno cinque marzo; per li graffioletti vedi quello del giorno due marzo, e ciò ti sarà ancor di norma per la minuta della spesa, essendomi proposto di segnare soltanto la prima decina di ciascuna stagione, onde rendere meno voluminoso il presente, che in fine con la proporzione delle cose, e dato il prezzo una volta, l’è tutto sempre lo stesso, ancora circa l’apparecchio.
PRATICA.
Prendi delle piccole pagnottine così dette per le zuppe, che si vendono nella nostra bella Napoli alla strada santa Brigida oppure alla strada di Chiaia, che costano mezzo grano, ne prenderai due o tre per ciascun coperto, le rasperai diligentemente con la piccola grattugia perché vada via tutta la prima patina della corteccia; dipoi le vuoterai della mollica e le riempirai di un sarpicco di pesce e frutti di mare, oppure di soli questi ultimi: le bagnerai con acqua fresca, le farinerai con fior di farina e le friggerai con sugna di bel color d’oro; le porrai in zuppiera, versandoci il brodo di pesce giusta il cap. V. §2.
Lesserai libbre quattro di vermicelli in pronta cottura, badando che l’acqua non deve esser poca, frattanto farai soffriggere in una proporzionata casseruola once otto di ottimo oglio con once quattro d’alici salse lavate e spinate, ci porrai grana tre d’olive nere dissossate ed once due di capperini, di quelli salati ben lavati, e fuori della fornella ci rivolgerai li vermicelli benissimo sgocciolati; dopo che li avrai fatto bene inzuppare ci porrai del sale, del pepe, e per chi piace ci porrai ancora un grano di petrosemolo ben triturato, che dicesi finis erbe, e terrai la casseruola al lato della fornella rivoltando li vermicelli in ogni cinque minuti con forchettone e mescola, perché così facendo si scioglieranno e si asciugheranno, e così li porrai in zuppiera.
Farai la pasta pei panzerotti giusta il cap. IV. §15, la levigherai sottilmente col laganatoio polverizzando la tela col fior di farina; farai per questa proporzione un battuto di sei ovi interi, ci porrai once sei di provola grattugiata ed once sei di mozzarella triturata, ne farai una farsa con pochino di pepe, e di questa ne riempirai li panzerotti attaccando bene gli orli della pasta, e con lo sperone li taglierai e quindi li friggerai con once 24 di sugna di bel biondo colore; li adatterai nel piatto proprio con salvietta al disotto.
Prendi rotoli tre di merluzzi mezzani, ne taglierai la testa e la coda, li sfiletterai togliendone diligentemente le spine, e li laverai facendoli asciugare sopra un setaccio; frattanto farai liquefare once quattro di butiro, dipoi ci porrai once due d’alici salate passate per setaccio, ci porrai ancora un trito di un grano di petrosemolo, una cipolla, once otto di prugnoli, appena mezzo spicchio d’aglio per chi piacesse, un pochino di polvere di basilico, e ci farai dare pochi bolli, con del sale e del pepe; dipoi porrai in una casseruola piatta metà di questa salsa, ci adatterai li filettini dei merluzzi e l’altra salsa sopra, coprirai la casseruola con un foglio di carta e quindi con coperchio di rame, facendo cuocere dolcemente con fuoco sotto e sopra; cotti che saranno, diligentemente l’aggiusterai nel piatto proprio con la detta salsa ed un gran sugo di limone passato per setaccio.
Prendi numero 24 ovi, l’imbianchirai e li terrai in acqua calda; qui credo necessario avvertire il modo come farli che non è da tutti, perché o vengono molto duri, che non debbono essere, o per questa tema riescono troppo molli e ne succede la conseguenza che tutti si lacerano; perciò porrai sulla fornella una proporzionata 114casseruola, con acqua, poco sale, mezzo bicchiere d’aceto bianco e poco succo di limone, e quando bolle forte ci aprirai gli ovi, però uno per volta, li farai bollire qualche tantino, ed a misura che saran cotti, con mescola bucata li porrai in un’altra casseruola con acqua calda, perché tutti così si conservino; dipoi batterai alla fiocca tre sole chiara d’ovi, e quando la schiuma si sarà bene elevata ed indurita sotto il battitore, ci mescolerai due once di zucchero fiorettato continuando a battere: porrai diligentemente gli ovi in un setaccio perché ne sgoccioli tutta l’acqua, e quindi l’accomoderai nel piatto, ci porrai sopra questa fiocca ben disposta, polverizzando con poca cannella, facendo confettare il piatto sotto al fornello, e quindi li servirai.
Prendi una misura di ceci spungati, li lesserai e li pesterai finissimi, unendoci ancora la mollica di due pagnotte spungate nel latte e premute, ci unirai once 12 di parmegiano gratugiato, poco sale, e poco pepe, passerai per setaccio, dipoi batterai alla fiocca otto chiara d’ovi, che la ridurrai ben dura e la unirai con la dose, riunendoci ancora li otto torli d’ovi: prendi una casseruola proporzionata, la vernicerai di sugna e la farinerai o di fior di farina oppure di pan-gratto, ma io son più pel pan-gratto; in questa casseruola ci porrai diligentemente la composizione, badando che deve andare fino alla metà del bordo della casseruola perché il dippiù dia luogo al gonfiore; la farai cuocere su di una fornella ben roventata senza carboni, e col bordo di carboni, e sopra il coperchio; per conoscere il punto di sua cottura lo vedrai immergendo la lama di un coltello nella schiuma, e vedrai: se il coltello sorte umido, ha bisogno di maggior cottura, se sorte netto è giunto il suo punto, ed allora la porrai a rassettare sul pancone, quindi con la punta del coltellone cercherai staccare diligentemente la schiuma dal bordo della casseruola e così la rovescerai nel piatto proprio con salvietta al disotto; mi hai capito? a me sembra di essermi abbastanza spiegato.
Prendi delle buone pastinache, che siano uguali e dritte, le rasperai, le laverai e le lesserai, però alla meta della cottura in acqua, le taglierai della spessezza di uno scudo e della dimensione della moneta di un nostro tarì Napolitano, o per chi forse non conoscesse questa moneta, andando questa mia operetta fra le mani di un estero, quanto un Paolo, o Toscano, o Papalino; per dare ancora la proporzione a questa quantità per formare il piatto, dopo che le avrai tagliate le porrai nella bilancia, e ne peserai un rotolo oppure due libbre e mezzo. Porrai in una casseruola una caraffa di latte, con mezzo pane di butiro del peso di once quattro, e farai dolcemente bollire; ci scioglierai quattro torli d’ovi e ci porrai ancora un tantino di fior di farina, dipoi ci unirai le pastinache, con un poco di sale quanto ci dia gusto, e così le servirai.
Prendi due libbre di fior di farina, che porrai sulla tavola di marmo, ci farai un buco nel mezzo e ci porrai due once di butiro, otto ovi, un poco di sale, mezza libbra di zucchero polverizzato ed una libbra di mandorle dolci pelate ovvero scorzate; e ben peste, impasterai tutto insieme e ne formerai una focaccia che porrai in una tortiera verniciata di butiro, ci farai al disopra una verniciata di ovo battuto, la farai cuocere al forno, e dopo cotta l’agghiaccerai di zucchero, passandoci sopra la paletta infuocata, e così la servirai passandola nel piatto proprio.
L’apparecchio di questo riposto è inutile il ripeterlo perché va fatto come li giorni precedenti; circa li piattini di dolci, cioè dei ginetti, li farai come quelli della minuta del giorno 7 di questo mese, pel pan di spagna eccone la pratica.
Batterai alla fiocca numero dieci chiara d’ovi, ma che siano freschi; quando la schiuma si è bene elevata, indurita, e che non si conosce più umido sotto il battitore, o fascetto di vetiche, osserverai se è giunto il suo punto immergendo nella schiuma il battitore con le punte: se questo si regge in piedi è fatto, altrimenti bisognerà più battersi; giunta questa perfezione batterai numero quattordici torli d’ovi e li medesimerai nella schiuma girando sempre da un lato, ci mescolerai una libbra di ottimo zucchero passato per setaccio ed una libbra di amido ben fiorettato; farai delle forme di carta a tuo piacere, versando in esse la composizione, nell’intelligenza che la dose dovrai metterla nelle forme di carta fino alla metà; farai cuocere o sotto al fornello, in tortiera, oppure dolcemente al forno; le sformerai e ne farai tanti pezzetti, verniciandoli di naspro che farai con un poco di giulebbe bene battuto, e li farai asciugare nell’istesso forno, ma aperto.
Pel gelato di cannella rossa con li pignoli farai come quello detto pel giorno 4 corrente.
Pel caffè farai secondo il solito, cap. IX.
PRATICA.
Prendi rotoli due, ovvero libbre sei, di ottime e fresche vongole, le laverai e le porrai in una casseruola con sei caraffe d’acqua, farai bollire perché si aprissero le conchiglie e diano pochi bolli; passerai per setaccio conservando quel brodo, ricaverai dai gusci le vongole e le conserverai; ripasserai per setaccio stretto quel brodo onde tolgasi tutta l’arena, laddove ve ne fosse; porrai quel brodo in una marmitta con due selleri, due pastinache, un grano di petrosemolo, grana due di cerfoglio tutto triturato, una cipolla intera, per chi piace mezzo spicchio d’aglio, due teste di garofani, una piccola stecchetta di cannella, once nove di ottimo oglio e farai tutto cuocere; finché si riduca a caraffe tre, passerai per setaccio questo brodo; frattanto, o farai delle croste di pane brustolito, oppure a piccoli dadi fritti lo porrai in zuppiera, ci aggiusterai le vongole e quindi ci verserai il brodo.
Vongole. Vongole, o Gongole. Son queste conchiglie della classe delle Bivalde. Plinio ed Aldovrando ne distinguono dieci specie, che si possono dividere in Scambrose o Striate, Rugose, e Lisce.
Coteste conchiglie variano ancora fra di loro per la figura, per il luogo, per il colore, per l’animale che le abita e per il sapore del medesimo.
In Napoli se ne conoscono di due specie, sotto le denominazioni di Gongole comuni, e di Gongole veraci. La carne di queste conchiglie è di un copioso ed ottimo sugo, comendabile cruda e cotta, ed ha quasi lo stesso sapore che quella dell’Ostrica e dello Spondilo.
Lesserai a giusta cottura un rotolo e mezzo oppure libbre quattro di maccheroni, li sgocciolerai benissimo e li frammezzerai in zuppiera con once dodici di parmegiano grattugiato ed once otto di ottimo butiro liquefatto.
Prendi un pagnottone, lo scorzerai e ne farai tante spesse fette da formarne una canestrina, le modellerai tutte uguali, togliendone tutta la mollica lasciandoci il fondo, dipoi con piccolo coltellino ci farai un lavoretto sull’orlo, le bagnerai con acqua fresca, ma appena; le friggerai o con butiro, o con strutto o con oglio ottimo, secondo verranno farsite; prendi rotoli due fra vongole, patelle, cannolicchi, ancor le così dette tonninole, e più delle ostriche ancora, perché queste non vanno col peso; lesserai tutti questi frutti 117di mare, li toglierai dai loro gusci e li laverai in acqua fresca, li porrai in una casseruola o con oglio bollente, o con strutto o con butiro, ma in questo caso è migliore l’oglio, ci porrai pochi funghi triturati e ben lavati, ci porrai un trito finissimo d’erbette e dei pezzettini di tartufo, se avrai dei piselli sono ancor ottimi, e fatta questa composizione ne riempirai le canestrine di pane, l’aggiusterai nel piatto proprio e così li servirai.
Prendi o una o due spinole ben fresche, le sgargerai, ne aprirai il ventre togliendone tutto, troncherai quelle piccole ali, le laverai benissimo; infuocherai la graticola, le bagnerai con oglio e le porrai ad arrostire vaporosamente, cioè accenderai rotoli tre di carboni, e, roventati tutti, li dividerai in due ali adattando nel vuoto la graticola, perché verrà questo arrosto ben cotto e non prenderà di fumo, lo rivolterai spesso, e quando sarà cotto lo porrai nel piatto proprio con lattuga o scarola trita al disotto.
Porrai in una casseruola once quattro di butiro, che farai liquefare, ci unirai once due di fior di farina e sulla fornella gli farai prendere il colore di cannella; indi ci porrai un coppino di brodo di pesce e lo farai bollire; prendi once quattro di pignoli, li bruscherai, la metà li pesterai e l’altra li triturerai, e tutti li porrai nella casseruola con del sale, poca cannella pesta, once quattro di zucchero, poca raspatura di limone ed un poco d’aceto bianco, e farai bollire; imbianchirai numero 24 ovi, e l’accomoderai nel piatto con salsa al disotto.
Prender dovrai un competente quantitativo di sparagi, e secondo i prezzi nostri di Napoli per lo meno ce ne bisognano carlini cinque o sei; se poi ti trovassi in qualunque Provincia del Regno, però in quei luoghi che più ne abbondano, potrai spendere forse meno di un carlino e sia in Calabria; ne prenderai tutto il tenero, li lesserai in pronta cottura, li sgocciolerai e li pesterai, ci unirai tre pagnotte fresche spungate nel latte e premute, oppure la mollica di un pagnottone, e per uscir d’impiccio once sedici di mollica di pane; pesterai di nuovo insieme con li sparagi e quindi ci unirai ancora once dodici di parmegiano grattugiato; passerai tutto per setaccio e dopo ci unirai la schiuma di otto chiara d’ovi battute alla fiocca, e, ben dura, ci unirai ancora li rossi e farai tutto ben medesimare con del sale e poco pepe; dipoi vernicerai una proporzionata casseruola di strutto, che ingranirai di fino pan-gratto, e poscia ci verserai la composizione, badando che la stessa giunga fino alla metà della casseruola; circa la cottura ti regolerai come le precedenti.
Prendi rotoli due di ottimo baccalà spungato, lo laverai e lo lesserai, dipoi lo ridurrai a scaglie, togliendone le spine e la cute, e lo accomoderai nel piatto proprio; frattanto triturerai once sedici di capperi con un poco di petrosemolo, porrai in una casseruola, e farai bollire o con brodo chiaro di pesce o infine con acqua, poco sale e pochi aromi; quando questa salsa ti sembra cotta, ed asciugata tutta l’acqua, ci porrai once tre d’oglio ottimo e farai bollire di nuovo mescolando tutto bene; finalmente ci porrai del succo di limone, tanto che non amareggia, e se al gusto ti ci piacesse, un poco di zucchero ci sta benissimo; e portato ad una regolare densità, la verserai sul baccalà.
Porrai sulla fornella a bollire una casseruola, con una caraffa mezzo d’acqua e mezzo bicchiere di vino bianco; quando sta per bollire, allora ci mescolerai diligentemente un rotolo di ottimo fior di farina e con lo stenderello la girerai sempre fin che la pasta si stacca dal bordo della casseruola, allora è il vero suo punto di cottura; la porrai sulla tavola di marmo appena con un unto d’oglio, e la rammasserai con mescola; raffreddatasi alquanto, che rendesi maneggiabile, ne farai tante giuste porzioni e di ciascuna di esse ne formerai un tortanetto, che friggerai o con oglio, o con 119strutto, ma che le zeppole vadano galleggianti nella padella; fatta appena la primiera e leggiera crosta, le rivolterai e le principierai a pungere, o con forchettone oppure con strumento di legno fatto precisamente, perché così si vuoteranno, badando che non si brucino; e se vedi che la padella fosse molto arroventata, la toglierai dalla fornella gondolando sempre; divenute color d’oro le farai sgocciolare con sotto una carta floscia, l’accomoderai nel piatto proprio a piramide, versandoci del giulebbe strettissimo, polverizzandole di zucchero.
Porzioni e non già palle, come ho dovuto spiegarmi nel §IX al cap. IV, parlando delle paste pel diverso magistero de’ struffoli, dappoiché potendosi quelli presentare in varie e diverse forme ho dovuto così precisare, perché offrendosi un piatto di struffoli a palle, dà una graziosa idea; se ai figli di Marte, ricordansi dei pezzi d’artiglieria; se ai giuocatori di bigliardo, rammentano le loro biglie; se a quelli del giardinetto, si rinnovellano la giocata delle mattonelle; se a quelli per le bocce si ricordano la forza del colpo a dare al punto, ec., che non così per le zeppole, perché van formate sempre rotonde a forma di tortanetto, e prego di non molto dilatarli, perché così facendo vengono le zeppole graziose, e di una figura stretta, e non aperte, anche perché sono più economiche, specialmente dovendole accomodare nel piatto, il zucchero e giulebbe si fonderebbe tutto giù nel piatto.
Eccone fatta la regolare e giusta spiegazione a due signore, mie distintissime padrone; la prima a non volersi persuadere che li struffoli preparati nel piatto proprio a palle presentano all’idea un certo di grazioso, ed all’altra che non credea dovercisi porre nell’acqua per le zeppole del vino, dubitando che poi la pasta di quell’ultimo sentisse: fu dunque di mestieri tenere a braccio una discussione per queste benedette paste, facendo il minuto dettaglio, e specialmente pel vino nelle zeppole, il quale ne produce il sollecito gonfiore nella padella, e ne succede immantinenti lo sviluppo allorquando con lo strumento li tortanetti si pungono; e perciò vedi che quando la pasta è con questa precisione fatta, le zeppole vengono leggiere e tutte vuote aldidentro e, per conseguenza, di un grazioso gusto; parmi aver persuasa la Signora seconda nel momento che tanto mi domandò giocando alla scopa; ma la prima non volle persuadersi circa le palle de’ struffoli; bisognerà dunque che praticamente gli facessi vedere il regolare magistero.
La pratica per questo riposto farai come per li precedenti; circa li piattini di dolci, cioè di spumette e graffioletti, vedi la pratica del primo marzo, e pel gelato di cannella vedi il giorno 2 marzo; similmente farai la bevanda del caffè, come al suo cap. IX.
PRATICA.
Farai il brodo giusta il cap. V. §2, farai delli crostini piccolissimi di pane brustolito, li porrai in zuppiera e ci verserai il brodo.
Lesserai libbre quattro di pasta minuta della così detta sementina, la sgocciolerai e la frammezzerai nella zuppiera con once dodici di parmegiano grattugiato ed il sugo di pesce, e così anderà servita.
Questo fritto l’è un piatto di cucina, purché si sappia fare; 120prendi dunque un rotolo e mezzo di cecinelli, ma di quelli veraci, che si conoscono esser biondi, li laverai e li porrai entro un largo setaccio a sgocciolare; dipoi li farinerai benissimo ma che siano tutti sciolti: e qui sta la prima attenzione, e l’altra è nel friggerli dovendo riuscir tutti da prendersi con una spilla ad uno ad uno, e questo si ottiene prima, come ho detto, nel saperli bene farinare, e quindi, gondolando con la mano sinistra la padella, e l’altra con la mescola bucata rimenandoli sempre; divenuti di biondo colore, li farai sgocciolare con carta floscia al disotto, e così li servirai nel piatto proprio con petrosemolo fritto al disopra, o con foglie di selleri, oppure con dell’erba di mare, o ancora mischiate insieme tutte queste erbe.
Farai la pasta frolla con libbre due di fior di farina giusta il cap. IV. §1, frattanto triturerai il bianco di grana sei di scarole, le laverai, le premerai benissimo e le farai cuocere quasi soffriggendo, o con oglio o con strutto; ci porrai grana quattro d’olive, ma le nere dissossate, grana tre di capperini, grana due di pignoli e mescolerai tutto insieme, e quando sarà tutto cotto porrai questo composto in un vaso a raffreddarsi; lesserai un rotolo e mezzo di ottimo baccalà, che sia spesso, lo spinerai e lo spellerai, e lo farai soffriggere, o con oglio o con strutto, con delle alici salse e poco petrosemolo trito; e quindi porrai la pasta frolla levigata della spessezza di uno scudo in una tortiera proporzionata, distendendoci la metà di quel composto di scarola, nel mezzo il baccalà, disopra l’altra scarola; coprirai la tortiera con l’altra tela di pasta levigata come la prima, e diligentemente lo farai cuocere o nel forno o sotto al fornello.
Prendi rotoli quattro di spinole non più piccole di mezzo rotolo, le netterai ben bene, ne toglierai la pelle e le sfiletterai, cioè ne farai due metà per lungo, e di ogni metà ne farai due filetti uguali e li batterai più sottili che sia possibile, e che siano alquanto grandi; dipoi farai un trito di petrosemolo, maggiorana, capperini, alici salse, tartufi, del pepe, frammezzerai in una casseruola questo trito con li filetti delle spinole e finalmente ci porrai poco sugo di limone e oglio ottimo e farai marinare per un’ora così.
Dopo ravvolgerai a tortanetti questi filetti riempiendoli di quel marinato, mettendoci, per tenerli, delle stecchette di legno, le adatterai in tortiera con la medesima salsa al disotto, ci porrai un foglio di carta sopra, e le farai cuocere ad un forno temperato o sotto al fornello: quando saranno cotti, farai una salsa di pomidoro alquanto ristretta, la porrai nel piatto proprio e sopra ci adatterai li tortanetti.
Prendi rotoli due di rape bianche, che non sieno spinose, le 121fetterai della spessezza di uno scudo e con tagliapasta ne farai tante formette, le porrai in sale, quindi le asciugherai, le farinerai e le friggerai; l’accomoderai in una tortiera frammezzandoci un terzo di parmegiano grattugiato ed once otto di butiro liquefatto; ci farai il brulè al forno, e poscia diligentemente le toglierai dalla tortiera e l’accomoderai nel piatto proprio riponendoci dell’altro parmegiano e butiro, che farai quasi ingranire di bel nuovo al forno, ma che sia tiepido; ci porrai dell’altro butiro, e così sarà servito.
Prendi una misura di favette, intender voglio quelle secche e scorzate, le lesserai e le pesterai benissimo, ci unirai ancora la mollica di due pagnotte spungate nel latte, le premerai e le pesterai insieme, dopo ci unirai ancora once dodici di parmegiano grattugiato, ci porrai del sale, poco pepe e passerai per setaccio; batterai alla fiocca otto chiara d’ovi, che unirai benissimo alla dose, dipoi ci unirai ancora li torli d’ovi, facendo tutto bene medesimare; vernicerai una proporzionata casseruola, di butiro o di strutto, e la ingranirai di fino pan-gratto; verserai la dose badando che quest’ultima resti fino alla metà della casseruola, bisognando il dippiù per gonfiarsi nella sua cottura, e così la porrai a cuocere sulla fornella come ho detto per le altre.
Prendi una caraffa e mezzo di latte, farai questa crema come diffusamente ne ho parlato al cap. VI, mettendoci molta raspatura della corteccia di limoni freschi, ma che non vada all’amaro.
Troverei molto ozioso se in ogni volta descriver volessi la pratica pel riposto, e crederei fare una offesa al mio caro dilettante esecutore, mentre per questa sola classe ho inteso, ed intendo sempre avvertire, come classe intelligente, giacché per altri, che a questa non appartengono, né possono appartenere, non basta la penna ma..., parlerò dunque pei Riposti, e Desserts sussecutivi di quelle cose non ancora dette, come p. e. per li due piattini di dolci, dei biscottini ordinarii e di quelli al cucchiaio.
Per li ordinarii vedi il giorno 1° marzo.
Questi si fanno della medesima maniera, però senza le forme; quando sarà fatta la dose, ne porrai su de’ fogli di carta distesi un cucchiaio per ciascun biscottino, stendendo per lungo sulla carta, quindi li coprirai con zucchero fino e li farai cuocere al forno più lentamente de’ precedenti distaccandoli subito cotti dalla carta con un coltello.
Farai liquefare in un polsonetto libbre due di cioccolata ed 122una e mezzo di zucchero con libbre tre d’acqua; disfatto che si sarà il tutto, lo passerai per setaccio fino e lo riporrai di nuovo al foco per farlo cuocere, e questo punto di cottura lo conoscerai quando immergendoci un cucchiaio ne resta vestito; allora porrai la dose in una sorbettiera, e questa in un tinello con acqua per raffreddarsi; dipoi lo porrai in neve e farai come gli altri.
PRATICA.
Per fare questa zuppa di magro bisogna tener pronto il brodo di pesce, e questo fatto alla perfezione come vedrai al cap V. §2; porrai in una casseruola una caraffa di brodo di pesce chiaro, mezza caraffa di fior di latte, due once di parmegiano grattugiato e poco sale; farai scaldare sopra al foco, dipoi lo passerai per setaccio e farai raffreddare; batterai benissimo cinque ovi freschi, li unirai alla composizione; porrai tutto in una marmitta proporzionata, la quale, ben chiusa, la porrai a bollire in una casseruola con acqua, e questo è ciò che dicesi bagno-maria; congelata che sarà, ed al momento di servire la zuppa, porrai nella zuppiera il brodo necessario caldissimo; bada bene, caldissimo, non già bollente, ed in essa metterai delle porzioni della dose, che prenderai con un cucchiarino da caffè.
Lesserai libbre quattro di grossi maccheroni, l’accomoderai in zuppiera frammezzandoli con once dodici di grattugiato parmegiano ed once otto di ottimo liquefatto butiro.
Farai delle fettoline di palamido tagliate sottili, ma la sola polpa, o altro pesce che lo somigli, le porrai a marinare in un vaso di creta con trito finissimo di petrosemolo e capperini, con del sale e pochi aromi come pepe, garofano e cannella pesta, che al dir di alcuni chiamano tutta spezie; frattanto fetterai delle sottilissime fettoline di magro tarantello pria bene dissalsato, ma queste prego il mio caro esecutor dilettante che debbono essere diafane; prendi un pagnottone o delle pagnotte, e dovrà esser per questo piuttosto la mollica senz’occhio, perciò servirsi dei pagnottoni, ed ove si trovassero gli occhi si tolgano; lo scorzerai e ne farai tante fette, ma in doppio numero per ciascuno, che siano di una giusta o regolare dimensione, le contornerai ugnali in doppio, da servire due fette per ciascun biscotto. Prenderai due di esse, le bagnerai nell’acqua che divenissero morbide non già spungate, ne porrai una nella palma della mano sinistra (se sei diritto), sopra di essa ci distenderai egualissimamente del trito premuto di quel marinato; disopra ci porrai una fettolina di tarantello, dipoi quella di pesce, l’altra fettolina di tarantello, sopra di quest’ultima dell’altro trito, e finalmente l’altra fetta di pane, e con la mano dritta premerai dolcemente questo biscotto; terrai pronta ancora una pastarella velatissima come dovesse servire per ostia, in essa ci tufferai il biscotto, e quindi così li friggerai tutti o con oglio ottimo bollentissimo o con strutto, gondolando sempre la padella perché diversamente verrebbero cattivi: fatti di bel biondo colore, li farai sgocciolare sopra di carta floscia e li servirai nel piatto proprio bene accomodati con salvietta al disotto.
Prendi rotoli tre e mezzo di grosso pesce palombo, ma il verace, che si conosce dalla sua cute bianca e morbida distinguendosi così dal pesce cane, il quale ha le stesse fattezze meno la cute che è tigrata e ruvida, lo laverai benissimo e lo ravvolgerai in un panno-lino, e ben cucito o legato con spago; lo porrai a bollire in brodo aromatico con acqua, una caraffa d’aceto bianco, delle fette di limone e portogallo, poche foglie di lauro, due cimette di rosmarino ed una libbra di spirito di vino; cotto che sarà, lo farai raffreddare nel suo medesimo brodo; dipoi lo toglierai dal panno-lino e lo porrai in vaso di creta coverto di rum, tenendolo per ore 24; lo sgocciolerai dal rum e lo adatterai nel piatto proprio, facendolo servire con salsa alla marinara o alla maionese che farai così:
Pesterai finissimo grana quattro di petrosemolo e menta; ci pesterai dieci torli d’ovi duri con una mollica di una pagnotta spungata in aceto, ci porrai del sale e degli aromi, e passerai per 124setaccio, dipoi ci porrai del zucchero, tanto che ci dia il gusto di un regolare acro-dolce, ci porrai dell’aceto, portando la salsa ad una giusta liquidezza velata; questa salsa o lo porrai sotto al pesce, oppure la farai servire nelle salsiere, come farai per la
Prendi numero 20 torli d’ovi freschi, li batterai col battitore senza mai stancarti, dovendo essere schiumosi, e battendo battendo, ci porrai a stille a stille due once d’oglio il più perfetto e poco stille di succo di limone.
Prendi dei cardoni, ma le loro foglio bianche, le ridurrai in pezzetti, non più di quattro dita, togliendone tutti li filamenti, li porrai in acqua fresca con sale e succo di limone, perché così si rendono bianchi, e li terrai per qualche tempo; dipoi li lesserai, rivoltandoli spesso affinché quelli che si presentano sopra dell’acqua non si anneriscano; dopo cotti li porrai in acqua fresca; frattanto farai una salsa bianca, ponendo in una casseruola un poco di fior di farina, che scioglierai con acqua e butiro, del sale, pepe ed un poco d’aceto bianco; porrai la casseruola sulla fornella con lento foco, e girando con la mescola farai alquanto legare questa salsa, ci unirai li cardoni bene sgocciolati, facendoci dare pochi bolli perché tutto s’incorpori; bada esser cosa facilissima che il butiro si converta in oglio, ed allora ci porrai un cucchiaio d’acqua, ci farai dare un altro bollo e così li servirai con guarnizioni di crostini fritti.
Prendi grana quattro di spinaci, li pulirai, li laverai, e quindi li premerai e li triturerai. Porrai in una casseruola once quattro di butiro, lo farai liquefare, e dopo ci unirai li spinaci con sale e poca polvere di cannella, che farai bastantemente soffriggere, e quindi ci porrai una caraffa di latte, batterai dodici ovi con once quattro di fior di farina, che verserai ancora in questa composizione, che farai cuocere girando bene onde non si aggruppi; e cotta che sarà, ci porrai once quattro di parmegiano grattugiato, tornerai a mescolare facendola restringere bene sul foco e la porrai in un piatto a raffreddare, ne formerai tanti ovi, l’indorerai con battuto d’ovi, li rivolgerai nel pan-gratto e li friggerai, servendoli con la
Prendi un rotolo di funghi, se son de’ piccoli sono migliori, diversamente li triturerai, li laverai più volte con acqua bollente, e con del sale e succo di limone; ridotti bianchi, li soffriggerai con butiro, dolcemente li farai cuocere con del petrosemolo trito, porrai questa salsa nel piatto proprio e sopra ci adatterai gli ovi detti di sopra.
Prendi rotoli tre di cefali, non più di due, li sgargerai, ne spunterai le piccole ali, gli aprirai il ventre, e li laverai benissimo più volte, li farai sgocciolare e li ravvolgerai nell’oglio, e sulla graticola infocata li farai arrosto, bagnandoli di tanto in tanto con dell’oglio; cotti, l’aggiusterai nel piatto proprio con insalata trita al disotto.
Farai la pasta frolla con once sedici di fior di farina giusta il cap. IV. §1, ed impasterai facendo una pasta frolla, bada di non maneggiarla molto; dipoi vernicerai appena una mezzana casseruola, farai la tela della pasta levigandola col laganatoio della spessezza di una nostra moneta di rame di grana cinque, e ne farai la cassa in quella casseruola, e dopo ci farai una controcassa di carta; dipoi impasterai della brenna con acqua calda, e con questa farai come una forma incassandola nella casseruola, e così farai cuocere la pasta frolla; quando sarà cotta, anzi un punto dippiù, la farai raffreddare e diligentemente ne toglierai la brenna, poscia la carta, e quindi, con attenzione somma, sformerai la cassa di pasta frolla vuota dalla casseruola; frattanto, prenderai rotoli tre di mele così dette genovesi, le scorzerai e le farai a dadi, e le farai cuocere con un rotolo di zucchero, ovvero once 33, e le farai sciroppare; quando saran cotte, ma pronte, le toglierai dalla fornella, ed al momento di servire la sciarlotta, osserverai se ci fosse molto sugo: ne lo toglierai, e ci porrai o tanto rum o rosolio, che ci darà buon gusto, rivolterai e verserai nella forma di pasta frolla, che di già avrai accomodato nel piatto proprio con salvietta al disotto.
Accomoderai tutti li descritti piattini nel modo come più volte ho detto; per li due piattini di dolci, cioè uno di biscottini leggieri e l’altro biscottini di cioccolata, vedi il giorno 11 marzo.
Pel gelato di portogallo vedi il giorno 1 di questo mese.
Per la bevanda del caffè farai come gli altri giorni.
PRATICA.
Farai il brodo di butiro giusta il cap. V. §4, frattanto lesserai a filetti delle erbe come una buona rapa, due pastinache, del petrosemolo trito ed un sellero ancor così; farai le croste di pane bruscato, che porrai nella zuppiera versandoci quel brodo di butiro.
Lesserai libbre quattro di vermicelli, li sgocciolerai ed intanto farai soffriggere in una casseruola once quattro d’alici salse, lavate e spinate, con once sei d’oglio perfettissimo; rivolgerai bene li vermicelli a caldo di foco, ed asciugati li porrai in zuppiera.
Prendi once 24 di riso; dopo di averlo ben pulito di tutte le cose estranee, lo lesserai o con once quattro di butiro o ancor di sugna; se ci fosse molto brodo ne lo sgocciolerai, e quindi lo condirai con once otto di parmegiano grattugiato, o caciocavallo, o provola, o.... infine come meglio ti riuscirà, trovandoli in sito ove tutto si ha; ci mescolerai sei ovi interi ben battuti, del sale e del pepe; dipoi ne farai tante porzioni uguali, da formarne delle regolari braciolette; farai intanto un raguncino di code di gamberi con funghi, piselli, tartufi, legato con qualche torlo d’ovo, poco butiro e del fior di farina; per ciascuna porzione ci porrai un ripieno di questo raguncino, ravvolgerai come una bracioletta, la bagnerai col battuto d’ovi e la passerai nel pan-gratto, e poscia le friggerai di bel biondo colore, le farai sgocciolare sopra di una carta floscia, e poi a guisa di piramide l’accomoderai nel piatto proprio con tovagliolo al disotto.
Porrai in una casseruola tre bicchieri di vino bianco secco, altrettanto d’acqua, due fette di limone senza corteccia, due cucchiai d’oglio, quattro teste di garofani, del sale, del pepe sano; quando avrà bollito un quarto d’ora, ci porrai a cuocere rotoli tre di merluzzi mezzani o delle fette di grandi merluzzi; quando saran cotti, li sgocciolerai da quel brodo e li porrai nel piatto proprio con la seguente
Lesserai un finocchio con tutte le foglie buone, con due spicchi d’aglio, indi pesterai queste cotte erbe nel mortaio, e porrai 127questo pesto ben ridotto in salsa in una casseruola con un bicchiere di vino di sciampagna, pria consumato per metà bollendo dolcemente; ci porrai un poco di brodo chiaro di pesce, che far potrai con una o due teste dell’istesso pesce, quattro torli d’ovi, ci porrai ancora once quattro di butiro maneggiato con pochino di fior di farina, del sale, del pepe in polvere ed un poco di raspatura di noce moscata; farai stringere sopra al foco e bollire un momento, ci porrai dopo un grano di cerfoglio trito e poco sugo di limone, rivolgerai tutto benissimo e la verserai sopra del pesce.
Prendi once 16 di teneri scorzati piselli, li farai cuocere in una casseruola con once quattro di ottimo butiro; farai gli ovi duri, li scorzerai e li dividerai per metà, l’aggiusterai nel piatto proprio e ci verserai i piselli ben caldi, se ti piace potrai spruzzarci poche stille di limone, e ci farai una guarnizione di crostini fritti.
Prendi una misura di ceci pria spungati in acqua, li lesserai e li pesterai benissimo, ci pesterai ancora once otto di mollica di pane spungata nel latte e premuta, e passerai per setaccio: batterai alla fiocca otto chiara d’ovi, ed elevatisi bene in schiuma li unirai con quell’estratto; ci unirai once otto di parmegiano grattugiato e li torli d’ovi, del sale e del pepe, e farai medesimare tutto, dipoi vernicerai di butiro o di sugna una proporzionata casseruola, la ingranirai di fino pan-gratto e ci verserai la dose, la quale non deve oltrepassare la metà del bordo; accenderai rotoli due di carboni in una fornella, e quando saran tutti arroventati, li toglierai tutti dalla fornella, sopra di essa ci porrai diligentemente la casseruola col suo coperchio, adattando li carboni sopra ed all’intorno del bordo, facendo sempre uso del ventarolo onde li carboni non s’incenerissero; quando credi che sia cotta la osserverai con una lama di coltello introducendola nel mezzo: se la lama sorte netta l’è cotta, se umida o verniciata ha bisogno di più stagionare; quando sarà cotta la farai alquanto rassettare e quindi, staccandola leggiermente con il coltellone, la rovescerai nel piatto proprio.
Per dodici coperti prendi quattro dozzine di ottime ostriche, le più grandi e precisamente quelle del Real sito del Fusaro (in Firenze ancora ne ho vedute belle come quelle), le aprirai e le staccherai propriamente: pulirai benissimo li loro gusci e le riporrai di nuovo, le mollicherai di pan-gratto e del petrosemolo trito, di sale, di pepe ed oglio, e per chi piace appena appena dell’aglio trito; le adatterai sulla gratella con poca brace al disotto ed un fornello al di sopra con pochi carboni, ma che siano sempre accesi, e fatto il brulè le adatterai nel piatto proprio.
Per questo piatto come farsi, vedi il cap. VI. §11; solo ti darò la proporzione di doverti servire di un rotolo e mezzo di zucchero fino, ovvero once 48, e 45 torli d’ovi; l’acqua per fare il giulebbe, siccome nel citato capitolo per designare la ricetta ho detto una caraffa, per questo ce ne porrai una caraffa e mezzo, e così farai il piatto d’ovi faldacchiere.
La pratica pel riposto ti regolerai come alla nausea ho parlato per gli altri antecedenti, ti parlerò per la pratica de’ dolci, e del gelato.
Biscottini di confetture e biscottini di mandorle dolci, vedi il giorno 3 marzo.
Prendi libbre tre di fiori di violette, le porrai con una libbra di acqua bollente, nella quale si lasceranno per tre ore; dopo passerai tale infusione per panno-lino e premerai ben forte, farai tre libbre di zucchero in giulebbe e farai poscia il sorbetto come per gli altri.
Farai la solita bevanda con once quattro di caffè come al cap. IX.
PRATICA.
Farai il brodo di pesce giusta il cap. V. §2, frattanto prendi della polpa di pesce, sia di pesce spada, di tonno, di palamido, di palombo, di merluzzo, di cefalo e finalmente ancora delle alici 129grosse: qualunque ne sia la specie di questi, ne prenderai un rotolo di detta polpa, la pesterai finissima con once quattro di polpa di pane spungata nel latte o pur in acqua, la premerai e la pesterai ancora, ci unirai once quattro di provola grattugiata, del sale, poco pepe, del petrosemolo trito finissimo e dei torli d’ovi per rammassare cotesta composizione; la passerai per setaccio e ne formerai tanti piccoli tarallini, come anginetti, e perché ti si renda comodo nel maneggiare cotesta pasta ci porrai poco fior di farina; porrai questi tarallini in tortiera e li farai cuocere o col brodo della stessa zuppa, o con sugo di pomidoro, o con acqua e butiro, e così li conserverai; farai delle croste di pane bruscato o fatto in dadini e fritti, o se in vece del pane ci vorresti della pasta a tarallini, allora di quest’ultima ne lesserai once 24, la sgocciolerai benissimo e la intersecherai in zuppiera con li tarallini di pesce e quindi ci verserai il brodo bollente.
