Composto.
Per ogni oncia di mandorle dolci ed amare altrettante once di zuccaro asciutto.
Qui sta il difficile, con tante preparazioni, che vi vogliono per formare esattamente questo dolce, benché a tutta prima vi parrà di poco momento dal composto che vi accennai qui sopra. Ma che volete: io voglio propriamente insegnarvelo, giacché ho potuto vedere in esperienza, che chi ne partecipò, non solo ne fece degli elogi, ma ne venni più volte ricercato perché ne allestissi per qualche amico in occasione di invito. Orsù, statemi attento, che lo sminuzzerò a segno, che se non alla prima volta, la seconda per certo vi riescirete.
Pelate che avrete le mandorle dolci ed amare le metterete nel mortaro tagliate però prima col coltello, e pisterete a segno di ridurle in pasta, avvertendo di aggiungervi di quando in quando un cucchiaio d’acqua, perché non facciano olio. Ciò fatto si faccino passare per setaccio piuttosto raro con cazzuletto; e vi
si aggiunga dopo lo zuccaro. Poi a fuoco non troppo gagliardo dimenando con cazzuletto si incorpori a segno, che toccando la pasta con un pezzo di carta non vi si attacchi.
Levato allora il composto si ripassi al mortaro, e si pesti bene di nuovo però senz’acqua: poi fattone un rotolo sulla tavola, spolverizzata di zuccaro in pane la lascerete posare per un giorno o più se vi piace, resistendo questa pasta una settimana e più massime nella fredda stagione, basta solo che in maneggiarla in seguito si bagnino d’acqua le dita.
Volendovene servire per funghetti, non avrete che a tagliarla in piccoli pezzi, e formarne la figura dei così detti cappelletti intrecciati ponendoli ed adattandoli nella tortiera asciutta. Se vorrete poi formare dei cestini, eccovene la descrizione.
Si prende la pasta, e sopra la tavola si impasta a pezzi alla volta, bagnando le dita con acqua se la trovaste dura. Poi si tira sottilissima, usando, per ispolverizzarla, zuccaro in polvere. Allora si fanno tante liste eguali dell’altezza non più di un dito, e della lunghezza dai 5 ai 6, che per unire le due estremità, e perché si attacchino, non farete che immergere l’una estremità appena nell’acqua, indi avvicinandola all’altra senza molto comprimerle otterrete l’intento, e così avrà una figura ovata. Coll’altra porzione o ritagli, che si appianeranno pur questi, si formerà il piano, sul quale adattatavi la suddetta figura, che vorrà essere in prima
umetato con acqua usando una penna, si tagli all’intorno, e si lasci asciugare per un poco. Finalmente poste queste scarpette, funghi, fiori ecc. in tortiere, e lasciate asciugare per qualche ora, le passerete al forno non troppo caldo, ossia al segno, che vi resista dentro una mano, e le farete cuocere infino a che prendano il color pagliarino niente più. Levatele allora, e divenute fredde le potrete riempire di quella conserva o gelatina di frambose che parmi sia più omogenea ma non in gran dose, p. e. di sabbaione, al momento però di servirle, perché non si ammolliscano, e sopra un mantile in buona simetria presentateli in tavola.