DI ANTONIO NEBBIAChe insegna a cuocere ogni sorta di vivande, tanto di grasso che di magro; imbandir mense secondo la nuova moda e l’ultimo buon gusto; e finalmente il modo facile di fare allievi di sotto-Cuochi ed il dover di questi verso i loro respettivi Uffiziali.OPERA UTILE E VANTAGGIOSANon solo a’ giovani Servitori e Donne di cucina, ma anche a tutti quei che intendono applicare a simil mestiere.EDIZIONE QUINTA VENETAACCRESCIUTA DELLA SECONDA PARTEPARTE PRIMA.BASSANO
REMONDINI TIPOGRAFO ED EDITORE
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Non ti faccia maraviglia alcuna, o lettore, se mi sono innoltrato a comporre questo mio libro di cucina, mentre altra mira ed altro fine non ho avuto, che di giovare a tanti servitori e serve, che pretendono, od almen credono di cucinare bene ai loro padroni, e trovansi quasi digiuni in tal mestiere. Mi sono però preso l’arbitrio d’istruirli con una facilità assai grande e con somma chiarezza, e spero che se avranno la sofferenza di leggere questo mio libro, giugneranno a fare tutte sorte di vivande secondo il nuovo gusto, e con economia di ogni sorte di commestibili, conforme nei respettivi capitoli si troverà descritto. Il che certamente sarà ai padroni di risparmio non solo, ma di gran soddisfazione a motivo della pulizia che non lascio, né lascierò mai di raccomandare, giacché la medesima nelle cucine è una delle cose più importanti, e la quale se manca, può senza dubbio oltre il fastidio e nausea che cagiona, precipitare eziandio la salute degli
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uomini. Si ricercan dunque per fare bene l’uffizio del cuoco due cose: la prima l’esser bene e perfettamente istruito: la seconda è di mettere in esecuzione la propria abilità colla maggior pulizia. Tali due prerogative sono troppo necessarie, né possono giammai andar separate e disgiunte, senza pregiudizio dell’umana salute, come immagino che ognuno abbia in sé stesso sperimentato. Sappia dunque chi vuol fare il mestiere di cuoco servirsi della mia ingenuità, che grandissima ho usato nello scrivere appoggiato alla sperienza ed al buon gusto, e spero che un giorno sarà per essermene obbligato nella stessa maniera che i padroni saran per fare applauso alle proprie fatiche, quando le troveranno di gusto e pulitamente lavorate. Accogli di buon animo, o lettore, queste mie istruzioni, e vivi felice.
CAPITOLO PRIMO.Delle Zuppe e minestre. Pag. 11CAPITOLO SECONDO.Del modo di tirare ogni sorte di succo sì di grasso, che di magro con i loro colì. 13CAPITOLO TERZO.Sopra gli allessi. 35CAPITOLO QUARTO.Sopra il modo di fare qualunque sorta di frutti, o in bianco, o di colore, di magro di erbe e di pesce. 37CAPITOLO QUINTO.Salse d’ogni sorte. 49CAPITOLO SESTO.Spiegazione della qualità del manzo. 62CAPITOLO SETTIMO.Di ogni sorta di coste di vitella mongana,
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e di agnello in varie maniere, e nominate cutolette. 86CAPITOLO OTTAVO.Di ogni sorta di frutti, come fave, piselli, carciofoli, fichi immaturi e noci immature, pomidoro, marignani, visciole, zucchette, cetroli detti melangoli, cipolle fresche e fagioletti. 89CAPITOLO NONO.Delle creme. 103CAPITOLO DECIMO.Torta di latte delli soli ripieni. 111
Istruzioni per ciascheduna stagione, ec. 134
Regola per ben piantare una portata di cucina in una tavola di venti, o venticinque coperti. 138
Regola del cuoco. 144
Il modo che deve tenere il Sotto-cuoco verso il suo Officiale, e l’obbligo che deve avere nel suo ministero.
§. I.Delle zuppe. Pag. 156§. II.Delle salse. 173§. III.Delle frittate. 182§. IV.De’ piatti di uova. 191§. V.Delle creme. 198§. VI.Delle frittelle. 203§. VII.De’ maccaroni e gnocchi. 2088
§. VIII.Delle paste frolle. 213§. IX.De’ piatti d’erba. 219§. X.De’ crostini. 235§. XI.De’ piatti di pesce. 242§. XII.De’ piatti di salumi. 258Trattato de’ commestibili da credenza. 270
Modo facile di cuocere le mortadelle di Bologna ed altri salami di carne porcina, acciò riescano tenere, pastose e di ottimo gusto. 299
Prenderete della Carne la più fresca e la più sana, affinché dia più gusto al vostro brodo; la più succosa si è la culatta, la punta della spalla ed il sottolombolo del Manzo; i pezzi più buoni per servire in tavola sono la culatta ed il petto: conviene guardarsi però di mettere la vitella nei vostri brodi insieme col Manzo, mentre la medesima non può reggere nel bollire, a motivo che quando il manzo sarà arrivato alla sua cottura, la Vitella sarà trapassata e non ne potrete ricavare verun profitto, e perciò sarà meglio di metterla a parte, abbenché quella non ad altro sia buona che per umidi, per succhi o colì: onde bene schiumata che sia la vostra carne, vi metterete pochissimo sale e farete un manipolo di erbe, cioè cipollette, un sellero, un porro, una carota, e le farete bollire nella vostra marmitta, e che le suddette erbe siano benlegate per poi levarle a suo tempo; ed il vostro brodo lo farete bollire lentamente sino a tanto che si conosca esser cotta la carne; in seguito lo colerete in una stamigna o in un pannolino, e di poi lasciatelo riposare per poi servirvene per i vostri succhi e colì; conviene guardarsi però che il vostro allesso, a cui avete levato il brodo, non resti senza brodo, perché vi diventerebbe nero e sporco, e perciò vi conviene tenere altro brodo, benché sia di giunte di carne, purché sia ben polito, e può darglisi lo stesso gusto di quello del
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manzo, a cui avrete levato il brodo, e questo si fa, acciocché il manzo, di cui dovete servirvi per la tavola, non diventi né nero, né insipido; se poi volesse fare una zuppa di buon cappone o di piccione solo in una marmitta con una fetta di prosciutto magro, senza un’ombra di grasso e salato a giudizio, ma piuttosto insipido, che salato (e questa regola la raccomando in tutto il corso di questo mio libretto; imperocché l’insipido può facilmente rimediarsi, che il salato no, e toglie alle vivande il gusto naturale, come anche alle zuppe, agl’intingoli ed agli umidi) in questa guisa si fanno i brodi di piccioni per fare le zuppe; e se qualcuno volesse dargli qualche altro gusto particolare, vi metta un cazzarolo di buon succo, ma secondo il mio parere, e per non togliere il buon gusto al cappone ed al piccione, bagnerete la zuppa con il semplice brodo di essi capponi e piccioni.
Nel fare le zuppe conviene avvertire che il pane sia fresco e ben levitato; altrimenti non prenderà mai brodo, e la zuppa sarà non molto buona, a motivo che il pane non può imbeversi del succo e della sostanza del brodo. Al pane, che deve servire per far zuppe, conviene levar via la superficie della crosta di sopra, e di sotto con la grattugia, e poi levarne tutta la mollica e la crosta di sotto e di sopra, ed il recinto della pagnotta si fa asciuttare al fuoco, e con queste si formano le zuppe.
Avvertite che il pane, di cui dovete servirvi per esse zuppe, non va fatto tanto bollire con la loro sostanza, perché in quel caso diventerebbe una colla, ma solamente quanto dia fuori un semplice bollore, e questo si fa acciocché la zuppa sappia ed il pane si conservi sodo, come anche il gusto del colì che voi metterete dentro essa zuppa, e così le zuppe avranno il loro gusto.
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Una cosa, caro lettore, ho lasciato in questo Capitolo, ed è la più essenziale, cioè tenersi lontano dal grasso, perché questo grasso è di così gran pregiudizio alla nostra natura, che non ve lo so spiegare, ed anche per un Offiziale, mentre questo solo sarebbe la cagione di far perdere tutto il credito in una tavola e di acquistare il titolo di sporco. Perciò, caro lettore, se mai foste geniale d’un tal mestiero, sgrassate bene ogni cosa, di cui voi dovete servirvi per far zuppe, intingoli, umidi ed altro che si richiede in una tavola.
Per imparare bene il modo di tirare ogni sorta di succo, si richiede principalmente attenzione sopra tutto ciò che io vi descrivo, altrimenti per una cosa che voi sbagliate, vanno a malora tutti i vostri succhi e colì. Prendete dunque una cazzarola, che sia bene stagnata, e vi farete delle fette di buon lardo, che non sia rancido, perché in questo caso sarebbe precipitato tutto il succo, e le immarcherete nel fondo della cazzarola una accanto all’altra per sino che sarà coperto tutto, il fondo della medesima: poi prenderete una o due cipolle secondo il succo che vorrete tirare; se ne volete tirar poco, prenderete una cazzarola piccola secondo il vostro bisogno, e poi prenderete una o due cipolle, secondo le cipolle, perché si trovano cipolle grosse e cipolle piccole, onde in tutto vi deve regolare il vostro giudizio, e queste le metterete sopra le fette del lardo; poi sopra alle cipolle vi metterete le fette di buon
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prosciutto; di poi prenderete un pezzo di vitella magra bene battuta con uno stenderello, trapuntata con qualche garofano, ed una spica d’aglio fatto in sei quarti la metterete nella detta cazzarola, in cui avete preparato le cipolle e tutto ciò che vi ho descritto; dopo di ciò la metterete al fornello a fuoco lento, per sino a tanto che vedete che nella cazzarola della composizione vi farà un brodo, ed allora potrete accrescergli il fuoco sino a tanto che sentirete che resta senza brodo, e che voglia cominciarsi ad attaccare, ed il segno è questo: sentirete stridere e fare certi scrocchetti, allora vi metterete mezzo cazzarolo d’acqua bollita, che si chiama rinfrescare il succo, e questo lo farete sino a tre volte; l’ultima volta dopo d’averla rinfrescata per vedere se è arrivata, ha un colore di occhio di gallo piuttosto acceso, lasciategli consumare tutto quell’umido di acqua bollente; qui poi conviene avvertire e stare attento che non vi ritorni a fare li soliti scrocchetti, ma subito vi metterete il brodo di manzo che avete preparato nel Capitolo primo di questo Libretto, e lo farete bollire per lo spazio di un’ora, e vedrete se il succo sarà di buon colore, mentre il succo deve avere il color biondo, uniforme al colore della cannella; ed avvertite bene che il colorito delle zuppe sia di questo bel colore, che allora sarete stimato tanto nelle zuppe, quanto nelli vostri umidi e nelli vostri intingoli, perché il bel colore rallegra l’occhio ed il gusto.
Ma in questo tirare di succhi, cosa più importante e rimarchevole della cucina, vale più la pratica che la teorica, perché conviene avere una perfetta cognizione di sapere, cioè quando veramente sia arrivato a suo punto giusto, sia di colore, sia di sapere e di buon gusto, perché molti mettono le erbe nel
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bollito e molti nel succo, ma questo non fa al proposito, perché tutto sta nell’incontrare il colore.
Per fare un buon colì di grasso si aggiusta una cazzarola secondo il metodo della cazzarola del succo, ma con questa differenza, che nel succo si deve mettere il brodo che vi può bagnare le zuppe, intingoli ed altro; ma il colì è di maggior sostanza, il quale serve per salse e per aiutarvi qualche zuppa per dargli maggior gusto, e per altri piatti che da me vi verranno descritti.
Per fare dunque il colì, farete nello stesso modo, con cui avrete immarcato la cazzarola del succo, cioè il fondo della cazzarola; sopra vi metterete un buon tocco di vitella magra o di vitella mongana trapuntata di garofani, e cannella spolverizzata di spezierie dolci, e poco sale sotto e sopra; getterete il vostro pezzo di vitella nella cazzarola già preparata, e la farete andare a fuoco lento, come avete fatto il succo di essa carne; e quando avrà cavato tutto il suo succo antecedentemente detto, potrete accrescere il fuoco più gagliardo nella stessa maniera del succo; lo rinfrescherete sino a tre volte, e lo verrete toccando a volta volta con un forchettone, ma leggermente quanto per sollevarlo, acciocché non si attacchi, e che venga ben colorito nello stesso modo del succo; e qui parimente con viene stare attento, primieramente acciò non si attacchi, mentre allora sarebbe male, né che venga troppo colorito, che allora puzzerebbe di abbruciato, sarebbe peggio assai; onde conviene usare tutta l’attenzione di questi due capi, cioè succo e colì, perché andando male o l’uno o altro, andrebbe male tutto il fondamento della cucina.
Inoltre quando voi metterete il vostro brodo nel colì, che sia fatto di manzo, come
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quello che avete messo nel succo, conviene avvertire che non sia abbondante; ma soltanto arrivi al pezzo di carne che avrete messo nella vostra cazzarola; indi la farete bollire per lo spazio di tre quarti d’ora, ma che mai non manchi il brodo nella medesima, con cui avrete messo il brodo già accennato di sopra; poi stemperate una mezz’oncia di fior di farina con un poco di acqua comune e la getterete nel vostro colì; ma prima bisogna sgrassarla di tutto il suo grasso, che avrà prodotto nella cazzarola, e di tutto quello che in essa sia stato messo, cioè lardo, prosciutto, cipolla ed altre erbe, che in essa avrete messe; polita che l’avrete di dette robe, vi getterete la detta colletta, e mentre andrete gettando giù la medesima, andrete sempre colando la cazzarola con la mano dritta, acciò non faccia posa, ma che il colì diventi denso; lo farete bollire per un altro quarto d’ora, e poi lo lascierete stare così fintantoché ve ne dovrete servire.
Se poi il vostro succo o colì avrete tirato prima, ed avrete vantaggiato questo lavoro, non lo dovrete lasciare nelle cazzarole, ma bensì in vasi di terra ben puliti e vetrati di vernice.
Prenderete la cipolla e la taglierete a fette di larghezza di mezzo baiocco; poi prenderete un’oncia di butirro, lo getterete nel fondo della cazzarola, e sopra vi metterete le fette di cipolla già preparate; poi la metterete nel fornello con fuoco lento e la mescolerete spesso sino a tanto che la cipolla si va disfacendo e si va attaccando al detto fondo: quando vedrete che la cipolla ha preso il colore di cannella, allora vi metterete il brodo di pesce che adesso vi descrivo.
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I brodi che possono servire per il succo di pesce d’acqua dolce sono lasche, barbi, ranocchi, anguille, ciriole e gamberi; questa sorte dunque di pesce conviene far lessare con acqua, sale, prezzemolo, maiorana, due o tre garofani ed uno stecco di cannella, e farete cuocere bene ogni cosa secondo la sua specie, prendendo più corpo quando sono diverse specie; ma quando si vorrà, una zuppa di soli gamberi o di sole ranocchie liscia, non deve tirarsi nessuna sorte di succo, affinché la zuppa venga naturale e nel suo gusto naturale.
Avendo voi dunque questo brodo all’ordine, prenderete la cazzarola delle cipolle già preparata, e tirata a color di cannella, vi getterete il brodo pesce, e la farete bollire una mezz’ora; pigliando un cazzarolo vi porrete un po’ di questa bollitura, e l’alzerete in aria facendo ritornare il succo nello stesso cazzarolo, ed osservate bene che il detto succo sia arrivato al colore di cannella, che così deve venire, e questo succo serve per bagnare la zuppa di magro, per intingoli ed umidi che da me vi saranno accennati in altre occasioni proseguendo questo mio libretto.
Per fare i succhi di pesce di mare sono buoni i merluzzi, le foglie, ogni sorta di pesce bianco, il pesce rospo e l’ala della seppia, mentre le altre sorti di pesce hanno un certo odore disgustevole al palato, non danno gusto alle zuppe e sono grevi allo stomaco, come per esempio lo storione è greve allo stomaco l’arzilla è disgustevole al gusto per il suo odore, ed altri pesci che a tutti non piacciono; e per questo l’Offiziale convien s’investa, e sappia quello che in una tavola di molti
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convitati possa a qualcuno dispiacere, ed approvare che l’offiziale sia di cattivo gusto, di cattiva idea e di debole ingegno.
Circa il succo di pesce di mare, si fa nell’istesso metodo che quello delle acque dolci.
Per tirate il colì del pesce di acque dolci è buono il barbo, la lasca, le ceriole, ranocchie e gamberi.
Il colì di barbi e lasche si fa in questo modo; prenderete una cazzarola con dentro due oncie di butirro, quando non sia vigilia, ed essendo vigilia, un’oncia di olio dolce, un poco di erbe odorose, come maiorana, erbetta ec. un poco di spezieria dolce e sale; ed indi vi si mette il pesce barbo e la lasca, e se vi sono tutte e due le specie di pesce, sarà di più sostanza, e si fa andare a fuoco lento sino a tanto che sia asciutto e quasi incominci ad attaccarsi nella cazzarola; di poi vi metterete il brodo di esso pesce, come addietro vi avvisai del lesso di pesce di acqua dolce, e vi metterete tanto brodo quanto vi possa uguagliare il pesce, e lo farete bollire per un quarto d’ora; di poi lo passerete per una stamigna, ed il pesce che resterà sopra la detta stamigna, raffreddato che siasi alquanto, lo spremerete egualmente sopra il brodo, che sarà passato con ogni pulizia di mano, e lo lascierete stare in un vaso di terra ben pulito, fintantoché se ne dovrà servire, che a suo tempo lo spiegherò.
Per fare questo colì si levano le coscie e la corata delle ranocchie, e si lascia solamente lo schinale, e di questi schinali si serve per fare il colì; e questo si fa nello stesso modo che quello di lasca e barbi, e non vi è altra differenza che la lasca si spreme nella stamigna e la ranocchia si deve pistare nel mortaio, e poi stemprar quel pisto, passarlo per settaccio e di poi si spreme bene, acciò che passi bene tutta la sostanza di esse ranocchie.
Laverete bene i medesimi granchi più volte, acciocché siano bene spurgati dalla rena, dipoi gli scolerete in un crivello, poi prenderete una cazzarola e vi triterete un pezzo di cipolla, erbetta, maiorana e due fette di carota, e farete tutto soffriggere nella medesima con olio o butirro in un fornello; dopo vi metterete i vostri granchi, andandola spesso rivolgendo sino a tanto che s’incorpori bene la sostanza; di poi vi metterete il brodo di pesce lesso, quanto che cuopra i detti granchi, lasciando bollire sino a tanto che siano diventati rossi; poi caverete dal suddetto brodo i vostri granchi, fateli scolare, pistateli in un mortaio, che siano bene affinati; dopo prenderete una stamigna o canavaccio per passare il suddetto colì, il quale stempererete con il brodo di essi granchi, che avran bollito insieme, dove tornerete a mescolare il pisto e maneggierete con un cucchiaio di legno; metterete tutta questa composizione nella medesima stamigna o canavaccio, spremendo bene ogni cosa, fintantoché sia uscita tutta la sostanza; poi farete le fette di pane, le farete abbrustolire, il meglio però sarebbe di
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friggerle nel butirro a color di cannella chiara accomodando poi le medesime in un piatto farete bollire il vostro colì, e gettatelo sopra alle suddette fette, e le manderete in tavola ben calde e con pulizia; nello stesso modo si fa il colì di granchi di fosso, di astrici, gamberi e cannocchie, solamente che dopo averli, conviene cavarli dalla loro scorza, e si pestano le loro teste e coscie e capatura, ed avrete un ottimo colì uniforme a quello de’ granchi. Circa poi il resto di questi pesci mondati, ve li descrivo in diversi modi.
Cannocchie fritte con pastella.
Cannocchie indorate come li cervelli.
Cannocchie indorate e poi fatte in umido.
Cannocchie indorate e poi involtate nel pane grattato con sale, pepe e cipolla tritata, fatte arrosto nella graticolla.
Gli astrici si friggono con salvia ad uso di granelli.
Gli astrici si fanno in umido senza indorarli.
Gli astrici si menano nella zuppa di colì.
I gamberi si fanno nello stesso modo, in cui si fanno gli astrici, cioè si possono friggere con butirro, salvia e con fette di prosciutto tagliate sottilmente: si mandano in tavola caldi, e con fette di pane indorato messo sopra ai detti gamberi fritti, lasciando però il prosciutto e la salvia, che va messa sopra il pane indorato.
Prenderete un piatto di piselli verdi con una decina di torsi di lattuga ben mondati; poi prenderete un cazzarolo con un’oncia di butirro e lo metterete nel fornello con fuoco sufficiente: indi vi metterete una fettarella di prosciutto con una cipolla intiera, e la mescolerete di tanto in tanto con la mestola, fino che il pisello principia a mutare il suo colore primiero; quando poi avrà perduto il detto colore, vi metterete il succo, tanto che copra li detti piselli, lasciandoli così andare per sino a tanto che siano cotti, e lasciandovi tanto succo ne’ piselli che basti a bagnare la zuppa che dovrete mandare in tavola. In questa zuppa, ed in tutte le altre che sarò per descrivervi, vi conviene avvertire che prima di porsi il pane nella terrina o piatto che sia, e sopra le sostanze, come questa di piselli e torsi di lattuga, mentre si deve levare dalli piselli il prosciutto e la cipolla, prima che gettiate sopra il pane già bollito prima del brodo, come di sopra mi spiegai, che in tutte le zuppe si seguita lo stesso stile; così conviene usare attenzione per non isbagliare, imperocché il gusto delle zuppe si porta dalla salsa, od altro intingolo che si darà.
Prenderete il cerfoglio, quanto ne potrete prendere in una mano, poi lo sbrancierete gentilmente e ne farete la scelta; i festuchi si gettano via e le brancie si pongono nell’acqua fresca; lavate che siano, si tritano finissime, tritate che siano si pongono
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dentro una cazzarola con un pezzetto di butirro; indi al fuoco; di poi vi porrete dentro il vostro cerfoglio già tritato finissimo e bene spremuto, e menerete bene con la mestola di legno; quando sarà ben soffritto, vi getterete dentro tanto brodo, tanto succo e tanto latte, che d’ogni cosa deve essere la terza parte; e prima di metterla al fornello, vi dovete mettere un pizzico di farina stemperata con l’acqua come una colletta alquanto liquida e la getterete nella vostra composizione; poi si rimette al fuoco più gagliardo di prima e si dovrà maneggiare sino che avrà dato fuora il suo bollore, e quando saranno cotti, terrete all’ordine in una pignattina tre rossi di uova sbattuti con un altro pizzico di farina e con un poco di succo, acciocché non si addensino li rossi delle uova, e questi si devono mettere nel cerfoglio, quando si deve mandare la zuppa in tavola. Per mettere questi rossi nella zuppa, conviene, se mai il cerfoglio bollisse, lasciarlo alquanto riposare, e poi leggermente metter giù li rossi, senza mai lasciare di maneggiarli; e poi rimettere al fuoco, fino a tanto che la mestola non si mostri, come con una specie di vernice, ed allora sarà arrivata alla sua perfezione; di poi subito la getterete, come quella della zuppa alla primavera.
Prenderete lattuga e selleri; triterete bene ogni cosa sottilissimamente; poi si prende un’oncia e mezza di butirro e si pone nella cazzarola, e questa in un fornello a fuoco giusto, sempre però maneggiandola fino a tanto che la composizione non attacchi nel fondo; si prende poi del succo; la rinfrescherete sino a due volte; dopo di ciò vi mettere una foglietta di latte stemprandovi un
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pizzico di farina, come nel cerfoglio, e lascierete bollire sino a tanto che non sia arrivata a cottura, e poi la darete in tavola con le altre zuppe.
Prendete un cavolo, che sia ben polito, ed intenerito lo farete bollire nell’acqua sino a tanto che sia quasi arrivato a cottura, e lo lascierete alquanto raffreddare; di poi spremetelo bene e tritate, poi passatelo con il butirro ed una fetta di prosciutto intiero, e sempre maneggiatelo colla mestola, sino a tanto che pigli buon corpo, dipoi vi metterete il succo, che possa restare assai galleggiante, e quando mandate in tavola detta zuppa, vi potrete mettere un cazzarolo di colì con un poco di formaggio parmigiano grattato, e gli leverete il prosciutto e gettatelo nella terrina sopra la zuppa del pane.
Metterete una foglietta di latte dentro una cazzarola con un’oncia di farina stemperata insieme con esso latte, poi vi metterete mezzo ramaiolo di colì, una cipolla intiera per dargli l’odore, una fetta di prosciutto magro, un pezzetto di cannella ed un poco d’erba di S. Maria, ed il tutto farete bollire in un fornello andando sempre mescolandolo, acciocché non istracci e non faccia posa, quando avrà cominciato a bollire, che dovrete far bollire per un quarto d’ora, e poi passarla nello staccio, indi la getterete come le altre sella zuppa.
Si prenda una foglietta di latte, e la farete come quella alla renna, ma in vece dell’erba S. Maria vi metterete selleri e radiche d’erbetta: levando la midolla si lasseranno nell’acqua con un poco di sale; cotte che saranno, le triterete ben fine e le passerete con mezz’oncia di butirro in una cazzarola, e quando saranno ben soffritte, vi metterete il latte già preparato, e sempre andrete mescolando sino a tanto che alzi il bollore: quando la dovrete mandare in tavola, vi metterete cinque rossi di uova sbattuti con un’oncia di parmigiano grattato; così la manderete in tavola come le altre sempre sopra alla zuppa di pane, come addietro dissi.
Prenderete di spinaci tanta quantità, quanta n’entra in una mano, ben puliti dal loro gamuglio, e li scotterete con acqua bollente, e dopo spremuti bene, li passerete con butirro in una cazzarola sopra fornello, con un poco di cipolletta, uno stecco di cannella, una o due fette di tartufo, un pezzo di zinna di vitella ed un quarto di cervello lessato prima nell’acqua con sale; tutto farete cuocere con gli spinaci; quando ciò sarà ben soffritto, vi metterete dentro una metà di brodo di cappone ed una metà di succo, e lo farete andare così finché sia arrivato a cottura: dopo di ciò lo passerete nello staccio, e quello che resta sopra lo staccio dopo di averlo spremuto, lo pesterete nel mortaio di marmo e lo affinerete bene; e lo passerete nello stesso staccio prima ben pulito, e con una mestola di legno si va passando sino a tanto
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che sia passata tutta la composizione; e se mai della prima pestata non può passare tutta, si torna a pestare quello che non è passato. Passato che sia tutto, si stempererà con il succo che prima avete passato nello staccio, che è il succo di essa composizione, e lo metterete nel fornello con un’altra cazzarola per sino a tanto che ritorna a bollire, e quando sarà ora di mandarla in tavola, si getta come le altre nella terrina: conviene però avvertire che tutte le altre zuppe vanno leggiere e galleggianti nella terrina, non già di brodo, ma questa delle composizioni deve essere né densa, né brodosa, ma una cosa giusta.
Prenderete li piselli, che siano teneri, e li metterete nell’acqua fresca ben politi. Poi prenderete una cazzarola, dentro la quale porrete un’oncia di butirro con una fetta di prosciutto, e passerete tutto con i piselli in un fornello, e conviene mischiarli spesso, acciocché non si attacchino, ed essendo ben soffrirti, vi metterete il succo quanto che basti, dovendo essere la minestra né brodosa, né asciutta: e quando sarà cotta la manderete in tavola, levando via il prosciutto, ricordandovi di sgrassare bene il tutto.
Si prendono le rape bianche, e ad esse si leva bene la superficie, si tagliano in fette quadre, le farete poi bollire in acqua con un poco di sale, quando che si alzi il bollore, poi le metterete nell’acqua calda, acciocché non diventino nere, indi le metterete nella cazzarola con un poco di midolla, soffritte che saranno, vi metterete del succo se
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le volete rosse, se poi bianche, vi metterete una metà di buon brodo ed una di latte stemperato con un pizzico di farina: dipoi si mandano in tavola con un poco di formagio parmigiano grattato, ed il pane sotto la zuppa, che allora verrà la zuppa come in addietro vi ho detto, cioè che ad ogni sorta di zuppa, in cui sopra anderanno erbe e colì, sempre si deve mettere la zuppa di pane.
Si prende il riso e si mette a molle nell’acqua calda per lo spazio d’un’ora, poi si prende il cavolo che sia ben polito, e si lesserà il medesimo nell’acqua con poco sale; dipoi si spremeranno bene e si tritano, si pongono nella cazzarola con un’oncia e mezza di butirro, un poco di cipolla trita; li passerete al fornello e vi metterete un poco di spezieria dolce, il sale pochino, ma il succo abbondante, tanto che il cavolo galleggi con il succo; dipoi passerete al fornello un’altra cazzarola con entro altrettanto butirro, e vi porrete il riso bene scolato, ed osservate che il riso non si attacchi, mentre attaccandosi, conviene essere diligente col mescolarlo con la mestola di legno; poi rinfrescatelo con il succo sino a tanto che diviene lungo; e grosso, ma che non sia passato di cottura, poi lo porterete a tavola, avendo unito il riso ed il cavolo insieme, con avere messo nella cazzarola tre oncie di parmigiano grattato, acciocché s’incorpori bene.La minestra di riso e selleri si fa nell’istesso modo del cavolo e riso.
Il riso si fa come di sopra, ma il pomo d’oro si fa così; si prende il pomo d’oro e si taglia per mezzo, si pone nella cazzarola ove metterete un poco di butirro, una cipolla in fette ed una fetta di prosciutto, e la lascierete andare a fuoco lento sino a tanto che comincia a fare il suo succo: dipoi la farete andare a fuoco più gagliardo, e quando comincerà ad attaccarsi, vi metterete il succo e lo farete andare così sino che non è tempo di mandare in tavola; allora prenderete il riso, quale avrete tirato come quello del cavolo, minestrato il riso nella terrina, passerete i pomi d’oro nello staccio ben brodosi, e li mischierete nel riso, e lo manderete in tavola, quale sarà di buon colore e di ottimo sapore.
Si prendono i ceci bianchi, si fanno cuocere nell’acqua; si pestano nel mortaio e poi si passano nello staccio, e si sciolgono con il brodo di carne, poi si prendono due o tre mazzi di spinaci ben politi e lessati nell’acqua e spremuti bene, di poi passati per una cazzarola con il butirro, cipolletta trita ed una fetta di prosciutto; e dopo vi metterete un poco di brodo buono e li lascierete cuocere sino tanto che sia quasi asciutta; dopo passerete li spinaci nell’istesso modo che avrete passato li ceci, li unirete insieme e li maneggierete in un’altra cazzarola, e vedrete se li spinaci avranno inverdito la minestra al naturale del pisello; caso che no, vi potrete passare più spinaci, acciocché venghi più verde; poi fetterete il pane a dadi e lo friggerete nel butirro, sin che
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venghi a colore d’oro, e quando dovete mandare in tavola la minestra, vi menerete sopra i dadi del pane fritto.
Qualunque sorta di pasta va messa a bollire nel brodo di ottima qualità, ma conviene che prima il brodo bolla, ed allora si metterà la pasta nel brodo, e cotta che sia, e che l’abbiate da mandare in tavola, conviene avvertire che se vi volete mettere il succo, bisogna sia asciutta, mentre nella terrina va messo il succo e formaggio parmigiano; se poi l’avrete da mandare liscia, conviene sia né tanto stretta, né tanto liquida, ma una cosa di mezzo; imperocché in tutte le nostre operazioni si deve avere una certa cognizione distinta, ma specialmente nell’arte di ben cucinare.
Si prenda un pezzo di culatta di manzo e si faccia bollire, come in addietro già dissi, cotto che sia, si sgrassi bene del suo grasso, poi si prenda un cavolo lessato nell’acqua con poco sale spremendolo bene con le mani, fintantoché sia uscita tutta l’acqua della lessatura, e poi lo metterete nella cazzarola con entro un’oncia e mezza di butirro e lo passerete al fornello con fuoco alquanto gagliardo, ma che il cavolo sia bene sbranciato, e in tal maniera che nemmeno vi sia una brancia attaccata coll’altra: passati che saranno nel butirro vi metterete il succo con un cazzarolo di colì, e che questo cavolo vada bene galleggiando nel succo, acciocché questa sostanza
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si mantenghi, dovendo andare nella zuppa chiamata del Craù. Il pane che deve servire per questa zuppa, va abbrustolito e messo nella terrina senza averlo fatto bollire, ma solamente gittatogli sopra il colì del Craù. Il cavolo poi che sarà restato nella cazzarola si metterà intorno alla culatta del manzo, di cui dovrete servire per il lesso, interziata intorno il piatto con capperi, citrioli, zucchettini, sparagi, mandorlini, quali però siano stati prima sotto l’aceto e si aggiustano con bella simmetria intorno alla detta culatta. Io qui sotto descriverei molte zuppe lisce ed ordinarie, ma le tralascio perché da tutti si sanno fare.
Ricordatevi che in addietro vi ho descritto il modo di fare i lessi, sughi e colì di magro; questi debbono servire per zuppe, umidi ed intingoli secondo l’occasione che vi si darà.
Si deve prendere una dozzina di cipolle mezzane e metterle in una cazzarola con un pezzo di butirro, la quale terrete al fuoco volgendola di tanto in tanto, fintantoché siano cotte egualmente a colore; poscia la bagnerete con un poco di brodo di pesce, sale e spezierie dolce, facendole alzare un bollo; di poi metterete il pane nella terrina nel medesimo modo della zuppa detta del Craù.
In questa zuppa conviene avvertire che non l’erbe, che io vi descrivo, debbono andare nelle zuppe, ma bensì la sostanza delle medesime, onde attendete a formarla secondo vi descrivo.
Prenderete l’erbaggio secondo la qualità della zuppa che avete a fare, come per esempio cipollette, radici, rape, cavoli, selleri ed altro ec., le quali robe prima vanno imbianchite, cioè lessate, e quando si lessano sempre metterete nell’acqua il sale, e queste servono per le zuppe.
Intorno poi alla sostanza di queste, si prenda un pezzo di butirro, con acqua, sale, cipolla, una carota, l’occhio del sellerò, il lutto tagliato in piccoli pezzi; uno spicchio d’aglio, una foglia di lauro, di bassilico, tre garofani, erbetta e cipolletta, guardatevi però di non mettere nella cazzarola gli erbaggi che vi ho descritto di sopra, perché tutte vanno fatte come nelle zuppe antecedentemente descrittevi; solamente che le cipollette vanno intiere nelle zuppe di pane, perché tutte queste erbe che bolliranno in questa cazzarola, servono per dar solamente il gusto alla zuppa. Dunque passate tutti questi erbaggi sopra il fuoco con la cazzarola già detta, volgendoli e rivolgendoli di tanto in tanto per lo spazio di un’ora e mezza, insino che saranno cotti e coloriti; inoltre aggiungetevi dell’acqua, facendola bollire una mezz’ora con gli erbaggi, e così avrete un brodo di un colore di sugo e di buon gusto circa a quello ve ne dovete servire; di poi passatelo in una stamigna e mettetelo nella cazzarola, ove avrete preparato qualunque sorta di erbe, colle quali secondo la vostra
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idea volete fare la zuppa, e metterete questo brodo passato nella stamigna nella cazzarola, e fateci cuocere le erbe che avete preparate per la zuppa, e la farete bollire ed incorporare; quando ciò sarà ben cotto, lo getterete nella terrina con sotto il pane abbrustolito senza farla bollire, ma alquanto stufata.
Di magro farete un brodo di erbaggi come sopra, ma in questa zuppa son necessari più cavoli che altra sorta di erbaggi, e quando sarà terminato e passato per stamigna, vi metterete un poco di sale; si metterà al fuoco quel piatto, di cui vi volete servire; prenderete una libbra di formaggio parmigiano e ne gratterete la metà e l’altra metà la taglierete in piccole fette, metterete un poco di formaggio già grattato nel fondo del piatto, con alcuni piccoli pezzi di butirro, e coperti con fette di pane tagliate fine, poi vi metterete un’altra coperta di formaggio suddetto tagliato, e dopo un’altra di pane da coprirsi con formaggio parimente grattato; di poi un’altra coperta di pane e finalmente il formaggio tagliato con pezzetti di butirro; bagnerete questa zuppa con il brodo di pesce d’acqua dolce e lo farete cuocere a fuoco lento, sotto e sopra, quando questa avrà fatta la piccola crosta di sotto e di sopra, e non vi sarà più brodo, prima di mandarla in tavola, ci rimetterete un altro poco di brodo e spezierie dolci; se poi la volete di grasso, la farete nella medesima maniera, servendovi però del brodo grasso, o succo o latte.
Si prenderanno le lenti secondo la quantità di zuppa che vorrete fare. Monderete e laverete bene queste lenti, e le farete cuocere nel buon brodo, e quando saranno cotte, le passerete per lo staccio e le condirete con il succo di buon gusto: poi si bagnerà il pane abbrustolito con brodo di pesce, e dopo getterete le vostre lenti nella terrina e le manderete a tavola, quali però non siano né troppo dense, né troppo liquide.
In una cazzarola contenente tre fogliette vi metterete un quarto di cavolo, un quarto di radice, due carote, sei cipolle, un sellero, un poco di erbette, due o tre rape, un mazzetto di acetosa, un altro di bieta ed un altro di cerfoglio ben legati insieme, una libbra di piselli, che invilupperete in un pannolino ben legato; farete bollire tutto insieme per lo spazio di tre ore o nel brodo di pesce e nel brodo di carne; di poi passerete tutto questo brodo nella stamigna e lo getterete nella zuppa di pane preparato nella terrina con la sua sostanza; e sopra detta zuppa vi getterete anche i piselli che erano inviluppati nel pannolino con un mezzo cazzarolo o di succo o di colì, e questa zuppa si fa di grasso e di magro.
Prenderete una libbra di piselli e li passerete con il butirro, cipolletta trita, maiorana, erbette, e quando sarà passata bene, la lascierete stare così, finché non avrete all’ordine la seguente roba, cioè:
Bieta, cerfoglio ed una carota, quali cose farete come la zuppa all’acqua, lasciandole bollire per tre ere; dopo di ciò le passerete nel modo sopraddetto, e la bollitura la metterete nelli piselli che di già avrete preparati, e li lascierete bollire sino a tanto che siano cotti; dopo prenderete li sparagi alquanto imbiancati nell’acqua bollente con sale, ma conviene usare attenzione, acciocché non passino molto, imperocché sarebbero scivolenti e perderebbero il gusto, di poi si caveranno subito e così scottati li triterete alquanto e li passerete con il butirro a giudizio polverizzati con un poco di cannella, e bagnati con il succo di pesce, e quando dovrete mandare in tavola questa zuppa, unirete piselli e sparagi sopra il pane al solito nella terrina.
Farete cuocere in una cazzarola con un brodo magro, selleri, porri, radiche di erbette, e non trovandovi le radiche, sono buone le medesime erbette, uno spicchio d’aglio ed un poco di menta; quando sarà tutto ciò cotto bene, e che sia macerato ben dal brodo, lo passerete nella stamigna: di poi si prenderà una libbra di lente e la farete cuocere in una pignatta, quale farete cuocere con quel brodo passato per stamigna, e quando sarà cotta, la passerete nello staccio con una
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mestola di legno; in appresso prenderete una mezza libbra di riso ben pulito, e tenuto per una buona mezz’ora a molle nell’acqua calda, e dopo passato con butirro, e quando comincia ad attaccarsi, vi metterete il succo o brodo, e quando leva il primo bollo, lo leverete dal fuoco e lo lascierete stare alquanto per fin che sarà cotta la composizione della lente, quale unirete con il riso, quando la dovrete mandare in tavola con la terrina; questa zuppa è buona di grasso e di magro.
Prendete una libbra di mandorle dolci, le quali metterete al fuoco con acqua calda per levarne la pelle, e quando son vicine a bollire per toglierne la pelle, si ritirano subito, e pelate gettatele nell’acqua fresca e fatele asciuttare con un panno, sfregandole alquanto, acciò siano bene asciutte dall’acqua, e poi prenderete un mortaio di pietra e le pesterete ben fine, acciò possa uscire bene la sua sostanza, e sempre si va bagnando con un poco di acqua, acciò non faccia l’olio: mettete in una cazzarola un mezzo di acqua, un poco di zucchero, secondo che al vostro padrone piacerà di dolce, pochissimo sale e un poco di canella, una scorza di candito o di cedro o di limone di cedrato tritato finissimo, dopo passerete tutto il succo della mandorla per stamigna, e lo farete bollire al fuoco per un quarto e mezzo di ora, andate sempre maneggiando la. vostra composizione con la mescola, acciocché non dia fuori dalla cazzarola bollendo; prendete poscia la vostra terrina e vi metterete dentro del pane tagliato a dado, versando sopra il pane il latte ben bollente di mandorle, coprite la terrina e mandatela in tavola: in questa guisa si fa il riso,
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la farinella, il farro e maccheroncini di Puglia, solo che deve bollire il latte di mandorle colle sopraddette robe.
Vi servirete d’un brodo ordinario, come è spiegato in principio di questo capitolo, e prenderete del più grasso di questo brodo un boccale in circa secondo le persone che debbono stare in tavola, come già dissi in addietro; poi fatelo bollire nel fuoco per mezzo quarto d’ora con mollica di pane della grossezza d’un uovo, prendete il petto di pollo già arrostito, della midolla e formaggio parmigiano grattato, e lo passerete nel mortaio di pietra bene affinato con poche mandorle dolci, sei mandorle amare, sei rossi d’uovo duri: essendo ben pistato ed affinato, metterete il tutto o nella stamigna o in uno staccio fino, passando ogni cosa con la mescola, aggiungendovi una mezza libbra di capo di latte, ed andate gettando a poco a poco il brodo da me accennato di sopra, sino a tantoché sia passata tutta la sostanza e tutto il brodo; poi vi metterete due cazzaroli di succo e farete le fette di pane, quali metterete nella terrina asciuttate prima al fuoco, ed indi vi getterete nella terrina la composizione; avvertite però che questa composizione non va bollente, ma bene scottante.
Per far bene gli alessi, e che sian di buona veduta e di buona pulizia, ci vuole grande attenzione, tanto nel manzo, quanto in ogni sorta di pollame. Per fare dunque un
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tozzo di manzo o di vitella lesso, convien prima bastonarlo bene, dopo di ciò si deve lavar bene coll’acqua calda, maneggiandolo e spremendolo bene, fintantoché divenga bianco e che dia fuori il suo sanguigno colore nell’acqua, di poi tornerete di nuovo a mettere la carne nell’acqua tepida, e si torna a fare come la prima, e poi lavandola nell’acqua fresca, la metterete nella marmita con acqua fresca, al fornello già preparato di carboni, e qui sta la pulizia, di schiumar bene la marmita del lesso, mentre non basta di schiumarla una sola volta, ma stare attento, persino a tantoché la marmita ne dia fuori l’ultima stilla, e in questa maniera il vostro lesso sarà bianco e di ottima qualità, e sempre tenerlo coperto e pieno di brodo, perché se sta scoperto, sempre vi va calando la polvere che in cucina non manca mai; in questa guisa si fan gli allessi di pollami di qualunque sorta: attesoché vi vuole di saper bene aggiustare un pollo per mandarlo in tavola o in altro modo: bisogna saperlo pulire dentro dalli suoi interiori, quanto al di fuori dalle sue piume, o in linguaggio ordinario chiamansi stolsoni di esse piume, e per pulirlo bene di ciò, bisogna accendere un fornello di carbone, e quando sia ben acceso si prende uno stecco di legno ben polito, si mette nell’apertura della parte bassa e si fa scampare nell’apertura del gozzo, aperta però di dietro il collo, tenendo colla punta dello stecco la punta della pelle del collo del pollo, ed andando voltando e rivoltando il pollo con diligenza, acciocché si consumino quei peli che oltre le piume si trovano, e oltre di ciò gli si deve rimettere il petto con buona simmetria e le coscie: gli si deve tagliar il collo con la sua testa e giunture dell’ale, e così ridurre il pollo o altro animale volatile domestico:
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tutti vanno bene aggiustati, o sian per lessi, o sian per umidi, o sian per arrosti, e si debbono aggiustare con buona simmetria, tutti vanno pelati asciutti senz’acqua bollente; questi lessi, quando si debbono mandare in tavola con una buona e perfetta pulizia, bisogna che li cavate della marmita, gettiate loro un poco di brodo sopra e dar ad essi una raschiata con il taglio del coltello, e tornando con il brodo a ribagnarlo di nuovo, e scolato che avrete il piatto dell’allesso, prenderete un asciuttatore bianco e lo asciuttarete diligentemente, e metterete intorno dell’allesso delle erbette, e questo in qualunque sorta di allesso, o sia di grasso, o sia di magro.
Sopra il modo di fare qualunque sorta di fritti, o in bianco o di colore, di magro, di erbe e di pesce.