Imbianchirai dei broccoli di rape non molto torzuti, ma non in cottura, li ritirerai in acqua fresca perché non gialliscano, frattanto porrai in una casseruola once nove di ottimo oglio, lo farai soffriggere con due spicchi d’aglio, ed arrossiti cotesti ne li toglierai; dipoi ci porrai dell’oglio, once quattro d’alici salse ben pulite e spinate, e le farai quasi liquefare nell’oglio: sgocciolerai benissimo li broccoli e li rivolgerai nell’oglio medesimo, facendoli dare quegli altri gradi di cottura, e così li riporrai in zuppiera.
Prendi grana sei di spinaci, grana venti di sparagi, mezzo rotolo di pronti e piccoli funghi, mezzo rotolo di piselli teneri e scorzati; tutte queste erbe le lesserai e le pesterai benissimo con once otto di mollica di pane spungata nel latte e premuta; ci unirai once otto di parmegiano grattugiato o caciocavallo ed una decina di torli di ovi duri, che pesterai ancora tutto insieme con sale e poco pepe; passerai tutto questo pesto per setaccio, e laddove ti sembrasse alquanto duro ci porrai qualche altro torlo d’ovo crudo con un pochino di latte, e così renderai più morbida questa composizione; ne farai tante braciolette che chiamansi anemole; le passerai nel fior di farina, quindi nel battuto d’ovi, e poi nel pan-gratto, ma di fina grana, ed a color d’oro le friggerai con mezzo rotolo di sugna pari ad once sedici e mezzo.
Prendi o una spinola di rotoli tre o due mezzane, le sgargerai, le squamerai, ne aprirai il ventre e laverai benissimo, l’asciugherai e le ravvolgerai in panno-lino, che farai cuocere con mezza caraffa d’aceto, delle fette di limone e portogallo, del rosmarino e delle foglie d’alloro, del sale, qualche testa di garofano, una stecchetta di cannella e molta acqua; le farai raffreddare nel brodo medesimo; 130dipoi le toglierai dal panno lino e le porrai nel piatto proprio. Farai una salsa di ottimo oglio, con sugo di limone, del sale e petrosemolo trito, che porrai nelle salsiere, e così le servirai.
Farai 24 ovi duri, li scorzerai, li dividerai in quartini e l’aggiusterai nel piatto versandoci una crema di limone liquida che farai con mezza caraffa di latte, un quartino d’acqua bollente in dove ci scioglierai once quattro di zucchero, in un altro quartino d’acqua ci scioglierai un’oncia di amido, ci porrai due torli d’ovi, passerai tutta questa composizione per setaccio e farai una crema; quando si è addensata non molto, allora ci porrai del succo di limone tanto che ci dia buon gusto, e fatta così, la verserai sugli ovi e subito li servirai.
Prendi 24 torzuti selleri, ne toglierai tutte le foglie cattive, li dividerai per metà e li laverai benissimo; li lesserai, li sgocciolerai, l’asciugherai, li farinerai; li passerai pel battuto d’ovi e li friggerai; dipoi l’accomoderai nel piatto proprio, frammezzandoli con once dodici di parmegiano grattugiato ed once sei di butiro liquefatto; porrai quel piatto sopra di una ben calda fornella, ed al disopra ci porrai un fornello che copra il piatto con carboni accesi, che s’incorporino bene li selleri, e fatto il brulè li servirai.
Prendi rotoli tre di triglie, le sgargerai, ne aprirai il ventre e le laverai benissimo, le asciugherai e le farai arrosto sopra della gratella rovente, cotte a vapore con due ali di foco, bagnandole d’oglio; dopo cotte l’accomoderai nel piatto proprio, con insalatina trita al disotto.
Farai la crema giusta la norma spiegata nel cap. VI. §1; circa la proporzione pel pranzo di dodici coperti prenderai una caraffa e mezzo di latte, e così pel dippiù.
Piattini di mostaccioletti imbottiti e raffioletti.
Prendi una libbra di zucchero grasso, once dieci di fior di farina, una terza ed una quarta di cannella pesta, una quarta d’oncia di garofano ed una terza parte di una noce moscata pesta; unirai tutto insieme ed impasterai con acqua calda, farai un pastume, lo ravvolgerai in panno-lino e lo farai fermentare così per due giorni; 131dipoi rimenerai questa pasta, e ne farai tante porzioni della figura di mostaccioletti, levigando la loro sottigliezza a mezzo scudo; per ciascun di essi ci porrai della marmellata di cedro o di amarene, di cocozzata o di percocata, e ci porrai l’altra metà sopra, e così li farai cuocere a giusto forno, adattandoli nei ruoti con grossolana farina al disotto; e dopo cotti li nasprerai o di cioccolatta, o di cannella, o di pistacchio, facendo il giulebbe stretto a caramella di once otto di zucchero, mescolandoci poco pria di tirarlo once tre di cioccolata pesta; e così rivolterai benissimo con mescola di legno e con un pennello vernicerai tutti li mostaccioletti, facendoli asciugare a forno aperto.
Batterai cinque torli d’ovi freschi con once sei di zucchero fiorettato, dipoi ci unirai due e mezzo chiara d’ovi pria ben battuti alla fiocca ed once sei di ottimo fior di farina, mescolerai tutto benissimo; fatto così questo pastume, polverizzerai di farina de’ ruoti, ed in essi porrai delle porzioni della pasta, dando quella forma che più ti piacerà della spessezza non più di uno scudo, ci porrai di quella marmellata o conserva di sciroppato che più ti gradirà, e coprirai con altra pasta, polverizzandoli al di sopra di zucchero, e li farai cuocere dolcemente al forno; quindi farai il naspro col giulebbe come sopra, mettendoci invece o della raspatura di limone o portogallo; li farai poscia asciugare nel forno, e così, tanto gli uni che gli altri, l’accomoderai ne’ proprii piattini con carta arricciata al disotto.
Prendi tre caraffe di latte di vaccina recentemente munto, ci scioglierai 24 torli d’ovi freschissimi, ci scioglierai libbre tre e mezzo di zucchero fiorettato, e lo farai lentamente cuocere girando spesso con mescola di legno onde non si attacci al fondo del polsonetto o in una delle caldaie addette al Riposto; e quando la mescola la vedi verniciata, allora toglierai dal foco, lo passerai per setaccio e lo porrai in una sorbettiera, e questa in un tinello con acqua a raffreddarsi; frattanto prendi una libbra e mezzo di mandorle dolci, le pelerai con acqua bollente, l’asciugherai e le brustolirai di bel colore carmelitano, di poi le pesterai ben fine e le scioglierai benissimo in una caraffa d’acqua; e questa l’unirai alla dose precedente, che ripasserai di bel nuovo tutto insieme per setaccio, che riporrai novellamente a rinfrescare come prima; finalmente porrai in neve, giusta il prescritto fatto pel sorbetto, e ne farai lo schiumone.
PRATICA.
Farai principalmente il brodo di pesce giusta il cap. V. §2, ci porrai delle erbe triturate e lessate, e farai de’ piccoli crostini di pane, o bruscati o fritti, li porrai in zuppiera versandoci il brodo bollente.
Lesserai un rotolo e mezzo di maccheroni pronti, li sgocciolerai benissimo e li frammezzerai in zuppiera con once dodici di parmegiano grattugiato ed once otto di butiro liquefatto.
Farai la pasta giusta il cap. IV. §6, ci unirai once sei di parmegiano o provola grattugiata ed altri sei torli d’ovi e la faticherai sempre; ci porrai once due di fresco butiro ed once otto di mozzarella a pezzettini; rammasserai insieme la pasta (bada di non adoperare fior di farina), ti vernicerai le mani di strutto, e farai di quella tante uguali pagnottine; le adatterai in tortiera grande, verniciata ancora, e le situerai staccate l’una dall’altra, le farai cuocere ad un forno regolare; quando saranno ben gonfie le toglierai e le servirai nel piatto proprio.
Prendi rotoli due di calamari purché sieno quelli di tre a rotolo, bada che sieno freschi; con diligenza somma ne toglierai li loro artigli, restando intero il loro stuccio, ne toglierai diligentemente l’unico corpo estraneo che hanno, cioè quella che dicesi spada, li laverai benissimo facendoli sgocciolare; intanto prendi del pan-gratto, de’ capperini, del petrosemolo, delle alici salate, della polpa di olive bianche e de’ pignoli, tutto triturato, del sale, del pepe; rammasserai tutto con dell’oglio, e formata una farsa ne riempirai li calamari; ci darai due punti onde il ripieno si conservi, e farai del sugo di pomidoro con gli artigli loro medesimi in pezzetti, e così farai cuocere li calamari; servendoli con crostini fritti per guarnizione.
Prendi rotoli tre di funghi freschi, se ne potrai avere, diversamente ti servirai dei secchi, e di questi ne prenderai un rotolo o mezzo; tanto i primi che i secondi li netterai benissimo e li laverai più volte con acqua bollente, e quindi li terrai in acqua fresca con succo di limone e sale; dipoi li premerai facendo pria soffriggere once quattro di oglio perfettissimo con due spicchi d’aglio, ci rivolgerai li funghi con del petrosemolo trito, e cotti li servirai.
Batterai alla fiocca dodici chiara d’ovi, e dopo ci mescolerai li rossi con once quattro di butiro liquefatto ma non bollente; ci porrai poco sale e pepe; frattanto prendi il piatto proprio, lo vernicerai di butiro, ci accomoderai delle sottilissime fettoline di parmegiano e porrai il piatto sopra la cenere calda; quando si sarà bene infuocato ci verserai quel battuto d’ovi, e farai cuocere sotto al fornello, perché venga ben gonfio, e lo servirai subito.
Prendi un bel dentice che non sia minore di rotoli tre, lo sgargerai, gli pulirai il ventre e lo laverai benissimo; dipoi l’asciugherai e lo bagnerai interamente d’oglio, e lo farai arrosto; dopo di essere ben cotto, ed umido d’oglio, lo accomoderai nel piatto proprio con insalata trita al disotto.
Farai la pasta frolla con libbre due di fior di farina giusta il cap. IV. §1; dettagliatamente ne farai tante piccole porzioni per quanti pasticcetti vorrai fare, tenendo pronte le formette; in esse farai le casse della pasta frolla non più spesse di uno scudo, le riempirai di sciroppato, ci farai il coverchio della pasta medesima facendo un bordino, e nei ruoti li farai cuocere o nel forno o sotto al fornello; dopo cotti e freddati li sformerai diligentemente, li polverizzerai di zucchero e così l’accomoderai nel piatto proprio con salvietta al disotto.
La pratica del Riposto e Desserts sarà come tutti gli altri, dappoicché ne abbiamo parlato precedentemente; ti dirò soltanto quando capiterà l’occasione di nuovi piattini di dolci non ancora detti e di gelati.
Prendi una libbra di fior di farina, once quattro di zucchero ed once due di butiro liquefatto; impasterai questa pasta con tanti rossi d’ovi per quanto basta a formare una soda pasta, che farai fermentare per due ore; dopo ne formerai tanti piccolissimi tarallini, così detti ginetti, li porrai nei ruoti e li farai cuocere al forno; dopo cotti li porrai in un polsonetto da riposto, col giulebbe fatto al nono 134punto di cottura, come vedrai al suo cap. VII, li rivolgerai benissimo, e quando saranno tutti vestiti di zucchero, ci porrai della raspatura di limone, li rivolterai di nuovo e li toglierai tutti in un masso, li riporrai sopra di un foglio di rame e quindi nel forno caldo per farli asciugare, dopo di che li suddividerai e ne formerai il piattino come gli altri.
Sciropperai una libbra di zucchero al medesimo punto di cottura come disopra, e freddato che sarà, ci mescolerai quattro chiara d’ovi montate alla fiocca e quindi ci unirai de’ variati canditi tritolati; medesimato che avrai tutto, adatterai delle ostie bianche da riposto sopra dei fogli di rame, ci porrai a bocconi della dose ed a lento forno farai assodare, e quindi l’accomoderai nel piattino come sopra.
Vedi il giorno 6 marzo.
Pel caffè farai come il solito.
PRATICA.
Prendi grana due di selleri, grana due di lattuga, grana due d’indivia, ovvero scarola, ne formerai tanti piccoli mazzettini ben legati, e lavati li lesserai; prendi un paio di belle rape, tre o quattro carote, altre tante di pastinache, due grana di torzelle ma torzute, le pulirai e le intaglierai propriamente con una dozzina o poco più di piccole cipolline e tutto lesserai appena; frattanto terrai il 135brodo di pesce fatto giusta il cap. V. §2, lo porrai in una marmitta con tutte le descritte erbe; quando le medesime saran cotte, leverai dalla fornella la marmitta, accomoderai le croste piccole di pane, o bruscate o fritte nella zuppiera, ci aggiusterai sopra le erbe e ci verserai il brodo.
Cipolline trovo necessario far questa nota, per colui che non m’intendesse, parlar voglio sempre di un dilettante, cipolline non è lo stesso di cipolle: è una specie di semenza, che produce sempre il fruto piccolo.
Lesserai un rotolo e mezzo di pasta minuta, le così dette scorze di nocelle, le sgocciolerai moltissimo, e le frammezzerai in zuppiera con once dodici di grattugiato parmegiano e sugo di pesce.
Prendi un rotolo di polpa di pesce, la pesterai con once quattro di polpa di pane spungato in acqua e premuta, ci porrai once quattro di provola grattugiata, tre o quattro torli d’ovi freschi, ci pesterai ancora mezzo grano di menta, passerai tutto per setaccio; porrai questa composizione nelle formette di latta come tante tabacchiere da contadini, nel mezzo ci porrai un imbottito di piselli, funghi e pochi frutti di mare, e chiuderai la formetta, le legherai tutte con spago e le farai cuocere con acqua bollente; quindi le porrai in acqua fresca e poscia le sformerai come un piccolo gelato, le asciugherai con panno-lino, le farinerai con fior di farina, le passerai nel battuto d’ovi e poi nel fino pan-gratto, e le friggerai, accomodandole nel piatto proprio con tovagliolo al di sotto.
Prendi rotoli tre di grandi merluzzi, li sgargerai, li squamerai, gli aprirai il ventre, li laverai benissimo e li lesserai in acqua con aceto, fette di limone, del rosmarino e delle foglie di lauro; ben cotti li sgocciolerai, e li porrai nel piatto proprio servendoli con la
Pesterai grana quattro di menta e petrosemolo con dieci torli d’ovi duri, ci pesterai ancora once quattro di polpa di pane spungata in aceto e premuta; passerai per setaccio ben forte, e ci porrai del zucchero quanto basti a gustarla, del sale, del pepe, della cannella e del garofano pesto, scioglierai con dell’ottimo aceto portandola ad una giusta densità; fatta in questo modo, o la verserai sopra dei merluzzi, o la farai servire nelle salsiere.
Prendi once sei di butiro, tre o quattro cipolline trite, mezzo grano di petrosemolo trito finissimo, ci porrai un pochino di fior di farina, porrai tutto in una casseruola al foco, ci bagnerai una caraffa metà di latte e metà fior di latte, e farai bollire, finché la 136salsa sia ben legata; frattanto farai 24 ovi duri, li scorzerai, togliendone diligentemente li torli sani, e le chiara le taglierai a filetti, e li porrai nella salsa, con del sale e pepe.
Farai nel piatto proprio un bordino di croste di pane fritto appena, e nel di dentro ci porrai la detta salsa, sopra ci situerai li torli d’ovi duri, polverizzando tutto con parmegiano e pan-gratto e poco butiro liquefatto; prenderai in oltre sei torli d’ovi duri, li porrai sopra di un setaccio che coprisse il piatto, e con mescola di legno premerai intorno intorno al piatto di quelli torli d’ovi duri, facendo cadere nel piatto simmetricamente quelli filamenti; porrai il piatto in un forno temperato, che lo terrai per una mezz’ora avendo attenzione che non bolla, e così lo servirai.
Prendi rotoli tre di buone carote, che non siano spinose, le laverai, le lesserai, le spellerai e con somma pazienza le pesterai; ci pesterai ancora once otto di polpa di pane spungata nel fior di latte, ci pesterai ancora once otto di parmegiano grattugiato, e passerai per setaccio; batterai alla fiocca quattro chiara d’ovi con un pochino di polvere di zucchero e medesimerai tutto benissimo. Prendi una proporzionata casseruola, ci farai una fodera di carta bene imbutirata; ci verserai la composizione e farai cuocere per due ore, e forse più al bagno-maria, cioè in un’altra casseruola grande d’acqua bollente, badando che la forza del bollo non entri nella casseruola; dopo cotto, rovescerai sopra di un coperchio il gattò, ne toglierai la carta e con diligenza somma lo scivolerai nel piatto proprio, e così lo servirai.
Porrai in una casseruola once tre di ottimo oglio, mezza cipolla trita finissima, mezzo grano di petrosemolo, altrettanto di maggiorana, ed altro di menta romana, ancor tutto trito; farai tutto soffriggere; dipoi ci porrai rotoli due di baccalà spungato, lessato e spilluccato, ovvero spinato, con poco sale e pepe, e seguiterà a soffriggere, bagnando con poco d’acqua calda laddove non avessi un poco di brodo di pesce; quando si sarà tutto bene incorporato, lo toglierai dal foco e ne prenderai una piccola porzione di esso, lo pesterai finissimo con mezzo spicco d’aglio; dipoi prendi la quarta parte di una misura di noci scorzate, spungate e spellate, che pesterai separatamente, con once quattro di mollica di pane spungato nel latte, e premuta, e quindi l’unirai con quel pesto di baccalà; porrai questa composizione in una casseruola, la scioglierai con brodo di pesce e la farai cuocere, passerai dopo cotto per setaccio e porrai questo estratto in una casseruola, che riscalderai, versandola sopra al baccalà accomodato nel piatto proprio con guarnizione di crostini fritti.
La proporzione per questa crema è di una caraffa e mezzo di latte: pel magistero vedi il cap. VI.
Eseguirai come tutti li precedenti, accomodando li piattini con pulizia e simmetria; manifatturando li piattini dei dolci; farai per li
Prendi once sei di miele, lo chiarificherai pria a lento foco; con once tre di zucchero in giulebbe; impasterai con detti liquidi addensati una libbra di fior di farina con once sei di zucchero fiorettato, una libbra di mandorle brustolite e trite, un’oncia di scorza di portogallo candito, poca polvere di cannella, garofano e pepe, e poca corteccia di portogallo fresco; di tutto ne farai un pastume e lo lascerai fermentare per un giorno, dipoi ne formerai tante piccole formette a tuo piacere che farai cuocere a giusto calor di forno, e cotti ci farai un naspro qualunque e li servirai come gli altri. Per li biscotti alla bugnè batterai alla fiocca cinque chiara d’ovi, ci porrai once cinque di zucchero fino fiorettato e ci unirai ancora li rossi d’ovi, e batterai bene tutto; dipoi ci unirai un’oncia di fior di farina, e mescolato tutto bene, farai delle formette di carta, ci porrai la composizione, li polverizzerai di zucchero e li farai cuocere al forno lento, conoscendone la loro cottura quando si staccheranno dalla carta con faciltà.
Giulebbererai libbre quattro di zucchero portandolo al terzo punto di cottura, da me chiamato il piccolo perlè, vedi il suo cap. VII, e quando si sarà raffreddato ci porrai il succo di nove limoni e la raspatura della corteccia di tre limi freschi, e mescolerai tutto benissimo; lo passerai per un panno-lino, ci unirai ancora tre bicchieri d’acqua, e così lo porrai in neve per mantecarlo e formarne o lo schiumone o le forme.
Farai la solita bevanda del caffè, vedi il cap. IX.
[PRATICA]
Prendi grana due di borraggine, grana due di lattuga, un grano di biete ma di quelle con lo stipite rosso, perché a scanso che soffriste dello schifo, debbo prevenirti esservi due specie di biete, quelle con le stipite bianco son quelle che muovono lo schifo tacendo il perché, quelle con lo stipite rosso son quelle mangiabili e che si usano in cucina ed in riposto ancor pel color verde; lesserai queste erbe e le passerai poi nell’acqua fresca, dipoi le premerai benissimo e le triturerai grossolanamente, le porrai in una casseruola con once otto di butiro, passerai un poco sul foco, indi bagnerai con brodo chiaro di pesce giusta il cap. V. §2, e farai bollire dolcemente per mezz’ora; toglierai la casseruola dalla fornella e disgrasserai la composizione; quando si saranno le erbe raffreddate, batterai otto ovi benissimo e li mescolerai con le stesse, più ci porrai once 3 di parmegiano grattugiato e mezza caraffa di fiore di latte; tutto mescolerai con l’erbe, che condirai di sale; porrai questa miscellanea in una proporzionata marmitta di rame, e quest’ultima in un’altra con acqua bollente, facendo cuocere al bagno-maria questa zuppa, e quando si sarà ben legata la toglierai dall’acqua bollente e con un cucchiarino ne prenderai delle porzioni disuguali, le porrai nella zuppiera e ci verserai del buon brodo di pesce, e così la servirai.
Lesserai un rotolo e mezzo di vermicelli, li sgocciolerai benissimo e li frammezzerai in zuppiera con once dodici di parmegiano grattugiato ed once otto di butiro liquefatto.
Prendi 36 pagnottine piccole di mezzo grano l’uno, che si ordinano precisamente, ne rasperai con la piccola grattugia la crosta, le vuoterai diligentemente, e le riempirai o di un sarpicco di frutti di mare, o di un raguncino di pesce, o di sole erbe come piselli, funghi, tartufi, carciofi ec.; legherai con torli d’ovi; riempite le pagnottine, le bagnerai appena nell’acqua fresca, le passerai nel fior di farina, quindi nel battuto d’ovi, e poi le friggerai di bel biondo colore con sugna, le sgocciolerai sopra di carta floscia e finalmente l’aggiusterai nel piatto proprio con tovagliolo al disotto.
Prendi un bel pezzo di storione di rotoli tre, lo porrai in una 139casseruola con delle fettoline di grascio tarantello e delle fettoline di lardo, un buon bicchiere di vino bianco secco, mezza cipolla trita, mezzo grano di petrosemolo, una pastinaca, una rapa, anche trite, del pepe e del sale, una foglia di lauro e dell’ottimo brodo di pesce tirato quasi a consomè, e così lo farai cuocere; quando sarà cotto lo servirai con la salsa medesima e poco brodo.
Prendi once sei di butiro, lo farai liquefare in una casseruola, ci porrai una cipolla trituratissima, un grano di petrosemolo e maggiorana, farai soffriggere e poi ci porrai mezza caraffa di latte, due once di pignoli brustoliti, poco fior di farina fatto a colletta e farai alquanto bollire; lesserai gli ovi al numero di 24 senza corteccia, l’accomoderai nel piatto e ci verserai la descritta salsa.
Secondo più o meno saranno grandi le rape, ne intaglierai graziosamente tante cassettine pel numero di dodici coperti, le lesserai appena con acqua bollente, le sgocciolerai e quindi le porrai in un ruoto con butiro, salsa di pomidoro e brodo di pesce, e, sotto al fornello, le farai cuocere badando che non passino di cottura. Nel momento di servirle le sgocciolerai, le asciugherai con panno-lino e le riempirai con diverso ripieno delle pagnottine, e così le servirai con poco brodo al disotto.
Prendi o uno o due cefali di rotoli tre, li sgargerai, gli aprirai il ventre e li laverai benissimo, l’asciugherai e li bagnerai d’oglio, e li farai arrosto accomodandoli nel piatto proprio con insalata trita al disotto.
Prendi once sedici di mandorle dolci, le spellerai con acqua bollente, le pasterai finissime, e di tanto in tanto ci porrai un pochino di chiaro d’ovo perché così non daranno oglio (qui debbo fare una prevenzione, che in molte circostanze di formare il pesto delle mandorle sembra che io sia dubbio e vario nell’aggiungere a questo pesto, ora dell’acqua di cannella, fo osservare che a seconda dell’uso cui è destinata la pasta di mandorle, così si deve adoperare il mezzo come non dare oglio), dopo ben pestate le sciropperai con once 16 di zucchero grasso, e quando la pasta sarà ben cotta la distenderai sopra di un foglio di carta in tanti piccoli tondi, facendoci un piccolo bordino, e li farai cuocere ad un forno molto temperato, dipoi li riempirai di quella conserva, o marmellata, che più ti piacerà servendoli con tovagliolo al disotto.
Pel Riposto farai il solito, e più volte ripetuto, apparecchio. Pel Desserts farai le mirenghe semplici così:
Sciropperai una libbra di zucchero portandolo all’ottavo punto di 140cottura, da me chiamato il piccolo e grande boulet, vedi al cap VII; quando il zucchero è quasi raffreddato, allora ci mescolerai due chiara d’ovi ben montate alla fiocca, e sopra de’ fogli di carta farai cadere con un cucchiaio tanti bocconi della composizione; porrai questi fogli di carta in un forno di leggerissimo calorico, quanto appena faccia la patina alle mirenghe: e raffreddate, con diligenza somma le staccherai dalla carta ed a due a due ne formerai una sola, quasiché sembrasse un uovo, l’accomoderai nel piattino proprio con carta arricciata sotto.
Prendi una libbra di mandorle dolci pelate in acqua bollente, le pesterai con once otto di zucchero, una chiara d’ovo ed il succo di mezzo limone, in modo di farne una soda pasta, con la quale ne formerai con diligenza tante cassettine. Fatte, le farai disseccare, nel forno medesimo aperto ove avrai fatto le disopra descritte mirenghe, quanto si secchino, e dopo le riempirai di conserva di percoche, coverte della pasta mirenghe, come fatta disopra, e disseccate al forno.
Prendi sei libbre di latte di vacca, lo farai dolcemente bollire con sedici torli d’ovi freschi, ci porrai libbre due di ottimo butiro, ci porrai una libbra di zucchero a maturatura, lo condirai con acqua di cannella, lo passerai per setaccio e lo farai raffreddare in un vaso, e questo poi nel tinello con acqua fresca, e quindi lo porrai in neve come li gelati precedenti.
Farai la solita bevanda di caffè giusta il cap. IX.
141PRATICA.
Prendi once 24 di pan gratto, once dodici di parmegiano grattugiato, poco sale, ed impasterai con ovi battuti formando una pasta soda, val dire dura; fatta a piccoli bastoni, la grattugerai leggermente; terrai già pronto l’ottimo brodo di pesce giusta il cap. V. §2; quando bolle, ci porrai la pasta grattugiata e baderai che non sia molto addensata; la farai bollire per un quarto d’ora e la servirai in zuppiera.
Scorzerai con acqua bollente un rotolo e mezzo di belle, grosse e vive vongole, ne caverai da’ gusci il frutto; frattanto lesserai un rotolo e mezzo di tagliarelli (dir voglio quelli di trafila, non già quelli che si fanno in galleria, che sono li più lunghi e mordaci), li sgocciolerai e li rivolterai in una casseruola con once otto di ottimo bollentissimo oglio, ci porrai del petrosemolo trito finissimo, del sale, del pepe. e finalmente ci mescolerai le vongole; li farai asciugare al fianco però della fornella, rivoltandoli spessissimo perché si sciolgano bene, e fatti così li porrai in zuppiera.
Prendi rotoli due di mezzani calamaretti freschi, ne toglierai diligentemente li loro artigli dallo stuccio e quindi diligentissimamente ne toglierai il fiele, bada di non farli annerire; ne toglierai quella piccola spada, ci taglierai gli occhi e li laverai benissimo, li farai sgocciolare in un setaccio e poscia con tamburretto li farinerai; li friggerai con sugna di bel biondo colore, facendoli asciugare sopra carta floscia, e quindi l’accomoderai nel piatto proprio con tovagliolo al disotto.
Farai la pasta frolla con once 24 di fior di farina giusta il cap. IV. §1, levigando la pasta col laganatoio non più spessa di uno scudo, la porrai in una tortiera proporzionata; frattanto soffriggerai, con ottimo oglio, grana quattro di scarola triturata con sei alici salate pulite e spinate, ci porrai grana tre d’olive nere dissossate, grana tre di capperini, un grano di pignoli, del sale, del pepe e ne farai una farsa; lesserai un rotolo di baccalà, lo spellerai, lo spinerai e lo soffriggerai con poco oglio o salsa di pomidoro; freddate queste due composizioni, porrai la metà della prima ben disposta nella tortiera, nel mezzo ci porrai il baccalà e sopra l’altra metà della scarola, e finalmente porrai il coverchio della pasta frolla, attaccando bene le due paste, facendoci un bordino grazioso, e lo cuocerai al forno o sotto al fornello; con diligenza lo farai scivolare nel piatto proprio e caldissimo lo servirai.
Prendi rotoli due di grossi gamberi, e propriamente quelli che diconsi mazzacuogni, li lesserai, e cotti ne toglierai le code, monde delle cortecce; di tutti li gambi ne farai un pesto, lo bollirai con acqua ed oglio, o butiro, ne farai un brodo e questo lo passerai per setaccio; in questo brodo ci farai cuocere un rotolo di freschi piselli, ma un rotolo scorzati, li farai disfare e passerai per setaccio questo purè; lo porrai in una casseruola sopra di una fornella, bisognando farlo ancora addensare; ci porrai once quattro di tartufi scorzati fatti in filettini, e finalmente ci rivolterai le code de’ gamberi; incorporati che si saranno nella purè, li porrai nel piatto proprio con guarnizione di crostini fritti.
Gamberi. L’è questo un pesce Crostaceo molto stimato, utilissimo nella Cucina per abbellire moltissimi piatti e servire sulle Mense più delicate: esso è migliore di quello marittimo, più facile alla digestione e di maggior nutrimento.
Devesi scegliere vivo, grosso e pesante, e preferire la femmina al maschio. La sua carne è umida, molle, assai nutritiva e di buon sapore; contiene un sugo olioso e balsamico, proprio a nutrire e a dolcificare le acrimonie del petto; ma questo sugo, essendo di una natura lenta e vischiosa, fa sì che la rende difficile a digerirsi. L’uso di questo Crostaceo è di un gran soccorso nell’eccessiva magrezza ma non bisogna che sia troppo continuato, non dico l’uso ma il farne abuso, poiché il suo sugo racchiude qualcosa di Narcotico, il quale col tempo potrebbe pregiudicare alla salute.
I Gamberi nascono e vivono nei fiumi, nei laghi e nei ruscelli; distinguonsi in Minore e Maggiore; si nutre d’erbe, di ranocchie e di ogni sorta d’immondizie. La pesca de’ Gamberi si fa tutto l’anno, ma la più abbondante, e nel cui tempo sono migliori, è la Primavera, e segnatamente nei mesi di Marzo e di Aprile, nella luna crescente.
Per distinguere i maschi dalle femmine, sì de’ Gamberi di mare che di acqua dolce, fa uopo osservare che tutte le membra sono più grosse nei maschi che nelle femmine, non meno che per le barbe della coda. Queste ultime non ne hanno che quattro paia, ed i maschi ne tengono cinque. Hanno inoltre le femmine, nell’estremità di dette barbe, certe piccole fibre alle quali sono attaccate le uova; ma della famiglia di questi Crostacei sono primieramente preferiti li così detti mazzacogni, che sono di mare, e con questi il buon Cuciniere se ne prevale moltissimo per tutte le guarnizioni, onde far figurare un piatto molto più decorato, lasciando li primi, avendo la loro origine dalle acque dolci, per le zuppe, per li brodi, per sughi, per purè, ma sempre in preferenza li mazzacogni, e di quelli più grandi approssimandosi in parentela con le ragoste.
Porrai in una casseruola once quattro di butiro, due cipolle tagliate in piccoli filetti; le passerai sul foco, e quando saranno quasi cotte, senza prendere colore, ci spruzzerai un pochino di fior di farina bagnando con poco brodo di pesce e mezzo bicchiere di vino bianco, pria bollito e fumato; dipoi scioglierai once sei di mostarda con del sugo di limone o aceto, questo a piacere; sciolta che sarà la mescolerai nella casseruola primiera; farai gli ovi duri, li 143scorzerai e li taglierai in fette, l’accomoderai nel piatto proprio versandoci la salsa bollentissima, che sia condita di sale e pepe.
Lesserai mezza misura di ottime e bianche lenticchie; frattanto porrai in una casseruola once sei di butiro ed un poco di fior di farina, la porrai sulla fornella, e quando sarà divenuto color d’oro ci porrai una cipolla trita finissima, la quale la stringerai in un panno-lino pria lavata, e, bene asciugata, la porrai nella casseruola medesima, la farai divenir ancora color d’oro sopra leggiero foco; bagnerai con sugo di pesce, e quindi sgocciolerai le lenticchie e le porrai in questa salsa con del sale, del pepe ed un pezzetto di butiro fresco, facendo consumare a poco a poco, ed al momento di servirle ci porrai un filetto di ottimo aceto.
Farai la pasta di sfoglio, vedi il cap. IV. §2, e per seguitare la proporzione impasterai rotoli due di fior di farina, con la proporzione di butiro, ne taglierai cinque o sei tondi, li farai cuocere al forno separatamente e l’aggiusterai nel piatto proprio uno sopra dell’altro intersecandoci delle marmellate e creme; e fatto questo gattò, ci farai una glassa di zucchero, ovvero naspro di bianco d’ovo montato e zucchero fiorettato, perché figurasse un sol pezzo, e quindi porrai il piatto nel forno caldo perché così si formi il naspro.
La pratica pel sopradescritto riposto farai come gli altri, e pel desserts ancor lo stesso, meno per li piattini di dolci e gelato che te ne sarò la descrizione.
Spellerai una libbra di mandorle, le bruscherai, le triturerai e le farai cuocere con giulebbe lasco; quando saranno cotte le passerai in una libbra di giulebbe cotto a caramella, però ce lo porrai quando il zucchero è già raffreddato, ci unirai quattro chiara d’ovi montate alla fiocca, ed incorporato tutto bene, ci porrai mezz’oncia di cannella pesta, porrai questa dose a bocconi a bocconi con un cucchiaio sopra fogli di carta, e li farai a lento forno rassodare; dipoi li staccherai dalla carta e l’accomoderai nel piattino proprio con carta arricciata al disotto.
Batterai ben bene alla fiocca sei chiara d’ovi, ci mescolerai un’oncia di cannella pesta e mezz’oncia di vainiglia ancora in polvere, e, mescolato bene, ne formerai con somma diligenza tante piccole palle, le quali, ad una ad una, con molta leggerezza, l’involterai nella polvere di zucchero; le porrai sopra fogli di carta e le farai assodare a lento forno.
Gelato di cannella bianca, vedi il giorno 8 marzo.
Per la bevanda del caffè iuxta solitum.
PRATICA.
Prendi grana due per sorta di queste erbe, cioè indivia, lattuga, sellero, acetosa, cerfoglio, una rapa, una carota, le taglierai in dadini o in filetti, le laverai bene e le lesserai un momento in acqua, e dipoi le passerai in acqua fresca; farai intanto una purè di piselli, se freschi ne prenderai once sedici, se secchi once otto, li lesserai benissimo, li pesterai, li passerai per setaccio e scioglierai questo estratto con once quattro di butiro ed un poco di salsa di pomidoro, e ridotto ad un bel purè lo verserai nel brodo di pesce adattato, vedi il cap. V. §2; farai le croste di pane o bruscate o fritte, le porrai in zuppiera, unirai quelle erbe premute nel brodo, e bollente lo verserai ben mischiato nella zuppa.
Lesserai libbre quattro della pasta detta cappelletti, li sgocciolerai molto bene e li frammezzerai in zuppiera con once dodici di parmegiano grattugiato ed once otto di liquefatto butiro.
Farai questa pasta giusta il cap. IV. §15, come pure è spiegato il ripieno e la frittura.
Prendi un grano di biete, quelle con lo stipite rosso, ben lavate, ne toglierai tutti li steli, e l’erba la lesserai, le premerai molto e sottilmente le triturerai; porrai in una casseruola un’oncia di butiro, o oglio, con una cipolletta, mezzo grano di maggiorana, grana due di mandorle bruscate, che sia tutto triturato, sale, pepe 145e poca polvere di cannella; porrai la casseruola sulla fornella facendo tutto incorporare dolcemente bollendo; dopo pochi bolli ci porrai un coppino di latte, o brodo di pesce; asciugata che sarà la detta composizione, ci unirai un pochino di fior di farina con due ovi interi ben battuti, due once di parmegiano grattugiato o provola, e mescolerai tutto benissimo; e quando si sarà ristretto, toglierai dal foco la casseruola, riponendo in altro vaso la composizione a raffreddarsi; ne formerai dipoi tante braciolette, le passerai nel fior di farina, poi nel battuto d’ovi e quindi le ravvolgerai nel pan-gratto e le friggerai accomodandole nel piatto con salsa di rossi d’ovi, che farai così:
Prendi 12 torli d’ovi freschi, li batterai benissimo in una casseruola, ci porrai un coppino di latte, un pochino di salsa di pomidoro, un’oncia di butiro, passerai sul foco girando sempre, ci porrai poco sale ed un pochino di fior di farina, e fatta questa salsa, ci porrai qualche stilla di succo di limone e la verserai sopra il piatto.
Prendi once 30 di pomi di terra, ovvero patate, le lesserai, le spellerai, le pesterai benissimo, ci unirai once quattro di polpa di pane spungato nel latte, ci unirai un bicchier di fior di latte, once due di parmegiano grattugiato, once otto di butiro, sei chiara d’ovi montate alla fiocca, dieci torli d’ovi, del sale, del pepe, e mescerai tutto con forza; farai de’ piccoli crostini di pane e ne formerai un bordino all’orlo del piatto proprio, che attaccherai con un poco di colletta nel piatto; verserai la composizione uguagliandola bene, ci farai una verniciata di liquefatto butiro; la farai cuocere ad un forno temperato, e la servirai subito tremolante.
N.B. Tutti questi piatti che debbonsi cuocere nel piatto proprio nel forno, debbonsi apparecchiare nei propri piatti di rame per l’Entremets, perché diversamente sarebbe contro l’economia.
Prendi rotoli tre di ottime triglie, le sgargerai, ne pulirai il 146ventre, e benissimo le laverai, facendole sgocciolare; le bagnerai in oglio e le farai arrosto accomodandole nel piatto proprio con insalatina trita al disotto, e quindi con salsa d’oglio ed aceto.
Triglie. La triglia è un picciolo pesce di mare assai delicato e grato al gusto; esso si pasce di alga, di gambarelli ed altri piccioli pescetti; si pretende che sia migliore l’inverno che l’Estate, ossia perché l’inverno vive in alto mare, che l’Estate si porta verso la riva, ciò che lo fa nutrire di alimenti diversi in queste due stagioni, ovvero perché nell’Estate come credesi partorisce; ma quello però ch’è certo, che noi nella Primavera e nell’Estate ne abbiamo in grande abbondanza e più grandi delle altre Stagioni. Gli antichi Romani stimavano moltissimo questo pescetto, essendo consagrato a Diana, mentre si vuole che partorisca tre volte l’anno, ciò, che viene attribuito a questa Dea.
Si distinguono due specie di triglie, cioè una detta di scoglio, che viene stimata la migliore, e una nostrale: la più grossa è ordinariamente più in pregio, sì dell’una che dell’altra specie. La carne di questo pescetto nutrisce molto e ristora mirabilmente, si digerisce ancora con faciltà e si pretende che arresti la diarrea. Un celebre Medico Francese dice che la Triglia conviene nella diarrea, nella tosse e nella maggior parte di quelle malattie provenienti d’acrimonie di umori; alcuni altri però, vogliono che l’uso frequente di questo pesce sia contrario alla castità; ma questa l’è una immaginazione che non è fondata né sulla ragione, né sulla esperienza. Devesi scegliere la Triglia grossa, fresca e pulputa; quella che si prende fra i scogli è più grossa, più bella alla vista e di un sapore assai più grato che l’altra: nei mari della nostra deliziosa Napoli, Roma e Venezia, se ne prendono in quantità e molto grosse.
