L'arte di ben cucinare, et instruire i men periti in questa lodevole professione

Trascrizione, revisione e edizione digitale a cura di Giovanni Urraci

  • Sottotitolo: Dove s'insegna à far Pasticci, Sapori, Salse, Gelatine, Torte, e altro
  • Autore: Bartolomeo Stefani
  • Tipo opera: Stampa
  • Tipologia testo: Ricettario + menu + descrizione banchetto
  • Collocazione geografica: Mantova
  • Datazione: 1662
  • Luogo di edizione: Mantova
  • Collocazione (biblioteconomica o archivistica): Disponibile su Google Books
  • Pubblicata il: 09/11/2022
  • Condizioni accesso: Open Access
  • Licenza di utilizzo: https://creativecommons.org/licenses/by-nc-nd/4.0/deed.it
  • Copyright: AtLiTeG
  • DOI: 10.35948/ATLITEG/Corpus/110

Sono state trovate 177 ricette

Piglia libre due di zuccaro fino, e infuso in oncie dieciotto d’acqua commune, mettilo a bollire in lavezo, o vaso invitriato, sino alla densità di siropo; indi gettarai dentro due libre di grani d’uva acerba, il tutto bolla fino alla consistenza di siropo; in tanto averti, mentre si cuoce questo composto, d’andar levando con un cocchiaro d’argento la spuma, che apparirà, e gettar via gli acini, che verranno di sopra. Questo condito s’oppone a tutti i mali calidi, temperando l’infiammationi; resiste alla malitia di tutti gli humori vitiosi: estingue mirabilmente la sete, e finalmente conforta il cuore, lo stomaco, e il fegato.

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Nel condire il berberi, osserva in tutto, e per tutto la formola data poco fa nel condire il ribes. Spegne questo condimento mirabilmente la sete, e l’arsura della bocca: prohibisce, che i vapori maligni, e velenosi non così facilmente corrano al cuore, e occupino il cervello. Viene anco adoprato da’ sani ne’ conviti. Se di questo ne vorrai far sapori, lo stemprarai con sugo di naranci garbi.

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Pigliarai il petto di sei capponi, non vi essendo altra sorte di carne a proposito, che non sia rossa, la pestarai nel mortaro, bagnando il pestone nel latte, e la passarai per setaccio, e passata, v’aggiongerai quattro bicchieri di panna di latte, e vi stemprarai dentro nove oncie di farina di riso, prima stemprata con nove bicchieri ordinarii di latte, cucinandola a fuoco di carbone; la mescolarai sempre al fondo, per il pericolo, che vi è, che non s’abbrugi, aggiongendovi una libra di zuccaro, un grano di muschio stemprato con un poco d’acqua rosa; quando sarà alla cottura, ne farai la prova con un coltello, che se sarà a perfettione, restarà attaccato al coltello, se no, cascarà da sua posta. Questo bianco mangiare lo servirai in piatti bagnati d’acqua rosa, e nelle stampe, e ne potrai empire torte, offelloni, e altri regali.

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Haverai lucci grossi, cotti in bianco nell’acqua schietta, pigliando sei libre di quella polpa, cavatole tutte le spine, le pestarai nel mortaro, pesta che sarà, la stemprarai con una libra d’acqua rosa, e una de gelsomini, aggiongendovi due libre d’amido stemprate in quattro libre di latte, e s’è vigilia in libre tre d’acqua, metterai il tutto in un vaso ben pulito al fuoco, mescolando sempre con la spadola, perché è pericoloso; quando sarà a meza cottura, vi porrai una libra, e meza di zuccaro fino, con un grano di muschio macinato, cotto che sarà, lo levarai dal fuoco, gettandolo in piatti d’argento, o di maiolica, e non in stampe.

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Pigliarai quattro libre di mandole ambrosine, pelate, mollificate in acqua fresca, le pestarai nel mortaro, e se haverai una macinella per fare il latte, sarà meglio: pestate, le metterai in una cazza ben pulita, e ben stagnata, stemprate con venti bicchieri d’acqua, e vi stemprarai due libre, e meza di farina di riso, e un poco di fior di sale, le porrai al fuoco, sempre mescolando, e v’aggiongerai due libre di zuccaro, e quando sarà a meza cottura, vi metterai duoi grani d’ambra, macinati con quattr’oncie di fior di cedro: cotto che sarà, lo farai in varie forme: della cottura farai la prova, come sopra.

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Pigliarai trenta bicchieri di latte fusco, mettendolo in un vaso di rame, vi stemperarai tre libre di farina di riso, un poco di fior di sale, e lo porrai al fuoco, ma fuoco di carbone acceso, e con una paletta di legno continuamente lo agitarai, toccando sempre il fondo, e quando si cominciarà a restringere, v’infonderai due libre, e meza di zuccaro in pezzetti, un grano di muschio macinato con un poco di zuccaro, aggiongendovi quattr’oncie di fior di cedro: quando sarà vicino alla cottura, vedrai che cominciarà a far gonfietti, e all’hora pigliarai un tondo bagnato in acqua rosa, e vi porrai un poco di bianco mangiare, se creparà, e non si staccarà dal tondo, sarà segno che non sarà a perfettione; e perfettionato, lo potrai votare in vasi, e stampe, o tazzette di maiolica, o vetro, o in piatti; avertendo di bagnare tutte le stampe, e vasi con acqua rosa; e quando farai bianco mangiare, lo cucinarai sempre fuori dal camino, acciò non vi cadan sporchezze.

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Per farne meza cotta, pigliarai sei ova, una libra di zuccaro fino, avertendo che l’ova siano fresche, nate nell’istesso giorno, pigliarai un vaso ben pulito, e vi romperai dentro dette ova, e di quelle sei chiare ne getterai via una, il zuccaro sia ben pestato nel mortaro, e tamisato, di questa ne metterai quattr’oncie nel mortaro, e due ne serbarai per fargli sopra il ghiaccio; pigliarai un mazzetto di bacchette ben scorzate, e ben pulite, per mez’hora andrai sbattendo dette ova col zuccaro, e quando li vorrai fare, aggiongerai oncie sei di farina, li farai nella carta, o nelle cassette, overo nelle teggie ontate di butiro.

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Pigliarai due libre di mandole ambrosine pelate, e biscottate in una teglia a fuoco lento, acciò non piglino il color rosso, pestate nel mortaro, li aggiongerai quattr’oncie di fior di cedro, una libra di zuccaro fino, una libra, e meza d’amido tamisato, ben pestata ogni cosa insieme, li aggiongerai sei chiare d’ova; e se vorrai mettervi un grano di muschio, o d’ambra, sarà a beneplacito, e incorporando questi ingredienti, ne farai pasta, preparando una padella grande da forno, spolverizandola di farina, le disporrai dentro i biscottini, grandi come ducatoni, o a beneplacito, avertendo che il forno sia caldo a portione, lasciando alquanto mitigare (se farà bisogno) l’attività del calore.

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Pigliarai una libra di zuccaro ben pestato, e tamisato sottilmente, e in un’oncia di questo pestarai un grano d’ambra: pigliarai due chiare d’ova nel medesimo giorno nate, prima impastarai la detta oncia di zuccaro con l’ambra, e poi seguendo con una spadoletta, aggiongerai il restante del zuccaro, lavorandolo con una spadoletta di legno, sino che sarà ridotto a guisa di pasta, e quando sarà divenuto tenace, che assottigliato si tiri in longo senza rompersi, ne formarai su le carte bianche, fiori, frutti, biscottini, frondi, e altre galantarie, come ti piacerà, avertendo che il forno serva quando havrà cotto altre pasticcierie, perché sono troppo delicati.

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Piglia quattro libre di pane di tutta candidezza, biscottato bene nel forno, pestato nel mortaro, setacciato ben sottile, lo porrai in vaso di pietra con tre oncie di canella pesta, due libre di zuccaro chiarificato, e tirato a cottura, gettandolo sopra il detto pane, mescolando detti ingredienti con una spadoletta sino che siano bollenti, e haverai apparecchiato in altro vaso quattr’oncie di livieto, stemprato con nove oncie d’acqua rosa, una libra di zuccaro chiarificato, ma freddo, aggiongendovi due libre di farina, lo gettarai nel primo vaso, ove sarà il pane, avertendo che sia raffreddato, mescolando ogni cosa insieme, lo riporrai in luogo temperatamente caldo ben coperto, per ott’hore, e ogni due hore la mescolarai; fatto questo, infarinarai la padella, e di questa compositione ne formarai pasta per far biscotti piccioli a guisa di castagne, tondi, o longhi, come più aggradiscono: avertendo, che il forno sia caldo a proportione della compositione.

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Piglia libre tre di zuccaro fino, libre due, e meza d’acqua commune, nella quale infuso, bolla sino a tre quinti della giusta cottura di siropo; poi gettavi dentro tre libre di brogne acerbe, scorzate, seguendo la cottura sino, che siano ben condite; doppo levale dal fuoco, e per ventiquattr’hore lasciale nel siropo, poscia cavale, disponendole ne’ vasi a ciò apparechiati, in fine fa bollire detto siropo alla sua ordinaria consistenza, e con questo copri le brogne riposte ne’ detti vasi. Questo condito gentilmente lubrica il corpo, e ricrea lo stomaco col suo grato sapore.

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Sono queste cappe molto grandi, ma si riducono in poca sostanza. Si cucinano aperte, ben lavate, levandoli certe pellicole, che li stanno intorno, si pongono sopra la graticola, con oglio, pepe, e succo di limoni. Si cucinano con erbette odorifere, oglio, speciarie, e succo di naranci, che sono assai delicate. Si possono friggere in oglio, servite con pepe ammaccato, e succo di limone.

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Ne’ boschi italiani molti di questi animali si ritrovano. Questi predati da’ cacciatori in tempo d’inverno, prima si portino alla cucina, stiano quattro notti al sereno della notte, poi si batta detta carne con un bastone, s’imbrocchi con stecchi di garofani, e canella, si faccia arosto, tenendola morbida con strutto, o dileguato, e cotta, sia servita con salsa di ginepro.

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Piglia cerase mature di sapor acido, mondale dai suoi gamboli, e ossi, e da queste ne spremerai il sugo, ponendolo in vaso di terra ben vitriato, con oncie otto d’acqua commune, libre due di zuccaro fino, e bollito il tutto alla densità di siropo, aggiongi tre libre delle cerase predette, mondate da’ suoi gamboli, non dagli ossi, e continuarà la cottura pian piano, sino alla vera consistenza di siropo, e sarà perfettionato il condito, che si può concedere in qual si sia tempo, e morbo, e per il sapore accetto al palato, e per la sanità, perché tempera l’estremo calore, e fortifica il fegato.

Pagina 94

Io stimo, che questo animale sia poco buono, la maggior bontà di questi consiste nelle corna, servendosi di queste per cavare la palatina a’ cavalli. Gran quantità di questi animali trovasi alla Ripa di Trento.

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La stagione del coniglio è per decembre, e genaro: quando loro saranno levate l’interiora, stiano al sereno della notte con la pelle.

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Piglia due libre di zuccaro, infondilo in due libre d’acqua rosa, questo chiarificato, come sopra, e ridotto a meza cottura, piglia gli anesi freschi (di questi se ne raccoglie gran quantità nella Romagna, e ha semente distinta in chiocche, a guisa di finocchio, benché assai più piccola) li troncarai lasciandogli tanto pipociuolo, quanto è la grossezza d’un deto in traverso, acciò si possino ligare con refe, o altro, facendone mazzetti di dieci, o dodici di queste chiocche per ciascun mazetto, e fattone al peso di sedici oncie, li porrai nel zuccaro, avertendo che i fili siano longhi, acciò tutti si possino levare in un tempo istesso: li lasciarai un’ottavo d’hora in cottura di giuleppe, sollevandoli, e abbassandoli in detta cottura, ma raffirmandoli più tempo dentro, che fuori della medesma cottura, e perfettionati, li porrai in barattoli di maiolica, o di vetro; avertendo che il pipolo stii di sopra: e finalmente data la cottura a perfettione al zuccaro, li porrai in detti barattoli. Questa conserva è ottima per i convalescenti, e per i stomachi indigesti, incita l’appetito, e è esquisita per far salse verdi.

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Per ogni due libre di zuccaro piglia una libra di fiori di cedro, e a meza cottura del zuccaro vi gettarai detti fiori, che prima siano stati bagnati con acqua pur di fiori di cedro, che così infondendoli in quel zuccaro, non haverà forza di fargli restar trasformati, ma si conservaranno belli; finiti di cuocere, li porrai in tazzette di vetro, o porcellana. Di questa in tempo d’inverno te ne potrai servire per far torte con pomi appii, sarà esquisita nelle tomacelle; ne potrai far sapori con fegatelli di cappone, ne potrai porre ne’ pasticci sfogliati, che in ogni modo riuscirà esquisitamente buona. S’averta non ne usare di soverchio, perché molto è dura alla digestione.

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Piglia sei oncie di zuccaro, tirato come sopra, un’oncia, e meza di foglie di fiori di garofani rossi, e cremesi, tagliandoli la parte inferiore, sì che resti solo il rosso, avertendo che il zuccaro sii tepido, e all’hora infondi dette foglie, tornando il tutto al fuoco, meschiarai, e volgerai con spadoletta a fuoco molto lento, che così ti riuscirà di color cremese. È buona questa conserva per i frigidi, e depravati nel calor naturale. Non se ne deve consumare nelle vivande, essendo di molta sostanza, e delicatezza: si conserva longo tempo.

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Piglia una libra di zuccaro fino, e una libra d’acqua commune, ponendo il tutto sopra fuoco di carbone, e tirato a meza cottura, lo levarai dal fuoco, raffreddato, vi infonderai fiori di gelsomini a poco a poco, sino al peso di quattr’oncie, e poi haverai apparecchiati vasetti per detta conserva, quali ben coperti serbarai. Al tempo del Natale piglia tre scatole di torrone fatto di mandole, e miele, pestandolo nel mortaro, vi aggiongerai quattr’oncie di conserva, e quattro chiare d’ova fresche, e di questa compositione ne farai un gentilissimo tortino per sei convitati. In progresso di discorso farò mentione come si debba adoprare questa conserva.

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Piglia una libra, e meza di zuccaro ben purgato, tirato a meza cottura, nella forma, come sopra; levato che sarà dal fuoco, gli infonderai sei oncie di fiori di naranci ben mondati, e se il tempo non ti concede lasciar raffreddare il zuccaro, bagnarai detti fiori in acqua di fiori di cedro, scuotendoli ben bene in un panno, o drappo bianco, e poi gl’infonderai in quel zuccaro, a cui dall’humido contrario, che seco portaranno detti fiori, così preparati, sarà levata la forza d’inaridirli, essendo questi tenaci più assai delli fiori di cedro, e più acuti d’odore. Indi a poco il tutto perfettionato a debbita cottura, lo riporrai in barattoli di maiolica. Questa conserva s’adopra in molte cose, come a dire, ne’ sapori, nelle torte, ne’ pasticci più delicati, nelle polpette arosto, e altre cose simili a beneplacito.

Pagina 89|90

Piglia una libra di zuccaro posto in cazzetta, come sopra, quando sarà a meza cottura, levalo dal fuoco, piglia tre oncie di fiori di rosmarino ben curati, e puliti, e essendo il zuccaro quasi raffreddato, gli porrai dentro quei fiori, che se bene paiono troppo, con la cottura, però restano a giusta portione, e a perfettione da servirsene conforme il nostro intento. Tirati alla debita cottura, vuotali in qual vaso più ti piace, purché non sia di rame. Se vuoi si conservi più in lungo, vi metterai solo doi oncie di fiori con detta quantità di zuccaro, così riuscirà più densa, e non tenace. Di questa conserva ne potrai far saporetti per convalescenti, e per chi è di stomaco frigido. Giova a chi patisce catarri pigliata la mattina a digiuno.

Pagina 89

Piglia una libra di zuccaro bollendolo in una libra d’acqua commune, tirato a meza cottura, piglia quattr’oncie di fior di salvia, bagnati leggermente nell’acqua rosa, sì che non siano troppo insuppati, e questi getta a poco, a poco nella cazzetta, agitandola sopra il fuoco, sin che sia distrutto quell’umido ch’hanno i fiori, scuotendogli sempre sino tanto, che si possino vuotare in barattoli di maiolica. Il mese di maggio è la sua propria stagione, nel qual tempo ha maggior virtù. Vale questa conserva per far sapori, tortini piccioli, e torte grandi di persicata. È buona per i febricitanti di febre leggiera.

Pagina 88

Piglia libre due di zuccacro, e infondilo in oncie venti d’acqua commune: quando sarà a meza cottura, levarai quel zuccaro dal fuoco, lasciandolo raffreddare, indi li porrai libre due de’ fiori predetti, ben mondati da qual si sia cosa, e tornarai il tutto sopra il fuoco a perfettionare la cottura. Si può servire di questa conserva ne’ conviti grandi un tondino per ogni convitato, così semplice; possi ancora usare nelle comestioni particolare de’ cibi.

Pagina 88

Piglia sei oncie di zuccaro posto nella cazzetta con acqua di fiori di gelsomini, quando sarà vicino alla cottura, levato dal fuoco, come sopra, piglia due oncie di fiori di lilii convallii ben mondati, e puliti, fatto tepido il zuccaro, infondegli detti fiori, tornandoli al fuoco, ma che sii lento, volgendoli con spadoletta sino che siano a perfetta cottura. Questa conserva la disporrai in tazzette di maiolica, e te ne servirai per torte bianche, incorporandola con gli altri ingredienti nel mortaro; volendone far saporetti, aggiongerai fette di pane abbeverate in sugo di limoni, passate per setaccio; e le torte saranno molto delicate al gusto.

Pagina 90

Piglia libre tre di zuccaro chiarificato, come sopra, libre due, e oncie sei di rose incarnate intiere con un dito di pipociuolo, avertendo di levargli la semente, e raspargli diligentemente tutto il pipociuolo, indi bagnate in acqua rosa, quando il zuccaro sarà a meza cottura, prima lavate, e legate in mazzetti a tre a tre, le attuffarai in detto zuccaro per spatio d’un’ottavo d’hora, o poco meno: dipoi le porrai in tazzette larghe egualmente di sotto, e di sopra, disponendo le dette rose dentro con il pipolo in su, e in guisa, che l’una non tocchi l’altra; quando il zuccaro sarà alla perfettione, come sopra, gettalo sopra le rose. Ne’ conviti se ne può servire una, o due per convitato, e sopra un sapore fatto di conserva di fiori di gelsomini: se ne può valere per far pasticcini con altre compositioni a giuditio: questa conserva mirabilmente conforta lo stomaco.

Pagina 88|89

Piglia una libra di zuccaro ben purgato, tirato a meza cottura, e oncie sei di foglie di viole ben mondate dal verde, avertendo pigliar il bianco, e non il pavonazzo: questo fiore è più unico degli altri; quando il zuccaro sarà raffreddato, li gettarai dentro dette foglie, tenendo il tutto sopra fuoco lento, e agitando tanto che sia consumata quell’humidità, e sia perfettionata la cottura. Fatta la conserva, la vuotarai in qual vaso più ti piacerà. Di questa conserva ne puoi fare tartarine schiette, aggiongendovi mandole monde; ne potrai far salse pestate insieme, come sopra, stemprate con sugo di limoni, e brodo magro di cappone.

Pagina 90|91

Pigliarai dieci bicchieri di latte in una cazza, la porrai sopra il fuoco con una libra di butiro fresco, e un poco di sale: quando cominciarà a bollire, gli buttarai dentro una libra di farina di formento, sbattendo ott’ova in un vasetto, levando la chiara di quattro, avertendo che siano ben sbattute, e subito buttarai giù la farina, con due oncie d’acqua rosa muschiata, e dietro subito l’ova sbattute, mescolando sempre nel fondo con una cannella, aggiongendovi ott’oncie di zuccaro, una libra di fior di cedro condito: cotta che sarà, la gettarai in tegami larghi di fondo, ben stagnati, e bagnati d’acqua rosa: e di questa ne potrai far fritelline tagliate fuora con un cannoncino di latta, indorate, e fritte in butiro, ne potrai anco intagliar gigli, e fiori con la punta del coltello, servendosi anco di questa per li rifreddi.

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L’Italia è poco ferace di questo animale. Quantità grande se ne trova nell’Inghilterra, e di questi se ne fanno pasticci assai grandi in forma d’un tavolino con pasta finissima, la cassa de’ quali si fa fino all’altezza d’un piede. In quel regno vi sono huomini nella professione valorosissimi: in simili pasticci pongono un suolo di daino con finissime speciarie, polverizato con le sue solite polvere odorifere, come colà si usa; e un suolo di butiro sopra, e così seguitano con daino, e butiro, fino che sia riempita detta cassa, e poi vi fanno la sua coperta di pasta, lo fanno stare nel forno tutta la notte, e mattina fino all’hora di pranso. Nell’Italia (conforme il mio parere) si possono fare in questa forma. Si piglia la polpa del daino ben battuta, lavata in aceto, o malvasia, lardata con lardoni di porco con sue speciarie, cioè; mastice, pepe, garofani intieri, e schiacciati, polvere di canella, e sale; si faccia una pasta frolla, e al pasticcio si darà forma di daino, o rotonda, o in ottangolo, come più aggrada; stia nel forno tre hore, servito caldo, o freddo, che in tutte le maniere è buono.

Pagina 34

Pare, che sii mestiero d’ogn’uno il friggere il fegato di vitello, e perciò di questo non ne farò mentione; ma però dico, che il detto fegato è buono anco ripieno, pigliando il fegato intiero, cominciando con un coltello dalla parte ove è più grosso a suodarlo, e quello, che fuori se ne cavarà, si deve piccar minutamente, con oncie due di lardo battuto, un poco d’erbette odorifere, oncie tre di medolla, oncie tre di condito grattato, oncia una di pignoli, e oncia una, e meza d’uva passa, aggiongendovi un poco di zuccaro, e un poco di diverse spetiarie, sale, e due rossi d’ova freschi; e tutte queste cose componerle insieme, e di queste empire il fegato del vitello, e involgerlo in una rete, avertendo d’ontarla bene di butiro, e polverizarla con sale, canella, e un poco di zuccaro. Involto che l’haverai, mettilo in un tegame unto di butiro, e poi mettilo a sottestare, dandogli fuoco lento, avertendo d’untarlo, e cotto che sarà, lo servirai sopra con sugo di limoni. Si pone ancora il detto fegato lardato allo spiedo, e sia servito in un piatto con salsa di marinelle. Serve ancora il detto fegato per fare il primo corpo delle tomaselle, del che ne farò mentione, e di questo se ne può fare fegatelli involti in rete, con pane grattato, zuccaro, canella, sale, e pepe, e poi messo nello spiedo, tramezato di foglie di lauro, avertendo non dargli fuoco gagliardo: cotto che sarà, si metterà nel piatto servito con succo di naranci.