Si prende il cervello di manzo, di vitella o qualunque altra sorta, e si prolessa con un poco di sale, e secondo la qualità della bestia si deve far bollire per farlo arrivare alla sua cottura; poi ne farete le fette secondo il vostro genio, poi sbatterete due uova secondo la quantità del cervello in una pignata, rosso e chiara insieme, e vi metterete un poco di sale, un pizzico di farina e lo sbatterete per la seconda volta, acciocché s’incorpori bene ogni cosa; dipoi prenderete il cervello e lo metterete in un piatto alquanto cupo, e che il detto cervello sia prima infarinato, e vi getterete sopra gli uovi sbattuti e li farete
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incorporare insieme; dopo di ciò prenderete una padella ben pulita in cui porrete il distrutto a giudizio, secondo la quantità del cervello che dovrete friggere, e dovete stare attento di rivoltare spesso ed a suo tempo il medesimo fritto con la mestola, e quando è arrivato bene, deve il medesimo suonare, come se fosse carta; e questo metodo di friggere deve servire per ogni sorta di fritture, tanto di grasso, quanto di magro.
Prenderete uno o due uovi, li sbatterete in una cazzarola, dove metterete un buon pizzico di farina, un poco di latte e l’affinerete bene insieme; in oltre metterete cipolla trita, maggiorana trita, raspatura di limone e tornerete ad incorporarle insieme, e dopo nella detta composizione vi metterete il cervello infarinato come sopra. Questa istessa composizione serve a friggere carote, pastinache, persiche, bericuocoli, fichi immaturi, noci immature ed altro, e per distinguere bene tutte le sopraddette robe, come si debban cuocere prima di friggerle, io qui vi dirò la maniera che consiste prima nel lessarli e farli arrivare alla sua cottura, secondo le sue specie, perché chi vorrà più cottura, e chi ne vorrà meno; così bisogna che regoli il giudizio di chi vuole esercitare il mestier di cucinare; soloché in ogni sorta di lessatura di ogni sorta di erbe o frutti sempre vi va un poco di sale: dopo lessata, che sia ogni sorta di erba di frutto, fuorché non si lessan meloni, mela, bericuocoli, persiche e gli altri tutti, e dopo passati e scolati bene dalla sua acqua, si passan al fornello con butirro, erbe di odore, spezierie dolci, succo, sia di grasso, o sia di magro, dopo passate
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così tutte le sopraddette robe, che vanno lessate e passate, così nel modo suddetto le farete scolare dalla sua sostanza, e tagliate secondo il vostro gusto, le metterete in un fornello di carbone, che sia ben acceso, e quando la vostra padella comincia fumare, ma guardate che questo fumo non sia tanto denso, né tanto poco, e per questo dico che il friggere bene non sia di tutti, mentre bisogna capire il suo punto, e quando vedete tal disposizione, mettete le vostre fritelle nella colletta e poi nella padella, e se sono arrivate a colore, levatele e datele del zucchero; state attento che non sobbogli l’olio, o lo strutto che sia, mentre dovete alzare la vostra padella diligentemente, acciò non vi dia fuori, e quando voi sentite con la cucchiara che il calamaro, o pesce che sia, dà segno e suona di essere asciutto, voi cavatelo in una scolatura, acciò sia bene scolato di olio, e dategli poco sale; così si fa d’ogni altra sorta di pesce, e va servito d’intorno al piatto con delle erbette fritte o salvia fritta. Con questo istesso metodo si frigge ogni sorta di erbaggi, radiche ed altro come in addietro avrete trovato descritto in grasso, fuorché bisogna dargli la sua sostanza di magro; onde, caro lettore, bisogna che stiate attento ad ogni capitolo, che in questo modo capirete il modo e la maniera di disporre e ben cucinare.
Prendete dell’ostie secondo la vostra quantità che ne dovete fare, e le taglierete tonde, quanto è larga, e rotonda una grossa piastra, e ne farete tante che vanno al di sotto, quante ne vanno al di sopra, che debbono andare
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due per due, e in una che va al di sotto vi metterete della marmellata in mezzo di essa ostia per la quantità di un mezzo baiocco, che sia alquanto rilevata; dopo di ciò bagnerete coll’acqua la stremità di un dito e bagnerete intorno intorno la rotondità dell’ostia, e subito vi presenterete il suo coperchio, che già avrete preparato al di sopra, e l’andrete attaccando d’intorno intorno; dopo finite tutte le sopraddette frittelle, farete una pastella in questa forma. Prendete un poco di farina, stemperatela con un cucchiaio di vino, un cucchiaio di olio dolce e poco sale, e scioglietela con dell’acqua, tantoché venga una colla liquida, e quando sarà ora di andare in tavola, vi metterete a friggere le dette frittelle in questa forma. Prenderete l’ostia da me accennata e la metterete nella pastella sino a tanto sia alquanto mollata, e rimenandola sotto sopra quando si sia attaccata la detta pastella, e quando lo strutto o olio sia arrivato al suo punto, getterete le frittelle nella padella, e rimenando la padella, vedrete che cominciano a gonfiare, allora le volterete sotto sopra, che quando saranno a colore di oro, le levarete dalla padella; e polverizzate di zucchero, le manderete in tavola; di questa pastella si deve servire per qualunque radiche, o siano di carote, o di pastinache, gobbi, selleri, lattuche, persiche, mela, bericuocoli, ma le radiche sempre vanno prelessate e passate nelle sue sostanze, come già descrissi di sopra.
Prendete una cazzarola con del brodo, o latte, e la farete bollire con quattro oncie di buon butirro e poco sale, e quando bolle, vi metterete della farina e la
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maneggerete con una mestola di legno, tantoché non vi siano grani di farina, e l’andrete sempre maneggiando presto; sinché sia bene affinata nel fuoco, starete attento che non si attacchi al fondo della cazzarola, e quando sarà ben maneggiata, prenderete un’oncia di butirro e lo metterete nella medesima, dove andrete distaccando la pasta dal fondo di essa, e quando la pasta sarà bene distaccata, la metterete nella tavola della pasticcieria, dandole una vera spianata colla palma della mano; poi la lascierete bene raffreddare, e raffreddata che sia, la maneggierete, come la pasta delle lasagne; dopo di averla così rimenata per un quarto d’ora, vi metterete quattro rossi d’uova, andandola rimediando nella medesima maniera peraltro mezzo quarto d’ora, tornando così a metterci altri quattro rossi d’uova, andando per altro mezzo quarto d’ora, dopo tornando a metterci altri quattro rossi d’uova, e tornando a maneggiare come prima; dopo prenderete un piatto di tortiera e vi metterete la pasta, spianandola in esso piatto come una pizza, e quando la vorrete friggere, la taglierete con il rampino d’una cucchiara bugata, o un ferro fatto a posta. Conviene però avvertire che l’oglio, o strutto, o butirro non sia tanto gagliardo di fuoco, ma conviene che vadi a fuoco lento, mentre questa pasta deve alzare assai, e trovandosi con fuoco impetuoso, si farebbe rossa e non alzerebbe. Per conoscere quando saranno cotte, devono le medesime suonare ed aver il color d’oro chiaro. Si regoli nel mettere i rossi delle uova, perché se la pasta è meno, ci vuole meno de’ rossi d’uova, e va mandata in tavola calda assai e polverizzata di zucchero.
Prendete un pugno di farina, che stempererete con tre uovi intieri, o sei rossi, quattro marzapani infranti, un poco di scorza di cedro candito e tritato fino, una quarta di foglietta di latte, altrettanto di capo di latte e tre oncie di zucchero; fate cuocere il tutto a fuoco in una cazzarola per un quarto di ora, tantoché la crema divenga ben densa; mettetela a raffreddare, versandola sopra ad un piatto infarinato, mettendole anche sopra della farina, dopo averla distesa dell’altezza di un dito; quando essa è fredda, tagliatela in piccioli pezzi per renderli rotondi nelle mani con farina, fatela friggere ben calda, ed inzuccheratela e servitela calda in tavola.
Mettete in una cazzarola un pezzo di butirro grosso come un uovo, un poco di cedro condito e grattato fino, un poco di caffè quanto ne vada in un cucchiaio, e si prende detto caffè, che sia passato per staccio della regina, tre oncie di zucchero, un poco di sale, tre terzi di foglietta di acqua, lasciate bollire tutto insieme per un momento e poi mettete dentro tanto di farina, quanto ne porta per fare una pasta alquanto densa, e spesso rivolgetela bene sopra il fuoco con una mestola di legno, finche si attacchi alla cazzarola; allora versatela prontamente in un’altra cazzarola, stemperandovi due rossi d’uova per volta; rivolgendo bene la detta pasta con la mestola e metterete due altri rossi d’uova, finché diventi molle la pasta; indi mettetela sopra un piatto e distendetela con un coltello all’altezza di un
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dito; farete scaldare dello strutto, o butirro, o olio dolce, perché queste frittelle di qualunque sorta possono servire tanto di grasso, quanto di magro fuorché le vigilie; basta a friggere secondo l’ordine che vi si darà: che questo fritto non sia ne tanto scottante, né tanto freddo; e acciò vi venghi bene, immergete il manico di una cucchiara sbucata nella padella, dove sarà il grasso, e prenderete della pasta con l’attaccaglio di essa cucchiara e la getterete nella padella della grossezza di una noce, e fatela cadere nella padella; fatele friggere tutte così a piccalo fuoco, rivolgendole continuamente; quando sono bene elevate e di bel colore servitele calde, dopo di averle bene polverizzate di zucchero; se sono ben fatte, debbono essere leggiere e vuote di dentro. Potete ancora agiustarle in un’altra maniera, cioè per friggere la suddetta pasta, fate de’ piccoli mucchietti della grossezza di una noce, gli uni vicino agli altri, attaccandoli insieme in un pezzo di carta bianca, e quando sarà la padella al tiro, vi metterete con diligenza la carta, in cui avrete formato le frittelle, e quando la carta si distaccherà da esse resteran le frittelle attaccate in quella forma in cui l’avrete attaccate; rivoltatele con attenzione, e quando saran di buon colore, cavatele, polverizzatele col zucchero e mettetele in tavola calde.
Prendete quattro oncie di butirro, mettetelo in una cazzarola con mezza foglietta di latte e fate bollire insieme ogni cosa: quando bolle, metterete un poco di farina e sale, e le farete così bollire per lo spazio di un quarto, sempre maneggiate, acciò non si attacchino al fondo della cazzarola; dopo prendete un pugno di spinaci prima lessati in acqua,
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e tritati fini e passati con butirro e spezierie dolci, e ciò fatto, li getterete nella cazzarola, dove avrete fatto la composizione, e maneggiando insieme ogni cosa, vi potete aggiungere quattro uova, un’oncia e mezza di formaggio parmigiano, e tornate a menarla nella cazzarola al fornello, acciocché si unisca bene la pasta, e la minestrerete nella teglia, o tortiera, che sia per fino che non sia fredda; la taglierete o a mustacciolo, o in qualunque altro modo che a voi piacerà, e poi, immergetela nella pastella fatta come quella dell’ostia, friggetela come sopra.
Mondateli qualunque che siano, se sono pomi, tagliateli in quattro parti, e il simile le pera, e levate i semi, aggiustateli con proprietà e metteteli in infusione in acqua vita, zucchero, in giulebbe, scorza di limone e un poco di raschiatura di limone, quando avrà preso il buon gusto, lasciateli scolare in un crivello, poscia metteteli con farina, e infarinati che saranno, fateli friggere di buon colore ed aggiacciateli con zucchero e paletta infocata. Le persiche si fanno nell’istessa maniera, e parimente le mela solo che queste s’immergono nella pasta delle frittelle dell’ostia; così si fa il melone, ma prima si deve mettere in infusione nell’acquavite.
Prendete il Portogallo e levategli la superficie della scorza attorno con un picciolo coltello, e tagliato in quarti per
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levarli tutti i grani, e metteteli a cuocere con alquanto di zucchero e acqua, da poi levate i quarti del portogallo e farete scolare, come le altre frittelle di frutti; dopo di ciò le immergerete nella pasta; come quella delle frittelle dell’ostia e la friggerete che sia di bel colore, agghiacciandola con il zucchero e con la paletta infocata passata al di sopra alla frittella. Per dare ad intendere che cosa sia il ghiacciare il zucchero, si è questo, che gettando il zucchero sopra cadauna frittella, dopo prendendo una paletta infuocata si tocca sopra la frittella; mentre toccando la paletta il zucchero lo fa ghiacciare, e in lingua comune si chiama di darli il brulè, e in questo modo il dare il ghiaccio con il fuoco alle frittelle, bisogna avere la diligenza di darlo ad una ad una, acciò sieno di buon gusto egualmente tutte.
Mettete in una cazzarola tre oncie di farina di riso, due uova ed un boccale di latte, avvertite che prima si mette la farina di riso nel fondo della cazzarola, e con una mestola si va girando, e mettendo il latte, quando sarà diventato come una colla liquida, vi si sbattono otto rossi d’uova e tre oncie di zucchero: dopo finirete di mettere il latte che vi resta, mescolando; così fatelo cuocere sopra il fornello, e bollendo rivolgete sempre per una a due ore, finché sia bene stretta, e poi levatela dal fuoco, mettendovi del cedro candito tritato, una raspatura di limone per dargli l’odore, un poco di sale, un poco di anisi crudi; essendo tutto bene mischiato, stendete sopra un piatto infarinato la crema, spargendovi sopra dell’altra farina; quando sarà fredda, tagliatela in piccoli pezzi secondo
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la vostra idea. Poi rotondandoli con le mani della grossezza che a voi piacerà, fateli friggere alla padella in una frittura ben calda; allorché sono ben coloriti, ritirateli prontamente per rivolgerli nel zucchero polverizzato fino.
Fate immergere per un’ora le foglie di viti nell’acquavite, poi fatele scolare mettendovi dentro un poco di crema, qualunque si sia di queste che io ho già accennato, che invilupperete bene con le vostre foglie, immergendole in una pasta come le frittelle di ostia.
Mettete in una cazzarola due buoni cucchiai di farina, che stempererete con quattro uova intiere, e un poco di sale, due oncie di zucchero del candito di cedro verde e scorza di limone raspato, una foglietta di latte ed altrettanto di fior di latte, che si chiama panna; fatela cuocere a fuoco lento, rivolgendo sempre; quando sarà cotta e bene stretta, stendetela sopra un piatto, che sia infarinato; subitto che sarà fredda, tagliatela in piccoli pezzi a guisa di pasticcetti nella pasta fatta, come siegue. Mettere in una cazzarola due cucchiai di farina, un cucchiaio di acquavite e un poco di sale stemperato con due uova, fateli friggere e serviteli giacciati di zucchero, facendo passate la paletta infuocata sopra dette frittelle.
Mettete sopra alla tavola nella pasticcieria mezza libbra di farina, butirro oncie tre, un poco di sale, incirca mezzo bicchiero d’acqua, impastate bene la pasta, poi stendetela molto sottile, tagliandola con il coltello, con cui si taglia la pasta dei pasticcii, mettete su di chiascheduna un pezzo di crema di qualunque sorta, soprammettendovi un pezzo di pasta, come sotto, bagnando i bordi, incollandoli insieme, premendoli all’intorno, acciò non si possino aprire con il friggere; fateli friggere di bel colore, ghiacciateli con il zucchero e la paletta.
Fate bollire una foglietta di latte, che ridurrete a metà con un poco di zucchero, un pizzico di farina, un poco di sale, un mezzo cucchiaio di acqua di cedro ed un poco di cedro candito tritato; prendete della mollica di pane tagliata della grandezza di un baioccone, mettetela nel latte per farla bagnare, e quando saranno inzuppate le fette di pane, mettetele a scolare, poi infarinatele e friggetele, agghiacciandole, come sopra con la paletta infuocata; in queste frittelle bisogna capire che quando voi vorrete mettere il pane grande, quanto un baiocco, prima bisogna stringere la composizione al fuoco e poi attaccarla al pane dopo scolato dal latte; di poi s’infarinano e si friggono, mandandole in tavola calde con zucchero polverizzato.
Mettete in una cazzarola una foglietta di crema fatta, una foglietta di latte, un poco di sale, quattro oncie di cedro candito trito finissimo: fate bollire e ridurre il tutto a metà, e poi aggiungete tre grandi cucchiai di farina che stempererete diligentemente nel fuoco con la composizione detta di sopra, e mescolerete sino che sia bene sussistente; la leverete dal fuoco per metterla su la tavola, dove la stenderete bene con un legno, finché sia sottile più di un baioccone; poi la taglierete in quadrelli, i quali friggerete e li lascierete raffreddare come sopra.
Le quali sono per numerazione, acciocché ogn’uno con facilità possa imparare le sue composizioni sì di grasso, che di magro, avvertendo che quelle salse, che debbono servire di magro, in vece di brodo, sugo e colì di carne, si adopera brodo, colì di pesce, come avrete trovato al suo Capitolo di gettar succo e colì di pesce.Queste salse si debbono per lo più mettere sotto gli umidi e negli arrosti sì di carne, che di pesce, solo che in qualche piatto di erba, in cui van gettate sopra; e certamente dalla prima sino all’ultima salsa, secondo il buon gusto di chi lavora e la sua buona idea, non potrà mai accadere che la salsa non accompagni il suo piatto.
Prendete una cazzarola, dove metterete un bicchiere di buon brodo, un cucchiaio di caffè, con un cucchiaio e mezzo di aceto che sia gagliardo, sale, pepe dolce e butirro due oncie; stempererete il tutto con farina, con due pugni di pimpinella, o pure cerfoglio, o indivia riccia: farete bollire ogni cosa insieme nell’acqua un momento, poi spremerete bene queste erbe e le triterete fine, mettendole nella salsa con un pizzico di farina, facendole unire insieme sopra il fuoco, e quando questa salsa sarà ben cotta, la passerete per lo
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staccio, e di questa potete servirvi per porre sopra gli arrosti.
Questa si fa mettendo del succo colato in una cazzarola con un buon bicchiere di vino bianco ed altrettanto di buon brodo, con mazzetto di erbette, cipolletta, due spighi d’aglio, due garofani, una foglia di lauro, quattro coriandoli, due cucchiai d’oglio, una cipolla in fette, una radice ed una pastinaca; farete bollire tutto quasi due ore a fuoco lento; indi la sgrasserete e poi la passerete nella stamigna, o staccio, e la condirete con un poco di pepe; questa salsa è buona per Piccioni in umido, braciuole, Pollastre e Quaglie.
Metterete in una cazzarola un boccale di brodo con un bicchiere di vino bianco, due fette di limone, due garofani, un spico d’aglio, una foglia di lauro, erbette, cipollette, una cipolla vecchia ed una radice; farete il tutto bollire per lo spazio di un’ora e mezza, riducendo a una salsa che vuol dire farla calar tanto che resti, e sia bastante per servirsene per quel servizio che voi volete mandare in tavola. Arrivata che sia la detta composizione, la passerete per lo staccio, premendola con la cucchiara di legno, per fintanto che sia passata tutta, dopo di ciò vi metterete un poco di sale, pepe dolce, un rosso d’uovo tosto tritolato, un poco di erbette tritate fine; questa salsa serve per i petti di capretto, di agnello, di mongana e dei tocchini, galline ed altri petti.
Mettete in una cazzarola un poco di succo, altrettanto di brodo, un mazzo di erbette trite, due fegati di Agnello, o altro fegato in mancanza di esso; fatelo cuocere prima di metterlo nella composizione con un poco di cipolletta e butirro, e due alici pulite e cappari, il tutto ben tritolato, tutto fate friggere in un’altra cazzarola; dopo mescolato tutto e fatto bollire insieme, conditelo con spezierie dolci, conforme dissi di sopra.
Prendete una cazzarola, e vi metterete un bicchiero di buon brodo, un cucchiaio di caffè, un cucchiaio e mezzo di aceto, che sia gagliardo, sale, pepe dolce e butirro due oncie; stemperate il tutto con la farina, con due pugni di pimpinella, o pure cerfoglio, o indivia riccia: fate bollire ogni cosa insieme nell’acqua un momento, dopo spremetele bene, e poscia tritatele fine, e mettetele nella salsa con un buon pizzico di farina facendole unire insieme sopra il fuoco, e quando sarà ben cotta questa salsa, la passerete per lo staccio, e ve ne potete servire per gli arrosti.
Questa si fa mettendo del succo colato in una cazzarola con un bicchiero di vino bianco, ed altrettanto di buon brodo, un mazzetto di erbette, cipolletta, due spichi di aglio, due garofani, una foglia di lauro, quattro coriandoli, due cucchiai d’oglio, una cipolla in fette, una radice, ed una pastinaca:
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fatela bollire quasi due ore a fuoco lento; indi disgrassatela, per poi passarla alla stamigna, o staccio, conditela con un poco di pepe; questa salsa sarà buona per piccioni in umido, braciuole, quaglie, e pollastri, e fatela unire alla salsa sopra il fuoco, la servirete, dove a voi più piacerà.
Questa salsa si fa mettendo al fondo di una cazzarola quattro fette di lardo, un poco di vitella magra fettata a dadi, se non si trova il carpio vi metterete due quaglie, e se fosse a tempo de’ storni, o pure porciglioni, vi servirete di essi, che questi animali hanno del salvatico, mentre questa salsa deve avere il gusto del salvatico; dunque mettete nella cazzarola uno di questi animali volatili, una cipolla vecchia, due cipolle trite ed una radice; passerete tutto sopra ad un fuoco lento per lo spazio di una mezz’ora; quando sarà alquanto attaccato alla cazzarola, bagnatela con un bicchiero di vino bianco, un cucchiaio di succo colato ed altrettanto di buon brodo e una foglia di lauro; fate bollire ogni cosa insieme e la ridurrete in una salsa, e disgrassatela bene, dopo passatela allo staccio con mestola, conditela con sale e pepe dolce; questa serve per il porco cignale e altri animali salvatici fatti in umido.
Mettete in una cazzarola due cucchiai di olio dolce, quattro funghi triti, con erbette, cipollette ed una foglia di lauro, uno spico di aglio, due garofani: passate tutto sopra il fuoco e fate unire la salsa sopra il fuoco, e ve ne servirete, dove vi piacerà.
Triterete due rossi d’uova tosti mettendone la metà nella cazzarola con un anice e capperi tritati, un bicchiero di brodo, alquanto di pepe dolce, un poco di sale, un poco di butirro quanto un’oncia e mezza, stemperandovi dentro un buon pizzico di farina; fate stringere la salsa sopra il fuoco, quando sarà stretta, la metterete sopra di un pezzo di carne fatta alla Genovese, e vi potete mettere sopra alla detta salsa l’altra metà delle uova dure che vi saranno restate, tritate, conforme vi dissi di sopra; questa salsa è buona per mascherare degli Entrèes, che fanno bella comparsa.
Mettete nella cazzarola un’oncia e mezza di butirro, e vi metterete un pizzico di farina stemperata con un bicchiero di buon brodo, un’alice trita, de’ capperi fini, che siano intieri, sale, pepe dolce e due cipollette intiere: fate stringere questa salsa sopra il fuoco e levatene la cipolla avanti di mandarla in tavola.
Fate bollire a fuoco lento per una mezz’ora un bicchiero di vino bianco, con altrettanto succo, due fette di mollica di pane tritato fino, un’oncia di butirro, due cipolle ed erbetta: mettetevi sale, spezieria dolce e succo di agresta; passatela con la stamigna con una cucchiara di legno; questa salsa serve per agnello in umido.
Prendete la menta, aglio, erbetta, pistatele bene in un mortaio di metallo ed affinatele bene: dopo di ciò prenderete, una mollica di pane fresco, la metterete in molle in aceto, di poi la spremerete da esso aceto e la metterete nel mortaio, dove avrete la composizione, e tornerete a pistare e affinare sino che diventi una pasta verde; dopo vi metterete il zucchero adattato al gusto e lo stempererete con aceto, e la passerete per lo staccio; avvertite che questa salsa non deve essere né troppo densa, né troppo liquida, né troppo piccante, né troppo dolce; questa salsa serve per i frutti, per gli allessi, e per gli arrosti.
Prendete del prosciutto tagliato a dadi e passatelo con un poco di butirro; fatelo passare sopra il fuoco in una cazzarola, tenete della salvia fresca e tritata fina; quando sarà alquanto soffritta, vi metterete la salvia trita e la tornerete di nuovo a soffriggere: dopo di ciò vi metterete l’aceto e la farete bollire per un minuto, e dopo vi metterete il zucchero adattato al gusto, che non sia né troppo dolce, né troppo piccante: stemperate un pizzico di farina, con un poco di succo senza sale e lo getterete nella composizione: disgrassatela bene e mandatela in tavola; questa salsa serve per piccioni in umido, per crostini serviti a mustacciolo, pagnottine alla spagnola, alla lingua portoghese, ai petti di cappone, tocchini e petti di altri polli domestici.
Mettete in una cazzarola un bicchiero di buon brodo con alquanto di aceto, sale, spezieria dolce, tre rossi d’uova duri tritati, del butirro quanto un’oncia stemprato con un pizzico di farina, fate stringere la salsa al fuoco; questa salsa serve per uova infrittellate al bianco, se si voglian fare alla parmigiana.
Prendete il butirro per la grossezza di un’oncia, che stempererete con erbetta trita, cipolletta trita, un poco di pane grattato ben fino; mettete il tutto in una cazzarola con un bicchiero di brodo, altrettanto di vino bianco, facendolo alquanto bollire, conditelo con sale, spezieria dolce e succo di aggresta e grattatura di limone; servitela sopra i petti di agnello e pollastri in umido.
So già che mi spiegai nella regola che deve tenere il Cuoco circa l’economia, tanto nello spendere, quanto nel cucinare: tanto più io debbo avvisare i dilettanti di tal professione, mentre non essendo ancora capaci, benché in altre pagine io abbia scritto, che nel mestier della cucina vi vuole il discernimento di considerar bene quello che può bastare per una tavola di dodici persone, e sarebbe uno sproposito di farlo bastare per persone venti; così quello che basta per una sola persona, non può bastare per due; onde in questo discorso vengo a spiegarvi che volendo dilettarvi di cucinare, bisogna che abbiate discernimento di considerare che in questo libro
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da me dato alla luce, dove troverete una composizione, un boccale di latte, dove tre oncie di butirro, e dove troverete altre sorte di robe; voi che dovete sapere quante persone debbono essere in vostra tavola e che dovete servirla, dovete regolarvi: e secondo le persone crescere e sminuire, che così non sarà di aggravio al padrone e non rimetterete di vostra coscienza, e lavorerete con economia, perché in tutto questo mio libro non vi sarà sprechia né di carne, né di altro commestibile; solo metto io le sue dose giuste, ma non posso però entrare né al più, né al meno delle persone che voi dovete servire in tavola, onde a voi tocca di regolarvi.
Mettete in una cazzarola immonda di butirro, alcuni funghi, una cipolla, una carota, una pastinaca, uno spico d’aglio: passate il tutto al fuoco, mettendo un buon pizzico di farina, bagnata con un bicchiero di brodo ed altrettanto di vino di Sciampagna; fate bollire il tutto per lo spazio di un’ora, di poi disgrassatela e passatela alla stamigna; fate bollire una mezza foglietta di latte con un poco di mollica di pane, e allorché il pane sarà bene imbevuto di tutto il latte, passatelo in una stamigna, premendolo con un cucchiaio di legno; quindi mettetelo nella salsa con sale, spezieria dolce e la salsa e la composizione che vi ho descritta di sopra; questa salsa serve sotto alle costollette dl agnello fatte fritte, o pure arrosto.
Mettete in una cazzarola un mezzo bicchiero di brodo, con altrettanto di succo, ed
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alcune fette di limone il suo acido e un’oncia di butirro; stemperate il tutto con un pizzico di farina, sale, un poco di pepe forte; fate il tutto stringere al fuoco, e dopo stretto spremeteci un mezzo limone. Tal salsa la metterete sopra a cavoli fiori o bastardoni; la mandarete in tavola calda, e tanto i cavoli, quanto i bastardoni.
Mettete in una cazzarola una mezz’oncia di butirro, che stempererete caldo con un pizzico di farina, due alici, o sardelle trite, pepe, capperi fini intieri, due cipollette intiere, bagnate a poco a poco con un poco di succo di buon colore, la qual salsa farete andare stringendo al fuoco, e se mai la salsa fosse troppo stretta, metteteci altro poco di brodo, e quando la dovete mandare in tavola, levatene le cipollette; questa salsa può servire per allesso di pesce e sopra un pollo lesso.
Mettete in una cazzarola erbette, uno spico di aglio, un’alice, quattro cappari; il tutto ben tritato con poco di pepe dolce: stemperate il tutto con un poco di senape, olio ed aceto.
Mettete in una cazzarola mezz’oncia di butirro, due cipolle infrante con il piano di un coltello, una carota ed una pastinaca; tagliate in fette uno spico di aglio, due garofani, una foglia di lauro, un poco di timo, che sia del fino, un poco di bassilico; passate il tutto al fuoco, finché comincia a colorire,
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mettendovi un buon pizzico di farina, bagnatela con un bicchiero di vino rosso ed un bicchiero di acqua, un buon cucchaio di aceto, facendo bollire il tutto per una mezz’ora; disgrassatela bene, poi passatela allo staccio mettendovi del sale e pepe. Serve questa salsa per un turbante di cavolo e un umido di vitella in braciuoloni.
Prendete maiorana, bassilico, un rametto di timo fino e insalata bianca riccia, dopo di averla ben mondata e ben lavata, prenderete una cazzarola, dove vi metterete un’oncia di butirro, o se di magro, un’oncia di olio dolce; dopo di ciò triterete due o tre cipollette facendole soffriggere per un momento, e le ritirerete dai fuoco, per sino a tanto che avrete messo in ordine la detta insalata, alla quale farete dare un bollo in acqua, dopo di ciò mettetela in acqua fresca, e spremuta la pisterete con il coltello e la passerete al fornello, dove metterete il butirro con la cipolletta tritata e conservata, e vi metterete tutto ciò che avrete imbandito di erbe odorose, con bassilico, timo, maiorana; passato ben tutto al fuoco, lo ritirerete, lo pisterete in un mortaio, e pistato che sia lo passerete per uno staccio; dopo tornerete a passar in un’altra cazzaruola con un’altra mezz’oncia di butirro e un mezzo bicchiero di buon brodo e un mezzo bicchiero di succo; stemperate tutto, fategli dare due bolliture, e mettendo nella salsa sale, cannella pista, noce moscata gratata ed un cucchiaio di senape, facendola incorporare insieme, la manderete in tavola calda, dopo averla sgrassata bene, in un pezzo di cosciotto di castrato di montagna alla Genovese.
Mettete in una cazzarola, se è di grasso, del brodo grasso, se di magro del brodo magro, della mollica di pane, un mazzetto di erbette e di cipollete e una cipolla intiera, uno o due spichi di aglio, timo, lauro e due o tre garofani, un poco di grattatura di noce moscata, quattro funghi intieri, un bicchiere di vino bianco, sale e pepe, fate bollire il tutto insieme e lo ridurrete a metà; passerete questa salsa per la stamigna per estrarne come un succo colato, e quando sarete per servirvene, metterete insieme tre rossi di uova con un poco di latte, tornandola a farla unire con la salsa; avvertite che non vi faccia de’ stracci, che deve essere come il brodetto; questa salsa serve per agnello in fracassè, e piccioni, pollastri e pesce in umido.
Mettete in una cazzarola due cucchiai di agresta, altrettanto di succo colato, sale, pepe, della cipolletta trita fina, fate che questa salsa sia ben chiara, facendola scaldare; questa salsa serve per l’arrosto alla graticola e pesce arrosto.
Mettete in una cazzarola due cucchiai di olio dolce, cipolla e funghi tritati, due spichi di aglio intieri; passate il tutto sopra il fuoco mettendovi un pizzico di farina, bagnatela con cazzarolo di brodo ed un bicchiero di vino bianco, spezierie dolci ed un mazzetto di erbette; fate bollire bene ogni cosa a fuoco lento per mezz’ora, disgrassatela bene, non vi lascierete olio, acciò venghi pulita e
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leggera, levatene il mazzeto d’erbette e aglio, servendo in ciò che voi giudicherete a proposito.
Mettete in una cazzarola un’oncia di butirro con un cucchiaio di buon brodo e un poco di farina, fate arrossire la farina sopra il fuoco, ma che vadi a fuoco lento, quando sarà di bel colore; ma bisogna avvertire di sempre maneggiare la farina ed il butirro che avrete messo nella cazzarola con un cucchiaio di legno, e quando vedrete che la farina sarà arrivata al color di cannella, vi metterete tre cipolle tritate fine; soffritte che saranno le dette cipolle, dopo bagnatele con brodo disgrassando bene la salsa, e quando sarà vicino per darla in tavola, metteteci nella salsa sale, spezierie, un poco di aceto, un cucchiaio e mezzo di senape, ma il cucchiaio sia di quelli, con cui si prende il caffè; questa salsa serve per braciuole di maiale e polli d’India, o animali selvatici.
Metterete in una cazzarola due buoni pugni di pane grattato fino e passato per lo staccio grande, del butirro grosso quanto un mezz’uovo, un cucchiaio di olio dolce, della cipolla trita, sale e pepe dolce, un poco di succo di agresta a sufficienza per chiarificare la salsa, la farete scaldare al fuoco per farla alquanto densa, mescolatela sempre con la mestola di legno: questa salsa può servire di grasso e di magro per ogni sorte di vivande che voi considerate che voglia il piccante.
Mettete in una cazzarola un bicchiero di buon vino bianco, la metà di un limone tagliato in fette, un pugno di pane grattato fino, due cucchiai di olio dolce, un mazzetto di erba, cipolletta e due spichi d’aglio, un poco di erbe chiamate serpentine e due garofani, un poco di brodo, sale e pepe; farete bollire il tutto insieme a fuoco lento assai per un quarto d’ora, disgrassandolo bene: questa salsa serve per tutta la cacciagione salvatica, passata però prima alla stamigna.
Prendete delle olive conce verdi e tornitele vicino all’osso, con il coltello levato che avete l’osso, ne pisterete più della metà o con il coltello o al mortaio, che in tutte due le maniere si possono servire; dopo prenderete un’oncia di butirro e una mezza scalogna, o pure cipolla ben tritata, e spremuta la passerete in una cazzarola, dopo di averla ben soffritta, vi metterete le olive tritate finissime e le farete bollire in una cazzarola di buon succo, pepe garofolato: e quando comincierà a bollire la salsa, vi metterete le altre olive senz’osso che vi saranno restate; questa salsa serve per anitre, lingua, pollastri, piccioni e braciuolette.
Questa salsa benché sia antica ho stimato di scriverla, atteso che ha in sé stessa un buongusto. Prenderete un’oncia di pignoli abbrustoliti di colore di cannella, li pisterete in un mortaio; ma fate con diligenza
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nell’aggiustarli; mentre il pignolo tiene in sé stesso molto olio, bisogna andar sempre strigolandoli con il pistello e bagnando con il succo, e quando saranno bene mischiati, li passerete per lo staccio, dopo di ciò prenderete una mezz’oncia di butirro in una cazzarola, la metterete al fuoco, quando sarà alquanto calda, vi metterete un pizzico di farina e la maneggiarete con il cucchiaio di legno per sino a tanto che venga colorita simile al pignolo abbrustolito; dopo vi metterete un cazzaruolo di succo ed il pignolo passato per lo staccio; lasciandola bollire per un buon quarto d’ora; sgrassatela bene e spremeteci un succo di limone, questa salsa serve per più sorte di umidi.
Mettete in una cazzarola un cucchiaio d’olio fino, una foglietta di brodo, un bicchiere di vino bianco; farete bollire il tutto insieme e lo ridurrete quasi a metà; metterete dentro alla detta composizione la pimpinella, erba serpentaria, cerfoglio, erbetta, scalogna, due o tre spicchi di aglio, il rutto ben tritato insieme, sale, spezierie dolci: fate bollire il tutto per un momento e vi metterete una cazzarola di succo colato, che darà maggior gusto alla salsa; questa salsa vi può servire per una salsa verde bastarda e piccante; e qui terminano le salse.
Per spiegar bene le parti principali del manzo non voglio contrastare e raccontare minutamente i pezzi di beccheria usati dal basso popolo, per aggiustare i quali si serve di
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molto sale, pepe, aceto, aglio e cipolle, per togliere al manzo il suo gusto. Ecco ciò che più è in uso appresso le persone civili che tengono buoni ufficiali di cucina, in primis dei manzo sono buone le cervella, la lingua, il palato, la rognatura e la culatta: vi è la rosa, la racchetta di dentro alla coscia, il lombo, il fianco e le coste malfesse; queste sono le parti più servibili per la cucina, si fanno buoni lessi, ma bisogna ammaccarle bene con il bastone, come già dissi nel Capitolo degli allessi, dove troverete il modo di battere la carne.
Intorno a questa lingua di manzo fatta alla Braia molti ufficiali di cucina tengono diversi modi nel cucinarla; molti sono di parere di metterla alla Braia dopo di averla pulita al fuoco del carbone per levarne la pelle, e lavata, o col vino, o coll’acqua, e dopo la mettono alla Braia; ma io sono di diverso genio, mentre tengo per certo che la suddetta lingua possa esser sempre dura, mentre per sé stessa è dura, tanto più vorrà prima più cottura e non avrà mai il gusto di esser pastosa, come quelle lingue che prima si prolessano, e dopo prolessate si mettono alla Braia.
Prenderete la cazzarola e metterete le fette di lardo, un’oncia di butirro nel fondo della cazzarola, sopra le fette di una cipolla, secondo la roba che dovete mettere nella cazzarola, così troverete la cazzarola, o sia grande, o pure picciola adattata alla roba che dovrete mettervi dentro; dopo di aver coperto il suo fondo di fette di lardo, sopra vi metterete fette di cipolla e fette di
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prosciutto, così farete, dopo di averci messo la lingua dopo lessata e pelata e spolverizzata di sale e spezierie dolci, le darete il simile del fondo della cazzarola, con tre piedi di mattone il fuoco sotto e sopra al coperchio; la farete andare a fuoco lento per fino che va a colorirsi; quando saranno alquanto attaccate, e arrivate a colore di cannella le cipolle, vi metterete pochissimo brodo e volterete la lingua sottosopra, per farle maggiormente pigliare il suo gusto, e quando la dovete mandare in tavola, la caverete dalla braia e la metterete in un piatto, sgrasserete bene quel poco di brodo che sarà rimasto alla vostra braia e vi metterete un succo di limone, e lo passerete nella stamigna, e lo metterete sopra la suddetta lingua, alla quale può servire la salsa de’ capperi e alice: vi può servire la salsa al prosciutto, salvia, e vi può servire la salsa di olive verdi. Ricordatevi di metter sopra alle fette di lardo alla cazzarola un mazzetto di erbette, cipolletta, timo, bassilico e quattro garofani, e si fa cuocere così con un poco di brodo, come dissi di sopra, e la potete mandare in tavola intiera e fettata, come vi piace, e con quella salsa che più vi piaceri; questo piatto vi può servire per un Entrèe. Nella lingua di manzo in braciuole, lasciandola cuocere nell’acqua; quando sia quasi arrivata alla cottura; levatele la sua pelle e tagliatela a filoni, se mai non capirete che sia questo filone, qui lo capirete: pigliate la detta lingua, truccatela in mezzo, dopo rivoltatela per la sua lunghezza e fatene le strisce quanto è lunga, e tornate a farne della larghezza di un mezzo dito, e lunghe quanto porta la lunghezza, e questo si chiama al filone, l’aggiustarete in una cazzarola con erbette, cipollette, cardarelle, il tutto ben trittato, sale,
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pepe garofolato, olio dolce, e fatelo soffriggere a fuoco lento: quando sarà ben soffritta, mettetevi un buon bicchiero di vino bianco, e quando sarà asciutta di detto vino, levatele il grasso, metteteci un cazzarolo di succo colato, e servendo, se non è abbastanza piccante, vi potrete mettere un succo di limone; questa lingua può servire con più salse di diversi gusti, mentre io già ho scritto molte salse, e queste salse non si mandano in tavola se non con il loro accompagnamento. Dunque a voi tocca di aver giudizio di metter la sua salsa che può accompagnare il gusto, e non mai perdersi di spirito, perché l’arte di ben cucinare consiste, come io già descrissi, e sta tutta nell’avere un buon gusto ed una buona idea; sicché voi, che volete esercitarvi in questo mestiere, non vi perdete mai col vostro spirito, che vi riuscirà tutto, mentre a quelli che lavorano con freddezza e con poco spirito, non riuscirà mai il lavoro e non saranno mai stimati in questo mestiere.
Prendete una lingua di manzo o di vitella, fatela bollire in acqua sin tanto che si possa levare la sua pelle, dopo che l’avrete pellata, la farete raffreddare e poi tagliatela in pezzi lunghi e grandi quanto porta la lingua; la coprirete con una farza, che sia fina di questa maniera; prenderete un pezzo di vitella, una fetta di prosciutto, un pezzo di cervello; tutto ridurrete in pasta fina con il coltello, dopo la passerete al mortaio, e mentre l’affinate in detto mortaio, vi metterete due rossi d’uovo, una fetta di mollica di pane ammollata, e poi spremuta e gettata in detto mortaio con maiorana e un pezzetto di cipolla tutta prima tritata bene con il coltello e messa
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nella composizione; affinata che sarà, la caverete e metterete in un piatto, dove dopo prenderete le fette della lingua e le metterete sopra la tavola della pasticcieria, la slungherete quanto porta la sua lunghezza, e sopra vi metterete la farza alta quanto è un grosso baioccone, passandogli sopra il coltello, acciò venghi uguale; dopo prenderete l’altra fetta di lingua compagna e la metterete sopra la farza, e attaccandola insieme la indorerete con dell’uovo sbattuto, così anderete facendo a tutto il rimanente della lingua, prenderete una tortiera e l’ugnerete di butirro, o strutto, e vi metterete le polpette bene asciutte ed il fuoco sotto e sopra; quando sarà colorito il di sotto la volterete, e dopo che sarà colorita da tutte le due parti, vi potrete mettere un poco di succo colato, e quando la dovrete mandare in tavola vi metterete sopra una salsa piccante che troverete nel Capitolo delle salse per Entrèe.
Prenderete una lingua di manzo e la farete lessare con sale; quando sarà arrivata, la pelerete e taglierete in fette; triterete dell’erbette, cipolla, cinque o sei foglie di serpentaria, due o tre scalogne, carpio tritolato ed un’alice o sardella di buona qualità, un pugno di pane grattato mescolato con butirro, del tutto ne farete un mescuglio; dopo di ciò prenderete una cazzarola con del butirro al fondo bene untata, dove metterete la metà dell’erbe, cipolla trita con sale e spezierie dolci; dopo vi metterete un solaro di fette di lingua e un solaro di erbe sino a tanto che sia finita la lingua, e sopra di detta lingua metterete fette di lardo, che sia ben coperta, e la metterete al fuoco sotto e
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sopra, non tanto gagliardo, e quando sarà stretta, a che sarà ora di mandarla in tavola la leverete dalla cazzarola adagiamente e la metterete in buona forma in un piatto con buona salsa all’Alemanna, come a carte 51.
Prenderete una lingua di manzo, fatela come quella alla gratin, solo che dopo di averla indorata, la immergerete nel pane grattato poco prima di mandarla in tavola, la metterete nella graticola con una fetta di lardo sopra alle dette fette di lingua, e quando sarà colorita la rivolterete sotto sopra, rimettendovi le suddette fette di lardo; che stavan di sopra sino a tanto che arrivi al colore che avrà preso il primo; dopo aggiusterete la salsa in agresta.
Fatela lessare, come è solito col sale, e pelatela; dopo prenderete il lardo vicino alla cotica e farete i vostri lardoni grossi, secondo la qualità della lingua; prenderete la lardarola e vi metterete un poco di sale, pepe diverso nelli lardoni, erbe secche di odore, cioè maiorana, timo e un pizzico di rosmarino, involgendolo nelli lardoni, e poi allarderete bene la lingua, dopo farete un buon battuto di lardo buono, con erbette, cipollette, maiorana, bassilico, dopo mettete tutto in una cazzarola, fate soffrigger bene ogni cosa a fuoco lento per un’ora e mezza, dopo di ciò vi metterete un buon cazzarolo di succo, lasciandolo bollire per un altro quarto d’ora, sgrassatelo bene, fate una colletta con acqua e farina, e ne farete cader dentro alla lingua sino a tanto che si densi la salsa, ma
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leggermente, dovendo esser liquida e non densa; vi metterete un succo di limone e la manderete in tavola calda, e vi servirà per un piatto di Andriè.
Farete la lingua lessare, come sopra; spurgata che l’avrete dalla sua pelle, prendete una cazzarola con due cazzaroli di succo e uno di brodo, cinque o sei foglie di lauro, un bicchiero di aceto, e lo farete bollire insieme per una mezz’ora; dopo vi metterete il zucchero, secondo l’aceto, mentre deve avere il gusto uguale; dopo vi metterete la lingua, o in fette, o intiera, come più vi piacerà, e la farete bollire per altra mezz’ora, vi metterete due o tre oncie di candito tritato e la raspatura di un limone, e farete un poco di colletta insieme a quella della lingua alla Bolognese, e questa lingua è buona calda e fredda.