Le Triglie si pescano tutto l’anno, ma il tempo migliore è da Maggio a tutto Agosto.
Spungherai nell’aceto sei biscotti di pane, ma dovrebbero essere quelli del Real sito del nostro Portici perché quelli soli sono perfettamente biscottati o che espressamente si facessero; per colui che piacesse il dolce ci porrai del zucchero, molto oglio, del sale, del pepe, e li farai così bene inzuppare; dipoi li adatterai nel piatto proprio a forma di piramide; questa la coprirai con un rotolo almeno di pesce lessato bene spinato, e spilluccato, ed accomodato con oglio, aceto, sale e pepe; dipoi farai un trito finissimo di grana quattro di scarola e lattuga, la laverai e la premerai ben forte, e la rivolterai in insalata, aggiustandola, replico, se piace, con zucchero, perché ci dà una grazia; e bene impregnata della salsa, la sgocciolerai e ne coprirai tutta la piramide, formandola per conseguenza più grande; sulla punta ci porrai una dritta cimetta, o di lattuga o di scarola, figurando una piuma, e del rimanente ci farai un grazioso disegno, interlineando con filetti di alici salate, ed in quelle riquadrature ci porrai in una de’ capperini, in un’altra delle olive disossate, in altra del melogranato, in altra dei filettini di peparolo, in un’altra de’ quartini d’ovo duro, in un’altra delle patelle lessate, in un’altra delli filettini di cetriolo in aceto e nell’ottava finalmente dei filettini o di tarantello, o fettoline d’ovo di tonno; al bordo del piatto ci porrai, intersecando, delle piccole cimette di cavolifiori e broccoli romani, lessati ed accomodati all’insalata, e da ultimo, sotto di queste cimette, che apparissero delle mezze fette di limone e portogallo, assicurandoti che sarà una graziosa figura.
Spellerai due libbre di mandorle dolci, due dozzine delle amare e pesterai ben fine, aspergendole di tanto in tanto con un poco di chiaro d’ovo; poscia ci unirai libbre due di zucchero ottimo fiorettato e seguiterai a pestare, dipoi ci unirai 32 rossi d’ovi e mescolerai tutto benissimo, batterai le chiara d’ovi bene alla fiocca, le unirai alla composizione sempre bene mescolando; 147verserai la stessa in una stampa di rame unta di butiro chiarificato, la farai cuocere ad un forno temperato per circa due ore, dipoi la sformerai, adattando la forma nel piatto proprio con salvietta al disotto; e lo servirai freddo.
Pel Riposto e Desserts, mi riporto agli antecedenti, ti parlerò solo del
Prendi libbre tre di castagne pulite e cotte in acqua, le pesterai ben fine, e le condirai con mezz’oncia di cannella in polvere e vainiglia, e dopo scioglierai con quattro libbre e mezzo di giulebbe cotto al ripetuto punto; passerai tutto per setaccio, così porrai in neve.
Sciropperai una libbra di zucchero e, bene confezionata, ci unirai once quattro di butiro, sei torli d’ovi, una chiara montata alla fiocca, un’oncia d’anisi ben puliti ed una libbra di fior di farina; impasterai tutto bene e la farai fermentare per qualche ora; li ridurrai in tanti lunghi biscottini, li quali li disporrai sopra fogli di carta, li polverizzerai di zucchero, e li farai cuocere a giusto forno.
Prendi dodici chiara d’ovi, e nove torli di essi li batterai benissimo e l’impasterai con una libbra di fior di farina, un’altra di zucchero, once quattro di butiro, oncia una di lievito ed un’oncia di cannella, e pochi coriandri in polvere; fatta questa pasta, la lascerai fermentare per ore due e più; e poi farai delle cassettine di carta in dove ci porrai della pasta, li farai cuocere al forno e li servirai con naspro o senza.
Per la bevanda del caffè vedi il cap. IX.
PRATICA.
Pulirai e laverai benissimo libbre tre e mezzo di ottimo riso, lo asciugherai e quindi lo farai cuocere in brodo al butiro, vedi il cap. V. §4; quando il riso sarà cotto per metà allora ci unirai il brodo di pomidoro, che allo stesso capitolo lo vedrai al §5; ti avverto che questa zuppa dev’essere brodosa.
Lesserai un competente quantitativo di broccoli, ne prenderai le sole cime, cotte al punto le porrai in zuppiera con poca acqua bollente, del sale, succo di limone, del pepe e moltissimo oglio, le ravvolgerai benissimo, e caldissime si serviranno.
Farai la pasta de’ tagliolini con mezzo rotolo, ovvero once 16 di fior di farina, vedi il magistero cap. IV §8; li lesserai appena e li sgocciolerai benissimo, li porrai in una casseruola con once sei di grattugiato parmegiano, o caciocavallo, e dieci torli d’ovi bene battuti; passerai la casseruola sulla fornella, rivoltandoli bene, ma diligentemente, per fare entrare in cottura e gli ovi ed il formaggio e perché s’incorporino. Farai sul pancone uno strato di fior di farina, su di esso porrai in tante piccole e diverse porzioni di quei tagliolini in figura ovale; farai intanto un raguncino di ovi di merluzzo, piccioli pezzettini di pesce, delle patelle, de’ picciolissimi piselli, de’ funghi, delle erbette trite; di questo ne riempirai con moderazione quelle porzioni di tagliolini, e poi ci riporrai degli altri tagliolini al disopra e con la punta del coltellone, a traverso della loro situazione, diligentemente le ravvolgerai come tante braciolette; le passerai nel fior di farina, poscia nel battuto d’ovi e dipoi pel pan-gratto, e finalmente le friggerai con molta attenzione; le farai bene sgocciolare dello strutto e l’accomoderai nel piatto proprio con tovagliolo al disotto, asperse di petrosemolo fritto o foglie di selleri.
Prenderai non più di due scorfani, perché questo pesce l’è ottimissimo quando è grande altrimenti non è della economia; li pulirai e laverai benissimo; farai un trito finissimo di cipolla, la soffriggerai in una casseruola come più piace, se con oglio, o strutto o ancor butiro; quando la cipolla si è resa bionda la bagnerai con acqua calda, ci porrai delle pomidoro triturate e farai un brodetto; lo passerai per setaccio ben forte, lo farai bollire condito di sale e pepe e del petrosemolo trito, ed in esso ci farai cuocere li 149scorfani, e sarà questa una ottima entrata, con una guarnizione di cipollette e piccoli pomi di terra pria lessati.
Impasterai con ovi battuti e parmegiano grattugiato once sedici di pan gratto con del sale e del pepe: questo impasto non dev’essere molto molle; vernicerai di butiro una stampa propria di latta col suo coperchio, ed in essa farai una cassa di questa composizione; farai intanto un raguncino di polpettine di pesce, quartini d’ovi duri, piselli, funghi, pezzettini di tartufo, e questo lo legherai con torli d’ovi, della colletta e butiro; ne riempirai la forma, ci porrai il coverchio della farsa ed al disopra il coverchio proprio; legherai con spago la forma e la farai cuocere o in una marmitta, o casseruola piena d’acqua bollente, che chiamasi il bagno-maria; quando sarà cotta, ne toglierai lo spago ed il coverchio e rovescerai diligentemente la forma sopra un coperchio di casseruola; ne farai sgocciolare l’acqua, che facilmente vi sarà entrata, e con molta attenzione la scivolerai nel piatto proprio versandoci sopra negligentemente uno o due coppini di brodo di pesce, tinto di salsa di pomidoro e butiro.
Prendi un buon fascicolo di spinaci, li pulirai e li lesserai; quando saranno ben cotti li sgocciolerai e li farai raffreddare, li premerai e ben fini li triturerai, li porrai in una casseruola con un pezzo di butiro, sale e pepe; li farai bene incorporare, e poscia li passerai per setaccio; conserverai l’estratto in una casseruola; terrai intanto dell’acqua bollente con dell’aceto e qualche stilla di sugo di limone e sale, e quando bolle ci farai cuocere ad uno ad uno 24 ovi; quando saranno cotti, li porrai in acqua fresca, li porrai quindi sopra di un panno-lino a prosciugare, ne toglierai tutta la difformità, l’aggiusterai nel piatto proprio e ci verserai la salsa di spinaci caldissima.
Prendi dei belli cardoni, li taglierai lunghi un quarto di palmo; toglierai tutti li filamenti, li porrai in acqua fresca con sale e succo di limone perché così s’imbianchiscono, li lesserai con alquanto butiro e sale, li sgocciolerai e li terrai in acqua fresca; farai intanto la
Prendi mezza caraffa di fiore di latte, once quattro di butiro maneggiato con un poco di fior di farina, lo farai insieme bollire con poco sale e pepe, e lo passerai per setaccio; di questa salsa ne porrai un poco nel fondo del piatto di rame, al disopra ci accomoderai li gobbi bene asciugati, disopra questi ultimi l’altra salsa; ci porrai del parmegiano grattugiato e del butiro liquefatto e farai prendere un bel colore ad un forno temperato, e così li servirai.
Farai la pasta di sfoglio come al cap. IV. §2 o 3, taglierai dei tondi di pasta sfoglia grossi come due scudi e grandi come il fondo di un bicchiere mezzano, taglierai poscia la metà di questi fondi con un taglia-pasta rotondo più piccolo, porrai i cerchi sopra i fondi suddetti attaccandoli con un poco d’acqua e porrai a parte le rotelle di mezzo, le quali serviranno per coperchio; li farai cuocere con glassa di zucchero. Nel momento di servire, riempirai li pozzetti di qualunque marmellata, o crema, o composta, coprirai con li pezzetti di mezzo, e così li servirai nel piatto proprio con tovagliolo al disotto.
Pel Riposto e Desserts come li precedenti.
Per li piattini di dolci, cioè pel pane di Spagna, vedi il giorno 9 marzo, e per le mirenghe semplici, il giorno 2; soltanto ti parlerò del
Farai una ben forte decozione di caffè, ne prenderai una caraffa e ci porrai il competente zucchero, l’unirai con due caraffe di latte, ci scioglierai otto torli d’ovi freschi, tre libbre di giulebbe, tutto unito lo farai cuocere in uno stainato, e quando si sarà addensato lo passerai per setaccio; e raffreddato, lo porrai in neve per mantecare, e quindi indurire o nelle forme o nello schiumone.
PRATICA.
Prendi un bel broccolo romano, lo dividerai in otto mazzettini legati e li lesserai; intaglierai a guisa di grosse olive una rapa, 151 una carota, un bel tartufo, quattro teste di selleri, le lesserai; dopo poco lessate tutte queste erbe, le porrai in una casseruola incorporandole con once sei di butiro, bagnandole con ottimo brodo di pesce, e ci farai bollire ancora dolcemente una cipolletta con due teste di garofano e del sale; allorché saranno cotte le erbe, ne toglierai la cipolla, farai una purè di ceci, porrai questa nel chiaro brodo di pesce, farai le croste di pane brustolite o fritte, le porrai in zuppiera, ci aggiusterai tutte le erbe ben disposte e quindi ci verserai il brodo.
Lesserai libbre quattro di maccheroni, li sgocciolerai e li frammezzerai in zuppiera con once dodici di parmegiano grattugiato ed once otto di butiro liquefatto.
Farai la pastarella con once 24 di fior di farina, che impasterai in una casseruola con acqua calda e quattro chiara d’ovi ben montate, ci porrai un poco di sale ed un pochin pochino di livieto e lascerai in riposo ad un luogo caldo; prenderai once 24 di cecinelli veraci, li laverai e li farai sgocciolare in un setaccio; quando bisognerà, li mescerai con la pastarella, e con un cucchiaio ne prenderai le porzioni e le friggerai in tante pastette con strutto bollentissimo.
Lesserai rotoli quattro di vive ragoste, e dovrian esser quelle non più grandi di sedici in ventiquattro once; dopo cotte le dividerai per metà, ne toglierai l’unico intestino che hanno e le preparerai tal quale nel piatto, tempestate di tritissimo petrosemolo; farai la salsa di succo di limone ed oglio, che porrai nelle salsiere con del sale e pepe, e così sarà servito questo lesso.
Impasterai libbre due di fior di farina con quattro chiara d’ovi montate alla fiocca, poco sale, un poco d’oglio ottimo e mezzo bicchiere di vin di Sciampagna, o altro vino bianco ma secco; ne formerai una pasta tenera, e ne farai le forme de’ pasticcetti che riempirai con un raguncino di pesce con piselli, funghi e tartufi; li coprirai con la stessa pasta, ben chiusi all’orlo, e li farai cuocere al forno; quindi li sfornerai e li servirai bollenti.
Lesserai 24 ovi freschi uno per volta in acqua, quando bolle, con poco sale, poco aceto e delle stille di limone, li ritirerai in acqua fresca, e quindi sopra un panno-lino li farai asciugare; dipoi l’accomoderai nel piatto, li polverizzerai ben bene di parmegiano e butiro liquefatto, e quindi roventerai una pala di 152ferro, gliela passerai per sopra glassandole così, e ben calde le servirai.
Prendi 24 torzuti selleri, ne toglierai tutto il disotto lasciando il torzuto un quarto di palmo, ne toglierai il cattivo, li laverai e li lesserai per mezza cottura, li sgocciolerai e li porrai in una casseruola con un poco di brodo di pesce ristretto con del sale e del pepe, e li farai stufare sopra la cenere calda dandogli così l’altra metà della lor cottura, coprendo la casseruola con un foglio di carta, e sopra il coperchio proprio; momenti pria di servirli, prendi once quattro di butiro, lo maneggerai con un’oncia di fior di farina, lo porrai nella casseruola, e questa sulla fornella movendo sempre col manico, finché si leghi ed entri in cottura la salsa; e così l’accomoderai nel piatto, o con sugo di limone o con un filetto d’aceto bianco.
Farai la pasta frolla con once 16 di fior di farina, vedi il cap. IV. §1, porrai la pasta nella tortiera proporzionata, la riempirai con rotoli due di mele dette genovesi, sciroppate a pezzettini con once 24 di zucchero, ci farai il coperchio della pasta medesima con qualche lavoretto di sopra, a basso rilievo, la farai cuocere al forno o sotto al fornello; la sformerai, la polverizzerai di zucchero e la servirai calda.
Per la pratica del Riposto e Desserts farai come gli altri, meno per il gelato, li biscottini all’africana e per quelli alla bugnè, che come cosa nuova te ne farò la descrizione.
Batterai dodici torli d’ovi, dipoi ci batterai una libbra di zucchero fino fiorettato e batterai tanto che la composizione riducasi quasi bianca; ci rasperai un pochino della corteccia di cedrato, prenderai un foglio di carta e la piegherai come far vorresti un ventaglio alla chinese, in tutte quelle pieghe o canaletti porrai un poco della dose, ci porrai il fornello rovente o con carboni, e saranno cotti quando si staccheranno dalla carta.
Batterai cinque torli d’ovi con once cinque di zucchero e dopo ci unirai le cinque chiara d’ovi ben montate alla fiocca, ci mescolerai un’oncia di fior di farina; farai delle cassettine di carta, ci porrai la composizione, le polverizzerai di zucchero e le farai cuocere a giusta temperatura di calorico, nasprandoli, dopo sformati, con glassa o di cioccolata o di cannella.
Gelato di cedrato vedi il giorno 16 marzo.
Farai la solita pozione del caffè.
PRATICA.
Prendi once quattro di mandorle dolci, le spellerai, le pesterai ben fine bagnando con poco brodo di pesce, ci pesterai ancora once sedici di polpa di pesce scorfano ben cotto, dipoi ci pesterai la mollica di pane in otto once spungata in brodo di pesce; quando avrai fatto un sol pesto, lo scioglierai con brodo di pesce ristrettissimo e ci scioglierai ancora sei torli d’ovi duri; questo ristretto brodo, lo porrai in altro brodo di pesce fatto precedentemente, vedi il cap. V. §2, e ce ne porrai tanto quanto basti per la solita zuppiera; passerai tutto questo brodo per un setaccio lasco, lo riporrai in una proporzionata marmitta, e questa, chiusa, la farai riscaldare in un’altra al bagno-maria con acqua bollente; farai quindi le croste di pane, o bruscate o a dadi fritti, li porrai in zuppiera e ci verserai il brodo.
Lesserai un rotolo e mezzo ovvero libbre quattro di vermicelli, li sgocciolerai e li frammezzerai con once dodici di parmegiano grattugiato e sugo di pesce ristretto passato.
Prendi 32 once di polpa di pesce merluzzo, o pur di cefalo, o di palamido o di schettoni, la pesterai benissimo, con once quattro di polpa di pane spungato nell’acqua, e premuta; separatamente pesterai once quattro di piselli freschi scorzati, ma pria lessati con once quattro di funghi ancor lessati, ci pesterai un bel tartufo ben pulito, del sale e del pepe, unirai tutto insieme e ne formerai un 154 sol pesto; lo passerai per setaccio, unendoci all’estratto sei torli d’ovi, e laddove ci bisognassero più torli d'ovi ce li porrai; ne formerai tante giuste braciolette, le farinerai, le passerai nel battuto d’ovi, dipoi l'ingranirai di pan-gratto e con sugna le friggerai di bel biondo colore, l’accomoderai nel piatto proprio con salvietta al disotto.
Farai soffriggere una trita cipolla con once sei di fresco butiro, divenuta bionda ci porrai o delle pomidoro fresche o di quelle secche, spungate e peste assieme con pochi passi meno li semi, un grano di capperini, ed un grano d’olive nere peste, ancora li noccioli; porrai questo pesto nella casseruola e lo scioglierai soffriggendo con una caraffa di Bordò rosso o con vino rosso generoso; cotto che tutto sarà, ci farai cuocere rotoli tre di cefali ben puliti e lavati, e quando saranno cotti li toglierai diligentemente, li porrai in una casseruola piatta, passerai quel brodo per setaccio, ed il suo estratto lo porrai in quella casseruola del pesce e caldo lo servirai.
Cefali. Il nome di Cefalo si dà a certi pesci, i quali secondo Rondelezio si prendono nel mare, nei fiumi, nei laghi e nelle paludi, non differiscono che leggermente nella figura prototipa, ma bensì nella grandezza, nel sapore e nella sostanza. La diversità dunque di Cefali si ristringono a due, cioè di mare e di acqua dolce: quelli di mare sono migliori l’Estate, e quelli de’ acqua dolce l’Inverno, i primi specialmente quando vengono presso le foci del Tevere sono di un ottimo sapore, ed i secondi allorché sono presi in certi laghi ed in certe stagioni. Nulladimeno abbiamo alcuni Cefali di un sapore di fango, o di terra assai disgustevole, che anzi di un sapore saponaceo.
I Cefali di lago sono migliori, e più grassi, che quelli che si pescano in alcuni tempi nell’acqua viva. I mari Mediterraneo ed Adriatico abbondano di tal specie di pesce, e segnatamente la Laguna di Venezia n’è ubertosissima, e le valli incluse nella medesima. Le uova dei Cefali di maggior grossezza si seccano e se ne fanno delle Bottarghe, che essendo bene acconciate riescono ottime nei giorni di magro, allorché vengano condite con oglio e succo di limone.
Terrai pronte tutte queste seguenti erbe e radici, come quartini di pastinache, filetti di rape, quartini di selleri, quartini di rafanelli, e bianchi e rossi, quartini di carciofi, tutte ben lessate e sgocciolate: le medesime le disporrai con simmetria in una stampa di latta una appresso dell’altra in modo da formare una fodera; frattanto lesserai con butiro once 16 di ottimo riso, lo legherai con provola grattugiata e battuto d’ovi, con del sale e del pepe, lo farai raffreddare e con diligenza molta farai in quella stampa un’altra contro fodera precisamente attaccata alle erbe; terrai pronto un raguncino di funghi, piselli, filettini di tartufi, patelle lessate, punte di sparagi, quartini d’ovi duri, quartini di carciofi legati con butiro, salsa di pomidoro, torli d’ovi, ed un poco di colletta,155mescolerai tutto benissimo e ne riempirai la forma, porrai appresso l’altro riso, dipoi le altre erbe e finalmente il coperchio proprio; legherai la forma con spago e la farai cuocere al bagno-maria; quando sarà cotta, la toglierai dall’acqua bollente, la rivolterai sopra di un coperchio di casseruola, ne farai uscire l’acqua che ci sarà entrata e diligentemente la scivolerai nel piatto proprio, mettendoci un poco di salsa di pomidoro.
Prendi de’ pagnottini di pane, perché questi sono più mollicosi; ne farai 24 fette, ma spesse, le contornerai a tuo piacere, o ovali o ottangolari o bislunghe, le vuoterai, formandone tanti scatolini, li friggerai con strutto ben bollente; frattanto porrai in una casseruola once sei di butiro ed il battuto di numero 20 ovi, porrai la casseruola sulla fornella e con mescola di legno volterai, ci porrai ancora mezza caraffa di fior di latte, del sale, del pepe, e moverai sempre la casseruola; quando vedi che tutto siasi addensato come un pan-gratto, ne riempirai quelle cassettine e così le servirai.
Porrai in una casseruola once sei di ottimo butiro, un poco di sugo di pesce ben colato e di sostanza, un pochino di fior di farina, del sale e del pepe; farai stringere sul foco dolcemente, ci porrai once due di piccolissimi capperini ed un buon succo di limone; lesserai due o tre broccoli romani, li sgocciolerai e li ridurrai in cimette, l'accomoderai caldi nel piatto proprio e ci verserai sopra la descritta salsa ben calda.
Farai la crema con una caraffa e mezzo di latte; per darti la proporzione pel suo magistero, vedi il cap. VI. §6 e così farai.
Farai l’apparecchio come gli altri.
Farai la composizione come il giorno 29 marzo, e quando sarai per riunire le due metà, diligentemente ci porrai un poco di marmellata, o di cedro o di amarene, le riunirai e le farai appena asciugare al forno caldo sopra fogli di carta.
Lesserai una libbra di mandorle amare, le spellerai e le farai asciugare o nella stufa, o nel forno o sotto al fornello; le pesterai con once dodici di zucchero, e per un setaccio di mezza pasta passerai, ed impasterai con due chiari d’ovi montate alla fiocca ed un’altra libbra di zucchero fiorettato; e se quando questa pasta 156 attaccasse, la taglierai col coltello, ci porrai altro poco di zucchero fiorettato, seguitando a maneggiare con le mani bagnate nel bianco d’ovo; allora ne formerai tanti tortellini, li disporrai sopra fogli di carta e questi sopra de’ fogli di rame, e così li farai cuocere al forno; e quindi l’accomoderai nel piattino proprio con carta arricciata sotto.
Spellerai una libbra e mezzo di pistacchi, li pesterai ben fini e li scioglierai con un bicchiere e mezzo d’acqua; dipoi sciropperai tre libbre e mezzo di zucchero al terzo punto di cottura, vedi il cap. VII. §3, mescolerai insieme con la raspatura di una corteccia di cedrato, passerai per setaccio e lo porrai in una sorbettiera a rinfrescare in un tinello d’acqua, e quindi porrai in neve come gli altri.
Farai la solita bevanda del caffè.
PRATICA.
Farai delle fettoline di pane, le bruscherai all’aria del forno, le preparerai in zuppiera frammezzandole con parmegiano grattugiato; dipoi, un quarto d’ora prima di servirla, farai bollire per mezzo quarto d’ora tre caraffe di latte di vacca con once otto di butiro, ci scioglierai fuori della fornella otto torli d’ovi bene battuti, li farai entrare in cottura, rivoltandoli con la mescola appena appena sul calorico della fornella, e così verserai il latte nella zuppiera.
Prenderai le sole cimette di un quantitativo di broccoli di rape, le laverai, e poscia le rilaverai con acqua bollente, anzi ci farai dare qualche bollo; frattanto farai soffriggere in una casseruola dell’ottimo oglio con once quattro d’alici salate ben pulite e spinate, e, liquefatte, ci rivolgerai li broccoli di rape ben sgocciolati; cotti che saranno li porrai in zuppiera, e così li servirai.
Prendi dalle boraggini le foglie più grandi lasciandoci li stipiti, le netterai e le laverai con acqua bollente, le sgocciolerai e le porrai in sale perché divengano flosce; frattanto farai una farsa di polpettine di pesce, queste le triturerai finissimo con capperini, petrosemolo ed alici salate e ne formerai una composizione; prendi quelle foglie, le laverai con acqua fresca, l’asciugherai ed in una di esse ci porrai della farsa coprendola con un’altra foglia uguale; le passerai in una pastarella velatissima e le friggerai o con strutto o con oglio bollentissimo.
Prendi o una o due spinole di rotoli tre, le sgargerai, le squamerai, le netterai di tutto e le laverai, dipoi le bollirai in acqua con aceto, fette di limone, portogallo, teste di garofani, stecchetta di cannella, foglie di lauro, cimette di rosmarino e del sale; quando saranno ben cotte, con diligenza le sgocciolerai, l’aggiusterai nel piatto proprio, servendole con la salsa alla maionese nelle salsiere, che farai così.
Prendi numero dodici torli d’ovi freschi, li batterai col battitore finché si rendano spumosi, e, quasi bianchi, ci verserai interpolatamente circa once due di oglio, il più perfetto, e poche stille di succo di limone; e divenuta così spumosa la salsa, la porrai nelle salsiere.
Farai la pasta brisé giusta il cap. IV. §4, la distenderai o tonda o ovale, siccome più ti piace, non la farai più spessa di un dito, ma che sia tutta uguale: altrimenti facendo, quel lato che sarà più sottile si lacererà; ne formerai una cassa pizzicando con le dita le connessure, ci farai un fogliame all’intorno della pasta medesima, che farai attaccare con battuto d’ovi; frattanto porrai in una casseruola un buon pezzo di butiro, petrosemolo, cipolletta, una punta d’aglio per chi piace, delle fettoline di tartufo, dei prugnoli o funghi, sieno freschi sieno secchi, tutto trito, farai soffriggere, bagnerai di tanto in tanto con un bicchiere di Sciampagna; dipoi passerai per setaccio quattro o cinque alici salse, e quell’estratto lo porrai nella 158casseruola e lo rivolterai bene; quando questo condimento sarà quasi freddo, lo porrai nel pasticcio, intersecandoci delle grosse alici ben pulite e spinate; al disopra ci porrai due o tre fette di limone scorzate, due o tre foglie di lauro ed una fetta di lardo; ci farai il coperchio della pasta medesima, che farai bene attaccare con l’altra lasciandoci un buco, che ci formerai un camminetto a guisa di un tubo della stessa pasta, che rivestirai di carta; vernicerai il pasticcio di battuto d’ovi e lo farai cuocere al forno di bel colore per un’ora, più o meno; dipoi, con massima diligenza, con la punta di un coltello taglierai intorno il coperchio di pasta e scoprirai il pasticcio, ne toglierai la fetta di lardo, le foglie di lauro le fette di limone; ci porrai una salsa di frutti di mare, che ne prenderai alla rinfusa, li lesserai, ne toglierai li gusci, li laverai e li frutti li porrai in una casseruola con un trito finissimo di capperini, petrosemolo e tartufi; ci porrai un pezzettino di butiro e farai cuocere, quindi ci porrai poco sugo di limone e verserai nel pasticcio; ci riporrai il coverchio di pasta togliendone il camminetto di carta, e potrai servirlo, o caldo o freddo, nel piatto proprio con salvietta al disotto.
Prendi due ottime cappucce, che sieno di quelle tonde e bianche, ne toglierai tutte le foglie verdi e ne toglierai lo sterpo; le porrai a lessare in un proporzionato recipiente, ma non debbono cuocersi, quanto tutte le foglie divengano flosce e maneggiabili; le toglierai e ne taglierai tutte le foglie, togliendone il particolare stipite di ciascuna, e lo farai raffreddare; frattanto lesserai once venti di ottimo riso, e dopo cotto lo condirai con battuto d’ovi, parmegiano grattugiato, del sale, del pepe e di un trito di tartufi, con questo ne riempirai quelle foglie di cappuccia, che ravvolgerai a ruladine, ovvero a braciolette; le stesse le farai cuocere nel latte con un pezzo di butiro; quando saran cotte, e le dovrai servire, accomoderai nel piatto proprio le braciolette, ed in quel latte ci scioglierai cinque o sei torli d’ovi, gli farai entrare in cottura e finalmente verserai questa salsa sopra le braciolette.
Batterai ben bene 24 ovi freschi; prendi la padella, e precisamente quella che abbia il fondo della uguale dimensione del piatto proprio nel quale dovrai servire, ci porrai un pochino di sugna, la farai fumare, cercando di verniciare tutta la padella; quando sarà fumante, ci porrai con un coppino tanto di battuto d’ovi per quanto faccia la forma del setto della padella, e con diligenza somma, girando il manico della stessa, farai cuocere quella velata frittatina; dipoi con la punta del coltellone la staccherai, e con un colpo la rivolterai sul pancone, accomodandola poi tutta in piano, e così farai per quanto hai di battuto d’ovi; porrai nel piatto proprio una 159frittatina, e sopra un suolo di diafane fettoline di mozzarella con un poco di salsa di pomidoro, e così intersecherai tutte le frittatine; formato così il gattò, porrai il piatto sopra di una fornella calda, sopra il fornello con poco foco per fare quasi liquefare la mozzarella ed attaccarsi le due materie insieme; quando vedi essere perfezionato il gattò, ci verserai la salsa di pomidoro, e lo servirai.
Farai la pasta di sfoglio, vedi al cap. IV. §2, la distenderai spessa due scudi; ne taglierai col coltello infuocato tanti quadretti, nel mezzo ci porrai una marmellata di frutti a piacere, o della crema o ricotta, bagnerai all’orlo la pasta, rivolgendo sopra la metà attaccando bene l’estremità, formandone un libricciolo, li farai cuocere al forno e quindi li glasserai di zucchero.
La pratica ed apparecchio del Riposto e Desserts farai come tutti gli altri precedenti; ti dirò soltanto pel sorbetto, e per li dolci.
Pel sorbetto di cioccolata, vedi il giorno 20 marzo.
Biscottini di confetture, vedi il giorno 3 marzo.
Biscottini di cioccolata, vedi il giorno 11 marzo.
PRATICA.
Farai pria il brodo di magro, ovvero di pesce come vedi al cap. V. §2; frattanto porrai in una casseruola un pezzetto di butiro, una cipolletta e petrosemolo trito, dipoi passerai per setaccio due alici salse e questo estratto lo scioglierai nella casseruola, ma fuori del foco; quindi ci porrai once sedici di piselli freschi fini scorzati, una cipolletta intera, due garofani, un mazzetto d’erbe 160diverse e poco sale; porrai la casseruola sulla fornella, bagnerai con brodo di pesce, facendo dolcemente bollire; quando saranno cotti, ne toglierai la cipolletta, li garofani, ed il mazzetto disgrasserai; disporrai le fette di pane brustolite nella zuppiera, ci porrai disopra li piselli e quindi ci verserai il brodo già fatto.
Lesserai libbre quattro di maccheroni, li sgocciolerai e li frammezzerai in zuppiera con once dodici di parmegiano grattugiato ed once otto di butiro liquefatto.
Farai questa pasta giusta il cap. IV. §6; dopo di averla bene fatigata ne farai tante pagnottine ripiene di mozzarella, le quali le potrai cuocere o al forno o alla padella; quando saranno bene asciugate dal grascio, le porrai nel piatto proprio con tovagliolo al disotto.
Prendi rotoli quattro di seppie vive che non sieno molto grandi, diligentemente ne toglierai gli artigli non facendo lacerare il fiele, in caso diverso sei morto perché tutto si annerisce, e questo lo staccherai pianin pianino dai corpi delle seppie; ne toglierai quell’osso (il quale ben pulito è ottimo nelle gabbie de’ canari e polverizzato è buono per pulire argenti), ne farai tanti giusti pezzetti, come degli artigli, laverai tutto immense volte e farai sgocciolare; farai frattanto un trito di cipolla finissimo, la farai soffriggere o con oglio o con sugna, e, divenuta bionda la cipolla, la bagnerai con acqua tiepida, ci porrai un poco di petrosemolo trito e quindi ci porrai le seppie, facendole cuocere dolcemente e così le servirai. A questa entrata potrai ancor volendo aggiungerei dei passi, pignoli, olive, capperini, funghi ec.
Prendi rotoli due di belle e fresche triglie, dovrebbero essere non più di sedici e tutto al più diciotto, perché se più sarebbero molto piccole, le squamerai, taglierai loro la testa e la coda, e diligentemente le dividerai per metà per lungo togliendone tutte le spine, le laverai e le porrai a sgocciolare; quindi porrai in una casseruola un poco d’oglio o butiro, una cipolla, del petrosemolo, una scalogna, tutto trito, e farai soffriggere; dipoi passerai per setaccio due o tre alici salate, e l’estratto lo porrai nella casseruola medesima, ci porrai del sale, del pepe ed un pochino di raspatura di noce moscata; porrai in un altro vaso quei filetti di triglie a marinare con questa salsa; dipoi prendi una casseruola proporzionata per formare quest’Antré; vernicerai di butiro la casseruola e la vestirai con fodera di carta; nel fondo ci farai un grazioso disegno di filettini di pastinache, di carote, di tartufi, funghi e delle cimette di 161lattughe cotte e premute; ci porrai intorno quei filetti di triglie e nel mezzo ci porrai una farsa di pesce fatta così: prendi la polpa o di cefalo, o merluzzo, o palombo o palamido, la triturerai finissimo, ci mescolerai un trito di erbette, funghi, tartufi, piselli, un poco di butiro, del sale e del pepe, e dei torli d’ovi per darci una liga, lasciandoci un buco in mezzo nel quale ci porrai un ripieno di frutti di mare; coprirai il disopra con la farsa medesima che vada tutta bene uguale, ci farai un altro coperchio delle primiere erbette, radici ec., come il fondo, l’altra carta, e farai cuocere questa casseruola al bagno maria, cioè in un’altra casseruola con acqua bollente; cotta diligentemente, la sformerai, ne toglierai la carta ed adattandola nel piatto proprio la servirai.
Prendi numero 24 ovi, li farai cuocere ad uno per volta in una piccola casseruola con acqua, sale e poco aceto, appena cotti li porrai in un setaccio a sgocciolare; porrai in un’altra casseruola una caraffa di latte e mezza di fior di latte, una corteccia di limone, una stecchetta di cannella, once due di zucchero ed una idea di sale, e farai bollire dolcemente; frattanto batterai alla fiocca quattro chiara d’ovi, che porrai a poco la volta nel latte togliendone pria la cannella e la corteccia, dipoi ci unirai ancora li torli d’ovi battuti; accomoderai gli ovi già cotti nel piatto proprio versandoci la salsa bollente, passandola pria per un largo setaccio.
Prendi delle lattughe così dette incappucciate che dai Toscani chiamasi lattuga cappuccina, ne prenderai quel quantitativo che ti basterà, ne toglierai tutto il cattivo e le laverai benissimo; le prollesserai all’acqua bollente e quindi le passerai nell’acqua fresca; le porrai sopra di un pannolino, l’aprirai e ne toglierai il cuoretto di mezzo; farai quindi una farsa o di riso alla parmegiana, o di un battuto di polpa di pesce condito con erbette, olive, capperini, tartufi, funghi e pignoli tutto trito, o con provola grattugiata rammassata con battuto d’ovi: di una di queste farse ne riempirai le lattughe, le riunirai, le legherai ben bene; le porrai in una casseruola con sotto delle fettoline di lardo e di tarantello, ma di quello grascio, qualche fetta di cipolla e di carote, del sale, del pepe e due o tre garofani; ripeterai lo stesso sopra, ci porrai un poco di brodo di pesce, coprirai la casseruola con carta e quindi col coperchio proprio; porrai la casseruola sulla fornella con poco foco sotto e sopra, e lentamente farai cuocere; quando son cotte, le servirai togliendone lo spago, spuntandogli la punta difforme, le accomoderai nel piatto proprio senza umido alcuno con una guarnizione di crostini fritti tagliati a forma di creste di polli.
Per questa, vedi il cap. VI. §4.
La manovra del Riposto e Desserts l’è come diffusamente ho detto per li precedenti, spiegherò pel gelato alla Veneziana e per li piattini di dolci, biscottini a la Saint-Cloud e li Marzapani in laccio d’amore.
Questo gelato è di cannella rossa, meno che ci si pone un poco di spirito di vino in modo che gli dia un poco di senso in bocca, che se è molto non si congelerà; sicché vedi il giorno quattro marzo, meno li pignoli. Per li biscottini à la Saint-Cloud vedi il giorno 12 marzo.
Marzapani in laccio d’amore, vedi il giorno 2 marzo.
Per la bevanda del caffè, vedi cap. IX.
PRATICA.
Dopo di avere spellato una libbra di mandorle dolci con acqua calda le pesterai ben fine, bagnandole interpolatamente con acqua fresca; le scioglierai con acqua tiepida, ed in tanta quantità per quanto basti da somministrare il brodo per la zuppa; passerai per una salvietta, pria bagnata e premuta, lo porrai in una casseruola, e quando bolle ci porrai un rotolo di riso, poco sale, ed uno stecco di cannella; lo farai cuocere due terzi, che non sia molto brodoso, e lo porrai in zuppiera con un piattino di purissimo zucchero polverizzato e senza cannella.
Prendi un quantitativo di torzelle, ne ricaverai le sole cimette con li loro torzuti, le laverai in acqua fresca e poscia le imbianchirai, ma non in cottura; frattanto farai soffriggere once sei d’alici salate ben pulite e spinate con once nove di ottimo oglio; e quando le alici si saranno disfatte ci rivolterai le torzelle bene sgocciolate di quell’acqua, sostituendoci dell’altra bollente perché la prima l’è sempre verdastra, e così le servirai in zuppiera.
Prendi rotoli tre di cefali, e per questo piatto son buoni di mezzo rotolo l’uno, sicché un bel numero sei, li netterai, finissimo di tutto, e li sfiletterai lungo la schiena, dividendoli in due parti; ne toglierai la cute e li taglierai in pezzi triangolati a guisa di cotelette, infilzerai in uno di detti angoli una zampa di gambero cotto, marinerai queste cotelette con sale, pepe ed oglio, quindi le polverizzerai con del pan-gratto; le farai cuocere sulla gratella di bel colore e le servirai con una salsa di capperi o di pomidoro; di capperi, ne prenderai il pesto di once sedici, lo farai scuocere con acqua ed oglio, lo passerai per setaccio ben forte, ci porrai del sale, del pepe e del sugo di limone, e così porrai nel piatto sotto le cotelette, se di pomidoro, e chi non sa come si fa questa salsa?
Farai della pasta brisé, vedi il cap. IV. §4, la distenderai sottilmente come una sfoglia da tagliolini; quindi, poco per volta, la ungerai con strutto caldo, ed a mano a mano la involgerai ben stretta con un bastone fino alla grossezza del polso della mano (bada bene mio caro dilettante esecutore di non guardare il tuo polso, perché potrebbe essere che lo hai tanto delicato, ed allora diverranno li pasticcetti della rotondità di uno scudo; ricordati del polso dell’autore, non che sia di un facchino, ma di quella regolare dimensione propria, e degna, almeno, che dando un pugno all’avversario vada questo rotolando); le taglierai in fette sottili, le riempirai di una farsa di pesce, le coprirai con un’altra fetta di pasta, chiuderai bene l’orlo, ed adattandoli in tortiera, verniciandoli di strutto li farai cuocere al forno, accomodandoli poscia nel piatto proprio con salvietta al disotto.