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Pigliarai otto zampe di vitelli delle gambe dinanzi, le porrai in un vaso di pietra con acqua, e poco sale, mettendovi dentro un piumazzolo, nel qual vi sia un quarto di garofani, mez’oncia di pepe, e un’oncia di canella intiera: quando t’accorgerai, che il brodo habbia pigliato quell’odore, levarai il piumazzolo, acciò non gli dia il colore; quando sarà consumato per metà, lo passarai per stamigna, spremendo bene tutto il sugo, la chiarificarai con la solita diligenza, aggiongendovi una libra di zuccaro fino, un grano di muschio, o ambra, conforme al gusto, la passarai per calza tre, o quattro volte, sin che verrà chiara, e haverai apparecchiato il latte di due libre di mandole, più, o meno, e lo stemperarai con un poco d’acqua rosa, e brodo di detta gelatina, oprando sia fisso come latte, e lo votarai nella gelatina, che raffreddandosi, verrà come capo di latte, e così schietta sarà nobile, senz’altra sorte d’ornamento, perché molti s’ingannaranno, credendo che sia qualche lavoro di latte.

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Pigliarai tre oncie di corno di cervo limato, fatto stare in infusione in libre sei d’acque cordiali, mettendola in pignata di terra ben vitriata, a fuoco lento, consumata che sarà due terzi, la passarai per stamigna, lasciandola raffreddare affatto, la chiarificarai con chiare d’ova fresche, e sugo di limone, le aggiongerai un poco d’agro di cedro, che quello li darà il colore d’ambra, e il gusto, e la passarai per la solita calza: questa serve per quelli che hanno il flusso, e che hanno vene rotte nello stomaco. Le acque cordiali saranno, acqua di buragine, d’acetosa, di buglossa, e di scorzonera; questa dosa serve tanto per il corno di cervo, quanto di rinoceronte, e l’uno, e l’altro è cordiale.

Pagina 69

Pigliarai dodici libre d’anguille di Comacchio, e otto libre di tenche minute, curate, e lavate tutte in vin bianco poste al fuoco a cucinare con quattro boccali di vino, due d’acqua, e due d’aceto, le farai consumare a poco, a poco a fuoco lento, aggiongendovi un poco di sale, consumate che ne saranno duoi terzi, le passarai per stamigna, spremendo bene il sugo di detti pesci, e con penne li sgrassarai, perché haveranno fatto dell’oglio: raffreddata che sarà, la chiarificarai con otto chiare d’ova fresche, e sugo di sei limoni, tornandola al fuoco, e quando vedrai che levarà il bollore, vi metterai goccia una d’aceto, perché haverà più tempo a chiarificarsi, chiarificata, vi metterai un’ottavo di zaffarano, un grano di muschio, e una libra di zuccaro fino, avertendo, che se non sarà garba assai, vi metterai sugo di limone, e la passarai più volte per calza.

Pagina 70|71

Pigliarai venti libre d’arzilla ben lavata in vino, talgiata in bocconcini, la porrai al fuoco in un vaso di pietra, con sei boccali di malvasia, un’oncia di garofani, un’oncia, e meza di canella, e un’oncia di pepe intiero, facendola cucinare a fuoco lento: quando sarà scemata per metà, la passarai per stamigna, spremendo bene il suo sugo, e la sgrassarai, perché haverà buttato oglio di sopra, la chiarificarai con sei chiare d’ova fresche, o più, o meno, a giudicio, e sugo di quattro limoni, tornandola al fuoco: quando sarà chiarificata, le levarai la schiuma, e le aggiongerai un’ottavo di zaffarano, e le spremerai il sugo di sei limoni. Questa gelatina vuol poco zuccaro, perché quando vuoi conservare i pesci longamente, che vanno in gelatina, all’hora vi metterai poco zuccaro: e se li vorrai dare odore di muschio, o ambra vi farà buono, passandola più volte per la calza.

Pagina 70

Pigliarai piedi di capretto conforme alla quantità, che ne vorrai fare, li farai cucinare in mez’acqua, e mezo moscatello con aceto, conforme il tuo giuditio, cuocendoli in vaso di pietra, vi porrai dentro a bollire due oncie d’anisi con un poco di sale, un’oncia di canella intiera; cotta conforme il solito, passandola, come sopra, la chiarificarai con chiara d’ovo, e sugo di limoni: tornata al fuoco, vi aggiongerai il zuccaro a discretione, e in questa non occorre, che vi metti né muschio, né ambra, perché passandola per la solita calza, passarà con essa l’odore degli anisi, e sua soavità: se vi vorrai dare il colore d’ambra, vi metterai il zaffarano.

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Pigliarai otto zampetti delle gambe dinanzi del vitello, o più, o meno, secondo la quantità che ne vorrai fare, quali siano ben pelati, e puliti, posti a bollire in tre boccali d’acqua, tre di vino bianco, e uno d’aceto: avertendo che il vaso sia ben stagnato, e quando gli haverai levato la schiuma, li porrai dentro mez’oncia di brocche di garofani, mez’oncia di pepe intiero, un’oncia di canella intiera, e coprendo bene il vaso farai bollire questa compositione a fuoco lento, perché se la cucinassi in furia, la cottura non faria corpo per restringersi: quando sarà calata per metà, pigliarai il detto sugo, e lo passarai per stamigna in un’altro vaso, pigliarai un mazetto di penne, facendo stare il vaso pendente, levarai con quelle facilmente tutto quel grasso, che vi sarà sopra, e farai questo, quando non v’è tempo di lasciarla raffreddare, benché per chiarificarla, vorrebbe essere fredda affatto, ma purché non sia bollente, si può chiarificare bene, pigliarai sei ova fresche sbattute in un’altro vasetto, con il sugo di sei limoni, e stemperarai dette ova con un poco di gelatina, tanto che nel vasetto ve ne sia un boccale, gettandola poi nel vaso grande della gelatina, mescolandola con un cocchiaro, vi aggiongerai una libra di zuccaro, e ritornarai la gelatina al fuoco, e quando vedrai che sarà chiarificata, e che haverà fatto molta schiuma, le butterai dentro un grano d’ambra stemprata in acqua di fior di cedro, e un poco di zaffarano, e come haverà dato duoi altri bollori, la passarai per la calza, over sacchello, come dir vogliamo, facendola colare in vaso di pietra: e se ne vorrai fare di color cremesino, pigliarai un poco di cremese a portione, overo pezzetta di levante, avertendo che fatta con pezzetta, a chi troppo ne mangiasse, può nuocere notabilmente, per la venefica qualità, che ha in sé detta pezzetta. Se ne vorrai fare della turchina, pestarai nel mortaro le viole zoppe, e con quel loro sugo, le darai il colore, e sarà buona per mangiare. Se ne vorrai fare della verde, pigliarai sugo di petroscemolo. Se ne vorrai fare della scura, pigliarai sugo d’uva passa. Se ne vorrai fare della rossa, o color di fuoco, pigliarai il cinapro, ma per esser questo minerale, poco lo lodo. Se ne vorrai fare della turchina in altro modo, pigliarai endico a portione, e questa non serve se non per onda di mare, perché per mangiare non è buona. Se ne vorrai fare di color d’ambra, piglia zaffarano, e questa è la miglior, e più gustosa.

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Pigliarai pollastrelli ben puliti, e piedi ben governati, li farai bollire in acqua con poco sale, mettendovi alquanti stecchi di canella, consumata che sarà per metà, la passarai per stamigna, e se pesterai tutti li pollastrelli per far più sugo, è migliore, e sarà bene: sgrassato il brodo con le solite penne, lo chiarificarai con chiara d’ovo, e sugo di limoni; chiarificato, lo levarai dal fuoco, e v’aggiongerai un poco di zuccaro fino, conforme la quantità del sugo, e vi porrai dentro agro di cedro a portione, e poi lo passarai per la calza, e questa sarà una gelatina ottima per gli amalati, sustantiosa, e buona per estinguer loro la sete.

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Pigliarai due libre di pistacchi mondi, e pelati, pesti nel mortaro, li stemprarai con vinti bicchieri di latte, mettendo il tutto in vaso ben pulito, havendolo prima passato per setaccio, gli stemprarai dentro due libre di farina di riso, mettendolo al fuoco in detto vaso, lo mescolarai sempre con la spadoletta, quando sarà a meza cottura, vi aggiongerai una libra di cedro condito piccato, una libra di uva passa bollita, una libra di pignoli abbeverati in acqua rosa, una libra, e tre oncie di zuccaro fino, con un grano d’ambra macinata, e stemprata con tre oncie d’acqua di fior di cedro: cotto che sarà ne farai la prova, come di sopra, e levandola dal fuoco, la potrai gettare in stampe, o in piatti, avertendo bagnarli prima con acqua di fiori di cedro.

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Pigliarai otto bicchieri di latte, e uno di panna, ponendolo in una cazzetta ben netta, e vi sbatterai dentro dieci ova fresche, un grano di muschio, ott’oncie di zuccaro fino, mettendolo al fuoco a fiamma chiara, e avertirai non sia a fuoco lento, perché non riuscirebbe, ma s’attaccarebbe alla cazzetta, e lo meschiarai con spadoletta, o cannelletta, e quando vedrai che comincia a crescere per levare il bollore, lo levarai dal fuoco, e lo gettarai in un piatto in luogo fresco, e infocando la pala del fuoco, lo porrai sopra il latte, quale pigliarà il color di rosa, servendolo con zuccaro sopra.

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Esquisiti saranno i latti di vitello, e un poco rifatti, nettandoli bene da quelli gargozzetti, che vi stanno intorno, lardati minuti, cotti allo spiedo; quando saranno vicini alla cottura, polverizati con un poco di sale, polvere di mostaccioli, e cotti, metterli in un piatto, e serviti con la salsa reale. Si possono ancora mettere i detti latti ben bolliti in un tegame, con un poco di butiro, lardo battuto, mastice, e sale, indi metterli a sotestare, quando si conoscerà che siano a meza la cottura, se li può spremere due pomi granati, avertendo di levar fuori della scorza i grani, per metterli poi in una stamegna per spremere affatto il succo, aggiungendovi un poco di zuccaro, e questa sarà buona vivanda per i convalescenti. Si possono in oltre tagliare in bocconcini i detti latti ben politi, e curati con un poco di midolla, un poco d’uva spina, quattro erbette battute, un poco di ponte di sparagi, facendo loro corpo con quattro rossi d’ova, che si farà una minestra delicatissima. I latti, si possono, rifatti che saranno, tagliar in fette larghe, infarinare, e friggere in butiro gettato, e posti nel piatto, servirli con zuccaro, e sugo di limoni, che saranno ottimi. Di essi latti si ponno anco fare bianchi mangiari, avertendo però, che di due latti che ha il vitello, non ve n’è se non un buono, che è quello, ch’è più tondo, e più bianco dell’altro; e quando è ben pulito, e ben rifatto, si pestarà nel mortaro con un poco di latte, passandolo per stamigna, mettendolo in un vaso pulito al fuoco, con un poco di farina di riso a portione, un poco di zuccaro a giudicio, un grano d’ambra, un poco d’acqua rosa, mischiando il tutto, e arrivare con la cucchiara nel fondo del vaso, perché è pericoloso d’attaccarvisi, e cotto che sarà, lo vuotarai in piatti, o tazze di maiolica, servendolo freddo.

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Deve essere la lepre presa da’ cani, che così riesce assai megliore, e più frolla, che quando è presa con altri ingegni.

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Pigliarai ova sei ben sbattute in una pignattina, oncie due di zuccaro fino in polvere, panna di latte una scudella, e meza: riempita che haverai la detta pignattina, la metterai in una cazza con tant’acqua, che arrivi all’orlo della pignattina, avertendo che l’acqua sia fredda, acciò riesca meglio, coprendo la pignattina con carta, e coperchio ben polito, le metterai meza pietra in cima, acciò non vacilli, dandole fuoco lento, sì che bolla adagio, e non vada sopra la pignattina, perché la minestra non riuscirebbe a perfettione di bontà; quando sarà alla cottura, la levarai da quel vaso, e con un cucchiaro le levarai la superficie, e poi a cucchiaro, a cucchiaro la metterai nel piatto, e quando non sarà congelata insieme, è segno che non sarà cotta; è ottima per gli ammalati, e convalescenti.

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Pigliarai le cervella pelate, e rifatte, le tagliarai in bocconcini, le metterai in una pignattella con brodo grasso, petroscemolo, basilicò, uva spina, fegatelli di pollo, piccati minuti, rossi d’ova, e succo di limoni, stringendo il tutto in forma di brodetto, havrai un’ottima minestra.

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Pigliarai le cime di zucca, e se vi saranno li zucchetti sarà meglio, li farai rifare nel brodo, e rifatti, li metterai in un pignattino con brodo di cappone, due latticini tagliati in bocconcini, e prima rifatti, pigliarai di quell’agresto, che suol fare la vite tre volte l’anno, perché li grani sono grossi, e duri, e hanno polpa, e mondati dalla pelle, li spaccarai, e li levarai il seme, mettendo due oncie di cascio parmegiano grattato, e due ova, e così maritarai la detta minestra.

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Pigliarai il finocchio ben mondato, e lo lavarai in acqua fresca, e prima rifatto in brodo magro, tagliandolo in bocconcini, lo metterai in un vaso vitriato con un poco di brodo di cappone, e quando sarà alla cottura, vi metterai un poco d’uva spina, un bicchiere di panna di latte, due oncie di pignoli lavati in acqua rosa, ammaccati nel mortaro, e l’astringerai con un brodetto di quattro rossi d’ova, e succo di limone, e sotto li metterai fette di pane fritte in butiro, così ne farai minestra, che sarà molto delicata, servendola calda, polverizata con canella.

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Pigliarai fondi di carcioffi, e levatogli il pelo, li farai rifare nel brodo, e tagliati in bocconcini, li metterai in una pignatta con brodo grasso, crestoline di polli, e granelli, un poco d’uva spina, oncie due di pistacchi mondi ammaccati, midolla, formaggio lodigiano, tre ova; e questa sarà una minestra ottima.

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Per fare tre minestre, pigliarai due capponi grassi ben lavati, e raspati con la punta del coltello, e levandoli quella pellicola, o pelle matta, li metterai a bollire, e quando saranno cotti non intieramente, li levarai dal brodo, scorticandoli, tagliarai la pelle come tagliolini, e la metterai in un pignattino con un poco di brodo di cappone, con quattr’oncie di pistacchi, stemperati con latte, passati per setaccio, e vi aggiungerai sei rossi d’ova, succo di limone, e il tutto buttarai nel pignattino, dandogli fuoco lento, e mescolandolo con un cucchiaro di legno, fino che si restringa in brodetto, e sotto gli metterai fette di pane bruscato; questa minestra vuol esser servita con zuccaro, e canella.

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Pigliarai il fagiano non lardato, messo nello spiedo, bagnandolo spesso con butiro fresco, e terrai in conserva quel suo succo, che farà, e quando sarà vicino alla cottura, lo levarai dallo spiedo, e parte della sua polpa la piccarai con il coltello, e parte la pestarai nel mortaro, con sei oncie di seme di melone, un grano d’ambra, quattro mostaccioli di Napoli, il tutto stemperato con panna di latte, passandolo per setaccio, avertendo che non sia troppo fisso, e poi lo metterai in un pignattino, aggiungendo l’altra parte del fagiano piccato con tre oncie di pistacchi ammaccati, sei rossi d’ova fresche, oncie due di zuccaro fino, un poco di midolla minuta, il succo di due limoni, e sotto la minestra vi porrai biscottini savoiardi, servendola con polvere di canella, e sarà buona per li frigidi di stomaco, e per mancanza di calor naturale.

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Pigliarai li piccioni sottobanca, e tagliarai la pelle sopra la schiena, senza romperla, scorticandogli affatto, lasciando attaccato alla pelle la testa col collo, e l’ali, pigliarai la polpa sopra l’ossatura, pestarai un poco di lardo, con persa tra mezo, petroscemolo, midolla, formaggio a discrettione, pignoli, oncie tre di pasta di marzapane, pepe, garofani, noce moscata, e canella: fatta che haverai la compositione, pigliarai le dette polpe, e le tramezarai con quel battuto, e le ritornarai nel luogo loro nelli piccioni, cucendovi con refe la schiena, ritornaranno nella sua propria forma, e così poi li metterai a bollire in brodo grasso, con fette di presciutto, cavoli fiori, bocconcini di cardo rifatto, pignoli ammaccati, quattro brognoli, e con il tutto conciarai la minestra, aggiungendo cascio parmegiano, quattr’ova fresche, e sotto la servirai con fette di pane fritte in butiro, e sopra l’adornarai con canella in polvere.

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Pigliarai più torsi d’endivia, o lattuca romana, mondati benissimo, li lasciarai un poco in acqua fresca, e li farai rifare, mettendoli poi in un pignattino con una libra di punte di sparagi, ponendoli a bollire in brodo grasso nell’istessa maniera, aggiungendovi un poco d’uva spina, fegatelli di polli, soffocati in butiro, dodici mandole fresche, prima stufate in butiro; indi pigliarai quattr’ova fresche, succo d’agresta, stemperando il tutto a guisa di brodetto, farà una minestra molto gustosa, e ottima per li convalescenti.

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Pigliarai tre starne, e le metterai nello spiedo, bagnandole spesso con butiro, e quando saranno cotte, le cavarai dallo spiedo, e cavandole la polpa, la pestarai minuta come pan grattato, e poi piglarai l’ossa delle starne, e le pestarai nel mortaro, pigliarai quel succo, che haveranno fatto nella leccarda, aggiungendovi oncie sei di pignoli, oncie quattro di seme di melone, e il tutto stemperarai con brodo grasso, e così stemperato, lo passarai per stamegna, e con questo succo metterai le starne al fuoco, ma che il brodo sopravanzi due dita sopra le starne, e poi vi aggiungerai oncie tre di cedro condito, oncie due di zuccaro fino, oncie sei di capo di latte, quattro rossi d’ova, cucinandole a fuoco lento, e sempre mescolarai con un cucchiaro di legno, e per ultimo vi metterai un poco di noce moscata, succo di tre limoni, che farai una minestra gentilissima, e molto esquisita, servendola calda, con fette di pane di Spagna sotto, e sopra zuccaro, e canella.

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Pigliarai la zucca rifatta nel brodo, acciò sia più saporosa, passata per setaccio; pigliarai oncie sei di mandole peste nel mortaro, le stemperarai con un bicchiere di latte passato per stamegna, mettendo la zucca al fuoco con brodo grasso di cappone, e quando la zucca sarà vicino alla cottura, le metterai quattro rossi d’ova, e il succo di quattro naranci, e sarà gustosa.

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Piglia sugo di more celse libra una, zuccaro fino polverizato libre due, in lavezo, o altro vaso, come sopra, ben pulito, il tutto fa cuocere a fuoco leggiero sino alla cottura di siropo, in cui porrai libre due delle more celse predette, ben monde, e non perfettamente matura, segui la cottura sino alla vera consistenza di siropo, riponendoli in vasetti proportionati alla conservatione di simili frutti conditi. Questo condito mangiato avanti il cibo, presto scende dallo stomaco, facendo la via agli altri cibi. Inumidisce il corpo, e lo refrigera.

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Pigliarai tre libre di mandole ambrosine pelate, ben asciugate, pestale ben bene, spruzzandole con acqua di fior di cedro, aggiungerai quattr’oncie di canella pesta, e libre due di farina, avertendo d’aggiungerla a poco, a poco: piglia una libra, e meza di zuccaro chiarificato, e tirato a cottura, lo porrai nel mortaro sudetto, e il tutto posto in cazza sopra fuoco di carbone, con spadoletta mescolando, acciò non s’attacchi, macinati due grani di muschio con un poco di zuccaro, lo porrai in detto vaso, spolverizando la pasta, quale levata dal fuoco, quando sarà raffreddata, ne formarai mostaccioli nelle solite stampette.

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Pigliarai due libre di mandole ambrosine ben pelate, pestandole nel mortaro, le andrai spruzzando d’acqua rosa: pestate che saranno, haverai una libra di zuccaro chiarificato, quale tirato alla cottura, lo metterai nel mortaro, e ogni cosa insieme incorporata, prenderai nevole, e sopra poste, ponendo questa compositione, formarai navicelle, stellette, e cose simili. Molti sono, che a queste navicelle danno il ghiaccio quando sono crude, ma io più lodo il darlo doppo che saranno a meza cottura, e raffreddate, tornandole poi nel forno senza più riscaldarle, e lasciandole tanto che se le faccia sopra il ghiaccio, riusciranno assai megliori.

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La panzetta del vitello, dico, che sia per servire più tosto a regalar piatti, e rinforzar vivande, che per far vivanda da se sola, poiché pare una bisaccia piena di poca gratia; ma però, chi vuol fare in essa il pieno, e che sia delicato, pigli lardo battuto, petroscemolo, midolla di bue, un poco di pane bagnato con brodo bollente, cascio parmegiano trito, pignoli, uva passa, un poco di cedro condito, e ova, e di questa compositione riempia la detta panzetta; quando sarà cotta in buon brodo, così calda la tagli in fette, che così può servire, e fredda, e calda; raffredata che sia, può tagliarsi in fette, infarinandole, overo indorandole, come si fanno le cervella, frigendole poi nella padella con butiro, se saranno infarinate, sopra le dette fette, vi si deve mettere quattro rossi d’ova con succo di limoni ben stemprati, aggiungendovi un poco di noce moscata, e meza tazza di brodo, gettando ogni cosa nella padella, avertendo però di travagliarla con la mano; e se ne farà una vivanda delicatissima, e quelle saranno indorate a guisa di cervella, si servino in zuccaro sopra.

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Piglia due libre di zuccaro fino, messo in libre due d’acqua commune, fallo bollire un poco, poi gettali dentro due libre di peri scorzati in quattro parti divisi, e di dentro benissimo mondati, falli bollire sino alla consistenza di siropo, che saranno conditi. Conforta lo stomaco, pigliato doppo il cibo, aiuta la digestione.

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Piglia due libre di persici ben maturi, ben mondati di dentro, e di fuori, falli bollire in tre libre d’acqua commune sin che s’ammollischino, indi levati dall’acqua, e gettata via quella, metterai i persici sopra ad un setaccio, acciò si scoli quell’acqua, ch’haveranno attratta, della quale ne pigliarai una libra, e meza, e due libre di zuccaro fino polverizato, e gli darai la cottura in lavezo, o vaso vitriato di terra, pervenuto a meza cottura di siropo, v’infonderai detti persici, così ammolliti, e mezo cotti; dipoi continua a cuocerli sino alla cottura legittima di siropo, e perfettionati, li porrai in vasetti a tal effetto destinati. Questo condito conforta grandemente a maraviglia lo stomaco.