Prenderete la lingua, che lesserete al solito, dopo tagliatela in fette, e la passerete in una cazzarola con un poco di butirro, sale, pepe dolce; e dopo la farete freddare; indi la infarinerete e la indorerete coll’uova sbattute, e la friggerete, che venga come il pane indorato; dopo ciò prenderete quattr’oncie di prosciutto, le feterete come i dadi della salsa di prosciutto, la passerete in una cazzarola al fornello con un’oncia di butirro, salvia trita, e maneggierete con una cucchiaia di legno, rivolgendola spesso con un pizzico di farina, dopo di ciò metterete due oncie di zucchero, e un poco di aceto, lasciandola bollire per mezzo quarto d’ora, la sgrasserete bene e la
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manderete in tavola con le fette della lingua indorata. La salsa deve andar sopra la lingua indorata e può servirsi in tavola calda e fredda.
Fatela imbianchire al solito, come in addietro, e lardatela conforme faceste la lingua alla Bolognese, e la taglierete in mezzo alla sua lunghezza senza dividerla, servitela intorno alla detta lingua con brodo d’erbette tritate, pepe, aceto ed un poco di suggo sopra la lingua, e intorno al piatto vi metterete le suddette erbette; ve ne servirete per un piatte di Entrèe.
Questi cervelli si fanno in varie maniere; si fanno cuocere alla braisè. La braisè già l’ho descritta a carte 63. Sicché vi regolerete nell’istesso modo, e con un intingolo di cipollette, bassilico, maiorana e un pezzetto di radice; questa roba si fa soffriggere in una cazzarola con due oncie di butirro, sale, spezierie dolci; quando sarà ben fritto, vi metterete un cazzarolo di succo e lo farete bollire per mezzo quarto d’ora; dopo di ciò leverete la cazzarola dal fuoco per sino a tanto che metterete in ordine il cervello fatto nella seguente maniera; prenderete il cervello prima lessato in acqua e sale, lo scolerete bene, dopo l’infarinerete e l’indorerete con uova sbattute, con dentro di esse sale, maiorana, bassilico, un pizzico di farina, sbatterete bene ogni cosa; dopo immergerete il detto cervello nell’uovo e lo friggerete, o con butirro, o strutto che sia, fatelo ben colorire di color d’oro; dopo di ciò lo
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metterete nella salsa già preparata e gli farete dare due o tre bolliture, quando la dovete mandare in tavola, vi metterete due rossi d’uovo per stringere la salsa, che sia prima bene sgrassata, e questi piani possono servire per Ordovers, dove questo cervello vi può servire in più modi, servendovi delle salse che vi saranno di genio.
Un palato di manzo non può bastare per un piatto; secondo però le persone che voi dovete servire in tavola dovrete regolarvi. Dovete prima lessarlo e levargli la pelle, togliendogli il nervo che si trova per la pelle; dopo taglierete il palato in filoni e li passerete in una cazzarola con un’oncia e mezza di butirro con cipolletta trita, e tritata che sia la getterete nella cazzarola con detto butirro, farete friggere tutta la cipolla; soffritta che sarà, vi getterete i filoni del palato, tornandola a soffriggere, vi metterete dentro alla detta cazzarola sale, pepe forte e un cazzarolo di succo con un pizzico di farina prima stemperata con acqua; per stringere la salsa, la sgrasserete bene, dopo di averla fatta bollire per un quarto d’ora, la manderete in tavola calda e ve ne servirete per un piatto di Ordovers.
Prendete i palati di manzo, come dissi di sopra, farete ad essi una marinata in questa forma. Tagliate i palati della larghezza e grossezza d’un dito, metteteli in un vaso di terra ben vetrato, vi metterete in questo vaso il palato già tagliato con pepe, sale, un limone tagliato a quarti,
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prima di tagliarlo lo spremerete in questa composizione, e poi lo taglierete e getterete in detto vaso, con cipolletta trita ed erbette, lasciandolo in infusione per due o tre ore incirca; dopo scolate e fate una pastella in questa forma: Prendete una cazzarola, vi metterete due buoni pugni di farina, un cucchiaio di olio dolce, un poco di sale, stemperata bene ogni cosa, vi metterete un poco di acquavite, la ridurrete in una pastella, come quella dell’ostia, immergendo dentro i palati facendoli friggere, serviteli caldi in tavola per un piatto di ordovers.
Prendete il palato di manzo o di vitella che sia, fatelo cuocere in acqua, come gli altri palati, tagliateli a traverso ad uso di spighette, fateli marinati, come in addietro a carte 70, facendoli cuocere in una cazzarola sopra un picciolo fuoco con brodo, aglio e due garofani, un poco di timo, due toglie di lauro, bassilico, sale, pepe e scalogne, che sono certe cipollette piccole, come le piccole teste d’aglio, e dopo passati che li avrete in cottura, li metterete a scolare, e scolati che saranno metterete a ciascheduna fetta di palato un poco di farza, come quella della lingua di manzo, e ne metterete sopra ad ognun pezzo di palato alto quanto l’altezza meno di mezzo dito, e dappoi immergeteli in una pasta come quella detta di sopra: friggetela, servitela calda e intorno al piatto mettete erbette fritte.
Prendete della zinna di vitella cotta nell’acqua, dopo di averla pulita bene del suo
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grasso e pelle che porta intorno a detta zinna, la taglierete ad uso di fette di pane dorato, la infarinerete, indorerete, dopo di ciò gratterete il pane e immergetela nel pane grattato, e quando la dovete mandare in tavola, friggetela a color d’oro e vi metterete la salsa verde.
Tagliate una cipolla in forma de’ dadi, passatela al fuoco con una cazzarola con un’oncia di butirro; quando sarà mezza cotta mettete nella zinna o in pezzi, o mezza, o pure intiera, come vi parerà, un poco di aceto e un poco di brodo, la lascierete bollire per mezz’ora; dopo vi metterete sale, spezierie, dopo prenderete un’altra cazzarola con un poco di butirro e la metterete al fuoco; quando sarà disfatto il butirro, vi metterete un pizzico di farina e la maneggierete con una cucchiaia di legno, fin tanto che la farina sia di color di cannella chiara, e vi metterete subito cipolletta, maiorana e bassilico; dopo subito vi getterete il brodo, in cui ha bollito la zinna, lasciandola così bollire per meno di mezzo quarto d’ora, levando la salsa dal fuoco; quando sarà ora di mandare in tavola, la sgrasserete bene e la manderete in tavola calda.
Tagliate in filoni il rognone, passatelo al fuoco in una cazzarola con un’oncia di butirro, sale, pepe, erbette, cipolletta e aglio, il tutto ben tritato; quando sarà cotto, mettetevi un poco di aceto e di succo; non lo lascierete più bollire, acciocché non vi diventi duro, e mandatelo in tavola caldo.
Prendete una coda di manzo, tagliatela in fette, fatele cuocere con sale e acqua, quando sarà mezza cotta, metterete in una cazzarola un’oncia di butirro; quando sarà disfatto vi metterete un pizzico di farina e la farete arrossire, mescolandola con la cucchiaia di legno; bagnate questa farina con il brodo, in cui ha bollito la coda; dopo mettetevi le fette della coda con due o tre cipolle; prima però fatele lessare con sale nell’acqua, che sian mezze cotte, e poi le metterete nella salsa della coda, metteteci una mezza foglietta di vino bianco, un pizzico di erbetta, sei e sette scalogne, o due spicchi d’aglio, una foglia di lauro, un poco di timo, un poco di bassilico, due o tre garofani, sale, pepe dolce; fate cuocere questa composizione a fuoco lento, sino a tanto che la coda sia arrivata a cottura, dopo di ciò la sgrasserete bene; prenderete un’alice, o sardelle ben pulite dalle sue spine, e scaglia, la passerete con un poco di butirro in un’altra cazzarola, dopo vi metterete un poco di capperi, e soffritto che sarà il tutto vi metterete il brodo che avrete della coda, e quando sarà cotta la salsa, prenderete le fette della coda e le cipolle, le farete bollire nella salsa de’ capperi per un quarto d’ora, l’aggiusterete in un piatto e la manderete in tavola caldi. La salsa va sotto le fette della coda e sopra intorno le cipolle bene aggiustate.
Tagliate una coda, come a voi più piace; fatela cuocere, come l’antecedente, e quando sarà cotta, la farete raffreddare e la
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metterete la salsa in questa maniera: pigliate una tiella di terra, in cui metterete la coda, dopo metterete olio, pepe, sale, erbette, cipolletta, fette di limone col suo succo, lasciandola così per sino a due ore e mezza, dopo levatela dalla salsa e prendete il pane grattato, onde involgerete la coda e la metterete nella graticola a fuoco alquanto lento, e quando sarà ben colorita la manderete in tavola senza salsa e con il crescione sotto alla coda condito in questa maniera: prendete un poco di colì di buon gusto con un poco di aceto e pochissimo sale, e lo getterete sopra il crescione e lo metterete intorno la coda e sotto.
La coda di sopra, notate quando si cuoce nella graticola, si bagna con quella salsa che si è messa in infusione, mentre si va cuocendo nella graticola che a poco a poco si deve consumar tutta.
La culatta di manzo è il pezzo più buono che in esso si trova, e con esso si fanno i più eccellenti piatti, e fa onore a chi li sa ben cucinare, e fa onore ad una tavola che sia ben guernita da un bravo offiziale di cucina, quanto negli allessi, tanto in altre maniere, mentre, secondo il buon gusto di detto officiale, può fare esaltare una lode al padrone che invita al pranzo, e l’onore all’offiziale che lavora il pranzo, mentre il lesso non è da ogni persona a farlo bene, volendoci un’esatta diligenza, come già ne scrissi in addietro circa il modo di ben fare gli allessi; questa culatta serve per far il bue alla moda.
Prenderete un pezzo di culatta, o pure un pezzo di buona racchetta magra, ma di un manzo grasso, e la bastonerete con il legno che vi descrissi in detto capitolo delli lessi, e bastonato che avrete bene o culatta o rachetta, la trapunterete con un quarto di spicchio d’aglio in qua e in là, con qualche garofano messo in qua e in là; come avete fatto dell’aglio farete dei lardoni grossi quanto un mezzo dito, lunghi la metà del dito, e lo spolverizzerete con sale e pepe mischio, e maiorana secca, e timo secco; dopo di ciò l’immergerete nei lardoni, che andrete tramandando in qua e in là, come avrete fatto dell’aglio; dopo prenderete un canavaccio pulito e farete un solaro sopra il canavaccio di lardo, presciutto e fette di lardo, e vi metterete il sale a sufficienza, e sopra vi metterete la culatta, o racchetta che sia, e tornerete a fare sopra alla suddetta altrettanto per coprire il di sopra; dopo chiuderete il pezzo della culatta con il canavaccio, e lo legarete bene stretto, con fargli prendere una buona figura; dopo di ciò prenderete una cazzarola, o rame, in cui possa stare il vostro bue alla moda, e dentro vi metterete una foglietta di vino di Sciampagna, e chi non può far tale spesa, il vino bianco con un pizzico di fieno, cinque foglie di lauro, due cipolle, un poco di sale, e si finisce di empire il vostro rame con acqua comune; fatela bollire per quattr’ore, sentitela prima di levarla dal fuoco con un forchettone, se sia arrivata che quando il forchettone andrà docile, è segno che è arrivato, se stenta ad entrare, è segno che non sia arrivato; quando lo dovrete mandare in tavola, abbiate tutta la diligenza di svoltarlo dal canavaccio, acciò non perda il
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suo buon gusto e simmetria; mandate in tavola questo piatto per un entrèe con erbette dentro al piatto.
Prenderete un pezzo di culatta di manzo senz’osso, fatela cuocere in una buona bresà come troverete a carte 63. Mettete una foglietta di vino bianco, altrettanto di buon brodo, un pugno di erbette, maiorana, bassilico, sale, spezieria dolce e due garofani; tutta questa roba dovete mettete nella bresà, e dopo tornarla a far bollire sino a tanto che resti una salsa che vi basti per mandare la culatta in tavola; dopo di avere sgrassata bene la salsa, la passerete per la stamigna e la getterete sopra calda; dovete servire intorno a questo piatto delle cipollette bene aggiustate, e le farete in questa forma: prendete delle cipollette che vi bastino a contornare il piatto dalla culatta, gli farete dare un bollo in acqua e sale, quanto perdan il forte di cipolle, e dopo averle scolate, le passerete in una cazzarola con un poco di butirro o strutto; dove vi metterete un cazzarolo di succo, le farete cuocere, ma non passare; le metterete intorno al piatto e le manderete in tavola calde.
Prendete un pezzo di culatta, levatele l’osso, la bastonerete bene e le farete dare un bollo in acqua con sale; la farete dopo di ciò raffreddare e la larderete, come il bue alla mona: conditela di sale e pepe dolce, mettetela di una pignatta ben coperchiata con dentro un mezzo di vino bianco, altrettanto di acqua, una foglia o due di lauro, una cipolla, uno
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stecco di cannella, due o tre garofani, una fetta di prosciutto; turate bene il vostro vaso con un coperchio e d’intorno con la pasta, acciò non svapori, mandatela al forno e la farete cuocere per lo spaccio di sei ore, secondo però la sua grossezza; dopo che sarà cotta, la caverete e ve ne servirete, con una salsa al succo di limone sotto alla culatta calda.
Descrizione delle parti più servibili alla tavola de’ Nobili. Il vitello è d’un grande uso e vantaggioso per la cucina, provvede di che diversificare una tavola; ecco le parti di cui si servono, la testa, i cervelli, gli occhi e le orecchie, la lingua, la coratella e le sue animelle, le spuntature che servono per una bianchetta al fracassè; è famosa la rognonata, li cosciotti, che servono per umidi, e la rognonata per gli arrosti, e la spalla per i succhi e colì.
Dopo di averla fatta pelare pulitamente, la disosserete e qui in appresso troverete il modo di disossare la testa di vitella mongana e di capretto. Dunque dopo averla fatta ben pelare, la disosserete in questa maniera: avrete un coltello o trinciante che tagli perfettamente, rovescierete la testa sottosopra in un canavaccio pulito, e con il vostro coltello la spaccherete sino al mento, lontano tre dita dalli suoi denti, o bocca che vogliam dire, e poi diligentemente la scorticherete, come si scortica la pelle della carne, così si deve fare la testa. Si deve scorticare la pelle dall’osso e tirare di sotto la gola per sino al cuore; dopo di ciò rivolterete la testa e principierete dalla parte di sopra, rivoltando la testa e la principierete a scorticare da’ labbri di
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sopra e tirandoli insino agli occhi. Qui bisogna avere una grandissima diligenza di non strappare la pelle con il coltello; tanto ci vuole attenzione nell’occhio, quanto nella sua pelle, mentre toccate che siano con il coltello, difficilmente si possono aggiustare, quando si devono fare ripiene, mentre la pelle si tira e la toccatura del coltello si slarga assai, e la empitura esce fuori della testa, e poi fa una brutta figura in mandarla in tavola; onde bisogna stare bene attento di non tagliarla in verun modo, se volete che la vostra testa resti di buona figura, quando voi la dovete fare ripiena e di buona figura: ma se la volete disossare per farla fritta, o in altra maniera, non ci vuole questa attenzione, ne così esatta; basta disossarla con una buona attenzione, mentre le cose fatte con attenzione sempre avranno il suo merito; onde tornando a finire di disossare questa testa di mongana, avvertite che quando sarete vicino agli occhi, cercate di entrare dentro al fosso degli occhi diligentemente colla punta del coltello, e andando d’intorno intorno, fintantoché troverete con la punta del coltello di troncare la corda della cornua dell’occhio, che allora comincerà a stolzar fuori della sua fossa, e col dito della mano sinistra lo caverete fuori, e seguirete sempre colla punta del coltello a tagliare le corde dell’occhio, fintanto che non è stolzato fuori in vostro potere, e allora andrete scorticando fino alla carne. In questo pure ci vuole una buona attenzione, mentre dopo arrivato all’intorno della carne, avvertite bene di non intaccarla, perché sta alla più bella veduta della testa, giacché intaccata che sia, subito farà squarcio alla testa e diventerà mostruosa alla veduta de’ Convitati; così abbiate giudizio di disporre le teste di vitella e le teste di capretto o di altro che vi si
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possa dare. Mi compatirete, o benigno Lettore, se in questo modo di disossare le teste di vitella mongana, o sia di capretto mi sono dilungato di diceria tale, ma sappiate che tale progetto di sapere disossare è difficile a chi è del mestiere nella pratica, e molto più difficile nella teorica, e perciò ho stimato bene d’insegnarlo minutamente, e quasi io spero che un fanciullo possa disossare una testa, avendo descritto minutamente il modo di disossare. Ora insegnerò di empirle in più modi.
Dopo di aver disossata la testa di mongana e di capretto, prenderete, se è in tempo di carne fresca, cotiche, prosciutto magro di porco, prosciutto vecchio, qualche salsiccia fresca, e farete le fette lunghe quanto un dito; dopo taglierete nell’istessa lunghezza quattro parti di essa lunghezza di ciascuna spezie, dopo le mettetele in un piatto, finito che avete tutta la carne e cotiche, farete intostare sei uova, ne caverete il rosso e strigolato lo metterete nelli filoni, vi metterete anche una libbra di formaggio parmigiano gratato, mezza libbra di candito, o di limone, o cedro; e cipolletta, erbette tritate, mezza mollica di una pagnotta di mezzo baiocco ammollata prima nel brodo, e strigolata la getterete nella composizione, un pugno di capperi, sale, spezierie dolci e quattro rossi d’uova crude, e disosserete tutta la carne che voi potrete levare dagli ossi di essa testa, ed il cervello e la lingua che taglierete in filoni, come avrete fatto della carne fresca, e anche il cervello tritato e mescolato nella composizione, dove dopo ciò compita detta composizione la mescolerete con una cucchiara di legno, sino a tanto
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che sia incorporato tutto insieme, dopo prenderete la pelle della testa; e la spanderete sopra una tavola ben pulita, e vi aggiusterete dentro di essa la composizione già preparata, che aggiusterete bene per lungo della testa, sino a tanto che l’avrete compita bene, ma non tanto che divenga tosta, e che possa crepare nel cuocersi; la cucirete da quella parte, in cui l’avrete aperta con quadrello che adoprano i calzolari, e poi che l’avrete finita di cucire la metterete in un crobuglione, che vuol due in una marmita grande che possa ricever la testa, mentre prima dimetterla al crobuglione, va messa la detta testa in un canavaccio pulito e ben involtata; per involtarla bisogna descrivere la maniera. Si prende un canavaccio, si spande in una tavola con fette di lardo, prosciutto, cipolla, spezierie, e sale, dopo sopra vi si mette la testa e si fa così al di sopra della testa; dopo di ciò si deve piegare il canavaccio che deve stare per lungo, e la testa per traverso, e vi si mette la parte del canavaccio da capo e da piedi, della bocca e dalle corna, rivoltata la testa con le due ale del canavaccio, ci vogliono due persone, una che stringa la lunghezza e vada allentando il detta canavaccio, e l’altra che va involtando la testa, acciò sia bene stretta, a poco a poco vada legando sino a tanto che sia finito il detto canavaccio; dopo sia bene spagato, e fatto come una mortatella di Bologna, ma però non bisogna farle perdere la sua figura di testa di mongana; chi la lega, bisogna che abbia l’avvertenza di non farle perdere la sua prima figura; dopo di ciò la metterete, come dissi, nella marmita con tutti i suoi ossi, cipolla, garofani, una carota, sale, un mazzetto di erbette, uno stecco di cannella, e la farete bollire con acqua per sino cinque ore; dopo di ciò la caverete e non la
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leverete dal canavaccio, sino a tanto che non l’avrete da mandare in tavola; questa va messa in un piatto con erbette intorno a questo piatto; porta con le molte circostanze, sì di immarcature, o sia di diverse maniere nel mandare in tavola con una buona simmetria, mentre questa immarcatura non riesce neppure a tutti gli officiali di cucina, attesoché ci vuole una buona idea, e di aver veduto immarcare da un’offiziale che sia eccellente in quest’affare, e di questi se ne trovano pochissimi.
Si fa nell’istessa maniera, ma dopo di averla lessata in un canavaccio, e raffreddata, la caverete dal canavaccio e l’aggiusterete in quel piatto che dovete mandare in tavola in questa forma. Prenderete due uova, le sbatterete bene con un mazzetto di piume di coda di gallina e andrete indorando tutta la testa, e terrete in ordine pane grattato, formaggio parmigiano e mischierete insieme ogni cosa, e spolverizzerete la testa già indorata; dopo di ciò la metterete in fornello di campagna, o forno, in cui vi si cuoce il pane, per sintanto che faccia la superficie di color d’oro; dopo tornerete a far lo stesso dell’indorare la sopraddetta testa, e dopo il pane grattato con il formaggio, tornandola di nuovo al forno, la caverete e la farete raffreddare, e pulito perfettamente il brodo del piatto, la manderete in tavola col brodo del piatto guarnito di rossi d’uova triti e chiare d’uova divise con erbette trite e melagranati sgranati ad uso di mosaico, aggiustando il piatto attorno il suo brodo.
Dopo di aver tolto il nero dell’occhio, e dopo di avergli dato un bollo nell’acqua, con sale, cavateli e fateli raffreddare, dopo metteteli in una bresà fatta come quella che è stata suggerita: dopo di ciò le caverete dalla bresà e il metterete nel piatto ben pulito, e sgrasserete bene gli occhi e vi metterete sopra il piatto una salsa al succo di limone, e sopra vi metterete gli occhi di vitella e li manderete in tavola caldi.
Prendete la testa di vitella o di capretto, fatela imbianchire che quasi sia arrivata alla sua cottura, fatela raffreddare, dopo disossatela; le guanciole le potrete fare come la lingua di manzo alla Bolognese a carte 71.
Prendete un poco di lardo raschiato, che non sia rancido, lo metterete in una cazzarola con un poco di cipolletta trita fina, e quando sarà distrutto il detto lardo nel fornello, taglierete la testa in quarti, quanto la palma della mano, e la getterete nella cazzarola; dopo soffritta, vi metterete un ramaiolo di brodo e farete un mazzetto di maiorana e scorza di limone, e lo getterete in detta composizione: la lascerete cuocere giustamente, e che non sia passata, la sgrasserete bene e terrete in ordine un pugno di erbette trite fine, due o tre rossi d’uova sbattuti bene e
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un limone tagliato per spremere nel fracassè, ma prima di tagliare il detto limone, gratterete la superficie della scorza nelli rossi d’uovo già preparati, e quando sarà ora di mandarli in tavola, metterete un poco di brodo della testa nelli rossi e li maneggierete, acciò sian bene sciolti; metterete la cazzarola al fornello, che vada gagliardo; mettete i rossi dentro maneggiandoli in fretta, acciocché non straccino, mettendovi l’erbette e il succo di limone, mandatela in tavola calda, e la salsa deve essere lattagiosa; nell’istesso modo si fanno i piatti di agnello spezzato, i pollastri ed i piccioni.
Queste si servono in diverse maniere; prima le lesserete col sale, un mazzetto di erbette, cipolletta, maiorana ed una fetta della superficie di limone, quando sarà arrivata a cottura, ma che non sia passata, la caverete e la farete scolare bene dal suo brodo; bisogna avvertire che prima di mettervi a far tale operazione, bisogna pulir bene l’orecchie, o sian di vitella, o sian di maiale, e questo vuole grande attenzione; dopo prenderete il lardo e farete un battuto con erbette, maiorana, cipolla o pure aglio, lo farete soffriggere in una cazzarola, dopo vi mettetele le orecchie, o in fette o spaccate, come a voi più piacerà, e l’andrete mescolando sotto sopra per sino che sia ben soffritto con sale e spezierie dolci: metterete ivi un cazzarolo di succo: sgrasserete bene, e quando dovrete mandare in tavola, vi sbatterete due rossi di uovo con una presa di farina stemperata col brodo dell’orecchio e un poco di succo di limone, e la farete stringere con composizione e la manderete in tavola calda; questa orecchia
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può servire in più modi rifredda tagliata a filoni con sopra erbette, pepe ed aceto e olio dolce; può servire fritta indorata con uova calde; può servire anche arrosta, prima indorata e poi con il pane grattato involtata in esso pane, e messa nella graticola ungendola a volta a volta con il butirro o strutto, e va mandata in tavola calda; in questa maniera van fatti i zambetti di porco, prima però disossati e poi fatti nella graticola: nell’istessa maniera si manda l’orecchia o testa di vitella, o capretto con la salsa verde fatta come la detta testa; in somma la testa di vitella disossata e fatta lessare nel modo suddetto si può fare in più modi colla salsa in agresto a carie 60, con salsa in oliva verde a carte 61, la salsa di prosciutto colla salvia a carte 61.
Prendete l’orecchie di vitella, fatele imbianchire nell’acqua, come addietro vi descrissi, e fatele scolare bene; dopo di ciò prenderete una cazzarola con un’oncia di butirro o di strutto; la farete soffriggere con erbetta, timo, maiorana, cipolletta trita; soffritta che sarà, vi metterete un mezzo bicchiere di vino bianco, sale, spezierie dolci; quando sarà consumato il detto vino, prenderete un cazzarolo di succo stemperato con un pizzico di farina, lo getterete nella cazzarola, l’andrete mescolando per sino che si sia alquanto densata, sgrassatela bene e mandatela in tavola con succo di limone o aranci, calda.
Prendete un cervello di vitella e mettetelo nell’acqua fresca, fatelo stare per un’ora
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buona nell’acqua; di poi gli leverete la pelle diligentemente, e quando sarà bene pelato, lo laverete con altra acqua fresca e lo lesserete in una cazzarola con un buon bicchiere di vino bianco, con altrettanto di brodo, sale e pepe ammaccato; farete un mazzetto di erbette, maiorana, timo e una cipolletta, e tutto farete bollire insieme: cotto che sarà, leverete il cervello e farete un trito di aglio, erbette, maiorana e un poco di butirro, o strutto, quando sarà ben soffritto, ma state attento che non si colorisca l’aglio, mentre prenderebbe un cattivo gusto, dopo vi metterete giù il cervello: soffritto che sarà, aggiungete un pizzico di farina e andate rivolgendo il cervello diligentemente per la cazzarola, ma che non si disfaccia il cervello: dopo metteteci un cazzarolo di brodo con succo di limone, sale e spezierie dolci, sgrassatelo bene e mandatelo in tavola caldo con la salsa asciutta, e intorno erbette fritte; bisogna badare che vi sia poco sale, mentre la salsa va quasi asciutta: questo piatto vi può servire per un entrè, e se in vece di farlo con la salsa, lo friggerete con la pastella, colla quale si friggono le frittelle di ostia, in tal caso può servire per un piatto di Antremet.
Farete cuocere il cervello con un poco di brodo, tre cucchiai di aceto bianco, un mazzetto di erbe, come quello della mattelotta; cotto che sarà tagliatelo in due parti per mezzo e immergetelo nella sopra accennata salsa; fatelo friggere di buon colore e mandatelo in tavola con la salsa alla provinciale a carte 56.
Di ogni sorte di coste di vitella mongana e di agnello fatte in varie maniere, e nominate Cutolette.
Tagliate la costa della schiena di vitella, levatele l’osso di sotto alla costa e la pelle che sta distaccata, lasciate la costa attaccata alla carne lunga quanto porta il taglio di essa, tirate via la pelle che sta attaccata alla costa, facendole restare asciutto l’osso lungo, quanto potete; dopo con un bastone che terrete per bastonare la carne per gli allessi, che vi descrissi nel capitolo delli lessi, batterete il magro che sta attaccato alla costa ben fatto, che diventi piana; dopo di ciò prenderete una cazzarola con fette di lardo nel fondo, erbette, cipolletta, qualche tartufo, sale e pepe dolce, tutto bene tritato fino, una fetta di limone senza scorza; coprite le fette di lardo con le coste e parte del trito, e sopra le coste vi metterete il residuo del detto trito con altre fette di lardo, prima sale, pepe dolce e poi le fette di lardo, fatele cuocere a lento fuoco sorto e sopra; quando saranno cotte, levatele dalla cazzarola, scolerete dal suo succo e levate il grasso che vi sarà e aggiustatele nel piatto, mettete alquanto di succo dentro alla cazzarola e lasciategli dare un bollo, e dopo sgrassatelo bene, e getterete la salsa nel piatto, in cui avrete aggiustato le coste, e nella salsa vi metterete un poco di succo di limone e leverete con diligenza le fette di limone che avran bollito nella salsa, e la manderete in tavola calda.
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Cutolette di vitella, o agnello, o capretto, mentre tutte vanno nell’istesso modo e si aggiustano nell’istessa maniera; così vi regolerete in tutte le qualità di cutolette, o sia di vitella mongana, o sia di agnello, o capretto, le quali vanno aggiustate nell’istesso modo e di cocitura e di salsa: pigliatele coste, mettete nel fondo di una cazzarola quattr’oncie di butirro, altrettanto butirro alle coste di sopra; fatele cuocere a fuoco lento, voltatele di quando in quando nel suo succo; quando saranno cotte aggiustatele nel piatto, come se doveste mandarle in tavola: sgrasserete la salsa, stempererete tre rossi d’uovo in un’altra cazzarola con erbette, un cazzarolo di brodo, una carota tagliata fina; staccate bene quello che sarà attaccato nella cazzarola: fate unire nell’altra seconda cazzarola tutto il brodo e succo delle cutolette, e prima di metterci li rossi d’uovo vi farete cuocere la carota e l’erbette, un poco di aceto e pepe; quando saranno cotte le suddette robe, e che la salsa sia un brodo che possa stringere li tre rossi d’uova, e che vengano tanto densi, metteteli giù e maneggiateli in fretta acciocché non stracci, dopo gettatela nelle cutolette e mandatela in tavola calda.
Prendete lo schinale di agnello, o capretto, o mongana, tagliatelo nell’istessa maniera che avete fatto in addietro delle coste di mongana. Prendete una cazzarola con lardo battuto, con aglio e maiorana, mettetelo in essa cazzarola, sopra vi metterete le cutolette con solo pepe dolce: e le farete soffriggere per sino a tanto che si fermano e che restano sode; dopo le anderete mescolando sino a
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tanto che pigliano il gusto; dopo vi metterete un cazzarolo di brodo e le lascerete cuocere alquanto, mentre non bisogna farle passare di cottura, attesoché si disfarebbero e non potrebbero servire per farle fritte; onde dopo averci messo il brodo, lasciandolo bollire, vi metterete un poco di farina stemperata con acqua, in appresso vi metterete il pane grattato e lo farete condensare; quando sarà stretto, le caverete e le metterete in un piatto pezzo per pezzo, con la sua salsa in ogni pezzo; aggiustandola sopra ben fatta, la lascerete raffreddare, ci porrete le uova secondo la quantità delle cutolette e le sbatterete con sale e un pizzico di farina: prenderete le cutolette e le immergerete nell’uova, e tenete il pane grattato in abbondanza, per poi involgerle nel pane grattato: le lascerete stare così per sino che non sarà l’ora di servire in tavola. Fatele friggere di bel colore d’oro; e le manderete in tavola con la salsa sotto verde.
Si fa nell’istesso modo, solo che dopo di averle impanate, si mettono nella graticola con sopra lardo di prosciutto, o altro lardo di buona qualità con fuoco lento, servite con salsa di pignoli.
Di ogni sorte di frutti, come fave, piselli, carciofi, fichi immaturi, noci immature, pomi d’oro, marignani, visciole, zucchette, cetroli detti merangoli, cipolle fresche e fagioletti. Li primi frutti, che trovansi ne’ nostri paesi della Marca nella primavera, sono i piselli, e fave, e carciofi; dunque per il primo frutto, che sono piselli, questi sono buoni fatti in zuppa, come avrete veduto nelle zuppe, e sono buoni nelli ragù di vitella, nel fracassè di pollastri, e negli agnelli e barachiglie.
Prendete i piselli teneri: staccati che siano passateli in una cazzarola con mezz’oncia di butirro, cipolla trita e maiorana, erbette, fatele alquanto soffriggere; dappoi mettete i vostri piselli nella cazzarola e andateli rivolgendo a volta a volta, persino a tanto che s’incorpora e piglia il gusto del pisello, dappoi vi metterete una buona cazzarola di brodo, o sugo, e cotti che saranno con la detta composizione, vi aggiungerete un altro cazzarolo di colì, e questa composizione serve per ragù, per pollastri, piccioni tirati a colore nella cazzarola, onde bisogna essere avvertito che in questo ragù, pollastri, o piccioni, che dopo cotti, come avrete veduto nel capitolo degli umidi, disgrassati che saranno, vanno mischiati insieme e mandati in tavola, o sotto o sopra, dove più piacerà di metterli nel piatto, carne o pollastri che siano.
Prendete della fava con le teghe, che siano tenere, levate il filo che porta in mezzo
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con il suo spuntone che tiene in cima, come si farebbe a’ fagioletti; dappoi fate bollire l’acqua in una cazzarola e lessatele con sale, e quando saranno alquanto arrivate di cottura, levatele e fatele scolare in un crivello; queste si possono friggere di grasso, e di magro infarinate come il pesce, e mandatele in tavola calde: si fanno in umido per un piatto di antremet, prendendo una cazzarola con butirro di lardo, che non sia rancido; mettete in esso butirro maiorana, erbetta, uno spicchio di aglio, mettetelo in una cazzarola, quale metterete al fornello, e quando sarà distratto metteteci le scafe di fava che avrete; lessate, fatele bene incorporare: di poi vi metterete un buon ramatolo di succo, o pure di buon brodo di tegame, e fategli prendere buon gusto, con pepe dolce, e che sia salato poco, e quando lo dovete mandare in tavola, vi metterete formaggio parmigiano grattato e due rossi d’uova sbattuti.
Avvertite sempre che il Mandolino sia tenero, o pure se è grosso, fatelo in fette; levategli la mandola bianca; fate una colletta di farina, cioè prendete un buon pugno di farina secondo la quantità che dovete servire, un cucchiaio di olio dolce, un cucchiaio di vino bianco e sale; mescolate bene ogni cosa con un poco di acqua, fate la pastella che non sia tanto liquida, né tosta, mettete dentro i mandolini, friggeteli con butirro, o distrutto, o in olio, se di magro; mandateli in tavola con succhero sopra ed erbette fritte.
Prendete i piselli e regolatevi, come in addietro nel lavare il pisello, e tenerlo in ammollo nell’acqua fresca, prendete butirro o raschiatura di lardo vicino alla cotica, fatelo passare in una cazzarola con cipolletta e prosciutto trito fino, tagliato a dadi e maiorana trita, tutto insieme soffritto; dopo di ciò mettete li vostri piselli nella cazzarola, fateli soffriggere bene con la detta composizione, sino a tanto che si comincia asciugare; subito vi metterete un buon ramaiuolo di succo celato, lasciando cuocere il pisello a sua cottura, vi metterete una mezza foglietta dibatte stemprato con un pizzico di farina, acciocché non vi stracci; dopo di ciò stemprerete quattro rossi d’uova, maneggiandoli diligentemente con la cucchiaia di legno sino a tanto che sia stretta la detta composizione, lasciandola stare a raffreddare, per sino tanto non avrete in ordine la pasta a foglia o a vento, che in ordine vi si darà la maniera da manipolarla.
Prendete i piselli, che vi bastino per empire il vostro turbante, o timpalle, metteteli in ammollo in acqua fresca; dopo fate un trito di cipolla, erbette, maiorana; dopo prendete una cazzarola con butirro oncie tre, secondo la quantità che dovete fare per compire il turbante, o timpalle. Mettete al fuoco la cazzarola con il detto butirro, fatelo scaldare e metteteci giù il trito con una fetta di prosciutto, lasciandolo andare così per fino che sia ben soffritto, mettete in essa cazzarola i piselli, fateli soffriggere; dopo di ciò terrete in ordine animelle ben soffritte con
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butirro, e dopo ben soffritte, vi metterete un cazzarolo di buon succo, lasciando prendere il suo gusto: dopo mischierete le animelle con li piselli e farete prendere il suo gusto insieme, con aggiungere più succo. Prenderete sei rossi d’uova sbattuti bene insieme, metteteli netli piselli, mischiateli e tenete il vostro turbante unto col butirro e spolverizzato con pane grattato; gettate in esso la composizione e mettetelo in cenere sboglietata, sotto e sopra con un coperchio con l’istessa cenere, fatelo insodare, mandatelo in tavola caldo e rovesciatelo in un piatto con pulizia.
Prendete la fava tenera, levatele il suo attaccaglio, la punta e il filo che porta giù per il suo schinale, fatela lessare nell’acqua con sale, mettetela a scolare; dopo di ciò prendete una cazzarola con un’oncia di butirro, passatela al fornello con un poco di timo e maiorana, spezierie dolci e un poco di colì; asciuttato che sia, mettetelo a raffreddare, sbatterete uno o due uova con sale, infarinate le teghe della fava e immergetele nell’uova, friggetele di buon colore; mandatele in tavola calde; serve per un piatto di antremet; nell’istessa maniera, dopo di averla fritta, si ritorna a mettere nella stessa salsa, con cui si è stata cotta, solo che vi metterete un rosso d’uovo sbattuto per fare che la salsa divenga densa, aggiustatela con simmetria nel piatto e sopra vi getterete la salsa.
Prendete i carciofi, levategli le brancie dure per sino che arriva al tenero, spaccateli in quarti e se sono passati levategli il pelo,
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metteteli subito nell’acqua fresca, accioccché non divengano neri, lessateli con acqua e sale; non li fate passare di cottura, che si staccherebbero tutte le foglie; dopo scolateli e subito scolati, tenete un mezzo limone in ordine e spremetelo sopra ai carciofi in un passabrodo, o crivello, dove li avrete messi a scolare; andateli rivolgendo sotto e sopra, acciocché il succo di limone vada per tutto a colpire le parti del carciofo, acciò non diventi nero, e così vi resterà sempre bianco, e lascierete stare così, per sino che non sarà bene scolato dell’agro di limone; quando li dovrete friggere l’infarinerete; e li friggerete con il strutto o olio che sia; avvertite però che sia arrivato al suo punto di colore, altrimenti vi s’imbeveranno di strutto; e se li friggerete con olio, saranno inzuppati d’olio, e ciò sarà un gran disonore per quelli che debbono mandare in tavola un piatto così buono, e va mandato in tavola caldo con salvia fresca e fritta con i carciofi.
In questa istessa maniera si friggono i carciofi indorati ad uso di cervelli, prima s’infarinano, e dopo s’indorano, come si fa il cervello.
Prendete i carciofi e inteneriteli, e dopo levate il mezzo del carciofo con un coltellino fino, tagliateli sino al fondo, lasciandogli un buco grande quanto un dito, dopo lessateli, come in addietro con sale, e poi scolati bene, prendete un poco di prosciutto, un’oncia di lardo buono, una mezza libbra di zinna di vitella, pestate bene ogni cosa, cipollette, erbette e maiorana; affinata che sia, metteteci uno o due rossi d’uovo, sale, spezieria e un poco di formaggio parmigiano; empite i vostri carciofi, indorateli, friggeteli di buon
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colore; in appresso prendete una cazzarola, dove metterete un ramaiolo di buon succo ed un altro mezzo di colì: li farete bollire per mezzo quarto d’ora, e quando li dovete dare in tavola, sgrassate bene la salsa, metteteci un rosso d’uovo sbattuto e mandateli intavola caldi.
Prendete i carciofi e fateli nell’istesso modo lessarli, e inteneriti ed empiti, dopo indorati gettatevi il pane rivolgendoli in esso; quando li dovete mandare in tavola friggeteli e mandateli in tavola caldi; se li volete di magro, si fa con il brodo di pesce o con il succo di pesce, per la farza per empirli disfarete un merluzzo, in vece della zinna, sale, mollica di pane molle, erbette, maiorana ed un’alice in vece di prosciutto ed una chiara d’uovo, pepe dolce e pochissimo sale.
Prendete i fichi immaturi, fateli bollire in acqua, in fino a tanto che con un spillone piccandoli, si lascia da essi; questo sarà segno che il fico sarà arrivato alla sua cottura; dopo di ciò fateli scolare e fate il soffritto come i carciofi, e questo frutto può servire per fritto e per umido; regolatevi secondo la dose dei sopraddetti carciofi, servendovene in diverse maniere.
Prendete le noci verdi nel principio di Giugno o nel fine di Maggio; lessatele come i carciofi e i fichi; servendovi dell’istesso metodo, e possono servire tutti per piatto di antremet.
Il pomo d’oro è un frutto assai vantaggioso per la cucina e di buon gusto, o sia per salsa, o per minestre, come in addietro vi dimostrai nella zuppa di riso e per la salsa di lesso di pesce: dunque prendere il pomo, fatelo cuocere in una cazzarola a fuoco lento, solo che lo spaccherete in mezzo, e lasciatelo andar così cuocendo per sino che divenga tutto disfatto; dopo passatelo nello staccio con una cucchiaia di legno: passato che sia bene, tornate a farlo bollire a fuoco lento e fatelo stringere assai; questa conserva mettetela in un vaso di terra ben vetrato, e freddato che sarà, copritelo con una carta ben chiuso con spago, mettetelo in luogo asciutto e l’estate in un luogo fresco, e che sia asciutto. Di questa conserva vi potete servire per zuppe e salse, quando non si trovano più fresche a suo tempo.
Prendete i fagioletti teneri, levateli l’attaccaglio e lo spino di cima, e il filo che porta di qua e di là, fateli lessare con acqua e sale, fate un pisto di cipollette, erbette e maiorana, prendete una cazzarola, mettetevi un’oncia di butirro, fate soffriggere in un fornello il tutto, dopo tagliate in tre lunghezze i fagioletti e fateli soffriggere colla detta composizione con sale e spezierie dolci; dopo vi metterete un cazzarolo di buon succo colato, se è di grasso, se è di magro il succo di pesce, lasciandoli cuocere bene; quando li dovete dare in tavola, sgrassateli bene e sbattete due rossi d’uova, metteteli nelli fagioletti con un poco di formaggio parmigiano grattato e mandateli in tavola con pulizia.
Prendete de’ fagioletti, lessateli, come avete fatto in addietro; passateli nell’istesso modo con butirro, erbe di odore e succo, fateli cuocere, dopo fateli scolare dalla sua sostanza, indorateli con uova sbattute, e dopo con il pane grattato, infarinateli e friggeteli come il pesce di fiume con distrutto; se è di vigilia con l’olio buono. Possono servite di grasso e di magro, e possono servire per un piatto di antremet.
Prendete i fagioletti, fateli come alla prima; basta che dopo cotti nella salsa accennata, li aggiustiate in un piatto. Il piatto sia untato con il butirro, e aggiustando i fagioletti con una buona simmetria, cioè una fila di fagioletti con solaro di formaggio parmigiano grattato; finito che sarà di condire i detti fagioletti, metteteci sopra la salsa che vi resta della cottura dei fagioletti con sopra altro formaggio: dopo metteteli al fornello di campagna, o pure in una teglia con fuoco sotto e sopra, mandateli in tavola caldi e con pulizia intorno al piatto.
Pulite bene i fagioletti de’ suoi attaccagli e del suo spino, e del filo che portan di qua e di là, fateli lessare giustamente e aggiustateli nel piatto con simmetria; prendete due alici, pulitele bene di scaglia e spina, e tritatele con il coltello; dopo di ciò
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prendete erbette e maiorana, e un spicchio d’aglio, tritate ancor questo da parte, stemperate l’alice o sardella con aceto, dopo mischiate ogni cosa insieme e gettate ogni cosa sopra ai fagioletti con olio dolce, mandateli in tavola in insalata, aggiustati con buona simmetria per un piatto di antremet.
Prendete le visciole, pelatele dalla sua pelle di fuori e levate i suoi ossi, mettetele in una cazzarola con metà di vino e una metà d’acqua e fatela bollire, ma bisogna aver giudizio di metterci il vino e l’acqua, che sia aggiustato alle visciole; altrimenti verrebbe una zuppa, o troppo insipida o troppo consistente; in tal caso perderebbe il suo gusto; una libbra e mezza di visciole vogliono tre terzi di una foglietta di vino, altrettanto di acqua e cinque oncie di zucchero bollito tutto insieme: dopo di ciò prendete una pagnottina, levatele la superficie della crosta con la grattacascio, sbugatela in mezzo di sopra e levatele tutta la mollica, brustolitela, dopo mettetela in un piatto e sopra vi getterete le visciole, con la salsa, facendola raffreddare e aggiustando bene con simmetria le visciole sopra la pagnotta e d’intorno; mandatela in tavola raffreddata, che serve per un piatto di antremet.
Farete sciroppare i viscioli, come quelli della zuppa, ma con meno acqua e vino, il zucchero però lo stesso, e che restino con poco brodo, attesoché debbonsi passare dopo cotti per staccio, e debbono essere consistenti alla marmellata delle visciole, per poterla mettere sopra alli crostini; dove dopo passata per
98 staccio, vi aggiungerete un poco di odore di limone, prenderete il pane e farete le fette alla grossolana di un grosso baioccone, le ridurrete dopo al taglio di un mustacciolo, formando nel piatto una stella, abbrustoliteli nella graticola, e quando dovrete mandare questo piatto in tavola, metterete la marmellata di viscide sopra alli crostini preparati con buona simmetria e pulizia; questo piatto serve per un piatto d’entrè.