Porrai in una casseruola once quattro di ottimo butiro, due once di oglio perfetto, un grano di petrosemolo, una cipolletta, una scalogna, ed uno spicco d’aglio (se piace); porrai sulla fornella a soffriggere; dipoi prendi libbre due di pronti tartufi, li scorzerai diligentemente, li fetterai e li porrai nella casseruola con del sale e del pepe; quando saranno ben mischiati, ci spruzzerai un pizzico di fior di farina, indi bagnerai con un bicchiere di vino 164di Sciampagna bollente, con un poco di culì di pesce; farai bollire dolcemente e consumare la salsa al suo punto, quindi toglierai dalla fornella la casseruola, disgrasserai, e servirai questo Entremets con sugo di limone e crostini fritti al butiro all’intorno e sopra.
Prendi 24 ovi freschi (bada mio caro a questo piatto, perché deve giocare più l’attenzione), aprirai gli ovi, mettendo separatamente li rossi ma ciascuno in un piattino, tutti li bianchi li batterai alla fiocca, e ben montati, giunta alla perfezione, prenderai un cucchiarone d’argento; in esso porrai un poco di quella schiuma, nel mezzo ci porrai un rosso d’ovo, che sia sano non rotto, disopra ci porrai dell’altra schiuma che copra il rosso, e leggermente farai scivolare in una padella ove ci sarà dello strutto bollente, e così uno per volta li friggerai di bel biondo colore; l’adatterai nel proprio piatto con salvietta al disotto.
Prendi un competente numero di cipollette, le netterai e con cava-frutto le vuoterai, le riempirai di parmegiano grattugiato con battuto d’ovi e petrosemolo trito, quindi le lesserai, poscia le farinerai, e le friggerai, dipoi l’aggiusterai nel piatto proprio, frammezzandole con parmegiano grattugiato, del butiro liquefatto, e sotto al fornello ci farai fare il brulè.
Farai la pasta frolla, vedi il cap. IV. §1, ne distenderai la tela per sotto e sopra in una tortiera, riempiendola con un rotolo di ottima ricotta, che rammasserai ben bene con once dodici di zucchero fino fiorettato, quattro o cinque torli d’ovi freschi, della raspatura di portogallo e dei pezzettini di zucca candita, ovvero la così detta cocozzata; la farai cuocere al forno, e quindi, raffreddata, la scivolerai nel piatto proprio polverizzandola di zucchero fiorettato.
La manovra ossia pratica l’è sempre la stessa come ho detto nella prima decina di questo Libro Primo al quale esattamente ti uniformerai.
Pel gelato d’Imperiale vedi il giorno 3 marzo come il gelato di candito ec.
Per li dolci mandorle alla Polonese vedi il giorno 13 marzo, per li mostaccioletti semplici vedi il giorno 16 marzo.
Pel caffè farai come sempre.
PRATICA.
Farai il brodo di pesce giusta il cap. V. §2, ci farai figurare dei filettini di rape, di pastinache, di selleri e del petrosemolo trito; lesserai un paio di rotoli di diversi frutti di mare, ne prenderai il frutto ben pulito e lo conserverai; farai li crostini di pane, o bruscati o fritti a dadini, li porrai in zuppiera frammezzandoli con li frutti di mare, e ci verserai il brodo.
Lesserai un rotolo e mezzo di vermicelli, li sgocciolerai benissimo e li frammezzerai in zuppiera con parmegiano grattugiato, e
Prendi mezzo rotolo di pomidoro secchi, li lesserai e li pesterai, quindi li farai bollire con due caraffe d’acqua ridotte alla metà, passerai per setaccio, raccoglierai l’estratto in una casseruola, lo condirai o con once sei di butiro o con once quattro di sugna, ci porrai del sale e del pepe, e farai bollire questa salsa, aggiungendoci un altro poco d’acqua laddove fosse molto stretta.
Prendi o un bel pezzo di rotoli tre di cernia o una cernia di rotoli quattro, la netterai delle squame e delle garge ancora, e, ben pulito tutto, ravvolgerai tanto l’uno che l’altra in un panno-lino proprio e farai bollire con acqua una caraffa d’aceto, del sale, uno stecco di cannella, delle teste di garofano, delle fette di limone e 166portogallo, e con un mazzettino d’erbe; cotto lo toglierai con molta diligenza, perché non si sgranasse, lo porrai nel piatto proprio con salvietta al disotto, e lo farai servire con salsa di succo di limone, oglio, del sale e del pepe, e petrosemolo trito finissimo nelle salsiere.
Farai la pasta sfoglia come vedi al cap. IV. §2 o 3, la distenderai non più alta di mezzo dito, col coltello infuocato ne toglierai tutto il difforme, e di questo ne formerai il fondo in una tortiera verniciata di sugna; dipoi taglierai con diligenza delle strisce con delle quali farai un bordo alla tortiera, che farai cuocere al forno come un canestrino dell’altra pasta sfoglia, la contornerai pure col coltello infuocato e ne farai un tondo, che separatamente lo farai cuocere, bisognando pel coverchio del tuo Volò-vant, ovvero del pasticcio di sfoglio; frattanto lesserai un rotolo e mezzo di ottimo baccalà, lo spellerai, lo spinerai e lo scaglierai; porrai in una casseruola una caraffa di latte, ci porrai due once di butiro, quattro torli d’ovi, appena un gusto di sale, farai bollire dolcemente mescolando sempre e ci porrai ancora un pochino di fior di farina per darci una piccola ligatura; addensato regolarmente, ci mescolerai il baccalà con delle stille di succo di limone; cotti che saranno li separati sfogli, farai scivolare nel piatto proprio con salvietta al disotto il canestrino; in esso porrai il baccalà e sopra adatterai pel coverchio il tondo di sfoglio.
Baccalà. Questo è un ottimo ed eccellente pesce di mare con notatoie molli, la sua maggior pescagione è sul Banco di Terra Nuova, nell’America Settentrionale verso il Canadà. Il Ray ne distingue due specie, cioè quella che ha tre notatoie sulla schiena e quella che ne tiene due sole.
Nella prima specie vi entra il Cabelio, il Baccalà verde, il Baccalà nero, il Baccalà giallo.
Nella seconda specie si comprende il Merluzzo ed il Baccalà propriamente detto.
Tutte queste specie di Baccalà differiscono per la grandezza, per il colore e per il modo onde sono variamente macchiate.
Farai dai pagnottoni di pane delle giuste fette quanto da esse vuotandole della mollica formerai delle cassettine, che friggerai o con butiro o con strutto di bel biondo colore; intanto lesserai dei fagioli secchi, li quali, sgocciolati, li condirai con butiro, erbette e pezzettini di tartufo, e di questi ne riempirai le cassettine di pane, che adatterai nel piatto proprio.
Farai bollire e consumare a sciroppo mezza caraffa d’acqua, una corteccia di limone, uno stecco di cannella e quattro once di zucchero, ne toglierai la corteccia e la cannella, e ci aggiungerai una caraffa di fiore di latte; togliendone la casseruola dalla fornella, allora ci porrai numero 20 torli d’ovi, li medesimerai benissimo e quindi verserai la dose nel piatto proprio che porrai sulla cenere 167calda, ed al disopra il fornello con discreto foco; e quando sarà cotta la composizione, ci porrai un poco di succo di limone, servendo questo piatto con guarnizione di crostini fritti.
Dopo di aver ben pulito un rotolo di scorzati piselli fini, li porrai in una casseruola con once quattro di butiro, una cipolletta trita con petrosemolo e maggiorana, niente sale ed un pochino di pepe; li farai cuocere leggermente, bagnandoli di tempo in tempo con brodo di pesce chiaro; cotti li porrai nel piatto proprio con guarnizione di piccolissimi sfoglietti, potendoli questi fare con li frammenti del volò-vant.
Pel Riposto e Desserts farai come li precedenti. Pel gelato di cannella bianca vedi il giorno 2 marzo, come per li dolci pastiglie di cannella vedi il giorno 10 marzo, e per li biscottini au Zephir vedi il giorno 14 marzo. Pel caffè ne farai la solita bevanda.
PRATICA.
Prendi once sedici di mandorle dolci, le spellerai con acqua bollente, dipoi le pesterai ben fine, e di tanto in tanto ci porrai un cucchiaio d’acqua perché non diano oglio, quindi scioglierai questo pesto con due caraffe e mezzo d’acqua, passerai per setaccio e porrai il latte di mandorle in una proporzionata casseruola; frattanto dopo di aver bene pulito e scelto un rotolo e mezzo di riso, uguale 168a libbre quattro, lo lesserai in acqua bollente, e, giunto non alla perfetta cottura, lo sgocciolerai e lo riporrai nel latte di mandorle bollente, nel quale ci avrai posto once due di zuccotto ed una stecchetta di cannella, e così gli farai dare il termine di sua perfetta cottura rivoltandolo sempre; lo porrai in zuppiera, facendolo servire con un pochino di polverizzato zucchero e poca cannella mista insieme.
Lesserai libbre quattro di maccheroni, li sgocciolerai benissimo e li frammezzerai in zuppiera con once dodici di parmegiano grattugiato e sugo di pesce.
Prendi rotoli tre di palaie, queste non dovrebbero essere più di sei, non meno di quattro, che corrispondono all’eguale peso, cioè di libbre otto; le sgargerai, le squamerai con diligenza e ne netterai il ventre, le laverai più volte e le farai asciugare; dipoi le farinerai con fior di farina e quindi le friggerai di bel biondo colore, le farai asciugare del grascio e le aggiusterai nel piatto proprio con salvietta al disotto e fregiate di foglie di petrosemolo fritto, che sembri uno smeraldo.
Palaie o Linguattole. Sonovi pochi pesci di mare, che abbiano un sì buon gusto e che siano nello stesso tempo di una qualità sì sana, come la Linguattola. La sua carne è bianca, tenera, delicata e soda, grata al gusto, nutritiva, propria a produrre dei buoni succhi e facile a digerirsi; essa non produce de’ cattivi effetti, se non che mangiandone all’eccesso, come son tutte le cose, ché ogni eccesso è vizioso.
La Linguattola, chiamata altrimenti da’ Francesi Pernice di mare, a motivo del suo buon gusto, la stessa è molto migliore trasportata che sulla faccia del luogo, e ciò proviene che racchiudendo essa una piccola vischiosità, questa si dissipa nel trasporto. A Parigi, ed a Lione per dire il vero, sono più eccellenti che sulla riva del mare, come lo stesso succede in Roma, ed in altri luoghi poco distanti dal Mediterraneo e Adriatico. Enrico III Re di Francia ne faceva la sua vivanda favorita ne’ giorni di magro.
Questo pesce, secondo le osservazioni di Horatius, conviene a quei malati che sono in grado di mangiare, a motivo che produce un buon sangue e che il nutrimento che somministra forma pochi escrementi, ed inoltre perché è di un ottimo e grato gusto.
La Linguattola trovasi tutto l’anno, ma la sua migliore Stagione è nell’Inverno e nella Primavera.
Devesi scegliere fresca, grande, polpata e senza macchie; e secondo il ditterio nostro di Napoli che la Palaia deve avere la sua prerogativa in cinque modi cioè: Fresca, Futa, Fritta, Fredda, Franca.
Si prepara questo pesce in molte maniere differenti, e benché a parlare in generale le fritture non son mai molto salubri, pur si è osservato che la Linguattola fritta non ha nulla di nocevole, e ciò proviene che avendo la carne molto o rato nelle sue parti, non attribuisce tant'oglio, butiro o strutto, come la maggior parte degli altri pesci. In Toscana appellasi Sogliola; in Napoli Palaia.
Farai la pasta brisè, vedi il cap. IV. §4; di questa pasta ne distenderai la tela spessa mezzo dito, ne farai un tondo pel fondo di una tortiera proporzionata, all’intorno ci farai un bordo della pasta medesima alto quanto una casseruola; intanto prendi rotoli quattro di palamido, riserberai tutta la polpa: di essa, una parte la dividerai in tanti pezzettini, ciascuno che il suo quadrello sia come la scacchiera del bel gioco a Dama, di un’altra ne farai tante fettoline per ravvolgere piccole braciolotte, che farai ripiene di erbette, capperini e tartufo tutto trito, e queste le farai soffriggere appena con oglio e cipolletta trita, con un mazzettino di erbe; li quadrelli li lesserai appena; l’altra polpa del palamido la triturerai come da servire per salcicce, questo grossolano trito lo farai marinare in un vaso di terra con un altro trito di petrosemolo, maggiorana, tartufi e magro tarantello, con poco sale, pepe e succo di limone, ma fresco; quando sarà stato insieme a marinare per circa un’ora, ne prenderai una porzione, la premerai alquanto e ne farai un suolo nella forma del pasticcio, e così ci frammezzerai e le braciolette e li quadrelli; ci farai sopra la covertura della pasta medesima, riponendoci nel punto di mezzo, ma superiormente, un pezzo di ottimo butiro di once quattro con una fetta di limone scorzata; ci lascerai un caminetto perché possa giocare l’aria, lo vernicerai tutto di battuto d’ovi, e così lo farai cuocere al forno; quando sarà cotto, ne taglierai diligentemente intorno il coperchio di pasta, ne toglierai la fetta di limone e ci porrai una salsa fatta con capperini pesti, erbette, scotti con acqua, quindi passato per setaccio; condito questo estratto o con oglio o con butiro, ci porrai un poco di sugo di limone, lo farai bollire alquanto, lo verserai nel pasticcio, ci riporrai il coperchio di pasta e così lo servirai nel piatto proprio.Marinare, s’intende stare insieme in fusione a macerare, a divenire più floscia quella tal cosa, insomma che prende un diverso senso e gusto ec.
Prendi rotoli due di pomi di terra ovvero patate, le lesserai benissimo, le spellerai, le pesterai e quindi ci pesterai ancora once dodici di polpa di pane spungata nel latte e premuta, quindi passerai per setaccio; batterai alla fiocca otto chiara d’ovi, le unirai all’estratto e quindi ci mescolerai ancora li rossi, ci unirai once otto di parmegiano grattugiato, o provola o caciocavallo, e medesimerai benissimo la composizione; prendi una casseruola, la vernicerai di butiro, la ingranirai con una grana finissima di pan-gratto ed in essa verserai la composizione, che giunga fino alla mela della casseruola poiché il dippiù bisogna pel suo gonfiore, al disopra ci porrai dell’altro pan-gratto; e con foco sopra al coverchio, la porrai sulla fornella rovente soltanto, ed un bordo di carboni, e 170così diligentemente la farai cuocere; cotta, cercherai staccarla con la punta del coltello, e quindi la rovescerai diligentemente nel piatto proprio.
Farai 24 ovi duri, li scorzerai e li dividerai a quartini; frattanto farai la
Prendi due cipolle ben grandi, le triturerai finissimo, le porrai in una casseruola con un poco di butiro e le farai soffriggere, ci porrai once due di capperini e due peparoli in aceto, tutto ben triturato, mescolerai, e ci porrai molt’acqua e farai bollire; ci porrai del sale e poco pepe; quando tutto sarà disfatto la passerai per setaccio, riponendo l’estratto nella casseruola per darci il gusto con un poco di zucchero e del sugo di limone, la farai riscaldare e la verserai sugli ovi.
Prendi rotoli tre di ottimi funghi, ma che sieno quelli di pioppo che in Toscana chiamano pioppini, e se ti trovassi in quelle parti potrai servirti dei moreggi, i quali sono ottimissimi perché son molto polposi e se fossero di questi ultimi ne bastano rotoli due, ovvero libbre cinque e mezzo; li pulirai delle loro lordure, li laverai più volte con acqua bollente, li premerai e li farai soffriggere con oglio e petrosemolo trito, ci porrai un pochino d’acqua e li farai cuocere pronti; li porrai nel piatto proprio con guarnizione di crostini fritti.
Farai la pasta bugnè con libbre due di fior di farina, e ciò per darti la proporzione di quantità vedi il suo magistero al cap. IV. §6; dopo che l’avrai bene fatigata ne formerai tante palle, ci farai un buco nel mezzo e così formerai li tortanetti; li friggerai con strutto di biondo colore e l’accomoderai nel piatto proprio con salvietta al disotto, e nel mezzo di ciascuno di essi ci porrai un poco di conserva d’amarene polverizzandoli con zucchero e cannella.
Farai l’apparecchio come gli altri; circa il gelato di cannella rossa con li pignoli, vedi il giorno quattro marzo, come per li dolci, cioè per li biscottini di pistacchio vedi ancora lo stesso giorno, e li marzapani di cannella vedi il giorno 14 marzo.
Farai in ultimo la solita decozione di caffè giusta il cap. IX.
PRATICA.
Prendi delle buone rape bianche che non sieno spinose, le scorzerai e diligentemente ne formerai tante, come noci moscate, le friggerai nell’oglio, oppure le passerai in una casseruola sopra un foco leggiero con un pezzo di butiro; quando saranno divenute color d’oro, le sgocciolerai; quindi le porrai in una marmitta con un mazzetto d’erbe diverse, come petrosemolo, maggiorana, basilico, un sellero, una pastinaca e cerfoglio, ed una cipolletta, ci porrai poco sale e due teste di garofani, ci porrai del brodo di pesce, che vedrai al cap. V. §2, e farai bollire dolcemente; allorché saranno cotte, toglierai il mazzetto e la cipolletta, disgrasserai il brodo, farai dei crostini di pane bruscato o a dadini fritti, li porrai nella zuppiera e ci verserai il brodo con le rape.
Lesserai libbre quattro di maccheroni di zita, li sgocciolerai e li frammezzerai in zuppiera con once dodici di parmegiano ed once otto di butiro liquefatto.
Porrai in una casseruola libbre due di fior di farina, ci porrai un pochino di lievito, un poco di sale e con acqua tiepida impasterai con mescola, portandola come una densa salsa; porrai la casseruola vicino alla cenere calda e la farai fermentare finché vedrai che la superficie si solleva; prendi delle alici salate, le laverai, le spinerai e le dividerai per metà, di ciascuna di dette metà ne farai 172una pastarella, che prenderai con un cucchiaio, e le farai friggere ben bionde, e così le servirai con tovagliolo al disotto.
Prendi un pesce solmone salato, che per lo più son divisi in due unite metà, lo dissalserai pria nell’acqua fresca, poscia nella bollente, e finalmente nell’acqua fredda e bollente contemporaneamente; lo ravvolgerai in un pannolino e lo lesserai con acqua, una caraffa di vino bianco, delle fette di limone ed un mazzetto d’erbe; frattanto farai la
Prendi once dodici di capperini, li laverai, li pesterai e li porrai in una casseruola con acqua facendoli al foco scuocere, li passerai per setaccio e quell’estratto lo porrai in una casseruola con dell’oglio, poco pepe e succo di limone, lo farai bollire e quindi verserai questa salsa sopra del pesce solmone che aggiusterai nel piatto proprio regolarmente spilluccato.
Farai la pasta frolla, vedi al cap. IV. §1, e per la proporzione impasterai libbre due di fior di farina; farai li pasticcetti nelle formette di rame e li riempirai di diversi frutti di mare che legherai con torli d’ovi e salsa di pomidoro; li farai cuocere al forno, o sotto al fornello, e li servirai.
Lesserai numero 24 ovi nell’acqua bollente con un poco d’aceto ad uno ad uno, e cotti li riporrai in una casseruola con acqua fresca; frattanto porrai in una casseruola una caraffa di fior di latte, che nell’Estero chiamasi foglietta, ci porrai un’oncia di zucchero in pane, uno stecco di cannella ed una corteccia di limone, farai bollire, e quando si sarà consumata, ovvero ristretta, la quarta parte, ne toglierai la cannella e la corteccia di limone, passerai la salsa pel setaccio, ci porrai quattro o cinque torli d’ovi, la riporrai nella casseruola e la farai legare leggermente sulla fornella; farai sgocciolare gli ovi in un setaccio, ne toglierai tutto il difforme, l’aggiusterai nel piatto proprio e ci verserai la salsa.
Prendi 24 carciofi, ne toglierai tutte le foglie verdi lasciandoci il torzuto, ne spunterai la punta e netterai benissimo; li dividerai per metà e li porrai in una casseruola con acqua fresca, sale e sugo di limone per non farli annerire, quindi li lesserai, e poscia li farai soffriggere con oglio ed erbette triturate finissime, come petrosemolo e poca maggiorana, del sale e del pepe; quando sarà tutto incorporato, li porrai nel piatto proprio con piccolissimi crostini fritti attorno.
Farai la crema con una caraffa e mezzo di latte, vedi al cap. VI la sua manovra, ed in vece di qualunque altro senso ci porrai della molta raspatura della corteccia di limone per quanto ci dia benissimo il suo sapore; dopo cotta batterai alla fiocca quattro chiara d’ovi, mescolerai nella casseruola la schiuma fuori della fornella; quando avrai tutto medesimato la porrai nel piatto proprio, al disopra ci porrai del zucchero polverizzato e cannella, e la farai assodare sotto al fornello e calda la servirai. Se ti piace potrai unire contemporaneamente alla schiuma due prese di rosolio di limone, che ci sta benissimo.
Farai come gli altri; pel gelato di caffè bianco vedi il giorno 10 marzo, come per li due piattini di dolci: cioè biscottini ordinari vedi il giorno suddetto, e per li biscottini al cucchiaio vedi il giorno 20 marzo.
Per la bevanda del caffè, vedi il cap. IX.
PRATICA.
Lesserai una misura di ottime lenticchie, ma di quelle bianche; quando saranno mezzo cotte le sgocciolerai e le riporrai in una marmitta con acqua bollente, del sale, pepe, petrosemolo triturato 174grossolano ed once nove di ottimo oglio, oppure butiro se piacesse; farai insieme tutto cuocere e toglierai la marmitta dalla fornella, ne toglierai superficialmente del molto grascio e farai dei piccolissimi crostini di pane fritto, che mescolerai con le lenticchie e subito porrai tutto nella zuppiera.
Lesserai libbre quattro della pasta minuta detta a tarallini o anelletti, la sgocciolerai e la frammezzerai nella zuppiera con once dodici di parmegiano grattugiato e sugo di pesce.
Prendi rotoli tre di merluzzo, o uno, o due, e non più, li sgargerai, li squamerai, ne pulirai le viscere e li laverai più volte; li ravvolgerai in panno-lino e li lesserai con molt’acqua, mezza caraffa d’aceto, delle fette di limone e portogallo, delle foglie di lauro, delle cimette di rosmarino, del sale ed un mazzetto di diverse erbe come petrosemolo, cerfoglio, maggiorana, basilico; e frattanto farai la
Pesterai numero dieci torli d’ovi duri con menta, petrosemolo e la polpa di una pagnotta spungata in aceto e premuta; passerai per setaccio, quindi ci porrai del zucchero, poco sale, del pepe, della cannella pesta e scioglierai la salsa con ottimo aceto bianco, portandola ad una regolare consistenza; toglierai dal brodo il pesce, lo scioglierai dal panno-lino, e, bene sgocciolato, lo porrai nel piatto proprio servendo la salsa nelle salsiere.
Lesserai una libbra e mezzo di buon riso, quindi lo condirai con once otto di provola grattugiata e dieci soli torli d’ovi freschi, del sale, del pepe, del petrosemolo trito finissimo ed once quattro di butiro; lo rivolterai in una casseruola sulla fornella perché s’incorpori e poi ne formerai come un cerchio all’orlo del piatto proprio; frattanto farai un competente numero di braciolette di pesce palamido, che ne taglierai la polpa in tante sottilissime fettoline: in ciascuna di esse ci porrai un trito di erbette, capperini e strutto, le ravvolgerai, le farai soffriggere con sugna e poi le bagnerai con salsa di pomidoro; cotte che saranno le porrai nel mezzo del piatto, che sarà grazioso col bordo di riso, e così lo servirai.
Prendi per lo meno carlini sei di ottimi sparagi, ne prenderai tutto il tenero e li lesserai; dipoi, bene sgocciolati, ne formerai tanti mazzettini legati con uno di essi stessi, li ravvolgerai nel fior di farina, poscia nel battuto d’ovi e quindi li friggerai; dipoi l’accomoderai nel piatto proprio frammezzandoli con parmegiano grattugiato e butiro liquefatto, porrai il piatto sotto al fornello, e, fatto il brulè, li servirai.
Lesserai 24 ovi duri, li scorzerai e li dividerai in quartini; farai la salsa di pomidoro condita con butiro e la verserai sugli ovi e così saran serviti.
Prendi rotoli tre di spinola, la sgargerai, ne pulirai il ventre e la laverai; quindi la bagnerai di oglio e sulla graticola infuocata la farai arrosto bagnandola di oglio, aceto e sale, rivoltandola spesso, e quando sarà ben cotta la porrai nel piatto proprio con insalata trita al disotto.
Farai la pasta frolla, giusta il cap. IV. §1, levigherai le tele non più spesse di uno scudo in una tortiera, la riempirai con due libbre di conserva d’amarene, ci porrai l’altra tela disopra, e la farai cuocere al forno o sotto al fornello, e fredda la scivolerai nel piatto proprio polverizzandola di zucchero.
Pratica pel Riposto. Farai come gli antecedenti, similmente farai pel Desserts: pel gelato di rose vedi il giorno 11 marzo, per li dolci vedi il giorno 1° marzo.
Farai la solita bevanda del caffè, vedi il cap. IX.
PRATICA.
Lesserai una quartarola di ceci; quando saranno cotti li toglierai da quell’acqua, li porrai in una proporzionata casseruola con acqua 176bollente, tanto per quanto sia sufficiente di cuocerci libbre quattro di fittuccine, oppure così dette laganelle; ci porrai dunque once nove d’oglio perfettissimo, molto triturato petrosemolo, del sale e del pepe, e farai bollire; quindi in questo brodo, e con li ceci, farai cuocere le fittuccine, e fatto riposare per momenti, porrai in zuppiera questa zuppa e la servirai.
Prendi un competente numero di piante di broccoli, ti servirai delle sole cime e piccoli germoglini, li laverai e l’imbianchirai, farai soffriggere in una casseruola once nove di ottimo oglio con once quattro di pulite e spinate alici salate, con qualche spicchio d’aglio che abbrustolito toglierai; quindi ci rivolgerai li broccoli sgocciolati e li farai cuocere dolcemente così, e verdi verdi li servirai in zuppiera.
Imbianchire è ben diverso da lessare, perché imbianchire, s’intende dare pochi bolli, lessare è quando si deve cuocere.
Prendi rotoli due, ovvero libbre cinque e mezzo di mezzane alici, ne toglierai le teste, strappandone diligentemente ancora le interiora, le laverai più volte, e le farinerai con fior di farina e le friggerai ben bionde servendole nel piatto proprio con salvietta al di sotto, fregiate di petrosemolo, o foglie di selleri o erba di mare fritta.
Alici, la pesca più abbondante delle alici si fa presso le spiagge di Catalogna e della Provenza, dal cominciare di Decembre sino alla metà di Marzo. Avviene anche di farne preda in Maggio, Giugno e Luglio, tempo in cui passano lo stretto di Gibilterra per ritirarsi nel Mediterraneo. Se ne trovano pure nei mari dell’Inghilterra, e molto in quelli della Sicilia, e Golfo di Napoli. Subito che è finita la pescagione delle alici, si taglia ad esse la testa, si leva loro il fiele e le budelle, si salano, o s’imbarilano.
Le alici sono un delicato e saporoso cibo; somministrano un ottimo alimento e facile alla digestione. Si debbono mangiare subito prese dalla pesca, imperciocché allora sono assai buone, specialmente in quei siti ove si trovano di maggior grossezza, come si veggono ordinariamente qui in Napoli ed in Palermo. Le migliori per altro sono quelle che si prendono nell’Inverno e nella Primavera in spiagge e mare arenoso, benché si peschino tutto l’anno.
Prendi rotoli quattro, ovvero libbre undici di ragoste, e vorrei che fossero di quelle piccole, non più e non meno di otto; le lesserai in acqua, e raffreddate le dividerai per metà, ne toglierai l’intestino che hanno, e toglierai tutto il frutto tanto dalle code che da tutti gli artigli; frattanto farai soffriggere once quattro d’oglio perfettissimo, ci porrai pochissimi funghi ben puliti, pochi filettini di tartufi e poche polpe di pomidoro con del petrosemolo trito; ci 177porrai del sale e del pepe, e fatta come una salsa, ci porrai a pezzettini tutto il frutto degli artigli e tutto il frutto che rattrovasi sotto il crostaceo, quindi ci porrai tutte le metà delle code, e tutto bene incorporato; porrai nel piatto proprio disponendo tutte le code simmetricamente al disopra.
Prendi libbre quattro di polpa di palamido, o merluzzo o cefalo, lo netterai della cute e delle spine e lo pesterai, ci unirai ancora la polpa di due pagnotte spungate nell’acqua e premute, ci porrai once otto di provola grattugiata, del sale, del pepe e del petrosemolo trito, ci porrai una decina di torli d’ovi e farai una farsa, la passerai per setaccio, e di questo estratto ne formerai le polpettine di una regolare grandezza, le ravvolgerai nel fior di farina e le farai cuocere in acqua bollente; frattanto porrai in una casseruola della salsa di pomidoro con poco butiro, ci porrai once sedici di scorzati piselli e dei filettini di tartufi, e quindi ci rivolgerai le polpettine e così le servirai.
Pesterai ben fini sei torli d’ovi duri con la polpa di una pagnotta spungata nel fior di latte, ci pesterai once due di parmegiano grattugiato; quindi scioglierai sedici torli d’ovi in una caraffa di fior di latte con un poco di brodo chiaro di pesce, poco pepe, e raspatura di noce moscata, ci unirai la prima composizione, e tutto riunito passerai due volte per setaccio. Terrai pronte delle stampe di rame, ma di quelle alte, però della capacità di un pasticcetto, precisamente quelle formette da servire per le briosce; vernicerai le stesse di butiro liquefatto, e tanto nel fondo che all’intorno ci porrai ben disposti dei filettini di pistacchi scorzati; poco prima di servire questo piatto verserai nelle forme la composizione, ed in una casseruola con acqua bollente farai cuocere le formette al bagno-maria; quando saranno cotte lo rivolterai nel piatto proprio, e tremolanti le servirai.
Porrai in una casseruola once otto di butiro, una fetta di tarantello ben dissalato, una cipolla novella, una scalogna, uno spicchio d’aglio, petrosemolo, e queste erbe, ben triturate, farai soffriggere; quindi ci porrai delle lenticchie cotte in acqua e sgocciolate, ci porrai del sale e del pepe, farai per poco bollire, ne toglierai il tarantello e servirai questo entremets con un filetto d’aceto.
Spellerai con acqua bollente libbre tre di mandorle dolci, le taglierai a filetti e le bruscherai bionde, o nel forno o sotto al fornello; sciropperai libbre tre di zucchero stretto, ci unirai le mandorle, le rivolterai benissimo, ed asciugate bene, o ne comporrai una 178forma in una casseruola, formandone una cassa distendendo sollecitamente le mandorle con un limone, oppure ne farai tante formette, in quelle de’ pasticcetti o in altre espressamente, e raffreddate le sformerai e le adatterai nel piatto proprio con salvietta al disotto.
La pratica pel Riposto e Desserts sarà come le precedenti; per il gelato di cannella bianca, vedi il giorno 2 marzo; e per li due piattini di dolci, marzapani amorosi e mirenghe, vedi lo stesso giorno. Farai la solita bevanda di caffè, vedi il cap. IX.
PRATICA.
Prendi rotoli tre fra vongole, patelle e cannolicchi, li laverai benissimo, poi li lesserai, ne ricaverai il frutto, passerai più volte per setaccio stretto; quel brodo lo porrai in una marmitta con altr’acqua, con grana due di selleri, ma tutto il bianco, un grano di petrosemolo, ma le foglie, un grano di cerfoglio, un grano di pastinache, ma pria raspate, divise per metà e toltone lo stelo di mezzo, una cipolla intera, quattro teste di garofani, una stecchetta di cannella, sale, poco pepe ed una decina di pomidoro fresche, se ne potrai avere, meno il viscido, oppure quattro delle secche triturate, ci porrai once dodici di ottimo butiro, oppure once nove di oglio, farai tutto bollire, e quando tutto si sarà disfatto, passerai per setaccio, riporrai il brodo in una casseruola e superficialmente lo disgrasserai appena; farai le croste di pane, o bruscate o a dadini fritti, li porrai in zuppiera frammezzandoci li frutti di mare e ci verserai il brodo.
Lesserai a giusta cottura un rotolo e mezzo oppure libbre quattro di maccheroni, li sgocciolerai benissimo e li frammezzerai in zuppiera con once dodici di parmegiano grattugiato ed once otto di ottimo butiro liquefatto.
Farai la pasta di sfoglio, vedi il cap. IV. §2, ne distenderai lo sfoglio alto mezzo dito, e con un taglia-pasta proporzionato, che pria infuocherai nella padella con strutto, e con esso ne taglierai tanti pezzi in doppio per quanti Petit-patè vorrai fare, ma uno sì e l’altro no; con un altro taglia-paste più piccolo, infuocandolo come disopra, ne toglierai il pezzo di mezzo, sicché il tondo forato lo attaccherai con butiro liquefatto sopra di un altro tondo intero; li porrai in una tortiera e li farai cuocere, o al forno o sotto al fornello, verniciandoli di butiro, come ancora farai cuocere que’ piccoli tondi, che ti serviranno di coverchio; farai una farsa, e di pesce o di frutti di mare, o di mozzarella, battuto d’ovi e provola grattugiata, e con una di queste cose ne riempirai li Petit-patè, ci porrai il piccolo pezzo e li porrai novellamente nel forno aperto o sotto al fornello con poco foco, perché il ripieno rientri in cottura e si ponga insieme; adatterai una salvietta nel piatto proprio, e di sopra, a forma di piramide, ci accomoderai li Petit-patè.
Lesserai ravvolto ad un pannolino un pezzo di rotoli tre di pesce palombo, ovvero libbre otto, in un brodo che covra tutto, cioè una caraffa di aceto bianco, delle fette di limone e portogallo, delle foglie di lauro, cimette di rosmarino, del sale; cotto che sarà lo riterrai nel brodo medesimo al caldo, ma poco; frattanto farai la
Prendi tre buone cipolle, tre peparoli in aceto, once quattro di capperini ed un paio di cetrioli in aceto; triturerai tutto finissimo e farai bollire in una casseruola con acqua, once tre di ottimo oglio e quattro fette di limone scorzato; quando tutto sarà disfatto, passerai per setaccio, riscalderai la salsa, la quale osserverai se è buona di sale, se ci volesse un poco di pepe e pochi aromi; se non piacesse molto piccante, ci porrai del zucchero; insomma la porterai a quella consistenza e gusto che più piacerà; la porrai o nelle salsiere oppure sopra il pezzo di pesce che toglierai dal brodo, sciolto dal panno-lino, e lo adatterai nel piatto proprio.
Prendi libbre due di ottimo riso, lo vedrai esattamente, lo laverai, lo asciugherai e quindi lo lesserai con acqua; lo farai cuocere per metà di sua cottura, in pari tempo porrai in un’altra casseruola su di una fornella una caraffa e mezzo di latte, oppure una foglietta e mezzo; quando il riso è giunto alla metà della cottura ed il latte bolle, sgocciolerai precedentemente il riso e lo tufferai nel latte per farlo terminar di cuocere; cotto che sarà ci mescolerai once otto di provola secca grattugiata ed otto torli d’ovi freschi, e fuori della fornella rivolterai benissimo, altrimenti farai una 180 frittata, ci porrai poco sale, e così rivoltando al caldo fuori della fornella farai entrare in cottura la provola e gli ovi; farai un pavimento, sulla tavola di marmo o sul pancone, di pan gratto finissimo, e sopra di esso porrai con un cucchiaio da zuppa tante porzioni del riso, su del quale porrai dell’altro pan-gratto, e con la punta del coltello cercherai accomodare quelle difformi porzioni del riso facendole di figura ovale, interlineandolo sopra per lungo, ed in questo modo friggerai con strutto li chenef, cotti di bel biondo colore graniti; l’accomoderai nel piatto proprio con salvietta al disotto.
Quantunque suol dirsi che la spiega non è per l’ignorante, mi sia permesso che io di tanto in tanto segni qualche nota, non ad altro oggetto per far meglio intendere la cosa (fornella è lo stesso che fornacella).
Prendi un rotolo di piselli teneri ma scorzati, ovvero due libbre e mezzo e tre once, l’imbianchirai in acqua con poco sale, dipoi li porrai in un’altra casseruola, sgocciolati dalla prima acqua, e ci porrai dell’acqua bollente con poco di salsa di pomidoro perché l’acqua si colorisca; quando saran cotti ci porrai once quattro di butiro liquefatto con poco pepe, rivolterai benissimo, facendo bollire per poco col butiro, li porrai nel piatto proprio appena umidi, ci farai una guarnizione di crostini fritti e così li servirai.
Farai bollire per un quarto d’ora in una casseruola mezza bottiglia di vino di malaga con once otto di zucchero in pane ed uno stecco di cannella; quindi farai raffreddare aggiungendoci mezzo bicchiere di acqua, quindici rossi d’ovi e cinque chiara, un pochino di sale; passerai due volte per una salvietta pria bagnata e bene premuta; verserai questa composizione sopra una tortiera imbutirata, farai cuocere ad un forno temperato, che sia ben ferma; quindi la taglierai in filetti, o mostaccioletti, li ravvolgerai in una velatissima pastarella da frittura ben fatta, li farai friggere nello strutto di bel colore e li servirai glassati di zucchero, con la pala rovente.
Per fare le zeppole, piatto di rubrica in Napoli per la ricorrenza della giornata, farai con libbre due e mezzo ed once tre (che corrisponde al rotolo di Napoli) la pasta bugné giusta il cap. IV. §6; fatta questa pasta la porrai sulla tavola di marmo o sul pancone verniciato d’oglio e rimenerai la pasta; della stessa ne farai tanti tortanetti, non molto piccoli, e li friggerai con strutto bollentissimo, potrai ancora con oglio; appena fatta una piccola crosta li rivolterai, e con un ferro puntuto espressamente o con un puntuto di legno li pungicherai, dovendo vuotarsi così, ed allora le zeppole saranno ottime; le rivolterai di bel nuovo finché giunga il loro punto di cottura biondo perfetto, le farai sgocciolare, l’accomoderai nel piatto 181proprio a piramide; farai un giulebbe strettissimo, ce lo verserai per sopra e poscia polverizzerai da per tutto di zucchero e così saranno servite le zeppole.
Pel Riposto e Desserts come il solito: pel gelato di candito vedi il giorno 3 marzo, per li biscottini di confetture vedi il giorno suddetto, e per quelli a la Saint-Cloud vedi il giorno 12 marzo. Farai la solita bevanda del caffè.
PRATICA.
Porrai in una casseruola a soffriggere con oglio due grandi cipolle in fette, delle pastinache ancor così e delle radici di petrosemolo, e quando sarà tutto ben soffritto, ci porrai per poco ancora rotoli tre di tonninole, ovvero libbre otto, che bagnerai col brodo dello storione o altro pesce; dopo che si saranno aperte, passerai tutto per setaccio, toglierai le tonninole dalle loro conchiglie e le conserverai togliendone le ultime, e quelle erbe le porrai in una casseruola con altro brodo e dell’altro oglio a bollire perché diano maggior gusto; quando tutto si sarà disfatto passerai novellamente per setaccio, ed unirai questo al precedente brodo per bagnare la zuppa; farai dei crostini di pane, o bruscati o a dadini fritti, li porrai in zuppiera versandoci quel brodo, e la servirai.
Lesserai un rotolo e mezzo, ovvero libbre quattro, di vermicelli, li sgocciolerai e li rivolterai in una casseruola ove ci avrai fatto soffriggere once quattro di alici salate, ben pulite e spinate, con once otto di ottimo oglio, ed a color di foco di tanto in tanto li rivolterai perché venissero tutti sciolti; frattanto ci porrai un poco di petrosemolo triturato finissimo, e così li porrai in zuppiera.