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Resta buonissimo, e bellissimo il petto del vitello a lesso, avertendo d’usar diligenza acciò resti candido, cotto che sarà, messo nel piatto, polverizato con sale, e servito con fascette di limone d’intorno, tramezato con fiori di boragine. Si può fare stuffato il petto di vitello con lardo battuto, e fare che pigli un bellissimo colore con quello, avertendo però di metterlo in un vaso che sia a portione, ponendovi noce moscata, garofani pesti, un poco di pepe, sale, un bicchiere di malvasia, quattr’oncie di tartuffole, oncie due di pignoli, oncie tre di brogne damaschine, e pomo d’Adamo in bocconcini. Si può anco, lessato che sia il petto, servirlo alla gratella, infarinato con pane grattato, zuccaro, canella, un poco di polvere di garofani, e ben bagnato con sugo della leccarda, cotto che sarà, metterlo nel piatto, con polvere di basilico, e stuffarlo con aceto rosato. Si può fare arosto, ben battuto che sia con una cannella, e poi involto in un foglio di carta reale, ben ontata di butiro, polverizata con sale, polvere di mastice, tempestata di moscardini, e polvere di persa, raccogliendolo poi nella carta ben stretto, messo allo spiedo, cotto a fuoco lento, e poi messo nel piatto, vuol essere servito con salsa reale.

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A tutte le stagioni riescono buoni i piccioni di cui parliamo, e sono calidissimi.

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Pigliarai due libre di farina di riso, vintiquattro bicchieri di latte, e meza libra di butiro fresco, metterai il latte, e il butiro in una cazza ben netta a fuoco lento, avertendo ch’è facil cosa pigli il fumo; quando sarà a bollire il latte, buttarai giù la farina, havendola prima stemperata con altro latte freddo, facendola colla fissa, e così poi la buttarai in quella cazza, che bolle, mescolandola sempre con una cannella da pasta, così menandola sempre, fin tanto che diventi tosta: quando vedrai che haverà del duro, la levarai dal fuoco, e con un cucchiaro d’argento, bagnato prima in latte, pigliarai bocconcini di polenta, accommodandola nel piatto con cascio parmegiano, butiro fresco, spruzzandola con acqua rosa, e per ogni solaro di polenta, mettervi formaggio, e butiro, polverizata con canella fina; e quando sarà fatta, subito servirsene.

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Piglia zuccaro fino libre tre, fallo cuocere con acqua rosa odoratissima, distillata a bagno maria alla cottura quasi di siropo, dentro al quale poni due libre di pomi lazaruoli traforati, seguendo il bollore sino alla vera cottura di siropo; questi riporrai in albarelli di maiolica, e ben coperti li serbarai. Questi sono gratissimi al gusto, confortano lo stomaco, e eccitano grandemente l’appetito.

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È quest’animale molto utile per le cucine, e gustoso per fare con le sue carni vivande, e col suo grasso condirne. Io qui non farò mentione di mortadelle, sopressate, salami diversi, salciccia di diverse qualità, ma parlarò solo d’una sorte di salciccia, di cui li mesi di luglio, e agosto me ne servo, per condire minestre, e suppe, all’hora quando gli stomachi per il gran calore, sono rilassati maggiormente.

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Li pulcini sono molto gustosi nelli mesi di maggio, e giugno, facendosi di quelli suppe, e potaggi con mandole fresche, uva spina, punte di sparagi, fondi di carcioffi, e non havendo a servire a’ convalescenti, se gli può mettere una fetta di presciutto, o ventresca.

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La schiena del vitello si può fare in diverse vivande, e primieramente in bianco, posta nel piatto, e servita con sapor di noce. Della schiena se ne possono fare brasuole, ammaccate con la pianta del coltello, insproccate con stecchi di garofani, polverizate con polvere d’erbe odorifere, noce moscata, e un poco di sale, mettendole in adobbo con aceto rosato, e poste sopra la gratella, le bagnarai spesse volte con butiro, overo oglio di Toscana, e poi cotte, e disposte nel piatto; averti, che se saranno condite con butiro, bisogna servirle con salsa reale, e se saranno con oglio, le servirai con salsa d’angiove. Altra vivanda buona si può fare, mettendo detta schiena in un vaso con tanto vino bianco, quanto che stia coperta, poi messa a fuoco, consumato che sarà mezo quel vino, levarai via la metà di quello, che resta, e vi aggiungerai un quarto di mastice, un quarto di garofani, un’ottavo di zaffrano, oncie tre di zuccaro, un poco di tartuffole, pignoli, e brogne damaschine, e cotta messa nel piatto, la servirai con fette di pane dorato. Può anco detta schiena servire per bisogno d’arosto, lardandola minuta, avertendo di levar l’osso dalla spalla, bagnandola di strutto spesse volte, e se vi si vuol fare crostata di pane, zuccaro, e canella, starà bene, servita con naranci spaccati. Di questa se ne può fare ancora piccate calde, e fredde con butiro, e sugo di limone, con un poco di canella. A quella che si farà calda, metterai fette di pane sotto fritto in butiro, e polverizata di sopra.

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Piglia libre due di sugo estratto dalle granelle rosse del ribes, a cui aggiungi libra una, e meza di zuccaro fino polverizato poni il tutto in un lavezo ben netto; è il lavezo un vaso di pietra molle di monte scavato sul torno: in difetto del quale, piglia un vaso di pietra vitriato, ben pulito, o di rame ancora, purché sia ben netto, e pulito, il che osservarai diligentemente nel condimento degli altri frutti, che diremo in questo breve discorso: pigliato dunque detto vaso, come t’ho detto, lo porrai sopra moderato fuoco con detti ingredienti, quali farai cuocere a consistenza di siropo, nel quale metterai una libra, e meza delle dette granelle ben mondate, seguendo la cottura sin tanto, che il siropo sia ben cotto. Possiede molte dotti questo condito. È efficacissimo nel refrigerare; eccita mirabilmente l’appetito; è buono nelle febri maligne, e pestilentiali, preserva i sani, e giova agli ammalati. In oltre è d’un color vaghissimo. Se vorrai far sapore di questo condito, lo stemprarai di sugo spremuto di fresco dal pomo granato.

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Delli rognoni non se ne serve, se non da sé solo, come sarebbe a dire, per far piccata con zuccaro, e succo di limone polverizati con polvere di garofani, e di canella. Di questi se ne può coprire fette di pane fritto in butiro, come sopra, aggiungendovi un poco di maggiorana, un poco di pasta di pistacchi, un poco d’acqua di fior di cedro, due rossi d’ova freschi, e un poco di pomo d’Adamo grattato, e poi ben incorporato, disteso sopra le fette del pane, le metterai in una padella onta di butiro con fuoco sotto, e sopra. Di questi ancora se ne può mettere nelle pagnatelle ripiene, e ancora dentro a’ pasticci alla genovese, sono anco buoni nelle bische stuffati in un poco di butiro, noce moscata, e polvere di garofani; cotti che sono, ben piccati minuti, aggiungendovi succo di limoni, e poi ponendolo sopra la bisca, la renderà più gustosa.

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Pigliarai dodici angiove, le lavarai bene in vin bianco, facendole liquefare in oglio buono, o butiro, sopra il fuoco in un vasetto di pietra, aggiungendovi una libra d’aceto, oncie sei zuccaro, pignoli oncie quattro ammaccati, cappari mondi oncie sei, garofani in polvere un quarto, canella intiera oncia meza, levandola poi avanti che servi la salsa, cucinandola a fuoco lento, e ben coperta, e questa sarà per li pesci cotti alla graticola, e anco per li coscetti di castrato, e selvatici arosto.

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Pigliarai una libra di butiro fresco, disfatto che sia in padella, v’aggiungerai meza noce moscata in polvere, un poco di polvere di garofani, oncie quattro di zuccaro fino, rossi d’ova sei, stemperati con tre oncie di succo di limone, se gli vorrai dare odore di muschio, o d’ambra, sarà a tuo piacere; questa servirà per stuffati, che non siano ben cotti, come sparagi, carcioffi, bragiolette, e altre diverse cose.

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Pigliarai dodici fegatelli di capponi, fritti in butiro, pesti nel mortaro, aggiungendovi un’ottavo di polvere di garofani, un quarto di canella, tre oncie di zuccaro, un poco di noce moscata, e stemperarai detta compositione con mezo bicchiere di malvasia, due oncie di succo di naranci, passandola per setaccio, dandole fuoco lento, perché non ha bisogno di molta cottura; la servirai sopra selvatici arosto.

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Pigliarai una libra di fiori di gelsomini, li pestarai nel mortaro, con mez’oncia di canella, due mostaccioli di Napoli, stemprati con una libra d’aceto rosato, e oncie due di zuccaro, mettendo la detta compositione a bollire in un vasetto di pietra vitriato coperto con carta, e coperchio, dandole fuoco lento: questa salsa servirà per fegati arosto, bragiolette, e altre cose.

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Pigliarai tre libre di gambari, cotti che saranno, li pestarai nel mortaro, stemprandoli con aceto rosato di malvasia, e li passarai per setaccio, e il loro sugo metterai in un pignattino con un’ottavo di polvere di garofani, un quarto di canella, sei oncie di zuccaro, sei oncie di cappari, meza libra di polpa d’olive, tre oncie di pignoli ammaccati, avertendo che’l sugo de’ gambari sia denso, e così la cucinarai a fuoco lento, meschiandola alcune volte con cucchiaro di legno, e vi spremerai il succo di quattro limoni: questa sarà buona, per trutte, bulbari, carpani, o raine, e altri pesci.

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Pigliarai oncie due di bacche di ginepro, lavate in vin bianco, e vi stiano in infusione due giorni, mutandole il vino due volte il giorno, e le metterai a bollire in vasetto vitriato, aggiungendovi una libra d’aceto di malvasia, meza libra di zuccaro, un’ottavo di garofani intieri, oncia meza di canella intiera, coperto benissimo con carta, e coperchio, mettendolo al fuoco, facendone consumare delle tre parte una, e questa sarà ottima per francolini, tordi, e altri uccelli simili.

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Pigliarai pomi granati, li cavarai le grana ben monde, spremendoli in un vaso, tanto che possi havere una libra di quel suo vino, mettendolo in un pignattino a bollire con un grano d’ambra, oncie sei di zuccaro fino, lo farai consumare per metà, a fuoco lento, ben coperto, che questa sarà una salsa per latticini arosto, e uccelletti.

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Pigliarai un presciutto di tutta bontà, ne tagliarai una libra in fette minute, pigliando tre oncie di butiro, mettendolo nella padella, lo cucinarai a fuoco lento, cotto che sarà, lo pestarai nel mortaro, lasciando nella padella quel succo, che haverà fatto, aggiungendo nel mortaro garofani, canella, zuccaro oncie quattro, mostaccioli oncie quattro, pestarai bene ogni cosa, pigliando quel succo che sarà nella padella, e gli metterai oncie sei di succo di limone, stemperando con quel succo la compositione, e fatta, la passarai per setaccio, tornandola poi in un pignattino vitriato ben coperto, la manterrai calda, e questa sarà una salsa gustosa per li mesi di giugno, luglio, e agosto, servendola sopra gli arosti.

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Quando sarà cotta la lonza del vitello, li levarai la rognonata piccandola bene, la metterai in un vasetto di terra con polvere di noce moscata, garofani, canella, due oncie di zuccaro, una cucchiarata di sugo d’arosto, che sarà nella leccarda, sei oncie di sugo di limoni, oncie quattro di cedro, o pomo d’Adamo condito, grattato, stemprando insieme, le darai pochissimo fuoco; e questa la servirai sopra gli arosti di vitello, pavoncini, pollastrelli, e altri; e riuscirà meglio con oncie sei di pistacchi mondi pestati nel mortaro, e stemprati con il detto sugo di limoni.

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Pigliarai una libra di fior di cedro condito, ben pesto nel mortaro, stemperato con nove oncie di succo di limone, oncie tre di zuccaro, un quarto di canella in polvere, e la passarai per stamigna, e questa la servirai fredda sopra vivande arosto calde, quali siano o fagiani, o pernici, o piccioni sottobanca, o pollastrelli.

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Pigliarai una libra di tarantello grasso, ben lavato, cavatogli il sale, lo pestarai nel mortaro con polvere di garofani, noce moscata, canella, ott’oncie di zuccaro, quattr’oncie di cedro condito grattato, pesto il tutto insieme, lo stemprarai con aceto, avertendo di lasciarlo brodoso, ponendolo a bollire in pignattino vitriato, con tre oncie di pistacchi ammaccati, due oncie d’uva passa ben polita: questa servirà per varii pesci.

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Pigliarai un pignattino ben vitriato, un’oncia di stecchi di canella, meza di garofani, oncie tre di zuccaro, un bicchiere, e mezo d’aceto, coprendo bene il pignattino con carta, e coperchio, acciò sia ben stuffato, facendolo bollire a fuoco lento, consumata che sarà per metà, sarà a perfettione: questa salsa la potrai servire con tutte le sorti d’arosto, tanto domestici, quanto selvatici.

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Pigliarai foglie di salvia, le pestarai bene nel mortaro, spremendo il sugo per farne un piatto di sei bicchieri; vi aggiongerai sei bicchieri di latte, uno di panna, e mezo sugo di salvia stemprata con il caglio, e tutto ben meschiato insieme, lo metterai in luogo fresco, quando sarà congelato, lo servirai con zuccaro sopra: ne’ rifreddi serve per il mese di maggio. Di questo anco ne puoi fare in tazzette di pasta reale, lavorate, e impite di detta salviata, e servirne una per signore.

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Pigliarai otto libre d’armellini, li cavarai l’ossa, pigliarai quattro libre di zuccaro chiarificato con la sua portione d’acqua, ponendo li detti armellini nel zuccaro, cucinandoli a fuoco lento, meschiandoli sempre, con toccare il fondo del vaso, acciò non s’attacchino, perché è frutto humido assai, lasciando consumare due terzi della cottura, perché quando è mal cotto dura poco, e quando haverà buona cottura, durarà assai. Non è buono questo sapore per i malenconici.

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Pigliarai persa, basilico, petroscemolo a portione, oncia una di anisi, oncie due di pistacchi mondi, quattro fette di pane abbeverate in aceto rosato, e spremuto da quell’aceto, lo pestarai nel mortaro con l’antedette cose, aggiongendovi due oncie di zuccaro fino, stemprato con un poco d’aceto, e il sugo di due limoni, e farai un saporetto molto grato, e gustoso.

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Pigliarai una libra d’uva passa ben monda, lavata con vin bianco, pigliarai due oncie d’anisi ben mondati, pesti nel mortaro con noce moscata, vi aggiongerai l’uva passa, e pestato benissimo il tutto, lo stemprarai con un bicchiere di vin bianco dolce, ma prima spremerai nel vino succo di limone: stemprarai il sapore in questo modo, avertendo che si vuol la discretione del più, e del meno; e questo sarà esquisito per le vivande arosto.

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Pigliarai due libre di bacche di ginepro non troppo mature, lavandole in vin bianco, facendole stare infuse nel vino per lo spatio di quattro giorni, mutandoglielo due volte il giorno; pigliarai due libre di zuccaro, una libra, e meza vin bianco, per infondervi il zuccaro, e quando sarà chiarificato, vi metterai una libra, e meza di polpe di pomi appii, con dette polpe di bacche di ginepro, mettendo ogni cosa a bollire, e v’aggiongerai una libra d’uva passa ben levata, mescolando bene con la spadola, e quando saranno perfettamente cotte, le passarai per setaccio, che questo sarà un sapore buono per quelli ch’hanno lo stomaco indigesto: non lo farai di bacche schiette, accioché non sia troppo acuto.

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Pigliarai le bacche della mortella pestate nel mortaro, le cuocerai in malvasia, e di quella polpa che haverai passato per setaccio, o per vaso d’ottone trasforato minuto, per ogni quattro libre vi metterai tre libre di zuccaro ben chiarificato, cotto in acqua di fior di gelsomini, quando sarà a meza cottura, vi metterai una libra di polpa de pomi d’Adamo grattati, un’oncia di canella fina, un’oncia di garofani in polvere, e quando haverai fatto bollire il tutto nel zuccaro, vi metterai la polpa di mortella, dandogli fuoco lento, e sempre lo mischierai, quando sarà alla cottura, vedrai che farà certi gonfietti, o vessichette, e all’hora sarà a perfettione, e sarà di color nero assai. Volendogli dare odore di muschio, o ambra, potrai far quello che vorrai, ma per me dico, che sta bene così semplice, per l’odore di malvasia.

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Pigliarai quattro libre di brogne, le lavarai in vin bianco, facendole stare così per lo spatio d’un’hora, mettendole al fuoco in detto vino, e quando haveranno levato il bollore, le farai passare per un vaso trasforato d’ottone, cavata che haverai tutta la polpa, la porrai in una cazzetta ben polita con un bicchiere di malvasia, oncie dieciotto di zuccaro fino, mez’oncia di polvere di garofani, un’oncia di canella, e il tutto ben perfettionato alla cottura, lo passarai per setaccio, che questo sarà un sapore da servirsene per gli arosti di pesce.

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Pigliarai due libre di brugnoli freschi lavati in vino bianco dolce, e una libra, e meza di zuccaro chiarificato con dentro sei oncie d’acqua di cedro stillata in vetro, un’ottavo di mastice pesto, e il tutto metterai a bollire col zuccaro; quando il zuccaro sarà a mezza cottura di giuleppe, levalo dal fuoco, e lascialo raffreddare, e poi aggiungerai i brugnoli, canella un’oncia, oncie sei condito grattato. Tornandolo sopra fuoco di carbone, lo cuocerai a perfettione, come sopra, e cotto, lo passarai per setaccio, e di questo te ne servirai per gli antipasti, riponendolo in qualche vasetto capace.

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Del fiore di sambuco sfiorato ne pigliarai una libra, o più, o meno, secondo la quantità che ne vorrai fare, lo pestarai bene nel mortaro, pigliarai una libra di zuccaro fino, oncie nove di malvasia, oncie nove d’acqua rosa, per infondervi il zuccaro, il tutto farai bollire insieme, mescolandolo sempre, darai fuoco lento, e quando sarà cotto a perfettione, lo passarai per setaccio, e questo sarà buono per l’idropesia, e per quelli ch’hanno il fiato grosso.

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Pigliarai quattro libre di fraghe monde, e pulite con diligenza, le lavarai in vin bianco, pigliarai una libra, e meza di zuccaro in polvere, e una libra d’acqua per bollire detto zuccaro, in cui metterai una chiara d’ovo ben sbattuta, e dentro v’infonderai il zuccaro, facendola bollire a fuoco lento: avertirai, che la cazzetta sia ben netta, e quando vedrai, che farà gran quantità di schiuma, vi metterai goccie d’acqua fresca più volte, acciò il zuccaro venga più chiarificato, e quando vedrai tutto il zuccaro scoperto, e quella schiuma da una banda, lo passarai per stamegna, e poi metterai le fraghe nel zuccaro, e con una spadola andarai sempre meschiando, avertendo d’andar nel fondo, acciò non s’attachi; e quando vorrai sapere se è alla cottura, ne farai la prova sopra la carta, come di sopra, e all’hora lo passarai per setaccio, e lo servirai in tavola freddo. Sopra questo sapore non porrai altra cosa, perché è necessario il sentire quel suo natural odore, e gusto. Di questo ne farai poco, perché dura poco.

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Pigliarai quaranta melangole di mezano sapore, che habbiano polpa, e sugo assai, spremerai il loro sugo in un vaso di pietra, e vi metterai anco la polpa, ma ben mondata, pigliarai due libre, e meza di zuccaro chiarificato, due grani d’ambra, quattro libre di polpa di pomi appii, un’oncia di polvere di garofani, un’oncia di canella fina in polvere, metterai il tutto insieme a bollire; avertendo, che fra tutti li sapori, queste deve essere guardato, e custodito, mescolandolo nel fondo, perché è dubioso che s’abrugi, e attacchi, e quando sarà cotto a perfettione, lo passarai per setaccio. Questo sarà un sapore di durata, mentre haverà havuto buona cottura, e sarà suave al gusto; e buono per febrigitanti, e estingue la sete, e di questo se ne serve per beccafichi, ortolani, pernigoncelli, e arosti delicati.

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Pigliarai quattro libre di pere moscatelle non troppo mature, ben mondate, cavato loro il seme, e quel poco di durezza, che hanno dentro, pigliando una libra, e meza di zuccaro fino, oncie nove d’acqua rosa, oncie sei di vin bianco, il tutto metterai con le pere a bollire, avertendo che il fuoco sia di carboni. Volendo fare questi sapori, loro darai sempre fuoco lento, quando saranno a meza cottura, vedrai che incominciaranno a ristringersi, all’hora cominciarai a mescolare, sin tanto che saranno perfettamente cotte: questo sapore durarà tutto l’inverno, mentre sarà cotto bene; lo passarai per setaccio, e lo servirai freddo, polverizato di canella.

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Pigliarai persichi duraci, li mondarai sottilmente, ma che non siano troppo maturi, senza macola alcuna, e levato loro l’ossa, li tagliarai in pezzetti, e ne cavarai otto libre di polpa, e haverai cinque libre di zuccaro cotto in acqua rosa, ben chiarificato che sarà, gli infonderai dentro la polpa con un’oncia, e meza di canella in polvere, e lo tirarai perfettamente alla cottura, avertendo, che sia ben cotto, perché il frutto è assai humido, e cotto, ne farai la prova sopra la carta, che quando l’humido non passarà sarà cotto; questo non vuol altro aromato, perché è odoroso, e soave da se medesimo, lo riporrai in vaso ben coperto.

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Pigliarai dieci libre di visciole, cavando l’osso, e la gamba, facendo che il succo vada in un vaso di pietra, acciò non pigli odore cattivo: pigliarai cinque libre di zuccaro chiarificato, come sopra, passandolo per stamigna, e poi vi metterai a bollire dentro le visciole, a fuoco lento, e con la spadola meschiarai sempre, acciò non s’abbrugi al fondo, perché è facile, e quando vorrai far la prova se sarà cotto, ne metterai un poco sopra un tondo, toccandolo con un dito, e se sarà vischioso, e che s’attachi, all’hora sarà a perfettione cotto: questo sapore non va immascarato con ingrediente alcuno, perché da sé stesso è gustosissimo; e di questo ne potrai fare per tutta l’invernata.