Le visciole si puliscono dalla sua pelle e ossi, e si sciroppano stretto, come avete fatto le visciole delli crostini, solo che dopo di averle cotte le metterete a scolare, e quando le dovrete mettere in pasta, le spolverizzerete con zucchero, cannella, e grattatura di limone.
Il modo e la maniera d’imparare a fare le paste di diverse sorti, si discorrerà nel Capitolo della pasticcieria: ora delle zucchette e zucche in diverse maniere in grasso e in magro, zucchette ripiene che servono anche da friggere.
Prendete le zucchettine piccole di poterle vagare e levare i suoi semi, e dar loro una raschiatura per levarne la superficie leggermente verde; dopo loro darete una piccola prelessata; dopo mettetele a scolare con il buco di sotto, acciò con più facilità restino asciutte; farete l’empietura in questa maniera. Prendete un pocco di zinna di vitella, una fetta di prosciutto, triterete il tutto finissimo insieme con erbette, maiorana ed un piccolo pezzetto di cipolla, sale ed un poco di spezieria dolce; impastate bene ogni cosa; di poi prendete due rossi d’uova duri con un pugno di formaggio parmigiano grattato e due o tre rossi d’uova crudi, una mollica di pane ammollato nel
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brodo e spremuto assai; del tutto ne farete una pasta, che sia ben maneggiata e bene affinata con il coltello; compite le vostre zucchette, infarinatele e indoratele, come si fa il cervello, e friggetele; di poi prendete una cazzarola, in cui metterete le vostre zucchette preparate con il succo e lasciatele bollire per meno di mezzo quarto d’ora; sbattete uno o due rossi d’uova, stemperateli con la salsa, nella quale hanno bollito le zucchette e stringete la salsa con i detti rossi, mandatela in tavola bene sgrassata e calda.
Queste zucchette possono servire fatte ripiene e fermate con colì, o succo come questo piatto presente, facendole freddare, scolare dalla sua salsa, e dopo tagliate in fette si tornan ad indorare e friggere ad uso di cervello, si possono anche dopo indorate infarinare con il pane grattato e friggerle, che sian di buon colore. In questa istessa maniera si possono fare le zucchete di magro, che in vece della farza di zinna, si prende il pesce qualunque, che sian bene levate le spine e scaglia; in fece del prosciutto vi si mette il tarantelle; del rimanente ci va tutto; ma se s’incontra di vigilia di obbligo, non si possono fare.
Prendete le zucchette, fatele della grossezza di mezzo dito, fare un trito di erbette, cipolla, maiorana, soffriggetelo in una cazzarola con olio dolce; dopo gettateci le fette delle zucchette con sale e pepe dolce, fatele cuocere a giudizio; acciocché non si disfaccino, che non divengano una polenta, metteteci il brodo di pesce; dappoi vi farete la salsa di pignoli, sgrassatela bene e mandatela in tavola calda con pulizia.
Fettate le zucchette della grossezza di un baioccone, mettetele in un piatto di terra, spolverizzatele di sale, lasciandole stare in infusione per sino ad un’ora e mezza; dappoi levatele dal sale, spremetele con le mani e rimettetele nell’acqua fresca, lasciatele stare per una mezz’ora, dappoi tornatele a spremere e mettetele in un crivello per sino che dovete friggerle e mandarle in tavola; infarinatele bene e friggetele, e quando le cavate, spolverizzatele di zucchero e mandatele in tavola calde e ben fritte; vi si può friggere la salvia per darvi l’odore.
Prendete le zucchette, fettatele come il salame, mettetele in infusione nell’acquavite concia, o puro rosolino di anisi, ma che sia gagliardo per lo spazio di due ore, dopo scolatele e fate una pastella, come quella delle frittele di ostia, immergetele in essa pastella, friggetele di buon colore, spolverizzatele con zucchero, mandatele in tavola calde e con pulizia.
Prendete la zucca, pulitela di seme e di scorza, fettatela a dadi: fate un soffritto di cipolla, erbette, maiorana e bassilico; tritate bene fino ogni cosa; prendete una cazzarola, metteteci due oncie di butirro, sale, e spezieria dolce; quando sarà quasi cotta, prendete un piatto, che dovete mandare in tavola: untate il fondo del piatto col butirro e formaggio parmigiano grattato; venite aggiustando un solaro di zucca ed un solaro di formaggio con simmetria, finito che sarà,
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sbattete un uovo con sale, indorate bene tutta la zucca e incasciate sopra l’indoratura pulitamente; pulite il ciglio del piatto, mettetelo al fornello di campagna con il fuoco sopra, acciocché faccia il Brulè, mandatelo in tavola caldo; questo piatto serve per un entrèe.
Prendete la zucca, lessatela col sale, dopo fatela scolare par un’ora buona, passatela per lo staccio; in appresso grattate il formaggio parmigiano, sbattete sei uova con un poco di sale; sbattute che saranno, prendete la zucca e mischiatela nell’uova ed unirete con la cucchiaia la zucca e le uova, e mettete il butirro liquefatto in essa composizione con il formaggio parmigiano grattato, e sempre mescolate acciò si unisca bene; prendete una padella pulita e che stacchi, metteteci un poco di butirro, scaldatelo bene insino a tanto che considerate che sia arrivato a potere stringere le uova; dopo inchinate la padella tutta da una parte; acciocché vi venga la frittata all’uso di un picone, rivoltatela nel medesimo stile e badate che non vi si attacchi, che potrebbe prendere di fumo; qui io non posso mettere la dosa giusta di tutto quello che in essa frittata vi va; onde vi potete regolare dalla persone che la debbono mangiare e va calda.
Lessate la zucca, come avete fatto in addietro con sale; scolata che sarà, prendete una cazzarola e la passerete in essa con butirro oncie due, bassilico, sale e due garofani in polvere, lasciandola soffriggere; dopo passatela nello staccio asciutta; passata che sarà, untate una cazzarola al fondo ed intorno,
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prendete una carta bianca, tagliatela quanto sarà largo e rotondo il fondo di una cazzarola, untatela sotto e sopra, dopo mettetela al detto fondo, spolverizzate il di dentro della cazzarola con pane grattato; dopo prendete una libbra e mezza di zucchero stacciato, dodici rossi d’uova, ott’oncie di formaggio parmigiano e due oncie di butirro e mischiate ogni cosa; dopo gettatelo nella cazzarola, mettete la detta cazzarola con cenere sboglientata sotto ed intorno, e sopra un coperchio con la cenere suddetta; quando sarà fermata, rovesciatela sottosopra in un piatto e mandatela in tavola calda con pulizia, che sarà di buon gusto.
Prendete la zucca, pulitela e tagliatela a dadi, pacatela in una cazzarola con butirro, cipolletta, bassilico trito: soffritta che sarà, mettete nella cazzarola i dadi della zucca con sale, cannella spolverizzata, lasciandola cuocere, ma che non si disfacci; dopo prendere un’altra cazzarola con tre oncie di butirro, dove metterete un pizzico di farina e la farete colorire al fornello a colore di cannella, mischiandola sempre con cucchiaio di legno: metteteci un cazzarolo di buon colì, che vi divenga una salsa piuttosto densa, ritiratela dal fuoco e untate il fondo del piatto che dovete mandare in tavola; spolverizzate il primo piano col formaggio parmigiano grattato e farete un solaro di detti dadi di zucca, e con un ramaioletto vi metterete la salsa, così andrete facendo fino a tanto che avrete terminato la zucca, poi prendete due uova, sbattetele bene e con il pennello di piume indorateli sopra e d’intorno, e dopo spolverizzateli con altro formaggio sopra e d’intorno,
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mettetela al forno acciò faccia la crosta; vanno mandati in tavola caldi, puliti bene d’intorno del piatto.
Prenderete una foglietta di latte, quattro oncie e mezza di zucchero ed altrettanto di pana di latte, fatelo bollire insieme, facendolo consumare trequarti, mettetelo a raffreddare, sinché sentite con il dito di poter soffrire il suo calore; prendete un limone o cedrato, raspatelo nella crema, dappoi passatelo o nella stamigna, o nello staccio fino; prendete il piatto che dovete mandare in tavola, mettetelo sopra la cenere calda, versate la crema sopra detto piatto, copritela con un coperchio, mettetevi sopra altra cenere calda, lasciatela stare sino che sia fermata la crema; dopo portatela a raffreddare e mandatela intavola fredda.
Prendete una cazzarola, mettetevi un piccolo pugno di farina, due oncie di candito, tre oncie di zucchero, stemperate tutto con otto rossi d’uova, mettete le chiare dell’uova da parte in una catina di terra verniciata ed i rossi, zucchero, farina; sbattere bene ogni cosa insieme con candito; vi metterete una libbra e mezza di pana; ed una foglietta di latte: fate cuocere questa crema sopra il fuoco, maneggiandola sempre, acciocché non si attacchi al fondo, per sino che divenga stretta, allora ritiratela dal fuoco, lasciandola stare così; sbattete le chiare con un mazzetto di
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vetica, acciocché vi faccia una bella fiocca, e per considerare quando sarà arrivata al suo essere questa fiocca, prendete una cucchiaia di legno, mettetela in mezzo alla fiocca, se si terrà in piedi, sarà segno che sarà arrivata; avvertite che per fare ogni sorta di crema vi vogliono uova fresche, mischierete detta fiocca nella composizione, mescolando bene ogni cosa, e la metterete nel piatto, che dovrà servirvi per mandare in tavola, versandovi sopra la crema, e sopra la crema il zucchero spolverizzato, coprendola bene e mettendola al forno, e quando sarà bene elevata, fatela agghiacciare; mandatela in tavola.
Prendete otto rossi d’uova, che stemprerete con due cucchiai di farina, scorza di limone candito tritato fino, tre terzi di una foglietta di pana di latte, tre oncie e mezza di zucchero: indi prendete tre oncie di buona midolla, che farete disfare sopra il fuoco, passatela per la stamigna o staccio, mettete questa midolla nella crema, fatela cuocere al fornello, come in addietro avete fatto, sbattete le chiare, mischiate ogni cosa, mettetela nel piatto, e quando è cotta prendete alcune piume, che immergerete nel butirro caldo e le passerete leggiermente sopra la crema, e subito vi getterete i diavoletti sopra, che sono confettini di diversi colori.
Prendete due uova intiere e quattro rossi, e li stemprerete con un buon pizzico di farina, una foglietta di pana di late, due marzapani franti, scorza di limone, candito tritato fino, tre oncie di zucchero; mettete il
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piatto che dovete mandare in tavola, sopra di un fornello con fuoco lento: prendete la crema, che sia stata bene sbattuta, e mettetela nel piatto; quando sarà cotta infuocate la paletta e passatela sopra la crema; dopo fatela raffreddare e mandatela in tavola.
Prendete una cazzarola, sbatteteci sei rossi d’uova, tre oncie zucchero, una presa di farina, gettatevi un limone per dargli odore; sbattuti che saranno gettateci una foglietta di latte, tenete in ordine il piatto che dovete mandar in tavola: metteteci una pagnottina, prima levatele la superficie della crosta con la grattacascio, vagatela dalla sua mollica, mettetela in infusione nel latte per un quarto d’ora, dopo mettetela a scolare, dopo inzuccheratela dentro e fuori, mettetela nel detto piatto e stringete la crema al fornello; gettate sopra alla pagnotta la crema, lasciandola raffreddare; dopo prendete le chiare e sbattetele bene, come avete fatto in addietro la fiocca; mettete questa fiocca mezz’ora prima di mandarla in tavola sopra la crema, aggiustandola ad uso di un pasticcio e mettetela al forno, che sia alquanto caldo; metteteci i diavoletti, che sono confettini di diversi colori; fatela insodare al forno e poi mandatela in tavola con pulizia; avvertite che dentro a questa fiocca vi si mette, dopo sbattuta, due oncie di zucchero stacciato e bene sbattuto con la suddetta fiocca.
Mettete in una cazzarola una foglieta di vino bianco, una scorza di limone, un pizzico di coriandoli, un piccolo pezzo di
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canella, tre oncie di zucchero, fatelo bollire a fuoco lento per un buon quarto di ora: stemperate in un’altra cazzarola un cucchiarino, con cui si prende il caffè, di farina, con sei rossi d’uova, mettete in appresso a poco a poco il vino già fatto bollire, allorché è mezzo freddo, passate il tutto alla stamigna e fate cuocere questa crema in quel piatto, che voi dovete mandare in tavola sopra di una cazzarola con acqua che bolla, e coprite la cazzarola con il piatto, in cui avrete messo la crema; quando sarà stretta, la leverete dalla cazzarola, fatela raffreddare e mandatela in tavola.
Prendete otto rossi d’uova che stempererete con due cucchiai di farina, tre oncie di scorza di cedro candito trito fino, tre oncie di pana di latte, quattr’oncie di zucchero; dappoi prenderete tre oncie di midolla di vitella e la farete liquefare sopra il fuoco, e la passerete alla stamigna e metterete questa midolla liquefatta nella crema: fatela cuocere per una mezz’ora, indi ritiratela per mettervi otto bianchi di uova, prima però sbattuti ad uso di fiocca; mettete questa fiocca in essa crema e maneggiatela; dopo prendete il piatto che dovete servire in tavola, minestratela in esso, fatela cuocere al forno, sotto il piatto metteteci un coperchio di tortiera per poterla cavare dal forno; quando sarà cotta, prenderete un pennello di piume, che immergerete nel butirro caldo, e lo passerete leggiermente sopra la crema; mettete subito i diavoletti sopra e servitela fredda.
Prendete sei uova, due intiere e quattro rossi, che stempererete insieme con un cucchiaio di farina, cinque oncie di pana, un marzapane infranto, due oncie di cedro candito tritato fino, tre oncie di zucchero e sette oncie di latte, e quattro cucchiai a bocca di succo senza sale; mettete un piatto che abbia alquanto di fondo sopra una cazzarola che bolla al fornello, mettetevi sopra il piatto, copritelo e quando sarà fermata la crema, levatela e fatela raffreddare, passatele sopra la paletta infocata e mandatela in tavola.
Prendete una pagnotta, levatele la crosta sotto e sopra con diligenza, ma prima di dividerla, bisogna levarle la superficie con la grattacascio diligentemente; dopo di ciò prendete una foglietta di latte, metteteci a molle le croste che avrete aggiustate, per un quarto di ora, lasciatele ammollare, dopo cavatele e fatele scolare in un crivello, rivoltate il di sotto della mollica, acciò possa scolare bene; prendete poi una cazzarola, dove metterete due piccoli cucchiai di farina, che stempererete con sette rossi d’uovo, tre marzapani infranti, tre oncie di cedro candito, tre oncie di zucchero, una mezza libbra di pana, fate cuocere il tutto insieme per un quarto d’ora in un fornello, dopo ritiratelo dal fuoco; qui sopra ho detto che si faccia cuocere la composizione di detta crema per un quarto di ora, ma bisogna stare attento, cioè quando si vede che la cucchiaia, con cui si va mescolando la crema, mentre si cuoce, resta verniciata stretta, questo è il segno che la crema sia arrivata e servirà per tutte le
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altre creme che si fanno stringere nel medesimo metodo di questa crema; gettatene una parte di sopra il piatto che dovete mandare in tavola, prendete le croste del pane di sotto della pagnotta che avete messo ammollare nel latte; mettetelo sotto la crema, dopo vi getterete un altro poco di crema alla crosta del pane e tornerete a mettere sopra la crema la crosta di sopra della pagnottina, che formerà la pagnotta, come fosse intiera, e tornate a mettere il residuo della crema sopra la pagnottina, formando con la crema una elevazione tonda, come la pagnotta; dopo mettetela al fondo per una mezz’ora secondo il calore che avrà il forno, mentre vuole un calore adattato alla crema; dopo cavatela e tenete in ordine la fiocca delle chiare d’uova che avrete levate dalli sette rossi d’uova che hanno servito per la detta crema, e questa fiocca la metterete dentro al piatto, senza guastare la forma della pagnotta; mettete il zucchero spolverizzato intorno alla fiocca, dopo tornate a metterla al forno, sinché venga di un bel colore di cannella chiara e mandatela in tavola: la fiocca che deve servire sopra le creme e in altre cose per abbellimento, bisogna che le chiare dell’uova siano fresche e vanno sbattute con un mazzetto di vetica insino a tanto che una cucchiaia di legno messa in mezzo delle chiare non si tiene in piedi in mezzo di esse, e allora sarà segno che siano arrivate, e allora vi metterete due oncie di zucchero spolverizzato passato per staccio, e tornate a sbattere di nuovo insino a tanto che sia incorporato il zucchero nella fiocca, e poi formateci nella fiocca quello che voi volete; finito che avrete, mettete sempre un poco di zucchero spolverizzato sopra alla fiocca e mandatela in tavola.
Prendete una cazzarola, con una foglietta di latte, tre oncie di zucchero, un’oncia di cedro candito; un’oncia di acqua di cedro; fatela bollire per mezzo quarto d’ora, dappoi ritiratela dal fuoco per metterla a raffreddare, stemperate in un’altra cazzarola un cucchiaio di farina, sei rossi d’uova, i di cui bianchi metterete a parte in un vaso di terra; mescolerete la detta composizione con la cucchiaia di legno: avvertite che i rossi si debbono sbattere soli, e quando saranno bene affinati con la farina, metteteci il zucchero già detto e in appresso il latte; sempre anderete maneggiando, acciocché non facci alcun granello nella composizione; di poi per maggior cautela passatela allo staccio, tornatela a far cuocere al bagno maria, che si mette sopra di una cazzarola che bolla con acqua al tornello; sopra di essa vi si mette il piatto che dovete mandare in tavola con la crema, dove metterete sopra la composizione; quando sarà ferma, levatela e fatela raffreddare, a mandatela in tavola con pulizia; se volete far con più gusto questa crema e di bella veduta, sbattete le chiare dell’uova che avete levate dai rossi, come avete veduto nella crema a piccoli pani, e con l’istessa regola farete la fiocca e la metterete sopra la detta crema ad uso di una piramide; dopo spolverizzatela con il zucchero e mandatela in tavola tale quale.
Mettete in una cazzarola tre terzi di una foglietta di vino bianco, una fetta di scorza di limone, ma la semplice superficie della scorza per dargli odore, un pizzico di coriandoli ammaccati, tre oncie di zucchero;
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farete bollire ogni cosa insieme a picciolo fuoco per un buon quarto d’ora; stemperate in una cazzarola un cucchiaio di quelli, onde si piglia il caffè, di farina, con sei rossi d’uovo, stemperateli a poco a poco con vino già fatto bollire; allorché sarà mezzo freddo, passatelo dappoi allo staccio, o stamigna; dipoi fatela cuocer al bagno maria, come le altre creme, che avete in addietro imparate, e quando sarà ferma, levatela e mettetela al fresco, dopo mandatela in tavola con pulizia.
Mettete in una cazzarola una foglietta di latte, una superficie di scorza di limone largo due dita, un pizzico di coriandoli ammaccati, un pezzo di cannella, tre oncie e mezza di zucchero, due grani di sale; fate bollire ogni cosa al fornello per mezzo quarto d’ora; dopo ritiratela dal fuoco e fatela freddare, e la passerete allo staccio; dappoi prendete un’altra cazzarola, dove metterete un pizzico di farina; che stemprerete con sei rossi d’uovo, che verrete sciogliendo con il latte a poco a poco; dopo prenderete il piatto che dovete mandare in tavola; mettete la composizione sopra il detto piatto, fatela bollire in una cazzarola al forno con acqua, sopra mettete il piatto della crema, quando sarà ferma, fatela raffreddare e poi mandatela in tavola con pulizia.
Prendete una cazzarola, mettetevi dentro una foglietta di latte due oncie di caffè brustolito e piato, mezz’oncia di cioccolata; fatela cuocere al fornello per il tempo di mezzo quarto d’ora, dopo passatela per la stamigna e lasciatela raffreddare: poi prendete un’altra cazzarola, dove metterete tre oncie
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di zucchero, sei rossi d’uovo, un pizzico minuto di farina, battendo bene ogni cosa in essa cazzarola; poi prendete la composizione del caffè, stemperate ogni cosa insieme e la passerete al fornello, mescolandola sempre fino a tanto che la cucchiaia, con cui mescolate, diventi verniciata; dappoi gettatela nel piatto, con cui dovete mandarla in tavola, fatela raffreddare e mandatela in tavola con pulizia.
Si fa nell’istessa maniera, fuorché in vece del caffè vi si mette tre oncie di cioccolata passata nello staccio, conforme si passa il caffè.
Prendete una foglietta di latte, mettetela in una cazzarola con tre oncie di amido e tre oncie di zucchero; stemperate bene ogni cosa con una cucchiaia di legno e un poco di raspatura di limone, un’oncia di candito trito e un pizzico di sale: mettete la cazzarola al fornello a fuoco aggiustato: andatela sempre maneggiando con l’istessa cucchiaia sino a tanto che sia ben cotta; dappoi ministratela in un piatto di terra e la farete freddare, e quando sarà fredda, l’aggiusterete nella pasta che troverete nel Capitolo della pasticcieria.
Prendete dei spinaci, secondo la grandezza di cui volete formare la vostra torta, lavateli più volte, scolateli bene, metteteli in acqua bollente, sino a tanto che siano spremosciati; dappoi spremeteli bene, che siano bene
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asciutti; dappoi tritateli fini e passateli in una cazzarola con butirro, poca cipolletta tritata fina, erbette, maiorana e cannella; fateli bene soffriggere in una cazzarola; dopo vi metterete un cazzarolo di buon colì e fateli cuocere; cotti che saranno, sbatterete i rossi d’uovo secondo la vostra torta, che avete da formare con tre oncie di zucchero e poco sale; in questa dose bisogna che vi regoliate secondo la grandezza della torta; dappoi la metterete nella vostra pasta e la farete cuocere al forno.
Sciroppate i frutti, cioè mele, persiche ec. che tutti vanno sciroppati in questa maniera: pulite bene le vostre frutta dalla scorza: dalli suoi granelli con le sue caselle, metteteli in una cazzarola con vino, zucchero, acqua secondo la quantità di essi frutti; ci vuole un terzo di vino e due di acqua e un terzo di zucchero: fateli cuocere al fornello in una cazzarola e fateli asciuttare, che non ci sia più brodo, e state attento che non si attacchino al fondo della cazzarola: fateli raffreddare in un piatto di terra, dopo tritateci due oncie di candito e raspatura di limone; maneggiatela bene, mettetela nella pasta e mendatela al forno.
Laverete le vostre fragole bene con acqua e un poco di vino, e poi le farete scolar bene, dappoi le spolverizzerete col zucchero e candito tritato e un poco di cannella; metterete le dette fragole nella pasta e la manderete al forno. Le visciole poi mettetele in una cazzarola, levate prima la pelle e l’osso, e poi metteteci poco vino e poca acqua; in una libbra di visciole pulire ci vuole
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mezza libbra di zucchero; fatele bollire con la detta composizione sin tanto che siano bene asciutte, metteteci cannella e candito trito, mettetele nella pasta e mandatele al forno; queste torte possono servire di grasso e di magro.
Pigliate le animelle, spelatele dalla sua pelle, che tengono di fuori, e dai nervi, che stanno in mezzo delle animelle, e così farete alli filoni: leverete la pelle, che portano intorno, e poi mettetele in acqua fresca, acciocché diventino bianche: dappoi fate bollire in una cazzarola l’acqua con poco sale, quanto che l’animelle o filoni si siano insodati; ritirati dall’acqua, li tirerete a guisa di dadi e se sono filoni li taglierete mezzo dito lunghi; dappoi prendete mezz’oncia di butirro, lo metterete in una cazzarola, con erbette, maiorana, bassilico e quattro fettine di prosciutto tagliato parimente a dadi: tutto farete soffriggere insieme al fornello; vi metterete spezierie dolci e poco sale, dappoi che saranno soffritti vi aggiungerete un cazzarolo di colì: fatelo alquanto bollire, sgrassatelo bene, metteteci quattro rossi d’uovo sbattuti, fateli stringere e raffreddare, dappoi metteteli in pasta e mandateli al forno. Questa composizione serve anche per ripieni di turbantini, barachiglie, e pasticetti, e timpanetti di riso, e timpani di farza bianca.
Prendete una libbra di fior di farina passata al velo della regina, fate il suo buco in mezzo, metteteci un uovo intiero e un rosso,
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due oncie di butirro, un pizzico di sale, impastatela con acqua fresca, ma bisogna che chi vuol fare sfogliate bene con la suddetta pasta, avverta che tanto deve essere tosta la suddetta pasta, tanto deve essere il butirro che anderà messo tra una pasta e l’altra, che sotto vi si accennerà; dunque dovete impastarla ad uso di tagliolini, e dopo che l’avrete tirata a suo segno, la menerete per una buona mezz’ora; dappoi la coprirete con una salvietta pulita e lascierete stare per una buon’ora a riposare; dappoi stiratela con un lasagnolo sopra la mattora in lungo due palmi e larga più di un mezzo palmo e alta mezzo dito; dappoi prenderete dieci oncie di butirro; se sarà inverno, lo maneggerete bene secondo la morbidezza della pasta, e se sarà estate lo terrete a molle nell’acqua fresca anche con qualche pezzo di neve; così stesa la pasta, prendete il butirro e mettetelo sopra la pasta sino alla metà ugualmente alto quanto sarà la pasta, rivoltate l’altra metà sopra il butirro, e chiudete intorno il butirro con la pasta; di sotto andate torcinandola come si fa alli picconi, acciocché il butirro non abbia occasione di uscire dalla pasta; prendete il lasagnolo, stiratela come se voleste fare una pagnotta di taglioni sempre per lungo, e quando l’avrete slargata ugualmente, prendete con diligenza da piedi la pasta; piegatela alla metà, che torni ad uguagliarsi insieme, tornate a stirare come avete fatto la prima volta, e ritornerete ad uguagliarla, e farete per fino a quattro volte se sarà d’inverno, e se sarà d’estate, si deve darle tre piegature sole che sia in luogo fresco, dopo di averle dato le suddette piegature la piegherete in quattro e tirerete con il lasagnolo la pasta larga, quanto sarà largo il piatto di rame, in cui dovete formare la vostra torta della grossezza di un
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grosso baiocone, e di questa ne dovete tagliare due, una di sotto e una di sopra, larga quanto sarà il piatto di rame, e va tagliata con il coltello scaldato al fuoco, il quale raffreddato che sarà, ne terrete un altro in ordine per poter finire d’intagliare la torta; di questa si possono fare e formare barachiglie, pasterelle quadre, e con le stampe tonde fatte fare a posta per questo effetto, vanno sempre scaldate per tagliarle; si possono anche friggere con distrutto, e dopo cotte si spolverizzano con zucchero e si mandano in tavola calde; questa pasta si può fare anche con distrutto di assogna di maiale all’inverno in vece di butirro, e si può fare anche di grasso di rognone di vitella all’estate, in vece parimente del butirro, e mandata in tavola calda. Questa è la pasta che dovete fare per coprire tutte le composizioni che di sopra vi accennai; ingegnatevi di farla bene e di buona simmetria; avvertite prima di mandarla al forno di darle un’indorata leggiera con un pennello di piume.
Prendete una libbra di farina, mettetela sopra la spianatora, fatele il buco in mezzo, metteteci quattr’oncie di strutto buono, oppur butirro, un pizzico di sale, quattr’oncie e mezza di zucchero, cinque rossi d’uovo e un quarto di bicchiere di vino bianco; impastate bene ogni cosa e ne farete di questa pasta pasticci, pasticetti e pasterelle; non la maneggiate tanto e specialmente nell’estate, perché è soggetta ad abbruciarsi e cascare a pazzi; onde nell’estate in vece di metterci il vino, vi metterete mezzo bicchiere d’acqua fresca.
Prendete una libbra di farina, mettetela sopra la spianatura, fate il suo buco in mezzo, con quattr’oncie di strutto, o butirro, sale ed acqua; impastate e formatene casse di pasticci rifreddi e contornate i piatti; questa pasta va impastata più dura che morbida, e dopo aver formato pasticci o brodi, indorateli con uova sbattute.
Prendete una libbra di farina, mettetela nella spianatora, come avete fatto nell’altra pasta, metteteci quattr’oncie di strutto o butirro, quattro rossi d’uova e sale, impastatela con acqua, come fareste la pasta dei tagliolini; maneggiatela, stendetela sopra la spianatora di grossezza di un quattrino e formerete sopra di essa pasta l’empitura, e rivoltando la pasta per coprirli, attaccandoli intorno intorno con il dito, acciocché non abbia da uscire l’empitura di essa pasta, e tagliandoli con la stampa, li friggerete o li manderete al forno, come pasticetti indorati, incirca poi della composizione per empire i detti bocconotti se ne discorrerà al suo capitolo. Io ho lasciato il modo di adoperare il grasso di rognonata di vitella per fare anche con questo la pasta sfogliata all’estate in vece di butirro: dunque prendete l’istessa quantità di grasso, quanto dovreste di butirro, squagliatelo e levategli tutte le sue pelli; dappoi pigliatelo ed affinatelo bene in un mortaio di pietra, mettendo per ogni libbra di grasso tre oncie di strutto e fatelo incorporare, mentre si va pistando il grasso; affinato che sia bene adoperatelo, come fosse del butirro nella pasta, e
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accomodandolo sopra di essa pasta e rivolgendo la metà in questa guisa istessa e dando l’istesse piegature alla pasta che dovreste dare alla pasta di butirro; regolatevi, mentre questa pasta serve per l’estate e va mandata in tavola calda.
Prendete una mezza libbra di prosciutto, fatelo a capi piccioli, con quattr’oncie di tartufoli fettati fini; dappoi prendete una foglietta e mezza di latte, stempratelo in una cazzarola con tre oncie di farina, mettetelo in un fornello mettendovi dei prosciutto e tartufoli, maneggiando sempre sino a tanto che comincia a bollire e deve bollire mezz’ora; dappoi vi metterete mezza libbra di pana fresca, mescolando ogni cosa per tarla unire insieme; dappoi fate una perla di taglioni con dentro due uova e quattro rossi, stendetela, non tanto fina, e tagliatela ad uso di mostacciolini di Napoli, non tanto larghi; cuoceteli con la metà di brodo e la metà di acqua, aggiustati con sale; prendete il piatto che dovete mandare in tavola; potete fare intorno ai detto piatto un brodo di pasta a frigè per ritenere in esso piatto la salsa, acciocché non dia fuori, quando lo mettete nel forno, mentre gli va fatto prendere un poco di bruii; cotte che avrete le lasagne, tagliatele ad uso di mostacciolo, e cavatele ed incasciatele con formaggio parmigiano, e le anderete aggiustando nel piatto sopraddetto con un solaro di salsa, butirro e formaggio, e l’altro di lasagne slargate e messe in piano, e così andrete facendo, per fino che avrete terminato di empire il detto piatto; bisogna avvertire che al di sopra deve terminare la salsa con butirro e formaggio parmigiano; terminato, mettetelo al forno per fargli fare il suo brulì.
Prendete mezza libbra di maccaroni di Napoli, fateli bollire nel brodo o nell’acqua con sale, e non li fate passare di cottura, e cotti che saranno, fateli scolare; tenete in ordine formaggio parmigiano e incasateli subito scolati, acciocché s’incorporino con esso formaggio; dappoi farete un colì in questa forma: prendete quattr’oncie di buon butirro, fatelo disfare in una cazzarola, e quando sarà disfatto, metteteci due oncie di fior di farina; maneggiatela bene fino a tanto che divenga di color di cannella chiara; dappoi metteteci un buon cazzarolo di colì, e se sarà troppo densa, crescetene un altro, lasciandola bollire così; dappoi tenete in ordine un’altra cazzarola con animelle, cardarelle fine e tartufoli cotti ad uso di ragù, e gettate le animelle nella cazzarola, dove bolle il colì e fatele bollire insieme per mezzo quarto d’ora; avvertite che il colì non deve essere sciolto; piuttosto densarello, acciò il pasticcio dopo cotto non si sbrighi; dappoi mettete tutta questa composizione nei maccaroni, involgeteli bene con altro formaggio parmigiano, formate il vostro pasticcio con la pasta frolla, benché nelle tavole non si usano più pasticci di pasta frolla, ma si fanno delle timpalle, e di queste timpalle ve ne descriverò una, che basterà per imparare anche diverse empiture.
Prendete una cazzarola, untatela bene con il distrutto e sotto al fondo della cazzarola metterete la carta e sopra fette di lardo fino, quanto sarà rotonda la cazzarola, dappoi
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farete una farza con zinna di vitella, poca carne magra, pistata fina e pane mollo spremuto bene e formaggio parmigiano, uova, spezierie e sale, e fate che questa farza vi possa bastare per fare il fondo, e intorno intorno alla cazzarola, e per coprirla anche di sopra, e questa farza deve avere la somiglianza della pasta di coppiette; terminato che avrete di guarnire la cazzarola getterete i maccaroni dentro e li coprirete con il rimanente della farza, e dappoi farete un fondo sotto la cazzarola di cenere bollita, e d’intorno e di sopra un coperchio di ferro con la medesima cenere bollita e la lascierete stare per un’ora incirca; quando la dovete servire in tavola, la volterete sottosopra in quel piatto che dovete mandare in tavola, levando la carta che vi resterà sopra; mandatela in tavola con pulizia.
Prendete due oncie di candito, pistatelo nel mortaio ed affinatelo bene; dappoi metteteci quattr’oncie di midolla e tornate a pistare; dappoi metteteci cinque rossi d’uova duri e tornate a piotare ogni cosa: dappoi metteteci due rossi naturali e mischiate ogni cosa con una cucchiaia che divenga una pasta con poco sale e cannella pista; di questa pasta farete le pallotte grosse, quanto una nocella e l’andrete mettendo sulla perla che già descrissi per li bocconotti di erbe diverse, come spinaci, biete, ricotta e di frutti sciroppati già descritti che si sciroppano col vino, zucchero e acqua. Circa il modo di cuocere spinaci e biete per fare bocconotti: Prendete le biete, spinaci, prolessateli nell’acqua, dappoi spremeteli bene: prendete una cazzarola, metteteci un’oncia di butirro, fatelo soffriggere al fornello; tritate finissime le biete, li spinaci;
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tornateli a spremere; dappoi metteteli nella cazzarola; passateli con sale e spezierie asciutte; dappoi grattateci una scorza di limone per darli l’odore, un’oncia di candito trito fino, un’oncia di zucchero, tre rossi d’uova; maneggiate bene ogni cosa con una cucchiaia, e quando si sarà intostata, cavatela dal fuoco; fatela raffreddare; fate le vostre nocelle, mettetele in pasta e formate i bocconotti; se sono di ricotta, tre oncie di zucchero, quattro rossi d’uova, raspatura di limone e una metà di essa ricotta: se di erbe, cioè o di spinaci, o di biette fate come disopra, mescolatele insieme bene: bisogna avvertire che la ricotta sia tosta e non liquida, perché verrebbero i bocconotti troppo piatti e farete le solite nocelle; copritele con la pasta, tagliatele e friggetele.
Prendete due fogliette di latte, mettetelo in una cazzarola con quattr’oncie di butirro e sale, lasciandolo stare per sino che non avrete messo in ordine questa composizione di erbe, cioè, prendete due mazzi di spinaci lessati e spremuti bene, dappoi passateli in una cazzarola con butirro, sale e cannella pesta, pestateli nel mortaio e passateli nello staccio con una cucchiaia di legno sino a tanto che non sia passato il tutto; fate bollire il latte, che avete preparato, e mescolandolo sempre per sino che non comincia a bollire; prendete la farina e gettatela nel latte, come se aveste da fare la pasta per fare i mignè; dappoi prendete la passatura delli spinaci, mettete tutto nella pasta, maneggiandola bene con la mescola, e aggiungendo in essa pasta mezza libbra di formaggio parmigiano grattato; incorporate bene ogni cosa, e quando sarà diventato ben verde,
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staccando con il cucchiaio di fondo della cazzarola con un’oncia di butirro gettato da una parte della cazzarola, che andando con la mescola toccando il fondo si unterà il fondo e si staccherà tutta la pasta, gettatela sopra alla spianatora, lasciandola raffreddare, dappoi potete stirare e allungare ad uso di gnocchi, che cuocerete in acqua con sale, ed incasciateli con formaggio parmigiano e butirro; avvertite che quando saranno venuti sopra l’acqua, saranno cotti; in questa istessa maniera si fanno i gnocchi alla Veneziana senza erbe, ma ci va l’istessa dose e vanno cotti nell’istessa maniera.
Prendete una cazzarola, metteteci nove oncie di farina di riso stacciata fina; la stempererete con tre fogliette di latte, mettete la cazzarola in un fornello, andatela sempre mescolando e quando si comincierà a stringere, metteteci sei oncie di butirro buono e ott’oncie di formaggio parmigiano grattato e sale: andate sempre mescolando per sino a mezz’ora; dappoi tenete in ordine due piatti piani di terra, ne’ quali metterete i gnocchi larghi, quanto sarà il piatto, facendolo freddare sotto e sopra bene; dopo li taglierete a mustacciolo, rivoltandoli in una tovaglia pulita; se li volete cuocere all’acqua, fateli bollire in una cazzarola con sale, e quando bolle gettateli in essa, quanto che siano sboglientati i gnocchi, pochi alla volta, cavateli ed incasciateli ad uso di maccheroni con diligenza; andate facendo così, sino a tanto che avrete terminato il vostro piatto; sopra vi metterete una mezza libbra di butirro squagliato e mandatelo in tavola con pulizia.
In una cazzarola metteteci sei oncie di farina di riso, stemperatela con due fogliette di latte e sale a giudizio; avvertite che quando si disfa la farina con latte, ci vuole il giudizio e l’attenzione di non fargli fare i trozzi, mentre non si discioglierebbero col cuocere. Ciò fatto, mettete la cazzarola in un tornello e andatela sempre mescolando per sino che saranno cotti; tenete in ordine cinque oncie di formaggio parmigiano grattato, con sei oncie di butirro; questo lo metterete nella cazzarola subito che la mettete al fuoco; la farete cuocere per un quarto d’ora; dopo di essersi stretta, la ministrerete in un piatto, stendetela e lasciatela per la grossezza di mezzo dito; fatela freddare per sino a tanto che la potrete tagliare; la stenderete sopra una tavola polita prima di tagliarli, e dopo li taglierete lunghi mezzo dito, e della larghezza suddetta; questi gnocchi di latte si possono cuocere e condire in due modi; uno si fa bollire l’acqua in una cazzarola con sale, e quando bolle gettate i vostri gnocchi nell’acqua, quanto che si riscalda: incasciate il piatto che dovete mandare in tavola con formaggio parmigiano e butirro: quelli poi cotti al forno (ed è l’altro modo) finito che avrete d’incasciare dopo che li avrete tagliati, aggiustateli nel piatto che dovete mandale in tavola, accomodateci i vostri gnocchi, cioè un solaro di gnocchi ed un solaro di formaggio parmigiano; terminato che avrete il vostro piatto di gnocchi, mettete sopra mezza libbra di butirro a pezzetti, dappoi mettete il vostro piatto al forno e fateli fare il brulè sopra, e mandatelo in tavola caldo.
Crostini di cervellato; prendete un cervello, prolessatelo; dappoi tritatelo con un coltello; prendete un pizzico di maiorana, erbette, butirro, due rossi d’uova, sale, spezieria mischia e due oncie di formaggio parmigiano, e mischiate ogni cosa; prendete il pane, fatene le fette grosse, quanto due balocconi di altezza ed a guisa di mustacciolo, friggeteli nel butirro, colorateli a color di cannella chiari, cavateli e fateli raffreddare; dappoi ponete la composizione del cervello sopra a ciaschedun crostino; indoratelo con uova e friggetelo e mandatelo in tavola con erbette fritte intorno al piatto, e va mandato in tavola caldo.
Prendete i spinaci e fateli come quelli della torta, stringeteli nella cazzarola con rossi d’uovo, zucchero, raschiatura di limone, e assettate il pane come addietro: mettete sopra ai crostini i spinaci: dappoi indorateli, spolverizzateli di zucchero, mandateli in tavola caldi e così farete delle borragini.
Prendete una cazzarola con mezz’oncia di butirro e mettetela in un fornello; quando sarà disfatto il butirro, metteteci il cervello, che sia pulito dalla sua pelle; prendete una cucchiaia di legno, fracassatelo con la medesima; tenete in ordine maiorana, erbette tritate, gettatele entro alla cazzarola con sale, spezieria, un pizzico di formaggio parmigiano, fatelo soffriggere, sino a tanto che sia
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arrivato di cottura; dappoi metteteci due rossi d’uovo, maneggiando sempre la composizione; ritirateli dal fuoco, fate come avete fatto in addietro, indorateli, friggeteli e mandateli in tavola con erbette fritte caldi.
Prendete le fette di prosciutto tritato a dadi; dappoi prendete una cazzarola con mezz’oncia di butirro, gettatelo in essa cazzarola, Mettetela al fornello; metteteci dentro il prosciutto preparato e salvia trita, fatelo soffriggere; dappoi prendete tre oncie di zucchero, gettatelo nella cazzarola con un poco di aceto, facendo bollire insieme; sentirete con una cucchiaia, se la salsa sia al suo punto, cioè che non sia ne dolce, né brusca, ma che sia di eguale sapore; stemprerete un tantino di farina con acqua e la getterete nella salsa, quanto che faccia un brodo non denso, ma piuttosto liquido; dappoi farete i crostini, come quelli dei spinaci, e sopra il piatto che dovete mandare in tavola aggiusterete i crostini ben fatti con pulizia e simmetria, e sopra vi getterete la salsa del prosciutto bene sgrassato, e va mandato in tavola caldo.
Caverete la pastura alla beccaccia, tritatela con un coltello; prenderete una cazzarola, metteteci un poco di butirro mettete le pasture di essa beccaccia nella cazzarola, mettetela al fornello con sale, pepe, maiorana trita, fatela soffriggere; dappoi prendete un pizzico di farina, fate soffriggere ogni cosa insieme, dappoi prendete un tantino di succo, mettetelo nella salsa, e quando si sarà consumato il succo, e che sia diventata
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stretta la salsa, e che sia arrivata a cottura, fate i crostini a mustacciolo e brustoliteli nella gratella, e sopra mettete la salsa con un poco di succo di limone e mandateli in tavola caldi.
Prendete una marmita, dove terrete un zampo di vitella, una lingua, cinque o sei zampi di maiale, due orecchie di maiale e metteteci una pezza legata con dentro una raspatura di corno di Cervo, sei foglie di lauro, una stecca di cannella, quindici garofani, con una trentina di anisi, pepe intiero e poco sale: la metterete al fornello con acqua, lasciandola bollire sino a tanto che il zampo di vitella noti si sia distrutto in essa carne e nervi, che debbono quasi diventar come colla; dappoi colate il brodo in una stamigna: ricapate tutta la carne dagli ossi: mettetela in caldo, rimettete a bollire in una cazzarola il brodo della gelatina passata e disgrassatela bene: dappoi prendete un’altra cazzarola, sbatteteci tre o quattro chiara di uova con acqua e fategli fare la schiuma, come si fa, quando si chiarifica il zucchero, coprite tutto il brodo della gelatina con la schiuma delle uova, e quando cominciati a bollire, prendete cinque o sei limoni tagliati, spremeteli di quando in quando dove bolle, lasciando pulire così la gelatina; e di quando in quando l’anderete schiumando, e dopo ritornerete a metterci la schiuma e l’agro di limone per sino a tanto che avrete spremuto i limoni, e consumato che sarà il brodo in una certa misura, che vi possa stringere e gelarsi, la caverete dal fuoco e lascierete fare la posa, e con diligenza caverete la gelatina chiara, come un cristallo, e formerete o timpanetti, o pure
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nelli piatti metterete quella gelatina e sotto a questa gelatina vi metterete la coppa che qui vi descrivo.
Prendete tutta la carne che tenete in caldo, datele una mezza tritata, metteteci cannella, garofani, sale, formaggio parmigiano e mandorle trite con pignoli, pistacchi e candito trito, e tutte queste droghe e composizioni sian messe a giudizio; mescolate la composizione insieme, prendete un canavaccio, involtateci le dette robe, stringete il canavaccio e legatelo stretto, e poi mettetelo dentro il fondo di un mortaio di pietra, metteteci del peso sopra, lasciandolo stare per lo spazio di ore 24; dopo scioglietelo, che troverete la composizione tosta quanto un salame; tagliandola ve ne potete servire sotto la gelatina o in qualunque turbante, che guarnirete con meli granati, erbette, frittatelle gialle e bianche, pistacchi e candito trito.
Per fare la gelatina di pesce, non è buono ogni sorte di pesce, ma bensì moccose, raggia, archillato, pesce cane e merluzzi grossi; sicché scorticherete detti pesci, fuorché il merluzzo, laverete la pelle di esse specie, onde volete fare gelatina; le metterete in una cazzarola con acqua e sale, lauro, una cipolla, aceto, erba di odore, e farete bollire queste pelli, per sino che siano disfatte; dappoi laverete bene il pesce, e tenendolo nell’acqua chiara lavate bene il pesce che dovete cuocere in gelatina, asciuttatelo bene, prendete quel brodo, in cui hanno bollito le pelli, passatelo per la stamigna e fateci bollire il
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detto pesce con succo di limoni o di aranci, o pure aceto; cotto che sarà il detto pesce, mettetelo in un vaso di terra bene aggiustato con foglie di lauro e spezierie dolci, mettete il brodo freddo sopra il pesce, fatelo gelare e mandatelo in tavola per un piatto di antrè.
