Informazione delle nozze di Lorenzo di Piero di Cosimo

Trascrizione, revisione e edizione digitale a cura di Veronica Ricotta

  • Sottotitolo: //
  • Autore: Marco Parenti
  • Tipo opera: Manoscritto
  • Tipologia testo: Relazione banchetto
  • Collocazione geografica: Firenze
  • Datazione: 1469
  • Luogo di edizione: //
  • Collocazione (biblioteconomica o archivistica): BNCF, Fondo Nazionale, II.IV.324, c. 108r e v
  • Pubblicata il: 28/01/2021
  • Condizioni accesso: Open Access
  • Licenza di utilizzo: https://creativecommons.org/licenses/by-nc-nd/4.0/deed.it
  • Copyright: AtLiTeG
  • DOI: 10.35948/ATLITEG/Corpus/63

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L’ordine del convito era questo, che furono 5, cioè domenica, lunedì e martedì mattina a uno modo. La sposa con circa 50 giovane da danzare mangiavano nell’orto, sotto la loggia chome sai; e dal lato insino agli usci, che l’uno va fuori l’altro in casa, erano ordinate le tavole. Nelle loggie che circundano la corte di casa mangiavano e cittadini convitati. Erano le tavole da 3 lati, cominciando dalla parte dell’orto, e seguendo dal lato erano 6 tavole: andavavi a sedere da 70 in 80 cittadini. Nella sala terrena mangiavano e giovani che danzavano, che ve ne sedeva circa 32 in 36; altri simili di più età, circa 40, erano occupati in condurre il convito, che 2 per tavola erano diputati in forma di siniscalchi. In palco, in sala grande, mangiavano le donne di più età fra lle quali era Mona Antonia, tua suocera, e simile a llei erano l’altre, in compagnia di monna Lucrezia, in numero di circa 40. In somma alle prime tavole mangiava circa 200 persone. L’ordine di conducere le vivande e servire a tavola era maraviglioso, peroché tutte insieme ciascuna vivanda veniva per la porta da via co lle trombe innanzi, come si costuma; volgevano da ma· rritta delle logge e ritornavano a pié della scala e un tratto parte n’andava su, parte in sala a’ giovani, parte nell’orto alle donne, l’altre rimanevano nelle logge a’ convitanti in modo che a un tratto si posavano in ogni luogo. E così a un tratto era l’ordine del levare e ciascuno era diputato al servigio e al luogo suo e di quello non usciva. Erano misurati e piattegli secondo le tavole e, fra quegli che gli portavano, tramezavano gli scalchi, che guidavano questo ordine, e ciascuno guidava e suoi alle tavole sue e faceva posare chome è deto. Erano piategli 50 grandi che ciascuno faceva 2 taglieri e ogni tagliere era fra 2 col suo tagliatore. Le vivande furono acomodate a noze più tosto che a conviti splendidissimi, e questo credo che facessi de industria, per dare exemplo agl’altri e servare quella modestia e mediocrità che ssi richiede nelle noze, però che non diè mai più che uno arrosto. La mattina prima, il morselletto, poi uno lesso, poi uno arrosto, poi cialdoni e marsapane e mandorle e pinocchi, confetti, poi le confettiere con pinocchiati e zuccata confetta. La sera: gelatina, uno arrosto, frittellette, cialdoni e mandorle e le confettiere. Il martedì mattina in iscambio del lesso li erbolati col zuchero in su’ taglieri. Vini: malvagìa, trebbiano e vermigli optimi. Arienti pochi. Niuna credenziera v’era ordinata per arienti: solo deschi alti nel mezo della corte intorno a quella bella colonna dov’è quel David di bronzo, apparecchiati di tovagle, e in su 4 canti bacini d’ottone grandi pe’ bicchieri e dentro a questi deschi stavano gente ad amministrare vino e acqua a chi mesceva alle tavole. Il simile era nell’orto intorno alla fonte che sai. In su le tavole era tra una taza grande d’ariento piena d’acqua frescha dove si mettevano i bicchieri del vino e dell’acqua in fresco. Eravi le saliere d’ariento, forchette e coltelliere, nappi per morselletti e mandorle confette: confettiere pe’ pinocchiati. Niuno altro ariento si vedeva pe’ conviti e bacini e orciuoli d’ariento per l’acqua alle mani. Le tovaglie di renza doppie al modo nostro apparecchiate. Venne in questi 5 conviti a convitare circa 400 cittadini fra’ quali il primo di casa vostra fu