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Pigliarai quattro foglie di menta romana, un poco d’erba brusca, petroscemolo, basilico, il tutto ben pesto nel mortaro, e vi aggiongerai sei oncie di narancio condito, sei oncie di seme di melone, due fette di pane abbeverate in malvasia, e spremute, due oncie di zuccaro, il tutto pestato insieme, lo stemperarai con aceto; e questo sarà un sapore per il tempo d’estate: se in cambio di malvasia vi metterai sugo di limone, riesce migliore.

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Si può mettere la spalla di vitello in diverse maniere, come sarebbe: stuffata con grasso di manzo, con bocconcini di pomi cotogni, brogne damaschine, aggiungendovi un poco di spetiarie diverse, e quando sarà vicino alla cottura, lo soffocarai con un poco d’aceto rosato, e doppo che sarà posta nel piatto, servirassi con fette di pane fritte in butiro. Si può fare detta spalla arosto, prima rifarla sopra la graticola, inlardarla minuta con angiove, poi polverizarla con sale, e polvere di mostaccioli, involgendola in una rete ben onta di butiro, mettendola nello spiedo, e cotta che sarà, ponerla nel piatto, servita col sugo, ch’haverà fatto nella leccarda, e naranci spremuti dentro.

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Piglia il finocchio ben mondato dalla sua scorza, e così intiero infondilo in acqua, havendo in pronto una pignatta con brodo grasso di cappone, avertendo che sia proportionata alla quantità del finocchio, il quale cotto in debita forma, levato dal fuoco, lo metterai in vaso di pietra, e sopra vi polverizarai zuccaro fino, spremendovi sugo di limone, il tutto in debita portione a giudicio: in tanto habbi in pronto un piatto con fette di pane fritte in butiro, polverizate con cascio parmegiano, e polvere di canella, e aggiongi sopra dette fette una piccata di petto di cappone, e sopra a questo il finocchio compartito a giudicio; indi metti nel brodo, ove haverà bollito il finocchio, un bicchiere di panna di latte, con questo liquore bagnarai la suppa, polverizata con formaggio, come sopra, e polvere di canella. Ornarai il piatto con occhi di vitello fritti in butiro: metti detta suppa, così ornata, sopra un tripiè con bragie sotto per lo spatio di mez’hora, servita calda.

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Quando i piselli sono teneri, sì che il loro grano non è buono ancora per farne minestra, delle loro tavelle se ne fanno suppe, levandogli la punta, e il gambolo. Se sarà giorno di grasso, bollirai dette tavelle in buon brodo di cappone, o di manzo, cotte che saranno, habbi preparato un piatto con fette di pane fritte in butiro, polverizate con cascio lodigiano grattato, e sopra il pane vi porrai le tavelle ben compartite, imbeverando la suppa di detto brodo, sopra servita con cascio, e pepe amaccato. Se poi sarà giorno di magro, le cucinarai nell’acqua con un poco di sale, quando saranno poco meno che cotte, levale fuori dall’acqua, in tanto sia al fuoco una padella con butiro, e un poco di polvere di noce moscata, e vi porrai dentro le tavelle, leggiermente agitandole; quindi saranno state un poco sopra fuoco lento, vi aggiongerai un poco di quell’acqua, ove haveranno bollito, tanta che sia sofficiente con gli altri ingredienti a bagnar la suppa: dipoi apparecchiato il pane fritto, come sopra, con diligenza vi compartirai sopra le tavelle, aggiongendo cascio parmegiano, e canella. Se vuoi fare detta suppa con oglio, avertirai, che sia di Genova, o di Toscana, e farai la medesima operatione, eccettuatene le fette di pane, quali bruscarai al fuoco, e bagnarai con latte di pignoli, perfettionato con zuccaro, e sugo di limoni, servita calda con pepe amaccato, e polvere di canella.

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Pigliarai sei libre d’armille mal mature, le mondarai, e levarai l’ossa, ponendole a cuocere nel zuccaro, e butiro, passandole per setaccio, aggiongendovi un poco di canella, lasciando raffreddare il pieno, vi metterai sei rossi d’ova ben mescolati, e battuti; farai un foglio di pasta marzapanata, e ontando bene la teglia, vi porrai sopra il suo foglio con la compositione, mettendola nel forno a fuoco lento, e sopra la servirai con un copertore fatto a cuppoletta dell’istessa pasta del foglio, servendola fredda con zuccaro sopra.

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Pigliarai quattro libre di ricotta grassa pesta nel mortaro spruzzata con acqua rosa muschiata, aggiongendovi dodici ova fresche, ott’oncie di zuccaro, mez’oncia di canella, pestandola sin tanto che diverrà gonfia, e a portione cresciuta, ontarai un tegame con butiro senza foglio, vi porrai la compositione, ma che sia ben onta, e la cucinarai nel forno a fuoco lento, e la servirai calda con zuccaro sopra, e havendo bianco mangiare ve ne potrai aggiongere, che sarà buono.

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Pigliarai una libra di pasta di marzapane, una libra di butiro fresco, sedeci rosso d’ova fresche indurate, e otto crude, pestarai il tutto nel mortaro, pestando tanto, che quella materia cresca, e si gonfi, aggiongendovi mez’oncia di canella, spruzzarai più volte con acqua di fior di cedro; quando conoscerai, che sia cresciuta, haverai preparato un foglio di pasta sfogliata in padella, mettendovi sopra la compositione, la coprirai con l’altro foglio, servita calda, con zuccaro sopra.

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Pigliarai meza libra di pomi d’Adamo, meza di cedro condito, meza di lattuca condita, meza di zuccaro condito, li piccarai minuti col coltello tutti insieme, aggiongendovi sei oncie di pistacchi, oncie quattro di fior di cedro condito trito, tre quarti di canella fina, mescolato il tutto bene, farai un foglio di pasta marzapanata, e onterai la padelletta, mettendovi dentro la compositione, cotta nel forno a fuoco lento, e servita fredda con zuccaro sopra.

Pagina 61

Pigliarai tre libre di formaggio, lo pestarai nel mortaro, avertendo che sia grasso assai, e vi aggiongerai una libra, e meza di ricotta grassa, una libra di pignoli, abbeverati in acqua rosa, e pesto ogni cosa insieme, v’aggiongerai una libra di capo di latte, dieci rossi d’ova, mez’oncia di canella, sei oncie di zuccaro, mescolato il tutto bene, farai un foglio di pasta fina, pigliarai la padelletta a portione, ontandola di butiro, vi metterai sopra il foglio, e poi la compositione, cucinandola nel forno, mettendola da quella banda dove sarà manco calore, servita calda, con un ghiaccio di zuccaro sopra.

Pagina 61

Pigliarai due libre di fraghe ben mondate, lavate nel latte, lasciandole ben asciugare, farai un foglio di pasta fina, e porrai le fraghe in un vaso di pietra, vi metterai sei oncie di butiro, polvere di mostaccioli, quattr’oncie di fior di gelsomini conditi, quattr’oncie di zuccaro fino, un’ottavo di canella, e con un cucchiaro d’argento mescolarai la detta compositione, ontando bene il tegame, le porrai il foglio, e poi la compositione, e sopra l’altro foglio, intagliato con qualche fogliame di capriccio, servita fredda con zuccaro.

Pagina 59

Pigliarai tre libre di polpa di nespole, una libra, e meza di pasta di marzapane pesta nel mortaro, aggiongendovi sei oncie di butiro, un poco di noce moscata, sei oncie di formaggio grattato, sei rossi d’ova, libra una di cedro condito, overo altro condito, pur che non sii pomo d’Adamo, perché riuscirebbe troppo acetosa, mescolarai detta compositione bene, farai un foglio di pasta sfogliata, e acciò habbia miglior odore, e sapore, vi metterai polvere di mostaccioli, ontando bene la padelletta, compartendo il foglio tra sotto, e sopra, li metterai il pieno, e la farai cuocere nel forno a fuoco lento, servita calda con zuccaro sopra.

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Pigliarai sei capponi ben pelati, e puliti, cotti in bianco, levato loro la pelle, la tagliarai minuta come tagliolini, vi metterai mez’oncia di canella fina, sei oncie di cedro condito grattato, sei oncie di pistacchi ammaccati, una libra di capo di latte, una libra di seme di melone stemprato, con una libra di capo di latte, sei rossi d’ova fresche, e del tutto farai una compositione incorporata insieme, e haverai fogli di pasta marzapanata, pigliarai una padella a portione ben onta di butiro, e li metterai dentro un foglio, e sopra vi vuotarai detta compositione, e sopra vi porrai l’altro foglio, facendoli qualche ornamento intorno, e la cucinarai nel forno a fuoco lento, e sopra un ghiaccio di zuccaro, servita calda.

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Pigliarai quattro libre di piselli teneri, rifatti che saranno, li pestarai nel mortaro, li passarai per setaccio, pigliarai oncie sei di condito, quattr’oncie di fior di cedro condito, e insieme vi metterai quella polpa di piselli passati per setaccio, aggiongendovi un quarto di canella fina, sei oncie di butiro fresco, sei rossi d’ova, cascio parmigiano una libra, panna di latte una libra, mescolarai il tutto insieme, facendo un foglio di pasta frolla, ontarai la padelletta proportionata con butiro, mettendovi il foglio, vi porrai sopra la preparata compositione, e la coprirai di sopra con un’altro foglio ben onto di butiro, e sia intagliato con vaghi fogliami; sia servita calda, con zuccaro sopra.

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Pigliarai quattro libre di pomi appii ben mondi, piccati minuti, li porrai al fuoco in un vaso di pietra con butiro, acciò si ammolliscano, o si malvino, con polvere di canella fina, sei oncie di zuccaro, sei oncie di pignoli ammaccati, li levarai subito dal fuoco, rifatti che siano, li lasciarai raffreddare, e poi pigliarai due scattole di cotognata piccata minuta col coltello, mescolando ogni cosa insieme, farai un foglio di pasta fina, ontandolo bene, e poi raddoppiandolo a portione della padella, avertendo che il butiro non sia troppo caldo, e metterai una di quelle pastelle nel tegame, e sopra la compositione, coprendo il tutto con l’altra pastella; e questa sarà una torta ottima per l’inverno, servendola calda.

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Pigliarai sei pomi cotogni non molto maturi, li cucinarai sotto le bragie, li scorzarai con diligenza, pigliando la sua polpa la pestarai nel mortaro, pigliarai ott’oncie di butiro, sei oncie di pasta di marzapane, tre quarti di canella, un’ottavo di pepe, un bicchiere di panna di latte, sei oncie di zuccaro, meza libra di cascio parmigiano, mescolarai il tutto insieme, e haverai due fogli di pasta sfogliata, pigliarai una padelletta a portione, sopra vi metterai il foglio, senza ongere di butiro la padella, vi porrai sopra la compositione, e sopra l’altro foglio con qualche ornamento sopra a capriccio, cotta in forno, servita calda con zuccaro sopra.

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Pigliarai quattro libre di cime di sparagi rifatte in brodo, e gettate in acqua fredda, acciò perdano quel suo odore, le piccarai minute, aggiongendovi una libra di cedro condito grattato, sei mostaccioli in polvere, meza libra di butiro, un’ottavo di canella, quattr’oncie di zuccaro, sei rossi d’ova, una libra di panna di latte, il tutto ben mescolato insieme, con un poco d’acqua rosa muschiata, facendo un foglio di pasta sfogliata, ontando la padella proportionata, vi metterai dentro il foglio, e sopra il pieno, coperto con l’altro foglio di pasta, servita calda con zuccaro.

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Pigliarai quattro libre di visciole, e le levarai l’ossa, spremendo il loro succo, perché troppo riuscirebbe morbida la torta, e facendo un foglio di pasta frolla, con butiro onterai bene la padelletta, polverizando il foglio con zuccaro, e canella, ponendogli le visciole sopra polverizate con zuccaro, e canella, ontate con un poco di butiro, la coprirai con l’altro foglio, ma che sia trasforato, non vi metterai altra compositione, perché in sé stessa è ottima, la servirai fredda con zuccaro.

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Pigliarai la polpa, e grasso di sei piccioni casalenghi grassi, piccandola minuta, poi la pestarai nel mortaro, aggiongendovi sei oncie di pomi d’Adamo, midolla, pasta di marzapane libra una, e meza, dieci oncie di butiro, un quarto di canella, quattr’oncie di zuccaro, sei rossi d’ova, spruzzando la compositione con malvasia, aggiongendovi una libra di fior di cedro condito, il tutto ben pesto insieme, farai un foglio di pasta marzapanata, ontando bene la padella, riempita con detto battuto, la coprirai con l’altro foglio, e l’agghiacciarai con un ghiaccio di zuccaro sopra, servita calda.

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Molti cuochi vi sono, che per ubbidire allo scalco, accommodano la trippa del vitello in diverse maniere, ma io dirò solo d’una minestra, e d’una vivanda. La trippa ben pulita, e nettata con sale, e fiore di farina, e benissimo lavata, si deve metter a lessare in una pignata di pietra, acciò resti candidissima, e quando haverà havuto meza cottura, levarla da quel vaso, e tagliarla in pezzetti, e poi metterla nel brodo grasso, e aggiungervi oncie sei di presciutto sfilato, un poco di lardo battuto, un poco d’erbette, un poco di mentuccia, e un poco di pepe, e fare una suppa con pane fritto in butiro, e porvi sopra la detta trippa, e questa sarà una suppa buonissima, servita con cascio parmegiano, e polvere di canella intorno il piatto. Pulita, e lavata, che sarà la trippa nel modo sodetto, piglia essa trippa piccata minuta, ponendola in brodo di cappone, aggiungendovi un poco di lardo battuto, un poco d’erbette, poi vi metterai oncie quattro di salame ben piccato, ma averti che sia salame di coppa, maritandola con cascio parmigiano, e ova fresche, che questa sarà una minestra molto gustosa; non volendo io discorrere di trippa arosto, o stuffato, né in pasticcio, poiché a me non sodisfanno.

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Piglia libre due di zuccaro fino, acqua di fiori di cedro una libra, acqua commune libre due, e oncie sei, uva spina ben mondata da fiori, e gamboli, il tutto poni sopra il fuoco in cazzetta, levando in tanto con cocchiaro d’argento la spuma; e se servir dovrassene nel termine di duoi mesi, le darai meza cottura, che così resta con sapor più acido, e più gustoso; ma volendo conservare più longo tempo, dalli cottura più longa: data la cottura proportionata, levala dal zuccaro, disponendola in vasi di maiolica; indi siegui la cottura del zuccaro sino al termine detto manus christi, e poi lo vuotarai ne’ detti vasi sopra l’uva spina. Questo condito vale a maraviglia per estinguere la sete. E buono alle febri, e a’ convalescenti, risveglia l’appetito.

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Gli aventani sono certi frutti, che si nudriscono negli orti, e ne fanno professione in specie i religiosi, come capuccini, osservanti, e simili. Quando sono a perfettione di servirsene, divengono di color pavonazzo, e lisci a guisa d’avolio: sono della grossezza d’un pomo in circa, di figura ovata. Piglia questi, e leva loro la scorza con esatta diligenza, e spaccandoli, leva loro il seme, poi divisi in pezzetti, infondili in acqua fresca, quale mutarai due, o tre volte, questo farai per levar loro l’amarezza naturale: levati dall’acqua, e asciutti, li porrai in una pignatta, o in un vaso a portione, con oglio, sale, e pepe, e li metterai a fuoco di carbone, mescolandoli spesse volte. Quando saranno cotti, piglia mandole ambrosine tre oncie per ogni libra d’aventani, bruscate sopra la pala, avertendo non s’abbrugino, e pestate in mortaro, aggiongi un poco di noce moscata, e un poco di zuccaro a giudicio, il tutto stemprato con sugo di melangole, lo metterai nel vaso, ove saranno gli aventani, quali finalmente vuotarai in piatti, e servirai caldi. Volendo condire con butiro questa vivanda, osserva come sopra, ma in vece di salsa di mandole, li condirai con formaggio piacentino, e canella sopra.

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Piglia il carcioffo tenero, lasciandogli mezo deto di longhezza del suo gambo, quale scorzato, e tagliate le punte delle foglie, spaccarai per mezo il carcioffo, spremerai sugo di limone nelle parti interne, ove sarà diviso, mettendolo così partito in vaso di pietra, e in questa guisa preparata la quantità sufficiente; fra tanto habbi in pronto una padella con butiro, un poco di polvere di garofani, e di noce moscata, porrai i carcioffi in detta padella, posta sopra fuoco lento, averti non s’accendi la fiamma nel butiro: quando saranno a perfetta cottura, per ogni dodici carcioffi piglia il rosso di sei ova fresche, stemperate con un poco di brodo, e sugo di limoni, e essendo giorno di magro, piglia vin bianco in vece di brodo, e il tutto vuotato in padella, ove saranno i carcioffi, la tornarai sopra il fuoco, scuotendola leggiermente con mano. Quando saranno a perfettione, li disporrai nel piatto, ornando l’ala con fette di pane fritte in butiro, tramezate con fette di lingua. Si possono fare tartuffolati con lardo battuto, erbette odorifere, sale, e pepe amaccato: alla graticola con oglio, o butiro. Invecchiati che siano, sono buoni i loro fondi fritti in oglio, o butiro, conditi con sale, pepe, e sugo di limoni.

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Piglia il cardo bianco (ne’ mesi di novembre, decembre, e genaio) e ben mondato, devi avertire ove levi la scorza di fregarli sopra naranci, o limoni spaccati, con polso gagliardo, che così nel medesimo tempo penetra il sugo nell’interiori parti delle foglie scorzate, quali doppo infonderai in acqua commune, che diverranno candidissime: s’usa questa diligenza, acciò non ripiglino il verde loro colore naturale. In tanto habbi preparata una cazza di acqua al fuoco, e nel maggior fervore del bollore, getta il cardo in detta acqua, prima tagliato in pezzetti, tirato a cottura quasi perfetta, levalo dall’acqua, e mettilo in altro vaso di pietra, e spremivi sopra sugo di limoni, aggiongendo sale, pepe, e polvere di canella; in questo mentre habbi apparecchiata una padella sopra il fuoco, con butiro, e un poco di polvere di noce moscata, e posto il cardo in detta padella, per ogni due libre raggiongi meza libra di pistacchi pesti in mortaro con due oncie di zuccaro, stemprati con sugo di limoni, dandogli la cottura a fuoco lento: perfettionato, lo disporrai nel piatto, servendolo caldo con zuccaro sopra, e polvere di canella. Se li vorrai tartuffolare con oglio, usa l’istessa diligenza, come sopra, levandogli la scorza, e c.: ma perché è cosa comune, non ne discorro d’avantaggio.

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Il cavolo fiore ha diversi bottoncini, o boccoli, come dicono i venetiani, quali benché siano tutti uniti nel piede, e anco nella parte superiore ammassati, e compressi, nulladimeno quella massa ristretta si divide in molte particelle. Piglia dunque quei bottoncini, e dividendoli ad uno ad uno, leva loro la scorza del gambolo, e mettili in acqua fresca, intanto habbi pronta una cazza d’acqua al fuoco, se sarà giorno di magro; e se sarà di grasso, in vece d’acqua sia brodo, e nel maggior fervore del bollire, gettavi dentro detti bottoncini, avertendo star vigilante nella cottura, perché si cuocono molto presto, e quando sono troppo cotti, sono poco stimati. Levati dall’acqua, o dal brodo, li metterai a sciugare, e asciutti, habbi una padella con butiro caldo, e un poco di noce moscata, e mettivi dentro detti cavoli fiori, ponendoli sopra il fuoco, scuotendoli con mano, sin tanto habbino pigliato il sapor del butiro; in questo mentre per ogni tre libre di cavoli fiori, piglia una libra di pistacchi ben mondi pestati nel mortaro, aggiongendo quattro rossi d’ova, stemprato il tutto con una tazza di brodo, e sugo di limoni a portione, poi questa compositione vuota nella padella ove sono i cavoli fiori, e habbi preparate in un piatto fette di pane fritto in butiro, e sopra vi porrai detti cavoli fiori con tutto quel sugo, che sarà nella padella. Questi cavoli fiori cotti, come sopra, si servono caldi. In insalata conditi con oglio, sugo di limoni, sale, e pepe. Cotti in brodo, ne potrai far suppe tramezate con sfilate di presciutto, e polpettine, servendoli con cascio parmigiano sopra, avertendo bagnar detta suppa con brodo grasso, spremendovi un poco di sugo di limoni, la renderai grata. Adornarai l’ala del piatto con fette di ricotte, o povine grasse fritte in butiro.

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Il cavolo torchiuto porta nella gamba non dissimile dagli altri cavoli, un nodo della grossezza d’un pomo, più, o meno, conforme alla grandezza del cavolo. Piglia quei nodi, e levata la loro scorza, tagliali in fette, come si tagliano le rape, gettali in acqua fresca, nella quale infusi, haverai al fuoco acqua che bolla, e se non sarà giorno proibito, sia brodo, nel quale rifatti, si ripongono in acqua fresca, dalla quale poi levati, e bene asciutti, haverai una pignatta ben vitriata con butiro caldo, nella quale porrai detti nodi in fette, e per ogni tre libre di torsi, habbi una libra di seme di zucca con la scorza, o meza libra senza scorza ben pesta, e stemprata con panna di latte, e in difetto di panna, con latte, il tutto passato per setaccio, lo porrai nel vaso ove sono detti torsi, o nodi, cotti che saranno, li porrai nel piatto con formaggio buono grattato, zuccaro, polvere di canella, e sugo di limone, serviti caldi.

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Benché ogni paese sia fertile di cipolle, nulla di meno la Romagna ne produce gran quantità di grossezza, e bontà straordinaria, bianche di colore, e di sapore che assai inchina al dolce; talché questa provincia non la cede ad altre nella produttione delle cipolle. Per farne dunque vivanda, piglia le cipolle cotte sotto le bragie, levali la seconda, e terza scorza; indi spaccate per mezo, l’infarinarai con fior di farina, e havendo allestita una padella con butiro caldo, vi porrai dentro dette cipolle spaccate, dando loro fuoco leggiero, rivolgendole da tutte le parti; cotte a portione, le levarai dalla padella, ponendole in un tegame di pietra, largo tanto in fondo, quanto sopra, in cui sia butiro fresco squagliato, e aggiongi polvere di garofani, e canella, con sale a portione: haverai sei oncie di pistacchi pesti in mortaro, sei oncie di garioli di noce, pelati nella forma, che dirò qui appresso, e oncie tre di zuccaro, il tutto stemprato con panna di latte, e un poco d’acqua rosa: pesta questa compositione, e stemprata, la vuotarai ove saranno le cipolle, quali porrai a fuoco lento di carbone, e col detto latte ristrette, le disporrai in piatto ornato con fette di pane fritto in butiro, tramezate con ova ripiene spaccate. Volendo pelare i garioli di noce in tempo d’inverno, o d’altro tempo, quando sono asciutte, e secche; prendi le noci, e con coltello aprile dalla parte inferiore destramente, di modo che stiano unite dall’altra parte, dipoi l’infonderai in acqua commune, quale mutarai ogni giorno, e in fine del terzo giorno farai la prova se si leva la pellicola de’ garigli, quale non potendosi levare, di novi l’infonderai, sin tanto, che si possi levare detta pellicola nell’istessa maniera, che si fa, quando le noci che sono fresche nel fine di luglio, e principio d’agosto.