A fare il marinato, secondo alcuni è cosa facile, ma io dico ch’è cosa difficile; per fare il marinato, bisogna sapere ben friggere il pesce; bisogna però capire quando l’olio bolla nella padella, che sia arrivato al punto, altrimenti il marinato non verrà bene, perché se il pesce è troppo abbruciato dall’olio, mangerete il pesce senza sapore, e se sarà inzuppato dall’olio, il pesce si stritolerà nel marinato e non potrete cavarne uno sano, sicché bisogna sapere ben friggere; onde guardate nel capitolo de’ frutti, ove imparerete il punto dell’olio quando bolle per friggere il pesce. Chi vuol fare il marinato, che duri assai, deve prendersi dell’aceto buono, altrimenti in breve farà del matrone sopra il marinato, e gli converrà gettarlo via: eccovi dunque le regole.
Aceto perfetto, che non venga da vino corinato, o in cui sia acqua, o mistura, e che sia forte; prendete dunque questo aceto secondo il marinato che vorrete coprire, con salvia, rosmarino, aglio trito, fatelo bollire per un’ora, prendete per ogni boccale di aceto due libbre di mele buono, e dopo che l’acero avrà bollito mezz’ora, gettate il mele nella marinatura, lasciandolo così bollire; dappoi cavatelo, fatelo raffreddare bene in un vaso di terra; aggiustate bene il pesce già salato nella frittura in una catina o secchio; doppoi gettate la vostra marinatura sopra il pesce e
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sopra tutto coll’erbe copritelo bene, e in questa maniera si manterrà il marinato sei o sette mesi senza mai guastarsi.
Prendete una cazzarola con un mezzo di latte, una mezza libbra di butirro e fatela bollire in un fornello, maneggiando sempre con una cucchiaia di legno, e quando bolle, mettete giù la farina gagliardamente mescolandola e affinandola, come quando avreste da fare la pasta de’ mignè, e metteteci dentro mezza libbra di formaggio parmigiano grattato; quando sarà ben incorporato, staccatela con un poco di butirro, come avete fatto alli gnocchi verdi, e nell’istessa maniera si tagliano, si cuociono e s’incasciano, e van mandati in tavola caldi.
Prendete le lingue di qualunque sorte; e avvertite bene che prima vanno tutte prelessate, acciocché non siano dure; dopo si possono fare in ragù, in agro e dolce con salse di capperi, con salse di oliva e con salsa di prosciutto, il che troverete nel Capitolo delle salse.
Prendete una cazzarola, mettetela a bollire con acqua, e quando bolle gettate nell’acqua le lingue, lasciandole per fino che non si pelano, in modo che prendendone una per vedere se sarà arrivata per levarle la pelle e la forchetta che porta, e l’osso di mezzo, il
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tutto riesca, e questo sarà il segno di essere arrivate per pelarle; dappoi mettetele una per una nell’acqua fresca, sino che avrete terminato di pelarle e disossare; fatele di nuovo lessare con poco sale; arrivate che saranno di cottura, scolatele, infarinatele e friggetele con distrutto o butirro e salvia con fette di pane indorato: ma prima bagnate con succo di carne, e poi infarinate e indorate. Le sopraddette lingue, dopo pulite in ragù, si possono fare anche con salsa di oliva dopo fritte.
Dopo di averla alquanto lessata con sale, se la volete con salsa alla provinciale, passatela, dopo di averle dato il prolesso in una cazzarola o in fette, a spaccata in mezzo con un buon succo e spezierie dolci, e quando sarà arrivata a cottura, mettete nel piatto la salsa alla provinciale che troverete notata nel capitolo delle salse, sopra la lingua; così se la vorrete fritta con salsa di prosciutto, o qualunque altra salsa che vi verrà in mente, le troverete tutte al proprio capitolo. Son buone le sopraddette lingue lessate con vino, fieno, e cipolla, e lauro, e fettate, e mandate in tavola con salsa piccante e sughiglio. In quest’istessa maniera si aggiustano pernici, pavoncini, starne, galline pratarole. Se mai voleste fare un cappone che abbia del fagiano o pure pollastri, prendete un cappone pelato, mettetelo in infusione nel vino con ginepro e una foglia di lauro, e fatelo stare in infusione ventiquattr’ore; dappoi levatelo, asciuttatelo bene; ed aggiustatelo nel modo sopraddetto; in quest’istessa maniera si fanno i pollastri, ma che siano pinticchiati bianchi e neri, e così debbono essere anche i capponi.
Prenderete un fianco di vitella di mongana o campereccia che sia, levategli l’osso dalla schiena e la superficie della pelle di fuori gentilmente; dappoi prendete un lasagnolo, battetela bene, spolverizzatela bene con sale, spezieria dolce, un pizzico di rosmarino secco spolverizzato; spandetelo dentro al fianco della vitella con due o tre fette di cipolla, fatelo ritorto come una lonza di maiale, che resti la superficie al di fuori, e al di dentro resti la cipolla involtata con il fianco; prendete la carta reale, involtatela con fette di lardo, sale e qualche fetta di prosciutto e due foglie di lauro; dappoi mettetelo allo spiedo con fuoco aggiustato alla sua cottura, servitelo con salsa al carpio calda. Il cosciotto di carpio, o montone, o castrato, va trapuntato con lardoni, spolverizzati con pepe, due grani di ginepro secco pisto, e dopo di avere spolverizzati bene i lardoni, si va trapuntando il cosciotto in qua, in là ed intorno, dappoi s’incarta come la rognonata o il fianco della vitella, va servito con la salsa in agresto sotto.
Nell’istessa maniera farete il lepre o qualunque sorte di arrosti salvatici, e sotto a questi arrosti serviteli o con salsa piccante; pure insalata.
Qualunque animale sopraddetto va pelato asciutto, lasciandogli il collo con le sue piume senza pelarlo, e sarà sempre meglio troncargli tutto il collo con la sua penna prima di aggiustarlo per farlo arrosto, che farlo cuocere insieme, perché sarà più pulizia a vedere la testa dell’animale rimessa nel piatto, quando lo dovete mandare in tavola per far vedere il suo naturale, se sia fagiano, o pernice, o qualsisia animale dei nostri paesi della Marca; così non mancate di aggiustar bene il collo colla sua testa, dopo di averli cotti arrosto e con pulizia mandarli in tavola caldi, e sotto a qualunque arrosto avvertite di mettere o crestione o insalata, e se poteste anche condirla con il suo sughiglio bene sgrassato e condito, non sarebbe altro che bene. Sicché dopo di aver pelato qualunque animale, lo dovete pulire anche dalli suoi peli, che portar sogliono tutti gli animali salvatici, in un fornello acceso di carbone, acciò non divenghino neri, e dopo di ciò aggiustateli con buona simmetria, come nel capitolo di accomodare capponi e galline per i lessi: fateli rifare nella bragia viva, ma che non si affarino, e soltanto s’insodino per poter bene piccarli. Mi spiego per farlo capire a tutti, cioè per allardarli con la lardarola, facendo i lardoni secondo l’animale che dovete arrostire; dopo di aver allardato l’animale, farete delle fette di lardo alquanto fine e le spolverizzerete con sale a sufficienza, e prenderete l’animale e gli abborderete tutto il piatto, e con un foglio di carta reale pulita involterete l’animale che dovete fare arrosto, aggiustandolo allo spiedo, facendolo cuocere a fuoco aggiustato secondo la sua grossezza. In questa
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guisa si aggiustano i fianchi di mongana ed i fianchi di vitella campereccia, solo che il fianco della vitella campereccia si deve disossare e batter con il bastone, e spolverizzare con poche spezierie dolci e sale, e a chi piace trapuntato con una spica di aglio in quattro pezzi e cipolla trita, e una presa di rosmarino in polvere e involtato in carta e messo allo spiedo; si manda in tavola come gli altri arrosti. In quest’istessa guisa si fanno i cosciotti di porco fresco.
Prendete un’anitra; pulita che sia laverete fuori e dentro; tagliatele il collo radente al busto e gettatelo via; aggiustata che l’avrete prendete due cipolle e mettetevi quattro garofani nelli quattro lati delle medesime; salate il dentro dell’anitra con un poco di spezieria dolce, mettetevi dentro le due cipolle; cucitela sotto e sopra della sua apertura; fatele dare un prolesso nel brodo che bolle nella marmita per mezz’ora, dappoi cavatela, e fredda che sia, aggiustatela nello spiedo; e mettetela al fuoco: prendete tre cipolle, tritatele fine, mettetele nella lecarda con distrutto, pepe, lasciandole cuocere sotto all’anitra; quando le cipolle saran cotte, metteteci un mezzo bicchiere di vino bianco e tornate a farle bollire nella lecarda, e andando bagnando l’anitra con la salsa, sino a tanto che l’anitra sia cotta, e quando la dovete mandare in tavola sgrassate la lecarda, e con quella salsa, che starà sotto, impiastrate il vostro arrosto: quando lo dovete mandare in tavola sia caldo con verdura intorno e con pulizia, onde ogni sorte di animali volatili, o grossi o piccoli che siano vanno rifatti alla bracia, e bene aggiustati,
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acciocché quando si aggiustano alto spiedo, restino con buona grazia e simmetria, e se saranno quaglie, starne, piccioni ed altri animali alquanto grossi, quando non si allardano, bisogna abbordarli con fette di lardo al petto.
Avrei insegnato la maniera d’immarcare diversi piatti che in questi tempi vanno molto in uso e fanno un buon vedere nelle tavole de’ nobili, ed oltre di ciò servono di polizia e di buon gusto; ma siccome per immarcare i piatti bisogna sapere qualche poco di disegno ed ancora sapere l’erbe ed altre robe che può richiamare il piatto, che si deve immarcare, onde non viene da tutti capito il modo d’immarcare, e perciò io tralascio questo capitolo; mi è bastato solo di descrivervi la maniera di cucinare con facilità, con economia e con pulizia; mi basta solo che mi compatiate, caro Lettore, che altra mira non ho avuto che d’insegnare, a’ servitori, e serve, e a’ giovinetti, che vogliono esercitare la cucina; onde il fondamento di tutta questa mia Operetta si racchiude in questo ultimo mio foglio fondamentale, cioè che finalmente sappiasi che le diverse e tante maniere nel suo luogo dimostrate di ben cucinare fondate sono sulla conferenza d’altri celebri cuochi, esuli’ esperienza per molti lustri esercitata in cucine ragguardevoli dall’istesso autore, il quale di più costantemente asserisce che chiunque dar si voglia a mestiere sì difficile, delicato e geloso, non pensi giammai mediante la teorica e poco pratica, ed altri fastidii umani totalmente fidarsi in sé medesimo, privo del necessario e particolare aiuto ed assistenza divina, la quale acquistasi per mezzo del timor di Dio, principio e fondamento di ogni sapere ed operare: acquistasi per mezzo della frequenza de’ Sacramenti, fuga d’ozio e
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di quegli oggetti che servir possono d’inciampo e disonore: in una parola nell’odiare i vizi e seguire la virtù; affermandolo anche lo Spirito Santo allorché dice: Initium Sapientiæ est timor Domini; così facendo allora prometto mercè della divina grazia alle fatiche un ottimo riuscimento.
Gradite, o ottimo Lettore, il buon animo che ho avuto di giovarvi al miglior modo possibile in cose vantaggiose, ed il tutto sia sempre a maggior gloria ed onor di Dio e della sua SS. Madre. E vivete felice.
Per ciascheduna stagione, quali serviranno ancora per regolare i servizi che si aumenteranno e diminuiranno, secondo le occasioni e spese che si vorran fare.
Bisogna in primo luogo aver carità e considerare che prima di loro i cuochi più bravi ed esperti hanno tenuto questo stesso posto di Sotto-cuoco, sicché sarà loro dispiaciuto di sentire gli strapazzamenti ed ingiurie. Voi ancora, o Ufficiale, quando entraste in cucina; voi pure siete stato sotto-cuoco, e a voi non saranno piaciuti gli strapazzi che vi avranno dati i vostri uffiziali di cucina, così non piacciono ai sotto-cuochi; bisogna però armarsi di santa pazienza e di carità, e star loro coll’occhio sopra; avvertirli di tener pulita la cucina; il che consiste in tutto quello, che in essa si richiede, in cazzarole, tavole e in tutti gli arnesi e commestibili che ci son necessari.
La sera si deve dare ordine al sotto-cuoco che la mattina per tempo si trovi in cucina, e sia messo il bollito, e con attenzione purgato bene dalla schiuma, e che sia ben custodito, mentre non si può sapere, se il padrone mandi a prendere un brodo, e se il brodo non fosse ben purgato, in tal caso sarebbe tacciato l’officiale di cucina di poco polito, mentre i padroni, che sanno il loro dovere, non debbono sgridare il sotto-cuoco, ma l’uffiziale di cucina; onde il sotto-cuoco deve avvezzarsi pulito, e quando ciò non voglia fare, si mandi via, che vale più la pulizia di cucina che per così dire quanto oro sia al mondo. Bisogna ancora ordinare al sotto-cuoco che la mattina, dopo di aver purgato il bollito, tenga in ordine tutti i pisti di erbette, cipolla bene spremuta, maiorana, aglio, e secondo le stagioni quelle erbe che si troveranno. Come tenere anche in ordine, secondo le stagioni,
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cavoli, selleri, carote, pomidoro, marignani, zucchette, pastinache, lattuche, cerfoglio, bassilico, dragoncello e tutte quelle cose che nelle stagioni si ritroveranno. Dopo di ciò deve ordinare che la mattina per tempo, prima che l’uffiziale giunga in cucina, abbia polito i polli e bene imbianchiti e bene aggiustati in modo che l’ufficiale non abbia che dire; dopo trovisi in ordine con la sporta, quando giungerà l’ufficiale in cucina, per poi andare per far la spesa con esso lui.
L’obbligo del sotto-cuoco verso del respettivo uffiziale è che si deve sempre sottomettere agli ordini che riceverà la sera per la mattina; e che la mattina, quando arriva il cuoco in cucina, trovi in ordine tutto quello che la sera avanti avrà ordinato; oltre di ciò deve tenere in ordine i pisti di cipolla ben trita e spremuta, agli, erbette e maiorana, e tutte separate l’una dall’altra messe in una rota di latta con i suoi spartimenti; in oltre deve tenere in ordine i polli ben puliti e aggiustati secondo l’ordine che gli avrà dato l’ufficiale; deve tener bene schiumato il bollito e la marmita pulita tanto dentro che fuori.
L’onore del sotto-cuoco è nel tener puliti i rami della cucina, le tavole sì della pasticcieria, che quelle della cucina, lavarle la mattina prima di fare i pisti, e dopo dato in tavola sicché la pulizia della cucina è la più essenziale; ed è decoro, prima al servizio del padrone, e di pregio all’uffiziale proprio
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maestro e di onore al sotto-cuoco, che adempisce il suo dovere.
Oltre di ciò il sotto-cuoco deve avere rispetto al suo ufficiale e non rispondere imprudentemente e non fare quel mormorio sotto voce, che forse è peggior assai che rispondere. Il che non si deve fare in qualunque maniera al principale; se poi ascolta, ma non capisce quello che si dice, assai più gli farà impressione quel mormorio, perché chiaramente non sa cosa dice il sotto-cuoco, e sarà la sua disgrazia.
Il sotto-cuoco deve avere attenzione, quando arriva il suo uffiziale di cucina, di fargli trovare in ordine due zinali ed un asciuttamano per mettersi alla spalla destra, il berrettino ed il trinciante da mettersi al fianco, il cattino per lavarsi le mani con acqua pulita, e tutta la cucina ben pulita.
Il sotto-cuoco bisogna che stia attento coll’occhio e guardi bene quello di che l’uffiziale avrà di bisogno; non fargli mancare cosa alcuna; e allora l’uffiziale vedrà l’attenzione e piglierà grande affetto; e manifesterà tutta la sua benevolenza al suo sotto-cuoco.
Bisogna che il sotto-cuoco si guardi dal portar ciarle, né ai padroni, né a verun domestico di casa contro il suo uffiziale, e molto meno fuori di casa; bisogna che il sotto-cuoco se vuole essere e diventare un bravo uffiziale a suo tempo, bisogna dico, stia sotto ad un bravo uffiziale, da cui di continuo si lavori; ma non per uno o due anni, ma per lo spazio di nove o dieci anni, mentre così si diventa uffiziale di fondo nell’arte di cucina e in tutte le stagioni dell’anno sempre sarà riputato moderno e non diventerà mai antico. Ma se appena il sotto-cuoco sa schiumare il bollito, e ancora non saranno due anni che professa di essere sotto-cuoco, subito
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s’innalzerà colla sua superbia a diventare uffiziale, non mai potrà arrivare al grado di essere buon uffiziale.
Avendo io in tutto il decorso di questa mia, qualunque siasi, Operetta data già alla luce nel 1799, parlato in tutto il decorso di essa dell’uso del butirro nella maggior parte delle vivande, come che più confacente al gusto, e per più pulizia; ed essendo stato ricercato di ciò che doveasi porre in opera in mancanza del butirro: ho stimato bene in questa seconda impressione aggiungere queste poche righe, avvertendo che in difetto del butirro potrà farsi uso, nei giorni di grasso, del distrutto nella medesima dose e quantità del butirro descritto; per altro prima bene sgrassato, e come si è detto nel suo capitolo a parte.
Fine della prima parte.
OPERADI ANTONIO NEBBIAPARTE SECONDA
Per avere osservato che il mio Cuoco Maceratese ha incontrato presso il pubblico tutto quell’applauso che io forse non mi credea, e per essere esso stato più volte dato alle stampe e in questa Città, ed in quella di Venezia e di Foligno (segno evidente del comun gradimento) ho preso animo di presentarti la seconda Parte, che tratta di cucina di magro e di latticini da imbandirsi con tutto il risparmio e buon gusto, giacché con uno stesso genere, sian salumi, o sian uova, o altro, si dà la maniera di far molte pietanze. Per
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maggior soddisfazione dei dilettanti si aggiunge ancora nel fine un metodo per lavorare di Credenza. Mi giova sperare che verrà quest’Opra accolta non men che la prima, col medesimo aggradimento. Leggila intanto, e vivi felice.
Prendete il pesce, pulitelo delle sue valigie, che tiene sotto le ganascia, e se è pesce di squama, raschiatelo bene, tagliandogli le ali sotto e sopra ed all’intorno; ed il pesce di pelle dovete con attenzione scorticare, in guisa che non resti di essa pelle alcun vestigio, e poi diligentemente lo laverete, dipoi asciugatelo con un canavaccio polito. Prendete quindi una cazzarola e mettetevi dentro il detto pesce, ponetevi olio dolce e sale, nello stesso tempo spremeteci un limone spremuto, fatelo in quarti e gittateli dentro la detta cazzarola, e non avendo limoni, sono pure a proposito i melaranci, o l’aceto svoltatelo sottosopra e lasciatelo stare in questa salsa per lo spazio di un ora e mezza, ponendovi poi l’acqua, mettetelo al fornello e fatelo bollire più o meno, secondo la qualità del pesce, mandatelo in tavola caldo, circondato da erbetta e con pulizia.
Non istimo cosa vana il descrivervi qui i pesci che in tutto l’anno ci dà il nostro mare Adriatico, e sono: storione, alice, varolo, cefalo, sfoglie, arzilla, che nel nostro linguaggio viene detta raggia, moccosa, ch’è diversa dalla raggia tanto nella sua pelle, che nel sapore, rospi, calamaroni e calamari a penna, merluzzi, roscioli, baracole, pesce cane; archillato con spine, squadro ed altre specie di pesce turchino, ed altro pesce sì di coccia, come di spina, il nome del quale tralascio per non rendermi troppo noioso.
Mettete dentro d’una cazzarola unta nel fondo di butirro, o pure d’olio dolce una quantità di cipolla tagliata a traverso, che copra tutto il fondo, mettetela, al fuoco non tanto gagliardo e venitela maneggiando con cucchiaia di legno, finché il soffritto si riduca a color di cannella, e poi gettatevi dentro il brodo di pesce lesso insieme con una carota, un poco di maiorana ed una porzione, conveniente di pesce ordinario (si esclude il pesce raggia, baracole ed archillati, che non sono buoni per tirare il succo). Dopo bolito per un quarto d’ora incirca, passatelo per un canavaccio, o stagnino, e salvatelo per servirvi dopo passato, per zuppe salse ed umidi.
Prendete una cazzarola, untatela, nel fondo con butirro, o pure con olio dolce, coprite pure il fondo con cipolla tagliata a traverso, mettetela al fornello con fuoco non tanto gagliardo, venitela maneggiando con, cucchiaio di legno finché prenda il colore di cannella; gittatevi dentro pesce diverso, benché sia minuto (ma avvertite che non puzzi) con quattro garofani un mazzetto di erbetta e brodo di pesce lesso, e fatelo bollire per un quarto d’ora. Quindi colate tutta la composizione per un canavaccio, spremetela adagiatamente; dipoi rimettetela nuovamente al fuoco in una cazzarola pulita, e quando bolle, gettate dentro un poco di colletta, e fatela cuocere in modo che non resti né liquida, né densa. Questo colì vi può servire per umidi, zuppe e salse.
Prendete una pila, mettetevi dentro una quantità discreta di fior di farina, secondo il bisogno che avrete, stempratela con acqua chiara, avvertendo che non resti troppo liquida, né troppo densa, e questa vi servirà per tutte le composizioni nelle quali si mette la colletta.
1. Si avverte il Leggitore che allora quando io parlo di zuppe e di altri piatti, intendo sempre di farli per due o tre persone, però parlo in ogni luogo della dose che io essi vanno, secondo questa quantità. Voi però dovete regolarvi secondo la moltiplicità delle persone che saranno in tavola.
2. Nel decorso di quest’Operetta, trattando io di far zuppe o altri piatti di magro, troverà chi legge che mi servo di butirro e formaggio parmigiano. Avverto però che mancando questi due generi, si può servire dell’olio dolce in vece del butirro, e del formaggio nostrale dolce in luogo del parmigiano, e se saranno giorni di grasso, in vece dell’olio e del butirro, si può servire dello strutto buono, e se è vigilia, del solo olio dolce.
3. Troverà pure spesso in essa Operetta questo termine spezieria dolce, dovete intendere per essa pepe dolce, cannella, noce moscata e garofani in assai minor quantità degli altri generi, ma il tutto pesto assieme e a discrezione delle zuppe, o piatti, che dovete preparare.
4. Quando si dice zuppa, s’intende che nella terrina, ove si porrà la composizione, vi siano preparate le fette o crostelle di pane abbrustolito. Dove poi anderanno le crostelle, s’indicherà, allorché si tratterà delle zuppe o
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piatti che le richiedono, e quando non vi si trovano indicate, ci si porranno le fette.
5. Il cuoco deve assaggiare ogni vivanda per non avere ad isbagliare nel farla o troppo insipida o troppo salata.
6. Si avverte il cuoco a mandare intavola ogni zuppa calda, e quello che più preme, la mandi con somma pulizia. Se poi vi sarà alcuna zuppa che debba comparire in tavola fredda, s’indicherà a suo luogo.
Prima di ogn’altra cosa dovete preparare il pane per la zuppa, il che si fa così. Prendete una o più pagnotte, secondo la quantità della zuppa che dovete fare, purgatela della superficie colla grattacascio; tolta essa superficie, si dovrà levare tutta la mollica e le croste abbrustolite in maniera che prendano il colore di cannella chiara, e di essa vi servirete per quelle zuppe che le richiedono; così pure brustolite le fette di pane per quelle zuppe, sotto delle quali le dovete mettere.
Prendete gambi di lattuga, purgateli bene e fettateli in acqua chiara; di poi lessateli con un poco di sale; cotti che sono, fateli colare; quindi prendete un cazzarola, metteteci un’oncia di butirro, ponetela a liquefare nel fornello, tritateci cipolla, erbette e timo; poneteci sale e spezieria dolce, lasciandola soffriggere insieme, e poi mettete dentro essa cazzarola li gambi, lasciandoli incorporare insieme, e poneteci dopo incorporati
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una foglietta di latte. Quando la dovete man dare in tavola, sbatteteci due o tre rossi d’uova con un pizzico di farina, stemprati con un poco di latte, mescolate bene la detta composizione e finalmente poneteci dentro due oncie di parmigiano: mandatela in tavola nella terrina preparata con fette, ec.
Prendete le obbiette, levate loro tutte le coste, lasciando il solo verde, lavatele bene e poi lessatele con sale, poi spremetele e tritatele. Quindi prendete una cazzarola, poneteci due oncie di butirro, fatelo liquefare come sopra tritateci un poco di erbetta, metteteci sale a giudizio e spezieria dolce e le obbiette; fate soffriggere il tutto sino a tanto che sia bene incorporato: di poi vi metterete succo di pesce a giudizio, e finalmente ponete nella terrina preparata con pane già bollito nel brodo di pesce; mandatela in tavola ec.
Prendete le rape, mondatele bene dalla sua corteccia e fettatele a dadi; avvertite che esse siano tenere, lessate con un poco di sale, e lessate che sono, fatele colare. Prendete quindi una cazzarola, metteteci un’oncia di butirro e ponetela al fornello a liquefare liquefatto poneteci le dette rape con sale e spezieria dolce; fate che s’incorpori bene insieme, ed incorporato, poneteci una foglietta di latte; prendete una cipolla, trapuntatela con quattro o cinque garofoli e ponetele nella detta composizione, e cotta che sia levate la cipolla, sbatteteci tre rossi d’uova, con un pizzico di farina; stemprateli con poco di latte, metteteli nella detta composizione,
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mescolando il tutto ben bene; e quando la dovete mandare in tavola, mischiateci due oncie di parmigiano grattato. Ponetela nella terrina ec.
Levati dalla buccia o scorza i piselli prendete due oncie di butirro, e posto in una cazzarola, ponetelo a liquefare nel fornello, e liquefatto, tritateci cipolla, erbetta e maiorana; fate soffriggere bene il tutto, e giunto il fritto a dovere, metteteci li piselli, mescolateli sempre sino a tanto che prendano il buon gusto, poneteci sale e formaggio parmigiano grattato. Di magro poi, olio dolce, succo o colla di pesce con pane bollito in detto brodo, ma asciutto; mettete il tutto nella terrina e mandatela ec.
Provedete cavoli teneri, puliteli bene e lessateli con un poco di sale, cotti che sono spremeteli bene, poi tritateli, prendete quindi una cazzarola, metteteci due oncie di butirro, fatelo liquefare come sopra; liquefatto, poneteci i cavoli con sale e spezieria dolce; dappoi che si saranno incorporati, metteteci una foglietta di latte, lasciando che il tutto bolla bene, scioglieteli con un poco di latte e gettateli nella detta composizione, andatela sempre mescolando fino a tanto che vi resta inverniciato il cucchiaio, mischiateci in fine due oncie di parmigiano grattato e mandate in tavola ec.
Prendete ceci bianchi, che sieno cottori, purgateli e poneteli a cuocere; cotti che sono levateli dal suo brodo, pestate essi ceci nel mortaio, e raffinati che sono, passateli per lo staccio con un cucchiaio di legno; di poi prendete de’ spinaci, puliteli e lavateli bene e metteteli in acqua bollente, ed alzato il bollore, cavateli e spremeteli bene; prendete una cazzarola, metteteci due oncie di butirro, fatelo liquefare come sopra, tritateci cipolla, erbetta e maiorana, fate il tutto soffriggere, e soffritto abbastanza, poneteci li spinaci con sale, spezieria dolce, meschiateli bene; quindi vi metterete mezzo cazzarolo di brodo di esso cece, fatelo bollire sino a tantoché si consumi esso brodo. Cavateli dal fuoco, passate essi spinaci in un diverso, piato del cece per la staccio. Prendete una cazzarola pulita e poneteci dentro li ceci passati colli spinaci; si avverte che li spinaci sieno in maggior quantità delli ceci, perché vengano verdi; se poi venisse troppo densa, aggiungeteci il brodo de’ ceci, ovvero brodo o succo di pesce. In questa zuppa ci fa bene il pane bollito coi brodo del detto cece, o pure il pane fettato a dadi e fritto nel butirro o nell’olio dolce. Posta la purè nella terrina, spargeteci sopra il detto pane fritto e mandatela in tavola, ec.
Ponete due oncie di butirro in una cazzarola ed una cipolla fettata in piano, ed i pomidoro pacati in piano, poneteli al fornello, lasciandoli incorporare; poi metteteci sale, quattro garofani e stecche di cannella a giudizio, fateli cuocere sino a tanto che sieno disfatti bene. Se è vigilia, poneteci un
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cazzarolo di succo, ovvero di brodo di pesce; se poi non è vigilia, metteteci mezza foglietta di latte, lasciandoli bollire, e cotti che saranno, passateli per staccio, quindi riponeteli nella cazzarola pulita e fateli bollire. Poi preparate nella terrina il pane bollito nel brodo di pesce, ma fate che il pane sia asciutto, gettatevi sopra la detta salsa: se poi non vi fosse brodo di pesce per farci bollire il pane, vi potete servire delle fette come sopra abbrustolite e mandatele in tavola ec.
Prendete gobbi teneri, mondateli e purgateli bene sì di fuori come al di dentro; tagliate essi gobbi alla grossezza di un dito, fateli cadere nell’acqua chiara allorché li tagliate; lessateli con un poco di sale, e di poi colata che sia bene l’acqua, spremeteci subito un poco di limone, o arancio, o aceto, mestandoli sottosopra a modo di castagne, e lasciateli di nuovo colare; quindi prendete una cazzarola, metteteci due oncie di butirro; fatelo liquefare, e liquefatto, tritateci un poco di bassilico, maiorana, erbetta ed un pizzico d’aglio, metteteci sale e spizieria dolce, fateli tutto soffriggere, e poi poneteci li gobbi, dando loro però prima una lavata con acqua calda, mescolateli spesso lasciando incorporare, metteteci dopo un ramaiolo di succo o pur di brodo di pesce, e mezzo ramaiolo di colì, ovvero mezza foglietta di latte. Cotti che sono, sbatteteci due rossi d’uova con un pizzico di farina, stemprateli bene, o con latte o con succo di pesce, poneteli nella composizione, maneggiateli sino a tanto che si stringano, in fine mischiateci due oncie di parmigiano grattato, ponete il tutto nella terrina e mandatela in tavola ec.
Prendete selleri teneri, tritateli in acqua chiara, e così lessateli con un poco di sale; cotti che sono, fateli colar bene; quindi prendete una cazzarola, poneteci un’oncia di butirro e fatelo liquefare come sopra; tritateci cipolla, erbetta e maiorana, fate che s’incorporino; incorporati che sono, poneteci i selleri con sale e spezieria dolce. Uniti che saranno colla detta composizione, metteteci una foglietta di latte, sbatteteci due rossi d’uova con un pizzico di farina e stemprateli con un poco di latte e poneteli nella cazzarola, e fateli unire, e poco prima di mandarli in tavola mischiateci due oncie di parmigiano grattato; poi ponete il latte nella terrina con fette brustolite, ovvero con pane bollito o nel succo o nel brodo di pesce. Se è vigilia, servitevi del latte d’amandole; e per stringerla poneteci un poco di colletta.
Prendete le carote, raschiatele e puliteli bene, spaccatele nel mezzo, levatele il midollo, tritatele in acqua chiara, pigliate una cazzarola con un’oncia di butirro e fatelo liquefare; poi tritateci cipolla e maiorana; e fatela soffriggere abbastanza; quindi metteteci le carote; mescolatele bene, poneteci sale e spezieria dolce, fatele cuocere bene, giacché queste non si lessano: cotte che sono, metteteci brodo e succo di pesce unito con colletta, ovvero servitevi del latte, tritateci un poco di erbetta e fatele incorporare; sbatteteci due rossi d’uova con un pizzico di farina, stemprati con un poco di latte, in fine mescolateci due oncie di parmigiano grattato e mandateli in tavola nella terina con fette ec.
Per farla con butirro ec. la farete come la suddetta delle carote. Per farla poi di vigilia, fatela come segue.
Pulite le pastinache come le carote e fatele come le suddette, poi tritate cipolla, erbetta e maiorana, purgate bene una sardella o alice dalla sue spine e squame; mettete il tutto in una cazzarola con olio dolce, e fate il tutto soffriggere assieme, e ciò fatto, ponetevi le dette radiche con poco sale e spezieria dolce, fatele incorporare, poi metteteci un cazzorolo di brodo di pesce ed uno di colì; il che se mancasse, servitevi del latte di amandorle passate per lo staccio con un poco di colletta, ma questa la metterete quando l’avrete a mandare in tavola, e nello stesso tempo spremeteci un poco di limone o di arancio e mandatela in tavola, ec.
Prendete i marignani, che non sieno passati, mondateli bene, fettateli a dadi in acqua chiara, lessateli con poco sale e poi poneteli a colare: indi prendete una cazzarola, metteteci un’oncia di butirro e fatelo liquefare; dopo tritateci cipolla, bassilico, timo ed erbetta, e fate il tutto soffriggere; poi poneteci li marignani con sale e spezieria dolce, fateli incorporar bene, quindi ci metterete un cazzarolo di succo di pesce e mezzo di colì. In mancanza di questo servitevi o del latte, o pure del latte di amandorle; servendovi però del latte, sbatteteci rossi d’uova e ci metterete formaggio parmigiano, come nelle altre zuppe. Cotti che sieno, poneteci un poco di colletta, mischiando bene la detta
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composizione mettete il tutto nella terrina, ove sia preparato il pane, bollito in brodo di pece, ma asciutto, ed in mancanza di esso brodo, fette abbrustolite ec.
Prendete li spinaci, purgateli e lavateli bene, quindi premosciateli con aqua bollente, poi spremeteli e tritateli. Pigliate una cazzarola, metteteci due oncie di butirro e fatelo liquefare. Di poi tritateci cipolla, erbette e maiorana, e fate soffriggere il tutto, e soffritto abbastanza, metteteci li spinaci bene spremuti con sale e spezieria dolce; fate che s’incorpori bene e poi metteteci una foglietta di latte e fateli bollire sino a tanto che sieno giunti a cottura; prendete cinque o sei amandorle dolci; abbrustolitele, pestatele e raffinatele bene, stempratele con un poco di brodo degli stessi spinaci, preso dalla cazzarola, gettatele in essa composizione, sbatteteci tre rossi d’uova con un pizzico di farina, poneteli nella stessa composizione, mischiate in maniera che venga lattiginosa; mescolateci in fine tre oncie di parmigiano grattato, e mandatela in tavola ec.
Prendete le semplici coste d’obbiette, pulitele da’ suoi filacci e lavatele bene, tagliatele della grossezza d’un dito, lessatele con poco sale e fatele poi colare. Pigliate una cazzarola, metteteci olio dolce a giudizio, con uno spicchio di aglio, erbetta, maiorana e timo, il tutto tritato, fatelo soffriggere, e soffritto a dovere, metteteci le coste d’obbiette con sale e spezieria dolce, lasciatele incorporar bene, poi poneteci o brodo, o
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succo, o colì di pesce, e lasciatele cuocere quindi prendete due oncie di amandorle dolci, brustolitele, pestatele e passatele per lo staccio, stempratele con un poco di brodo di pesce e poi gettatele nella detta cazzarola; fatele pigliare corpo, uniteci un poco di colletta e succo di limone, o arancio, e mandatela in tavola con fette ec.
Prendete i cavoli sopraddetti, mondateli bene della loro scorza, fettateli a dadi sull’acqua fresca, poi lessatali, con un poco di sale e fateli colare. Quindi prendete una cazzarola, metteteci due oncie di burirro, fatelo liquefare e poi tritateci pure maiorana, bassilico ed erbetta, con una presa di rosmarino in polvere: fatele soffriggere, e soffritte a dovere, poneteci li cavoli, spolverizzateli con sale e spezieria dolce, fateli incorporare e poi metteteci una foglietta di latte; lasciateli cuocere, e cotti che sono, sbatteteci tre rossi d’uova, con un pizzico di farina, stemprateli con un poco di latte e gittati nella composizione, infine metteteci e mescolateci tre oncie di parmigiano grattato e mandateli in tavola ec.
Prendete cavoli teneri, puliteli, lessateli tritateli e spremeteli; pigliate poi una cazzarola, metteteci due oncie di butirro e fatelo liquefare, poneteci uno spicchio d’aglio maccato e maiorana trita, e fate il tutte soffriggere; soffritto che sarà, poneteci li cavoli con sale e spezieria dolce, fateli incorporare mescolandoli spesso; incorporati, poneteci mezza foglietta di latte e lasciateli cuocere bene.
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Prendete un’altra cazzarola, metteteci due oncie di butirro, e liquefatto che sia, gittateci un piccolo pizzico di cipolla tritata e fatela soffriggere; poi prendete quattr’oncie di riso prima purgato, e fatto stare in infusione, colatelo, mettetelo dentro la cazzarola, lasciandolo crescere ed incorporare; metteteci pure sale e spezieria dolce, mischiatelo spesso, perché né si attacchi, né si abbrugi; metteteci mezza foglietta di latte, e cresciuto che sarà a dovere, unitelo colli cavoli; meschiateli bene e mischiateci ancora due oncie di parmigiano grattato, mandateli in tavola ec.
Li cavoli fateli come sopra, ma invece del latte, mettetevi il brodo della lenta. Prendete poi la lenta, che sia cottora, purgatela bene, fatela cuocere in acqua di cola; poneteci un pizzico di mentuccia con cinque o sei spicchi d’aglio tritato, sale ed olio dolce. Cotta che sarà, passate la metà di essa nello staccio e gettatela nella cazzarola de’ cavoli coll’altra metà della lenta intiera. Se avrà bisogno di umido, poneteci il brodo della lenta; mandatela in tavola ec.
Prendete ceci bianchi, che sieno cottori, purgateli e fateli cuocere in acqua di cola, cotti che saranno, poneteci aglio tritato e rosmarino in polvere, sale ed olio dolce, e fateli incorporare; di poi levateli dal loro brodo, pestateli e passateli per lo staccio, stemprateli col brodo di esso cece, rimetteteli nella cazzarola pulita e fateli ribollire; fate che non sia né troppo densa, né troppo liquida; quindi prendete il pane e friggetelo, come si
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è detto della purè di piselli d’inverno e servitene, come in essa purè d’inverno ec.
Fate de’ ceci rossi, come avete fatto de’ ceci bianchi, e conditeli come essi, ma, fate che vi resti il brodo sufficiente a cuocere le lasagne o altra pasta; cotti, colateli e poi prendete la quarta parte del cece, pestatelo e passatelo per lo staccio, quindi fate cuocere le lasagne col brodo nel cece, e cotte stemprate la purè col brodo di lasagne a giudizio, mischiatele bene e mandatele in tavola ec.
Prendete il riso e fatelo come nella zuppa de’ cavoli e riso. Prendete li pomidoro e fateli come nella zuppa di essi pomidoro. Unite l’una e l’altra composizione, metteteci mezza foglietta di latte e due oncie di parmigiano grattato, mescolatelo assieme nella zuppa e mandatela in tavola ec.
Prendete il riso, pulitelo e mettetelo in infusione; prendete una cazzarola, poneteci due oncie di butirro e fatelo liquefare, metteteci il riso e fatelo cuocere, come nella zuppa de’ pomidoro; di poi metteteci sale, spezieria dolce, fate che s’incorpori: poneteci poi una foglietta di latte, lasciatelo crescere, metteteci due oncie di parmigiano e quattro rossi d’uove sbattuti, meschiateli bene nella composizione e mandatela in tavola ec.
In tre maniere può prepararsi questa minestra, ed io in tutte e tre le maniere ve la addito. La prima si è che presa la pasta la dovete cuocere nel brodo di pesce rospo, o di merluzzi, e cotta, metteteci un cazzarolo di succo ed un altro di colì di pesce con spezieria, meschiatela bene e mandatela in tavola ec.
La seconda, prendete mezza libbra di amandorle dolci, pulitele della sua corteccia, pestatele e raffinatele bene, stempratele con due fogliette di acqua, passatele nello staccio; di poi prendete una cazzarola, metteteci il detto latte con sale e fatelo bollire, e mentre bolle, poneteci nove oncie di sementina, e cotta che sarà, metteteci zucchero e cannella polverizzata, datela in tavola ec.
La terza, prendete un mezzo di latte, e fatto bollire metteteci nove oncie di sementina con sale, e cotta, metteteci tre oncie di parmigiano e due di butirro liquefatto; mandatela in tavola ec.
Prendete il cece bianco, cocetelo e conditelo, come si è detto de’ ceci bianchi alla purè; prendete poi una cazzarola con olio dolce, bassilico, timo e maiorana il tutto tritato; pigliate una mezza libbra di tarantello e due alici o sardelle, il tutto ben pulito, ed il tarantello dissalato, tagliatelo a dadi grossi e mettetelo in detta cazzarola con le alici; fateli soffriggere, e cotti che sono i ceci, mettete anch’essi nella stessa cazzarola, lasciandoli incorporare assieme. Prendete quindi li torsi di cavoli, rape bianche, fettateli a dadi, poi radiche di erbetta, selleri e tagliateli
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in lunghezza di poco meno di un mezzo dito, lessate ogni cosa con sale e presa un’altra cazzarola con aglio tritato, olio e spezieria dolce fateli soffriggere, e poi metteteci le dette erbe; incorporate che sono, mettete il tutto nella cazzarola del cece, lasciate che si uniscano e poi metteteci le dette erbe e cavoli ec. Incorporati che saranno, mettete il tutto nella cazzarola del cece, lasciate che uniscano bene insieme e poi mandatela in tavola ec.
Lessate i granci e gamberi con poco sale, e poi capate li gamberi, cavando loro il pieno del corpo e le teste insieme co’ granci, pestateli bene insieme, stemprateli colle stesso brodo e passateli per canavaccio. Fate bollire questo brodo con un poco di colletta con olio e spezieria dolce, gittandoci il pieno delli gamberi, fateli bollire assieme, e cotti mandateli in tavola ec.
Lavati bene i granci, metteteli in una cazzarola con olio, o pur butirro, cipolla, erbette e maiorana tritata; fate il tutto soffriggere, e poi metteteci li granci con poco sale e spezieria dolce, e volgeteli sottosopra sino a tanto che si sieno incorporati, gittandoci brodo di pesce, ed in mancanza di esso metteteci acqua, e fateli cuocere. Cotti, cavateli, lasciandoli colare sulla cazzarola, pestateli e stemprateli collo stesso brodo, passateli per canavaccio e spremeteli bene, prendete le crostelle di pane e fatele bollire in detta composizione, e spremeteci o limone, o arancio, e mandatelo in tavola ec.
Farete questa zuppa nella stessa maniera di quella de’ granci di mare suddetta.
Se le cardarelle saranno fresche, pulitele bene e mettetele in infusione se secche, mettetele in infusione il giorno, avanti con acqua tepida. Prendete una cazzarola con aglio tritato, erbetta, maiorana e fate il tutto soffriggere quindi poneteci le cardarelle con sale e spezieria dolce, e fatele incorporare; di poi metteteci un cazzarolo di brodo di pesce (se pur piace), se non piace, poneteci mezzo cazzarolo di acqua Prendete un’altra cazzarola con poco d’olio dolce, poneteci i tartufoli fettati, se sono freschi, se secchi, fateli stare in infusione, poneteli dentro la cazzarola con poco sale, spezieria dolce, fateli soffriggere e poi metteteci un mezzo bicchiere di vino, fatelo consumare, metteteci quell’acqua, nella quale sono stati in infusione li tartufoli. Cotti che sono, metteteli nella cazzarola delle cardarelle, fate che si incorporino bene insieme, mandateli in tavola con fette di pane e succo di arancio.
Questa zuppa fatela come l’anzidetta de’ soli tartufoli con fette di pane ec. e succo d’arancio.
Lavate bene le concole e telline, prendete una cazzarola con olio dolce e spezieria, e poi ponetevi le concole, fatele soffriggere a fuoco gagliardo e venitele mescolando spesso. Subito che le vedrete aperte, cavatele dalla coccia e salvatele. Mettete il brodo in una cazzarola e fatelo bollire, poi spargetelo sopra le fette abbrustolite, mettetevi sopra le concole; spremeteci un mezzo arancio e mandatela in tavola. Così pure farete la zuppa delle telline.
Fate bollire le crostelle abbrustolite nel brodo di pesce e metteteci spezierie dolci, e quando avrà alzato li bollire, poneteci un cazzarolo di colì di pesce, e mandatela in tavola con poco succo e raspatura di limone.
Cuocete il pesce rospo e merluzzo con erbette, cipolla, una carota, maiorana, sale e quattro garofani; poi prendete il pane brustolito, fatelo bollire col detto brodo, alzato che avrà il bollore, ponetelo nella terrina con un poco di spezieria dolce e mandatela in tavola ec.