Lorenzo tuo e poi Agnolo e Lodovicho; e noi ancora vi fumo. Il lunedì mattina presentò di gelatina tutti quegli presentati prima di vitella, e più altra insino a numero di circa 1500 taglieri. Presentò ancora molte religioni di polli, pesci, confetti e vino e simil cose. Doppo le prime tavole mangiava parecchi centinaia di persone, in modo che, dicono, tre in casa quivi, e in casa messer Carlo di Cosimo dicono mangiava più che 1000 persone, e che in casa messer Carlo si beeva ogni dì più che 100 barili di vino. In casa dov’era le noze, niuna persona da bene vi capitava che subito non fussi ricolto e menato in quella camera terrena in su la loggia grande a fare collazione dove s’apparecchiava frutta e confetti e vino biancho e vermiglio. A gente bassa nulla, si diceva. Il festeggiare era la mattina, pocho innanzi desinare e pocho dapoi e andavansi a riposare e circa le 20 hore ritornavano e per insino a ore di cena si danzava, e questo fuori il sul palcho fatto, orrato d’arazi e spalliere e pancali e di sopra tende di panni interi, pagonazi, e verdi, e bianchi, con compassi di loro arme e degli Orsini. E ogni volta che venivano in su questo palcho a danzare, facevano una collezione o 2 secondo che dava il tempo. Veniva innanzi le trombe, poi uno bacino grande d’ariento, poi molti altri piccoli pieni di bicchieri, poi molti orciuoli d’ariento pieni d’acqua; poi molti fiaschi di trebbiano, poi 25 confettiere d’ariento, piene di pinocchiati e zuccata confetta: davasene abondantemente a ognuno e tutte si votavano. E così bere. E insomma non è ancor fatto conto apunto se legaro dalle 5 alle 6 migliaia di libre di confetti. Alla donna novella è stato donato circa 50 anella, dicono il minore pregio da ducati 10 insino in 50 e 60 l’uno; una peza di broccato; una confettiera d’ariento, e più altre simile cose; uno libriccino di donna maraviglioso donò messer Gentile, scritto a lettere d’oro in carta d’azzurro oltramarino, coverte di cristallo e d’ariento lavorato, di spesa di circa fiorini 200. Martedì la sposa si partì; armeggiossi prima, e ritornò a casa gl’Alexandri nel medesimo habito che n’andò a marito, ch’era una vesta di broccato d’oro biancho e cappuccio in capo bellissimo, chome di qua s’usano, in sul medesimo cavallo, acompagnata da’ giovani delle noze, i quali erano vestiti sì riccamente e di broccati d’ariento e ricami di perle grosse e gioie tante, che mi pare uno soperchio a dirlo. Per detto di chi s’è trovato in corte di grandi signori, non s’è veduto cosa simile da certe gioie in fuori di gran valenza che arà avuto adosso qualche grande signore. Delle donne non ti dico nulla: tante cotte e giornee di broccato e di seta ricamate di perle e parecchi per ciascuna, tanto che più tosto al grado della civiltà lo biasimo ch’io la lodi. E chosì sono passate queste noze. Un dì piovve, il lunedì apunto, in sul più bello della festa, che parve fatto in pruova; raviluppò ogni cosa e immollossi di belle veste, tanto fu sùbita e grossa l’acqua, che ognuno non si potè ritrarre a tempo. Ma anchora non avevano e giovani e le donne rivestitosi le più belle veste che avevano fatte e riserbate a quel dì che era il più solenne della festa in modo che no llo potendo usare quel dì pareva loro avere perduta la spesa. Et però il martedì mattina quando la sposa andò a udire messa a Santo Lorenzo, acompagnata da tutt’i giovani e giovane delle noze, ognuno si vestì il più bello. Promettoti che ssi vide circa 50 giovane e fanciulle e altritanti o più giovani tanto ricchamente vestiti ch’io non so che per altra e tanta gente si potessi vedere cosa più degna nè più bello spettacolo. Conosco ch’io t’ò iscritto molte cose molto a minuto, che ancora ce n’è da dire che, benché e non sia molto degno a te leggiere e a me scriverle, pure io l’ò fatto a tua contemplazione perché ti conosco molto curioso e appetisci sapere le cose molto a punto; e però ò creduto più sodisfarti scrivendo a questo modo, che se t’avessi scritto più gravemente.

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