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Piglia rape grosse cotte sotto le bragie, e mondate dalla loro scorza, le tagliarai in pezzetti quadrati, in tanto vi sia padella con butiro caldo al fuoco, dentro la quale le gettarai con sale a portione, polvere di garofani, e pepe amaccato. Poi tornata la padella sopra il fuoco, rivolgerai molte volte con destrezza di mano le predette rape con suoi ingredienti, e quando haveranno pigliato il sapor del butiro, e la cottura a giudicio, le porrai in pignatta di pietra vitriata, aggiongendovi una piccata di fiori di cedro conditi d’oncie sei per ogni due libre di rape, e raggiongendo un bicchiere di panna di latte, torna detta pignatta in le bragie a fuoco lento. Le servirai calde, ornando l’ala del piatto con formaggio piacentino, e polvere di canella; dovendo servire detta vivanda per gran personaggi potrai tramezarle con pasta di Genova, gentilmente tagliata in fette.

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Queste rapebiete portano seco le qualità della loro madre; cioè, benché lavate, e pulite, rendono sempre l’odor terreo nativo. Le cuocerai in acqua schietta sin tanto siano a meza cottura passate, avertendo farle longamente bollire, levate dall’acqua, raffreddate, con diligenza scorzate, tagliate in fette, o quadretti, poste in vaso di pietra vitriato, che possa resistere al fuoco; per ogni tre libre vi porrai sei oncie di lardo battuto, butiro, e sale a portione, aggiongendo una libra, e meza di cervellati di Milano, e in difetto di cervellati, salsiccia di Modena, o d’altro luogo, pur che sia buona: porrai il tutto sopra fuoco lento, levando la pignatta con mano leggiermente, la scuoterai, sì che si vada rivolgendo il tutto, e pigli il gusto de’ cervellati, o salciccia: quando sarà vicino alla cottura, vi aggiongerai un bicchiere di panna di latte con sugo di limone: perfettionata la vivanda, la vuotarai in un piatto, ornandolo con cascio, e polvere di canella, e la servirai calda.

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Piglia li silari mondati diligentemente dalle foglie, e fusti verdi, che restino della longhezza di mezo palmo, quella parte cioè, che è più interna, e vicina al piede; indi gettati in acqua fresca, e lavati, sia pronta una cazza con brodo magro sopra il fuoco: quando sarà nel fervore del bollire, gettavi dentro detti silari, lasciali bollire sino a meza cottura, dipoi levati da quella, li metterai in vaso asciutto, spremendovi sopra sugo di limoni, aggiongendo pepe amaccato; habbi in tanto preparata al fuoco padella con butiro. E perché i silari, come molt’altre cose, si danno a numero, non a misura, o a peso, e stante, che ve ne sono de piccioli, e de grandi, di modo che in alcuni luoghi i mezani saranno più grandi, che i grandi altrove; e altri luoghi li producono così piccioli, che i maggiori saranno più piccioli, che non sono i mezani d’altri luoghi, sì che a giudicio bisogna pigliare quella quantità, che sarà di peso proportionato agli ingredienti, che qui assegno. Per ogni due libre de silari, dunque, preparati, come sopra: e posta in padella a fuoco lento una piccata di ventresca di porco, o panzetta, come dir vogliamo, questa cucinarai leggiermente, e quando sarà vicino alla cottura, all’hora aggiongi i detti silari, poscia sbatterai a parte in cazzetta sei rossi d’ova fresche, con sugo di limone, due oncie di zuccaro fino, sei oncie di cappari di Genova in aceto, levando loro il gambolo, tre oncie di pignoli amaccati, e il tutto getta in detta padella, messa prima sopra fuoco mite, quando vedrai questo composto astretto, come latte cagliato, habbi in pronto un piatto con fette di pane, sopra le quali siano prima spremuti, e stropicciati spighi d’aglio, e poi fritte in butiro, indi vuotarai sopra dette fette i predetti filati col loro sugo, ornando il piatto di cascio parmigiano grattato, e polvere di canella. Questa è vivanda gratiosa, e delicata, la servirai calda.

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Habbi spinaci scielti, e mondi, ben bene lavandoli, e essendo erba assai terrea, li lavarai tre, o quattro volte, rifatti in padella, avertendo che stiano nel contenuto d’essa, acciò non ardano, poiché così non riuscirebbero buoni, anzi più tosto farai in due volte quello, che potresti in una sol volta far male; fra tanto sia in pronto un’altra padella con oglio buono, e una piccata di tarantello grasso, a cui sia stato levato il sale, e oncie sei garigli di noce piccati col coltello, e prima pelati (fra poco insegnarò il modo di pelare detti garigli quando sono secchi) per ogni tre libre di spinaci verdi, detta piccata farai d’una libra, e poi in questa padella vuotarai detti spinaci con sale a portione, havendo riguardo, che il tarantello sempre porta seco sapor di sale; aggiongi polvere di garofani, pepe amaccato, uva passa ben lavata oncie tre, pignoli amaccati oncie tre; poni il tutto a fuoco lento, misciando, acciò s’incorpori bene, e cotti li disporrai in piatto con sugo sopra di naranci, servendoli caldi.

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Riescono gustose le zampe del vitello ben pelate, e nette con tutta politia, mettendole a cuocere in brodo grasso, aggiungendovi un cervellato di Milano, overo un poco di salciccia odorifera, tagliandovi poi una suppa con pane, tramezando il pane con fette di formaggio tenero, polverizato con formaggio grattato, mescolato con canella, e poi levate le zampe fuori del brodo, ponendole sopra il pane tagliato, ammollando la suppa con detto brodo, regalato poi con quel cervellato, overo salciccia, servendola con formaggio grattato, col farla bollire per un’ottavo d’hora. Le zampe possono servire per insalata, tramezate con capparini, fette di limoncello, e altre sorte di cose, conforme la commodità. Si possono le zampe accommodare, ben polite, facendole cuocere in buon brodo, e cotte spaccandole per mezo, infarinandole, e friggerle nella padella con strutto, e poi si deve pestare nel mortaro un poco d’aglio, un poco di noce moscata, un quarto d’anisi, un poco di basilicò, due oncie di polvere di zuccaro, stemperando ogni cosa con aceto rosato, avertendo che sia poco più di mezzo bicchiere, e quando saranno fritte, levarai via il dileguato dalla padella, buttandovi dentro quella salsetta, ch’haverai fatta nel mortaro, dandoli un poco di fuoco lento, tanto che si possa pensare habbia pigliato il gusto, mettendole nel piatto ben coperto. La salsa, che di sopra ho detto, si può fare in un’altra maniera. Piglia oncie sei di mostarda fina, aggiungendovi un’ottavo di bicchiere di malvasia, e un poco d’aceto, aromatizato con garofani, o canella; e di questa te ne servirai, come sopra.

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Piglia il zuccolo, mondato dalla sua scorza, tagliato in fette, macerato, e ammollito con sale, resa che haverà l’humidità, disponendo dette fette una sopra l’altra, metterai un peso, acciò bene si sprema l’humido, e diligentemente infarinate con fior di farina, porrai dette fette in padella approntata con butiro gettato; cotte, e levate dalla padella, vi farai l’infrascritta salsa. Piglia un poco di basilico, una foglia, o due d’erba amara, un poco di seme di finocchio, tutto ben pesto nel mortaro, e per ogni libra di zuccolo, piglia quattr’oncie di formaggio tenero, e ben pesto nel mortaro, ove saranno gli altri ingredienti, poi stemprato con sugo d’agresta, qual sugo se sarà stemperato prima con acqua, non aggiongerai altro, ma caso non sia stemprato, aggiongi due oncie di zuccaro con quattro rossi d’ova fresche ben sbattute, posto il tutto in cazzetta messa sopra il fuoco con oncie tre di butiro, meschiando in tanto con cocchiaro di legno, e quando scorgerai, che piglia cottura di brodetto, all’hora cuopri la vivanda con questa salsa, e la servirai fredda con polvere di canella. Se dette zucche si doveranno friggere in oglio, farai la salsa in questa guisa. In vece di formaggio vi porrai molliche di pane insuppate in agresta con le solite erbe odorifere, e in cambio di rossi d’ova, vi porrai latte di mandole con simile cottura. Ma quando le zucche saranno più mature, si possono tagliare in guisa di lardoni. Si possono anco riempire, come s’è detto di sopra. Se ne può fare casse da pasticci; e in fine se ne può fare tanta diversità di vivande, che formi una mensa intiera.

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Cervella del vitello

Delle cervella è l’ordinario metterle nell’acqua calda alquanto, e ben levare quella pelle sottile, che hanno intorno, farle rifare, e poi tagliarle in fette, e per ogni paro di cervella, pigliar due ova, cascio grattato, un poco di farina, un poco di sale, canella pesta, battendo tutto insieme, ne formarai colla, avertendo, che non sia troppo fissa, e havendo la padella a fuoco con butiro ben caldo, e poi bagnare le dette fette di cervella nella colla, mettendole subito nella padella, e cotte a fuoco, saranno servite con zuccaro sopra.

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Per fare le frittelline di cervella, pigliarai le cervella ben curate, come sopra, le piccarai minute, e poste dentro una cazzetta, vi metterai tre ova fresche; formaggio grattato, oncie quattro; condito, oncie quattro; polvere di mostaccioli, oncie due; canella, una dramma; un poco di sale, mezo bicchiere di panna di latte, e oncie tre di farina: mescolarai ogni cosa insieme, havendo la padella al fuoco con butiro ben caldo, con un cucchiaro andarai mettendo lette frittelline, dando loro cottura a fuoco lento, e siano servite calde con zuccaro sopra.

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Devi pigliar le cervella ben rifatte, tagliarle in bocconcini, e poi imburrachiate, friggerle in butiro; avertendo però che, che i bocconcini non si tocchino insieme; cotte che saranno, le metterai in una pignatta con un poco d’erbette battute, un poco di brodo di cappone, aggiungendovi un bicchiere di panna di latte, e ristringendola con un brodetto fatto con sei rossi d’ova freschi, e sugo di limoni, e questa sarà un’ottima minestra.

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Lingua del vitello

Si deve pigliar la lingua ben pelata, e poi bastonarla, inlardarla minuta, e metterla in un vaso con butiro fresco, e quando sarà ben sottestata aggiungervi un poco di pepe, garofani, e mastice, e poi quando sarà vicino alla cottura, mettervi mezo bicchiere di malvasia, un poco di tartuffole, oncie tre di condito, e un poco di polvere di mostaccioli, e posta che sarà nel piatto, tempestarla di cinamomo.

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Alla lingua ben pelata, e polita, si deve dare meza cottura a lesso, avvertendo che non si cuoca troppo; poi cavarla fuori del brodo, fin che sia fredda, a segno che si possa maneggiare, e poi con un coltello incominciare dal capo grosso a suodarla a poco, a poco con ogni diligenza, acciò non si rompa, o trafori la lingua, e estratta la polpa, questa si deve piccare minuta, e poi aggiungervi un poco di midolla, tartuffole, un poco di pomo d’Adamo, quattro pistacchi, un poco di diverse spetiarie, sale, e due rossi d’ova, e di questa compositione si riempe la lingua, e poi si pone in un vaso, con sei oncie di lardo battuto, aggiungendole brodo sufficiente, con un paro di latticini di vitello, tagliati in bocconcini, e una libra di punte di sparagi, quattro fondi di carcioffi, e un poco d’uva spina, astringendola con un brodetto d’ova fresche.

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Pelata la lingua, rifatta, e ben battuta con un bastone, devi involgerla in polvere di mostaccioli, con polvere di garofani, poi tagliare una fetta di lardo, tanto che vi si possa involgere dentro la detta lingua, e detta fetta di lardo lavata in acqua rosa, polverizata con polvere di Cipro, e involta la lingua in detto lardo, con un poco di sale, il tutto infascia in foglio di carta reale, ben ontata di butiro, posta nello spiedo, legata bene da tutti i capi, lasciandola cuocere a fuoco lento, e quando sarà cotta, la servirai di sopra con una salsa di pomo granato.

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Porco selvatico, o cingiale

Piglia libre dodici di polpa della coscia, lavata bene in malvasia, messa in soppressa in pezze bianche con peso sopra, acciò mandi fuora l’humidità; piglia libre sei grasso di porco domestico, e peste insieme dette carni; pigli un’oncia mastice pistato, oncie due pepe intiero, oncie due canella, mez’oncia di brocche di garofani ammaccate nel mortaro, e ben pistata la carne, e il grasso, vi metterai detti aromati con sale ben pesto oncie cinque, e meza, il tutto ben incorporato insieme, spruzzandola con nuova malvasia; stato in adobbo il tutto in vaso di pietra per dodici hore, e doppo le solite budella ben curate, e pulite, l’empirai di detta compositione, e se in mezo vi vorrai investiture di coppa, o d’orecchie di detto animale, ne farai a tuo piacere, prima state in adobbo, come sopra.

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Sia il cingiale, o porco selvatico ferito da’ cacciatori, che così riesce più frollo, che pigliato in altra maniera. La carne di questo animale molto viene da gran signori apprezzata; di questo se ne fanno varie vivande.

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Testa del vitello

La testa del vitello ben pelata, e ben pulita, posta in una salvietta, cotta in bianco, regalata con fior di boragine, fette di limoncello, polverizata con sale bianco, intorno all’orlo del piatto una piccata di chiara d’ova, e erbe odorifere.

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Ben pelata che sarà la testa, e ben curata dentro della bocca, la metterai in un vaso a portione di detta testa, le metterai libre due di presciutto, libra una di ventresca di porco, code due di castrato, e anco le metterai un poco d’erba brusca, e altre erbe odorifere, quando sarà vicino alla cottura, vi buttarai tanti piselli, quanto fa bisogno per il piatto; vero è, che a fare questa vivanda, vuol essere un piatto sforzato; aggiongerai in detto vaso un piumazzolo con stecchi di canella, e brocchi di garofani, e dato che havrà l’odore, si potrà levare detto piumazzolo, accioché il brodo non resti oscuro, aggiungendovi una tazza d’uva spina a porzione: e di tutto questo ne formarai un piatto; avertendo però di tagliargli fette di pane sotto, e ben compartito quel presciutto sfillato con quelle code, e ventresca, adornando il piatto con formaggio lodegiano, e canella, regalato con sparagi fritti in butiro.

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Devi pigliar la testa ben pulita, e darli mezza cottura in malvasia, e poi levarla da quel brodo, e metterla in un’altro vaso, con una libra di butiro fresco, oncie sei di midolla di bue, una noce moscata pestata, un quarto di garofano intiero, un poco di canella, e sale a giudicio; e poi aggiungerai tartuffole, e brugne di Marsilia, pistacchi mondi, code di gambari, condito grattato oncie sei, polvere di mostaccioli oncie quattro, e sugo di limoni; ponendo la testa in piatto sforzato, l’adornarai con tutta quella dosa, e regalarai il piatto con zampetti marinati di vitello, tramezzati con carcioffi fritti in butiro, servita calda.

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Molti cuochi vi sono per fare una testa senz’osso, che la fanno involgere in canavaccio, e poi con un bastone li fanno rompere l’ossa, e molti ve ne sono, che lo fanno fare alli garzoni, e loro comandano, che non rompano la pelle, e a me pare impossibile, che prima non si rompa la pelle, e poi l’osso. Onde a mio giudicio direi, doversi pigliar la testa ben polita, e metterla sopra un canavaccio bianco, e con un coltello, che tagli bene in ponta, scorticarla da quella parte dove è troncata, roversciando la pelle verso il muso, e quando s’arriva appresso il muso con la pelle roversciata, troncar tutte l’ossa dure della detta testa, avertendo di lasciare tutto il muso intiero, e dipoi spezzare il cranio, levarle le cervella, e cavar gli occhi con le grasselle, per poterli ritornare al loro luogo: e cavarle la lingua, e poi empirla con questi condimenti. Pigliarete due libre di polpa di vitello, ben battuta, oncie sei di lardo, avertendo che non sii rancido; erbe odorifere, cioè, mentuccia, maggiorana, serpollo, e altre erbette diverse, tutte ben battute insieme, cascio parmigiano, oncie tre di midolla di bue, libra una di ricotta fresca, libra una di pasta di marzapane, libra una di cedro condito, oncie sei pignoli, oncie tre uva passa, quarti tre canella pista, oncia meza di garofani pesti, un poco di pepe, noce moscata, e sale a discrettione; e poi si pigliano le cervella pelate, e rifatte, si tornano al suo luogo naturale, si piglia ova fresche quattro, tutto rotto incorporato insieme, e poi si piglia la pelle della detta testa, e si riempe con detta compositione, avertendo però di ritornare gli occhi al proprio luogo, e poi involta in salvietta, si cucina in brodo buono, facendovi sotto una suppa, fatta di fette di pane fritte in butiro, e bagnato con latte di pistacchi, panna di latte, e sugo di limoni, e adornato il piatto con fette di sopressata, e fette di pane indorato, avertendo d’inlardare la lingua di detta testa minutamente, e imbroccarla con stecchi di garofani, cotta arosto, e poi spaccata, metterla avanti la bocca di detta testa.