Prendete le uova e sbattetele bene, e sbattute, prendete tanti cazzaroli di acqua del peso di quattr’oncie per ciascuno, quante sono le uova, e ponetela nella pignatta, dove sono le uova sbattute con sale, mescolateli bene; invece però dell’acqua vi potete servire del
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latte o del latte di mandorle passato per canavaccio. Quindi prendete una cazzarola, o stagnata capace di contenere la pignatta empire la cazzarola di acqua fredda, e metteteci la pignatta ben coperta e fatela bollire; osservate però che non vi entri l’acqua della cazzarola, e stretta che sia, cavatela e mettetela cazzarolo per cazzarolo nella terrina; ogni cazzarolo del bagnomaria spolverizzatelo con parmigiano e cannella, ed in fine poneteci due oncie di butirro liquefatto; mandatela in tavola ec.
Dopo ben purgata la zucca sì al di dentro, che al di fuori, lessatela e fatela ben colare e poi passatela per lo staccio; poscia ponetela in una cazzarola con sale, ed incorporata metteteci quattro o cinque rossi d’uova sbattute, e prima di mandarla in tavoli meschiateci due oncie di butirro e formaggio parmigiano; spolverizzatela in fine con cannella, e se è di vigilia, metteteci latte di mandorle, cannella e zucchero.
Giunto la Dio mercè alla fine del paragrafo delle zuppe, immediatamente passo a trattare delle salse: il fine si è però, perché esse salse servono a dare il buon gusto ad ogni sorta di piatto. Quindi, dopo premessi alcuni avvenimenti, insegnerò nel modo più chiaro che mi è possibile, la maniera di comporre esse salse, perché servir ve ne possiate non solo per que’ piatti che da me s’indicheranno, ma pur anche per quelli ne’ quali vi piacerà di unirle.
Sarà vostra cura lo sgrassare, prima di mandare in tavola qualunque vivanda, ogni composizione, servendo ciò non solo per pulizia, ma per non nauseare li padroni che servite.
Quando si dice olio, sempre intendete che esso sia dolce.
Allorché si dice di dover porre in qualche composizione la cannella, intendete sempre la cannella pestata, perché quando si richiederanno le stecche di essa, s’indicheranno a suo luogo.
Poiché si dice che vi serviate del parmigiano, o formaggio, nostrale dolce, s’intende sempre grattato.
Spessissimo sentirete che si metta a soffriggere ciò che è nella cazzarola; intendete che essa si ponga al fornello.
Quando si dice che poniate un cazzarolo di succo di colì, di brodo, o di acqua nella composizione, intendete che il cazzarolo né sia tanto grande, né sia tanto piccolo,
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ma che corrisponda alla quantità della composizione che sarete per fare.
Mentre si dice che nelle salse ed in qualunque altra composizione vi poniate la colletta, dovete intendere che ve ne poniate in tanta quantità che basti a stringere essa composizione, in maniera però che resti più tosto liquida che densa.
Prendete una cazzarola, metteteci olio, aglio, erbetta e maiorana tritata, e fate il tutto soffriggere; quindi presa mezza libbra di tarantello pulito e dissalato, fettatelo a dadi e ponetelo in detta cazzarola con spezieria dolce, fatelo incorporare, metteteci due o tre cucchiai di aceto, ed un cazzarolo di succo di pesce ed un poco di colletta ec.
Prendete una cazzarola, metteteci un’oncia, di butirro; fatelo liquefare e liquefatto, poneteci un pizzico di fior di farina, meschiatela spesso fintanto, che prenda il color di cannella; poi metteteci un pizzico di cipolla tritata, erbetta e maiorana parimente tritata, e fate incorporare. Dipoi metteteci un buon pizzico di spugnoli, cardarelle tritate, le quali, se saranno fresche, siano prima lavate, e se secche, siano state prima in infusione in acqua tepida; fatele incorporare
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insieme, poi metteteci mezzo cazzarolo di succo, o pur brodo di pesce, ed in mancanza di questo metteteci l’acqua in cui sono stati in infusione gli spugnoli, poneteci sale e spezieria; unita che sarà, salvatela ec.
Purgate che avrete le mandorle dalla loro corteccia, pestatele bene e raffinate che sono, passatele per lo staccio, e quel che resta nello staccio, fatelo bollire con poc’acqua e ripassatelo per lo staccio ed unite questa ripassatura coll’anzidetto latte di amandorle; metteteci raspatura di limone, sale, spezieria dolce ed un’oncia e mezza di zucchero; stringetela con un poco di colletta, servitevene ec.
Cuocete i piselli, come nella zuppa di piselli teneri, arrivati a cottura, passatene per lo staccio quanto abbisogna per essa salsa: sbatteteci tre rossi d’uova e metteteli in una cazzarolina, poneteci essa passatura con un mezzo cazzarolo di colì di pesce e spezieria dolce; mettetela al fornello e fatela unire; salvatela ec.
Purgate bene le alici, o sardelle della loro squama, testa e spine, prendete poi una cazzarola con olio, aglio, erbetta e maiorana, ogni cosa tritata fina e le alici peste, e fate il tutto soffriggere assieme, poi metteteci un cazzarolo di brodo di pesce e fatela incorporare; poneteci poi un cucchiaio di capperi fini, e se sono grossi, tritateli e metteteli nella detta cazzarola con un poco d’aceto degli stessi
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capperi, e un poco di colletta. Vi potete servire nella stessa maniera delle zucchette, melancoline e peparoni in aceto; salvatela ec.
Prendete una cazzarola con un’oncia di butirro e cipolla fettata in piano, e sopra la detta cipolla poneteci li pomidoro, fettati in piano; metteteli al fornello e fateli cuocere bene con poco sale, spezieria dolce e due garofani pesti, e metteteci un cazzaralo di colì o brodo di pesce: passate il tutto per lo staccio, di poi rimettetelo al fornello e fatelo nuovamente bollire; servitevene ec.
Prendete una cazzarola, con un’oncia di butirro, o puro olio, mettetela al fornello, fatelo soffriggere, metteteci un pizzico di farina, mischiatela sino a tanto che prenda il color di cannella, di poi metteteci un cazzarolo di succo, o brodo di pesce, sale e spezieria dolce, fate che s’incorpori; poneteci li tartufoli fettati, fateli bollire, e cotti poneteci su i cavoli ec. Li tartufoli poi possono servire cotti unicamente con olio, sale, spezieria dolce e succo di aranci.
Prendete due rossi d’uova e sbatteteli in una cazzarola con mezzo bicchiere di latte, poco sale e cannella, e stringetela al fuoco, fatela alquanto raffreddare e poi metteteci due bicchierini di rosolino, mescolatela bene e servitevene ec.
Prendete gli spugnoli e tartufoli, e metteteli in infusione con acqua: quindi prendete una cazzarola, metteteci un’oncia di butirro, ed un pizzico di farina, fatela cuocere in detto butirro in maniera però che non prenda colore; prendete un cazzarolo di succo, o brodo di pesce, fatelo incorporare colla detta farina, sale e spezieria dolce, metteteci, dentro gli spugnoli e tartufoli e l’acqua in cui sono stati in infusione, fateli incorporare in modo che venga più tosto liquida; servitevene ec.
Prendete una cazzarola, metteteci un’oncia d’amido spolverizzato, un bicchiere di latte, due oncie di zucchero e stemprate bene il tutto; mettetela al fornello e fatela stringere con poco sale, gittateci un poco di scorza di limone, tritateci un’oncia di candito, fatela, cuocere e vi servirà nel bisogno ec.
Prendete una cazzarola con un’oncia di butirro, fatelo liquefare e poi poneteci un pizzico di farina, fatela colorire a color di cannella, metteteci un pizzico di cipolla tritata, maiorana timo e spezieria dolce, e fate il tutto unire al fuoco, ed unito metteteci un cazzarolo di colì di pesce e fate incorporare; salvatela ec.
Prendete una cazzarola, metteteci rossi d’uova ed un pizzico di farina e
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sbatteteli; sbattuti, metteteci sale, cannella spolverizzata, mezza foglietta di latte e poco zucchero; mettetela al fornello, mescolatela spesso, fatela stringere e stretta, poneteci un’oncia di parmigiano e servitevene ec.
Prendete una cazzarola con olio, cipolla tritata, erbette, maiorana e timo, anche queste tritate, mettetela al fornello e fatela incorporare; di poi metteteci le ranocchie con sale, spezieria, fatele soffriggere e quindi metteteci un cazzarolo di succo, o di brodo di pesce, e cotte che saranno, cavatele asciutte; disossate le coscie e poi pestate il residuo, stempratelo con brodo di esse ranocchie e passatelo per lo staccio; rimettete il tutto nella cazzarola pulita, fatela bollire ed in fine metteteci un poco di colletta e salvatela ec.
Prendete una cazzarola con un’oncia di butirro, mettetela al fornello con erbetta, bassilico, fatelo incorporare; di poi prendete un cazzarolo di brodo di piselli già cotti e mettetelo nella suddetta cazzarola, sbatteteci due rossi d’uova; stemprateli con il brodo di detta composizione e poneteli in essa composizione ed uniteci due o tre cucchiai di piselli già cotti, come si cuocono per la zuppa di piselli; poneteci spezieria dolce; fatela stringere e metteteci un’oncia di parmigiano; salvatela ec.
Mettete in una cazzarola un poco di succo di pesce, erbetta e maiorana tritata, lasciatela bollire per mezzo quarto d’ora a fuoco lento con poco sale e spezieria dolce; di poi prendete li budelli di rospi, già lessati, tritateli e metteteli nella suddetta cazzarola e fatela soffriggere; soffritta abbastanza, gettateci la sopraddetta composizione di budelli di rospi, fateli incorporare insieme, spremeteci o limone, o arancio, o aceto, ed un poco di colletta; salvatela ec.
Purgate bene le carote levatene il midollo e lessatele, con poco sale; cotte esse carote, fatele raffreddare, pulitele con un canavaccio dalle sue pelli; tritatele, mettetele in una cazzarola con olio, aglio erbetta, maiorana tritata e fatela soffriggere; di poi ponete le carote con poco sale e spezieria dolce, fatele incorporare dopo metteteci un cazzarolo di colì o altro brodo di pesce, fa telo unire, metteteci agro di qualunque sorte, un pizzico di anesi ed un poco di colletta e servitevene ec.
Prendete una cazzarola con olio, erbetta, maiorana e bassilico, il tutto tritato; fatela soffriggere, metteteci quindici alici o sardelle pistate e fatele unire insieme, metteteci pure due cucchiai di aceto, con un pizzico di pepe pestato; metteteci un cazzarolo di brodo di pesce ed un poco di colletta; fatela stringere e servitevene ec.
Prendete una cazzarola, metteteci aceto, due oncie di zucchero, mezzo mostacciolo di Napoli pestato, amandorle bianche tritate, pignoli abbrustoliti color di cannella, candito tritato a dadi, un cazzarolo di latte ed un poco di raspatura di limone; fate che alzi il bollore, mescolatelo bene; servitevene per biscotti ec.
Prendete erbetta, maiorana ed uno spicchio di aglio, pestate il tutto al mortaio e raffinatelo bene. Poi prendete una mollica di pane inzuppato di aceto e pestatela insieme colla detta roba già raffinata; metteteci zucchero ed aceto, poi passatela per lo staccio; avvertite però che sia giusta sì di dolce, che di piccante, come pure non deve essere né troppo densa, né troppo liquida; servitevene ec.
Lessate la lattuca, fatela colare e tritatela; prendete una cazzarola con un’oncia di butirro, fatelo liquefare, poi metteteci bassilico e timo; fasciatela alquanto soffriggere insieme, prendete un bicchiere di latte con sale e spezieria dolce, fatela cuocere, raspateci scorza di limone e metteteci un poco di succo di detto limone e di colletta; servitevene ec.
Fate questa salsa nella stessa maniera della sopraddetta; in luogo però della lattuga, servitevi dell’acetosa, togliendole quel filo di mezzo, non cotta, ma scottata con acqua bollente spremuta e pestata e senza agro.
Prendete una tazza di oliva, levatele l’osso senza rompere la polpa, la metà della quale pestatela fina; prendete una cazzarola, con butirro, o olio, erbette, maiorana tritata, fatela soffriggere e soffritta metteteci le olive pestate con poco sale e spezieria dolce, ed unite che saranno, poneteci un cazzarolo di latte, o di brodo di pesce, e fatela bollire; poi metteteci l’altra metà delle olive intiere, ma senza osso, fatele incorporare ed incorporate, poneteci un poco di colletta e servitevene ec.
Dal secondo dovendo far passaggio al terzo paragrafo, mi son determinato trattare in esso delle frittate e fritto, giacché dopo il lesso, per lo più imbandire costumasi il fritto. Sicché anche in questo paragrafo tratterò di quanto dissi, con chiarezza, perché possa quegli che si serve di questa operetta con facilità porre in pratica quanto gli descrivo in teoria. Premessi però alcuni necessari avertimenti, sia pertanto ec.
Allorché io dico che si sbattino le uova, intender sempre si deve che ciò si faccia in una pignatta pulita.
Quando si dice che si pongano le date cose nelle frittate, dovete intendere che esse sieno fredde e che si uniscano nella pignatta sbattendole ed unendole colle uova.
Vi avverrà spesso sentire che si faccia la frittata colla tal salsa, però dovete capire che dopo fatta essa frittata, prima di mandarla in tavola ci si deve sparger sopra la salsa che si nomina.
Nelle frittate sempre poneteci il sale prima che si sbattino le uova.
Non vi rechi meraviglia, se sentire farsi da me frittate di grasso; mentre ciò fo per uniformarmi unicamente al tempo ed alle stagioni.
Le frittate si facciano sempre nelle padelle pulite ed atte a tal opera.
182Si mandino in tavola esse frittate sempre calde.
Prendete una cazzarola con un’oncia di butirro, fatelo liquefare, poi metteteci cipolla maiorana ed erbetta trita; fate il tutto soffriggere, e soffritto abbastanza, ponete ci un cazzarolo di latte e fate che s’incorpori; quindi metteteci la metà della mollica di una pagnotta due oncie di candito tritato, poco sale ed un’oncia di pignoli abbrustoliti tritati, un’oncia di zucchero; maneggiate bene ogni cosa; mettete la detta composizione nella pignatta, dove, sono quattr’uova sbattute, fatela cuocere, e cotta, sbattete un uovo, e con esso indorate la frittata sotto e sopra, spolverizzatela con pane grattato e zucchero e poi mettetela al fornello di campagna con fuoco sotto e sopra, acciò faccia la crosta, e mandatela in tavola calda ec.
Mettete in un catino quattro chiare d’uova fresche ed i rossi dentro una pignatta; prendete un mazzetto di vetica, con esso sbattete le dette chiare, finché innalzi la spiuma a guisa di saponata; divenuta fiocca, sbattete i rossi con sale, incorporate bene i rossi con la fiocca, prendete una padella, metteteci un’oncia di butirro, ponetela al fornello con
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fuoco regolato e quando fumerà, gettateci dentro la fiocca e venitela maneggiando adagiatamente, e quando sarà cotta, rivoltatela ed in fine poneteci la salsa di spugnoli e mandatela in tavola ec.
Pulite bene sei o sette mazzi di spinaci, levateli il gambo e poi scottateli con acqua bollita e tritateli minutamente. Prendete una cazzarola, poneteci un’oncia di butirro e cipolla trita e mettetelo al fuoco a liquefare; poi poneteci gli spinaci prima spremuti bene con sale, spezieria dolce ed un’oncia a mandorle brustolite e pestate bene; maneggiatela, perché s’incorpori tutta la composizione; giunta o cottura, fatela raffreddare e poi gettatela dentro la pignatta, nella quale sieno sbattute quattr’uova, meschiate bene ogni cosa; cuocetela come la frittata alla fiocca, poneteci sopra la salsa e mandatela in tavola ec.
Prendete una cazzarola; metteteci una foglietta di latte e la mollica di una pagnotta, fatela bollire, finché il pane si tiri tutto il latte, maneggiatela spesso e raffinate bene il detto pane, fatelo asciugare dal detto latte e ponetelo a raffreddare: raffreddato che sia, metteteci due oncie di candito tritato e due oncie di parmigiano sale, e spezieria dolce, con raspatura di limoni; sbattete quattr’uova e metteteci la detta composizione, cuocetela, e cotta, poneteci la salsa suddetta; mandatela ec.
Prendete li piselli teneri, staccateli e metteteli in acqua fresca. Quindi prendete una cazzarola con un’oncia di butirro, o olio, fatelo soffriggere con cipolla, erbetta e maiorana tritata, spezieria dolce e sale. soffritto abbastanza, poneteci i piselli e mescolateli fintantoché s’incorpori; poneteci un cazzarolo di succo di pesce, se vi è posto l’olio, e se il butirro, poneteci un cazzarolo di latte, lasciateli cuocere a perfezione, che sieno piuttosto asciutti. Cotti che sono, poneteli freddi nella pignatta, ove sono le uova sbattute, fate la frittata come sopra ec.
Prendete una libbra di fave fresche, staccatele e lavatele, e levate ancora all’uncino la scorza che ha, e fate che resti verde; cuocetela come i piselli, mettendoci di più un poco di obbiete lessate, spremute e tritate fine; poi fate la frittata come quella de’ piselli e mandatela in tavola calda ec.
Prendete una cazzarola con due oncie di butirro, o pur di strutto, e fatelo liquefare; poneteci quindi una libbra di carne magra di maiale tritata a dadi, uno spicchio d’aglio infranto, una presa di rosmarino in polvere, maiorana trita, sale e spezieria dolce; fatela soffriggere bene, poi metteteci un cucchiaio di vino, fatelo asciuttare, ed asciutto, poneteci un cazzarolo di brodo buono, e fatela cuocere; poneteci un poco di colletta e fate che il tutto s’incorpori; ponete questa
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composizione cotta che sia a raffreddare, e fredda ponetela nella pignatta già preparata colle uova e fate la frittata, e fatta, prima di portarla in tavola poneteci la salsa detta di sopra.
Prendete tre cipolle, tritatele, ma non tanto sottile, pigliate la padella, poneteci un’oncia di butirro, fatelo liquefare, liquefatto gittateci le cipolle, il sale e spezieria dolce; fatele cuocere ed incorporare; cotte metteteci le uova sbattute, fate la frittata, e fatta, poneteci sopra la salsa; mandatela in tavola ec.
Rompete le uova e prendete un manipolo d’erba di santamaria, ossia erba delle uova, menta romana ed erbetta, pestatele bene, e pestate, poneteci mezzo bicchiere, di vino, un poco di acqua, maneggiatela bene, poi spremetela, passandola per canavaccio pulito; prendete uria modica di una pagnotta, fatela cuocere con mezza foglietta di latte, in modo che s’imbeva di tutto quel latte e fatela stare nella cazzarola sino a tanto che si asciutti, e fatela raffreddare; mettetela nella pignatta delle uova con quattr’oncie di parmigiano, sale e spezieria dolce; meschiate bene ogni cosa, poneteci il succo delle erbe, tornatele a mescolare; cuocetela come le altre e mandatela ec.
Prendete li gambi di lattuga, mondateli bene e tritateli a traverso nell’acqua fresca, poi lessateli con sale e fateli colare.
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Pigliate una cazzarola con un’oncia di butirro, uno spicchio d’aglio ammaccato, maiorana ed erbetta tritata; fate il tutto soffriggere, e soffritto abbastanza, metteteci dentro li gambi di lattuga ed un buon cazzarolo di succo, o brodo di pesce, ovvero latte con sale e spezieria dolce; lasciateli incorporare insieme e fate che si asciuttino; fateli raffreddare e poi metteteli nella pignatta delle uova, sbattetele insieme, fate la frittata e poi metteteci sopra la salsa e mandatela ec.
Prendete una cazzarola con un’oncia di butirro e fatelo liquefare; prendete le animelle, che sieno bene pulite e spelate, tritatele, ma non tanto fine, gettatele nella cazzarola con sale, erbetta, maiorana tritata e spezieria dolce; fatele soffriggere, e soffritte, metteteci un cazzarolo di colì di carne; fatele cuocere, stemprateci un poco di colletta e fatela raffreddare; ponete il tutto nella pignatta delle uova sbattute e mischiatele bene; cuocetela come le altre frittate, poi poneteci la salsa e mandatela in tavola ec.
Purgati dalla loro scorza li marignani, fettateli a dadi e poi lessateli con sale e fateli scolare; prendete una fetta di prosciuto tritato parimente a dadi con salvia trita; poi prendete una cazzarola con un’oncia di butirro, o pur di strutto, e fatelo liquefare; liquefatto, metteteci il prosciutto colla salvia e fatelo soffriggere; poi poneteci li marignani, e fate anch’essi soffriggere bene; poneteci un poco di cannella con un paio di garofani
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pesti, poneteci ancora un terzo d’una foglietta di latte, con un poco di colletta, fatela stringere e raffreddare, e gettate il tutto nella pignatta delle uova, mescolatela e cuocetela come le altre, e cotta, poneteci la salsa suddetta ec.
Prendete maiorana, menta ed erbetta tritate fine, e mezza mollica di una pagnotta fate bollire la detta mollica in mezza foglietta di latte ch’essa s’imbevi tutto il latte e lasciatela nella cazzarola fintantoché, si asciutti; asciuttata, cavatela e raffinatela bene in modo che venga a guisa di polenta; mettete ci spezieria dolce, sale, gittate il tutto nella pignatta delle uova sbattute, meschiatele finché s’incorpori bene, poi metteteci le dette erbe ed il parmigiano e cuocetela come le altre frittate, poneteci la suddetta salsa e mandatela in tavola ec.
Cotti e conditi li maccaroni, fateli raffreddare e poi poneteli nella pignatta dove sono le uova sbattute, uniteli bene con le dette uova, cuocetela come le altre e poneteci sopra la salsa; mandatela ec.
Prendete li carciofoli, levate all’intorno tutte le foglie dure, e se sono passati, levate ancora quelle pelagine che hanno dentro; tagliate tutte le punte e poi fateli in quarti, lessateli col sale in maniera che sieno mezzi cotti, fateli colare, succo di limone, o arancio, o aceto. Prendete una cazzarola con
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un’oncia di butirro o pure olio, fatelo liquefare e levate i detti carciofoli, poi metteteli nella cazzarola con sale, spezieria dolce, fatela soffriggere, metteteci un cazzarolo di colì, o succo, o brodo di pesce, ovvero latte, non li fate passar di cottura, metteteci pure un poco di colletta, fateli stringere, e stretti, raffreddateli, poneteli nella pignatta preparata con uova, fate la frittata e prima di mandarla in tavola poneteci la salsa ec.
Pulire gli asparagi dal loro duro, lessateli, ma appena hanno alzato il bollore, cavateli tritateli non tanto fini e fateli scolare; prendete una fetta di prosciutto, tritatelo minutamente; prendete una padella con due oncie di butirro, fatelo liquefare, poi metteteci gli asparagi ed il prosciutto; fateli soffriggere, e soffritti a dovere, gettateci le uova sbattute; fatela cuocere e poi mandatela in tavola. Si avverte che tal frittata può farsi nello stesso modo, ma senza prosciutto.
Purgate bene la zucca, sì della corteccia, che del seme; fettatela e lessatela, di poi fatela colar bene, quindi passatela per lo staccio, mettetela in una cazzarola con sale, cannella e parmigiano; fatela bollire, poneteci due uova sbattute e mescolatela bene, perché s’incorpori; quindi fatela raffreddare, mettetela nella pignatta ove sieno sei uova sbattute, maneggiatela bene e cuocetela come le altre; cavata, sbattete un uovo e indoratela, spolverizzandola bene con zucchero; infocate una paletta e scottate la frittata all’intorno e per ogni dove; mandatela in tavola ec.
Cotte al forno le rape rosse, e pulite dalla loro corteccia, fettatele a dadi; prendete una padella con un’oncia di butirro, fatelo liquefare e poi metteteci le rape con sale, spezieria dolce ed un pizzico di anisi spolverizzati; fate il tutto soffriggere; ed incorporato che sia, metteteci le uova sbattute e fate la frittata, e fatta, poneteci la salsa ec.
Questa frittata non v’è chi non sappia fare, però lascio d’insegnarlo; fatela pertanto come sapete, e tanto basti.
Siccome è noto ad ognuno il modo di friggere qualunque sorta di pesce, però stimo superfluo descriverne qui la maniera. Solo vi dirò che il pesce se è grosso, lo purghiate, come ho detto, allorché sul principio v’insegnai di pulirlo: qui aggiungovi che dopo pulito lo laviate e lo asciughiate con canavaccio, ed asciuttato, lo infariniate e poi lo scuotiate bene dalla farina. Quindi osservate bene l’olio posto a soffriggere nella padella, e se non vedete che l’olio faccia in mezzo di essa padella vortici di fumo, non vi ponete il pesce, ma lo porrete quando fa essi vortici, avvertendovi che l’olio non sobbolli. Se è piccolo poi, lavatelo, fatelo colar bene, infarinatelo e friggetelo. Tanto basti in riguardo al fritto.Soddisfatto a quanto promisi di trattare nell’anzi detto paragrafo, passo ora a mettervi in
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chiaro ciò di cui nel seguente trattar vaglio; vale a dire ciò che richiedesi per formar piatti d’uova. Voi intanto, che vi esercitate, nel mestiere della cucina seriamente attendete di mettere in pratica ciò che sono per dirvi, se bramate il gradimento di chi servite. Non lasciate di attendere agli avvertimenti che vi ho premessi ne’ già passati paragrafi, ma pur anche a quelli che ne’ susseguenti vi darò. Non dispiacciavi per tanto che io ponga quelli che stimo necessari per questo quarto paragrafo.
Perché sieno atte le uova da farsi in bianco, fate che sieno fresche, altrimenti non servono.
Nello imbianchire le uova, ponetele nell’acqua, allorché bolle, ed in essa vi sia sale ed un poco di aceto.
Attendete ad imbianchire le uova, che non si stringano i rossi.
Imbianchite le uova, ponetele nell’acqua fresca e a suo tempo riscaldatele nella stess’acqua.
191Quando dico, che si pongano nelle composizioni erbetta, maiorana, menta, sempre dovete intendere che sieno tritate, e quando non andranno così, si porrà la maniera nella quale si devono adoperare.
Sciegliete tutto il verde di buon manipolo di spinaci: puliteli, lavateli e lessateli, lessati spremeteli e tritateli. Prendete poi una cazzarola con un’oncia di butirro fatelo liquefare, liquefatto poneteci gli spinaci con sale e spezieria dolce, fateli soffriggere abbastanza e poneteci un bicchiere di latte. Sbattete tre uova con un pizzico di farina e gettateli in detta composizione, mescolandola bene, e cotte che sieno, poneteci un’oncia di parmigiano, tornate a mischiare e fateli stringere bene, poneteli in un piatto a raffreddare e poi formate di essi spinaci tante uova, quante ve ne usciranno da tal composizione; indorateli bene e rivolgeteli nel pane grattato; poi friggeteli e mandateli in tavola con sopra fa salsa di spugnoli. In questa maniera possono servire per piatti di spinaci in sublissè, e coppietta di detti spinaci con salsa di amandorle o rossi di uova.
Imbianchire le uova. Prendete poi una cazzarola con un’oncia di butirro e fatela liquefare; metteteci un pizzico di cipolla tritata, erbetta e maiorana; fate il tutto soffriggere
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e quindi poneteci un poco di latte, pignoli brustoliti e tritati, e raspatura di limone, fate bollire il tutto, poneteci un poco di colletta, accomodate le uova imbianchite in un piatto, gettatevi sopra la detta composizione e mandatela in tavola ec.
Intostate le uova, mondatele, spaccatele in mezzo e toglietene li rossi; i prendete quindi la menta romana, un quarto di spicchio di aglio ed erbetta pestate bene ogni cosa con una mollica di pane bagnata in aceto e spremuta, poi tastateci anche i rossi con due oncie di zucchero e succo di limone. Con questa composizione formateci li rossi, di essi empitene le chiare, aggiustateli in un piatto; quindi, prendete il resto della composizione, stempratela bene con aceto, zucchero e raspatura di limone, gettatela sopra le dette uova e mandatela in tavola con erbetta intorno.
Imbianchite le uova, prendete una cazzarola con due oncie di butirro; fatelo liquefare, metteteci un pizzico di farina e fate che essa prenda il color di cannella; metteteci poi mezzo bicchiere di latte, fatelo bollire con sale, spezieria dolce, succo e raspatura di limone; aggiustate le uova nel piatto, gettatevi sopra la detta salsa e mandatela ec.
Imbianchite le uova, salvatele ec. Prendete una cazzarola con butirro o olio; fatelo liquefare o soffriggere, metteteci cipolla, erbetta e maiorana, e fate che tutto
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s’incorporato, poneteci il verde degli spinaci lessati, spremuti e tritati, fateli soffriggere con sale e spezieria dolce, ed incorporati poneteci un bicchiere di latte o succo di pesce, fate che s’incorporino bene, aggiustate in un piatto la detta salsa; e sopra vi metterete le uova; spolverizzatele con zucchero e cannella e mandorle ec.
Imbianchite le uova, e quando le dovete mandare in tavola, poneteci parmigiano e butirro liquefatto con una cazzarola di colì al pesce, o di carne secondo il gusto ec.
Imbianchite le uova, e poi prendete due chiara di uova fresche; sbattetele con un mazzetto di vetica sino a tanto che alzi la fiacca, sbatteteci due oncie di zucchero spolverizzato, aggiustate le uova imbianchite nel piatto, ponetevi intorno la fiocca e spolverizzatele con cannella.
Indurite le uova e fatele in quarti; prendete la salsa piccante, ponetela in un piatto, ponetevi sopra le uova e mandatele ec.
Prendete le uova fresche, bucatele da capo e mettetele in acqua bollente, fate loro fare il bottone, e fatto, toglietelo; fate fare il secondo, e fatto, levatele subito dall’acqua e mandatele in tavola in salvietta.
Prendete una mollica di un pane, mettetela a bollire in una cazzarola con latte o con brodo di pesce, maneggiatela in maniera che diventi come una polenta, fatela asciuttare, sbattete le uova a giudizio con sale, e sbattute, poneteci dentro la detta mollica con parmigiano e spezieria dolce, e mescolatela bene, poi fateci una frittata, fatta, tagliatela a mustacciolo. Prendete quindi una cazzarola, metteteci le uova bene sbattute, sale, erbetta, maiorana, raspatura di limone con un poco di succo di esso, poneteci una mezza foglietta di latte, ovvero succo di pesce, ponetela al fornello, fatela prodettare e poi poneteci la suddetta frittata, e riscaldata la frittata, mandatela in tavola ec.
Queste uova si fanno come quelle in fracassè, eccettuato che bisogna togliere la raspatura e succo di limone, ed invece di questo, vi si pone sopra menta romana fresca e parmigiano ec.
Imbianchite le uova, prendete una cazzarola con butirro, fatelo liquefare, metteteci un pizzico di farina e fategli pigliare il color di cannella; poneteci un cazzarolo di brodo, o pur di succo di pesce, e fatelo bollire, pigliate un poco di pignoli brustoliti, la metà di essi pestateli e gli altri poneteli nella cazzarola tritati, come pure li pestati, ponetevi sale, spezieria dolce, aceto, zucchero e raspatura di limone; aggiustate le uova imbianchite nel piatto con un poco di detta
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salsa di sotto e l’altra sopra; mandatela in tavola ec.
Prendete una padella con butirro, o olio, e ponetela al fornello, e quando incomincia a fumare gettateci le uova fresche e fatele imbianchire, cavatele e poneteci la salsa di alice; mandatela ec.
Imbianchite le uova e sotto poneteci la salsa d’acetosa; mandatela in tavola ec.
Imbianchite le uova, aggiustatele nel piatto e gittatevi sopra la detta salsa; mandatele in tavola ec.
Prendete le biete, pulitele e lavatele bene, levatene tutte le coste, lessatele e spremetele, tritatele bene. Prendete una cazzarola, poneteci un’oncia di butirro, o pur olio, cipolla, maiorana tritata, mandorle abbrustolite e raffinate bene; gettate il tutto dentro la cazzarola con sale, spezieria dolce; fatele incorporare, metteteci un cazzarolo, o di latte, o di brodo di pesce; asciuttata che sarà la detta composizione, poneteci un poco di colletta con due uova sbattute ed un poco di parmigiano; mescolatela bene e fatela raffreddare, e poi formateci tante salciccie; infarinatele ed indoratele; di poi volgetele nel pane
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grattato, friggetele, fritte ponetevi sotto la salsa di rossi di uova e mandatele in tavola ec.
Sbattete le uova con sale, spezieria dolce ed un poco di mollica di pane bagnato nel brodo di pesce e spremetela bene. Prendete cipolla tritata, pignoli brustoliti e candito, il tutto tritato, e meschiate bene ogni cosa. Prendete la padella con butirro, o olio, mettetela al fornello, prendete un piccolo cazzarolo, e con esso prendete la detta composizione e gettatela nella padella a modo di frittelle, facendole cuocere per ogni parte, e cotte mandatele ec.
Imbianchite le uova, prendete una cazzarola con un pizzico di farina, stempratela con mezza foglietta di latte, mettetela al fornello, maneggiatela sempre sino che bolla; di poi prendete un poco di tartufoli in fette e metteteli dentro la cazzarola, e stretta alquanto che sarà, poneteci un’oncia di butirro e due di parmigiano, meschiatela bene e gittatela sopra le uova, aggiustatele nel piatto e mandatele in tavola ec.
Indurite le uova, mondatele, fattele in quarti. Prendete una cazzarola con butirro e fatelo liquefare, poneteci un pizzico di farina, fatela colorire, mischiandola bene, poneteci mezza foglietta di latte con candito tritato, zucchero, un poco di mustacciuolo di Napoli pestato, e quattro foglie di lauro piccole e tenere, poco aceto, poco sale e
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spezieria dolce; fate incorporare bene ogni cosa, aggiustate le uova nel piatto e gittatevi sopra la detta composizione e mandatele ec.
Fate imbianchire le uova, di poi prendete una cazzarola, poneteci quattro rossi di uova, un’oncia e mezza di zucchero, una presa di sale e raspatura di limone, meschiate bene ogni cosa, sciogliete il tutto con mezza foglietta di latte, mettetela al fornello e mescolatela fino a tanto che non resti inverniciato il cucchiaio; cavatela e ponetela nel piatto, sopra aggiustateci le uova e mandatele fredde ec.
Prendete tre oncie di amido e tre di zucchero spolverizzato con un pizzico di sale, mettete il tutto in una cazzarola, scioglietelo con una foglietta di latte e mettetela al fornello; fatelo stringere ad uso di bianco man giare, non cessando prima di maneggiarlo; quando sarà per stringersi poneteci quattro uova sbattute bene con raspatura di limone e tre oncie di parmigiano e affinatele bene; stretta che sarà, fatela raffreddare, e preparata la farina sopra una tavola pulita, formate colla detta composizione tante uova, poi indoratele e rivolgetele nel pane grattato, friggetele uguali e mandatele in tavola, ponendo intorno del piatto salvia fritta ec.
Per non discostarmi dalla manipolazione del latte e delle uova, delle quali ho sino ad ora trattato nel precedente paragrafo; mi sono determinato nel seguente discorrere delle creme, essendo le uova ed il latte la principalissima patte di esse. Non sia dunque discaro attendere a quei pochi avvertimenti che sono qui per esporvi. Sia dunque
Avvertite in primo che il latte non sia acido, né mischiato coll’acqua.
Passate sempre il latte per canavaccio polito, perché non vi restino peli o altra immondezza.
Le uova rompetele sempre in un piatto ad uno ad uno, acciò che se ve ne fosse qualcuno guasto, non abbia a farvi gettar via gli altri.
Prendete sette rossi di uova, tre oncie di zucchero, un pizzico di farina, una presa di sale e mettete il tutto in una cazzarola. Sbattete la detta composizione, scioglietela con una foglietta di latte, meschiatelo piano piano, sino che unita sarà la detta composizione, e mettetela al fornello con fuoco non tanto gagliardo, mescolatela sempre, fintanto che il cucchiaio resta inverniciato di essa crema; prima però raspateci il limone; arrivata a perfezione, cavatela in un piatto, lasciatela raffreddare e mandatela in tavola ec. Se poi la volete a brulè, spolverizzatela con zucchero o passatevi sopra una paletta infuocata.
Prendete due oncie di caffè brustolito, pestatelo fino e fatelo come si suol fare il caffè, ma con un bicchiere non tanto grande di acqua, e fatto, passatelo per canavaccio e spremetelo bene; ponete il caffè passato in una foglietta e terminatela ad empire con il latte ponete il tutto nella cazzarola dove vi sia la stessa composizione di uova, farina, zucchero e sale che si è adoperato per la crema di limone, e fatela come essa.
Preparate uova, zucchero, farina e sale, come sopra, fate una chicchera di cioccolata di due oncie, ponete essa cioccolata sulla foglietta, terminatela ad empire con il latte e fatela come le altre.
Fatela in tutto come quella di limone solo che invece del limone, raspateci il portogallo.
Fatela come quella di limone, con questo però che nelli rossi di uova e zucchero vi poniate un pizzico di cannella spolverizzata, e dopo posto nella composizione il latte metteteci una stecca di essa, e nell’atto che la ponete nel piatto, levate la stecca di cannella.
Prendete due oncie di pistacchi, scottateli con acqua bollente, pelateli e pestatene un’oncia e mezza; passateli per lo staccio, metteteli nella composizione de’ rossi di uova, zucchero ec. Scioglieteli con una foglietta di latte, stringetela, ponetela nel piatto, fatela raffreddare e sopra poneteci la mezza oncia di pistacchi intieri in piedi, e mandatela ec.
Fatela come le altre, ed invece della raspatura di limone ec. poneteci un pizzico di anasi spolverizzati ec.
Fate questa crema come le altre, ma quando sta per stringersi, metteteci un bicchierino di rosolio di quell’odore che più piace ec.
Togliete la corteccia a cinque o sei amandorle amare, pestatele e poi passatele per lo staccio, ponetele nella composizione delle uova e zucchero, maneggiatele bene colla detta composizione, perché si sciolgano, fatela stringere ec.
Prendete oncie due di candito, mezz’oncia di amandorle e mezz’oncia di pignoli; abbrostolite le une e gli altri, e tritateli insieme col candito; mettete tutto nella composizione delle uova e latte, fatela stringere; stretta, ponetela nel piatto ec.
Prendete una pagnottina tonda, levatene la superficie colla grattacascio, fatele poi un buco sopra e levatene tutta la mollica, poi abbrustolitela, bagnatela con latte e spolverizzatela dentro e fuori con zucchero, ponetela in mezzo al piatto e gettatevi sopra la crema di qualunque odore.
Prendete amandorle dolci abbrustolite e tritate, savoiardi e candito tritato; prendete mezzo bicchiere di vin di cipro, ponetelo nella foglietta, e terminatela ad empire di latte; ponete il tutto nella cazzarola, ove sono le uova preparate ec. stemprate bene ogni cosa e fatela come le altre.
Prendete il verde d’un pugno di spinaci, lavateli bene e scottateli con acqua bollente, tritateli e spremeteli, fateli soffriggere in una cazzarola con poco sale e mezz’oncia di butirro; soffritti a sufficienza, passateli per lo staccio e la passatura ponetela nella composizione di latte, zucchero ed uova, fatela stringere ec.
Veduto il modo di formare la crema, passo ad istruirvi sulla formazione delle frittelle; intendendo qui parlare di ogni sorta di esse, o sieno di magro o di latticini; dunque ponete in pratica quanto vi descrivo ed attendete a quei pochi avvertimenti che qui sotto vi pongo.
La pasta per fare le frittelle coperte, fattela per tutte, come ve la descrivo nella formazione delle prime.
La detta pasta la dovete tagliare sempre col carretto.
Starà vostra cura di unire bene la detta, pasta, dopo che l’avrete riempita di quella composizione, colla quale fate le frittelle per ogni parte.
Fate che nel cuocerle non vi passino, ed allora saranno ben cotte, che avranno preso il color d’oro.
Farete le frittelle con ciò che più vi piacerà, cioè, o con olio, o con butirro, o distrutto.
Le frittelle avvertite di non farle molto grosse, ma una cosa giusta.
Fate le frittelle in tempo tale che vadano in tavola scottanti.
Nell’atto che mandate le frittelle in tavola, spolverizzatele sempre con zucchero.
Fate la pasta così. Prendete una libbra di fiore di farina, quattr’oncie di butirro e quattro rossi di uova con un cucchiaio di vino e poco sale; impastate ogni cosa, poneteci ancora acqua fredda che vi abbisogna per impastarla; tritate la perla, prendete la ricotta, che non sia acquosa, e rossi di uova secondo la quantità della ricotta con poco zucchero, sale e cannella in polvere, ed un’oncia di candito tritato, meschiate bene ogni cosa, formateci li piconcini, friggeteli e mandateli in tavola ec.
Prendete tre oncie di amido spolverizzato e tre oncie di zucchero, una presa di sale, raspatura di limone e due oncie di candito tritato; stemprate bene ogni cosa con una foglietta di latte in una cazzarola, mettetela al fornello e maneggiatela fin tanto che si stringa, e cotta ponetela in un piatto a raffreddare; tagliate la pasta di bianco mangiare a quadrelli, fate una colletta con sale, un cucchiaio d’olio ed uno di vino e fate che non sia né tanto densa, né tanto liquida, bagnate li quadrelli in detta colletta e friggeteli ec.
Prendete la ricotta, che non sia acquosa, metteteci un uovo, un pizzico di farina,
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sale e raspatura di limone, maneggiatela bene e fate le frittelle secondo l’avvertimento sesto; fatte, mandatele ec.
Prendete il verde degli spinaci, lavatelo bene e poi scottatelo con acqua bollente, spremeteli e tritateli. Prendete una cazzarola con un’oncia di butirro, fatelo liquefare, poneteci maggiorana tritata, sale, spezieria dolce, un’oncia di zucchero e raspatura di limone; fate incorporare bene tutto, poneteci poi un bicchiere di latte, e fatelo asciuttare; prendete due uova sbattute, mischiatele nella detta composizione e fatela stringere; quindi ponetela in un piatto; ponetela nella pasta, fate le frittelle in quella forma che più vi piacerà ec.
Fate la composizione, come la suddetta, poneteci più uova, zucchero e raspatura di limone, fatele come le altre frittelle spogliate ec.
Prendete l’ostia bianca, tagliatela in pezzi eguali, ma di figura rotonda; in ogni pezzo sopra ponetevi la marmellata e copritela poi con altro pezzo; bagnatela con acqua all’intorno e fate che le ostie si uniscano bene, bagnatela nella colletta, che farete, come quella del bianco mangiare, friggete ec. Così sia la marmellata nel paragrafo della credenza.
Cuocete il cece bianco e conditelo come si fa in minestra, scaldatelo,
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pestatelo e passatelo per staccio; poi pestate mezzo mostacciolo di Napoli, mischiatelo con cece passato, ponetele nella perla, dandovi quella figura che più vi piacerà, friggetele ec.
Prendete le mele, levatene fa corteccia; tagliatele in piano, levatene il seme ed ogn’altra cosa che sta intorno al seme; fate la colletta con di più un pizzico di anasi, immergeteci le dette mele, friggetele ec.
Prendete una libbra di riso, fatelo cuocere con sale, e cotto, fate che resti asciutto. Prendete tre oncie di mandorle dolci; pelatele; pestatele ed affinatele bene, mischiatele poi col riso cotto, metteteci mezza libbra di farina, cannella e raspatura di limone; unite insieme ogni cosa, prendete un piatto piano, metteteci la detta pasta e spianatela eguale con farina; prendete la padella, ponetevi l’olio o butirro, fatelo bollire e con il manico del cucchiaio dividete la pasta, ponetela nella padella, fatela friggere ec.
Prendete i cacchi o foglie tenere di borragine, inzuppatele nella colletta, fatele friggere ec.
Prendete il melone, che sia di ottima qualità, togliete il buono dalla corteccia e
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fettatelo in lunghezza di meno di mezzo dito; poi mettetelo in infusione nel rosolio, fate che vi stia circa due ore, di poi scolateli ed immergeteli nella pastina, friggeteli ec.
Fettate il portogallo, levatene i semi, immergetelo nella pastina, friggetelo ec.
Pulite e lavate i piedi di lattuga, fatele dare un bollo, di poi spremetela e levatene il cacchio di mezzo: il resto riempite alla sottoscritta composizione. Prendete la mollica di un pane, bagnatela nel latte o nel brodo di pesce, spremetela e ponetela in un piatto con parmigiano, poco sale, spezieria dolce, due rossi di uova con un poco di colletta, mezzo bicchiere di latte ed un’oncia candito tritato; ponete il tutto nella cazzarola e mettetela al fornello, mescolatelo bene, finché si stringa e sbatteteci un uovo. Ponetele in un piatto, e con esse empiteci la lattuga; quindi infarinatela ed indoratela, friggetela, ec. Potete tagliare questa insalata fritta, ed involgerla nella pastina e tornarla, friggere e mandarla in tavola con zucchero ec.
Prendete li fichi freschi di qualunque qualità, mondateli, poneteli in infusione nel rosolio, fateli poscia scolare, e se sono grossi, divideteli in quarti, e se piccoli, a metà, metteteli in pastella pochi alla volta, friggeteli ec. Si possono fare nella stessa maniera, ma che non sieno stati in infusione nel rosolio.