Farai la pasta per panzerotti, vedi il cap. IV. §15; farai un soffritto di poca scarola bianca, di capperini ed olive, del sale e del pepe; lesserai libbre due d’alici fresche, le spinerai, e ben nettate le unirai con la farsa di scarole, e con essa ne riempirai li pasticcetti li quali potrai friggere, oppure cotti al forno; tutti verniciati, o di butiro o di sugna, li porrai nel piatto proprio a cupola e li servirai.
Prendi un bel pezzo di storione di rotoli tre, ovvero libbre otto, lo ravvolgerai in un panno-lino e, legato ben stretto (perché non si sgrani), lo lesserai con acqua, foglie di lauro, un mazzetto d’erbe, delle teste di garofani, una stecca di cannella, e qui ti fo osservare la diversità degli altri lessi di pesce in dove ti ho prescritto l’aceto, il vino bianco, le fette d’agrumi, e giacché ti ho detto di doverti servire del brodo per la zuppa, non ci dovevano far parte queste altre materie; quando sarà cotto lo farai raffreddare nel brodo medesimo, quindi lo sgocciolerai, lo scioglierai e lo porrai nel piatto proprio servendolo con la salsa di succo di limone, molt’oglio, del sale, del pepe e poco petrosemolo trito, riponendo questa salsa nelle salsiere.
Spinerai sei alici salate, e ben pulite le farai soffriggere in una casseruola con tre once d’oglio, uno spicchio d’aglio e poco petrosemolo trito finissimo; dopo ci porrai libbre tre di tartufi scorzati e fatti a giuste fette, e rivoltandoli bene ci porrai tre quartini di caraffa, ovvero foglietta di vino bianco secco, col quale farai bene tutto incorporare sopra lento foco; farai dei crostini di pane fritto, li porrai nel piatto proprio e sopra di essi ci verserai li tartufi, e così li servirai.
Secco s’intende asciutto, non dolce.
Prendi un poco di brodo di pesce chiaro, e sia quello stesso ove hai cotto lo storione, lo porrai in una casseruola che ci scioglierai un poco di salsa di pomidoro, ci porrai del sale e del pepe e lo porrai poi nel piatto proprio in dove ci aprirai gli ovi da servire interi; li farai cuocere dolcemente sopra di una fornella soltanto roventata, quando son cotti porrai in una casseruola mezza foglietta, ovvero mezza caraffe, di fiore di latte ed once due di butiro, ci unirai tre rossi d’ovi freschi; farai questa salsa legare leggermente e la verserai simmetricamente sopra gli ovi, e più al disopra ci farai una polverata di parmegiano, che farai 183glassare con una pala rovente o sotto al fornello infuocato, e così li servirai.Glassare, è lo stesso d’incroscare, fare fare il brulè. ingranire, ecc.
Porrai in una casseruola un bicchiere di fior di latte, cioè la quarta parte di una foglietta o caraffa, ci porrai once due di butiro maneggiato con un pochino di fior di farina, poco sale e pepe, e porrai la piccola casseruola sulla fornella, facendo dolcemente bollire, movendo sempre con una mescola per far prendere il gusto di farina, indi passerai per setaccio. Prendi 24 belli torzuti selleri ma che non sieno spigati, ne toglierai tutte le foglie verdi e dure, li taglierai cinque dita di sopra il torzuto, li netterai all’intorno, li laverai e poscia li lesserai, li sgocciolerai benissimo, li dividerai per metà e l’aggiusterai nel piatto proprio tramezzandoci la salsa di fior di latte ed once otto di parmegiano grattugiato al disopra; ci porrai ancora once quattro di butiro liquefatto; porrai il piatto in un forno leggiero quanto ci dia un bel colore e poi li servirai.
La pratica è come gli altri, e similmente quella pel Desserts. Pel gelato di portogallo farai come il giorno 1° marzo. Per li piattini di dolci vedi il giorno 14 marzo.
Pel caffè farai secondo il solito cap. IX.
PRATICA.
Farai soffriggere una ventina di cipollette ben pulite in una casseruola con once otto di ottimo oglio, divenute color d’oro, rivoltandole spesso, ci porrai due caraffe d’acqua, farai bollire per poco, ci porrai del sale e poco pepe, quindi ci porrai rotoli due di piselli fini scorzati; frattanto farai sei pagnotte scorzate e suddivise in dadini fritti, li mescolerai nella casseruola con li piselli, subito verserai nella zuppiera e servirai.
Lesserai libbre quattro di questa pasta detta ricci di foretana, li sgocciolerai e li frammezzerai in zuppiera con once dodici di parmegiano grattugiato e salsa di pomidoro.
Prendi rotoli tre di uno o due merluzzi, li sgargerai, squamerai e pulirai le viscere, li laverai e li ligherai in panno-lino, li lesserai in acqua con dell’aceto, fette di limone, foglie di lauro e cimette di rosmarino, del sale e pochi aromi contusi; quando saranno propriamente cotti, li scioglierai, l’aggiusterai nel piatto proprio, facendo servire nelle salsiere l’oglio, succo di limone, sale, pepe e petrosemolo trito.
Porrai in una casseruola libbre due di ottimo fior di farina, grana due di livieto, ed impasterai con acqua tiepida; porrai la casseruola al caldo di una fornella perché bene fermenti e si sollevi la pasta, la quale dovrà essere come una consistente salsa; frattanto lesserai una libbra e mezzo di ottimo baccalà, lo spellerai e lo spilluccherai, e quando la pasta si è bene sollevata ci mescolerai il baccalà, e, con un cucchiaio da tavola, ne prenderai tante porzioni che friggerai nella padella, o con strutto o con oglio, di bel biondo colore, l’accomoderai nel piatto proprio e le servirai.
Prendi rotoli due di gamberi, ovvero li così detti mazzacuogni, li laverai e li lesserai, ne toglierai tutti i frutti delle code scorzate e li conserverai in acqua calda; pesterai benissimo tutto il resto, e questo pesto lo porrai in una casseruola con una caraffa e mezzo d’acqua, farai bollire e consumarne il terzo, passerai per 185 setaccio ben forte, riponendo quell’estratto in una casseruola nella quale ci farai scuocere once otto di pestati capperini, passerai ancor questi ben forte per setaccio; porrai la salsa in una casseruola, ci porrai once tre di butiro, del sale, del pepe, e farai dare pochi bolli; accomoderai le code de’ gamberi nel piatto proprio, versandoci la salsa con poco succo di limone.
Lesserai 24 ovi, li scorzerai e li dividerai per metà, pesterai nel mortaio grana due di menta ben fina, caverai li rossi duri dalle mezze chiara e li pesterai insieme con la menta, e più ci pesterai la polpa di due pagnotte spungate nell’aceto e premute; ci porrai once dodici di zucchero fiorettato ed un poco di cannella ottima pesta, farai una farsa, e di questa ne riempirai le mezze chiara, che accomoderai nel piatto proprio; tutto quello rimasto nel mortaio lo scioglierai con ottimo rum, che verserai sopra gli ovi, e così li servirai.
Prendi 16 carciofi, ne toglierai le foglie cattive e le altre dalla punta lasciandoci la parte del torzuto, gli troncherai la punta e netterai tutto a misura che ciascuna sarà pulita, la dividerai in quartini e li gitterai in una casseruola con acqua fresca, sale a sufficienza e molto succo di limone perché così s’imbianchiscono, quindi le lesserai appena e le ritirerai in acqua fresca; intanto farai soffriggere in una casseruola once quattro di ottimo oglio, ci porrai l’estratto di numero due alici salate ben pulite e passate per setaccio, e quindi ci porrai li quartini de’ carciofi sgocciolati con molto petrosemolo trito, del sale e del pepe; li farai terminare di cuocere, li porrai nel piatto proprio e li servirai con guarnizione di crostini fritti.
Farai la pasta di sfoglio giusta il cap. IV. §2, ne formerai un volo-vant che riempirai di conserva di percoche, lo polverizzerai di zucchero e lo servirai.
Pel Riposto, e Desserts sarà la pratica come li precedenti, pel gelato di amarene vedi il giorno 5 marzo, per li dolci, biscottini di cioccolatto e biscottini di Provenza, vedi il giorno 15 marzo.
PRATICA.
Farai bollire in una casseruola due caraffe di latte con mezza foglietta di fiore di latte, once quattro di zucchero in pane, uno stecco di cannella ed un pochino di sale. Lo farai raffreddare e ci porrai otto rossi d’ovi freschi e quattro chiare ben battute, mescolerai tutto e lo passerai due volte per setaccio; porrai quindi questo estratto in un vaso di creta e lo farai cuocere a bagno maria, cioè che porrai questo vaso in una casseruola con acqua che bolle; quando sarà ben cotto toglierai il vaso dall’acqua; frattanto farai bollire un momento altre due caraffe di latte con poco zucchero, uno stecco di cannella ed un’idea di sale. Terrai pronta la zuppiera nella quale porrai delle porzioni del bagno-maria che prenderai con un cucchiaio d’argento, e quindi ci verserai il latte togliendone lo stecco di cannella.
Lesserai rotoli due di grosse vongole, ne caverai il frutto e lo conserverai; lesserai libbre quattro di tagliarelli, li sgocciolerai e li rivolterai in once otto di oglio suffritto, ci unirai le vongole, ci porrai del petrosemolo trito, del sale e del pepe; li farai asciugare al caldo di una fornella rivoltandoli sempre perché venissero asciutti, e così li porrai in zuppiera.
Farai una pasta velata con libbre due di fior di farina con acqua tiepida, poco sale e poco lievito; la farai fermentare accosto di una fornella con foco, quindi prenderai le foglie di borraggini ben pulite, immergerai le foglie ad una ad una nella pastarella e le friggerai con strutto, le farai sgocciolare, l’accomoderai nel piatto proprio e le servirai.
Prendi rotoli tre di grosse morene, le spellerai e le taglierai in pezzetti senza spine, le lesserai, e sgocciolate le porrai in una 187casseruola con una caraffa di forte aceto, ci unirai una libbra di zucchero, poca polvere di cannella, garofano, pepe e poco sale, ci porrai once quattro di mandorle spellate, triturate e brustolite, once quattro di cedro candito triturato, grana due di pignoli, e farai dolcemente bollire perché tutto s’incorpori; e laddove la salsa fosse molto spessa, cercherai allungarla o con un poco d’acqua calda o con altro aceto, e la porterai alla regolare consistenza, e così porrai il siviero nel piatto proprio e lo servirai.
Vedi il cap. IV. §2 e così farai la pasta di sfoglio, similmente come il piatto dolce del giorno precedente, che invece della conserva di sciroppato ci porrai del pesce, che farai così. Prendi libbre 4 di polpa di merluzzo, cefalo, spinola o palombo: una metà la pesterai, ci porrai del petrosemolo trito, once quattro di provola grattugiata, due ovi battuti, la polpa di una pagnotta spungata e premuta, del sale e del pepe, ne farai una farsa e quindi ne formerai tante braciolettine e polpettine; l’altra meta la lesserai con acqua e la terrai in disparte; le braciolettine e polpettine le lesserai in culì di pesce che farai dalla testa e coda, in detto culì farai cuocere le dette polpettine, e con pochi piselli, funghi e filettini di tartufi; fatta questa cassuola la ritirerai dalla fornella e porrai nella casseruola un poco di fior di farina, e rivolterai bene onde non si aggruppi, tenendola però sempre al caldo; quando avrai cotto il volo-vant lo riempirai metà della cassuola, l’altra polpa del pesce nel mezzo, che sia caldo, e sopra il resto della cassuola ci porrai il coverchio di sfoglio già cotto e così lo servirai.
Netterai benissimo rotoli due, ovvero libbre cinque e mezzo di pronti funghi, li porrai in acqua fresca con sale e limone e quindi li laverai più volte, dipoi li lesserai non molto e li premerai; farai soffriggere in una casseruola once quattro di ottimo oglio con due spicchi d’aglio, quando sarà fumante l’oglio ci porrai li funghi con un pochino di acqua, del sale e del pepe, e molto petrosemolo trito finissimo; li porrai nel piatto proprio con guarnizione di crostini fritti.
Friggerai nello strutto ben caldo degli ovi freschi, cercherai farli cuocere rotondi e color d’oro girandoli con la cucchiaia bucata; li porrai nel piatto proprio con sopra un ragù di piccolissime cipollette che farai cuocere in salsa di pomidoro ed all’intorno una guarnizione di crostini piccolissimi fritti nel butiro.
Vedi il cap. VI. §5 e così farai questa crema, servendoti per proporzione di una caraffa e mezzo di latte ovvero una foglietta e mezzo.
La pratica del Riposto e Desserts sarà come le precedenti. Pel gelato di pistacchio vedi il giorno 6 marzo. Per li piattini di dolci vedi il giorno 17 detto.
Farai la solita bevanda con once quattro di caffè come al cap. IX.
PRATICA.
Pelerai con acqua bollente libbre due di mandorle dolci, le pesterai ben fine nel mortaio, spruzzandoci interrottamente dell’acqua, dipoi le scioglierai con quattro caraffe d’acqua tiepida, e passerai per una salvietta bagnata e premuta ben forte; porrai questo latte in una casseruola, e quando bolle ci farai cuocere libbre quattro di ottimo riso pria veduto, nettato e lavato; lo porrai in zuppiera e lo servirai con un piattino di zucchero polverizzato e poca polvere di cannella.
Lesserai ben pronti libbre quattro di maccheroni, li sgocciolerai e li frammezzerai in zuppiera con once dodici di parmegiano grattugiato e sugo di pesce.
Lesserai come ti ho detto per tutti gli altri pesci un’ombrina di rotoli tre; la porrai nel piatto proprio, facendola servire nelle salsiere con oglio molto, succo di limone, petrosemolo triturato finissimo, del sale, del pepe.
Netterai benissimo rotoli due di mezzane alici, ovvero libbre cinque e mezzo, le laverai, le farai bene sgocciolare dentro un setaccio, le farinerai con fior di farina e le friggerai ben sciolte, o con strutto o con oglio, accomodandole nel piatto proprio guarnite di petrosemolo fritto, o foglie di selleri, o menta romana, o erba di mare.
Lesserai una misura di bianchi fagioli e, divenuti ben cotti, li pesterai, ci unirai once sedici di polpa di pane spungata nel latte e premuta, e passerai per setaccio; ci unirai sei chiara d’ovi ben battuti alla fiocca, con ancora li torli d’ovi, ci unirai once otto di parmegiano grattugiato, del sale e del pepe, e farai tutto medesimare; quindi vernicerai una proporzionata casseruola di sugna, la ingranirai ben bene di pan-gratto e poi ci verserai la composizione, badando alla proporzione della casseruola perché la composizione deve giungere fino alla metà dovendo servire il dippiù pel gonfiore della schiuma; porrai la casseruola sulla fornella rovente, senza foco al di dentro, e tutti li carboni accerchiati al bordo della casseruola, e sopra al coverchio ventolando spesso perché il foco non s’incenerisca; baderai al punto di sua cottura, e lo conoscerai immergendo la punta del coltello nella schiuma e ritirandolo, ed allora vedrai: se la lama ne sorte netta, allora è il suo punto; la toglierai dal foco perché si rassetti, ed al momento di servirla cercherai staccarla con la punta del coltello e poscia la rivolterai nel piatto proprio.
Prendi 24 carciofi, li netterai di tutte le foglie cattive come per frittura, li dividerai per quartini e li porrai subito nell’acqua fresca con sale e succo di limone; quindi li lesserai e li porrai in acqua fresca, dipoi li sgocciolerai e li rivolterai in once sei di butiro liquefatto con pochissima tintura di salsa di pomidoro, del sale e del pepe, e del petrosemolo trito, e con una guarnizione di crostini fritti servirai l'entremets.
Lesserai 24 ovi duri, li scorzerai e li preparerai in quartini nel piatto proprio; frattanto porrai in una casseruola mezza caraffa di latte con sei rossi d’ovi, once due di zucchero in pane, e farai addensare sul foco dolcemente girando sempre con la mescola; quando sarà divenuto come una salsa liquida ci porrai poco sugo di limone che verserai sugli ovi duri.
Farai la pasta frolla con libbre due di fior di farina, vedi il cap. 190 IV. §1, la levigherai con lo stenderello, ovvero laganatoio, della spessezza di uno scudo e ravvolgendola al laganatoio medesimo, polverato di fior di farina, ne farai il pavimento di quella tortiera proporzionata da servire per dodici coperti; frattanto accomoderai libbre 3 di ottima ricotta con once 16 di polverato zucchero, sei torli d’ovi ed once quattro di cocozza candita triturata, mescolerai tutto benissimo e lo porrai nella tortiera, ci farai il coverchio dell’altra pasta, accomoderai un bordino attorno all’orlo, e nel mezzo ci farai un rosone a basso rilievo con apporci dell’altra pasta con dei pezzi pria lavorati, e la farai cuocere o al forno o sotto al fornello; baderai alla sua cottura; quando la pasta è divenuta un biondo oscuro, leverai il foco e la farai raffreddare; quindi la scivolerai nel piatto proprio, polverizzandola di zucchero.
La pratica pel Riposto e pel Desserts sarà come le altre, pel gelato di cedrato vedi il giorno 16 marzo, per li dolci vedi il giorno 10 marzo.
Pel caffè, vedi il cap. IX.
PRATICA.
Lesserai una misura e mezzo di buone e bianche lenticchie che non sieno bucate; dopo cotte le sgocciolerai ben bene e le porrai in una casseruola con once nove di ottimo oglio, pria bollito un poco; ci porrai del petrosemolo, e foglie di borraggini, e le foglie più tenere de’ finocchi, tutto triturato, del sale, del pepe ed una caraffa d’acqua bollente, e forsi più, e farai bollire dolcemente perché tutti s’incorpori, e le erbe si cuociano; frattanto triturerai grossolanamente due fresche pagnotte, friggerai con oglio tutti quei difformi pezzettini di pane di bel biondo colore, li mescolerai nelle 191lenticchie, e quindi subito verserai tutto nella zuppiera, e servirai la zuppa.
Lesserai un rotolo e mezzo di vermicelli, li sgocciolerai benissimo e li frammezzerai in zuppiera con once dodici di parmegiano grattugiato ed once otto di butiro liquefatto.
Farai con libbre tre di fior di farina la pasta bugnè, vedi il cap. IV. §6; dopo che l’avrai ben fatigata, o ci mescolerai once sedici di mozzarella triturata e ne formerai tante pagnottine, oppure formerai le stesse ripiene di mozzarella, le porrai in una tortiera tutte bene verniciate, o di butiro o di sugna, e le farai cuocere al forno; quando saranno divenute ben gonfie e colorite saran cotte, e se han più bisogno di cottura le farai stagionare al forno aperto; adatterai una salvietta nel piatto proprio e ci accomoderai a piramide le pagnottine.
Prendi un pezzo di storione di libbre otto, lo dividerai in tante giuste fette; dipoi prendi una casseruola la più larga, la vernicerai di butiro, ci farai un pavimento di diafane fettoline di grascio tarantello, che sia pria ben dissalato, sopra di esso ci porrai delle fettoline di pastinache e tartufi, poco sale e pepe, ci porrai una polverata di petrosemolo triturato finissimo, quindi ci porrai le fette del pesce e sopra di esso l’altro consimile apparecchio, e finalmente ci farai una covertura di sottilissime fettoline di butiro; sopra della casseruola un coverchio di carta e finalmente quello di rame, con foco sotto e sopra, farai leggermente così cuocere; quando sarà cotto, con uguale ordine lo porrai nel piatto proprio versandoci sopra del succo di limone colato.
Storione. Questo pesce benché sia di mare si nutrisce di acqua dolce, e quando è piccolo chiamasi porcelletta, la quale è molto più stimata che lo storione, essendo sommamente più delicata e più facile alla digestione. Lo storione si prende nell’imboccature de’ fiumi, ed in Italia specialmente nel Po, Adige e Tevere, i quali riescono di un sapore eccellente. Se ne prendono anche nel Volturno, ossia fiume di Capua. Lo storione tiene il primo luogo fra i pesci nobili, e con le sue uova fassi dell’ottimo Caviale sì liquido che solido, ma il primo è assai migliore dell’altro. Questo pesce dev’essere infrollito qualche giorno, ma più l’Inverno, onde avere la carne tenera e delicata. La sua pesca principia nella Primavera e dura tutta l’Estate nel cui tempo partorisce, d’onde si hanno le porcellette.
Lesserai libbre sei di pomi di terra; quando saranno ben cotti, li spellerai e li pesterai finissimi con once dodici di polpa di pane bene spungata in una caraffa, o foglietta di latte, e premuta, passerai 192per setaccio, unirai a questo estratto otto chiara d’ovi ben montati alla fiocca, quindi ancora li rossi, ed once otto di parmegiano grattugiato, con del sale e del pepe; vernicerai una proporzionata casseruola con butiro e strutto; la ingranirai con pan-gratto e ci verserai la composizione, la quale non deve oltrepassare la metà della casseruola; la porrai sulla fornella come quella del giorno precedente e farai come la stessa.
Lesserai una dozzina di rape bianche di giusta grandezza e che non sieno spinose, le netterai, le dividerai per metà, e poi tagliate a traverso in fette non molto sottili; frattanto farai la
Prendi una caraffa di fior di latte, ci unirai once due di butiro maneggiato con un poco di fior di farina, ci porrai ancora una raspatura, appena, di noce moscata, poco sale, e pepe, porrai tutto in una casseruola e farai addensare al foco mescolando sempre, e quando l’avrai portata ad una giusta densità la passerai per setaccio; quindi farai un pavimento di parmegiano grattugiato nel piatto proprio simmetricamente, ci porrai delle fette delle rape, un poco della salsa, e così farai suolo per suolo; ed in ultimo finirai con una polverata di parmegiano e poco butiro liquefatto, la farai incrostare al forno e la servirai.
Farai 24 ovi duri, li scorzerai e li dividerai in quartini, l’accomoderai nel piatto proprio versandoci sopra la salsa di pomidoro con butiro, e così sarà servito.
Trovo una bassezza precisare la salsa di pomidoro, perché questa chi non la sa fare? Perché dovrei dire di prendersi rotoli due di pomidoro ben pronte, mature, dividerle per metà, toglierne tutto il viscido con li semi, farle ben bollire, passare per setaccio e stringere sul foco l’estratto con once due di ottimo butiro, e quindi potersene servire per tutto ciò che viene indicata questa salsa, gradatamente di sua proporzione, ove più, ove meno pomidoro; sembrami dunque aver detto tutto, non è vero?
Pel solito numero di dodici coperti farai la crema sempre di una caraffa e mezzo di latte con ciò che segue, vedi il cap. VI. §6.
La pratica pel Riposto e Desserts è sempre la stessa, pel gelato di anisi vedi il magistero adoperato pel giorno 13 marzo, come pel magistero de’ dolci, de’ biscottini di pasticchio e di quelli alla provenzale, vedi il giorno 4 detto.
Farai la solita bevanda di caffè giusta il cap. IX.
PRATICA.
Lesserai una misura e mezzo di fagioli, quelli piccoli così detti monacetti, ne sgocciolerai quell’acqua e li laverai novellamente con acqua bollente; li porrai in una casseruola con once nove d’oglio, del sale, del pepe, petrosemolo e finocchi triti grossolanamente, ci porrai dell’acqua bollente da servire per brodo, e farai bollire per far cuocere l’erbe e l’oglio; farai de’ piccolissimi crostini fritti, li mescolerai nella casseruola de’ fagioletti, quando tutto è cotto subito li servirai in zuppiera.
Lesserai libbre quattro di vermicelli, li sgocciolerai ed intanto farai soffriggere in una casseruola once quattro d’alici salse, lavate e spinate, con once sei d’oglio perfettissimo; rivolgerai bene li vermicelli a caldo di foco, ed asciugati li porrai in zuppiera.
Sgargerai, squamerai e laverai ben bene rotoli tre, ovvero libbre otto di merluzzo, farai soffriggere in una casseruola once 194quattro, o di oglio o di strutto, con una trita cipolla, quando questa si sarà arrossita, ci porrai grana tre di conserva di pomidoro; la farai consumare e, bagnando con acqua bollente, la farai liquefare, ed a poco a poco ne formerai un corto brodo, il quale lo 195passerai per setaccio, ed in esso ci farai cuocere il merluzzo, e così lo servirai.
Il Merluzzo. Il Merluzzo è un pesce di mare che monta spesso verso le rive, esso vive di piccioli pesci e di tutto ciò che trova nel mare, e benché questo pesce sia molto comune, non lascia per questo di essere stimato per il suo buon gusto. La sua carne è leggiera, salubre e di facile digestione. Questo è di tutt’i paesi conosciuto per quello che produce meno cattivi effetti; mentre sonosi vedute delle persone mangiarne con eccesso e non esserne state incomodate, motivo per cui se ne può permettere l’usarsi per gli ammalati e convalescenti.
Il Merluzzo nutrisce poco, ed è ancora questo nutrimento di sì poca durata, che il sugo che somministra si dissipa così presto che la Natura non ha quasi il tempo di disporre per il sostentamento del nostro corpo. Devesi scegliere però grosso, fresco e polputo. La sua pesca dura tutto l’anno; ma la migliore Stagione è la Primavera e l’Estate.
Questo pesce poco si conserva per la sua delicatezza, ed il suo fegato l’è molto ottimo: non solo da farne uso per le mense, ma quanto per essersi rinvenuto in Chimica come un gran rimedio per le malattie scrufolose e per la tisicia ancora, ed il primo esperimento avvenne nella Scozia.
Eravi un ricco negoziante d’oglio e di baccalà, e siccome questi tenea a suo conto la pesca dei merluzzi per lo smercio del baccalà, in una circostanza ubertosissima della pesca di questo pesce, volendo fare uno speculativo esperimento, raccolse tutti i fegati e li gittò in diversi grandi vasi con oglio del più perfetto, per quindi poi farne smercio; e siccome non conosceva quanto dovesse o potesse essere la durata di questa composta in oglio per conoscere il risultato, se ne dimenticò quasi.
Questa circostanza si conosceva quasi da tutti, che quel tale negoziante immaginato avea una simile speculazione; quando un giorno gli si presentò un valente Chimico e pregollo volere una carafina di quell’oglio di fegati di merluzzo volendone fare uno esperimento.
Erasi questo Chimico occupato a curare un infelice che avea tutta la gola piena delle così dette scrofole (che io non saprei diversamente dire), e che tutta la premura ed impegno, non che ingegno, praticato avea per la guarigione; tentar volle praticare l’esperimento dell’oglio di fegato di merluzzo. Usato questo mezzo con delle reiterate cenzioni l’infermo guarì, come degli altri ancora.
Il Grido fece il suo corso, la Fama ne accreditò l’esperienza, ed il Chimico, giustamente superbo della sua scoverta, proseguendo le sue vedute opinò che questo salutare oglio, rinvenuto ottimo per la guarigione delle scrofole esterne, potesse recare lo stesso bene alle vomiche e tubercoli interni che disgraziatamente pungono i visceri dell’uomo, particolarmente ai polmoni, e ne succede cammin facendo la terribile ed incurabile (a mio credere) malattia della Tisicia in generale; esperimento adunque anche su questo malanno si progettò eseguire quel Valente Chimico: usandone in un cocchiaio d’acqua delle stille internamente, ripetendo il rimedio per due o tre volte al giorno, fu il primo che arrivò al punto ove era il Pallio della vinta Corsa, che con orgoglio il più lusinghiero lo strinse in mano e portollo sventolando da per ogni dove, onde sua Fama giustamente imperasse per la guarigione di questi due malanni che pur troppo affliggono la umanità.
Mi permetteranno poi le Ceneri dell’Eroe e Valente Chimico le mie sciocche osservazioni: in quale Studio dovrà e potrà usarsi sì bel rimedio? Questo la storia lo ha taciuto ed è perciò che io poca fiducia ne avrei dell’oglio di fegato di merluzzo, ma soltanto dell’uso del pesce, perché se ne possono preparare moltissimi piatti, tutti buoni e chiari, che per tal circostanza domando al mio caro lettore amico della presente nota il mio perdono per essermi di troppo inoltrato in segnare questa benedetta schiuma di merluzzo, avendomi la penna trasportato in narrare parte della Storia naturale di questo pesce, avendone fatta molla lettura, e di tutti gli accessorii in generale; ed eccomi che ritorno alla pratica.
Farai la pasta frolla con libbre due di fior di farina giusta il cap. IV. §1; ti servirai di quella tortiera proporzionata, nella quale porrai un soffritto di bianca scarola triturata con capperini, olive dissossate, dell’uva passa senza li noccioli, de’ pignoli: di questa ne farai il pavimento nella tortiera; nel mezzo ci porrai un ragù di piselli, funghi, carciofi, filettini di tartufi e delle patelle scorzate e lessate: questo ragù lo farai cuocere, o con butiro o con strutto, come anche la scarola, riporrai al disopra l’altra scarola, quindi l’altra pasta; ci farai un tortino all’intorno e lo farai cuocere, o nel forno o sotto al fornello, e caldo lo scivolerai diligentemente nel piatto proprio, e lo servirai.
Lesserai un competente quantitativo del tenero de’ sparagi, li sgocciolerai e li pesterai con pane spungato nel latte, passerai per setaccio, ci unirai once otto di parmegiano grattugiato con otto chiara d’ovi battute e montate alla fiocca, quindi ci unirai ancora li rossi, medesimerai tutto, e vernicerai di butiro una casseruola e la ingranirai di pangratto; ci verserai la composizione, e la farai cuocere sopra di una fornella arroventata col bordo di carboni e sopra al coverchio.
Lesserai 24 ovi, li farai duri, li scorzerai e li dividerai per metà; prenderai diligentemente li mezzi rossi, senza far lacerare le chiara, pesterai li rossi ben bene, con ancora la polpa di due pagnotte spungate nel vin di malaga; e ben premute, ci unirai once otto di zucchero polverizzato, un poco di polvere di ottima cannella e con questa farsa ne riempirai le mezze chiara d’ovi; il resto lo porrai in una casseruola con once sei di mostacciolo pesto finissimo, una caraffa di ottimo aceto, once otto di zucchero, della polvere di cannella, once quattro di mandorle dolci spellate, brustolite e triturate finissime; ci porrai un pochino di sale e farai dolcemente bollire; quando l’avrai portata ad una giusta consistenza, la gusterai se sia molto dolce o acre ed allora la correggerai, portando questa salsa ad agro-dolce; accomoderai gli ovi nel piatto proprio, versandoci la suddetta salsa.
Prendi 24 carciofi, ne toglierai tutte le foglie cattive, ne toglierai la punta e tutto il cattivo del torzuto; cercherai destramente aprire li carciofi e li riempirai di petrosemolo, capperini, olive ed alici salate, tutto ben triturato, rammasserai questo trito con ottimo oglio e poco pan-gratto; dipoi accomoderai li carciofi in una casseruola piatta, ci porrai once dodici d’oglio ottimo, e farai 196cuocere dolcemente sulla fornella; quando saran cotti li carciofi, li prenderai diligentemente e li porrai in un setaccio perché sgocciolassero bene dell’oglio, il quale diverrà verde; porrai li carciofi nel piatto proprio con guarnizione di crostini fritti.
crema di latte di mandorle con cioccolatto, vedi il cap. IV. §12.
La pratica del Riposto e del Desserts sarà come tutte le altre. Pel gelato di violette vedi il giorno 22 marzo. Per li dolci di pasta reale e mostaccioletti, vedi il giorno 5 detto.
Farai la solita bevanda del caffè, vedi il cap. IX.
PRATICA.
Farai dapprima il brodo chiaro come vedi al cap. V. §1 ma per quanto riguarda la prima operazione, cioè non ci porrai le erbe, giacché quelle si adoperano quando bisognano le zuppe; fatto il brodo chiaro, prenderai rotoli tre di cardoncelli, ne toglierai tutto il verde delle foglie lasciando tutti li stipiti, rasperai quella che ti sembra radice, li laverai benissimo con acqua fresca ed appena ci darai una imbianchita con acqua bollente; sgocciolati bene li farai cuocere nel brodo chiaro, e poscia batterai una dozzina d’ovi freschi, grattugerai once dodici di dura provola, che mescolerai pria nella marmitta dei cardoncelli, e poi ci mescolerai il battuto d’ovi fuori della fornella, perché gli ovi e la provola entrino in cottura; ed addensato regolarmente, servirai la minestra nella zuppiera non con molto brodo.
Prendi once sedici di carne vaccina, il vacante, la porrai in una casseruola con una cipolla mezzana trita sotto, once quattro di lardo pesto, del sale, del pepe, e poca polvere di cannella e garofani; farai soffriggere rivoltando sempre, facendo così colorire la cipolla, e divenuta ben bionda principierai a bagnare con appena acqua bollente, e quando la carne ti sembri annerita, ma non già brugiata, ci porrai un’oncia di vera conserva di pomidoro, la quale farai liquefare a forza di mescolare e bagnare; finalmente ci porrai dell’acqua bollente onde ti dia il brodo necessario: per condire la tua zuppiera di maccheroni farai bollire, e divenuto a perfezione il sugo toglierai dalla fornella la casseruola e passerai per setaccio, e con questo brodo condirai li maccheroni in libbre quattro, che lesserai, sgocciolerai benissimo e frammezzerai in zuppiera con once dodici di parmegiano grattugiato.
Farai con libbre due ed once nove la pasta di sfoglio giusta il cap. IV. §2, la distenderai sulla tavola di marmo spessa mezzo dito; con una taglia pasta rotondo e lavrato, che infocherai nello strutto bollente, ne taglierai tanti tondi per quanti ti bisognano di petit-patè; tutta la pasta mal forme la riunirai e la distenderai spessa uno scudo, ne taglierai con lo stesso modo tanti altri rotondi che vernicerai di butiro liquefatto, sopra ciascuno di questi ci porrai uno di quelli sfogliati, che con un altro taglia-pasta molto più piccolo ne toglierai il pezzo di mezzo, riducendo come se fosse un tarallino; adatterai tutti questi tondi grandi e piccoli in una tortiera verniciata di strutto, li pennellerai di ovo battuto al disopra e li farai cuocere al forno; frattanto lesserai appena una ventina di fegatini di pollo, li pesterai finissimi e li scioglierai in mezza caraffa d’acqua, passerai per setaccio, ed a questo ci unirai mezza caraffa di latte, quattro rossi d’ovi, due once di amido ed un pochin pochino di sale; mescolerai con la mano tutto insieme e ripasserai per setaccio, porrai questa dose in una casseruola e la farai cuocere come la crema, girando sempre con la mescola, portandola ad una maggiore densità della crema; con questa ne riempirai li peti-patè, e sopra ci porrai ad ognuno un piccolo tondo che servirà di coperchio; accomoderai una salvietta nel piatto proprio, ed a forma di piramide aggiusterai li petit-patè.
Prendi rotoli tre di vitella, la polpa, ovvero libbre otto: ne farai quattro pezzi uguali, togliendone tutto il difforme; prendi una libbra di lardo di prosciutto per essere il più duro, badando che non abbia cattivo odore, ne farai tanti piccoli lardelli; di questi ne porrai uno per volta in una larderuola, lasciando al di fuori della stessa la terza parte di ciascun lardello, e così uno dopo l’altro 198piccherai tutta la superficie del pezzo di vitella, formando tante linee; dipoi prendi una casseruola della capacità di quattro caraffe d’acqua, il fondo della medesima lo covrirai di sottilissime fettoline di lardo, intarsiandole con fettoline di prosciutto, ed al disopra a queste un altro suolo di fettoline di cipollette, sopra delle quali accomoderai li pezzi di fricandò e baderai che non stiano uno sopra dell’altro, anzi che vadano quasi stretti ed incassati fra loro; ci porrai del giusto sale, del pepe, sei teste di garofani, due o tre stecchette di cannella e sopra delle altre fettoline di prosciutto; riempirai la casseruola di acqua meno un piccolo bordo, ci porrai un coverchio di carta e poi quello proprio della casseruola; porrai la stessa sulla fornella a bollire regolarmente: dopo un’ora e mezzo di bollimento osserverai a che grado di cottura è il fricandò, avvertendoti che dev’esser cotto un punto di più del lesso, e laddove non vi fosse giunto farai continuare a bollire, e se quel brodo si fosse ristretto ci rimetterai dell’acqua bollente, lo che difficilmente può accadere, e se non fosse di cottura ci porrai un altro foglio di carta nuova; dopo cotto terrai la casseruola al caldo; quando si dovrà servire, porrai nel piatto proprio una salsa di spinaci come ti dirò, e sopra di questa ci porrai li pezzi di fricandò con li lardelli al disopra.
Piccare s’intende prendere uno dei lardelli, adattarlo nella larderuola come ho descritto nella lista degli utensili, e quindi introdurlo nella carne facendo uscire la punta dalla parte opposta, e con le dita trattenere l’estremità del lardello onde la terza parte di esso resti al difuori; e così, linea per linea, seguitare a piccare uno appresso dell’altro.
Prendi un mazzetto di spinaci, li pulirai, li laverai, quindi li lesserai, quando saranno ben cotti li sgocciolerai, li pesterai e li passerai per setaccio; porrai questo estratto in una casseruola con once due di butiro, sale, pepe, e piacendo un poco di raspatura di noce moscata, ci porrai un pochino di fior di farina ed un coppino di brodo colorito, farai medesimare tutto al loco, e così sarà fatta la salsa.
Prendi la polpa di dieci petti di pollo senza la cute, li pesterai e poi ci pesterai ancora once otto di polpa di pane spungata nel latte, e premuta, ci unirai ancora once quattro di butiro, passerai per setaccio, dipoi ci unirai quattro chiara d’ovi ben battute alla fiocca e li rossi, ci porrai once tre di provola grattugiata, del sale e del pepe, e ne farai una dose: preparerai sul pancone tanti pezzetti di carta da scrivere, su di essi farai cadere con un cucchiaio tante uguali porzioni della farsa, in mezzo di ciascuno ci porrai tanti piccoli pezzettini di fegatini di pollo e de’ piccolini pezzettini di tartufo, e con la punta di un coltello bagnato nell’acqua cercherai accomodare le Chenef tutte uguali come se fossero tanti mezzi 199ovi duri; terrai al foco una casseruola piatta con brodo chiaro, e quando bolle porrai quelli pezzetti di carta con li chenef, e siccome la carta tocca il brodo si staccheranno, ed allora toglierai subito la carta; farai bollire finché diverranno le chenef ben gonfie e spongose, le toglierai e le porrai sopra di un panno-lino per farle sgocciolare; di poi le accomoderai nel piatto proprio con una
Prendi libbre due di picciolissimi funghi, li netterai, li laverai con acqua, sale e succo di limone più volte e poi con acqua bollente, e poscia li lesserai; contemporaneamente lesserai ancora once sei di tartufi scorzati e tagliati a filettini, e cotti, gli unirai con li funghi ancor cotti, che sgocciolerai, ci darai una premuta, ed insieme li porrai in una casseruola con once tre di butiro ed un coppino di brodo colorito; ci porrai un tantino di fior di farina, che girando con la mescola sulla fornella con dolce foco farai consumare, ci unirai ancora once due di prosciutto magro, triturato finissimo, con poco di petrosemolo, dei sale e del pepe; ed incorporato tutto, accomoderai questa salsa attorno alle chenef e le servirai.
Prendi cinque dozzine di ostriche, e debbono essere quelle 200del Real sito del Fusaro; senz’aprirle le porrai in una casseruola con poc’acqua e le farai bollire, per quanto si aprissero le loro conchiglie ne riceverai il frutto al quale toglierai le cortecce, e ti servirai di quell’acqua medesima passandola per un setaccio fino di seta, nella quale riterrai le ostriche. Porrai in una casseruola once tre di butiro, petrosemolo, una cipolletta, una scalogna, una punta d’aglio, il tutto trito, e due tartufi in fette, e farai dolcemente soffriggere sulla fornella; ci porrai due alici salse ben pulite, spinate e passate per setaccio, ed un pochino di fior di farina; bagnerai con un pochino per volta dell’acqua loro medesima e mezzo bicchiere di vino di Sciampagna, o altro vino bianco che abbia bollito pria, e consumato due terzi, ci porrai ancora un tantino di brodo colorito e propriamente quello per li maccheroni; rivoltando bene tutto come una salsa, ci unirai le ostriche sgocciolate e le servirai.