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La tavola sarà apparecchiata in una sala capace, con tovaglia sottilissima, stuccata per mano di valente credentiere, e le posate di simile piegature. Da capo della tavola s’ergerà un trionfo fatto di zuccaro, quale sarà la caduta di Fetonte. Dall’altro canto, il carro trionfale di Cesare, quando entrò in Roma vincitore doppo haver superato Marc’Antonio. Nel mezo il Colosso di Rodi fatto di sottilissime piegature, e che vi passi sotto una nave fatta di condito, e questo sarà tramezato con duoi aquiloni fatti di gelo di color d’ambra, e rinforzate con statue fatte di zuccaro, che saranno le quattro stagioni. Primo servitio di credenza Gelatina in basso rilievo di colore, e odore d’ambra, con una statua, che sembri un’ortolana, che porti in testa una canestrella fatta di zuccaro piena di biscottini fatta alla savoiarda. Pasticci freddi fatti in forma d’aquila, con dentro fagiani lardati gentilmente, e con le sue dosi di speciarie.Capponi salpamentati, coperti con tagliolini di zuccaro, profumati con muschio, e ambra, polverizati con polvere di mostaccioli, e ornato il piatto con fogliami di pasta di Genova. Gallo di monte arosto, e riportarai la testa, l’ali, e la coda, e sopra un sapore fatto di pomi granati, tramezato con biscotti di zuccaro, e ornato il piatto con foglie di mortella. Salame spaccato servito in cassetta di pasta traforata, regalato con salame fiorentino, e per ornamento foglie di lauro indorato, tramezate con morcelletti di Napoli. Quattro sirene di pasta di marzapane, che sostentino con le code ritorte una stella, e ad ogni ponta di stella vi sia una starna lardata minuta cotta allo spiedo, e sopra un sapore fatto con fegatelli di cappone, capo di latte, noce moscata, quattr’oncie di mostaccioli pesti, stemprato con malvasia, e gettato sopra le starne, adornate con fette di cedro lavorate, tramezate con pere condite. Le sirene le porrai nel piatto con spuma di mare fatta con chiara d’ova, e smaltino, e tra una sirena, e l’altra, vi sia un pesce, che scherzi fra quelle spume. Un gran tortiglione in guisa di serpente, fatto di pasta finissima, empito di condito grattato, pomi appii, pasta di marzapane, e altri condimenti, tutto il suo dorso trapunto con pistacchi, e pignoli confetti, e il piatto coperto d’erbettina verde fatta di zuccaro compartita con leggiadria.   Primo servitio di cucina Minestra fatta di petto di fagiano, ristretta con un brodetto di pistacchi, rossi d’ova, e sugo di limoni, sotto detta minestra biscottini alla savoiarda. Tomacelle fatte di fegatelli di capponi, tramezate con lingue di vitello lardate minute, sottestate con butiro, servite con salsa di limone, ornato il piatto con pasticcetti piccioli alla genovese, tramezati con ortolani arosto, regalati con fette di pane coperte di rognonata di vitello, e sopra l’ala del piatto limoni, e naranci spaccati, il tutto servito caldo. Una suppa reale fatta con piccioncini sotto banca, pulcini piccioli empiti tra carne, e pelle. La suppa sarà di fette di pan di Spagna, tramezata con pezzetti di persicata, e fette di cascio fresco di vacca; i pulcini saranno sottestati con butiro, tramezati con piccioni, regalati con bocconi di latticini, brugnoli, tartuffole, e fegatelli di capponi; la suppa sarà bagnata con panna di latte, brodo grasso di cappone, e vi spremerai sopra il sugo di quattro limoni, e sarà tempestata di pistacchi, e fette di cedro condito. Un petto di vitello cotto in latte, con sei capponi adornarai il piatto, e li tramezarai con cassette di pasta tirata in banda, piene d’una salsa fatta d’erbette odorifere, e tramezarai le cassette con pagnottelle piene alla romana con petto di cappone, midolla, condito grattato, rossi d’ova, fegatelli di capponi, tartuffole, cavoli fiori, e altro. Un coscetto di cingiale ben battuto, insprocato di garofani, canella, e mastice, lo stuffarai in butiro, e sarà regalato con tordi stuffati in malvasia, butiro, e varii ingredienti, e li tramezarai con pere garavelle piene di lattecini, midolla, pistacchi, e pignoli amaccati, e polvere di mostaccioli: le sottestarai nel forno, polverizate sopra con canella, e ornarai l’ala del piatto con un rabesco fatto di pasta fina, tirata in banda, empito di gelo di cotogno.   Secondo servitio di cucina Un pasticcio brodoso tirato in forma del piedestallo della statua, che è nel Campidoglio di Roma, o d’altro simile a piacere, col cavallo in cima, fatto al naturale di pasta di marzapane, e empito di polpa di vitello, piccioni smembrati, quaglie, midolla, butiro fresco, lattecini, polpette picciole alla francese, brugnoli, cavoli fiori, pistacchi, ortolani, e altro, servito caldo, e ornarai il piatto con alcune statuine di zuccaro, sostentanti l’imprese de’ convitati con le mani. Un piatto con quattr’aquile, che sostentino un lavor di pasta tirata in banda, fatta con vaghi fogliami pieni di concupitoni, fatti di petto di gallo d’India, lardati minuti, e havendovi data meza cottura, li soffocarai in un vaso di pietra con mastice, garofani, midolla, e un poco di malvasia, tramezate con lingue di vitello ripiene con l’istessa loro carne, e tra un’aquila, e l’altra, fiori di pasta di marzapane fatti al naturale, e in cima un lavoriero di pasta, che sostenta quell’aquila, e sopra un copertore di sottilissimo intaglio. Un piatto di lepre sfilata, soffocata in butiro, zuccaro, polvere di garofani, e canella, sugo di limone, e ornata con cipolle ripiene, tramezate con lomboli di lepre minutamente lardati, e con pasticcetti ovati, fatti di pasta di marzapane, empiti con midolla, rossi d’ova, tartuffole, pistacchi, e zuccaro, tramezati con fette di limone, e una piccata intorno all’orlo del piatto di cedro condito. Un piatto con una punta di schiena di vitello in brodo lardiero, regalata con bragiolette di vitello, che siano state in adobbo con la dose ordinaria in aceto rosato, tramezate con polpette involte alla romana, con fette di pane fritto dorato, tramezati con carcioffi fritti in butiro, spaccati, e regalati d’intorno con cavoli fiori fritti in butiro, con fettoline di presciutto grasso, con sugo di limone: e sopra l’ala del piatto un rabesco fatto di pasta fina con varii uccelli, che scherzano su rami di diversi frutti. Terzo servitio di cucina Fagiani arosto lardati minutamente, serviti con salsa reale, e su l’ala un festone di pasta di marzapane, con varii fiori, e frutti. Quaglie arosto abbardate, servite con crostata di polvere di mostaccioli, e zuccaro, tramezate con offellette piene di bianco mangiare, regalate con fogliami di pasta sfogliata. Servirai ciascheduno de’ convitati con un tondino di sapore di bacche di ginepro. Lonze di vitello lardate sottilmente; servite con salsa d’angiove consumate in butiro, con cappari, mastice, e sugo di limone, ornato il piatto con pasticcetti fatti di pasta todesca, pieni di gielo di cotogno, tarmezati con fogliami di pasta di Genova, ornata l’ala del piatto con cannelloni confetti, e fette di limone. Tortore avolte in carta cotte allo spiedo, regalate con pasta siringata fatta in groppi, tramezati con naranci spaccati, fette di cedro condito, e sopra cannoncini pieni di ginestrata, e tempestato il piatto di cinamomo. Pasticcetti alla spagnuola fatti in vaga forma, pieni di petto di starne, bocconcini d’animelle, e di cervella, midolla, e altro, serviti con zuccaro. Capriolo intiero messo in una cassetta di pasta, fatta con molti, e vaghi lavori, con cacciatori fatti di pasta di marzapane, e cani dell’istesso, con le loro armi, in atto di ferire il capriolo, servito sopra con salsa reale. Gallinacci teneri, lardati gentilmente con fogliami di pasta fritta, regalati con corone fatte di cedro, ornati con naranci spaccati, serviti con fiori di cotognata intagliata con punta di coltello, e sopra una salsa reale. Secondo servitio di credenza torte di conditi marzapanate, impillottate, overo trapunte, o insproccate con cannelloni confetti. Latte miele. ricotte grasse. Formaggio lodigiano. Butiro passato per stringa. Bozzolani, o ciambellette ripiene. Finocchio accardato di Bologna. Uva fresca di Bologna. Olivoni di Spagna. Marzolini regalati con provature di Roma. Marroni serviti con zuccaro. Suppe di brugnoli. Ostriche. Tartuffole. Pere bergamotte. Granceole. Terzo servitio di credenza Levate che saranno le frutta, nel mezo della tavola s’erga un trionfo, fatto di zuccaro a guisa d’un monte, nella sommità di cui veggasi Orlando quando partito dalla famosa rotta di Roncisvalle, doppo ch’hebbe sonato il tremendo corno per invitar Carlo Magno ad assisterle in quell’estremo bisogno, né vedendolo comparire, né altri de’ suoi al necessario soccorso, disperato, tutte le sue forze raccogliendo, con la sua spada diede un colpo così gagliardo, che divise una vastissima pietra in due parti. S’ha da vedere la gran pietra divisa, la Dorlindana impugnata, e il corno a’ piedi. Dai capi poi della tavola s’inalzino due statue fatte di marzapane, la prima delle quali rappresenti la Vigilanza, vestita di bianco, con un gallo a’ piedi, e una lucerna in mano: s’adopra la lucerna, acciò le tenebre non ci siano d’impedimento all’attioni lodevoli. L’altra figuri l’Inganno, vestito d’oro, e dal mezo in giù terminaranno le sue gambe in due code di serpente. Haverà da canto una pantera, che tiene il capo ascosto tra le gambe, per allettare con la bellezza della pelle, l’altre fiere, quali avvicinate, sono da lei divorate. Vi farai li loro intrecci con Bacili di confettura bianca. Bacili di cedro condito. Bacili di persicata. Bacili di pasta di Genova. Bacili di pistacchi. Bacili di brugne di Marsiglia, regalati con gelo di cotogno. Bacili di torrone. Bacili di lattuca condita. Bacili di pistachea, tirata in diverse forme.

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La tavola sia ben apparecchiata nel più ricco modo, che sia possibile, con tovaglie doppie lavorate di sottilissime piegature: le credenze, e bottigliarie ricchissime di vasi d’oro, argento, o porcellane, conforme al gusto, e sopra un capo della tavola vi sia un trionfo, che rappresenti il palazzo di Plutone. Dall’altro capo il palazzo di Proserpina col serpe ai piedi, in atto amendui d’uscir dalle loro reggie; e Plutone col suo cane Cerbero, e un tridente in mano. Nel mezo della tavola un giardino di zuccaro, con le porte fatte di cedro condito, e una fonte nel mezo fatta dell’istesso con buon disegno, e varie figure, tramezate con duoi monti fatti di gelatina di color verde, con varie fiere, e cacciatori sopra quei monti, che saranno tramezati con vasi di naranci fatti di condito. Primo servitio di credenza Pasticci freddi in arma, con dentro l’imprese de’ convitati. Quattro draghi in un piatto, sostentando sul dorso una cassetta di pasta fatta in quadrangolo, che dentro vi siino otto gallinacci giovani col loro volo naturale, e il capo di ciascuno pendente giù dalla cassetta fra un dragone, e l’altro, tutti lardati di condito, e sopra un sapore di naranci, serviti con foglie di lauro, e in mezzo alla cassetta un’idra di sette teste, che scherzino ciascuna con uno di quei gallinacci. Meloni di varie sorti, serviti con ghiaccio sotto. Capo di latte, servito sopra con zuccaro. Capponi cotti in bianco in malvasia, insproccati, o trapunti tutti in petto di pistacchi mondi, serviti con una suppa sotto, e sopra, con cantucci di Pisa, abbeverati in malvasia, serviti con zuccaro sopra, e il piatto tempestato con una piccata di cedro condito, e quattro puttini intorno all’ala del piatto, fatti di pasta di marzapane, che con le mani loro sostentino una canestra di pasta trasforata piena di varii frutti conditi, e il piatto servito con mortella indorata, e uccelletti di detta pasta, che scherzino fra quei frutti. Torta di gelo di cotogno messa a oro, e sopra un copertore sostentato da quattro aquile fatte di zuccaro, o altri animali più proportionati. Bianco mangiare in figura di basso rilievo, ornato con fiori di gelsomini di Catalogna, con altri fiori intorno all’orlo del piatto. Un presciutto grande cotto in vino con garofani, e canella, e messo nel piatto con erbe odorifere, con la ponta del coltello vi farai molti buchi cavando parte della sua polpa, qual cavata la sfilarai minuta, e la ritornarai nelli suoi luoghi, riempiendo quei buchi, e sopra l’ala del piatto formarai una pergola d’altezza d’un braccio, e havendo sei basi indorate, vi porrai sei fili di rame accommodati a guisa d’arco, giongendoli l’uno all’altro, infilciando in quegli archi di rame pistacchi mondi, tanto che siano pieni, e poi da un ramo all’altro vi tenderai cordoncini fatti di pasta di zuccaro, tirandoli in foggia degli andamenti, che fa una vite, e farai le foglie di zuccaro, e il grappo dell’uva lo farai in questa forma. Pigliarai zuccaro tirato stretto con la cottura, e con questo zuccaro attaccarai pistacchi, e li farai in forma d’un grappo d’uva, e sopra la pergola vi farai uccelletti di pasta di detto zuccaro, che stiino con le zampe loro attaccati alla pergola, e col becco paia, che voglino beccare quel presciutto. Lingue salate di borlino, (che altro non è, che un manzetto di meza età) cotte in vino, spaccate, e ornate con salame di Fiorenza con verdura, e intorno al piatto una corona reale di pasta ingemmata di condito. Primo servitio di cucina Minestra di granelli di pollastri lavati, e puliti, mettendoli a bollire in poco brodo di cappone, aggiongendovi sei oncie di pistacchi mondi amaccati, meza libra di capo di latte, quattr’oncie di seme di melone ben pesto, sei rossi d’ova fresche, il sugo di duoi limoni, e il tutto restringerai in forma di brodetto, e sotto vi metterai biscottini savoiardi, e sarà servita con zuccaro, e canella in tazzette di porcellana. Fegati d’oche insuppati in panna di latte per spatio d’un giorno, gettandoli in detta panna così caldi come li cavarai dal corpo; verranno di due, o tre libre l’uno, e pigliando il detto fegato polverizato con sale, garofani, canella, e pan di Spagna ridotto in polvere, pigliarai rete d’animale, over di capretto, li rivolgerai dentro, e posti in un tegame ontato di butiro con fuoco sopra, e sotto, li stuffarai con acqua di fior di cedro, serviti in piatti ornati di tomaselle piene di fegati di capponi, midolla, cascio parmigiano, cedro condito, pignoli amaccati, pasta di marzapane, un grano di muschio, e diverse speciarie, tramezati con frittelline di cervella di vitello, nelle quali vi porrai fior di cedro meschiato con le sue speciarie fritte in butiro, e il piatto ornato con festoncini ripieni, fatti di pasta di marzapane, e gli empirai d’ova, midolla, zuccaro, capo di latte, canella, tramezati con fette di cedro, servite con zuccaro sopra, e il tutto polverizato con zuccaro. Una suppa fatta di fette di pan di Spagna, piccioni teneri, polpettine gentili fatte di petto di cappone, tramezate con pulcini riempiti tra carne, e pelle. Piglia una libra di pistacchi pesti nel mortaro stemprati con tanto brodo grasso di cappone, che sia sufficiente per bagnare la detta suppa, e bagnata, la tornarai al fuoco, tanto che levi il bollore, e all’hora vi gettarai una salsa sopra fatta con bragiolette di petto di cappone lardate minute fritte in padella con oncie nove di butiro, un poco di noce moscata, polvere di garofani, sei rossi d’ova fresche stemprate con sugo di limone, e un bicchiere di panna di latte: quando haverai bagnata la suppa, vi gettarai sopra questa salsa, il tutto messo in padella cotto a fuoco lento, e quando haverai bagnata la suppa, vi spargerai sopra detta salsa, ornarai la suppa con carcioffi teneri soffocati, e fritti con butiro, tramezati con crestolline de polli, e fegatelli di capponi, adornando l’ala del piatto con un tortiglione di pasta sfogliata, riempito di ginestrada, e tutto trapunto di lancette di condito: sopra vi metterai poco cascio, e lo polverizarai con canella, e sopra un copertore di pasta sfogliata. Calli di vitello, quali sono la cima della ponta del petto; di questi ne porrai otto in un piatto, serviti in salvietta, e che siano ben bianchi, cucinati in mezo latte, e mezo brodo col suo sale a portione, e li accommodarai in forma di stella nel piatto, e li tramezarai con coroncine di cedro. Un polpettone fatto di petto di gallo d’India, con cascio parmigiano, ricotta grassa una libra, pasta di marzapane una libra, fior di cedro condito una libra, midolla di bue, e un poco di lardo battuto con erbette odorifere, e ova fresche, il tutto incorporato insieme, ne formarai un’aquilone, over leone, o altra cosa a tuo capriccio, gettandogli sopra un sugo fatto d’ova fresche, cioè di rossi, butiro, e zuccaro, con un poco di pomo d’Adamo grattato; tutto il piatto tempestato di cinamomo, polverizato con canella. Piccioni sotto banca soffocati in butiro, polvere di mastice, garofani, canella, e sale, pigliando fegatelli di capponi abbruscati su le bragie, e netti dalla cenere, li pestarai nel mortaro con un grano di ambra, quattr’oncie di pistacchi mondi, e quattro mostaccioli, il tutto ben pesto, e stemprato con un bicchiere di malvasia, e fatta la salsa, la gettarai nel vaso dove sono li piccioni, con pignoli, brogne, fette di lingua di vitello, cotte, prima soffocate con loro ingredienti, e poste nel piatto, l’ornarai con rondoni cotti allo spiedo, caldi, e sopra crostata di zuccaro, e canella, tramezati con fette di pan dorato, e ornati con fette di limone. Un pasticcio brodoso fatto in forma di castello, pieno di polpa di vitello, latticini, uccelletti, midolla, pistacchi, vaghi d’agresto mondi, crestoline di polli, e altri ingredienti, e il pasticcio agghiacciato di sopra con ghiaccio di zuccaro. Secondo servitio di cucina Capponi senz’osso cotti nel latte, e sotto una suppa di pane bruscato tramezato con cascio, e pasta di Genova in fette, con lattuche ripiene, tramezate con polpettine fatte in guisa di pere col loro gambolo di condito, e intrecciate con fegatelli di capponi, ornata l’ala del piatto con testa di vitello in fette, e endivia dorata fritta in butiro, uva spina, e bagnarai la suppa con buon brodo di cappone, e sugo di limoni serviti ben caldi, con cascio, e canella sopra, e un copertore fatto a gelosia, e tempestata tutta di pistacchi. Una capirotata fatta di granelli di castrato, e pigliando pagnotte grosse tagliate sottili, le friggerai in butiro, e farai un suolo di pane, polverizato con canella: pigliarai li granelli fritti in butiro, piccati ben minuti, metterai di questa piccata sopra quel pane, e giongerai altre fette di pane, e poi aggiongerai piccata, seguendo sin tanto, che il piatto sarà pieno, adoprando formaggio buono, e l’armarai con lancette di cappone, tramezate con bragiolette ripiene, fegatelli di capponi, bocconcini d’animelle, ponte di sparagi fritte in butiro, fondi di carcioffi in fettoline stuffati; bagnarai la detta capirotata con sugo di cigotto di castrato arosto, meschiato con brodo di cappone, sugo di limoni, e rossi d’ova: bagnata che l’haverai, ornarai l’ala del piatto con una piccata di lattuca condita, servita con zuccaro, e canella, e sopra un copertore di pasta reale, con sottilissimi intagli. Un petto dorato di vitello, ornato con piccioni torresani, spaccati per schiena, stati in adobbo, indorati, e fritti in butiro, il tutto servito con salsa di presciutto, tramezati con pollastrini piccioli pieni fra carne, e pelle, sottestati, e fette di cedro con zuccaro sopra, ornata l’ala del piatto con un rabesco fatto di pasta di marzapane, con varii frutti, e fiori, e uccelli, e il piatto tempestato di cinamomo, servito con zuccaro sopra. Teste di capretto pelate senz’osso, riempite con le cervella, latticini, presciutto battuto, midolla, fiori di gelsomini conditi, pistacchi, erbe odorifere, sale, un poco di formaggio con diverse speciarie: fatta tutta la compositione, empirai le dette teste, ritornando gli occhi, e la lingua al suo loco: le metterai in un vaso con butiro, garofani, canella, polvere di basilico, e di persa, e le sottestarai a fuoco lento, aggiongendovi marasche, brogne, brugnoli, e fondi di carcioffi, mettendole nel piatto con fette di pane fritte in butiro, e le tramezarai con granelli di castrato ripieni, involti in rete, cotti allo spiedo, ornati con pasticcetti fatti di pesto di cappone, midolla, zuccaro, canella, condito, e vaghi d’agresto mondi, tramezati con fogliami di pasta sfogliata, e il piatto tempestato con piccata di pomi d’Adamo. Gobellette sfogliate con butiro, quali empirai con rognonata di vitello prima fatta arosto, polpa di pollastrelli piccati minuti con un poco di zuccaro, midolla, pistacchi, pignoli amaccati, sale, e sue speciarie, il tutto prima rifatto in una cazzetta a fuoco lento, mescolando bene ogni cosa, e poi lasciarai raffreddare questa compositione; levata che sarà dal fuoco con questa empirai le gobellette, e sopra il loro coperchio di pasta sfogliata, e ne porrai nel piatto quante vorrai, e le tramezarai con frutti fatti di pasta scottata con zuccaro, canella in polvere, spruzzata con acqua di fior di cedro, servite con zuccaro sopra. Pollastri teneri lardati con lardo, e condito, dandovi mezza cottura allo spiedo; levati, li porrai in un vaso con butiro, noce moscata, polvere di garofani, pepe, e sale, pestando nel mortaro sei oncie di pomo d’Adamo, e quattro fegati di capponi bruscati sopra le bragie, stemprando il tutto con un bicchiere di vino bianco dolce, spremendovi dentro il sugo di sei naranci, e quattr’oncie di zuccaro; il tutto bene stemprato, lo gettarai nel vaso dove sono li pollastri, polverizandoli con polvere di mostaccioli, servendoli nel piatto, li tramezarai con zucchette ripiene sottestate nel forno, e le regalarai con bragiolette di vitello battute, sottestate con torsi di finocchio rifatti in brodo, e fritti in butiro con zuccaro, e sugo di limone; ornarai l’ala del piatto con un rebesco fatto di pasta sfogliata, trapunto con cannelloni confetti, e profilato con cotognata. Terzo servitio di cucina Pernigoncini lardati gentilmente, tramezati con pasticcetti pieni di bocconcini alla Genovese, fatti di pasta di marzapane, empiti con rossi d’ova, midolla, zuccaro, canella, condito, e sopra un ghiaccio di zuccaro, tramezati con rosette fatte di pasta reale, ornato il piatto con fette di limone, e naranci spaccati, serviti sopra con una salsa reale, e per ornamento, sopra l’ala del piatto un cacciatore sedendo in atto di tirare una rete fatta di zuccaro sopra detto piatto, con il suo cane da ferma, tutto servito con zuccaro. Capretti grassi involti in carta onta di butiro, polverizata con sale, e canella, cotti nello spiedo con diligenza, regalati con lattuche fresche in butiro gettato, e per ornamento limoni spaccati, e fette di cedro con zuccaro sopra, tempestato il piatto con confettura muschiata. Pollastri lardati minuti, ornati con fogliami di pasta reale, empiti con pistachea, tramezati con pasticcetti fritti, pieni di condito grattato, ornati con fette di limoni, serviti con salsa di pomo granato. Beccafichi arosto con crostata di zuccaro, e canella, serviti sotto con fogliame di pasta sfogliata, regalati intorno con ova mescite, e fette di limone con un copertore fatto di pasta di marzapane, sostentato da altri uccelletti fatti della detta pasta. Lonza di vitello lardata sottilmente, servita intorno con pasta fatta di getto, servita con salsa d’aceto rosato, garofani, canella, zuccaro, polvere di mastice, ornata con fette di limone, servite con zuccaro. Pasticci sfogliati pieni di piccata di vitello, midolla, latticini, cervella, pignoli, zuccaro, condito, sale, e le solite speciarie, serviti caldi con zuccaro, facendoli in qualche vaga forma, e figura, e avantaggiati al piatto. Piccioni casalenghi cotti allo spiedo, bagnati con oglio di mandole dolci, facendoli una crostata di pan bruscato, zuccaro, e canella, serviti caldi, tramezati con fogliami di pasta di Genova, ornati con fette di limone, e vaghi di pomo granato, e sopra un copertore di pasta reale, fatto in forma di piatto, sostentato da pere fatte di pasta di marzapane, e foglie attaccate, che ornino il piatto. Lodole arosto involte in rete d’agnello, onta di butiro, polverizata con sale, zuccaro, canella, e pan trito, tramezate con foglie di salvia, servite calde in piatto, ornate con ova filate. Per ornamento quattro vecchie sopra l’ala del piatto, intagliate nel cedro condito, sedendo, e filando con la conocchia a lato, e col capo sostentino un copertore di pasta sottilissima intagliato. Pulcini involti in carta onta di butiro, empiti di frittata, polverizati con sale, garofani, e canella, cotti allo spiedo, serviti caldi, e ornati con frutti siroppati, trapunti di pignoli confetti, serviti con zuccaro sopra. Frittelle di fior di sambuco. Pigliarai fior di sambuco, lo pestarai bene nel mortaro, aggiongendovi tre libre di ricotta grassa, otto oncie di cascio parmigiano, quattr’ova, un quarto di canella, e sei oncie di zuccaro, il tutto in polvere, e pestando la compositione, la spruzzarai con acqua rosa, e poi ne farai frittelle tonde, ontando bene il tegame di butiro, facendo buona distanza fra loro; le sottestarai sotto, e sopra con fuoco: quando saranno a meza cottura, le ontarai ben di butiro disfatto; e cotte le servirai in piatto con zuccaro sopra, e le tramezarai con moscardini muschiati. Tortore avvolte in fascia di lardo, con carta sopra, astrette, e cotte allo spiedo, ornate con pasticcetti pieni di bianco mangiare, condito piccato, tramezate con naranci spaccati, e fette di limoni con zuccaro sopra. Gallinacci, o galli d’India affagianati, regalati con offelloni alla milanese, tramezati con lumache empite, fatte di pasta di marzapane, servite sopra con una salsa di capparini, e sopra un copertore di pasta sfogliata. Servirai li convitati con un sapore di marinelle, e una tartara per ciascheduno fatta d’armille.   Secondo servitio di credenza Una torta di persiche. Latte miele in cannoncini. Ricotte grasse. Formaggio di pecora. Formaggio lodigiano. Formaggio marzolino. Suppa di visciole. Finocchio accardato. Moscatello. Brogne damascene. Pere di tutte le sorti. Lazarole. Persiche. Armilli. Persiche noci. Cerase di tutte le sorti. Terzo servitio di credenza Levati che saranno li frutti, servirai la confettura in piatti reali. Un piatto di visciole condite. Un piatto di lattuca condita. Un piatto di pistacchi mondi. Quattro piatti di confettura bianca. Un piatto di persicata. Un piatto di cedro condito. Un piatto di zuccaro condito. Un piatto di mostaccioli dolci, e forti. Un piatto di conserva di gelsomini, viole, e limoni. Un piatto di pasta di Genova.