Prendete le pagnottine ed aggiustatele, come quelle della crema al pane. Poi prendete una cazzarola con butirro o olio dolce; poneteci salvia e pignoli abbrustoliti tritati; ponetela al fornello con tre oncie di tarantello pulito e dissalato bene, e fatelo soffriggere; poneteci quindi due oncie di zucchero, aceto, raspatura di limone spezieria dolce, mezzo cazzarolo di succo o brodo di pesce ed un poco di colletta; fatela bollire ed incorporare, sgrassatela ed empiteci le pagnottine e sopra gettatevi il resto della composizione e mandatele in tavola ec.
Prendete le visciole, levatene la pelle e le ossa, ponetele in una cazzarola con un bicchiere di vino ed uno di acqua, cannella, tre oncie di zucchero; fatelo bollire, poneteci un poco di colletta, empitene le pagnottine come sopra, spolverizzatele con cannella e mandatele fredde ec.
Cotte le rape rosse, pelatele e tagliatele a dadi; ponetele nella cazzarola con zucchero, mezzo bicchiere di latte raspatura di limone un poco di colletta ed un pizzico di anasi in polvere; fatele incorporare e poi fa te come sopra ec. mandatele fredde ec.
Ora che ho trattato delle frittelle, con ogni chiarezza passo a discorrere de’ maccaroni e gnocchi li quali ne’ giorni di magro formano forse il piatto più ordinario, ed a proposito sicché mi pongo a descrivervi il modo, non solo di farli con qualche merito, ma
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eziandio a condirli con quelle salse che stimo più a proposito per renderli più grati al palato. E siccome anche in questo paragrafo sonovi alcune cose da avvertirsi, però vi pongo qui sotto li avvertimenti.
Siccome per condire li maccaroni vi sono varie salse, però sarà bene di domandare a chi servite, se li vuole con qualche salsa, perché facendoli di vostro genio, non possono piacere.
La pasta delle lasagne fatela sempre, come la prima che vi descrivo qui sotto.
L’acqua con la quale dovete impastar le lasagne, sia tepida, ma piuttosto fredda, che calda.
Quando si dice che si prenda la farina, sempre intendete il fiore.
Prendete una libbra di farina, ponetela nella spianatora, fatele un’apertura nel mezzo, poneteci due oncie di butirro, una chiara con tre rossi di uova sbattute e sale, ovvero senza butirro ad uso della pasta de’ tagliolini, impastatela con acqua e tirate la perla, fate
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le lasagne e cuocetele. Prendete mezza libbra di amandorle dolci, pelatele, pestatele, raffinatele bene, stempratele con un poco di brodo delle lasagne, passatele per lo staccio, e con essa passatura condite le lasagne, spolverizzatele con zucchero e cannella, e mandatele in tavola ec.
Fatte le lasagne, prendete le alici, osar delle di ottima qualità, lavatele, pulitele bene dalle loro squame, teste e spina; prendete una cazzarola con olio, ponetelo al fornello, fatelo bollire con un pizzico di farina, fategli pigliare il color di cannella, tritate aglio, se piacerà, erbetta e maiorana, e le sardelle tritate, e fatele soffriggere ed incorporare, poneteci un ramaiuolo di brodo di lasagne; con questa salsa e spezieria dolce conditele, mandatele in tavola ec.
Fatte le lasagne, prendete una cazzarola, poneteci quattro rossi di uova sbattuti, un bicchiere di latte e raschiateci un panetto di cioccolata di tre oncie, ponetela al fornello, fatela stringere, e stretta condite le lasagne e mandatele ec.
Pulite bene le noci, pestatele con mollica di pane stato in infusione o nell’acqua o nel latte, raffinatele bene e passatele per lo staccio. Prendete un’oncia di amandorle brustolite, pestatele a parte, ed un’oncia di candito tritato; mischiate ogni cosa con sale, cannella e zucchero; stemprate ogni cosa con brodo di lasagne, conditele con salsa, e mandatele in tavola ec.
Fatte le lasagne prendete una cazzarola, poneteci un pizzico di farina stempratela con una foglietta di latte e sale ponetele al fornello, fatela stringere mescolandola sempre, poi poneteci li tartufoli fettati, fateli cuocere bene, condite le lasagne con parmigiano, butirro e con la detta salsa mandatele in tavola ec.
Prendete una cazzarola poneteci tre oncie di farina di riso passata net velo fino, stempratela con una foglietta di latte, meschiatela bene poneteci tre oncie di butirro, ponetela al fornello fatela stringere e nell’atto che si stringe poneteci tre oncie di parmigiano con poco sale; cotta che sarà, ponetela in un piatto piano, slargatela eguale, e raffreddata che sarà, tagliatela ad uso di gnocchi. Poi fate che sia preparata l’acqua che quasi bolla, e in quest’acqua poneteci li gnocchi perché si riscaldino, e riscaldati conditeli con parmigiano e butirro, e mandateli ec.
Questi stessi gnocchi si ponno cuocere così; poneteli in un piatto senza metterli nell’acqua a riscaldare, e fate un solaro di parmigiano e butirro e coprite questo solaro colli gnocchi, e così seguitate a fare fino tanto che sia riempito il piatto; poi poneteli al fornello di campagna, con fuoco giusto sotto e sopra, e quando avranno fatta la crostola, cavateli e mandateli ec.
Prendete una foglietta di latte o pure acqua, mettetela al fornello con sale e tre
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oncie di butirro, fatela bollire e nell’atto che bolle poneteci la farina a giudizio, tanto che la pasta venga una pasta molle; dopo maneggiatela ed in quest’atto poneteci tre oncie di parmigiano e fatela cuocere. Cotta per cavarla poneteci due oncie di butirro poi andate staccando intorno intorno la pasta, e fate che vi vada il butirro e così fate in ogni parte della cazzarola che si staccherà da se; cavatela nella spianatora, e freddata tirateci li gnocchetti come vi piacciono. Poi cuoceteli in acqua bollente come sono tornati di sopra, conditeli con parmigiano e butirro, e mandateli ec.
Fate li gnocchi come sopra. Prendete line cazzarola, poneteci tre rossi di uova sbattuti, mezza foglietta di latte quattro tartufali fritti, con tre oncie di panna di latte, se si trova; mischiate bene questa composizione, mettetela al fornello e fatela stringere; poi prendete li gnocchi, e fatto un solato nel piatto di parmigiano e butirro poneteci pure un poco della composizione, e sopra poneteci li gnocchi; così farete per fino a tanto che non è pieno il piatto, e mandateli in tavola ec.
Mettete una libbra di farina nella spianatora, poi prendete una cazzarola con tre oncie di butirro una foglietta di latte e sale fate bollire; di poi gettate questa composizione nella farina ed impastatela, ponendoci ancora tre rossi di uova e due oncie di parmigiano, e fate che venga come una pasta di tagliolini; formateci li gnocchi, cuoceteli con acqua bollente e sale, e cotti conditeli con butirro e parmigiano, e mandateli ec.
Prendete una foglietta di latte, ponetela in una cazzarola con sale e tre oncie di butirro, e fatelo bollire; poi prendete un’altra mezza foglietta di latte, o pure acqua secondo come fate li gnocchi; se li fate col latte poneteci latte, se con acqua, poneteci acqua; ponetelo in una pignatta freddo, stemprateci la metà della farina di granturco, maneggiatela in maniera che essa venga come polenta, piuttosto densa. Ciò fatto, ponete questa polenta nella cazzarola della composizione, nell’atto che bolle maneggiatela bene, fatela ribollire e stringetela coll’altra metà della farina, maneggiandola bene; quindi poneteci quattr’oncie di parmigiano. Cotta, cavatela, fatela raffreddare e formateci li gnocchi; poi cuoceteli in acqua bollente con sale a discrezione, e cotti, conditeli come gli altri, mandateli ec. Fatti così, li potete cuocere nel fornello di campagna, senza cuocerli nell’acqua, come li gnocchi di riso ec.
Pulite bene e lessate la zucca, fatela scolar bene e passatela per lo staccio. Quindi ponetela nella cazzarola con tre oncie di butirro e sale, poneteci mezza foglietta di latte, fatela bollire, stringetela con farina, e stretta che sia, staccatela, come ho detto delli gnocchi alla Veneziana; ponetela in un piatto, slargatela e spianatela eguale; formateci li gnocchi e riscaldateli con acqua bollente; ciò fatto, conditeli come gli altri e mandateli, ec.
Giacché ho incominciato a trattar, come vedete, delle paste, sarà bene seguitare a discorrere di esse, che però istituirò il
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seguente paragrafo su delle paste frolle, quantunque non debbansi imbandire in questo luogo. Voi intanto apprenderete il modo che vi do per prepararle, né perdete di vista quei pochi avvertimenti che qui sotto vi pongo.
Le amandorle le dovete sempre applicare senza corteccia, e pestate e passate per lo staccio, e quando non si vogliono in tal modo, si indicherà a suo luogo.
Nel lavorare le paste frolle, sempre mi servo del butirro, ma avvertite che con ciò non intendo obbligarvi a lavorare solo con esso, mentre in mancanza di quello vi potete servire dell’olio dolce.
Prendete le amandorle, fatele come nel primo avvertimento, ma bagnatele, mentre che le pestate, con chiara di uova sbattuta; prendete dieci oncie di farina, quattro rossi di uova, cinque oncie di butirro, quattr’oncie di zucchero, e ponete tutto nella spianatora; poi prendete le amandorle e sale; impastate il tutto e fatela come la pasta dei tagliolini. Questa pasta può servire per pasticci, barachiglie ed altre che sogliono cuocersi al fornello, spolverizzate con zucchero ec.
Fate e cuocete questa pasta, come quella de’ gnocchi, eccettuato che non vi dovete mettere formaggio. Cotta, cavatela sulla spianatora, fatela raffreddare e riducetela come la pasta de’ tagliolini quindi prendete dodici rossi di uova e ponetecene quattro per volta: posti li primi, raffinate bene la detta pasta, poi ritornatecene altri quattro e fate come prima, e così farete, allorché vi ponete gli altri quattro. Incorporata e raffinata che sarà, ponetela in un piatto piano, spianatela eguale con farina sopra, tagliatela col manico del cucchiaio di ferro, friggetela a dovere, spolverizzatela con zucchero e mandatela calda ec.
Prendete mezza libbra di farina, due oncie di butirro, due rossi di uova con una chiara e sale; impastate la detta composizione con acqua fresca e maneggiatela per una buona mezz’ora. Avvertite che la pasta deve esser più dura l’inverno e meno l’estate a cagione de’ butirri. Dopo manipolata ponetela a riposare dentro un canavaccio con un poco di farina sotto, e fatecela stare per due ore; di poi prendete lo stenderello, tiratela con esso in lungo quanto potete, e di larghezza non più di sei dita ed alta mezzo dito. Quindi prendete dieci oncie di butirro, spremetelo bene con canavaccio e fettatelo, e le fette sieno della grossezza della pasta, ponetelo nella metà della pasta sino al fine di essa, fate che il butirro sia bene unito ed uguale, e che cuopri tutta la metà della pasta; coll’altra metà senza butirro, piegatela e copritevi il butirro, e colla pasta di sotto unite
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bene quella di sopra, e poi collo stenderello stiratela eguale, e così farete per quattro volte, avvertendovi sempre piegare la pasta in maniera che l’unione della piegatura stia sempre alla parte opposta a voi; l’ultima volta poi tiratela come vi porta il bisogno, e secondo che l’avrete ad adoperare, tagliatela con un coltello infuocato, cuocetela in un piatto di rame al fornello di campagna ec.
Prendete quattr’oncie di farina con due rossi di uova, sale e due oncie di butirro; fate la pasta, maneggiandola con una mano e coll’altra andatela sciogliendo con acqua, e fatela divenire come una polenta liquida; maneggiatela ed affinatela bene, e venitela spolverizzando con farina, sino a tanto che venga come una pasta di tagliolini morbida, ma affinatela bene; poi tagliatela in tante pagnottine, quante ve ne abbisognano per fare tanti veli di sopra e di sotto. Avvertite che più veli sono, tanto più la pasta viene sfogliata. Quindi tirate le sfoglie con lo stenderello, ponetela sopra la mano rivoltata e con la dritta stendetela. Untate il piatto dove avete a mettere la torta, o con butirro o con olio; ponete la metà de’ veli di sotto, e sopra poneteci la qui sottoscritta composizione. Prendete li frutti che più vi piacciono, levatene la corteccia e puliteli da tutto che v’ha nel mezzo; poneteli fettati in una cazzarola con una foglietta di vino, una d’acqua ed una libbra di zucchero; fateli cuocere ed asciuttare: di poi fateli raffreddare; poneteci quindi due oncie di candito tritato, e raspatura di limone; posta questa composizione sopra li veli, copritela cogli altri veli e tagliatela ad uso di torta. Questa torta può empirsi
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di bianco mangiare e di spinaci, come potete vedere nella composizione de’ spinaci, e di bianco mangiare fatto in frittelle. Cuocetela al fornello, spolverizzatela con zucchero e mandatela in tavola ec.
Ponete mezza libbra di farina nella spianatora con due oncie di butirro, sei rossi di uova e un pizzico di anasi spolverizzati; impastatela o con latte o con acqua e sale; maneggiatela bene, che venga come è una pasta da tagliolini, formateci le ciambelline, e friggetele: queste stesse ciambelline si possono lessare e cuocere al forno; nel mandarle in tavola, spolverizzatele con zucchero ec.
Fate la pasta, come quella sopra posta a mignè; fate di essa tante palle della grossezza di una noce, untate il fornello e poneteci le dette palle distanti una dall’altra, perché non si uniscano insieme; cuocerete con fuoco adattato e mandatele in tavola spolverizzate di zucchero ec.
Fate questa pasta, come quella alla militare, tritatela però come una perla di tagliolini, piuttosto grossa, tagliatela a mustacciolo, poi friggetela. Prendere una cazzarola, sbatteteci due rossi di uova con un pizzico di farina, due oncie di zucchero, un bicchiere di latte e raspatura di limone, fatela stringere, stretta fatela raffreddare, e raffreddata ponetela sopra la detta pasta, spolverizzatela con zucchero ec.
Prendete mezza libbra di farina, un rosso d’uovo, quattr’oncie di zucchero siroppato, raspatura di limone e poco sale; impastatele, e di questa vi potete servire per canestrine e cloccanti; cuocetela al fornello, ma non le fate prender colore.
Fate questa pasta, come quella del bianco mangiare, poi a forza di farina stiratela nella spianatora a forza di budellette, quindi tagliatele di grossezza di palla di schioppo, infarinatele bene; e scuotetele in un crivelletto, friggetele, che vengano di color di cannella; spolverizzatele con zucchero e mandatele in tavola ec.
Non senza vostro piacere dopo aver trattato delle paste, passo ad istruirvi nella formazione dei piatti di erbe, poiché con esse, secondo le stagioni, potete farvi del merito. Apprendete per tanto gli avvertimenti che qui sotto descrivo; e spero che farete ottima comparsa, se oltre a metterli in pratica, imbandirete esse erbe secondo la maniera che nel decorso del seguente paragrafo vi espongo. Sia dunque
Quando dico che imbianchite i carciofoli, intendete di dover togliere da essi tutte le foglie dure, e che togliate la punta e li lessiate con sale; ed allorché li cavate, vi dovete porre un poco di succo o di limone, o di arancio, o pure un poco di aceto. Così farete de’ gobbi, prima però di ponere sì gli uni, che gli altri, sciacquateli con acqua fresca.
218Quantunque sia stato detto in altro luogo che le erbe vanno lessate sempre con sale, qui torno a metterlo in memoria, sicché sempre lessiate le erbe con sale.
Avvertite nel cuocere gli sparagi di non farli passare di cottura, ma cavateli alzato che abbiano il bollore.
Se non potete avere il latte e butirro, servitevi dell’olio dolce e del colì, o succo, o brodo di pesce.
Mentre sentite che dico prendete un pizzico di farina, e fatela colorire, intendo che le facciate pigliare il color di cannella.
Quando sentirete dirmi prendete una cazzarola con tanto butirro, prima d’ogn’altra cosa lo dovete far liquefare al fornello; e quando si vuole mettere il butirro con altre cose prima di esser liquefatto, si indicherà; e ciò s’intende per ogni sorta di composizione che si debba fare col butirro.
Allor che dico sbattete li rossi di uova, intendete li soli rossi, e quando dico sbattete le uova, intendete rosso e chiara insieme.
Prendete li carciofoli, puliteli, lessateli e fateli come quelli della frittata de’ carciofoli; prendete poi una cazzarola con un’oncia di butirro, fatelo liquefare, poneteci un pizzico di farina e fatela colorire; poneteci cipolla, erbetta e maiorana, e fatele soffriggere, poneteci li carciofoli, sale e spezieria dolce, e fateli incorporare; poneteci un bicchiere di latte e cotti, stemprate due rossi di uova colla detta composizione e gettateli in detta composizione. Cavate li carciofoli asciutti, aggiustateli in un piatto in piedi, e poi gettatevi sopra la salsa rimasta nella cazzarola e mandateli in tavola ec.
Pulite e lessate li carciofoli, poi levatene il di dentro, lasciandovi le foglie all’intorno. Prendete la mollica di un pane, bagnatela con latte e col succo o brodo di pesce; spremetela, ponetela sopra un tagliere con due oncie di parmigiano, due rossi di uova, spezieria dolce, maiorana e poco sale; fatene una farza ed empite li detti carciofoli. Untate un piatto di rame colla corcia o teggia, aggiustateli in piedi con sale, spezieria dolce ed un poco di butirro; coprite la teggia e ponetele il fuoco sotto e sopra a giudizio, e cotti mandateli in tavola, ponendovi sopra la salsa di colì di piselli.
Puliti e lessati li carciofoli, prendete una cazzarola con un’oncia di butirro e fatelo liquefare; poneteci li carciofoli con sale e spezieria dolce, e fateli soffriggere; di poi poneteci due rossi di uova sbattuti e due oncie di parmigiano; rivolgeteli sottosopra, cavateli ed aggiustateli nel piatto; gettatevi sopra la salsa e sopra ponetevi altro parmigiano; metteteli al fornello con fuoco sopra, e poi mandateli ec.
Puliti e lessati ti carciofoli, prendete una cazzarola con un’oncia di butirro e fatelo liquefare, poneteci li carciofeti tagliati in quarti con sale, spezieria dolce, erbetta e maiorana; fateli incorporare, ponetevi mezzo bicchiere di latte e fateli cuocere con due rossi di uova sbattuti; quindi cavateli, fateli raffreddare; poi battete due uova con sale, indorata ti carciofoli, involgeteli nel pane grattato, friggeteli, mandateli in tavola con salsa di pomidoro sotto ec.
Lessati bene i carciofoli, prendete una cazzarola con olio, sale, pepe e succo di limone, e rivolgeteli sottosopra; di poi cavateli in un piatto piano aggiustati in piedi e sopra gettatevi il rimanente della salsa, e mandateli in tavola ec.
Lessati i carciofoli, prendete una cazzarola con butirro, cipolla, maiorana e spezieria dolce; ponetela al fornello, ponetevi dentro li carciofoli e fateli incorporare; ponetevi due uova sbattute, raspatura di limone e parmigiano, e mandateli ec.
Lessati i carciofoli, tagliateli in quarti, infarinateli, friggeteli e mandateli in tavola, con sotto la detta salsa verde. Si possono fare ancora indorati e con salvia fritta all’intorno.
Prendete li carciofoli, levatene la punta, allargatene le foglie, salateli, sbattete l’olio con aglio tritato, maiorana e spezieria dolce; ponete li carciofoli nella graticola, e mentre si vanno cuocendo, ponetevi sopra la detta composizione. Cotti, mandateli in tavola ec. Prima però levatene all’intorno le foglie abbrustolite.
Prendete una cazzarola con un’oncia di butirro, cipolla, maiorana ed erbetta, e fatelo soffriggere; soffritto, ponetevi li piselli teneri con sale, spezieria dolce, noce moscata e due garofoli pestati; fateli cuocere, ponetevi un bicchiere di latte e fateli stringere; prendete due uova, sbattetele con un pizzico di farina e due oncie di parmigiano; gettate il tutto nella cazzarola, mescolateli bene, poi
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cavateli e poneteli a raffreddare; spolverizzate la tavola con farina e sopra ponetevi la composizione, colla quale formate li salcicciotti; indorateli e rivolgeteli nel pane grattato; friggeteli e mandateli in tavola con sotto la salsa di latte.
Prendete una cazzarola e untatela bene da per tutto con butirro non liquefatto; prendete una carta bianca, tagliatela alla larghezza del fondo della cazzarola ed untatela al di sopra con butirro come, sopra e aggiustatela nel fondo di essa; di poi grattate le crostelle del pane, spolverizzate sì la carta, che l’intorno della cazzarola; quindi ponetevi la stessa composizione de’ piselli in salcicciotti, ma in essa composizione mettetevi di più cinque rossi di uova bene, sbattuti, fateli incorporare, ponete, cenere bollente sotto, intorno e sopra, ed assodata cavatela in un piatto, le vatene la carta e mandatela in tavola con sopra la salsa di latte. Nella stessa maniera si fa il turbante di piselli passati per lo staccio e con salsa di butirro sopra.
Prendete una cazzarola con olio cipolla erbetta e maiorana; fatela soffriggere; ponetevi li piselli teneri e fateli incorporare; ponetevi due garofoli pestati, pepe dolce e sale; maneggiateli e poi ponetevi un cazzarolo di colì di pesce; fateli cuocere, e fatte le pagnottine, come quelle delle visciole, aggiustatele nel piatto e ponetevi dentro la sopraddetta composizione; bagnate però le pagnottine prima con colì di pesce, e mandatele ec.
Prendete tre oncie di tarantello pulito e dissalato; prendete una cazzarola con olio, cipolla, erbetta e bassilico, ponetela al fornello e ponetevi il tarantello fettato a dadi, e fatelo incorporare; ponetevi li piselli teneri, andateli rivolgendo sottosopra, e fateli incorporare; di poi ponetevi un cazzarolo di succo o brodo di pesce, sgrassateli e poi ponetevi un poco di colletta in maniera che venga piuttosto densa: fettate il pane a mustaccio, abbrustolitelo, aggiustatelo nel piatto e ponetevi sopra la detta composizione a modo di crostini, e mandateli in tavola ec.
Prendete una cazzarola con due oncie di butirro, fatelo liquefare con cipolla erbetta maiorana e fatelo soffriggere; poi ponetevi li piselli teneri con sale, due garofoli, spezieria dolce e fateli incorporare; quindi ponetevi mezza foglietta di latte e lasciateli cuocere; poi ponetevi cinque rossi di uova sbattuti, due oncie di parmigiano, un’oncia di zucchero ed un’oncia di candito tritato; mescolate bene ogni cosa e mandate ec. Questi piselli possono servire per la torta di pasta sfogliata e barachiglie, facendola stringere di più con un poco di colletta.
Prendete una cazzarola con due oncie di butirro, fatelo liquefare con cipolla, erbetta e maiorana; fatela soffriggere; ponetevi poi li piselli teneri con sale, due garofoli pestati e spezieria dolce; fateli incorporare e ponetevi quindi mezzo bicchiere di latte: non
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li fate passar di cottura, cavateli e fateli colare, infarinateli e scuoteteli bene, friggeteli con salvia e mandateli in tavola ec.
Prendete le scafe di fava tenere, pulitele come i fagioletti, levandone il filo, lessateli e fateli scolare; quindi prendete una cazzarola con butirro, cipolla, erbetta, maiorana e timo; fatela soffriggere, ponetevi poi la fava e fatela incorporare; ponetevi mezzo bicchiere di latte, sale e spezieria dolce, e fatele cuocere; quando l’avete a mandare in tavola, ponetevi due rossi, di uova sbattuti, raspatura di limone, agro ed erbette tritate ec. Queste si possono cuocere fritte, ma infarinate, e possono farsi di vigilia, con olio e brodo di pesce ponendovi sopra la salsa di alici o sardelle.
Levate dalli sparagi tutto il suo duro, cuoceteli in acqua bollente e sale, e fateli scolare; poi fate in un piatto un solaro di butirro e parmigiano, e cuoprite questo solaro cogli sparagi, e così fate fino a tanto che vi sono sparagi. Poi poneteli al fornello di campagna con fuoco aggiustato sotto e sopra, e fatto che avranno il brulè, mandateli ec. Si possono condire li detti sparagi ad uso d’insalata con ponervi una salsa di alice.
Lessate li fagioletti teneri, prima puliti dalli suoi fili, ma non li passate di cottura e fateli scolare. Prendete una cazzarola con un’oncia di butirro, cipolla, erbetta,
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maiorana, e fate il tutto incorporare; ponetevi li fagioletti con sale e spezieria dolce, e fateli soffriggere, poi poneteci un bicchiere di latte e fateli unire; sbattete due rossi di uova e poneteli nelle composizione, rivolgeteli sottosopra, ponetevi due oncie di parmigiano e mandateli ec.
Lessate li fagioletti come sopra, un poco più cotti aggiustateli nel piatto, e ponetevi sopra la detta salsa. Così li farete colla salsa di butirro; ed ancora con qualunque altra salsa, secondo il vostro gusto.
Togliete alle cipolle il cattivo di sotto e di sopra, levatene i fili, ma non le radate tanto verso le radiche, tanto che stiano bene uniti li primi contorni di esse; lessatele, ma con tanto cotte, e fatele scolare; poi levate ne il di dentro, prendete una mollica di pane, bagnatela con latte o brodo di pesce, spremetelo e ponetelo in un piatto; prendete due rossi di uova lessate, due oncie di parmigiano, cinque amandorle abbrustolite affinate bene, sale, spezieria dolce, due garofoli pesti e due rossi di uova sbattuti; fate la composizione mischiandola bene; empitene le cipolle, infarinatele, poi indoratele e friggetele, e ponetele poi in una cazzarola con un buon cazzarolo di colì di pesce; fatele arrivare a cottura e ponetevi un poco di colletta, succo di limone e raspatura di esso; cavatele con diligenza, aggiustatele nel piatto e sopra gettatevi la composizione, e mandatele in tavola ec. Si possono le suddette cipolle empire colla pasta che troverete sulla composizione de’ cavoli ripieni.
Empite le cipolle come sopra; prendete la salsa di ranocchie, unitela in una cazzarola colle cipolle, ponetele al fornello, fate loro pigliare il gusto della salsa e mandatele ec.
Empitele come sopra, poi fatele bollire con un poco di succo di pesce, ma non le fate passar di cottura; cavatele e scolatele, infarinatele ed indoratele, poi involgetele nel pane grattato e friggetele, e mandatele in tavola colla salsa piccante.
Empite le cipolle, come sopra. Prendete una cazzarola con colì di pesce, fate loro pigliare un poco di sostanza, cavatele e fatele scolare; prendete quindi un pane grattato, sale e spezieria dolce, e rivolgetele in questa composizione; poi ponetele nella graticola con fuoco addattato, e preso il gusto, ponetele in un piatto aggiustate; ponetevi sotto la salsa de’ capperi, e mandatele ec.
Pulite e fettate a quadrelli la zucca, lessatela con sale, ec. Fatela scolare e poi prendete una cazzarola con due oncie di butirro, ponetevi la zucca in quadrelli con sale e spezieria dolce, fateli soffriggere e rivolgeteli sottosopra, ed incorporati, poneteli in un piatto e conditeli come li maccaroni, cioè con parmigiano e butirro; poneteli al
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fornello di campagna con fuoco sotto e sopra, e fatto il brulè, mandateli ec.
Lessate tali e quali le zucchette, toglietene prima il fiore e l’attaccaglio, ma non le fate passare di cottura i ponetele nella cazzarola con salsa di tartufoli, fate loro pigliar corpo, e poi mandatele in tavola con simmetria.
Pulite e lessate la zucca e fatela scolare, passatela per lo staccio, ponetela in una cazzarola, ponetevi prima, poco sale con due oncie di butirro, tre di parmigiano, due di candito tritato e cannella spolverizzata; fatela bollire, quindi ponetevi sei uova sbattute; incorporata e stretta che sia, ponetela in un piatto untato con butirro; di poi sbattute due uova, indoratela, spolverizzatela con pane grattato, zucchero e cannella; ponetela al fornello di campagna con succo sopra, fatele fare la crosta, e mandatela ec.
Pulite e lessate le zucchette come sopra, levate l’interno di esse e poi empitele colla stessa empitura delle cipolle, o pure con farza di pesce, che troverete a suo luogo; fate loro pigliare il gusto colla salsa di colì di pesce, e mandatele ec. Così ripiene ve ne potete servire per farle in fette indorate e fritte ponendovi sotto una salsa a vostro genio.
Pulite li cavoli, lessateli bene, spremeteli e tritateli fini. Prendete una cazzarola con due oncie di butirro e fatelo liquefare; ponetevi erbetta, timo, maiorana ed uno spicchio d’aglio infranto; fatelo soffriggere e ponetevi li cavoli con sale e spezieria dolce; fateli incorporare maneggiandoli spesso; ponetevi mezzo bicchier di latte e fateli cuocere ed asciuttare bene; sbattetevi tre uova con un poco di farina; e poneteli nella cazzarola con tre oncie di parmigiano; fate che si unisca bene la composizione, cavatela in un piatto e fatela raffreddane; spolverizzate la tavola di farina e formate con questa composizione coppiette fatte a mustacciolo e salcicciotti. Li salcicciotti indorateli e rivolgeteli nel pane grattato, e friggeteli; le coppiette indoratele, friggetele; e ritornatele a cuocere in una cazzarola con succo o colì di pesce. Questa stessa composizione di cavoli si può cuocere in turbante, ma bisogna mettervi sei o sette rossi di uova di più, e formarli nella stessa maniera del turbante di piselli.
Puliti, lessati e spremuti, e tritati come sopra li cavoli, prendete una cazzarola con olio, erbetta, maiorana, sale, aglio tritato, e fateli soffriggere; ponetevi ancora due alici o sardelle pulite dalle squame, testa, coda e spina; tritate e fate il tutto incorporare; quindi ponetevi li cavoli, spezieria dolce ed un cazzarolo di colì, o brodo di pesce, fatelo consumare e stringere; ponetevi un poco di colletta e mezzo mustacciolo, e fate che si cuocino ed incorporino. Cotti, aggiustate la cazzarola, ungendola bene con olio, e formate il turbante come quello dei piselli e mandatelo in tavola con sotto la salsa di latte di mandorle, ec.
Pulite li cavoli come sopra, lessateli intieri ma che non vi passino di cottura; fateli raffreddare e spremeteli adagiatamente; levatene tutte le foglie interne, lasciandovi le esterne; fate la qui sottoscritta farza. Prendete il pane bagnato nel latte e spremetelo; prendete due rossi di uova dure, parmigiano grattato candito tritato, pignoli abbrustoliti, sale e spezieria dolce; impastate bene ogni cosa con due rossi di uova sbattuti, empitane li cavoli; spolverizzate le foglie con sale spezieria dolce e parmigiano, e coprite con esso l’empitura; quindi infarinate queste pagnotte, indoratele, friggetele e rivolgetele con diligenza per la padella, perché si cuocino e non si disfaccino. Ciò fatto, prendete una cazzarola con butirro, cipolla, erbetta, maiorana, fatela soffriggere e poi ponetevi mezza foglietta di latte, sale e spezieria dolce; ponetevi le pagnotte con diligenza e ponetevi il fuoco sotto e sopra, e cotte aggiustatele nel piatto; pei sbattete due rossi di uova e poneteli nella cazzarola dove sono state esse pagnotte, e stretta che sia la composizione, ponetevi un pizzico di parmigiano, e gettatela sopra le dette pagnotte, e mandatele ec.
Fate per questi cavoli la composizione che avete fatta per li cavoli in sublisì con ponervi più cinque rossi di uova sbattuti, e più parmigiano, con cinque, o sei amandorle abbrustolite e pestate; mischiate bene ogni cosa e prendete con un piccolo cazzarolo la composizione e fatene le frittelle nella padella, rivolgendole e facendole cuocere eguali, e
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fatte, mandatele in tavola con sotto la salsa alla mosaica, o pure senza salsa alcuna.
Pulite e lessate i selari, ma fate che non siano tanto cotti; spremeteli e levate il di dentro, lasciandovi le foglie all’intorno, di fuori e poi empiteli colla farza de’ cavoli in pagnotte o pure colla farza, che in appresso troverete di pesce; coprite la farsa colle foglie all’intorno rimaste; infarinateli, indorateli, friggeteli e mandateli in tavola colla salsa di carote, o di oliva concia. Così conditi si possono cuocere ancora, in umido colla salsa di colì di pesce.
Pulite dalle foglie cattive e dure li selari, poi tagliate il ceppo colle foglie in lunghezza ai mezzo dito, lessate li suddetti ceppi, come sopra e fateli scolare. Prendete una cazzarola, ponetevi olio ed un pizzico di farina e fatela cuocere; poi ponetevi tre oncie di tarantello purgato e dissalato, e tagliato a dadi, cipolla e maiorana tritata, e fatte soffriggere; soffritto, ponetevi un cazzarolo di brodo di pesce, ponetevi li selari e fate cuocere con spezieria dolce ed un poco di colletta, fatela stringere e mandatela ec.
Pulite, lessate, spremete li selari e tagliateli alla lunghezza d’un dito. Prendete una cazzarola con un’oncia di butirro, sale e spezieria dolce; ponetevi li selari, rivolgeteli in essa composizione sino a tanto che
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prendano il gusto; di poi cavateli e levatene il di mezzo, lasciando, le foglie all’intorno, e il di mezzo unitelo colla farza, ma tritato, fatta per li cavoli a turbante. Con questa farza empite li sopraddetti, infarinateli, indorateli, rivolgeteli nel pane grattato, friggeteli e mandateli ec. In questa stessa maniera, conditi li potete fare in umido con sotto la salsa di carote o di ranocchie.
Pulite, lavate, lessate la lattuga, come avete fatto dei cavoli, tagliate il di mezzo come alli medesimi; riempitela con la farza che vi descrivo. Prendete il pesce, buono per il lesso, pulitelo, dalle spine, testa e coda, quindi pestatelo con un poco di cipolla, erbetta, maiorana, un’alice o sardella purgata, mollica di piane bagnata e spremuta, sale e spezieria dolce, meschiatela e fatela venire farza; unitevi una chiara d’uovo, empite la lattuga, involgetela nella pastella; friggetela e mandatela in tavola con salsa di colì di pesce.
Purgate e lessate l’indivia, come la lattuga, empitela con la farza di cavoli in pagnotte, ponendovi di più quattro tartufoli tritati e cardarelle passate prima, e cotte in cazzarola con un poco di butirro, sale e spezieria dolce; mischiatele colla detta farza, indoratela bene e friggetela, ponetela poi in una cazzarola, con succo o brodo di pesce, e cotta aggiustatela nel piatto, ponendovi sopra la detta salsa.
Lessati ed imbianchiti, come nel primo avvertimento li gobbi, scolateli bene, infarinateli, scuoteteli, friggeteli, gettatevi sopra la salsa verde e mandateli in tavola ec.
Lessati ec. prendete una cazzarola con un’oncia di butirro; ponetevi un pizzico di farina e fatela colorire; ponetevi poi un cazzarolo di succo di pesce, fatelo bollire e ponetevi li gobbi tagliati a giudizio; ponetevi una cipolla trapuntata con quattro garofoli; cotta la composizione, spremetevi un poco d’agro e mandatela ec.
Lessati ec. tritateli a dadi. Prendete una cazzarola con due oncie di butirro, cipolla, erbetta e maiorana; fate soffriggere; ponetevi li gobbi con sale e spezieria dolce, e fateli incorporare; quindi ponetevi un cazzarolo di latte, fateli cuocere, e cotti, prendete il pane grattato, tre oncie di parmigiano, un’oncia di zucchero, cannella spolverizzata e mischiate bene ogni cosa; untate bene con butirro il piatto che dovete mandare a tavola, spolverizzatelo con parmigiano, e raffreddata la detta composizione, formate con essa una pagnotta, indoratela e tornate a spolverizzare con parmigiano; ponetela al fornello di campagna, ponendovi il fuoco sopra a giudizio, e fatta che avrà la crostola, mandatela in tavola ec.
Puliti e lessati li gobbi, prendete una cazzarola con due oncie di butirro e fatelo liquefare; ponetevi poi li gobbi tagliati in lunghezza di un dito con sale e spezieria dolce, e fateli incorporare; quindi ponetevi una foglietta di latte, fateli arrivare a cottura e fateli stringere; ponetevi poi due rossi di uova sbattuti e maneggiate bene questa composizione, prendete il piatto che dovete mandare in tavola, untatelo con butirro, spolverizzatelo con parmigiano ed aggiustateci un solato di gobbi, e sopra ad esso ponetevi pezzetti di butirro e parmigiano grattato: terminate il piatto in questa maniera, ponetelo al fornello di campagna, con fuoco sotto e sopra a giudizio, e fatto il brulè, mandatelo in tavola ec.
Lessate ec. li gobbi. Prendete una cazzarola con due oncie di butirro, cipolla e maiorana e fatela soffriggere; ponetevi poi li gobbi fettati a dadi con sale, cannella spolverizzata, grattatura di noce moscata, due garofoli pistati e fate incorporare ogni cosa; ponetevi mezza foglietta di latte, fate cuocere li gobbi e ponetevi tre rossi di uova sbattuti, raspatura di limone ed agro; fate che questa composizione sia lattiginosa, mandatela in tavola ec.
Il piacere che ho di farvi sempre più esperti nel mestiere della cucina, mi ha fatto determinare d’instituire il seguente paragrafo su de’ crostini, mentre essi alcuna volta graditissimi addivengono e specialmente nello imbandirsi di parata, servendo essi non solo per piatti di rinforzo, ma ancora per ridonare alli
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commensali il gusto che colla moltiplicità delle vivande vanno perdendo, quando essi specialmente sieno fatti a perfezione. Spero pertanto che se porrete in opera la maniera di comporli che nel progresso di questo paragrafo vi diviso, non andrà senza applauso la vostra fatica: pochi avvertimenti cadono su questo proposito; tuttavolta vi prego a non perderli di vista.
Trattandosi di far crostini di salumi, puliteli dalle squame, ossa, spine e testa.
Dissalate ogni salume; eccettuate le alici o sardelle, le quali vanno solamente raschiate.
Li crostini siano sempre abbrustoliti prima di ponerli sopra la composizione.
Fate li crostini in maniera che facciano buona comparsa, vale a dire tagliateli quando in forma di mustacciolo, quando quadrati, quando in lungo od in altra maniera che stimerete a proposito per ornamento del piatto di essi.
Prendete le lumache, siano di terra o pur di mare, cuocetele in acqua bollente con sale, un capo d’aglio e foglie di lauro, e cotte cavatele dalla coccia, e ricapate il basso o fondo delle lumache: pestate, e passate per lo staccio; quindi prendete una cazzaruolina, ponetevi la detta passatura con olio, pepe pesto, sale ed agro, e mischiatela bene; fate poi li crostini ad uso di mustaccioli, ponetevi sopra la composizione, e sopra ad essa ponetevi un poco di olio ed erbette trittate, ed aggiustati bene nel piatto mandateli ec.
Prendete una cazzarola con olio, menta, erbetta, una presa di rosmarino spolverizzato e fatela, soffriggere; prendete quindi le lumache, tritatele più fine che potete, e ponetele nella composizione con sale e spezieria dolce; e fatela incorporare; poi ponetevi mezzo bicchiere di vino e fatele asciuttare; poi ponetevi un cazzarolo di succo di pesce; ed incorporate, ponetevi un poco di colletta, prendete li crostini, spruzzateli con agro, ponetevi sopra la composizione e mandateli ec.
Pulite le alici o sardelle, come sopra, pestatele lavandole prima con aceto; pestatevi insieme uno spicchio di aglio, erbetta, menta, bassilico ed un poco di mollica di pane
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prima abbrustolita, e poi bagnata in aceto e spremuta; affinate bene ogni cosa, ponetela sopra li crostini; ponendovi sopra un poco di olio, ed agro, e mandatela ec.
Dissalato e pulito il tarantello, prendete una cazzarola con olio, fatelo bollire con un pizzico di farina e fatela colorire; poi ponetevi aglio, erbetta e timo tritato fino e fate incorporare; fettate a dadi il tarantello e ponetelo nella composizione; fateli soffriggere con spezieria dolce, e ponetevi o succo o colì di pesce, e fatelo stringere; ponete la composizione sopra li crostini, spruzzateli con succo di arancio, e mandateli in tavola ec.
Fate li crostini, stendeteli sopra il caviale e poneteli nella graticola col caviale verso il fuoco; fare però che il fuoco sia adattato, ed arrivati a perfezione, mandateli in tavola con olio ed agro sopra. Questi crostini si possono mandare in tavola, senza porli al fuoco.
Puliti, lessati, tolte le coste agli spinaci spremuti e tritati fini, prendete una cazzarola con olio dolce o pur butirro, cipolla, maiorana tritata, e fate soffriggere; ponetevi gli spinaci con sale e spezieria dolce; mescolateli spesso e fateli incorporare; ponetevi un poco di colletta, con agro e raspatura di limone: ponete questa composizione sopra li crostini e mandateli ec.
Pulito il salmone cuocetelo in allesso. Prendete una cazzarola con olio, erbetta e bassilico, e fatela soffriggere, ponetevi il salmone tritato con zucchero, aceto ed un poco di mustacciolo di Napoli; fatela unire, cavatela, ponetela sopra li crostini e mandateli ec.
Prendete una cazzarola con olio, fatelo bollire con un pizzico di farina e fatela colorire; ponetevi un poco di cipolla tritata, poi prendete il giallo delle seppie, che è il latte di esse, ponetelo nella cazzarola con sale e spezieria dolce, fatela incorporare e sciogliete un poco la composizione con succo, o brodo di pesce, ponetela sopra li crostini con agro, e mandateli ec.
Prendete la composizione della salsa dei pomidoro, ponetela sopra li crostini con un poco d’agro e mandateli ec.
Prendete la composizione della salsa di carote, ponetevi un poco di zucchero e di aceto, e tritate fine però le carote, ponetele sopra li crostini, e mandatele ec.
Prendete gli spinaci come sopra. Prendete una cazzarola con butirro, erbetta e maiorana e fatele soffriggere; ponetevi poi gli spinaci con sale, noce moscata grattata, fateli
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incorporare, ponetevi un poco di latte, fateli asciuttare; ponetevi un pizzico di parmigiano, due uova sbattute, un poco di raspatura di limone ed un’oncia e mezza di zucchero con un poco d’agro. Ponete la composizione sopra li crostini e mandateli ec.
Lessate le uova, cavatene li rossi, pestateli e poi poneteli in un piatto, quindi pestate due oncie di amandorle abbrustolite, unitele con li rossi pestati con mezz’oncia di zucchero, un’oncia di candito tritato, e due rossi di uova sbattuti con un poco d’agro o aceto; maneggiate bene questa composizione, ponetela sopra i crostini e mandateli ec.
Prendete una cazzarola, ponetevi un’oncia e mezza di farina, stempratela con mezza foglietta di latte ed un pizzico di sale, ponetela al fornello e maneggiatela sino a tanto che si stringa; ponetevi, due uova sbattute e due oncie di parmigiano; fatela incorporare, cavatela e ponetela sopra li crostini, spolverizzateli con cannella e mandateli ec. Questi stessi crostini indorateli, friggeteli, spolverizzateli con zucchero e mandateli ec.
Fate le fette di pane della larghezza di tre dita in circa in quadro, ponete tra una fetta e l’altra di pane una fetta di formaggio fresco, e così tanti ne farete de’ crostini quanti ve ne abbisognano, ponendoli nello spiedo, come gli uccelli ed il lardello, ma stretti bene; poneteli al fuoco con sotto una leccarda, e poi andate ungendo le fette con butirro o
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olio, e spolverizzatele con poco di sale; sbattete quattro uova ed indorate le stesse fette nello spiedo, e fatto che sia il brulè, cavatelo e mandatele in tavola spolverizzate con zucchero.
Prendete pane grattato, zucchero, raspatura di limone, spezieria dolce; prendete un cazzarolo di succo di pesce e ponetelo nel detto pane; ponete il tutto nella cazzarola e fatela stringere; ponetevi un poco di succo di limone, candito e pignoli abbrustoliti tritati; maneggiatela bene ed aggiustatela sopra li crostini e mandateli in tavola ec.
Dalli crostini conviene ora far passaggio al pesce, del quale formar se ne possono moltissimi piatti non solo per le molte diverse specie di esso; ma ancora per le molte salse, colle quali condir si può. Quindi è, che per lo addietro vi ho raccomandato l’esatta esecuzione di quanto vi ho finora descritto per lo imbandimento de’ piatti delle già passate cose; ora torno a rinnovarvene la premura. Attendete di proposito agli avvertimenti che qui sotto troverete esposti, che potranno servire a facilitarvi l’esecuzione di quanto vi dico.
In quanto al pulire il pesce osservate quanto vi ho esposto nel principio di questa operetta.