Ostriche. L’è questa una conchiglia bivalva molto comune ne’ mari Mediterraneo e Adriatico, benché l’Oceano ed il Baltico ne somministrano in quantità all’Inghilterra, alla Francia, alla Polonia, alla Svezia ed alla Russia, ove a quest’ultima viene portata da Danzica. Sonovi un gran numero di specie di Ostriche, che variano tra di loro per il luogo, per la grandezza, per il colore e per il sapore: tutte per altro buone a mangiarsi.
Le Ostriche si trovano non solo nel mare ma, ancora secondo Plinio, in acque dolci e luoghi pietrosi, benché privi di acqua.
Esse si mangiano crude e cotte, e Bellonio asserisce essere l’Ostrica il più nobile di tutti i Testacei. Si debbono scegliere freschissime, di una mediocre grandezza, umide, delicate e di un buon sapore, e, sopra tutto, che non siano state prese in acque succide e limacciose.
Le migliori son quelle che si prendono nell’Inverno e Primavera, durante il declinare della luna. Esse stanno fitte ne’ scogli e si nutriscono di acqua marina e di musco.
Le Ostriche abbondano moltissimo in diverse Città marittime dell’Italia, e segnatamente in questa nostra bella Napoli e Venezia.
Si pretende che quelle del mare Adriatico siano migliori di quelle del Mediterraneo, e specialmente quelle che si prendono nelle vicinanze di Venezia dal mese di Decembre a tutto Maggio. Di queste ne sono provveduti i Romani, ed in Roma, mediante i Corrieri, che le recano molto ben legate e condizionate.
Le Ostriche sono molto appetitose, soprattutto mangiate subito sortite dal mare.
Per impedire che le Ostriche si aprano e perdano l’acqua marina chiusa nella loro conchiglia, la quale ne forma tutto il pregio, debbonsi tenere legate ben strette entro un sacchetto o una stoia, con un peso sopra se è possibile.
Varie sono le opinioni intorno alla carne di codeste conchiglie.
Galeno dice essere umida e tenace, e che perciò generi un umore denso, crudo e freddo, e che cruda tramandi un sugo salso, quale rilascia il ventre, onde la crede meglio cotta. Al contrario Plinio asserisce che cruda dà tuono allo stomaco e toglie la nausea de’ cibi. Altri finalmente asseriscono essere più salutifera cruda che cotta, imperocché cotta rendesi indigesta, e cruda facilita la digestione, eccita l’appetito e provoca l’amore (e perciò molti, e molte ne fanno molto abuso, perché son patiti di Cupido); sonovi per altro de’ stomachi forti che ne abusano cotta e cruda molto, talun’altri non possono soffrirla cruda; difatti conosco io moltissimi miei amici che, cotte, le ostriche se ne mangerebbero una quantità e non gli fa nulla, e qualche volta, essendosi trovati nella circostanza di mangiarle crude, loro hanno arrecato molto fastidio nella digestione.
Fra cotanti svariati dispareri ecco che cosa ne dice M. Lemers intorno alla carne dell’Ostrica. La carne di questo Testaceo nutrisce poco, e la digestione che se ne fa nello stomaco è piuttosto una semplice dissoluzione che una perfetta digestione, cioè a dire che l’Ostrica si consumi nello stomaco senza produrvi che pochissimo chilo; essa si risolve tutta in acqua, e quest’acqua, che è della natura di quella di cui si è nutrito l’animale nella sua conchiglia, cioè un poco frizzante, irrita dolcemente le fibre dello stomaco e degli intestini; ciò che l’impedisce di dimorarvi lungamente, e ciò che è cagione nello stesso tempo che se ne può mangiare un gran numero senza essere incomodati. Difatti si veggono una infinità di persone mangiarne mattina e sera una grande quantità senza risentirne male alcuno.
Prendi rotoli due e mezzo di vitella, ovvero libbre sette, che in Toscana ed in altre parti dell’Estero la vitella chiamasi 201mongana; per far dunque un buon pezzo arrosto ti servirai del filetto, il quale lo ravvolgerai in carta tutta verniciata di butiro e legherai con spago, l’infilzerai allo spiedo e lo farai roventare con libbre otto di carboni sul letto per gli arrosti, che chiamasi pagliaccio; aprirai li carboni in due ali, e nel camino di mezzo ci adatterai lo spiedo ed al disotto una leccarda perché raccolga tutto il grascio; se lo spiedo fosse con la corda sarebbe il migliore, perché da sé solo si rivolterebbe sempre: in caso contrario ci bisogna una persona, che giri sempre lo spiedo, e tener sempre vivo il foco; così l’arrosto viene cotto alla perfezione e senza fumo: dopo di due ore svolgerai l’arrosto dalla carta e vedrai il suo punto di cottura, che mercè li miei sperimenti dovrebbe esser cotto, il che se non lo fosse addiviene per qualche trascuraggine di essersi fatto incenerire il foco; divenuto dunque di bel biondo colore, con insalatina cruda triturata nel piatto proprio adatterai l’arrosto, e si servirà.
Vitella. Cognizioni della vitella Mongana.
La vitella deve essere lattante di carne, e grassa; quella di pelo rosso è la migliore dell’altra, perché più tenera.
Le parti che s’impiegano alla cucina sono la testa, intiera o divisa, il cervello, la lingua, il fegato, i piedi, la rete, i lattaroli.
Nel quarto d’avanti, la spalla, il carrè, il petto di filetto.
In quella di dietro la coscia vuota, il cularcio, il lombo, il rognone. Bisogna servirsi prima delle parti più delicate, e le altre lasciarle alquanto infrollire, ma molto meno l’Estate che l’Inverno. Sonovi delle vitelle che subito ammazzate, la loro carne si corrompe assai facilmente; oltre che subito morte.
Prendi una misura di grano bianco il migliore, ben pulito e spungato, lo farai cuocere moltissimo con acqua, e raffreddato lo mescerai con libbre cinque e mezzo di ottima ricotta, che non abbia nessuna parte sierosa; ci porrai libbre due ed once nove di zucchero fiorettato, una libbra di cocozza candita in fettoline, mezza libbra di cedro candito ancor così, numero venti torli d’ovi freschi e mezza quarta d’oncia di ottima cannella pesta. Farai intanto una pastaccia ammassata con acqua, ovi ed un tantin tantino di sugna, la fatigherai ben bene, la levigherai della spessezza di uno scudo e ne farai una fodera in un ruoto espressamente per le pastiere verniciato di sugna; ci verserai la composizione ed al disopra con la pasta medesima ci farai una graticola con delle strisce di pasta, e così la farai cuocere al forno, servendola calda.
La pratica pel Riposto e Desserts è la stessa, circa il gelalo di ananassa, vedi il giorno 15 marzo, per li
Sciropperai una libbra di zucchero fino con una corteccia di cedrato, che lo porterai al nono punto di cottura da me chiamato il cassé, vedi il cap. VII; lo verserai dentro un piccolo vaso di creta con acqua sotto facendolo alquanto riposare, e dopo ne toglierai la corteccia o con mescola o mazzarello di legno; si maturerà aggiungendoci del succo di limone e due stille di essenza di cedrato; quando tal composto è divenuto bianco e morbido, allora lo verserai in una larga cassetta di carta, che, indurito, lo taglierai a pezzi: farai diversi pezzetti di carta intagliati all’intorno, ed in essi farai figurare li confortini.
Farai una libbra di zucchero come sopra, ci porrai mezz’oncia di vainiglia ben pesta, con la quale batterai tanto, che abbia da 202 rimaner mantecata. Allora, o sopra d’un marmo o foglia di rame, disporrai in bocconcini la composizione, che fatti duri li porrai nelle carte come sopra, e così ne formerai li piattini.
Farai la solita bevanda del caffè.
PRATICA.
Laverai benissimo e poi sgocciolerai grana due di borraggini, uno di lattuga, uno di cerfoglio, uno di acetosa ed un altro di biete, e le triturerai; porrai questo trito in una piccola marmitta con once sedici di carne vaccina ben soffritta; ci porrai once otto di prosciutto, ma tutto magro, una cipolla e due teste di garofani, ci porrai un poco di culì di mongana, ovvero vitella, del brodo chiaro che farai secondo il cap. V. §1 con poco sale, e farai cuocere; quando l’erbe saranno cotte, ne toglierai la carne, il prosciutto, la cipolla e li garofani, disgrasserai e farai raffreddare; frattanto che l’erbe si raffreddano batterai alla fiocca otto chiara d’ovi ma che siano bene schiumati, porrai in un vaso di terra quelle erbe, già cotte, con una caraffa, poco meno del brodo medesimo, ci mescolerai la schiuma, ci porrai ancora once otto di parmegiano grattugiato, e finalmente gli otto torli d’ovi, con poco sale; mescolerai tutto benissimo, quindi verserai la composizione in una forma di latta coverta, e la farai cuocere al bagno-maria (val dire in una marmitta con acqua bollente in dove porrai la forma, facendo che l’acqua oltrepassi un poco della metà della forma) e quando la composizione si sarà cotta, e per conseguenza legata, la toglierai dal foco ritenendola al caldo; quando dovrà servirsi la zuppa, con 203un cucchiaio da tavola prenderai dalla forma ove sta riposta la composizione delle piccole porzioni, le aggiusterai nella zuppiera, quindi ci verserai il brodo chiaro già fatto giusta il cap. V. §1.
Lesserai un rotolo e mezzo ovvero libbre quattro di vermicelli, li sgocciolerai e li frammezzerai con once dodici di parmegiano grattugiato e sugo di carne.
Prendi della polpa di vitella, o quella ottima di maiale, la netterai di tutte le pellicole e grascio, la taglierai in fette sottilissime tutte uguali, la porrai in addobbo in un vaso di terra, cioè a marinare, intersecandola con un trito finissimo di petrosemolo e capperini, e per chi piacesse ancora del trito di tartufi, ci porrai del sale, del pepe e poca polvere d’aromi, e quindi ci porrai del succo di limone, ma non molto, e terrai così, finché farai le altre operazioni. Prendi delle fresche pagnotte scorzate, o la polpa dei pagnottoni, ne farai delle fette non molto spesse, dir voglio non molto doppie, ma che siano tutte precisamente uguali e di una graziosa figura, o rotonde o a mostaccioletti, e baderai che ogni due fette dovrà formare il biscotto; dopo ciò farai delle fettoline di prosciutto, ma della sola parte magra, e che sieno tagliate sottili, che debbono essere diafane, e la loro dimensione simile a quella delle fettoline di vitella, o maiale; prenderai una coppia delle fette di pane, lo bagnerai nell’acqua fresca, ne porrai una di esse nella palma della tua mano sinistra, e sopra della stessa ci porrai una fettolina di prosciutto, di poi una di vitella, con un poco di quel trito ben premuto, quindi ci porrai l’altra fettolina di prosciutto e finalmente l’altra fetta di pane, e con mano destra cercherai ben comprimere (questa è la ragione perché tutto dev’essere tagliato sottilmente, onde non avere il risultato di un grosso volume); formato che avrai così questo biscotto, potrai friggerlo in due modi: o di passarlo nel fior di farina, poscia nel battuto d’ovi, o, meglio, passarlo per una pastarella velatissima, quella per l’ostie, e friggerlo, o con perfettissimo oglio o con strutto, gondolando sempre la padella perché tutti vengano cotti uguali; li farai sgocciolare del grascio sopra di carta floscia, e l’accomoderai nel piatto proprio con salvietta al disotto.
Nel brodo chiaro per fare la zuppa, ci porrai quattro buone pollanche bene incosciate, le toglierai al punto proprio di cottura 204da servirsi il piatto per lesso, le porrai nel piatto proprio con una guarnizione della
Lesserai una libbra di riso in brodo chiaro, e dopo cotto ci porrai once quattro di parmegiano grattugiato, quattro torli d’ovi freschi, del sale, del pepe, poco petrosemolo trito ed once due di butiro; farai tutto legare al calorico della fornella, e di non molta consistenza, e così ne farai la guarnizione al lesso delle pollanche.
Pollanca. Cognizione della Pollanca. Mollissimi fanno distinzione dalla Pollarda alla Pollanca perché suppongono che la prima abbia principiato a far l’uovo e che l’altra non l’abbia fatto ancora.
lo però son di opinione che il nome di Pollarda sia derivato dal Francese, mentre nel nostro idioma il suo vero nomo è Pollanca: onde descriverò questo genere di pollo, col nome di Pollanca e non di Pollarda.
Per conoscere dunque una pollanca giovane, che ordinariamente principia nel mese di aprile, bisogna che le zampe siano di un bigio chiaro, molto lisce e unite, e la punta del pesto non indurita, ovvero ossata, ma bensì tenera e flessibile, la pelle fina e bianca: sul finire della stagione le pollanche divengono vecchie, ciò che rende la loro carne rossastra e bigia.
Si conosce facilmente quando vogliono abbioccare, osservandole sull’ano (cum reverentia) allora la loro carne è coriacea e secca.
Le galline che s’impiegano per i brodi debbono essere freschissime; quelle poi che si vogliono mangiare in diversi piatti debbono essere infrollite al loro punto come tutti gli altri polli, cioè nell’Estate un giorno per l’altro, nell’Inverno due.
Si può far uso dei petti delle galline pel brodo, per fare dei Culì alla Rena ed altre cose simili.
Le Pollanche in molte Città d’Italia s’ingrassano con riso cotto, con latte o farina d’orzo impastata con latte, ciò che le rende di un sapore e di un gusto squisito, assai delicato, e di una bianchezza sorprendente: or perché qui tra noi non puol farsi lo stesso?
In molte Cucine di Grandi ma di quelli Veri (non già dei Posticci ripullati or ora, che, volendo fare la Scimia a quelli, tutto studiano, tutto s’ingegnano come assimilarsi: ma il fatto sta che nelle vere circostanze di grandiosità, a nulla valgono i lor tesori, perché il Sangue, che nelle vene gli corre, assimilarsi giammai potrà a quello che dalla Provvidenza fu dato; per cui (Veritas odium parit) si tenea un uomo espresso per ingrassare i polli; ma questo era (odo che mi si dicesse) nei tempi barbari, quando la illuminaria non si era raffinata come oggi, non vi era una Classe di Gioventù tanto studiosa come al presente, dividendo ancora un capello per lungo. Tutto pur troppo è vero, per quanto infelicemente, ho ascoltato ed ho veduto fino a questa mia quasi cadente età di anni sessantadue, ma col massimo rispetto ribatto la osservazione e dico che meglio si viveva e commerciava in quei tempi Barbari, che in questi della massima illuminaria, ed a buona ragione ho stabilito riconcentrarmi là sulla vetta del Montecinquecento, ove vivea la mia amata Bisnonna che opinava, oh quanto meglio di ora.
I galli son pur ottimi per eseguirsi il Conzomè.
Prendi rotoli tre di fresche palaie, ovvero linguattole, che non sieno più del bel numero sei perché diversamente sarebbero troppo piccole, le poco soddisfacenti al gusto, le sgargerai, le squamerai, le laverai e farinerai, e le friggerai di bel biondo colore, adattandole nel piatto proprio con salvietta al disotto, guarnite di foglie di petrosemolo o di selleri fritti.
Prendi dodici carciofi, li netterai delle foglie cattive, ne troncherai la punta, netterai il torzuto, li dividerai in quartini e li tufferai in acqua fresca con sale e succo di limone per bianchirli; dipoi li lesserai, come ancora lesserai un rotolo di scorzati piselli, ovvero libbre due ed once nove, sgocciolerai tutto e porrai in una casseruola con poco sale e pepe ed un coppino di brodo colorito; farai bollire dolcemente e poi ci porrai once quattro di ottimo butiro, farai tutto incorporare e quindi servirai questo entremets.
L’è questo un ottimo arrosto di caccia, perché qui in Napoli si possono aver vivi prendendosi con le reti: si ammazzano come ogni polleria domestica, ed andando via tutto il sangue la carne diviene sempre più bianca; sono migliori quando son grasci; ne prenderai sei, li spennerai con molta attenzione e li netterai come tutte le pollanche; li laverai più volte, e nei visceri li laverai con aceto mischiato con un poco di spirito di vino; ci spunterai le punte degli artigli, cioè, per spiegarmi meglio, le unghie, e mi sia permesso di fare qualche spiega un poco più noiosa, dappoiché io intendo parlare sempre con li Signori dilettanti di Gastronomia miei cari amici ed alunni, i quali sicuramente di nulla conoscono su di ciò; dipoi li legherai con spago, ed infilzati allo spiedo li farai arrosto, similmente all’arrosto del giorno precedente: di tanto in tanto li bagnerai, tenendo apparecchiato in un vaso del butiro liquefatto con brodo chiaro e spirito di vino appena; cotti che saranno di bel biondo colore, l’accomoderai nel piatto proprio con insalatina trita al disotto.
Farai la pasta frolla con libbre due di fior di farina, secondo il metodo del cap. VI. §1, ci porrai libbre due di conserva di percoca e la farai cuocere al forno o sotto al fornello; raffreddata, la scivolerai nel piatto proprio e la servirai glassata o polverata di zucchero.
La pratica del Riposto e Desserts è come tutte le altre. Il gelato di caffè bianco vedi il giorno 10 marzo, come per li piattini di dolci di pignolata e raffioletti vedi il giorno 6 detto. Farai la solita bevanda di caffè.
PRATICA.
Prendi grana due di rape, le grandi, sei selleri, otto pastinache, un cardone; alle rape ne toglierai la corteccia, le farai a giuste fette e poi a filettini, ai selleri ne toglierai tutto il fogliame cattivo, troncandoli quattro dita del loro torzuto togliendone la corteccia, e li dividerai per metà, e le pastinache le rasperai, le dividerai in quarto per lungo, e ne toglierai lo stipite, ed al cardone, dopo che ne avrai tolto tutte le foglie cattive e dure, ad una ad una foglia ne toglierai ancora tutti li filamenti e li taglierai come li selleri; laverai benissimo tutte le dette erbe e quindi ci darai una lessata in acqua con poco sale, dipoi ridurrai tutto a filettini come le rape; di questi ne formerai tanti fascettini che legherai con una foglia lunga di cicoria, alla quale ne toglierai il verde e lesserai appena onde divenisse floscia, e quella ti servirà di legame per li mazzettini, che li farai cuocere in brodo di sostanza e quindi li terrai al caldo; farai intanto di sei pagnotte tanti dadini, li friggerai, li porrai in zuppiera intersecandoci dei mazzettini, e quindi ci verserai il brodo chiaro per le zuppe giusta il cap. V. §1.
Lesserai libbre quattro di maccheroni di zita spezzati quattro dita, li sgocciolerai molto bene e li frammezzerai in zuppiera con once dodici di parmegiano grattugiato e sugo di carne, ovvero brodo di ragù.
Farai questa pasta giusta il cap. IV. §7; ne farai quindi tanti pagnottini o tante formette, nelle quali, sì agli uni che alle altre, le riempirai o di provola bianca e prosciutto, o anche con un raguncino d’interiori di polli, funghi, piselli e tartufi, e tutto ben triturato; adatterai questi pagnottini in una tortiera verniciata di butiro, se sono senza le forme, non tanto vicini tra loro, e li farai cuocere nel forno. Potrai friggerli ancora alla padella con strutto 207bollentissimo gondolandola sempre; l’accomoderai nel piatto proprio e li servirai.
Prenderai de’ freschi lattaroli di vitella, e siccome ve ne sono dei più grandi e dei più piccoli, siccome la grandezza dell’animale, perciò ti regolerai con prudenza, se non altro per ragione di peso, ne prenderai libbre sei. Prendi una libbra di lardo duro, e propriamente di prosciutto, lo ridurrai in tanti lardelli come quelli del giorno 16 aprile, e con la stessa pratica piccherai li lattaroli, accomodandoli nella casseruola similmente come quelli di vitella ed ugualmente li farai cuocere; per questi ci bisogna maggiore attenzione perché sono più delicati; frattanto farai una
Netterai benissimo libbre tre di funghi, li laverai più volte e quindi li lesserai, dipoi triturerai petrosemolo, prosciutto magro e tartufi; porrai questo trito in una casseruola, con once due di butiro ed un coppino di brodo chiaro, e farai dolcemente bollire, ci porrai un’oncia di fior di farina, bada che non si aggruppi, del sale, del pepe ed un coppino di brodo colorito, e ne formerai una salsa; questa la porrai nel piatto proprio e su di essa ci accomoderai li lattaroli.
Prendi libbre sette ovvero rotoli due e mezzo di calamari, ne toglierai diligentemente gli artigli badando che non si crepi il fiele, ed ancor così ne toglierai quella spina vetrata, li taglierai a tarallini come ancora dividerai gli artigli, li laverai più volte, li farai sgocciolare, li farinerai benissimo e quindi li friggerai con strutto; l’accomoderai nel piatto con salvietta al disotto.
Calamaretti. Il calamaio è una specie di pesce molto singolare avente il capo fra i piedi e il ventre, che secondo Linneo è desso del genere delle seppie e della classe dei zoofiti, di colore bianco e alcuno sparso di minute macchio rossine. Il calamaio ha di fatti qualche cosa di comune col Polipo o Polpo e particolarmente con la seppia, cioè la medesima configurazione nei piedi, nelle gambe lunghe, nel capo, negli occhi, nella bocca, nel condotto per lanciare il liquor nero ed in alcune altre parti interne. In fatti esso si accoppia nello stesso modo: le femmine vanno in amore nel mese di Ottobre, e depongono le loro uova in alto mare. Questo pesce non è stato stimato gran cosa dagli antichi nella Serie degli alimenti; tal’è il giudizio dello Scoliaste, di Aristofano e di Svida. Questi non pertanto dice che i calamai che si pescavano nel Golfo di Ambracia erano una delle vivande fredde maggiormente in Roma stimate.
Il calamaio vive di piccioli pesciolini, di squille ed altri minuti insetti marini. Il migliore è il più piccolo ma bisogna che non sia pregno. Esso è delicatissimo al gusto e molto stimato sulle mense, accresce l’appetito, ed è un nutrimento assai buono. Pescasi nell’Inverno e tutta Primavera, nelle cui Stagioni è migliore.
Netterai ben puliti 24 carciofi di tutto il fogliame cattivo, ne spunterai la punta e toglierai tutto il difforme dal torzuto, li terrai per molto tempo in acqua fresca, sale e succo di limone; dipoi li batterai alquanto per farli aprire, diligentemente li riempirai di mozzarella, prosciutto, maggiorana e petrosemolo trito con del sale e del pepe; gli adatterai ben stretti in una casseruola piatta, e li farai cuocere con la salsa di pomidoro e butiro conservando dell’altra salsa di pomidoro calda; quando saran cotti li carciofi e dovrai servirli, li toglierai dalla casseruola bene sgocciolati, l’adatterai nel piatto proprio e ci porrai dell’altra salsa di pomidoro, e saranno ottimi.
Prendi un bel filetto intero, il quale suol essere di peso rotoli tre e talvolta anche più, corrispondente a libbre otto; lo contornerai tutto, cioè ne toglierai quel poco di ossame ed il grascio superfluo; lo ravvolgerai in carta verniciata di butiro, lo legherai e lo farai arrosto tal quale come la vitella del giorno sedici.
Farai in giulebbe quasi a caramella once 17 di zucchero bianco, lo farai raffreddare e frattanto monterai alla fiocca otto chiara d’ovi, che la schiuma sia ben forte; ci mescolerai il giulebbe filando, ci unirai cinque once di ottima cioccolata ridotta in pezzettini piccoli, mezz'oncia d'anisi, mezza libbra di cocozzata triturata e mescolerai benissimo; ci porrai ancora una piccola raspatura di corteccia di limone fresco; prendi de’ fogli di carta e su di essi porrai della composizione, che prenderai con un cucchiaio, serbando una piccola distanza fra loro, e li farai cuocere ad un forno temperato; li staccherai diligentemente dalla carta e li aggiusterai nel piatto con salvietta al disotto.
Pel Riposto e Desserts sarà la pratica come la prima lezione; pel gelato di pistacchio vedi il giorno 24 marzo, come per li piattini di dolci di ginetti e biscotti alla Provenzale vedi il giorno sette detto.
Per la bevanda del caffè, vedi il cap. IX.
PRATICA.
Prendi due grossi piccioni, li netterai, li dividerai in quarto e li laverai, dipoi li lesserai con once otto di magro prosciutto, once quattro di ceci, una cipolla, grana due di maggiorana, petrosemolo, basilico, cerfoglio, acetosa ed una stecchetta di cannella; dopo che sarà tutto ben cotto, ne farai un pesto, lo mescolerai nello stesso brodo che pria disgrasserai, farai bollire, e ne formerai come una purè, e quindi passerai per setaccio; finalmente prendi otto pagnotte, le scorzerai, le fetterai, le ridurrai a giusti dadi e le friggerai, le porrai in zuppiera, ci verserai quella purè, e quindi il brodo chiaro giusta il cap. V. §1.
Lesserai libbre quattro di piccoli canneroni, li sgocciolerai e li frammezzerai in zuppiera con once dodici di parmegiano grattugiato e sugo, ovvero brodo di ragù.
Farai con once 16 la pasta di tagliolini giusta il cap. IV. §8. Li lesserai appena, sgocciolandoli benissimo, e li condirai con once sei di parmegiano, o caciocavallo grattugiato, e torli d’ovi bene battuti, passando tutto lentamente per foco nella casseruola medesima, rivoltandoli leggermente, onde il formaggio e gli ovi entrino in cottura. Farai un pavimento sul pancone di fior di farina ove adatterai li tagliolini in tante piccole porzioni per formare braciolette; distenderai quelle porzioni di tagliolini tal quale come per le braciolette; ci porrai un raguncino d’interiori e pezzettini di petti di polli, di prosciutto, tartufo, piselli e funghi, tutto ben triturato, e quindi diligentemente, con la punta e taglio di coltellone ravvolgerai li tagliolini a forma di bracioletta riunendo bene l’estremità, le passerai nel fior di farina, poscia nel battuto d’ovi, e quindi l’ingranirai con pan-gratto finissimo; e finalmente le friggerai con strutto bollentissimo, gondolando sempre la padella fuori della fornella; l’accomoderai nel piatto con salvietta al disotto.
Farai sgorgare ed imbianchire all’acqua bollente una lingua di manzo, la porrai poscia in una marmitta con brodo, qualche fetta di lardo, una cipolla, una carota, un mazzetto d’erbe diverse, mezza foglia di alloro, due spicchi d’aglio. un poco di basilico; quando sarà cotta più della metà la toglierai dal brodo, ne toglierai la pelle e la piccherai tutto il disopra di minuto lardo duro, come hai praticato per li precedenti, e lo farai pria che sia del tutto fredda; la farai terminar di cuocere in una casseruola come un fricandò, e la servirai con sotto la
Prendi delle lattughe incappucciate che non sieno molto grandi, ne toglierai tutte le foglie, restando la sola cappuccetta, le laverai bene e le lesserai quasi a cottura, le premerai, dandoci quattro o più tagli; le porrai in una casseruola con un pezzo di butiro, fiore di latte passato al setaccio, del brodo di sostanza, del sale, pepe e della poca raspatura di noce moscata, farai bollire per mezz’ora a lento foco e consumare al suo punto, ed allora la porrai ben disposta sotto la lattuga.
Prendi libbre cinque e mezzo, ovvero rotoli due di mezzane alici, le pulirai benissimo, togliendone le teste e le loro interiora, le laverai e le farai sgocciolare in un setaccio, le farinerai e le friggerai con strutto, e dopo sgocciolate sopra floscia carta le accomoderai nel piatto in forma di piramide.
Prendi tre pernici, o vive o uccise con lo schioppo, che sieno 211fresche; dopo di averle ben spennate, vuotate e lavate, le farai in arrosto, e raffreddate alquanto le spolperai; a tutto l’ossame ci darai una schiacciata, e lo farai bollire con buon brodo colorito e mezzo bicchiere di vino bianco, farai consumare per metà e lo passerai per setaccio; in questo brodo ci farai una panata stretta sopra al foco, che sia della eguale quantità della carne; quando sarà fredda la pesterai insieme con la carne delle pernici, che per maggior comodo la triturerai, ci porrai del sale, del pepe e poca raspatura di noce moscata, e quindi passerai per setaccio questa farsa. Batterai in una terrina alquanto tiepida, per mezz’ora, once sette di butiro fresco con sette torli d’ovi e tre chiara, ma uno per volta, dipoi, a poco a poco ci mescolerai quella precedente dose, e, volendo, potrai unirci ancora quattro once di provola, o caciocavallo, o parmegiano grattugiato; prendi una casseruola proporzionata, che sia la più alta di bordo, la vernicerai di butiro, o sugna, la ingranirai di pan-gratto, ed in essa verserai la descritta farsa, o dose, o composizione, la farai cuocere come ti ho detto per tutte le altre precedenti schiume; quando ti sei assicurato di sua cottura, la toglierai dal foco e la farai rassettare alquanto, cercherai staccarla con la punta del coltello, se v’ha di bisogno, e quindi diligentemente la rivolterai nel piatto proprio.
Pernici. Devesi scegliere la pernice, o la starna, giovane, grassa, tenera e di un grato odore; quando sono vecchie la loro carne è dura, tigliosa, asciutta e di poco buon odore. Non devesi mangiare né l’una né l'altra subito uccise, ma è necessario d’esporle per qualche giorno all’aria, acciò mediante una piccola fermentazione, che si eccita nella loro carne, divenga più tenera e delicata. Noi abbiamo anche i Perniciotti, e Starnotti, e sì gli uni che gli altri debbonsi riguardare nella cucina come vivande assai delicate. La pernice si appresta precisamente come la Starna, e li perniciotti come li starnotti, onde parlerò soltanto di una di esse, che potrà comprendere ancora l’altra. I Francesi appellano Pernice rossa e Pernice bigia ciò che noi chiamiamo ordinariamente Pernice e Starna. La prima è un poco più grossa dell’altra, che credesi di un miglior sapore. Le primizie di questi uccelli principiano ad essere buone per servirle sulle Mense nel mese di Luglio ed Agosto, allorché hanno acquistato una certa grossezza. Per distinguere i Perniciotti e Starnotti, allorché son divenuti grossi, dalle Starne e Pernici quando sono divenute vecchie, si osserva che lo Starnotto deve avere l’ultima penna dell’ala puntata, le zampe bigie ed il becco nero. Il Perniciotto si conosce alla medesima penna puntata, nell’estremità della quale evvi un poco di bianco. La pernice l’ha rotonda e priva di detto bianco.
Prendi quattro buone pollanche, dopo che le avrai ben pulite e lavate, le incoscerai e le infilzerai allo spiedo, facendole cuocere a vapore come ti ho detto per l’arrosto di ieri; di tanto in tanto le bagnerai con acqua tiepida, butiro e sale, e se butiro non ne potresti avere della sugna; le servirai con poca insalatina cruda trita sotto.
Prendi numero 14 ovi, li porrai in una coppa della bilancia riponendo nell’altra altrettanto zucchero fino; ne toglierai il zucchero, e ci porrai tanta quantità di fior di farina; aprirai gli ovi, dividendo le chiara e li rossi, e nei rossi ci porrai della raspatura di cedro e de’ fiori di cedro brustoliti e triti, e batterai tutto per mezz’ora; di poi batterai alla fiocca le chiara d’ovi, che unirai ai rossi ed al zucchero, che sia ben polverizzato, e quindi a poco a poco ci porrai il fior di farina, ravvolgendola a misura che vi cascherà. Prendi una casseruola mezzana, ma profonda, alla quale farai una verniciata uguale di butiro, versandoci ripartitamente la composizione; la farai cuocere per un’ora e mezzo al forno; quando sarà cotta dolcemente la rivolgerai nel piatto proprio, dopo che l’avrai fatta rassettare un tantino, e se è di bel colore dorato la servirai nel suo naturale; ma se ne avesse di molto, la ghiaccerai con zucchero, con ghiaccio bianco, che si fa con zucchero finissimo, un bianco d’ovo ed il succo di mezzo limone, battendo il tutto insieme finché il ghiaccio sia ben bianco, e con 212questo coprirai la focaccia, procurando che il ghiaccio sia ben secco, che otterrai col forno ma lento. e così la servirai.
La pratica del Riposto e Desserts l’è come diffusamente ho detto per li precedenti, pel gelato di torrone vedi il giorno 23 marzo, per li due piattini di dolci, mostaccioletti semplici e biscottini nobili, vedi il giorno 16 detto.
Per la bevanda del caffè, vedi il cap. IX.
PRATICA.
Farai il brodo chiaro giusta il cap. V. §1. Ci farai bollire due capponi, dei quali ne prenderai li petti e li ridurrai a filettini; prenderai otto pagnotte, le fetterai e le farai a dadini, e questi li bruscherai, o al forno o sotto al fornello, li porrai nella zuppiera frammezzati con li filettini de’ capponi e parmegiano grattugiato, versandoci il brodo chiaro.
Lesserai libbre quattro di tagliarelli, li sgocciolerai e li frammezzerai in zuppiera con once dodici di parmegiano grattugiato e sugo.
Lesserai libbre due di ottimo riso con once quattro di butiro, dopo cotto ci porrai il battuto di sei ovi, once sei di parmegiano grattugiato, del sale e del pepe, farai entrare in cottura e gli ovi ed il formaggio, e quindi leverai dalla casseruola il riso e lo farai alquanto raffreddare in un piatto grande; frattanto farai un raguncino, e de’ fegatini dei capponi, e parte delle cosce con piselli, 213funghi e pezzettini di tartufo, ci porrai un poco di fior di farina e farai legare; quindi del riso ne farai tante uguali porzioni da formarne braciolette, ed in ciascuna di esse ci porrai di quel raguncino, le ravvolgerai benissimo, le passerai nel fior di farina, poscia nel battuto d’ovi, e poi l’ingranirai di pan gratto e le friggerai con strutto; l’accomoderai nel piatto proprio con salvietta al disotto.
Ti servirai del pezzo di vaccina di libbre otto, col quale avrai fatto il brodo, e lo servirai con la
Pesterai finissimo grana sei di menta e petrosemolo, e ci pesterai ancora once tre di polpa di pane spungata in aceto bianco e premuto, passerai per setaccio, ci porrai once tre di zucchero, poco sale, e la farai servire nelle salsiere.
Prendi libbre sei di triglie, le sgargerai, le squamerai, le laverai più volte, le farai sgocciolare, le farinerai, le friggerai e quindi l’accomoderai nel piatto proprio con salvietta al disotto asperse di petrosemolo fritto, bene asciugato.
Prendi per lo meno carlini sei di sparagi, ne prenderai tutto il tenero, li lesserai con acqua e poco sale, li sgocciolerai e ne formerai tanti fascettini, questi li farinerai e li passerai pel battuto d’ovi, e li friggerai; dipoi l’accomoderai nel piatto proprio intersecandoli con parmegiano grattugiato e butiro liquefatto, o culì; porrai il piatto o nel forno lento, oppure sotto al fornello, per farci fare il brulè.
Prendi libbre sei di cotelette di vitella, le porrai in una tortiera o ruota proporzionata, una appresso dell’altra, le imbianchirai con brodo chiaro e poco sale; dipoi le sgocciolerai dal brodo e le bagnerai nel butiro liquefatto, le ingranirai benissimo di pangratto, poscia sulla graticola infuocata le adatterai e le farai arrosto a vapore siccome hai praticato per gli arrosti precedenti; a questo arrosto bisogna maggiore attenzione perché non prendano fumo, il che è più facile ad accadere; le rivolterai spesso, ed osservando che se la grana cadesse ci rimetterai dell’altra, e cotte a questo modo le accomoderai nel piatto proprio a piramide.
Prendi libbre due di fior di farina, la porrai sulla tavola di marmo, ci farai un buco nel mezzo e ci porrai due once di butiro, otto ovi, un poco di sale, mezza libbra di zucchero polverizzato ed 214una libbra di mandorle spellate e ben peste; impasterai tutto insieme e la porrai in una tortiera unta di butiro, tutta ben disposta la vernicerai con battuto d’ovi e la farai cuocere al forno coprendola con carta; dopo cotta l’agghiaccerai di zucchero passandoci sopra la pala infuocata; la farai scivolare nel piatto proprio; e la servirai.
Pel Riposto e pel Desserts, la pratica è sempre la stessa. Pel gelato di cioccolatto vedi il giorno 20 marzo; per li piattini di dolci vedi il giorno 18 detto.
Per la bevanda del caffè come le altre.
PRATICA.
Prendi una viva ragosta non più grande di un rotolo, ovvero libbre due ed once nove, perché le maggiori di peso son molto mastine, la laverai pria in acqua e la bollirai, dopo cotta la dividerai per metà, ne toglierai le due mezze code e le conserverai, togliendone da una delle metà quell’unico intestino che hanno: tutto il resto, e il guscio con tutti li suoi artigli pieno di frutto, lo pesterai riponendo questo pesto in quel brodo medesimo che hai cotto la ragosta aggiungendoci dell’altra acqua, e farai scuocere, con un sellero, del petrosemolo, due pastinache raspate e divise in quartini, toltone lo stipite di mezzo che produce male ai visceri, una cipolla intera, due foglie d’alloro; once quattro di pomidoro secche triturate, se fossero delle fresche once sedici; due teste di garofani, una stecchetta di cannella, once nove o di butiro fresco, oppure di oglio a tuo piacere; farai bollire come sopra; frattanto lesserai libbre tre di ottimi e piccoli funghi, pria lavati con 215dell’acqua, sale e succo di limone, e dopo cotti ci darai una grossolana triturata e li conserverai; passerai quindi per setaccio quel brodo; farai le croste di pane, o bruscato o a dadini fritti, li porrai in zuppiera frammezzandoli con li funghi e le mezze code della ragosta divise in fettoline, ci verserai il brodo bollente e sarà una ottima zuppa.
Farai soffriggere once otto di ottimo oglio con due spicchi d’aglio, che toglierai; ci farai quindi soffriggere once quattro d’alici salate spinate, e fuori della fornella ci porrai once due di capperini ben lavati ed once due d’olive dissossate o bianche o nere; frattanto lesserai libbre quattro di vermicelli, li sgocciolerai benissimo e li rivolgerai in quella proporzionata casseruola, ci porrai il giusto di sale, di pepe un pochino dippiù, e del petrosemolo trito, rivolterai sempre al caldo della fornella, perché così si scioglieranno, e li servirai in zuppiera.
Netterai e laverai benissimo, e quindi lesserai, libbre otto, o di un sol merluzzo oppure non più di due, con acqua, aceto, fette di limoni, del sale ed un mazzetto d’erbe; lo sgocciolerai, lo porrai nel piatto proprio, e con moltissimo oglio, succo di limone, del sale, e del pepe, e del petrosemolo trito finissimo, che porrai nelle salsiere; lo servirai caldo.
Farai un ragù, delle teste e code, o di merluzzo, o di cefalo, o di lacerti, per tirarne il culì, o brodo corto; pesterai metà della polpa di pane, petrosemolo trito, battuto d’ovi e provola grattugiata, e ne formerai polpettine, le quali farai cuocere nel brodo anzidetto, come ancora l’altra metà della polpa intera; ci farai cuocere ancora pochi piselli, funghi piccoli, sieno freschi, sieno secchi, dei filettini di tartufo, delle patelle scorzate; frattanto farai la pasta di sfoglio giusta il cap. IV. §2; formerai il volo-vant, vedi il giorno 4 aprile, e dopo cotto ci porrai ben disposto questo ragù di pesce, ci porrai il suo pezzo di sfoglio sopra e lo servirai come quello.