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La tavola sarà apparecchiata industriosamente, con un trionfo fatto di zuccaro, che sembri la fonte di Bologna con quel maraviglioso Nettuno, e vi saranno quattro archi fatti con le loro basi, eretti con dissegni di perfetta architettura, colonne, e capitelli, tutto di zuccaro, sotto le quali vi staranno le quattro stagioni dell’anno, e nella sommità degli archi vi saranno aquiloni di zuccaro, tramezati con vasi pur di zuccaro, e dentro vi siano mazzi di fiori naturali. Primo servitio di credenza Pasticci fatti in modo di sirena. Biscottini alla savoiarda con odor d’ambra, regalati con fior di cedro, e sopra l’orlo del piatto vi saranno quattro leoncini di zuccaro, che con le loro zampe sostentino un copertore di zuccaro toccato d’oro. Stelle di pasta reale, e dentro carpioni carpionati, ornate con fette di cedro, e sopra un copertore intagliato con diversi fogliami toccati d’oro. Suppa di cantucci di Pisa imbeverati in malvasia, e sopra pesci persici del Mincio, o d’altro fiume, che non sia paludoso, cotti in malvasia, polverizati con zuccaro, ornato il piatto con fiori di gelsomini, e sopra una piccata di pistacchi. Lenguattole marinate con aceto di malvasia, regalate con molliche in detta marinatura, tramezate con fette di cedro, servite con zuccaro sopra. Salame di sturione, salmone, e lardoni di tarantello per darli il colore; molti vi sono, che adoprano il sangue di pesce, ma a me pare bene d’adoprare il sandolo rosso, aggiongendovi tutte le sorti di speciarie, e se haverai latte di sturione, overo di trutta per fargli l’investitura, sarà bene: cotto lo tagliarai in fette, servite nel piatto con erbe odorifere, o fiori di boragine, o petroscemolo. Due canestre di pasta traforata piena di varii frutti siropati, e intorno a dette canestre vi saranno molti puttini in piedi fatti di pasta di marzapane, che con le loro mani piglino di quei frutti. Capo di latte servito con zuccaro, ornato con cocchiari fatti di zuccaro profilati d’oro. Una cassetta di pasta fatta in guisa di quelle ove si fabrica il caviale, dentro vi sia caviale di sturione col mastro, fatto di pasta di marzapane, che lo fabrichi: dall’altro capo della cassetta, un scultore, che faccia una statua di detto caviale. Gelatina di pesce di color d’ambra, e d’odor di muschio, e ambra, armata tutta con lancette di pancia di sturione, e sotto dodici lingue di bulbaro. Bianco mangiare fatto di latte di mandole, posto in forma di fortezza con maestria. Lucci alla graticola, freddi, sopra un sapore d’uva passa, regalati con fogliami di pasta fina, serviti con zuccaro sopra. Un piatto di fichi primitivi detti fioroni, e sia servito ciascun de’ convitati d’un tondino di fraghe con zuccaro sopra.   Primo servitio di cucina Una minestra d’ova di trutta, latticini di sturione, milze di luccio, pistacchi mondi, facendo poco bollire l’ova di trutta, perché s’intostarebbero, e maritarai la detta minestra con ova, e cascio: ma se il paese non mangia butiro, la condirai con latte di mandole, sugo di limoni, oglio di Genova, overo di Toscana, e sotto le metterai fette di pane fritte in oglio buono, servita sopra con canella. Duoi bulbari cotti all’alemana, rivestiti con il loro dorso, serviti con sale, e pepe intorno al piatto, rinforzati con limoni tagliati. Tenche grosse del Lago di Garda a potaggio, cotte in vin dolce, con oglio buono; e con speciaria di Venetia; cucinarai in un vasetto polpettine di luccio, fatte con diligenza, acciò siano tenere, e se le soffocarai in butiro, o panna di latte, saranno meglio, riaggiongendovi pezzetti di cardi rifatti; e in un’altro vasetto metterai bragiolette anco di luccio, con una salsa sopra d’angiove, sugo di limoni, cappari, e pignoli; quando haverai poste nel piatto dette tenche, le ornarai con le dette polpettine, e regalarai il piatto con le bragiolette, tramezate con code di gambari, fritte con diligenza, avertendo di bagnar la suppa con quel brodo, che sarà nelli vasetti, e la polverizarai con canella. Una suppa di pane di Spagna, fatta d’ova di pesce cotte nel latte; tramezate con latti di sturione cotti in butiro, regalata con lancette di pancia di luccio, code di gambaro, fettoline di cedro condito, endivia rifatta in latte, e fritta in butiro, e ponte di sparagi: bagnarai la suppa con panna di latte, spremendole sopra sugo di limone, con un poco di polvere di zuccaro, e polvere di canella, e sopra l’orlo del piatto un tortiglione di pasta sfogliata pieno di bianco mangiare, e la suppa tempestata di cinamomo. Trutte grosse del Lago di Garda servite in salvietta, condite con oglio di Toscana, pepe amaccato, con limoncelli intorno. Bragiolette di sturione state in adobbo, insproccate con stecchi di garofani, cotte sopra la graticola, ontate con oglio, polverizate con polvere di mostaccioli, servite sopra con salsa fatta di tarantello, e se sarà fatta con butiro, riuscirà meglio, che con l’oglio: regalarai il piatto con calamari fritti stati in adobbo in sapor di melangole, tramezati con fette di limoncello, e intorno all’ala del piatto quattro delfini di pasta, che con le code sostentino un copertore di pasta traforata. Un pasticcio fatto in forma di nave, con li suoi marinari fatti di pasta, e il pasticcio pieno di miglioramenti del Lago di Garda, ostriche, tartuffole, milze di luccio, torsi di cardo, fondi di carcioffi, e altri ingredienti, con le solite speciarie, e intorno alla nave la sua spuma di mare, fatta con chiare d’ovo, e smaltino. Secondo servitio di cucina Varoli grossi sottestati in butiro, polverizati con erbe odorifere, e serviti d’intorno con quantità di garigli di cappe, cotte in butiro, avertendo di non dar loro troppa cottura, acciò non si consumino, e aggiongendovi dentro una piccata di tarantello, che gli sia stato levato il sale, e che sia grasso al maggior segno; li varoli polverizarai con mastice, garofani, e pepe, mettendovi sotto fette di pane fritto in butiro, ornata l’ala del piatto con fette di pane, sopra cui sia stirato caviale di sturione, tramezate con fette di cedro, e ad ogni convitato servirai un tondino di sapore di fiori di naranci. Tortelli fatti di pistacchi, con spinaci ben pesti, formaggio, un poco di ricotta grassa, canella, pepe, e rossi d’ova: farai un foglio di pasta sottilissima mettendo dentro questo pieno nelli tortelli, e li cucinarai nel latte, serviti con cascio parmegiano, e butiro fresco, polverizati con canella: sopra l’ala del piatto quattro facchini fatti di butiro, che giuochino quei tortelli alla morra. Raine grasse, e grandi, cotte in sugo di tarantello, noce moscata, polvere di garofani, oglio di Toscana, polpe d’olive, cappari, pignoli; e il piatto regalato con navicelle picciole piene di piccata di sturione, fatta con delicatezza con rosette di pasta di marzapane. Un delfino in un piatto, in cui vi sia spuma marina nel modo sopradetto fatto di pasta, che porti sopra il dorso un pezzo di sturione arosto, e nel cucinarlo bagnarlo spesso con oglio, e prima dovrai dargli fuoco gagliardo, acciò si ristringa, e doppo cucinarlo a fuoco lento, polverizandolo con sale, e polvere di garofani, e sia regalato con limoncelli spaccati, e tutto il piatto tempestato di pistacchi mondi, e sopra l’ala un pescatore con la canna, e l’amo, fatto di pasta di marzapane. Pasticci piccioli, uno per convitato, fatti in forma di cuore, pieni di polpa di pesce cappone, pesce molo, con tartuffi, code di gambari, condito piccato, brugnoli, e le solite speciarie, e se li farai sopra un brodetto di rossi d’ova, e butiro, sarà buono, e li servirai caldi con zuccaro sopra, e un copertore fatto a gelosia. Anguelle del Lago di Garda, aperte per la schiena, ne formarai un piatto grande, avertendo d’havere un vaso di quella lunghezza: spaccate, e lavate, che l’haverai, le darai il suo sale con mastice pesto, e polvere di canella, e le porrai in padella con butiro, over oglio, mettendole a sottestare con fuoco sotto, e sopra; quando saranno a meza cottura; vi aggiongerai trenta ostriche, fondi di carcioffi, e un bicchiere di panna di latte, pignoli, cappari, e sugo di limone, e ne formarai un piatto molto vago, regalandolo con lardoni di condito, il tutto ben polverizato con zuccaro, e canella. Terzo servitio di cucina Un insalatone fatto con vaghezza, e ingegno. lamprede fritte, servite calde, e il piatto regalato con ova mescite, tramezate con limoncelli spaccati. Carpioni fritti, serviti caldi, ornati con piccata di cedro condito, tramezati con fette di cedro, servite con zuccaro sopra. Triglia grossa sopra la carta, servita con salvia, e erbe odorifere fritte, e intorno al piatto, tartaruche di pasta di marzapane, che con la schiena sostentino un copertore intagliato, e attaccato li festoncini di varii frutti, che tocchino l’ala del piatto. Tenche grosse fritte, servite calde, e sopra una salsa fatta di butiro, angiove, noce moscata, polvere di garofani, e un poco d’aceto rosato, regalato il piatto con pasta siringata. Frittelle di fichi secchi, loro tagliarai il gambo, e con la ponta del coltello vi farai tanto buco, che v’entri una mandola monda, overo due pistacchi mondi, facendo stare i detti fichi in infusione in vino bianco dolce per spatio di due hore, e facendo colla ordinaria con farina, vin bianco, e un poco d’oglio, imburacchiarai i fichi in detta colla, e li metterai a cucinare in butiro bollente, che ne farai frittelle; cotte che saranno, le porrai nel piatto, servendole con zuccaro, e sopra l’ala del piatto, viperette fatte di pasta di marzapane. Lenguattole fritte, servite calde, con frittelle di rosmarino, e per ornamento fette di cedro condito, e naranci spiccati, polverizate con sale. Pescaria minuta fritta, servita calda, ornata con offellette piene di bianco mangiare, tramezate con fette di limone. Miglioramenti del Lago di Garda arosto, tramezati con lauro indorato: intorno al piatto una piccata fatta di cotognata, e sopra li miglioramenti farai salsa di limone con zuccaro sopra. Castagnette di pasta di marzapane fritte, servite calde con zuccaro sopra; intorno l’ala del piatto cannelloni confetti. Luccetti teneri fritti, serviti caldi, e sopra un sapor d’aglio fatto subito in padella, avertendo di friggere prima pane grattato in oglio, aggiongendovi noce moscata, un poco di polvere di garofani, e zuccaro, il tutto stemprato con aceto, che vi sia macinato un spico di aglio, spremendogli il sugo di sei naranci, e il tutto gettarai sopra li luccetti, adornando il piatto con fogliame di pasta frolla, e sopra un copertore fatto di detta pasta. Un tortiglione sfogliato ripieno d’ova sbattute, capo di latte, pasta di marzapane, pignoli amaccati, e canella, servito caldo con zuccaro. Sarde del Lago di Garda fritte, servite calde, tramezate con salvia fritta, imboracchiata, e ornata l’ala del piatto con fogliame di pasta di Genova, tramezate con biscotti di zuccaro, ornati con limoni, e naranci spaccati. Secondo servitio di credenza Torta di sparagi. Povine fresche. Butiro passato. Formaggio lodigiano. Latte miele. Formaggio tenero di pecora. Cerase. Finocchio. Carcioffi. suppa di visciole. Fava. Dragone. Brogne. Pere moscardine. Pomi. Armellini. Terzo servitio di credenza Levati che saranno li frutti, da un capo della tavola si porrà un Ercole quando sbranò il leone nella selva Nemea; e dall’altro capo vi si metterà Sansone quando espugnò, e vinse i filistei con una mascella d’asino, e nel mezo Argante, e Tancredi pugnando. Bacili di confettura bianca profumata con muschio, e ambra. Bacili con vasetti di gelo di cotogno. Bacili con conserve di varii frutti, e fiori. Bacili di pistachea. Bacili di pasta di Genova. Bacili di zuccata condita. Bacili di pomi d’Adamo conditi. Bacili di persicata. Bacili di pistacchi. Bacili di torrone.

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La tavola sarà quadra perfetta apparecchiata con tovaglia doppia, le posate saranno semplici senza bizzarie di piegature. Primo servitio di credenza, e cucina Un rombo cotto a potaggio, con cipolle, petroscemolo, condito con oglio, o butiro, e dentro brogne, cappari, latticini di sturione, bocconcini di tarantello, a cui sia levato il sale, tartuffi, pistacchi, sale, e le sue solite speciarie; sotto gli metterai fette di pane fritto in butiro, o d’oglio, ornato il piatto con passare sottestate nel sugo di gambaro, e polvere di mostaccioli, tramezati con polpa di tartaruca, stuffata con diversi ingredienti. Il potaggio lo restringerai con seme di melone, e pistacchi insieme; e se si mangierà butiro, li aggiongerai rossi d’ova, servito caldo con polvere di canella. Rinforzo, quattro piatti piccioli di tarantello, ornati di verdura, e fette di limoncello. Intreccio, quattro cassette fatte in ottangolo, con dentro bragiolette, e sopra una salsa fatta di narancio, con piccata di cedro condito, e sopra un copertore fatto di pasta traforata. Porcellette grosse cotte in vino, e aceto, servite con oglio di mandole dolci, o butiro, sale, e pepe, ornati li piatti con coroncine, fette di cedro, e erbette odorifere. Rinforzo: quattro piatti di pane bruscato, coperto di caviale di sturione, ornata l’ala del piatto con polpa d’olive, e fette di limone. Intreccio: quattro tondini con sapore di mandole, e suoi ingredienti. Trutta grossa del Lago di Garda, cotta in un vaso tanto longo, quanto sarà la trutta, con butiro sotto, e sopra, e due speciarie, e sale, mettendola nel forno, quando sarà a meza cottura, le aggiongerai code di gambari, pistacchi, tartuffi, ostriche silari, stuffati; pigliarai una libra di tarantello, cavandogli il sale, lo pestarai nel mortaro con cinquanta gambari cotti non salati, pigliarai quel sugo dove è stata cotta la trutta, aggiongendovi un bicchiere di malvasia, stemprarai la detta compositione, passandola per stamegna, tornando la compositione dove sarà la trutta, e la ritornarai nel forno, per darle poi la perfettione della cottura; servendola sotto con fette di pane fritto. Quando la metterai in tavola, ornarai il piatto con truttelle di Montorio, fritte in butiro, che siano state in adobbo in salsa con sugo di limone, tramezate con cappe sante fatte di pasta reale, riempite con garigli di cappe sante naturali, cotte stuffate con sue speciarie. Rinforzo: quattro piatti di calamari fritti, e marinati, ornata l’ala de’ piatti con fascietta di pasta sfogliata, serviti con zuccaro sopra. Intreccio: quattro tondini di sapor di brogne damascene, ornati con zuccaro, e canella. Un pasticcio grande, quanto sarà il piatto, fatto di pasta frolla, riempito di pezzetti di sturione, code di gambari, cavoli fiori, ostriche, tartuffi, polpettine di tartaruca fritte in butiro, pistacchi, pignoli, cappari, le solite speciarie, e sale, servito con zuccaro sopra, ornata l’ala del piatto con pesci di pasta di marzapane. Rinforzo: quattro piatti di bottarga, ornati di limoncelli, e vaghi di pomo granato. Intreccio: quattro piattelline con frittelle di pomi, servite calde con zuccaro sopra.   Secondo servitio di cucina Varolo cotto in vino, e butiro, sale, e mastice servito nel piatto, e sopra una salsa d’angiove fatta di condito piccato, pistacchi, tartuffi, sparagi bianchi di Venetia, torsi di cardo prima stuffati in butiro, canella, polvere di garofani, e la potrai fare in oglio, over butiro, spremendogli il sugo di sei limoni; e ornarai il piatto con cassettine fatte di pasta reale, ovate, piene di sfilata di trutta, latticini di sturione, pignoli amaccati, pomo d’Adamo piccato, canella, e zuccaro, e sopra un copertore trasforato, tramezate con fogliami di pasta sfogliata, tempestato il piatto di moscardini. Rinforzo: quattro piatti di triglia cotta sopra la carta, con oglio buono, polverizata con sale, pitartima, e erbette odorifere. Intreccio: quattro tondini di sapore di visciole, serviti con zuccaro sopra. Bragiole di sturione insproccate con garofani, polverizate con sale, maggiorana, origano, e canella, mettendole in adobbo, spruzzandole con aceto rosato, cotte sopra la gratticola, ontandole con oglio buono, servite calde, e sopra una salsa bastarda fatta d’alici, zuccaro, pomo d’Adamo, e un grano d’ambra: ornarai l’ala del piatto con orate vecchie sottestate, tramezate con fiori di pasta fina, adornate con fette di limone, e naranci spaccati. Rinforzo: quattro piatti di sarde del Lago di Garda, marinate con delicatezza con aceto di malvasia, zuccaro, e zaffarano: ornarai l’ala de’ piatti con capparini, e fette di limoni. Intreccio: quattro piattellini di salsa verde, fatta con anisi, e erbe odorifere, servita con zuccaro, e canella. Dodici pasticcetti riempiti di miglioramenti del Lago di Garda, code di gambari, ostriche, torsi di cardi stuffati in butiro, sale, le solite speciarie, oglio, over butiro, serviti con sugo di limoni, e sopra un copertino di pasta di marzapane pieno di condito, serviti caldi con zuccaro sopra. Rinforzo: quattro piatti di cefali di Comacchio cotti alla graticola, onti con oglio, polverizati con sale, finocchio, garogani, canella, e zuccaro, serviti caldi, adornati con naranci spaccati, regalati con vaghi di pomo granato. Intreccio: quattro piattelline di frittelle di riso, fritte in butiro gettato, servite calde con zuccaro sopra. Tenche grosse del Lago di Garda, empite con pan grattato fritto in oglio, con petroscemolo piccato, polvere di garofani, noce moscata, sale, e pepe, aggiongendovi bocconcini di tarantello, code di gambari tagliate minute, pasta di marzapane, e uva passa, la cuocerai alla graticola, overo nel forno, che saranno meglio, ontandole spesso con oglio, e poste nel piatto, le servirai sopra con salsa fatta di sugo di gambaro, sugo di naranci, garofani, pignoli amaccati, brogne, e fette di tartuffi: regalarai l’ala del piatto con bragiolette di luccio senz’osso, tramezate con rose di pasta reale, empite di rossi d’ova, condito, zuccaro, e canella, servite calde con zuccaro. Rinforzo: quattro piatti con quattro tortiglioni pieni di frutti siropati, insteccati con pignoli confetti, serviti con zuccaro sopra. Intreccio: quattro tondini di sapor di cotogno, servito con zuccaro, e canella. Servirai li convitati d’una insalatina regalata per ciascheduno. Terzo servitio di cucina Lamprede di Trevigi, o d’altri luoghi vicini, fritte, calde, regalata l’ala del piatto con govi fritti, fette di limone, naranci spaccati, e tempestato il piatto di cinamomo. Rinforzo: quattro piatti d’olive di Spagna, ornati fascette di limone, e fette dell’istesso. Intreccio: quattro tondini di sapore fatto di pistacchi. Carpioni del Lago di Garda, fritti, serviti caldi, ornata l’ala del piatto con meglioramenti cotti allo spiedo, serviti con crostata di polvere di mostaccioli, con fette di cedro, e zuccaro sopra. Rinforzo: quattro piatti con suppa di brognoli. Intreccio: quattro tondini di mostarda di Carpi, ornata con canella, e zuccaro. Temoli fritti, serviti caldi, adornata l’ala del piatto con pesce persico fritto in butiro gettato, servito caldo, tramezato con pasta siringata, ornata con fette di limone, e vaghi di pomo granato. Rinforzo: quattro piatti di granceole, accomodate con il loro corallo, e latticini, aggiongendovi pistacchi amaccati, angiove piccate; se le granceole non havessero corallo, pestarai code di gambaro, e condirai il tutto dentro dell’armatura della granceola, con sale, oglio, e speciarie, cotte sopra la graticola a fuoco lento, servendone cinque per piatto, con le loro forbici, o zatte. Intreccio: quattro tondini con salsa di tarantello, ornata con zuccaro, e canella. Sfoglie grosse fritte, servite calde, ornata l’ala del piatto con sarde di mare fritte, servite calde, tramezate con fette di limone, e naranci spaccati, e il piatto tempestato di cinamomo. Rinforzo: quattro piatti d’ostriche, ornate con naranci spaccati. Intreccio: quattro piattelline con frittelle di fichi secchi con zuccaro sopra. Secondo servitio di credenza, e cucina Un piatto sforzato di formaggio lodigiano, tramezato con marzolini, intrecciato con formaggio di pecora, inquartato con cascietti di Romagna, provature di Roma, e ravaggioli di Siena. Rinforzo: quattro piatti con torte a bocca di dama. Intreccio: quattro tondini di tartuffi. Un piatto di finocchio cardato di Bologna, tramezato con filari intrecciati con cardi, e inquartati con carcioffi freschi di Venetia. Rinforzo: quattro piatti di cavoli fiori cotti, e conditi con oglio di Toscana, e sugo de limoni, tempestati con piccata di pistacchi, ornati con fettoline di limone. Intreccio: quattro tondini di castagnette fritte, fatte di pasta di marzapane, servite con zuccaro sopra. Un piatto di pere, e pomi di tutte le sorti, come sarebbe a dire: pere garavelle, pere cipolle, pere sementine, pere granelle, pere bergamotte, pere gnocche. D’inverno: pomi salvatori, pomi rosi, pomi appii, pomi calimani, pomi ruginosi, e altre sorti. Rinforzo: quattro piatti con ciambellette ripiene di condito, pasta di marzapane, mostaccioli, e altri ingredienti, servite con zuccaro. Intreccio: quattro piattelline con pere francese cotte, servite con zuccaro sopra. Un piatto d’uva fresca di Bologna, come uva angiola, trebiano del Monte della Guardia, e Montonico, overo ancora Garganico di Verona. Rinforzo: quattro piatti di sparagi bianchi di Venetia conditi con butiro, noce moscata, cascio parmegiano, overo oglio di Toscana, con sugo di limoni. Intreccio: quattro tondini di castagne, servite con zuccaro in salvietta. Terzo servitio di credenza Un piatto con varia sorte di conditi. Rinforzo: quattro piatti di confettura bianca muschiata di tutte le sorti. Intreccio: quattro tondini di persicata di Genova intrecciata insieme.