Prendi delle ricottelle, ma quelle veramente di Massa Lubrense, o vico Equense, perché son ferme e non sierose; le porrai in addobbo in un vaso di terra largo con molto zucchero fiorettato e poca polvere di ottima cannella (se non ti spiacesse potresti 216spruzzarci un pochino di rum, che saranno più graziose), le farinerai, e quindi le passerai nel battuto d’ovi, e sollecitamente le friggerai con bollentissimo strutto, gondolando sempre la padella più fuori della fornella, perché precocemente si potranno avvampare e per conseguenza amareggiare ancora; le porrai sopra della floscia carta per farle sgocciolare del grascio, l’accomoderai nel piatto proprio, polverizzandole con zucchero e pochissima cannella.
Ferme, s’intende sode, dure, compatte, non sierose, mi scuserai se da tanto in tanto mi avvalgo di queste note, perché intendo parlare sempre a’ miei cari amici dilettanti di Gastronomia guardandomi pur troppo di ammaestrare a quella classe studiosa ec. ec.
Lesserai libbre tre di grossi gamberi, ovvero così detti mazzacogni, ne conserverai le code scorzate, il resto lo pesterai finissimo; lo porrai in una casseruola; con due fogliette d’acqua ovvero caraffe, poco petrosemolo trito, del sale giusto, e di pepe, once quattro di fresco butiro, e farai bollire dolcemente moltissimo; finché il brodo rimanga poco più di mezza caraffa; passerai tutto per setaccio ben forte, e frattanto farai 24 ovi duri, li scorzerai, li farai in quartini, l’accomoderai nel piatto proprio, ci porrai ben disposte le code de’ gamberi e ci verserai quel culì bollente, al quale ci avrai dato pria un poco di colletta con pochino di fior di farina per addensirlo alquanto, e così li servirai.
Prendi una ventina di selleri, ne toglierai tutte le foglie verdi e tutto il solo bianco, e tenero lo triturerai finissimo, li laverai e li lesserai in acqua bollente, li sgocciolerai e li porrai in una casseruola con once quattro di butiro, una fetta di prosciutto, una cipolletta, due garofani, porrai sulla fornella, ed allorché principieranno ad asciugarsi, ci porrai un pochino di fior di farina, dipoi in una misura di mezza caraffa la riempirai metà fior di latte e metà brodo chiaro, ci porrai del sale, del pepe e poca raspatura di noce moscata; farai cuocere dolcemente e consumare a poca salsa. Toglierai la casseruola dalla fornella, e quando sarà tutto raffreddato ne toglierai il prosciutto e la cipolletta, e ci porrai otto torli d’ovi freschi con due sole chiara, tutto ben battuto, ed once quattro di parmegiano grattugiato, mescolerai tutto benissimo e quindi potrai far cuocere questo gattò in due modi; il primo, farai una cassa di carta imbutirata in una casseruola ed in essa verserai la composizione facendola cuocere al bagno-maria, cioè porrai la casseruola in un’altra più grande con acqua bollente, e dopo cotto lo rivolterai con diligenza nel piatto proprio; nell’altro modo, vernicerai una casseruola di butiro, la ingranirai di pan-gratto, e lo farai cuocere, o al forno oppure alla roventata fornella col bordo di carboni e sul coverchio; come tutte le schiume, lo rivolterai nel piatto proprio, e lo servirai.
Porrai in una casseruola un’oncia di fior di farina, delle cortecce di cedro verde triturato fino, de’ fiori di cedro inzuccherati e 217pesti, once dodici di zucchero in pane polverizzato; scioglierai tutto con otto rossi d’ovi conservando le chiara; mescolerai nella composizione una foglietta o caraffa di fior di latte ed un quartino di latte; farai cuocere questa crema per mezz’ora, leggermente girandola sempre finché divenga spessa, ed allora la toglierai dal foco; batterai con un battitore o fascetto di vetiche quelle otto chiara d’ovi alla fiocca, ovvero bene schiumati; mescolerai la schiuma nella crema badando che non sia molto calda, rivolterai molto bene; la verserai nel piatto proprio, polverizzandola da per tutto con zucchero finché la crema sia tutta coperta; dipoi la farai cuocere o al forno oppure sotto al fornello, e quando sarà bene elevata, o ghiacciata, la servirai calda.
Pratica del Riposto e Desserts. Idem: gelato d’amarene, vedi il giorno 5 marzo; dolci vedi il giorno 20 detto.
Bevanda del caffè vedi il cap. IX.
PRATICA.
Farai il brodo all’oglio, vedi il cap. V. §3; frattanto lesserai grana due di selleri, due buone pastinache, due rape, a filettini, lesserai ancora pochi piselli e funghi, farai dei dadini di pane fritto, li porrai in zuppiera frammezzandoli con le descritte erbe e ci verserai il brodo.
Lesserai libbre quattro di anelletti, li sgocciolerai e li frammezzerai in zuppiera con once dodici di parmegiano grattugiato e sugo di pesce.
Prendi libbre due di fior di farina, le porrai in una casseruola 218con un grano di lievito, poco sale, ed impasterai a poco a poco con acqua non molto bollente, e farai una pastarella, la porrai al caldo di una fornella perché fermenti; laverai e spinerai le alici salate per metà, e di ogni mezza, con un cucchiaio da zuppa, prenderai di quella pastarella e le friggerai, o con oglio o con strutto, le farai sgocciolare, e le servirai nel piatto proprio.
Prendi rotoli tre, ovvero libbre otto, di cefalo, e sempre che sia o uno o non più di due, perché diversamente sarebbero molto piccoli; li sgargerai, li squamerai e li laverai più volte; porrai in una casseruola once sei di strutto, una cipolla trita, un mazzettino d’erbe ben legato, e farai soffriggere con un piccolo cefalo che prenderai particolarmente, con del sale, del pepe e poca spezie; arrossita la cipolla, bagnerai con acqua bollente ed aumenterai il brodo poco per volta, quindi ci porrai un’oncia di conserva di pomidoro e tirerai il brodo con dell’acqua bollente: fatto un competente brodo lo passerai per setaccio, schiacciando ancora quel piccolo cefalo già cotto che ci darà maggior senso, riporrai il brodo nella casseruola, in dove farai cuocere il cefalo, e quando sarà cotto toglierai tanto brodo per quanto basti da condire la zuppiera degli anelletti; frattanto lesserai once sedici di piccolissimi funghi e li porrai nella casseruola col cefalo, e così lo servirai.
Prendi un rotolo e mezzo di baccalà, ovvero libbre quattro, ma che non sia di quello doppio, lo laverai e lo lesserai un punto dippiù; lo spellerai, lo spinerai e subito con polso forte lo pesterai benissimo; ne conserverai un pezzettino, il migliore, pria di pestarlo, ci unirai once sedici di polpa di pane bene spungata nel latte e premuta, e ripesterai ancora insieme, con mezzo grano di petrosemolo; passerai per setaccio ben forte ed a questo estratto ci unirai once dodici di provola grattugiata, ci porrai otto chiara d’ovi bene montate alla fiocca, e dopo di aver bene tutto medesimato, ci unirai ancora li torli d’ovi, ci porrai poco sale, e spezie; vernicerai di butiro una casseruola proporzionata, la ingranirai di pan-gratto e ci verserai la composizione, ed in dettaglio ci porrai quel pezzettino di baccalà minutissimo, perché si distingua. Ti raccomando di praticare la massima diligenza nella cottura essendo un piatto questo di mia recente esperienza, e riuscitomi perfettamente.
Prendi libbre tre di scorzati piselli, li farai scuocere con acqua non molto, ne sgocciolerai il brodo se ve ne fosse e li passerai per setaccio; quell’estratto lo porrai in una casseruola con once quattro di butiro, con del sale e del pepe, ed un poco d’acqua bollente, e farai addensare un altro poco sulla fornella per fare entrare in cottura il butiro; intanto in un’altra casseruola farai bollire acqua, 219poco aceto, sale e poco succo di limone, nel mezzo del bollo aprirai un ovo alla volta e così ne farai cuocere 24: siccome ne toglierai uno, lo porrai in un’altra casseruola con acqua tiepida, e così tutti; porrai nel piatto proprio un poco della purè di piselli, intersecandoci gli ovi, e terminerai con la purè e li servirai.
Prendi 24 carciofi, ne toglierai le foglie verdi, dal torzuto ne toglierai la corteccia e ne troncherai la punta, l’imbianchirai appena con acqua, sale e sugo di limone, quindi li sgocciolerai benissimo e l’accomoderai ben stretti in una casseruola piatta; farai un trito di capperini, olive bianche, petrosemolo ed alici salse, e di questo coprirai li carciofi, poco sale e più di pepe, e ci porrai tant’oglio che copra tutto, porrai la casseruola sulla fornella e con lento foco farai cuocere; diligentemente li toglierai dalla casseruola facendone sgocciolare l’oglio, l’accomoderai nel piatto proprio con guarnizione di crostini fritti.
Prendi once diciassette di zucchero fino, lo farai in giulebbe quasi ad una caramella, e lo farai raffreddare; frattanto batterai alla fiocca otto chiara d’ovi, ma che sia la schiuma ben forte; in essa ci porrai un poco di raspatura di limone ed once quattro di pignoli; prendi de’ fogli di carta e su di essi disporrai la composizione in tante giuste porzioni, con qualche distanza fra loro, e farai cuocere ad un forno temperato, che vengano bene stagionate; le staccherai con una punta di coltello e l’accomoderai nel piatto con salvietta sotto.
La pratica pel Riposto e pel Desserts sarà come le altre. Pel gelato di frutti vedi il giorno 9 marzo. Per li dolci vedi il giorno 6 detto.
Farai la bevanda di caffè, vedi il cap. IX.
PRATICA.
Prendi del cerfoglio, del petrosemolo, dell’acetosa, meno di maggiorana, dei funghi, dei piselli, laverai tutto benissimo, facendo cuocere tutte queste erbe triturate in brodo rosso; ci porrai ancora del prosciutto trito; dopo cotte così, con poco brodo, ci porrai dei torli d’ovi e rivolterai sopra la fornella per legare questo ragù d’erbe; prendi 24 piccole pagnottine di pane, ne rasperai con la piccola grattugia la superficiale corteccia, le vuoterai e le riempirai di quella erbosa farsa; le bagnerai poi, le farinerai, le passerai pel battuto d’ovi e le friggerai; le porrai in zuppiera versandoci il brodo chiaro precedentemente fatto giusta il cap. V. §1.
Lesserai libbre quattro di maccheroni di zita, li sgocciolerai e li frammezzerai in zuppiera con once dodici di parmegiano, grattugiato e sugo di carne.
Prendi sei petti di polli, ne toglierai la pelle e l’ossa, li pesterai con once sedici di polpa di vitella, e se ne fosse la stagione di polpa di maiale, e se ti trovassi in caso di necessità sia pure della polpa d’annecchia, e potendo essere della polpa tutta di pollo sarebbe migliore; ed allora adoprerai dodici petti di polli, pesterai tutto con un tartufo pelato, pochi piselli teneri e freschi, e piccolissimi funghi, ma pria colti, ci pesterai ancora once otto di polpa di pane spungata nel latte e poi premuta, ci porrai del sale, del pepe ed otto rossi d’ovi freschi, e bisognandocene dippiù celi porrai; ci pesterai ancora quattro fegatini di pollo, appena lessati; passerai tutto per setaccio e dipoi ne formerai tante braciolette, le ravvolgerai nel fior di farina, poi nel battuto d’ovi, le ingranirai color d’oro; le accomoderai nel piatto con salvietta al disotto.
Avendo fatto il brodo chiaro, lo avrai fatto con un pezzo di vaccina denominato il vacante, del peso di libbre otto, il quale lo farai figurare con la seguente
Triturerai due cipolle, le farai soffriggere in una casseruola con once tre di sugna, quando si sarà colorita ci mescolerai il trito di tre peparoli in aceto, due mezzani cetrioli in aceto, due once di capperini, once quattro di magro prosciutto, e farai bollire con molto brodo chiaro da far tutto quasi disfare, ci porrai un coppino di brodo colorito, del sale, del pepe e poca spezie, ci porrai dell’aceto e poco zucchero, che dia gusto, ci porrai un’oncia di fior di farina e farai addensare; porrai il pezzo di lesso nel piatto proprio e lo servirai versandoci la salsa al disopra.
Prendi quattro dozzine di ostriche ma di quelle del Real Sito del Fusaro, che sono molto grandi ed in Toscana ne ho veduto ancor come quelle, per cui questo piatto potrà eseguirsi ancora nel caso ti trovassi in quell’Imperiale e Reale gran Ducato; le imbianchirai facendole aprire da loro nell’acqua bollente, ti servirai dei gusci più grandi, che li pulirai; in ciascuno di essi ci porrai un frutto ben pulito, ci porrai del petrosemolo trito, del sale, del pepe ed una polverata di pan gratto, quindi ci porrai dell’oglio sufficiente e del succo di limone; adatterai le ostriche così apparecchiate nei ruoti, li porrai nel forno temperato per farle incrostare; ed al momento di servirle l’accomoderai nel piatto proprio.
Prendi un buon pezzo di storione, lo porrai in una casseruola con delle fettoline di vitella e lardo, un quartino di caraffa di vino bianco secco, mezza cipolla trita, mezzo grano di petrosemolo, una pastinaca, una rapa bianca e scorzata anche, tutto trito, del pepe, del sale, una foglia di lauro, e del brodo chiaro ma buono, porrai la casseruola sulla fornella e lo farai cuocere; quando è cotto lo servirai con la salsa medesima.
Prendi otto petti di pollanche, ne toglierai le ossa e la pelle, li laverai e l’asciugherai; prendi una proporzionata casseruola, alla quale coprirai il fondo di sottilissime fettoline di polpa di vitella, ci porrai sopra ben disposti li petti delle pollanche, che coprirai con le altre sottilissime fettoline di prosciutto, ma della parte più grascia, ci porrai un mazzetto d’erbe composto di petrosemolo, cerfoglio, acetosa. maggiorana e qualche foglia d’alloro, e che sia strettissimo legato, ci porrai del sale, del pepe, ci porrai mezza caraffa o foglietta di vino di Sciampagna ed altrettanto di brodo chiaro, che mescolerai insieme, dovendo coprire li descritti petti; laddove ne abbisognasse dippiù ce lo porrai: vedi che non dipende che abbia io errato nel darti la proporzione, ma ciò addiviene dalla casseruola più o meno profonda, per cui sarà della tua prudenza prescegliere la proporzionata casseruola; sicché la porrai sulla fornella e dolcemente farai cuocere: quando tutto sarà cotto, ci porrai dell’altro buon brodo e ricoprirai novellamente l’entremets, e rassettato alquanto ne toglierai li petti bene asciutti di grascio, e li porrai da parte, ne toglierai il mazzetto, e tutto quel resto lo farai cuocere ancora con altro poco di brodo, facendo tutto disfare; quindi passerai per setaccio, porrai l’estratto in una casseruola, nella quale ci unirai ancora li petti di polli, e li servirai ben caldi con questa salsa, e con guarnizione di crostini fritti.
Farai questa crema con una caraffa e mezzo di latte, vedi il cap. VI. §9; la porrai nel piatto proprio polverandola di cannella.
Pel Riposto e Desserts farai come li precedenti. Pel gelato di cannella bianca, vedi il giorno 2 marzo; come per li dolci, vedi il giorno 10 detto. Pel caffè, vedi il cap. IX.
PRATICA.
Prendi una pernice, due beccacce, due colombi di torre, perché questi hanno più del selvaggio; spennati, vuotati e lavati benissimo, li porrai in una marmitta a bollire con acqua ed once sedici di prosciutto a lento foco, finché l’avrai bene spumati; dipoi ci unirai un mazzettino di petrosemolo ed once otto di finocchi selvatici, freschi già; quando sarà tutto cotto, toglierai la caccia, passerai il brodo, e lo chiarificherai come per li brodi e lo terrai al caldo; spolperai li pezzi di caccia e quella carne la pesterai insieme col prosciutto e l’erbe; questo pesto lo porrai in una casseruola con un poco di brodo chiaro, e mescolando sulla fornella tirerai una purè che farai benissimo scuocere; passerai questa purè pel setaccio, ed il suo estratto lo mescolerai col suo brodo già precedentemente fatto, dandoci il gusto del sale; farai delle croste di pane, o bruscate o a dadini fritti, li porrai in zuppiera versandoci quel brodo già detto.
Lesserai libbre quattro di tagliarelli e li frammezzerai in zuppiera con once dodici di parmegiano e sugo di carne, ovvero brodo di ragù.
Farai la pasta come per li panzarotti, vedi il cap. IV. §15, e per la proporzione impasterai tre libbre di fior di farina; distenderai la tela della pasta spessa mezzo scudo, la dividerai e suddividerai in tanti quadrelli, in mezzo de’ quali ci porrai un raguncino espressamente fatto con polpettine, fegatini di pollo, ovi non nati, piselli, funghi, e filettini di tartufo; dipoi unirai tutti li quattro tagli del quadrello e li attaccherai fra loro benissimo, come se fosse quella che dicesi la MAPPATA del bucato; friggerai queste mappatine con strutto e le servirai.
Lesserai quattro ottime pollanche che sieno bene incosciate, le porrai nel piatto proprio con la purè di fagioli, che farai così. Lesserai mezza misura di bianchi fagioli e li farai disfare, li sgocciolerai e li passerai per setaccio; porrai questo estratto in una casseruola con once due di butiro, due coppini di brodo colorito, del sale, del pepe, e farai addensare; dipoi ci porrai quattro torli d’ovi freschi e girerai con la mescola, tenendo la casseruola al caldo della fornella per far cuocere gli ovi, e fatto così lo verserai sul lesso.
Prendi rotoli due di zucca, ovvero la così detta cocozza di Spagna; la lesserai ben bene e quindi la premerai onde vada via quel brodo, la mescolerai con una libbra di pane spungato nel latte e premuto, la passerai per setaccio, dipoi ci unirai otto chiara d’ovi montate in fiocca e poi ancora li rossi, ci porrai una libbra di parmegiano grattugiato, mescolerai tutto benissimo; se ti sembrasse alquanto duretta la composizione, ci porrai qualche altro torlo d’ovo ed un tantino di latte; prenderai una proporzionata casseruola, la vernicerai di butiro e la ingranirai con pan-gratto, ci verserai la composizione, che vada fino alla metà del bordo della casseruola, ci farai al disopra una polverata di pan gratto e la farai cuocere come più volte ti ho detto per le schiume; dopo cotta, la farai rassettare un poco sul pancone, cercherai staccarla all’intorno con la punta del coltello nel caso vedessi che sia attaccata, e quindi la rivolterai nel piatto proprio.
Prendi sei piccioni ben spennati, vuotati e lavati, ci 224lascerai le zappe ed il collo col becco; l’incoscerai benissimo e li farai bollire per un quarto d’ora, dipoi li tufferai in acqua freddissima e li terrai così; frattanto farai un trito di quattro tartufi scorzati, once otto di prosciutto, porrai questo trito in una casseruola con once sedici di piccolissimi funghi, quattro carciofi bene scorzati e divisi in quartini, queste due ultime erbe pria lessate, ci porrai del sugo e del brodo, e farai cuocere; dipoi ci porrai li piccioni ben sgocciolati e li terminerai di cuocere in questa salsa, rimettendoci dell’altro brodo se bisogna, e così li servirai nel piatto proprio con la medesima salsa sotto.
Piccioni. Cognizioni delli Piccioni.
Noi abbiamo diverse sorte di Piccioni, i nostri Piccioni Casalini detti Romani, i quali sono di un gusto e di un sapore eccellente, chiamati dai Francesi Innocenti, e delli Selvatici detti da Ghianda. Per mangiare i Piccioni nella loro perfezione bisogna ucciderli subito sortiti da sotto la madre, che siano grassi, bianchi, e non del tutto impennati.
I piccioni si possono mangiare subito morti; ma sono maggiormente delicati se si lasciano infrollire un poco; avendo la precauzione di lavargli prima gl’intestini ed il gozzo, come si deve praticare ad ogni sorta di pollo.
I piccioni chiamati innocenti, che sono li più piccoli, sono ottimi quasi soltanto per arrosto.
Il palombaccio, o sia piccione Selvatico detto comunemente da Ghianda, è un uccello di passaggio. Si principia a vedere fra noi nel mese di Novembre. Si conosce se è giovane alle unghie corte, imperciocché divengono grandi a misura che l’animale invecchia.
Questo piccione in Francia viene stimato migliore del domestico, per essere la sua carne di un gusto più delicato, benché più asciutta; ma in Roma specialmente non è così, poiché i piccioni Romani superano di molto quelli di Francia. Nulladimeno allorché il piccione da Ghianda è giovane, grasso e carnuto, non manca di essere un ottimo cibo e di un sapore assai grato, qualora venga bene preparato. Le guarnizioni d’erbe sono le più proprie a questi uccelli; come anche un Culì di lenticchie, o un ragù di fagioli. Agro dolce sono ottimi ancora.
Prendi libbre otto di mezzani funghi di pioppo freschi ed aperti, ne toglierai tutto lo sterpo e li terrai per molto in acqua tiepida con sale, sugo di limone; li laverai più volte con acqua bollente, e finalmente con acqua fresca; dipoi li lesserai appena, li sgocciolerai e l’accomoderai in tortiera mollicandoli di pan-gratto, petrosemolo trito, sale, pepe, oglio e sugo di limone, li porrai sotto al fornello e li farai incroscare; li toglierai diligentemente e l’accomoderai nel piatto proprio, e li servirai.
Farai la crema, come al cap. VI giusta il metodo, e prenderai di latte una caraffa e mezzo. Prendi una libbra e mezzo di pane di Spagna, lo taglierai in fettoline e lo porrai nel piatto proprio frammezzandoci la crema, e che il piatto termini con la crema tutta polverata di ottima cannella.
Pel Riposto e Desserts come il solito: pel gelato di percoche, vedi il giorno 8 detto. Farai la solita bevanda del caffè.
PRATICA.
Porrai in una casseruola dodici torli d’ovi freschi con once otto di parmegiano grattugiato, che scioglierai con brodo di sostanza bollente e lo farai stringere al loco, e quando sarà il preciso momento di servire la zuppa, porrai nella purè poche stille di succo di limone e rivolterai; verserai questa purè sulle croste di pane bruscate poste nella zuppiera e quindi il brodo chiaro già fatto giusta il cap. V. §1.
Lesserai libbre quattro di paternostri così chiamati, li sgocciolerai, li frammezzerai in zuppiera con once dodici di parmegiano grattugiato e sugo.
Lesserai libbre due di riso con once quattro di butiro, del sale e pepe; dopo cotto, leverai la casseruola dalla fornella e se ci fosse molto brodo ne lo toglierai, ci mescolerai once otto di parmegiano grattugiato, sei ovi bene battuti e, rivoltando sempre al caldo della fornella, farai entrare in cottura gli ovi, dipoi porrai questo condito riso sulla tavola di marmo a raffreddarsi alquanto; ne farai tante porzioni come tante braciolette che riempirai di un raguncino di polpettine, fegatini e piselli, le ravvolgerai benissimo, le farinerai, le passerai nel battuto d’ovi e le ingranirai di pangratto, le friggerai con strutto e l’accomoderai nel piatto proprio con salvietta al disotto.
Prendi una buona lingua di manzo, la porrai in una casseruola con acqua e la farai rinvenire, ovvero bollire, per mezz’ora, la toglierai dall’acqua, ne toglierai la pelle e la pulirai; la piccherai a traverso con lardelli di duro lardo nelle larderuole, la porrai in una casseruola, con sotto delle fettoline di lardo e prosciutto, con delle fette di cipollette, quattro teste di garofani, del sale, del 226pepe, mezza caraffa di vino di Sciampagna, e la coprirai di brodo chiaro, con un foglio di carta sulla casseruola e quindi il coperchio proprio, e farai cuocere sulla fornella: quando la lingua è cotta la toglierai dal brodo, la fetterai in giuste fette, l’accomoderai nel piatto proprio guarnito di mazzettini di cavoli cotti in brodo e la servirai.
Prendi libbre sei di mezzani calamari, li pulirai e laverai, li taglierai a tarallini, li farinerai, li friggerai e l’accomoderai nel piatto proprio con salvietta al disotto.
Prendi una ventina di selleri, ne toglierai tutte le foglie verdi, netterai il torzuto e li taglierai quattro dita dalla parte del torzuto, li dividerai per metà, li laverai e li lesserai appena, li sgocciolerai e poi li farai cuocere in brodo chiaro e di sostanza; cotti, l’accomoderai nel piatto proprio; frattanto porrai in una casseruola mezza caraffa di fiore di latte, once due di butiro maneggiato con un poco di fior di farina, sale e pepe, farai bollire rivoltando sempre; verserai questa salsa sopra li selleri, ci farai una polverata di parmegiano grattugiato con poco butiro liquefatto; porrai il piatto sotto al fornello, sopra di una fornella con cenere calda sotto, farai incrostare, e servirai.
Prendi cinque pernici: se son vive saranno migliori, perché ammazzandole come la polleria domestica va via tutto il sangue e la carne diviene bianca perfetta; le spennerai ben pulite, le vuoterai e le laverai bene le zampe, che lascerai; le incoscerai, e nella cassa ci porrai un pezzettino di lardo ravvolto di foglie di salvia, menta romana, poca maggiorana, uno stecco di cannella, due o tre foglie d’alloro, e legherai ben forte questo mazzettino; legherai ogni pernice con spago e ci darai una lessata per una mezz’ora; dipoi le porrai in acqua freddissima e le tratterrai per un’altra mezz’ora così, dipoi l’asciugherai con panno-lino e le ravvolgerai ciascuna in carta verniciata di butiro, legherai ed infilzerai allo spiedo, e farai l’arrosto a vapore con leccarda al disotto; cotte alla massima perfezione, le sfilzerai, le scioglierai e le porrai nel piatto proprio.
Farai la dose della crema giusta il suo cap. VI; dopo che l’avrai passata per setaccio, ci porrai un’oncia di mandorle dolci spellate, bruscate e triturate, un’oncia di pignoli, ancor così, e due once di cocozzata triturata; darai la cottura alla crema come le altre, la porrai nel piatto proprio polverizzata di cannella e la servirai.
Pratica pel Riposto. Farai come gli antecedenti, similmente 227farai pel Desserts: pel gelato di mela-rosa, vedi il giorno 25 marzo, per li dolci, vedi il giorno 24 marzo.
Farai la solita bevanda del caffè, vedi il Cap. IX.
PRATICA.
Prendi una quartarola di ceci già purgati, li farai ben cuocere in una casseruola con brodo chiaro ed un mazzettino di petrosemolo; cotti, li pesterai e li scioglierai in quel brodo medesimo, e gli darai altra piccola cottura, sempre conditi di sale; passerai questo brodo per setaccio; accomoderai le croste di pane, o bruscate o fritte nella zuppiera, ci verserai quella purè con altro brodo ancora, e la servirai.
Lesserai a giusta cottura un rotolo e mezzo, oppure libbre quattro, di maccheroni, li sgocciolerai benissimo e li frammezzerai in zuppiera con once dodici di parmegiano grattugiato e sugo, e così li servirai.
sugo, ciò s’intende brodo di sostanza, brodo di ragù fatto ristretto, culì di carne più sostanzioso; a scanso sempre d’equivoco, credo da tanto in tanto apporre qualche noticina di queste, per la sola istruzione de’ miei cari amici dilettanti di Gastronomia, che da loro vogliono divertirsi come me.
Prendi grana sei di spinaci, grana venti di sparagi, una libbra di pronti, freschi e piccoli funghi, una libbra di scorzati e 228teneri piselli, un buon tartufo pelato, ovvero scorzato; tutte queste erbe le lesserai e le pesterai benissimo con la polpa di once otto di pane spungata nel latte e premuta; ci unirai once otto di parmegiano grattugiato, una decina di torli d’ovi duri e pesterai tutto insieme con sale e pepe; passerai questa composizione per setaccio, e sembrandoti alquanto dura ci porrai qualche torlo d’ovo, ma fresco, con un tantino di latte e così la renderai più morbida: ne formerai tante braciolette, che chiamansi anemole, le passerai nel fior di farina, poi nel battuto d’ovi e quindi le ingranirai col pan-gratto e le friggerai; l’accomoderai nel piatto proprio graziosamente disposte, sempre con salvietta al disotto.
Prendi libbre otto di zinna, ne toglierai i caporelli e tutta la grossa cute che sembra come un cuoio; la dividerai in tre o quattro pezzi uguali, togliendone quelle parti difformi che dicono... ca s’adda apparà, ovvero contornare, e tutte queste frazioni e forse più del dovere sono quei tali lucri... farai dei lardelli di lardo duro, cioè quello del prosciutto, che è il migliore, e con la larderuola, come più volte ti ho detto, piccherai questi pezzi come tutti gli altri fricandò; porrai nel fondo di una casseruola delle fettoline di lardo e prosciutto disopra, delle fettoline di cipollette, ci accomoderai li pezzi di fricandò con sopra un altro simile apparecchio, due o tre teste di garofani, una piccola stecchetta di cannella, dell’acqua che copra la zinna, un foglio di carta sopra la casseruola e quindi il coperchio proprio, e farai cuocere sulla fornella dolcemente; quando sarà cotto questo fricandò, toglierai asciutti questi pezzi di zinna, li porrai nel piatto proprio con sotto la seguente
Prendi once sedici di polpa di vitella, once quattro di magro prosciutto, una cipolla mezzana, una carota, due radici di petrosemolo, due teste di garofani, tutto triturerai, lo porrai in una casseruola con due cucchiai d’oglio, lo porrai sulla fornella e farai soffriggere, ci porrai del sale e del pepe, e lo bagnerai poco per volta con sugo facendo bollire dolcemente; quando tutto sarà scotto a questo modo, disgrasserai la salsa fuori della fornella e la passerai per setaccio; porrai l’estratto in una casseruola aggiungendoci un bicchiere di sugo d’arancio, la farai bollire alquanto e legherai la salsa con poco di fior di farina, e la servirai come di sopra.
Prendi una grossa fetta di storione, la steccherai di lardelli di lardo come se fosse il fricandò, ma tutti al didentro; e questa è la differenza che passa tra steccare e piccare: steccare s’intende che li lardelli, di qualunque materia siano, debbono introdursi tutti, 229 e questa operazione si fa con la punta di un coltello piccolo; piccare s’intende che una terza parte di essi debbono rimanere al difuori, e questa si fa con le larderuole; quindi porrai nel fondo di una casseruola delle fettoline di lardo e prosciutto, ci adatterai lo storione con del sale, del pepe, delle stecchette di cannella, delle teste di garofani, delle fette di cipolla ed un mazzettino d’erbe; il suo brodo poi sarà metà latte e metà vino bianco, ma amabile e che sia bollente, ci porrai un sotto coverchio di carta e quindi il proprio, e l’adatterai sulla fornella con foco sotto e sopra, ma che bolla dolcemente; quando sarà cotto, toglierai la casseruola dalla fornella, lasciandola per poco fuori della stessa perché il pesce si consolidi alquanto, lo toglierai e lo porrai in un piatto di rame, o foglio di rame, lo asciugherai benissimo, lo ingranirai propriamente di pan-gratto, versandoci sopra diligentemente del butiro liquefatto, lo porrai nel forno, o sotto al fornello, per fargli prendere colore; fatta quella crosta, lo porrai nel piatto proprio con la
Prendi una cipolla, la farai in fette, la porrai in una casseruola con due cucchiai di ottimo oglio, la farai soffriggere, quando principia a colorirsi ci porrai mezzo bicchiere di vino di Sciampagna, o altro vino bianco secco, e lo farai consumare, bagnando a poco a poco con culì, o altro brodo, ma buono, ci porrai, se ti piace, uno spicchio d’aglio, una foglia d’alloro, mezzo grano di petrosemolo, altrettanto di basilico, un grano di pimpinella, o cerfoglio, due teste di garofani, poco sale e spezie, una fetta di limone scorzata; farai tutto bollire per un quarto d’ora e poi la passerai per setaccio; a questo estratto aggiungerai due alici salse ben lavate, due once di capperini, un poco di petrosemolo, un poco di cerfoglio, due torli d’ovi duri, il tutto trito, un poco d’oglio, poco succo di limone; lo farai quasi bollire, e questo porrai nel piatto sotto il pezzo dello storione.
Potrai farci ancora una salsa semplicissima di estratto di pomidoro con butiro, una salsa di soli capperi, infine potrai adattarci una salsa secondo l’idea ti suggerirà più propria, a misura che ne apprenderai la teorica.
Prendi libbre sei di tartufi, ne toglierai la corteccia, li farai in tante fettoline; porrai in una casseruola once tre di butiro, un grano di petrosemolo triturato, delle piccolissime cipollette ed once quattro di prosciutto con poco sale, pepe ed una terza di garofano; porrai sulla fornella a soffriggere, che bagnerai con un tantino di brodo alla volta mischiato con due cucchiai di vino bianco, e quando sarà tutto ben soffritto, ci mescolerai li tartufi, che farai cuocere rimettendoci un poco di brodo; e quando saranno cotti, e dovranno servirsi, ci porrai un poco di culì, l’aggiusterai nel piatto con guarnizione di crostini fritti.
Prendi sei belli piccioni grasci, li netterai benissimo, l’incoscerai e li legherai con spago, l’incarterai con carta butirata, l’infilzerai allo spiedo, e li farai cuocere a vapore, da me così chiamato, come tutti gli altri arrosti; li scioglierai, e, dandoci un bel colore, li servirai con insalatina cruda trita nel piatto sotto di essi.
Porrai in una casseruola una caraffa di latte e mezza di fior di latte con una corteccia di limone, una stecchetta di cannella, dodici coriandri ed una libbra e mezzo di zuccotto; farai bollire questa dose per far liquefare il zucchero; la farai raffreddare, ci mescolerai sette torli d’ovi e due chiara battute alla fiocca, mescolerai tutto benissimo, la passerai due volte per setaccio e la verserai in un piatto fondo, ma proprio, facendola cuocere al bagno-maria cioè adattando il piatto sopra di una casseruola piena d’acqua bollente, e sopra del piatto ce ne porrai un altro per coverchio, con pochissimo foco al disopra; frattanto farai una mirenga di sei chiara d’ovi ben battute alla fiocca, e quando la schiuma si sarà bene elevata, ci porrai once sedici di ottimo zucchero polverizzato, mescolando bene con la detta fiocca; questa la porrai sopra la crema a forma di cupola, e porrai il piatto in un forno temperato facendola venire di bel colore, e la servirai subito.
La pratica pel Riposto e Desserts sarà come le precedenti; per il gelato di latte e caffè, vedi il giorno 29 marzo, e per li dolci, vedi il giorno primo detto.
Farai la solita bevanda di caffè, vedi il cap. IX.
231PRATICA.
Prendi libbre tre di orzo di Germania, lo netterai, lo laverai e lo asciugherai; lo lesserai un pochino in acqua, e dopo sgocciolato lo porrai in una marmitta facendolo cuocere con buon brodo sostanzioso, ci farai scuocere una gallina ed once otto di prosciutto, pria cotti diversamente, ma lo farai sempre bollire dolcemente; quando sarà cotto prenderai l’orzo solo, condirai di sale, lo farai incorporare con sugo di vitella perché prenda un bel colore tenendolo al caldo, ed allorquando il grascio si sarà manifestato sulla superficie ne lo toglierai, ed al momento che servirai questa zuppa porrai l’orzo nella zuppiera, versandoci il già brodo chiaro precedentemente fatto.
Lesserai libbre quattro di fittuccine, volgarmente dette laganelle, le sgocciolerai e le frammezzerai in zuppiera con once dodici di parmegiano grattugiato e sugo.
Prendi libbre cinque di granelli, cioè bottoni di montone, ne toglierai quella grossa prima pelle e quindi diligentemente ne toglierai quella appresso, che è molto più sottile; li dividerai in quartini e li laverai in acqua bollente con del sale, dipoi li passerai nell’acqua fresca e li asciugherai, li passerai nel fior di farina, poscia nel battuto d’ovi, e l’ingranirai di pan gratto e li friggerai di color d’oro, li farai sgocciolare sopra carta floscia e con salvietta al disotto l’accomoderai nel piatto proprio.
Prendi quattro ottime pollanche, le spennerai benissimo, le netterai di tutto e le incoscerai, legandole con spago; le porrai in una casseruola con once sei di lardo pesto, una cipolla trita, del sale, del pepe e poca spezie; farai ben soffriggere, bagnando a poco la volta o con conserva di pomidoro liquefatta con acqua bollente, o con pomidoro fresche, cioè, di quelle conservate nella salamoia, e così le farai cuocere: le accomoderai nel piatto proprio versandoci non molto del brodo medesimo ben colato.
Prendi libbre due delle prime fave che la stagione presenta, e che sieno di quelle piccole; ne toglierai le due punte e con un coltellino le rasperai dolcemente, le imbianchirai appena con acqua e sale; dipoi le lesserai con brodo chiaro, le sgocciolerai del brodo e le porrai in una casseruola con once quattro di butiro ed un coppino di brodo colato, le farai bollire quanto s’incorporino e ci unirai un tartufo scorzato e fatto in filettini, con once quattro di prosciutto magro triturato, e così le servirai.
Prendi tre pollanche, le farai in pezzettini con tutte le ossa, le porrai in un vaso di creta con sale, aromi, quattro foglie di salvia, una d’alloro, e covrirai tutti questi pezzettini con ottimo aceto bianco; li terrai in fusione per un’ora e mezzo; passerai in una casseruola ben sgocciolati li detti pezzettini con delle fettoline di prosciutto, delli filettini di tartufi, pochissimi capperini, de’ funghi ben purificati, ma pochi, triturati, ed once quattro di butiro; mescolerai tutto e farai cuocere lentamente, e bisognandoci maggior umido, bagnerai con culì.
La cottura dev’essere giusta, ma che non si fatighi nel masticare. Questo pasticcio si serve in una forma di maiolica o di terraglia espressamente fatta per quest’uso, oppure farai in una casseruola una forma di pasta brisè che farai cuocere vuota al forno, cioè, dopo che avrai situata la pasta nella casseruola verniciata di strutto, ci farai una contro-cassa di carta e quindi la riempirai di brenna, e farai ben cotta, che sformerai, la porrai nel piatto proprio, ed in quella forma servirai li pezzetti di polli.
Prendi o una spinola di libbre otto oppure due, le sgargerai, ne netterai le viscere, le laverai e le bagnerai con oglio e sale, e le farai arrosto; che sieno ben cotte, l’accomoderai nel piatto proprio con insalatina trita sotto.
Farai la pasta di sfoglio giusta il cap. IV. §2; dopo il magistero dello sfoglio, distenderai la tela sfogliata alta mezzo dito e col coltello infocato ne taglierai tanti pezzi che ravvolgerai come un libretto, li vernicerai sopra di battuto d’ovi e li farai cuocere al forno in tortiera verniciata di strutto; frattanto farai una crema come più ti piace con mezza caraffa di latte giusta il cap. VI, e quando saran cotti li sfogli, con diligenza molta porrai in essi della crema, aprendoli con la lama del coltello, e preparati nel piatto proprio li servirai.
Riposto. La pratica è come gli altri e similmente quella pel Desserts. Pel gelato, vedi il giorno 28 marzo. Per li dolci, vedi il giorno 13 marzo.
Pel caffè farai secondo il solito, cap. IX.
PRATICA.
Farai questa pasta giusta il cap. IV. §8; li taglierai ben fini e li farai asciugare sopra fogli di carta, li lesserai nel brodo chiaro di pesce giusta il cap. V. §2, e li servirai subito.
Farai un soffritto di una dozzina di cipollette sane con butiro, quando si saranno colorite ci porrai dell’acqua e dell’altro butiro sufficiente per condimento; ci farai cuocere libbre sei di piselli fini scorzati, e cotti li porrai in zuppiera frammezzandoli con piccolissimi crostini fritti.
Prendi un bel pezzo di cernia di libbre otto, che farai cuocere in corto brodo fatto con cipolla trita ben soffritta e brodo di conserva di pomidoro; lo passerai per setaccio e ci porrai il pesce, che servirai nel piatto proprio con guarnizione di pomi di terra cotti nel brodo medesimo.
Cernia. Si conoscono due specie di Cernie, cioè una di Sciabica e l’altra di Scoglio; questa seconda è più stimata della prima ed è più rara.
La Cernia si trova tutto l’anno, ma la sua migliore Stagione è dalla fine di Aprile a tutto Ottobre. Nell’Inverno se ne prendono anche in molta quantità sulle coste e mari di Calabria, e quelle prese nel Faro di Messina sono assai grosse, benché nel Golfo di Napoli e nel mare della Chiesa se ne pescano delle buonissime, grosse e di ottimo sapore. Questo pesce si pasce di altri pesci e di erba de’ scogli, e giunge alcune volte a molta grossezza.
Farai questa pasta giusta il cap. IV. §15; distenderai la tela, spessa mezzo scudo, nella quale porrai tante diverse porzioni di scarola ben trita, soffritta e cotta con alici salse, capperini, mezze olive e pochi pignoli; con la metà della stessa tela di pasta covrirai, facendo bene attaccare, e con un taglia-pasta taglierai li panzerotti, che friggerai biondi e li servirai.
Prendi once sei di butiro, lo maneggerai con due once di ottimo fior di farina, dipoi porrai in una casseruola una caraffa di latte, ci unirai il butiro ancora con pochino di sale, la porrai sulla fornella ed appena farai bollire perché tutto si medesimi; quindi passerai per setaccio e l’estratto lo porrai di bel nuovo in casseruola con sei torli d’ovi battuti, un pochino di zucchero, e girando bene lo farai stringere sul foco, accomoderai gli ovi duri divisi in quartini nel piatto e ci verserai la salsa ben bollente di latte.
Prendi dei cardoni, ma le loro foglie bianche le ridurrai in pezzetti, non più di quattro dita, togliendone tutti li filamenti; li porrai in acqua fresca con sale e succo di limone, perché così si rendono bianchi, e li terrai per qualche tempo, li lesserai rivoltandoli spesso; dopo cotti li riporrai in acqua fresca; frattanto farai una salsa bianca, ponendo in una casseruola un poco di fior di farina, che scioglierai con acqua e butiro, del sale, del pepe ed un poco d’aceto bianco; porrai la casseruola sulla fornella con lento foco girando con la mescola, farai alquanto legare questa salsa; ci unirai li cardoni bene sgocciolati, ci farai dare pochi bolli; avverti esser cosa facilissima che il butiro si converta in oglio, ed allora ci porrai un cucchiaio d’acqua, ci farai dare un altro bollo e così li servirai con guarnizione di crostini fritti.
Prendi quattro dozzine d’ostriche del Real sito del Fusaro, le aprirai e le scastrerai dai loro gusci; lesserai appena il frutto e laverai le conchiglie, ne porrai in ogni guscio due frutti, ci porrai del pan-gratto, petrosemolo trito, del sale, del pepe ed oglio, le porrai in tortiera e le farai incroscare sotto al fornello, l’accomoderai nel piatto proprio e le servirai.
Farai la pasta frolla giusta il cap. IV. §1, ne formerai li pasticcetti nelle forme proprie, li riempirai di conserva d’amarene e li farai cuocere al forno o sotto al fornello; li sformerai, li polverizzerai di zucchero, e li servirai.
La pratica del Riposto e Desserts sarà come le precedenti. Pel gelato alla Veneziana, vedi il giorno 2 aprile. Per li piattini di dolci, vedi il giorno 24 marzo.
Farai la solita bevanda con once quattro di caffè come al cap. IX.
PRATICA.
Siamo già alla fine di aprile, in cui fiorisce la bella stagione di primavera, e la terra principia a somministrare dei primi ortalizi come per lo appunto sarebbero delle prime zucchette, ovvero cocozzoli; sicché ne prenderai di questi un competente quantitativo che basti per la zuppa, li taglierai in dadini; porrai in una casseruola sul foco un poco di butiro, cipolletta e petrosemolo trito, e farai alquanto soffriggere; ci porrai un mazzetto di erbe diverse, meno salvia ed alloro, tre o quattro cipollette, due garofani e le zucchette, o cocozzoli, del sale, del pepe, e farai cuocere dolcemente, bagnando con un poco di brodo di magro. Quando saranno cotte, disgrasserai, ne toglierai il mazzetto e le cipollette, e ci farai una liga di un battuto di dieci ovi ed once dodici di parmegiano grattugiato; e poco brodosa servirai questa zuppa.
Lesserai un rotolo e mezzo, ovvero libbre quattro, di vermicelli, li sgocciolerai e li rivolterai in una casseruola ove ci avrai fatto soffriggere once quattro di alici salate ben pulite e spinate con once sei di ottimo oglio; ed a calor di foco, da tanto in tanto li rivolterai perché venissero tutti sciolti: frattanto ci porrai un poco di petrosemolo triturato finissimo e così li porrai in zuppiera.
Porrai in una casseruola quattro cucchiai di fior di farina, che sgocciolerai con otto ovi interi pria battuti, un pochino di sale, once quattro di zucchero polverizzato, una raspatura di cedro, un cucchiaio d’acqua di cedro, mezza caraffa di latte ed altrettanto di fior di latte; farai cuocere a piccol foco rivolgendo sempre; quando sarà ben cotta e ben spessa, la farai appena raffreddare, la distenderai sopra un piatto che sia ben polverizzato di fior di farina, e subito che sarà fredda la taglierai in tante formette con un 236taglietto da pasta a piccoli pasticcetti, che ad uno ad uno immergerai nella pasta che farai come segue.
Porrai in una casseruola quattro cucchiai di fior di farina, due di spirito di vino, un pochino di sale, batterai quattr’ovi, ed a poco a poco li mescolerai con questa pastarella; e dopo di averla bene manifatturata, ci bagnerai quelle formette che friggerai con strutto: le disporrai sul pancone sopra fogli di carta e li polverizzerai con zucchero fiorettato col mezzo del setaccino proprio; infuocherai una pala di ferro e la passerai per sopra vaporosamente, e quindi l’accomoderai nel piatto proprio.
Spessa in questo caso s’intende densa.
Prendi una fetta di storione di libbre otto, la steccherai con filettini di tarantello come se fosse il fricandò, ma tutto al di dentro ce li porrai con la punta sottile di un coltello; porrai lo storione in una casseruola, ci porrai del sale, del pepe, poche teste di garofani, un mazzettino d’erbe, una cipolla tagliata in fette, ed il suo brodo sarà metà latte e metà vino bianco amabile bollente; ci porrai un sotto coverchio di carta e poi il coverchio proprio, e lo farai cuocere con foco sotto e sopra, ma che bolla leggermente; dopo cotto toglierai la casseruola dalla fornella, e la terrai al caldo; frattanto farai una
Tal quale la vedi nel giorno 26 aprile servita per lo storione alla turca, di grascio.
Prendi delle cipollette, ne toglierai il cattivo e le lesserai appena, le sgocciolerai e diligentemente le vuoterai col cavafrutto, farai una composizione di pane spungato nel latte e premuto, ci porrai del parmegiano grattugiato, torli d’ovi duri e pesterai finissimo, dipoi ci unirai del petrosemolo trito finissimo, una grazia di zucchero, del sale e spezie; affinerai bene questa composizione con dei torli d’ovi crudi, ne riempirai le cipollette, le passerai nel fior di farina, nel battuto d’ovi e le friggerai con strutto; quindi le porrai in una casseruola con poco brodo di pesce e ci farai dare pochi bolli, perché termini la loro cottura, e dopo cotte l’accomoderai nel piatto proprio con la salsa ascè, vedila il giorno 23 aprile.
Grazia non intendo di dire la moneta di Toscana, perché quella si domanda Crazia, ma una grazia di zucchero, un gusto.
Prendi once sei di butiro, lo farai liquefare in una casseruola, ci porrai una cipolla trita, petrosemolo e maggiorana, farai soffriggere e poi ci porrai mezza caraffa di latte, due once di 237pignoli brustoliti, un poco di colletta, ovvero fior di farina, e farai alquanto bollire; dipoi lesserai gli ovi senza corteccia, l’accomoderai nel piatto e ci verserai sopra la descritta salsa.
Prende libbre otto di fresche palaie, le quali non sieno più di sei, le sgargerai, le squamerai e le laverai pulitissime; l’accomoderai nelle tortiere, le mollicherai sotto e sopra con pan-gratto, petrosemolo trito, sale, pepe, oglio e succo di limone, le farai cuocere al forno; dipoi diligentemente le toglierai dalle tortiere, l’accomoderai nel piatto proprio e le servirai.
Porrai in una casseruola una caraffa di latte e mezza di fior di latte, ci porrai una libbra e mezzo di zucchero in pane polverizzato, una stecchetta di cannella, un pizzico di coriandoli ed una fettolina sottile di limone; la farai bollire un quarto d’ora; la farai raffreddare; dipoi ci unirai sette rossi d’ovi freschi e due chiara ben battute alla fiocca, la passerai due volte per una salvietta, torcendola bene, ne riempirai delle tazze, o chiccare, facendole cuocere al bagno-maria, cioè adatterai le chiccare in una casseruola piatta con dell’acqua bollente che vada fino alla metà delle tazze, ci porrai il coverchio proprio di rame, porrai la casseruola sulla fornella con moderatissimo foco sotto e sopra; quando sarà cotta così la crema, toglierai le tazze e le farai raffreddare; dipoi ci porrai una polverata di zucchero sopra, e le glasserai con una pala rovente passandocela per sopra a vapore, e così quella superficie diverrà color d’oro: porrai le tazze, le chiccare nel piatto proprio, ed in questo modo servirai questa crema.
Pel Riposto e Desserts, sarà la pratica come li precedenti: pel gelato di castagne, vedilo come pel giorno 28 marzo, per li dolci, li vedrai come pel giorno 4 marzo.
Pel caffè, vedi il cap. IX.
PRATICA.
Prendi 10 petti di polli, li farai arrosto, li bagnerai spessissimo con acqua e butiro perché vengano ben cotti e morbidi; quindi ne toglierai tutta la cute e le ossa, li pesterai finissimo con once quattro di mandorle dolci e dodici torli d’ovi duri, con del sale e pepe, e poca spezie, ci unirai once otto di polpa di pane spungata nel latte e premuta, ci unirai ancora once quattro di parmegiano grattugiato, e tutto passerai per setaccio; maneggerai questa farsa con alquanto fior di farina e ne formerai delle piccolissime ben rotonde polpettine, e precisamente come tante palle di fucile; le farai cuocere in un brodo liscio, ma appena, dovendo riuscire morbidissime; porrai il brodo già fatto in zuppiera giusta il cap. V. §1, e poscia ci tufferai le polpettine e la servirai.
Lesserai ben pronte libbre quattro di maccheroni, li sgocciolerai e li frammezzerai in zuppiera con once dodici di parmegiano grattugiato e sugo.
Prendi una buona cappuccia, alla quale toglierai tutte le foglie verdi, e le altre, ad una ad una, le imbianchirai per quanto si possono rendere flosce e maneggiabili; ne toglierai lo stipite, e ciascun di esse, o la metà se sono le più grandi, le riempirai di riso cotto nel brodo e ligato con battuto d’ovi e parmegiano; le rotolerai come braciolette e le farai cuocere in brodo di sostanza; porrai il pezzo di lesso nel piatto proprio, con la guarnizione delle braciolette di cappucce sgocciolate dal brodo, e lo servirai.
Prendi libbre sei di triglie e calamari, le prime le sgargerai, le squamerai e le pulirai benissimo; ai secondi ne toglierai quella piccola spada, ne toglierai gli occhi e la testa, che è nel mezzo degli artigli e precisamente nel mezzo delle grinfe, li laverai benissimo e tutto farai bene asciugare; li farinerai ben sciolti e li friggerai con strutto di bel biondo colore; l’accomoderai nel piatto proprio con salvietta sotto.
Prendi quattro buoni piccioni grasci, li pulirai benissimo e l’incoscerai; porrai in una casseruola once quattro di butiro, una 239fetta di prosciutto di once quattro, mezzo grano di petrosemolo, con una cipolletta, tutto trito, un mazzettino di erbe diverso, qualche fetta di tartufo, pochissimi prugnoli o secchi o freschi, del sale, del pepe e tre garofani; porrai la casseruola sulla fornella e farai soffriggere con li piccioni ancora, che rivolterai sempre perché prendessero colore da tutte le parti; ci spruzzerai dettagliatamente un bicchiere di Sciampagna o di Madera, o altro vino bianco secco, ed in questo modo farai cuocere li piccioni; e bisognandoci più umido, ci porrai del brodo chiaro, sempre un pochino per volta.
Farai la pasta brisè giusta il cap. IV. §5, la disporrai in una proporzionata casseruola verniciata di butiro come un timpano, oppure se hai delle forme per pasticci sarà migliore: formata dunque la cassa, farai una farsa di gratino cruda nel seguente modo, cioè prendi sei fegatini di pollo, con quelli de’ piccioni, li triturerai con once sedici di polpa di vitella, ma finissimo triturato, ci porrai della polvere di basilico e pochissimo petrosemolo tutto triturato finissimo, ci unirai ancora once quattro di grascio di prosciutto triturato, del sale, del pepe e spezie, quattro torli d’ovi crudi, mescolerai tutto insieme e così formerai la farsa detta gratino: con questa farsa farai il fondo nella forma del pasticcio e sopra ci adatterai li piccioni freddi; nei concavi ci porrai l’altra farsa di gratino, onde li piccioni stiano bene incassati con li petti dalla parte superiore scoverti, e sopra di essi porrai tutto ciò che trovasi nella casseruola, e sopra di tutto ci porrai delle fettoline di buon lardo sottilissime con due fette di limone scorzato; coprirai il pasticcio con l’altra pasta brisè, lasciandoci un buco nel mezzo sopra il coverchio quanto uno scudo, con un tubo e cammino di carta attorno del quale ci porrai l’altra pasta brisè, affinché possa sortire tutta l’aria e quanto sia nel pasticcio resti tutto bene incassato; e per darci maggior gusto ci porrai un piccolo bicchiere di spirito di vino, che verserai nel buco medesimo; farai cuocere il pasticcio in un forno temperato per un’ora e mezzo; lo toglierai dal forno, e col mezzo di quel tubo osserverai se sia giunto il punto di cottura con la punta del coltello; quando dovrai servirlo, attento mio caro amico, perché abbiamo il pasticcio nella casseruola; toglierai diligentemente il camminetto, rivolterai la casseruola ed il pasticcio lo porrai nel piatto proprio, ne toglierai il coperchio di pasta, ne toglierai le fette di lardo ed il mazzettino d’erbe, ci porrai un poco di salsa piccante, riporrai il coverchio di pasta e lo servirai.
Netterai benissimo 24 carciofi, li farai in quartini e li terrai in acqua, sale e succo di limone, perché s’imbianchissero; li lesserai in brodo chiaro e quindi li porrai in una casseruola, con pezzettini di prosciutto e tartufi, finissimo triturati, con mezza caraffa di latte, once quattro di butiro; farai cuocere e li servirai.
Prendi libbre otto di vitella, o del filetto o della coscia, la legherai strettissima, la ravvolgerai in carta butirata, e la legherai di nuovo, l’infilzerai allo spiedo e la farai arrosto cotto a vapore, con la leccarda sotto, con due ali di carboni sempre accesi, e rivoltando sempre lo spiedo farai cuocere così; al momento prima di servirlo, lo svilzerai, lo scioglierai, porrai nel piatto proprio della insalatina triturata e ci adatterai l’arrosto, e lo servirai.
Porrai in una casseruola un tantino di corteccia di cedro verde triturato, once quattro di zucchero polverizzato, poco sale, un pezzettino di butiro quanto un ovo e due bicchieri d’acqua; farai tutto bollire per un momento e poi ci unirai dieci cucchiai di fior di farina; farai cuocere tutto bene, rivolgendo sempre affinché venga ben consistente; quando principierà ad attaccarsi alla casseruola la toglierai dal foco e ci porrai due ovi battuti, rivolgendoli ben forte col cucchiaio affinché tutto s’incorpori bene, e continuerai ad aggiungerci degli altri ovi battuti, però uno per volta, fino a che la pasta diviene molle, ma che non sia liquida; indi ci porrai de’ fiori di cedro confettati e quattro marzapani di mandorle amare ben pesti, e mescolerai tutto insieme; dipoi prendi delli fogli di carta verniciati di butiro, su di essi ci adatterai di quella dose con un cucchiaio a forma di biscotti; li farai cuocere per mezz’ora al forno temperato o sotto al fornello, indorandoli sopra con battuto d’ovi; dopo cotti li staccherai dalla carta, e con salvietta al disotto l’accomoderai nel piatto proprio.
La pratica pel Riposto e pel Desserts sarà come le altre; pel gelato butirato, vedi il giorno 26 marzo, per li dolci, di pasta reale e mostaccioletti, vedi il giorno 5 marzo. Pel caffè, vedi il cap. IX.
PRATICA.
Scorzerai otto pagnotte e le farai in sottili fettoline, le friggerai con fresco butiro di bel colore; cinque minuti pria di servire detta zuppa, porrai in zuppiera li crostini, facendoli inzuppare di sugo di vitella, e poi ci verserai il brodo chiaro precedentemente fatto giusta il cap. V. §1, e la servirai.
Lesserai un rotolo e mezzo di vermicelli, li sgocciolerai benissimo e li frammezzerai in zuppiera con once dodici di parmegiano grattugiato e sugo.
Lesserai quattro buone pollanche apparecchiandole bene pria, come di ben pulirle, lavarle ed incosciarle, con le quali farai il brodo per la zuppa, con tutto il suo prescritto al cap. V. §1, con la seguente
Porrai in una casseruola due cucchiai d’oglio, once sedici di polpa di vitella in fette, once otto di prosciutto magro, ma in fette, un bicchiere di Sciampagna o altro vino bianco; farai bollire dolcemente, e quando si sarà alquanto consumato bagnerai con culì ed aceto bianco, ci porrai uno spicchio d’aglio, quattro teste di garofani, una decina di coriandri, poco sale e pepe, e farai continuare a bollire dolcemente per un’ora; e quando si sarà tutto disfatto, disgrasserai la salsa e la passerai per setaccio aggiungendoci poscia un pochino di fior di farina per legarla, e calda la porrai sopra le pollanche, e così servirai questo lesso.
Pulirai benissimo libbre sei di mezzane alici, che sieno fresche, ne toglierai le teste, le laverai più volte e le farai sgocciolare, le farinerai con fior di farina, le friggerai con strutto e l’accomoderai a cupola nel piatto proprio, asperse di foglie di petrosemolo ben fritto.
Farai la pasta de’ tagliolini con libbre due di fior di farina, vedi il cap. IV. §8, e farai li tagliolini; li farai cuocere non molto in brodo chiaro; dopo cotti, li sgocciolerai benissimo e li farai raffreddare; dipoi li condirai con once sei di provola grattugiata, quattro ovi battuti, del sale e del pepe, e mescolerai benissimo; vernicerai una casseruola di strutto e la ingranirai con pan-gratto; ci porrai la metà de’ tagliolini e nel mezzo ci porrai un ragù di animelle, fegatini, ovi non nati, pochi piselli e funghi, tutto in 242proporzione ci porrai l’altra metà de’ tagliolini, e lo farai cuocere come il sortù.
Lesserai 24 carciofi ben puliti, lavati, fatti in quartini in brodo chiaro, li sgocciolerai e l’accomoderai nel piatto proprio con parmegiano grattugiato e butiro liquefatto con sugo di vitella, li farai incroscare al forno o sotto al fornello e li servirai.
Prendi libbre quattro di polpa di vaccina, la spellerai e la snerverai, la pesterai finissimo con once otto di polpa di pane, spungata nell’acqua e premuta, e ci pesterai ancora once due di buon lardo, la passerai per setaccio; ne farai tante uguali porzioni, le distenderai sul pancone bagnato e ci porrai nel mezzo una composizione di petrosemolo finissimo triturato con maggiorana, sugna, sale e pepe, e poco della medesima carne la quale ci si mette per ritenere il grascio; ravvolgerai e chiuderai benissimo le di loro estremità; le infilzerai nei spiedini adattati con delle fettoline di pane intersecando, e le farai arrosto, bagnandole poco per volta con acqua bollente e poco butiro; cotte al loro punto, le sfilzerai e simmetricamente l’accomoderai nel piatto proprio con un bordino visibile di scarola o lattuga trita.
La pratica ed apparecchio del Riposto e Desserts farai come le precedenti: pel gelato di cannella rossa ai pignoli, vedi il giorno 4 marzo, per li dolci marzapani di cannella e biscottini au zephire, vedi il 14 marzo, per la bevanda del caffè, vedi il cap. IX.
PRATICA.
Farai il brodo, come al cap. V. §1, lo passerai, dipoi farai un trito di scarola, lattuga, acetosa, cerfoglio; farai a dadini una rapa, una carota, un sellero ed un torzuto, che non sia spinoso; laverai tutte queste erbe, e le lesserai in acqua con un pezzo di prosciutto e brodo colorito, facendo bollire dolcemente; porrai nella zuppiera delle fette di pane, o bruscate o a dadini fritti intersecandoli, con tutte queste erbe e quindi ci verserai il brodo.
Lesserai un rotolo e mezzo di maccheroni pronti, li sgocciolerai benissimo e li frammezzerai in zuppiera con once dodici di parmegiano grattugiato e sugo.
Prendi libbre quattro di pomi di terra, ovvero patate, le lesserai, le spellerai e le pesterai finissimo, togliendone tutti li noccioli, ci pesterai once sei di polpa di pane, spungata nel latte e premuta, ci porrai once otto di parmegiano, o provola, o caciocavallo grattugiato, ci porrai un battuto d’ovi, mescolerai tutto e passerai per setaccio, ci porrai del sale, del pepe e ne formerai tanti tortanetti, o tante braciolette, le farinerai, le passerai nel battuto d’ovi, le ingranirai col pan-gratto e le friggerai con strutto; e sgocciolate del grascio sopra carta floscia, l’accomoderai nel piatto proprio con salvietta al disotto.
Prendi libbre otto di carne vaccina, che sia il vacante; dopo di averla ben lavata, legherai il pezzo con spago, perché non si lasciasse, e ne farai il brodo come di sopra per la zuppa; cotto che sarà, lo terrai al caldo con acqua bollente; frattanto farai la
Prendi grana due per sorta di petrosemolo, cerfoglio, pimpinella, uno di menta; laverai, premerai e pesterai, scioglierai questo pesto con buon brodo chiaro; lo passerai ben forte per un setaccio stretto di crini; tutto questo estratto lo porrai in una casseruola con once quattro di butiro, maneggiato con un poco di fior di farina, con sale, pepe e poca raspatura di noce moscata, farai stringere al foco, ma senza bollire, ci porrai un poco di sugo di limone, rivolterai benissimo e la porrai nel piatto proprio con il lesso sopra.
Prendi libbre tre di tartufi, li scorzerai e li farai in fettoline; porrai in una casseruola once tre di butiro, un grano di petrosemolo triturato, del sale, pepe ed una testa di garofano; farai 244dolcemente soffriggere, bagnando con un poco di brodo per volta, ci porrai due cucchiai di vino bianco, e quando sarà tutto ben soffritto ci farai cuocere li tartufi, rimettendoci un altro poco di brodo; l’accomoderai nel piatto con guarnizione di crostini fritti.
Prendi libbre otto di diverse polpe di pesci, come p.e. del tonno o palamido, del cefalo, del merluzzo, le farai in fettoline ed in filettini; le porrai tutte in addobbo in una casseruola, frammezzandoci un trito finissimo di petrosemolo, capperini, poco sale, pepe e polvere d’aromi, e quindi del sugo di limone; prendi un panno-lino proporzionato ben forte, lo spiegherai sul pancone ed in esso accomoderai tutta la carne de’ pesci preparata come sopra, che vadano un filettino sopra dell’altro formandone un pezzo come un cassettino; ravvolgerai con diligenza il panno-lino, come se vorresti fare un plico, e lo legherai ben bene in modo che da verun lato possa smoversi; lo porrai in un vaso di rame molto proporzionato, facendolo cuocere con brodo aromatico come per tutte le galantine, cioè: acqua molta, due caraffe di ottimo aceto, fette di limone e portogallo, teste di garofani, delle stecchette di cannella, delle foglie d’alloro, delle cimette di rosmarino, poco sale ed un bicchiere di spirito di vino; lo farai cuocere così, badando spessissimo il suo punto di cottura, che lo sarà molto precoce; lo farai raffreddare nel brodo medesimo; dipoi diligentemente lo scioglierai, e porrai la galantina nel piatto proprio con la
Pesterai finissimo once sedici di capperi in aceto, ma pria ben lavati, porrai questo pesto in una casseruola con bastante acqua e farai bollire a disfarsi, passerai per setaccio, riporrai l’estratto in casseruola con del sale, degli aromi e del succo di limone, del zucchero, che basti a darci buon gusto, e lo farai addensare un pochino sulla fornella senza bollire; dipoi è al tuo genio se sciogliere un poco la salsa con dell’ottimo rum o invece dell’oglio, questo dipende come più piace, del che potrai farne una prova di un pochino; fatta nel modo più piacevole la salsa, la porrai nel piatto proprio sotto la galantina.
Quattro pollanche sono bastanti per questo arrosto, le quali, dopo ben pulite, lavate, ed incosciate e legate, le infilzerai allo spiedo e con socratica pazienza, rivoltandole sempre, bagnandole con acqua tiepida e liquefatto butiro, le farai cuocere con foco a vapore come ti ho detto per tutti gli arrosti precedenti; le accomoderai nel piatto proprio con poca lattuga trita per guarnizione.
Porrai in una casseruola una caraffa di latte, e mezza di fior di 245latte; una stecchetta di cannella, dodici coriandri; una corteccia di limone ed una libbra e mezzo di zuccotto; farai bollire questa composizione; quando sarà fresca ci mescolerai sette torli d’ovi e due chiara battute alla fiocca, mescolerai tutto benissimo, la passerai due volte per setaccio, la porrai nel piatto proprio facendola cuocere al bagno-maria, cioè: porrai il piatto sopra di una proporzionata casseruola piena di acqua bollente, e che bolla sempre, e sopra del piatto ci adatterai un fornello con poco foco al disopra; frattanto farai una mirenga battendo alla fiocca sei chiara d’ovi, e ridotte in perfettissima schiuma ci mescolerai once sedici di zucchero fiorettato e medesimerai benissimo; porrai questa schiuma sul piatto della crema dopo cotta, polverizzandola di zucchero; porrai il piatto nel forno, che sia il suo calorico bastantemente temperato, facendola cuocere per circa mezz’ora, e quindi la servirai subito.
La pratica pel Riposto e Desserts è sempre la stessa; pel gelato di candito, vedi il magistero adoperato pel giorno 3 marzo, come pel magistero de’ dolci, vedi il giorno 2 detto.
Farai la solita bevanda di caffè giusta il cap. IX.
PRATICA.
Farai la pasta de’ tagliolini, vedi il cap. IV. §8, ne distenderai la tela come quelli un pochino più spessa, pesterai nel mortaio del petto di pollo cotto in lesso, con un pochino di midollo di manzo ben pulito, un pochino di butiro, del parmegiano grattugiato, del sale e due o più rossi d’ovi per ammassare bene la farsa; dipoi, con un piccolo taglia-pasta, taglierai delle rotelline, che con un pennellino di penne vernicerai di battuto d’ovo, in ciascuna di esse ci 246porrai un pochino della farsa, e coprirai con un’altra, attaccando bene l’orlo: li lesserai in molta acqua e quindi, sgocciolandoli benissimo, li farai incorporare per poco nel brodo chiaro già fatto, cap. V. §1, e brodosi li servirai in zuppiera.
Lesserai libbre quattro di vermicelli, li sgocciolerai e li frammezzerai in zuppiera con once dodici di parmegiano e sugo, ovvero culì o brodo di ragù.
Farai questa pasta giusta il cap. IV. §7; ne farai diverse pagnottine, ci porrai per ripieno un trito di mozzarella e prosciutto; verniciate di butiro le farai cuocere al forno, facendole venire ben gonfie, o alla padella fritte, e con salvietta al disotto le servirai.
Prendi libbre dieci di zinna, ne toglierai i caporelli e tutta la grossa cute, ne farai tre o quattro pezzi, che cercherai bene uguagliare e contornare; farai dei filettini di lardo di prosciutto, e con la larderuola piccherai tutti li pezzi di zinna sempre in linea con la metà de’ lardelli al difuori; covrirai il fondo di una casseruola di sottilissime fettoline di buon lardo, ed in dettaglio delle fette di cipollette, disopra ci accomoderai li pezzi di fricandò, badando che non debbono essere situati uno sopra dell’altro, ci porrai del sale, del pepe, quattro teste di garofani, tre stecchette di cannella e delle fettoline di prosciutto; ci porrai acqua a sufficienza, lasciando un bordo della casseruola; ci porrai un coperchio di carta e quindi il proprio: porrai la casseruola sulla fornella e farai dolcemente bollire; dopo un’ora e più vedrai il punto di cottura, e se ve ne è ancora bisogno, ed il brodo si fosse ristretto, ci porrai dell’altra acqua bollente; e cotto questo fricandò al suo punto, accomoderai li pezzi nel piatto proprio con li lardelli al disopra ed una salsa di pomidoro al disotto.
Prendi una trentina di piccoli carciofi, li netterai di tutte le foglie cattive, ne spunterai la punta e netterai il torzuto, li porrai in una casseruola, facendoli imbianchire all’acqua bollente con del sale ed un poco d’aceto; quindi li sgocciolerai e li porrai di nuovo nella casseruola con brodo chiaro, once quattro di butiro maneggiato con un poco di fior di farina, ci porrai un mazzettino d’erbe diverse, due fette di limone scorzate, una fetta di lardo ed una di prosciutto, del sale e del pepe; li farai cuocere; quindi li sgocciolerai e li passerai in un’altra casseruola con once quattro di funghi triturati, e cotti con dei filettini di tartufo, prosciutto, del petrosemolo trito finissimo, quattro torli d’ovi freschi, due once di butiro liquefatto e poco culì; farai tutto incorporare sulla fornella e li servirai con guarnizione di crostini fritti.
Prendi un buon prosciutto, lo contornerai di tutto il cattivo, ne rasperai la cute, gli troncherai il gambo e lo farai dissalare per tre giorni in acqua fresca, cambiandoci l’acqua due volte al giorno lavandolo sempre; quindi lo ravvolgerai in panno-lino e lo farai cuocere per metà; intanto che è caldo, gli toglierai tutta la cute e lo farai raffreddare; lo rivolgerai in diversi fogli di carta imbutirati, lo infilzerai allo spiedo e lo farai terminar di cuocere arrosto, bagnandolo spesso con spirito di vino caldo, che farai cadere nella leccarda sotto, e con quello stesso, ed altro, lo continuerai a bagnare; quando sarà cotto, lo farai raffreddare e lo servirai con salvietta al disotto.
Prendi un bel dentice, che sia almeno di libbre otto, lo sgargerai, gli pulirai le viscere e lo laverai, lo asciugherai e lo bagnerai d’oglio; lo porrai nel piatto proprio con insalatina trita, e lo servirai con le caraffine d’aceto ed oglio.
Dentice. Il dentice, o dentale, è un pesce di mare molto stimato che vive ordinariamente vicino ai scogli, ed è la sua carne di un sapore squisito, assai nutritiva e facile alla digestione.
Questo pesce deve essere grosso e fresco: il migliore è quello preso nell’Adriatico, e segnatamente nel piccolo Golfo di Taranto, o vicino alle Coste, o Isole della Dalmazia, benché in Roma, Napoli e Venezia si mangiano de’ buonissimi Dentali, di un sapore eccellente e assai delicato.
La sua pesca si fa tutto l’anno, ma sono migliori quelli che si prendono nel principio dell’Inverno fino alla Primavera. È osservabile che il dentale non si conserva come gli altri pesci della sua grandezza ed è soggetto a corrompersi facilmente, specialmente nell’Estate, onde devesi avere attenzione di cuocerlo al suo tempo, acciò la speranza di conservarlo non lo faccia perdere del tutto. La testa di questo pesce, con parte del collo, è più dilicata di tutto il resto, e questa parte l’è pur ottima per brodi, e del resto poi del suo corpo può lavorarsi per mollissime vivande scomposte, come in filetti, in ruladine, ec. ec.
Farai la pasta frolla giusta il cap. IV. §1, ne distenderai le tele, l’adatterai nella tortiera propria, ci porrai libbre tre di conserva d’amarene, la coprirai con l’altra pasta; la farai cuocere al forno o sotto al fornello; la farai raffreddare e quindi, rotolando prima la tortiera, la farai scivolare nel piatto proprio, polverizzandola di zucchero, e la servirai.
Riposto e Desserts, farai l’apparecchio come gli altri; circa il magistero del gelato, vedi il giorno 9 marzo, come per li dolci, vedi il giorno 3 marzo.
Farai in ultimo la solita decozione di caffè giusta il cap. IX.
PRATICA.
Triturerai grana due di borraggini, uno di lattuga, uno di cerfoglio, uno di biete, uno di acetosa; laverai questo trito, lo farai bene sgocciolare, lo porrai in una marmitta con once sedici di polpa di vaccina ben soffritta, ci unirai once otto di prosciutto magro, due teste di garofani, una cipolla, un poco di culì di vitella, del brodo chiaro con poco sale e farai cuocere: quando l’erbe saranno cotte, ne toglierai la carne, il prosciutto, la cipolla e li garofani, disgrasserai e farai raffreddare; frattanto batterai alla fiocca otto chiara d’ovi, ma che sieno bene schiumanti: dipoi prenderai quelle erbe già cotte, con una caraffa meno del brodo medesimo, le porrai in un vaso di terra e ci mescolerai la fiocca, ci porrai ancora once otto di parmegiano grattugiato e finalmente gli otto torli d’ovi, con poco sale; verserai la composizione in una forma di latta coverta e la farai cuocere al bagno-maria (val dire in una marmitta con acqua bollente, in dove porrai la forma facendo che l’acqua oltrepassi un poco della metà della forma), e quando la composizione si sarà cotta, e per conseguenza legata, la toglierai dal foco, ma la riterrai al caldo: quando dovrai servire la zuppa, con un cucchiaio da tavola prenderai delle piccole porzioni della composizione, le accomoderai nella zuppiera e quindi ci verserai il brodo chiaro già fatto giusta il cap. V. §1.
Lesserai libbre quattro di maccheroni, li sgocciolerai e li frammezzerai in zuppiera con once dodici di parmegiano grattugiato e sugo.
Pulirai libbre otto di fresche palaie, che non sieno più di sei, le laverai, l’asciugherai, le farinerai con fior di farina, le friggerai con strutto, le farai sgocciolare del grascio e l’accomoderai nel piatto proprio con salvietta sotto, guarnite di petrosemolo fritto.
Prendi quattro buone pollanche, l’ammazzerai e le spennerai con somma diligenza senza l’uso dell’acqua bollente, giacché la polleria che deesi dissossare non si deve spennare con l’acqua bollente; dopo che l’avrai ben spennate con adattato coltellino, ci farai una incisione lungo la schiena, dal mezzo delle ali fino al portacoda, e diligentemente scarnirai la pelle con la carne dalle ossa badando di non forare la pelle. Cercherai slogare l’osso della coscia dalla sua giuntura, afferrando la noce dell’osso con due dita, e col coltellino scarnirai sino all’osso della gamba e vicino alla giuntura troncherai, come farai col piede, lasciandoci un nodo; ci lascerai le ali e la pelle del collo con la testa; dopo che avrai così tolte le ossa delle gambe, scarnirai il resto ed il petto radente l’osso, e ne toglierai tutta la cassa col collo vicino; laverai più volte le dissossate pollanche e le asciugherai; farai un battuto di polpa di carne accomodato con ovi, provola grattugiata, sale, pepe, spezie e petrosemolo trito, lo passerai per setaccio, e questo estratto porrai nelle pollanche, che in fila situerai sul pancone; riempirai il rimanente di un raguncino di fegatini, picciolissime polpettine, piccoli funghi, o freschi o secchi, delle fettoline di prosciutto, dei quartini d’ovi duri, dei filettini di tartufo e pochi piselli; riempirai il collo delle pollanche di quella prima farsa; cucirai a soprammano sul dorso delle pollanche; accomoderai il collo sotto le ali, legherai li nodi delle gambe ai due lati del portacoda, legherai benissimo le pollanche e le farai cuocere nel brodo di sostanza: da tanto in tanto le pungerai con un ago perché ne sorta tutta l’aria; dopo cotte le scioglierai, l’accomoderai nel piatto proprio e ci colerai un poco del brodo medesimo, e le servirai.
Porrai in una casseruola un’oncia d’oglio, un’oncia di butiro, farai dolcemente sfumare; ci porrai libbre due di tartufi scorzati e tagliati in dadini; bagnerai a poco la volta con un bicchiere di vino di Sciampagna ed altrettanto di culì, farai dolcemente bollire, ci unirai dodici cipollette cotte pria in brodo, e sei fegatini di pollo lessati e tagliati ancora in pezzettini, due alici salse pur così; farai tutto incorporare, ci porrai del sale e del pepe, e servirai questo entremets con guarnizione di crostini fritti con poco sugo di limone.
Prendi libbre sei di merluzzo tagliato in fette, con diligenza 250somma ne toglierai la spina, le laverai, l’asciugherai, le porrai a marinare con sugo di limone ed oglio battuto, del sale e del pepe; dopo due ore le sgocciolerai, le farinerai benissimo e le friggerai di bel colore, non facendole disseccare; l’accomoderai nel piatto proprio con sotto la seguente
Porrai in una casseruola due fette di ottimo tarantello dissalato, uno spicchio d’aglio, due garofani, una foglia di alloro, due fette di cipolla, due altre di carota, delle radici di petrosemolo, due once d’oglio, e farai soffriggere sulla fornella; quando principia a prendere un color d’oro, bagnerai con un poco di brodo chiaro di pesce, che lo farai dalla testa del merluzzo, mezzo bicchiere d’aceto di dragoncello consumato per metà, ed altrettanto culì; farai bollire la salsa per un’ora a piccolo fuoco, ci porrai un pochino di fior di farina, la disgrasserai, la passerai per setaccio, e quindi la porrai nel piatto proprio con le fette del merluzzo.
Prendi libbre sei di vitella dalla coscia, ne toglierai qualche pellicola, la rivolgerai in fogli di carta verniciati di butiro, legherai, infilzerai allo spiedo e farai cuocere al vapore, come ti ho detto per gli altri arrosti con la leccarda al disotto; rivolterai sempre lo spiedo, facendo venire ben colorito l’arrosto; lo svolgerai e l’accomoderai nel piatto proprio, potendoci fare una guarnizione di patate glassate.
Farai la crema giusta il cap. VI. §2, la porrai nel piatto proprio polverizzandola di cannella.
La pratica del Riposto e Desserts farai come le altre; pel gelato, vedi il giorno 2 marzo, per li piattini di dolci, spumette e graffioletti, vedi il giorno 1° marzo.
Farai la solita bevanda del caffè.
PRATICA.