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La tavola sarà apparecchiata con tovaglia doppia finissima, con superbe piegature, e a un capo della tavola vi sarà un trionfo, che sembri Sansone con Dalida, quando li tagliò i capelli. Dall’altro canto, Armida, che sotto un frondoso albero accarezza Rinaldo; e nel mezo una Clorinda, che accende la gran machina, con cui si batteano le mure di Gierusalemme, e il combattimento della medesima Clorinda con Tancredi, il tutto fatto di zuccaro. Primo servitio di credenza torte marzapanate, fatte in foggia di stella, trappunte con pignoli confetti, e piene tutte di condito, tramezate con rose fatte di zuccaro al naturale, con odor d’ambra, e profilate d’oro. Testa di cingiale cotta in vin bianco, garofani, e canella, raffreddata nel suo brodo, regalata con mortadella indorata, con un serpe fatto di pasta fina, che con diversi rivolgimenti pare, che voglia divorare gli occhi di detta testa. Pasticcio fatto in forma di cornucopia, e nella cima diversi frutti al naturale. Un latte alla spagnuola, fatto con panna di latte, ova fresche, ornata l’ala del piatto con un rabesco di cinamomo. Quattro teste di leoni fatte di pasta di marzapane, le quali sostentano una cassetta fatta in forma di rosa, nella quale saranno quattro fagiani arosto freddi, lardati di cedro condito, e sopra un sapore fatto di limoni, e fiori di gelsomini, e il loro capo penderà su l’orlo del piatto. Sopra detta cassetta vi sarà una corona ingemmata di varia confettura, e profilata d’oro. Gelatina di color d’ambra, trappunta tutta con fiori fatti di pignoli, e sopra l’orlo del piatto vi saranno fiori fatti di gelatina di color cremese, intagliati con la punta del coltello. Suppa di pan di Spagna imbeverato in malvasia, tempestato con una piccata di pistacchi mondi, insuppati in malvasia, serviti con zuccaro sopra. Un piatto di crema, armato tutto con lancette di cappone, servito sopra con zuccaro, e canella. Presciutto sfilato, cotto in vino bianco, agghiacciato sopra con zuccaro, e intorno all’ala del piatto una quantità d’uccelletti, fatti di pasta di marzapane, che col loro becco paia, che voglino distruggere detto presciutto. Due pavoni rivestiti, e sotto pernici lardate alla francese con condito, e involte in ova mescite, e ornate con coroncine fatte di zuccaro. Un termine con una cassetta in capo fatta di zuccaro, con sottilissimi intagli, piena di biscottini savoiardi, e un’altro simile con la canestra piena di biscotto di zuccaro. Bianco mangiare in figura di basso rilievo, ornato con grani di pomo granato, e profilato d’oro.   Primo servitio di cucina Minestra di rognoni, e latticini di vitello; farai cuocere li rognoni in carta bianca nello spiedo, quando saranno a meza cottura li piccarai minuti col coltello, li latticini tagliarai in bocconcini, e vi porrai quattr’oncie di pistacchi pesti nel mortaro, sei oncie di seme di melone, un grano d’ambra, il tutto stemprarai con panna di latte, ogni cosa mettendo in un vaso ben stagnato, brodo grasso di capponi, sei rossi d’ova, sugo di duoi limoni, servendo la minestra con biscottini sotto alla savoiarda, e zuccaro sopra. Fegato, lattante di vitello, vuotato, e poi ripieno, come s’è detto, tramezato con latticini involti in rete, polverizati con polvere di mostaccioli, regalati con fegatelli di capponi, abbeverati nel latte, fritti in butiro, e il piatto ornato con ciambelline ripiene, tramezate con sfogliatelle di pasta sfogliata, con fette di limoni, e naranci spaccati. Starne cotte sino a meza cottura nello spiedo, lardate alla francese, poste in un vaso con brodo grasso, fette di presciutto, ventresca, cavoli fiori, e farli una suppa sotto, regalando il detto piatto con bragiolette di vitello, lardate minute, tartuffi, cascio parmegiano, e tutto il piatto tempestato con pistacchi mondi, e sopra un copertore di pasta trasforata. Quattro arpie, che con le punte dell’ali sostentano un piatto fatto di zuccaro, pieno d’ortolani, cotti nelle caraffe, adornati con vermicelli impastati con muschio, e ambra, con acque odorifere fatte di zuccaro, servite con naranci, fette di cedro, polverizate di zuccaro. Servirai ciascheduno de’ convitati d’un tondino con un sapore di visciole. Sei teste di vitello senz’osso, ripiene, tramezate con le loro lingue ripiene, ornato il piatto con foglie di maggiorana, servito con sale, e pepe sopra. Una fracassata all’italiana, fatta di casalenghi teneri, pollastrelli, rognoni di vitello arosto, e poi piccati minuti, posti in padella con butiro, noce moscata, garofani, e canella, vi aggiongerai li piccioni smembrati, e li pollastrelli, tre oncie di pistacchi, tre oncie di pignoli amaccati, quattr’oncie di cedro condito piccato, sei rossi d’ova sbattuti con sugo di limone, aggiongendovi un poco di brodo, e li buttarai nella padella, travagliandola con la prestezza della mano, e posta nel piatto, la regalarai con fette di pane fritto dorato, tramezate con lodole stuffate, adornate con fegati di capponi fritti in butiro, e sopra zuccaro, e canella, con un copertore sopra fatto in sestangolo, ottangolo, o conforme al numero de’ convitati, e in ogni facciata vi farai l’impresa d’uno de’ convitati. Pasticcio brodoso fatto in ottangolo, in ogni facciata di cui vi sia un festone di pasta, che rappresenti varii frutti, pieno di piccioni, midolla, bragiolette di vitello, bocconcini de lattecini, fegatelli di capponi, cime di sparagi, fondi di carcioffi, le sue speciarie, e altri ingredienti. Secondo servitio di cucina Una ponta di petto di vitello, lardata con angiove, polverizata con polvere di mostaccioli, e sale, involta in rete d’animale, sottestata, e poi soffocata in butiro, con un poco di malvasia, regalata con tordi stuffati tramezati con foglie di cardo ripiene, ornata l’ala del piatto con rabesco fatto con varii frutti al naturale di pasta di marzapane, servite con zuccaro. Anatre domestiche coperte con crocette alla genovese, e intorno all’ala del piatto, aiolini alla bolognese, il tutto servito con cascio parmegiano, e canella, tramezate le crocette con petto di cappone sfilato, e midolla bollita. Una bisca fatta di piccioni sotto banca, cotti in panna di latte, tramezati con polcini piccioli, riempiti fra carne, e pelle, ornata con latticini lardati minuti, e poi stuffati con sugo di limone, e suoi aromati, torsi di finocchio fritti in butiro, fondi di carcioffi, fette di granelli di castrato, fegatelli di capponi, bragiolette di petto di cappone lardate, tramezate con ortolani, e il sugo per far brodo alla bisca, sarà di coscetto di castrato, e di rognoni di vitello grasso, tartuffi, tempestata di pistacchi. Un pasticcio all’inglese, fatto di pasta finissima, pieno di petto di cappone piccato, midolla, zuccaro, le solite speciarie, tartuffi, bocconi de latticini, ortolani, quaglie smembrate, cedro condito, pignoli, cime di sparagi, e un ghiaccio di sopra, fatto di zuccaro. Sei capponi grassi, e grossi, avelenati in questa forma; se gli dà cottura nel latte, cavati dal vaso, e posti in un’altro di pietra con malvasia, mastice, garofani intieri, canella intiera: quando haveranno bollito un quarto d’hora, levati dal vaso, e raffreddati, fasciati in carta onta di butiro, posti nello spiedo, e cotti si servano caldi, con un sapore di melangole sopra, tramezati con serpi fatti di pasta frolla, empiti di rossi d’ova, midolla, zuccaro, latticini piccati, e condito, serviti sopra con zuccaro, e il piatto ornato con fette di limoncello. Gallinacetti in brodo lardiero, polverizati con polvere di mostaccioli, e adornate con lodole sottestate, e con crostate di zuccaro, e canella, tramezati con zampetti di capretto indorati, e fritti in butiro; servita l’ala del piatto con fogliame di pasta sfogliata, e il piatto tempestato con pignoli insuppati in acqua rosa. Servirai i convitati con un tondino di sapore di brogne damaschine. Terzo servitio di cucina Galli di monte lardato gentilmente con lardo, e condito, cotto allo spiedo, con la sua testa riportata, e l’ali, e la coda di pasta finissima, con un ghiaccio di zuccaro sopra, e salsa reale, regalato con naranci, e limoncello spaccati. Lonza di vitello lardata minuta, con fette di pane, con rognonata di vitello sopra, e indorate, regalato il piatto con offellette piene di bianco mangiare, tramezate con tordi arosto, regalati con fette di cedro, tempestato il piatto con cannelloni confetti, e sopra la lonza una salsa reale. Francolini lardati gentilmente, con le loro teste, e ali riportate, tramezati con pasta stringata, salvia fritta, e sopra un copertore di pasta traforata, serviti sopra con salsa di bacche di ginepro, fatta come sopra. Un pasticcio sfogliato, fatto di pasta sfogliata, latticini, midolla, capo di latte, pistacchi, tartuffo, brugnoli, zuccaro, canella, fatto in forma di rosa, servito con zuccaro sopra.  Conigli maschi giovani, involti in rete d’animale, polverizati con sale, basilico, e maggiorana, coriandoli, e mastice, posti nello spiedo, e cotti, siano regalati con pasta todesca, serviti con salsa di pomo granato, e il piatto tempestato di cinamomo. Quaglie arosto, abbardate con un fogliame di pasta sotto, tramezate con pasticcetti di bocconi alla genovese, e per ornamento, rampoletti d’uva fresca di Bologna, e fette di cedro, servito con zuccaro, e intorno al piatto quattro puttini, che sostentano un copertore fatto di zuccaro. Bragiole di cinghiale state in adobbo in aceto rosato, con polvere di persa, basilico, e mentuccia, insproccate con brocche di garofani, cotte su la graticola, servite con salsa di capparini, regalate con uccelletti, e intorno al piatto un fregio di pasta fina, e naranci spaccati. Lingue allo spiedo lardate, servite con lattuca di pasta fina, ornata l’ala del piatto di pasta fritta, e sopra salsa reale, e intorno una piccata di cedro condito. Quattro gallinacci riempiti fra carne, e pelle, involti in rete d’animale, polverizati con polvere di mostaccioli, noce moscata, e garofani, sottestati nel forno, e serviti con un ragù fatto di rossi d’ova, mastice, sugo di limoni, e rognonata di vitello; l’ala del piatto ornata con festone fatto di pasta di marzapane con fiori scolpiti fatti al naturale. Uccelletti di Cipro fritti in butiro, involti in ova sfillate, regalato il piatto con biscotti di zuccaro, servito con polvere di canella, e zuccaro. Piccioni sotto banca serviti con crostata di zuccaro, canella, polvere di mostaccioli, tramezati con pasticcetti di pasta di marzapane, riempiti di bianco mangiare, fatto di petto di cappone, tramezati con fiori fatti di pasta di Genova, e il piatto tempestato di cinamomo. Servirai li convitati con un tondino di mostarda di tutta esquisitezza per ciascheduno. Dodici pollastrelli teneri, lardati gentilmente pieni di frittata fatta con erbe odorifere, pistacchi amaccati, midolla, pignoli, canella, involti in carta onta di butiro, polverizata di sale, garofani, e canella, cotti nello spiedo, tramezati con fogliami di pasta sfogliata, e profilata con pezzetti di cotognata, e intorno al piatto naranci spaccati.   Secondo servitio di credenza Un insalatone fatto con diverse cose, e varii disegni. Torta di bocca di dama. Latte miele. Povine grasse. Formaggio lodigiano. Butiro passato per stringa. Bozzolani, o bracciadelle ripiene. Ostriche. Suppe di brugnoli. Finocchio cardato. Uva fresca di Bologna. Maroni serviti con zuccaro. Olivoni di Spagna. Marzolini. Pere bergamotte. Pere garavelle. Tartuffi. Terzo servitio di credenza Levati che saranno i frutti, saranno portate dodici statue, quali rappresentaranno li dodici mesi dell’anno con tutti li loro significati, e saranno fatte con bella dispositione, e nel mezo vi sarà un trionfo, che sembrarà l’arena di Verona con duoi cavallieri a cavallo in barriera, con le lancie alla mano. Bacili di confettura bianca, profumato con odori soavi. Bacili di pistacchi. Bacili di pere condite Bacili di pasta di Genova. Bacili di cedro condito. Bacili di pistachea. Bacili di persicata. Bacili d’amule di Marsiglia. Bacili di torrone. Bacili di varie compositioni di mostaccioli fatti con varii odori, e di varii sapori.

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Primo servitio di credenza La tavola sarà in quadrangolo con tovaglie doppie sottilissime, le salviette sopra le posate senza stocatura, ma così semplici. Piatto di gioncata, e intorno all’ala del piatto capo di latte in tazzette di vetro riversate sopra l’ala, polverizato con zuccaro, e canella, e ornato con fiori del suo tempo. Rinforzo: quattro piatti d’offelle fatte di pasta di marzapane, servite con zuccaro sopra. Intreccio: quattro suppe di pane di Spagna imbeverato in malvasia, e il pane tagliato in quadretti, servite con zuccaro sopra. Primo servitio di cucina Un piatto di zinna, o poccia di giovenca, ben lavata, e pulita, la metterai al fuoco, che sia lento, senza sale, facendola bollire stretta nel vaso; cotta, la levarai dal brodo, lasciandola raffreddare, la pelarai bene d’intorno, e la lardarai sottilmente, cucinandola nello spiedo, bagnandola sempre con butiro, polverizandola con sale: cotta che sarà, la servirai in mezo al piatto, e l’ornarai con fette di fegato di vitello lattante, cotto con diligenza, tramezato con fettoline di cervella dorate, ornata l’ala del piatto con granelli di castrato ripieni, sottestati in butiro, polverizati con polvere di mostaccioli, tramezati con festoncini di pasta di marzapane, regalati con fette di limoncello, e naranci spaccati, e servirai sopra la zinna una salsa reale. Rinforzo: quattro piatti di salame di coppa, tramezato con mortadella di Bologna, serviti con foglie di lauro. Intreccio: quattro tondini di salsa di naranci, servita con zuccaro, e canella sopra. Piatto con un boglione, fatto con code di castrato, pollastri, zampetti di vitello, e casalenghi, il tutto metterai a bollire insieme, avertendo di porre prima al fuoco le code, perché sono più dure, poi vi aggiongerai erba brusca, pimpinella, boragine, maggiorana, mentuccia, e mai riempirai il vaso con altro brodo, o acqua; ma quando vedrai, che sarà scemato più di metà, gli aggiongerai quattro libre di panna di latte, pigliarai fette di pane bruscato, e farai una suppa, tramezata con fette di formaggio tenero, e li componerai sopra le code de castrati, tramezate con li pollastri, intrecciati con li zampetti, e inquartate con li casalenghi: pigliarai una libra di pistacchi ben pesti nel mortaro con la cima di quel brodo, stemprarai li pistacchi, aggiongendovi il sugo di quattro limoni, e quel latte lo gettarai sopra del boglione. Molti sono che ornano il piatto con quell’erbe cotte, ma a me pare, che non stia bene, perché sembra a’ convitati havere davanti erbe da siropo; adornarai dunque il boglione con occhi di vitello ripieni, cotti in butiro con le sue speciarie, e sugo di limone, tramezati con pulcini piccioli, pieni di piccata di rognone di vitello, sottestati con una crostata di zuccaro, e canella, servito il tutto caldo, polverizato con canella. Rinforzo: quattro piatti di presciutto sfilato, agghiacciato sopra con zuccaro. Intreccio: quattro tondini di sapor bianco con zuccaro, e canella. Un pasticcio brodoso pieno di bragiolette di vitello, midolla, piccioni smembrati, ponte di sparagi, fondi di carcioffi, latticini, sale, solite speciarie, servito caldo, ornato con fiori fatti di pasta. Rinforzo: quattro piatti di gelatina di color d’ambra, e sotto teste di capretto pelate, con li loro zampetti similmente cotte a lesso con tutta candidezza, se vorrai che li piatti rieschino con vaghezza, ornarai l’ala del piatto con gelatina di color cremese. Intreccio: quattro piattelline di fritelle di fior di sambuco, servite con zuccaro. Secondo servitio di cucina Un piatto con sei capponi cotti in bianco con il suo sale; cotti, li servirai sopra ad una suppa fatta di fette di pane, tramezate con fette di persicata, con cascio parmigiano, e canella, e la bagnarai con brodo fatto di rossi d’ova, sugo di limone, e la superficie del brodo delli capponi: bagnata che sarà coprirai li capponi con frittelline fatte di crema, tramezate con sfilata di cappone, tempestati con piccata di cedro condito, ornata l’ala del piatto con bragiolette ripiene alla francese, tramezate con cime di sparagi indorati fritti in butiro, servito caldo il tutto, polverizato con canella. Rinforzo: quattro piatti di bragiole di vitello con la costa, lardando le polpe, servite sopra con sapore di rosmarino. Intreccio: quattro tondini di salsa verde, servita con zuccaro, e canella. Un piatto con dodici pollastri riempiti tra carne, e pelle con lardo battuto, erbe odorifere, midolla, latticini, condito piccato, sale, garofani, noce moscata, pepe, canella, il tutto in polvere, e incorporata ogni cosa con rossi d’ova, ponendovi poi i pollastri in tegame con butiro, ben coperto, dato loro fuoco lento, e voltatili spesse volte, aggiongendovi un poco d’aceto rosato, pignoli, e brogne; quando saranno vicini alla cottura, li polverizarai con polvere di mostaccioli: e cotti, li accommodarai nel piatto in forma di stella, con tutto il loro sugo sopra, li tramezarai con lingue di vitello ripiene, cotte suffate da sua posta, e vi porrai mezo bicchiere di malvasia, e ornarai l’ala del piatto con cupitoni lardati alla francese, prima cotti nello spiedo, e poi soffocati in butiro, e sugo di limoni, tramezati con bragiolette di petto di cappone, lardate di condito, sottestate in butiro, ornate con sfogliatelle di pasta sfogliata, e fette di limoni. Rinforzo: quattro piatti di latte alla spagnuola, freddo, servito con zuccaro. Intreccio: quattro tondini di rosette di pasta riempite, fritte in butiro, servite calde con zuccaro sopra. Un piatto con pasticcetti ovati, fatti di pasta reale, pieni di piccata di vitello, midolla, latticini, polpettine, pistacchi, pignoli amaccati, sale, le solite speciarie, e sopra un copertorino per ciascuno, intagliato a capriccio: cotti che saranno, li servirai in piatto, tramezati con carcioffi fatti di pasta di marzapane, e dentro ciascuno carcioffo un’ovo ripieno, e sopra lo servirai con zuccaro. Rinforzo: quattro piatti di piccioni stati in adobbo, e sopra la sua salsa dell’istesso adobbo, ornati con fette di limoncelli, tramezati con vaghi di pomo granato. Intreccio: quattro piattelline con frittelle di fior di salvia, cotte in butiro gettato, servite calde con zuccaro sopra. Terzo servitio di cucina Una insalatina molto regalata con varii ingredienti, per ogni convitato. Un piatto con dodici pavoncini, o gallinacci piccioli, onti di butiro, polverizati con sale, e posti nello spiedo, cotti a fuoco lento; perfettionati che saranno, li servirai nel piatto, con una salsa reale sopra, adornando il piatto con fogliami di pasta reale, tramezate con fette di cedro con zuccaro sopra, naranci spaccati, tempestato il piatto con moscardini. Rinforzo: quattro piatti con fette di presciutto fritto in padella, spruzzato con aceto rosato, e intorno fette di pane fritte in butiro, servite sopra con zuccaro, e canella. Intreccio: quattro tondini di sapore di bacche di mortella. Un piatto di lonza di vitello, lardata sottilmente, cotta allo spiedo, polverizata con sale, e servita nel piatto con fette di pane coperte con una piccata di rognone di vitello sopra, sottestate, e tramezate con offellette piene di bianco mangiare, tramezate con pasta fatta di getto alla fiorentina, fritta in butiro, regalata con fette di limoncello intorno, tempestato il piatto di cinamomo. Rinforzo: quattro piatti con quattro gatiò, fatti alla portione del piatto, riempiti di latticini piccati, conditi, con cervella, midolla, rognonata di vitello, capo di latte, zuccaro, sale, e canella, cotti nel forno con diligenza, serviti con zuccaro sopra. Intreccio: quattro tondini di sapore di pomo d’Adamo, servito con zuccaro sopra. Un piatto con casalenghi cotti allo spiedo, serviti con crostata di zuccaro, canella, e pan grattato: cotti, li servirai nel piatto, tramezati con pulcini riempiti involti in rete, e cotti nello spiedo, il piatto ornato con un rabesco fatto di pasta di mostaccioli, con varii frutti, fiori, e uccelletti, che scherzino fra quei frutti. Rinforzo: quattro piatti di salame crudo di Fiorenza tagliato in fette sottili, tramezato con salame muschiato crudo, ornato con erbe odorifere. Intreccio: quattro tondini di salsa di limone. Secondo servitio di credenza Un piatto con tutte le sorti di formaggi, tramezati con verdura. Rinforzo: quattro torte di pomi rosi, servite calde con zuccaro sopra. Intreccio: quattro piattelline di ricotta, o povina passata per sirenga, servita con acqua odorifera, zuccaro, e canella. Un piatto di frutti; finocchio, silari, carcioffi, dragone, e altri, il tutto ben compartito. Rinforzo: quattro piatti di latte miele. Intreccio: quattro tondini pieni di canoncini. Un piatto di tutte le sorti di frutti: come, pera, pomi, tramezate con uve fresche, tutto ben compartito. Rinforzo: quattro piatti di sparagi conditi con butiro, over oglio, pepe, canella, e sugo di limoni. Intreccio: quattro piattelline di frittelle a vento, servite calde, con zuccaro sopra. Un piatto con diversi conditi, e confettura bianca muschiata. Rinforzo: quattro piatti d’altra confettura senz’odore. Intreccio: quattro piattelline di varie conserve.

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