Osservate ancora quanto io vi ho detto per cuocere il pesce in allesso, mentre di
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cuocere così il pesce nel progresso di questo paragrafo non ve ne parlo, stimando superflua ogni parola su tal proposito.
Non trovandosi pesce buono, per farlo comparir tale, vi potete servire della farza di pesce, che troverete in appresso, formandone quel pesce che bramate.
Le seppie, in qualunque modo le dovete imbandire, vanno sempre lessate.
Delle seppie d’altro servir non vi dovete che delle ali. Sicché quando leggete prendete le seppie, intendete che dovete prendere le sole ali, già lessate.
Per colorire il suddetto pesce di color bianco, prendete chiara di uova sbattute; ed un pizzico di amido spolverizzato unito con essa e con pennello indoratelo con essa chiara ec.; quindi infuocate una paletta, ponetegliela sopra, ma che non tocchi il pesce; e così andatela asciuttando, ed pesce vi farà un ottima comparsa bianca. Per il color rosso prendete chiara di uova ed un pizzico di amido con acqua in cui sia stato in infusione un poco di cocciniglia; sbattete insieme ogni cosa e servitevene per dare il colore alle triglie, e roscioli formati colla farza, facendo come sopra del bianco.
Prendete o merluzzi, o raggia, o moccosa, puliteli come sopra, e disossati pestateli con poca cipolla o aglio, o senza l’una e l’altro, erbetta, maiorana, spezieria dolce, due alici, o sardelle colla mollica di un pane bagnato in brodo di pesce e spremuta; unite bene ogni cosa; sbattete, se è di magro due uova, e se è di vigilia due chiare, e ponetele nella composizione; farzite li piatti dell’erba, formati li pesci che vi piacciono, infarinateli e friggeteli, e di questi ve ne potete servire per lesso, umido, arrosto e fritto. Facendoli poi in lesso o in umido, ponetevi sotto una salsa di vostro gusto.
Prendete li suddetti pesci ec. squadro, o archillato, o pesce cane, puliteli, dissosateli e pestateli con tarantelle, spezieria dolce, sale a giudizio, un pizzico di pepe forte e garofoli pestati, passate ogni cosa al mortaio ed affinatela bene: prendete anguilla o pure ciriole, scorticatele e disossatele, tagliatele a lardelli di salami e fatta questa composizione, prendete un canavaccio fino, spandetelo sopra una tavola, ponetevi la composizione bagnata con acqua di cocciniglia, posta in infusione la sera innanzi, ponetevi un bicchiere di vino rosso, formate o mortatelle o salami secondo il vostro genio, involtatele nel canavaccio secondo la forma, o di salami, o mortatelle, stringetele, spagatele e lessatele col medesimo canavaccio col brodo di pesce, con foglie di lauro, cipolla, un pugno di fieno ed una foglietta e mezza di vino; fateli
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bollire circa un quarto d’ora, cavateli, fateli scolare e poneteli intorno alla cappa del cammino per due giorni ad asciuttare, e quando vi abbisognano, fettateli ec. Le salciccie poi fatele colla stessa pasta, eccettuato che non vi dovete mettere né ciriole, né anguille, e insaccatele nelle budella di maiale: di esse non ve ne potete servire ne’ giorni di magro, ma di grasso, facendole in arrosto e fritte con salsa di succo di pesce e colì.
Prendere una cazzarola con olio, cipolla, erbetta, maiorana tritata e fatela soffriggere; ponetevi le fette dello storione, trapuntato con fette di spicchio d’aglio, sale e spezieria dolce, fatele incorporare e poi rivoltatele; quindi prendete il succo o brodo di pesce. Poi prendete un’altra cazzarola con olio e fatelo bollire; ponetevi un pugno di cardarelle lavate e spremute con sale, spezieria dolce ed un cazzarolo di brodo di pesce, e fatele cuocere, e cotte, ponetele nella cazzarola del lo storione; e fatele incorporare; ponetevi un poco di colletta ed agro, e mandate ec.
Prendete lo storione, trapuntato con spicchio d’aglio fatto in parti. Prendete mezza libbra di tarantello, purgatelo ec. fettatelo a modo di lardoni, spolverizzatelo con rosmarino in polvere e spezieria dolce, e trapuntate le dette fette di storione; ponetele in una cazzarola
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con olio, sale e spezieria, fatele soffriggere ed incorporare; rivoltatele e ponetevi un cazzarolo di brodo di pesce e fatele cuocere, e cotte, cavatele e ponetevi sopra la salsa di oliva verde e mandatele ec.
Trapuntate lo storione con due o tre garofoli ed uno spicchio d’aglio tagliato in quarti. Prendete una cazzarola con olio, erbetta ed aglio tritato, e le alici o sardelle pulite, fatele soffriggere; ponetevi lo storione spolverizzato di sale e spezieria dolce, e rivoltatelo spesso, quindi ponetevi o brodo di pesce o acqua e fatelo cuocere, voltatelo sottosopra, e cotto ponetevi un poco di colletta con agro; cavatelo e ponetegli sopra la suddetta salsa e mandatelo ec. Nella stessa maniera potete fare le fette del pesce alice ed altro da taglio.
Prendete lo storione, trapuntatelo con garofoli e lardoni di tarantello prima spolverizzati con spezieria dolce e rosmarino in polvere; salatelo ed untatelo bene; se è grosso, mandatelo al forno, se è piccolo, cuocetelo nella graticola e mandatelo in tavola sopra li crescioni o altra insalata. Così potete fare il pesce alice ed altro da taglio.
Fate questo pesce come avete fatto lo storione in umido, ponendogli sopra la salsa di pomidoro e mandatelo in tavola ec.
Prendete una cazzarola con olio, cipolla, erbette e maiorana, e fatela soffriggere; ponetevi poi le fette d’alice con sale e spezieria dolce; involgetela sottosopra e fatela incorporare; ponetevi mezzo bicchiere di vino e fatelo asciuttare, ponetevi un cazzarolo di acqua, e cotte aggiustatele nel piatto e ponetevi sopra la salsa piccante; mandatele ec.
Fate cuocere le fette d’alice, come quelle di salsa piccante, e cotte cavatele e fatele asciuttare; poi sbattete due chiare di uova, infarinate le fette, involgetele nella detta chiara, spolverizzatele con pane grattato, con poco sale e spezieria dolce, e fatele in arrosto con fuoco adattato, e cotte mandatele in tavola con sotto la salsa di rosolio.
Cuocete il varolo, come avete cotto lo storione in umido, e mandatelo in tavola come il medesimo. Cotto in questa maniera vi si possono porre le salse di spugnoli o cardarelle, di capperi ed oliva verde.
Ponete in infusione del vino bianco il varolo, o in fette o intiero. Prendete una cazzarola con olio o pur butirro, ponetevi un poco di farina e fatela colorire; poi ponettevi aglio, erbetta e maiorana tritata, e fate la soffriggere; quindi ponetevi il varolo con sale e spezieria dolce; rivolgetelo sottosopra,
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ponetevi un cazzarolo di succo di pesce e fatelo arrivare a cottura; prendete poi due oncie di pignoli abbrustoliti, pestateli bene, stemprateli col brodo nella cazzarola del varolo e poneteli nella stessa composizione con agro, e mandatelo ec.
Cuocete in arrosto il varolo totalmente, come avete cotto lo storione, e mandatelo in tavola colla salsa piccante.
Nella stessa maniera cuocete le mugelle che avete cotte le fette del varolo in umido, ed invece della salsa de’ pignoli, ponetevi sopra la salsa delle amandorle dolci, stemprandole come la salsa de’ pignoli, e mandatele ec.
Cuocete queste mugelle, come le fette di alice con salsa di rosolio, ponendovi sotto in vece della salsa di rosolio quella piccante, ovvero di carote, e mandatele ec.
Pulite ed asciugate con canavaccio le mugelle; se sono grosse, fate loro de’ tagli in croce per il corpo, perché vi arrivino a cottura; ponetele in un piatto con sale, olio o butirro, cuocetele nella graticola, voltandole sottosopra, e cotte eguali, cavatele e ponetele sopra l’insalata condita, e mandatele ec.
Questo pesce, siccome in altra miglior maniera non si può cuocere che in allesso, umido ed arrosto, però lo farete in questi tre modi colle medesime composizioni, colle quali avete fatto il varolo e mugelle; per lo allesso vi porrete la salsa de’ capperi, per l’umido la salsa di oliva e per l’arrosto la salsa verde.
Pulite le sfoglie, come nel principio di questa operetta; tagliatele nel mezzo in modo di poterne levare la spina, levategliela tutta dalla testa sino al fine, ma non levate essa testa; ciò fatto empitele a giudizio colla pasta de’ cavoli, ovvero colla farza di pesce; poi riunite le parti aperte; prendete quindi un piatto di rame colla corcia, ponetevi olio, cipolla tritata ed erbetta, e fatelo soffriggere; ponetevi con diligenza le sfoglie con sale, spezieria dolce e mezzo bicchiere di vino; fatelo asciuttare, e ponetevi un cazzarolo di brodo con fuoco sopra; fatele cuocere e cotte, cavatele con diligenza ed aggiustatele nel piatto; fate ribollire nel piatto di rame la salsa rimasta, sbattete due rossi di uova con succo di limone e poneteli nello stesso piatto della composizione; maneggiatela, fatela stringere, gettatela sopra le sfoglie e mandatele ec.
Prendete una cazzarola con olio ed erbetta, e fate soffriggere; ponetevi le sfoglie con sale e spezieria dolce, e fatele incorporare;
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ponetevi un cucchiaio d’aceto ed un cazzarolo di brodo di pesce, fatele cuocere, e cotte mandatele in tavola, con sotto la salsa d’acetosa.
Pulite ed asciuttate le sfoglie, friggetele e mandatele in tavola con sotto la salsa verde.
Pulite ed arrostite le sfoglie, guardatevi però di non farle arrossire, specialmente dalla parte del bianco; e cotte mandatele in tavola colla salsa piccante sotto.
Pulite e togliete dalli merluzzi con diligenza la spina, come avete fatto alle sfoglie, riempiteli colla farza di pesce e riunitene le parti; fateli in umido come si è detto delle sfoglie, e cotti, cavateli e ponetevi sotto la salsa di rossi di uova. Così farziti, si possono fare fritti ed in arrosto, ponendovi sotto le salse di vostro genio. Li merluzzi così disossati, tagliateli per metà, spolverizzateli con sale, spezieria dolce, erbetta e maiorana tritata, rivoltateli a guisa di cartoccetti e poneteli in un piatto di rame colla corcia; ponetevi olio, aglio, erbetta e maiorana tritata; quindi ponetevi mezzo bicchiere di vino; fateli cuocere, e cotti cavateli e mandateli in tavola con sotto la salsa di colì di pesce.
Prendete una cazzarola con olio, cipolla, erbetta, maiorana tritata e salvia, ponetevi pure tre oncie di tarantello pulito, e dissalato e fettato a dadi, fatelo soffriggere; ponetevi un cazzarolo di succo di pesce e fatelo incorporare; ponetevi li merluzzi, o intieri, o in fette, sale e spezieria dolce e fateli cuocere; sgrassate la composizione, e ponetevi un poco di colletta ed agro; aggiustateli nel piatto e sopra gettatevi la salsa, e mandateli ec.
Prendete una cazzarola con olio, cipolla, erbetta, maiorana tritata e fatela soffriggere; ponetevi poi li merluzzi; prima però ponete la lor coda nella bocca e stringetegliela, ed in questa forma fateli stare; spolverizzateli con sale e spezieria dolce; ponetevi un cazzarolo di brodo di pesce, e poi ponete il fuoco sotto e sopra; fateli cuocere, cotti cavateli e ponetevi sopra la salsa di amandorle, e mandateli ec.
Pulite, condite e fate li merluzzi in arrosto, come avete fatto gli altri e ponetevi sotto, o insalata, o salsa di capperi, o salsa piccante, e mandateli in tavola ec.
Prendete la testa del rospo con tutte le interiora, pulitela e lessatela con sale, cipolla e una carota; cotta disossatela, il buono ponetelo in un tagliere colla suddetta
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cipolla e carota, due oncie di pignoli abbrustoliti, due rossi di uova duri, un poco di mollica di pane grattato, raspatura di limone, sale e spezieria dolce e date una tritata fina a tutta la composizione. Prendete una cazzarola con butirro ed un pizzico di farina, e fatela cuocere in bianco; ponetevi detta composizione, fatela incorporare bene, di poi cavatela in un piatto, sbattetevi tre uova, mischiatela bene, untate un piatto di rame colla corcia e ponetevi la detta composizione, spianatela ad uso di coppiettone, ponetevi il fuoco sotto e sopra, e cotta ponetela nel piatto che dovete mandare in tavola, e sopra ponetevi la salsa di succo di pesce e mandatelo ec.
La coda di questo pesce si può fare in umido ed in arrosto; in umido lo farete come li merluzzi in umido, ponendovi sotto la salsa di lattuga o pomidoro. In arrosto trapuntatelo con uno spicchio di aglio fettato in quarti, lardoni di tarantello e garofoli, e cuocetelo in arrosto.
Prendete una cazzarola con olio, aglio, erbetta e maiorana tritata, fatela soffriggere ed aggiustateci bene li roscioli; poi ponetevi sopra sale, erbetta, maiorana, aglio tritato, spezieria dolce e fateli soffriggere; ponetevi quindi mezzo bicchiero di vino, fateli cuocere con fuoco sotto e sopra, e cotti levate con diligenza li roscioli ed aggiustateli nel piatto; prendete due rossi di uova con un pizzico di farina, sbatteteli e stemprateli colla detta composizione, gettatela sopra li roscioli e mandateli ec.
Prendete li roscioli, lavateli ed asciuttateli; poi prendete un foglio di carta bianca,
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aglio, erbetta e maiorana tritata bene, con pane grattato, sale, spezieria dolce e mescolate bene ogni cosa; prendete la suddetta carta, untatela bene con olio, fate un solaro in essa della suddetta composizione e sopra aggiustateci li roscioli, poneteli sopra il resto della composizione e date un’untata con olio al disopra; piegate poi l’altro mezzo foglio, e cuopriteci bene li roscioli e poi unitela piegandola d’intorno; poneteli nella graticola con fuoco aggiustato ed arrivati da una parte fateli cuocere dall’altra, rivoltando la carta con diligenza; cotti, levatene la carta al disopra e mandateli in tavola colla carta sotto ec.
Friggete li roscioli, secondo la regola di friggere che vi ho data in fine del paragrafo delle frittelle, e mandateli in tavola con sotto la salsa alla mosaica.
Fate in arrosto li roscioli, ma procurate che sieno belli e fate che non vengano diseccati, e cotti mandateli in tavola con sotto la salsa piccante.
Pulite, lavate e lessate con sale li calamari suddetti, e cavate tutto il di dentro, ponetelo in un tagliere con un alice o sardella, quattro capperi, una fetta di pane bagnata, e spremuta, un poco di pignoli
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abbrustoliti, sale e spezieria dolce, e sbattetevi un rosso di uovo; pestate bene ogni cosa, riducendola in farza, maneggiandola bene ed empiteci li calamari. Prendete una cazzarola con succo di pesce e ponetevi li detti calamari; fateli bollire ed incorporare, ed incorporati, mandateli in tavola con la salsa di carote sotto.
Pulite e lessate li calamari. Prendete una cazzarola con olio, ponetevi li calamari con sale e spezieria dolce, e fateli soffriggere; ponetevi un cazzarolo di brodo, col quale sono stati fessati, e fateli cuocere. Prendere un’altra cazzarola con olio, cipolla, maiorana tritata ed un pugno di spinaci parimente tritati, maneggiateli spesso e fateli soffriggere; prendete la composizione de’ calamari, ponetela fra gli spinaci, ponetevi un poco di colletta, ed arrivati a perfezione, ponetevi mezzo cucchiaio di senapa in aceto, mescolatela bene, ponetela nel piatto e sopra aggiustate con simmetria li calamari e mandateli ec.
La salsa di senapa non è altro che ponere la senapa in infusione in aceto, e di questa servitevene a vostro piacimento.
Friggete li calamari, se sono grossi, puliteli prima e lessateli con sale e divideteli; se sono piccoli, levatene il fiele, occhi, bocca e penna, e così friggeteli e ponete sotto i calamari grossi la salsa verde, e li piccoli friggeteli con salvia, e mandateli ec.
Prendete e pulite le teste grosse delle loro interiora e spine esterne, e cuocetele o in allesso o in arrosto. Queste in arrosto, paccatele al di sopra, conditele con sale ed olio, cuocetele e mandatele in tavola con insalata condita sotto. In allesso, mandatele in tavola con salsa di capperi ed alici.
Prendete le panocchie, levate uno spino delle gambe e turate con esso la bocca o buco che porta sotto la testa; ponetele poi in una cazzarola bene aggiustate, frammezzateci una qualche foglia di lauro, e così fatene tanti solari, quanti se ne possono formare colle panocchie che avete, ponetevi sale a giudizio, ed acqua, fate che sia tanta, quanta basti a cuoprire il primo solare; ponetevi sopra un peso che le tenga al fondo, fatele cuocere e prima di mandarle in tavola, fatele stufare in canavaccio pulito; tagliate testa e coda, e tagliatela all’intorno in maniera che possiate levare la scorza di sopra; levategliela e mandatele in tavola con erbette tritate all’intorno. Per altri piatti, levate non solo testa, coda e scorza di sopra, ma ancora quella di sotto, facendovi restare il solo buono, eccettuato in arrosto, che la scorza non va levata in niuna maniera, ma solamente divisa nel mezzo al disopra.
Prendete le panocchie lessate come sopra ec. infarinatele, indoratele e friggetele. Prendete una cazzarola con butirro e fatelo liquefare; ponetevi un pizzico di farina e
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fatela colorire; di poi ponetevi un cazzarolo di latte, o succo, o brodo di pesce, e fatelo incorporare; quindi ponetevi le panocchie fritte con spezieria dolce e poche erbette tritate, ed unite che saranno, ponetevi un poco d’agro e mandatele ec.
Fate le panocchie in umido come sopra, e cotte, ponetevi sotto la salsa di capperi ec.
Indorate ed involgete nel pane grattato le panocchie, friggetele e sotto ponetevi la salsa di spugnoli, e mandatele ec.
Prendere la panocchie lesse ec., dividetele a metà, indoratele e friggetele con erbette, con esse intorno mandatele ec.
Fatele nella stesso maniera come sopra, e sotto ponetevi la salda verde.
Prendete le panocchie, come sopra; non ne levate la scorza, ma dividetegliela al disopra nel mezzo ed allargategliela. Prendete pane grattato, erbetta, maiorana, aglio tritato, sale e spezieria dolce; unite il tutto con
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olio, empiteci le panocchie, cuocetele in graticola e fate che non caschi la composizione, rivoltatele da una parte e l’altra con diligenza, e cotte mandatele in tavola con simmetria.
Prendete la panocchie come sopra. Prendete una cazzarola con un’oncia di butirro e fatelo liquefare; ponetevi un pizzico di farina, fatela cuocere ma non colorire; prendete due oncie di amandorle dolci, e quattro o cinque amandorle amare, purgatele, pestatele e passatele per lo staccio, stempratele con poc’acqua, ponetele dentro la cazzarola con sale e cannella spolverizzata; quindi ponetevi le panocchie e fate stringere la composizione; ponetevi un poco di zucchero, maneggiate bene, mandatele in tavola spolverizzate sopra con cannella ec.
Prendete una cazzarola con olio, erbetta, cipolla, maiorana, timo, e fatela soffriggere; quindi prendete le anguille o ciriole, purgatele delle loro interiora, testa, coda, e se sono grosse, scorticatele, spezzatele e ponetele in essa cazzarola con sale, spezieria dolce e zafferano spolverizzato; fatele incorporare e ponetevi poi un poco d’aceto ed un bicchiere di acqua; fatele cuocere; sgrassatele, fate li crostini a mustacciolo, ponetevi sopra la detta composizione e mandatele in tavola ec.
Pulite e scorticate l’anguilla come sopra, fatela in pezzi atti per l’arrosto, ponetela allo spiedo, ponendovi fra un pezzo e l’altro foglie di lauro; ponetela al fuoco ed allorché sarà mezzo cotta, ungetela, salatela e spolverizzatela con pane grattato e zucchero, e cotta mandatela in tavola con fette di portogallo all’intorno.
Prendete una cazzarola con olio, cipolla, erbetta e maiorana, e fatela soffriggere; ponetevi poi le rannocchie ben purgate, sale e spezieria dolce; fatele cuocere e poi fate il resto, come avete fatto della testa del rospo, e mandatele in tavola ec.
Levate alle ranocchie le coscie e poi staccate dall’osso la polpa, e fate che essa polpa resti attaccata alla giuntura; da una parte levate l’osso, e dall’altra lasciateglielo; infarinatele, friggetele e mandatele in tavola con simmetria, e con salsa verde sotto ec.
Togliete dalle seppie la testa ed ogn’altra parte fuori che le ali, alle quali toglierete la pelle; lessatele con sale e cipolla trapuntata con quattro garofoli, e con un pezzo di carota ed erbetta e fatele cuocere bene. Così farete cuocere le dette ali per ogn’altro piatto di esse, mandatele in tavola con sotto la salsa di capperi, ed alici e con erbetta intorno.
Pulite e lessate le seppie, prendete una cazzarola con un’oncia di butirro, erbetta, cipolla e maiorana tritata, fatela soffriggere, ponetevi le seppie fettate a quadrelli con sale e spezieria dolce, e rivolgetele sotto sopra; ponetevi un cazzarolo di brodo di pesce, fatele incorporare, sgrassatele, ponetevi un poco di colletta, e prima di mandarle in tavola ponetevi un cucchiaio di senapa stata in infusione nell’aceto, e mandatele ec.
Tagliate a vostro piacere le seppie già lessate e fatele come si è detto de’ roscioli in carta, e mandatele ec.
Cuocete e condite le seppie nella stessa maniera che le avete condite per l’umido, ma fettatele a quadrelli piccoli. Prendere una cazzarola con un’oncia di butirro e fatelo liquefare; ponetevi cinque oncie di riso purgato e stato in infusione in acqua, fatelo soffriggere, ponetevi sale, maneggiatelo spesso, poi ponetevi le seppie con la sua composizione con un poco di brodo delle stesse seppie lesse, ed asciuttato che sia il riso, formate il turbante, come quello di piselli, e mandatele ec.
Lessate come sopra le seppie, ponetevi la salsa di rosolio sopra, e mandatele ec.
Lessate come sopra le seppie, infarinatele,
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friggetele, ponetevi la salsa verde e mandatele ec.
Eccomi giunto all’ultimo paragrafo de’ piatti. Voglia il Cielo che sieno per esser gradite queste mie tenui industrie, colle quali mi sono adoperato d’instruire chi vuole esercitarsi nel mestiere della cucina. Né crediate che io abbia fatte le anzidette composizioni sul proprio gusto mio, che anzi dalla lunga esperienza e dal gradimento di quei Cavalieri, i quali ho avuto l’onore di servire, e da nuovi ritrovamenti per rendere più delicate e piacevoli le vivande, ho composti gli anzidetti piatti, che però questo solo bastar dovrebbe per far sì che comparir almeno avessero. Faccia pure la sorte che mi sappiano compatire in questo ultimo paragrafo, nel quale prendo ad istruire chi di questa mia operetta si serve a preparare i salumi, insegnando in esso il modo d’imbandirli e di perfettamente dissalarli. Voi pertanto, che sul modello operate di quanto qui dico, procurate eseguire con ogni esattezza li miei insegnamenti e di attendere gli avvertimenti che prima d’ogn’altra cosa immediatamente vi pongo.
Alli salumi bisogna dare il corpo o sostanza, che però vi dovete servire per questo effetto del colì, succo o brodo di pesce.
Per il colì, succo o brodo suddetto è ottimo ogni pesce.
258Al baccalà levate sempre le panzette; ed allorché si dice prendete il baccalà, intendete lo sempre senza panzetta; e quando si vogliono adoperare esse panzette, allora s’indicherà.
Siccome fra tutti li salumi il baccalà più d’ogn’altro può servire per moltissimi piatti, però prima d’ogn’altro vi do la maniera di dissalarlo. Prendete dunque il baccalà, battetelo, ma fate che nel batterlo, né si scagli, né si spezzi, ed allorché lo avete a tagliare, lavatelo prima in acqua tiepida, ponetelo poi in infusione in acqua fresca; fatecelo stare, se è di estate per due giorni, mutandogli l’acqua quattro volte il giorno, se è d’inverno fatecelo stare tre giorni, mutandogli l’acqua mattina e sera. Così pure farete con il salmone ed altri, delli quali ve ne avete a servire dissalati. La tondina fatela stare in infusione un giorno più degli altri; le aringhe poi basta un sol giorno.
Dissalato come sopra il baccalà, pulitelo dalle sue spine ed ossa; cuocetelo lesso, con brodo di pesce, una carota, erbetta, e cotto ponetelo nel piatto e sopra ponetevi una delle dette salse, e mandatelo ec.
Prendete una cazzarola con olio ed un pizzico di farina, fatela cuocere, ma non colorire, ponetevi un alice o sardella pulita, e tritata, erbetta, cipolla e maiorana, e fate soffriggere; poi ponetevi un cazzarolo di succo, o brodo di pesce e fatelo bollire, ponetevi il baccalà dipezzato, fatelo cuocere con spezieria dolce, e cotto, sgrassatelo e mandatelo ec.
Prendete il baccalà, scagliatelo in pezzetti, rendete un piatto colla corda, ponetevi olio, aglio, erbetta e maiorana tritata; sopra questa composizione fate un solaro delle dette scaglie, ponetevi sale e spezieria dolce, e farete tanti solari, sempre nella detta maniera, sino a tanto che sia pieno il piatto; ponetelo poi al trepiedi con fuoco sotto e sopra; ponetevi un cazzarolo di colì ed in mancanza di esso, ponetevi un cazzarolo di latte di amandorle; fatelo cuocere, e cotto, scolate la salsa; ponete il piatto che dovete mandare in tavola, sopra il piatto di rame, in luogo del coperchio, voltateci il baccalà, come si volta la frittata, poi ponetegli sopra la salsa levata, e mandatelo ec.
Prendete la cazzarola con olio, cipolla ed erba d’odore, e fatela soffriggere; ponetevi il baccalà in pezzi con sale, spezieria dolce e fatelo incorporare; ponetevi succo o brodo di pesce, fatelo cuocere, e cotto prendete un pezzo, ponetelo al mortaio con mezzo spicchio di aglio ed affinatelo bene; prendete un pugno di noci purgate, ponetele in detta composizione, tornatela a pestare con mollica di
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un pane stata in infusione e spremuta; pestate assieme ogni cosa, fate incorporare, stemprate questa salsa col brodo, o composizione del baccalà sopraddetto, e passatela per lo staccio; ponete poi a riscaldar questa salsa, aggiustate il baccalà nel piatto, sopra ponetevi la detta salsa e mandatelo ec.
Trapuntate il baccalà con uno spicchio d’aglio in pezzetti, prendete una cazzarola con olio, erbetta e maiorana tritata, e fatela soffriggere; poi ponetevi il baccalà con sale e spezieria dolce, e fatelo incorporate; ponetevi un cazzarolo di brodo di pesce, fatelo cuocere, e cotto aggiustate nel piatto il baccalà, ponetevi sopra la salsa di alici e capperi, e mandatelo ec.
Cuocere come sopra il baccalà, ponetegli sopra la salsa di oliva e mandatelo ec.
Prendete una cazzarola con olio, cipolla, bassilico, erbetta, maiorana e fatela soffriggere; ponetevi il baccalà in fette con sale e spezieria dolce, e fatelo incorporare; prendete un poco di aceto, ed un cazzarolo di latte di amandorle, ed un altro di succo di pesce con due foglie di lauro, fatelo cuocere, ponetevi un poco di colletta, ponetelo nel piatto con sotto li crostini abbrustoliti e mandatelo ec.
Prendete una cazzarola con olio o butirro ed erbetta, e fatela soffriggere, e poi ponetevi un pezzo di baccalà bene spremuto con sale e spezieria dolce, e fatelo incorporare; di poi ponetevi un cazzarolo di succo di pesce, fatelo cuocere, e cotto cavatelo asciutto, sbattete due uova, indoratelo, involgetelo nel pane grattato, friggetelo e mandatelo in tavola con salsa di lattuga sotto ec.
Prendete il baccalà, ponetelo nella cazzarola con olio, aglio, erbetta, menta romana, maiorana tritata e fatelo soffriggere; ponetevi sale e spezieria dolce, fatelo incorporare, voltatelo sottosopra e ponetevi un cazzarolo di succo di pesce; sbattete due uova con un pizzico di farina, uniteli colla composizione, ponetevi un pizzico di menta romana tritata, voltatelo sottosopra e mandatelo ec.
Prendere la cazzarola con olio, aglio, maiorana tritata, spezieria dolce e fatelo incorporare; ponetevi un cazzarolo di brodo di pesce, fatelo cuocere, cotto cavatelo asciutto, involgetelo nella pastella, friggetelo e mandatelo in tavola con erbette fritte intorno.
Farete il baccalà come sopra, di poi cavatelo, sbattete due uova, indoratelo, friggetelo e mandatelo in tavola con sotto la salsa piccante.
Cuocete il baccalà come sopra fritto ed indorato, ponetevi sotto la salsa verde e mandatelo ec.
Prendete le panzette di baccalà, fatele tre dita lunghe, ponetevi dentro la farza di pesce o di empitura di cavoli, rivoltatele e ligatele. Prendete una cazzarola con olio, erbetta, maiorana, fatela soffriggere, poneteci un alice o sardella pulita ec., fatele incorporare, poneteci un cazzarolo di succo o brodo di pesce, fatelo bollire, e cotto, poneteci un poco di colletta e mandatelo in tavola con agro ec.
Prendete un piatto di rame colla corcia con olio ed erbe d’odore. Prendete il baccalà, tritatelo ad uso di coppiette, poneteci due sardelle pulite ec. e la mollica di un pane bagnata nel brodo di pesce, e spremuta, un’oncia di pignoli abbrustoliti, erbetta, maiorana e spezieria dolce, poneteci due uova, ovvero due chiare sbattute, maneggiatele bene, tirate a farza che non sia liquida, e con essa formateci li mustaccioli, poneteli sul piatto di rame con fuoco sotto e sopra, fateli cuocere, e cotti sgrassate la salsa, ponetegliela sopra con agro e mandateli ec.
Di questa farza ve ne servirete secondo che vi sarà indicata.
Prendete la detta farza, formate le rotelle che vi bisognano, indoratele e friggetele. Prendete poi una cazzarola, poneteci un cazzarolo
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di succo di pesce, ponetevi le rotelle, fatele cuocere, e cotte, cavatele asciutte, ponetevi sotto la salsa di acetosa e mandatele ec.
Prendete la farza come sopra, formateci li salciciotti, infarinateli, indorateli e friggeteli, ponetevi sopra la salsa, mandateli ec.
Prendete la farza come sopra e formatene tante coppiette. Prendete una cazzarola con olio, aglio, erbetta, maiorana ed un alice purgato ec., fatela soffriggere, ponetevi con diligenza le coppiette, fatele incorporare con un poco di colletta e mandatele in tavola asciutte con salsa di pomidoro o di limone.
Prendete una cazzarola con olio, o pur butirro, cipolla, erbetta e maiorana tritata, fatela soffriggere; ponetevi il baccalà in pezzi con sale e spezieria dolce, fatela incorporare poneteci un cazzarolo di colì di pesce, fatelo cuocere, e cotto levatelo dal fuoco. Prendete un’altra cazzarola con olio, o butirro: se è butirro, fatelo liquefare, e se olio, fatelo scaldare, poneteci un pizzico di farina e fatela colorire; prendete la salsa del baccalà, e sgrassata, ponetela nella cazzarola della farina e fatela unire; prendete mezzo mustacciolo di Napoli, pestate un’oncia di pignoli abbrustoliti, e due oncie di candito, gli uni e l’altro tritati; ponete ogni cosa dentro la cazzarola della salsa, e se il brodo non basta, poneteci altro colì, fate che s’incorpori bene; quindi prendete il piatto, ponetevi
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dentro un cazzarolo di colì, e sopra ad esso farete un solaro di baccalà già cotto, tornategli a poner sopra il colì, e fate così sino a tanto che avete baccalà e colì. Prendete mezzo mustacciolo, pestatelo con pane grattato, spezieria dolce e dieci o dodici amandorle abbrustolite, e mischiate bene ogni cosa; sbattete due uova, indorate la forma del pasticcio fatta colla composizione del baccalà, di poi venitela spolverizzando con pane grattato, aggiustatelo bene, fategli pigliare la forma di pasticcio; ponetelo al fornello con fuoco sopra adattato, lo contornerete in quel modo che si dirà dopo il presente paragrafo, e mandatelo ec.
Prendete una cazzarola con olio, cipolla, erbetta e maiorana tritata, e fatela soffriggere; ponetevi il baccalà con sale, spezieria dolce, un pizzico di anisi in polvere e fatelo incorporare; poneteci un cazzarolo di latte di amandorle, con altrettanto brodo di pesce, fatelo cuocere e dipoi levatelo dal fuoco, prendete un’altra cazzarola con due uova sbattute ed un pizzichetto di farina; poneteci il brodo del detto baccalà, levate dalla cazzarola il baccalà asciutto e ponetelo nel piatto; fate stringere a guisa di brodetto la salsa, unite con essa un poco d’agro, gettatela sopra il bacca là e mandatelo ec.
Prendete una cazzarola con olio, cipolla, aglio, erbetta, maiorana, un pizzico di rosmarino in polvere e fatela soffriggere; poneteci il baccalà in pezzi con sale, spezieria dolce e fatelo unire; mischiatelo sottosopra ed incorporato, ponetevi selleri tritati e lessati, e tre oncie di riso; fatelo incorporare
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insieme, poneteci due cazzaroli di brodo di pesce, lasciatelo cuocere e cotto formateci il turbante come quello de’ piselli, e mandatelo ec.
Lessate il baccalà con il brodo di pesce, cipolla, una carota, erba d’odore, sale e spezieria dolce; di poi cavatelo asciutto, ponetelo in un piatto con sopra la salsa di alice e mandatelo ec.
Prendete una cazzarola con olio, fatelo bollire, poneteci un pizzico di farina, fatela colorire, quindi poneteci il baccalà in pezzi con sale e spezieria dolce; fatelo soffriggere; poneteci poi un cazzarolo di colì ed un altro di succo di pesce e sei o sette foglie di lauro, una presa di fior di finocchio dolce, fatelo bollite; pestate mezzo mustacciolo di Napoli, tritate due oncie di candito, raspatura di limone, un’oncia e mezza di zucchero; ponete ogni cosa nella cazzarola, fatelo incorporare, ed incorporato, cavare il baccalà; aggiustatelo nel piatto, spremeteci un limone, ovvero ponetevi aceto, e gettatela nel baccalà e mandatelo in tavola ec.
Fate il baccalà nella stessa maniera e colla stessa composizione che si è detto de’ roscioli in carta, e mandatelo in tavola ec.
Fate la farza, come quella del baccalà a mustacciolo, mettete tre uova, unitele e con
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farza, ed a giudizio formateci frittelle più o meno grandi, friggetele e mandatele in tavola con erbette fritte intorno.
Condite bene il baccalà con sale ed olio, ponetelo nella graticola e fatelo cuocere a fuoco lento; prendete una cazzarola con olio, cipolla tritata sale e spezieria dolce, fatela soffriggere bene, poneteci poi un bicchiere di vino, fatene consumare più della metà: aggiustate il baccalà nel piatto e ponetegli sopra la detta salsa, mandatelo ec.
Dissalati li salumi, salmone, tarantello e tonnina, come sopra, potete formarci qualunque piatto di esse, servendovi di quelle salse, delle quali vi siete servito per il baccalà; le aringhe, tolte le spine e pelle, fatele in pezzi e friggetele colla pasta, gettandovi sopra una salsa di vostre gusto, e così potrete fare le sardelle.
Prendete una cazzarola con olio, aglio, erbetta e maiorana, fatela soffriggere e poneteci poi la tonnina con sale e spezieria dolce, fatela incorporare, poneteci un cazzarolo di succo o pur brodo di pesce, e fatela cuocere. Prendete li cavoli lessati, spremuti e tritati, poneteli in una cazzarola con olio, aglio tritato ed un pizzico di rosmarino in polvere e poco sale, fateli soffriggere; ed incorporati, ponetevi sopra la salsa della tonnina, rimetteteli al fornello e fateli unire, poneteli poi nel piatto ed aggiustateci sopra la tonnina e mandateli in tavola ec.
Terminato di trattare dell’imbandimento de’ piatti, resta ora che vi parli di quelle maniere necessarie per dare ad essi ed ornamento e colore. Giacché nel decorso di questa mia operetta non ve ne ho fatta parola alcuna e poiché v’insegnai di fare una farza per formare li pesci, come potrebbono essi comparir tali, se non vi dessi il modo di colorirli? Sicché attendete a quanto qui sotto vi descrivo per questo oggetto e servitevene per colorire non solo i pesci formati colla farza, ma per ornare eziandio li piatti che stimerete necessitosi di ornamento. Sotto alle materie per colorire troverete pure descritti alcuni istrumenti di ferro o d’altra materia, li quali servono per dare maggior risalto ad essi colori, portando seco chi una e chi un’altra figura; è ciò l’ho fatto, acciò per quanto sia in sé stesso, in nulla manchi. Sia pertanto:
Riso cotto in cazzarola con latte asciutto.
Riso cotto in cazzarola con succo di pesce asciutto.
Riso cotto con succo di rape rosse e con acqua di cocciniglia asciutto.
268Spinaci o obbiette cotte in cazzarola ed asciutte.
Frittatelle.
Sbattete le uova in un piatto piano, untato con olio o con butirro, fatele cuocere sopra una cazzarola che bolla.
Sbattete li soli rossi in un piatto e fateli cuocere come sopra.
Sbattete le chiare in un piatto piano e cuocetele come sopra.
Li rossi d’uovo lessi tritati.
Chiare di uova lesse tritate.
Rape rosse tritate e le fette di esse per interziare.
269Erbette crude tritate.
Pistacchi tritati ed intieri per interziare.
Candito tritato o in fette.
cioccolata, o raschiata o tritata.
Stelle, mezze lune, croce da cavaliere, gigli ed altre stampe di vostro genio.
Giunto colla assistenza del cielo al fine di formare i piatti di cucina, passo ora ad istruirvi sulla formazione de’ commestibili di credenza; e se fin dal principio di questa mia operetta insinuai la pulizia ora più che mai ve ne fo le premure, essendo essa il principalissimo requisito che forma al Credenziere il credito più singolare. Dunque se bramate accreditarvi ed esser gradito, nei vostra impiego, vi sia a cuore la pulitezza. Non vi sia discaro che nel trattare che farò in questo, della credenza, prima un piccola dettaglio vi dia di quei ferri ed istromenti che sogliono adoperarsi in tal mestiere; e voi poscia servitevene a seconda che vi saranno da me nominati. Sia dunque
Uno stagnato a guisa di caldaro con manichi da una parte e l’altra, e nel mezzo un becco a norma di quello de’ bronzettini.
Un cappuccio di lana, ovvero una pezza di stamigna per passarvi il zucchero purificato.
Un cucchiaio di ferro buccato per schiumare e considerare il zucchero nelle sue cotture.
Due cazzaroli adattati alla grandezza de’ buchi che si fanno de’ cedrati, limoni ec.
Stampe di piombo o di stagno di quelle figure, delle quali vorrete formare i frutti.
Stampe di piombo ec. della figura di casciotte ec.
sorbettiera di stagno, seccio di legno e staccatore.
Scattole bislunghe di latta, con tramezzi di ramatine con buco e cannella al piano del fondo.
Una ramata di ferro filato, fatta co’ suoi piedi a guisa di graticola.
Una stufa di legno co’ suoi battenti ad uso di credenza con tramezzi di staggie, che non connettano ed alquanto distaccate l’una dall’altra, e comoda da ponerci staccie e
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crivelli, ed il fondo di essa sia dipiancito mattoni.
Due stufe, una di legno fatta quadra ed a forma di cassa, ed impegolata con pece navale con suo sfogatore sotto; e l’altra di piombo o di rame, o di latta della stessa figura che la prima, ma più piccola con coperchio, che serri bene e che stia essa cassetta in quella di legno, come la sorbettiera nel secchiolo, vale a dire che vi sia luogo sotto ed intorno per la neve.
È d’avvertirsi che in sei maniere si cuoce il zucchero e qui sotto ve le pongo tutte e sei, perché quando si nomina alcuna di esse, possiate subito averle sott’occhio.
La prima dunque si è in siroppo leggiero, ed allora che prendendolo colla cucchiaia cede come olio.
La seconda è a siroppo stretto, e si conosce quando dalla cucchiaia cade più stretto.
La terza è a straccio, ed allora è tale, quando dalla cucchiaia cade a stracci.
La quarta è a filo, ed è allora che la goccia cade dalla cucchiaia, ma non istacca il filo.
La quinta è a carammella, ed è allora che soffiando ne’ buchi della cucchiaia si stacca come piume.
La sesta è a scarammella, ed è allora che soffiando nella cucchiaia non si stacca.
Vi avverto di stare attento a queste cotture, perché facilmente da una passa subito all’altra e non può servir più per queste cose che vi abbisognano, ma conviene slungarlo con acqua e farlo bollire, sicché ritorni a quella cottura necessaria pel vostro servizio.
Per camminare con qualche ordine, dopo aver veduto le qualità delle cotture del zucchero, è dovere che vi mostri il modo di purgarlo, per dargli quelle cotture che abbisognano. Sicché
Prendete due chiare di uova fresche, sbattetele nelle stagnato, alzata la fiocca, poneteci l’acqua secondo la quantità dei zucchero, ponetevi il zucchero, mischiatelo bene, ponetelo al fornello, fatelo bollire e state in osservazione che non gonfi; dove rompe il bollore fateci cadere poca acqua fresca; quando ha tirata bene fuori la schiuma e sporchezza del zucchero, levategliela perfettamente colla cucchiaia bugata, e giunto a dovere il zucchero, cavatelo e passatelo per cappuccio o per stamigna. Poi levate lo stagnato e la cucchiaia, riponeteci il zucchero passato e fatelo bollire di nuovo e tornatelo a schiumare; ciò fatto, cavatelo e servitevene per il vostro bisogno.
Formate un forame nella parte dell’attaccaglio de’ cedrati, limoni e portogalli, grande in maniera che vi possa entrare comodamente uno de’ cazzarolini, e con esso votateli intieramente di tutto l’interno, levandone l’agro e le pellicole che hanno.
Dopo puliti nell’interno come sopra, poneteli in infusione in acqua chiara e fateveli
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stare per due giorni in circa; poi cavateli dall’acqua e poneteli nello stagnato con acqua fredda e fateli bollire; per conoscere poi quando sono cotti a perfezione, prendete uno spillone, infilzateli con esso: quelli che non si tengono nello spillone cavateli, che sono arrivati, e poneteli nell’acqua fresca, e gli altri fateli arrivare a cottura, come sopra nell’acqua dove dovete ponere essi cedrati cotti ec. poneteci due oncie di allumo, e mutate l’acqua, e l’allumo ogni due giorni, facendoli stare in detta composizione per cinque o sei giorni.
Il dovere ricerca che dopo avervi insegnato di purgare li cedrati ec., sì dell’interno, che del loro amaro, vi dia la norma di ponerli sotto siroppi, il che qui con ogni chiarezza pongo in esecuzione.
Cavate dall’acqua e dallo allumo li cedrati, ec. poneteli a scolare per quattro o cinque ore, poi poneteli nel zucchero fatto in siroppo leggiero, ma che sia freddo, e fateli in esso stare in infusione per due o tre giorni; quindi cavateli e fateli scolare; prendeteli nuovamente, poneteli in infusione per altri tre o quattro giorni nel siroppo stretto e freddo. Tornateli a cavare dal siroppo ed a farli scolare, e scolati poneteli nel zucchero cotto a stracci e conservateli pel vostro bisogno.
Nella stessa maniera farete delle scorze dei cedrati, portogalli e limoni per tirarle a secco. Con il di più che fatto ad esse scorze ciò che si è detto di sopra, le dovete fare scolare ancor dopo state in infusione nel zucchero a stracci, e fatele bollire per circa dieci minuti nel zucchero a filo, poi farle scolare
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e ponerle in un crivello nella stufa con fuoco dentro, e servitevene.
Veduto il modo di purgare li cedrati, limoni ec. conviene vediate come debbansi purgare gli amandorlini, lazzaruole e giuggiole; e se disopra vi ho parlato con chiarezza, con non minore chiarezza vi discorro al presente; pertanto
Prendete una cazzarola con acqua, fatela bollire, e nell’atto che bolle, ponetevi un poco di cenere, purgate colla cucchiaia l’acqua da’ carboni e sporchezze che vi sono, ponetevi, per far prova quattro o cinque amandorlini, cavateli, e puliteli con un canavaccio, e se va via la pelugine e restano verdi, allora sono arrivati; ponetevi il resto di essi, cavateli quando sono giunti alla detta cottura, puliteli e poneteli nell’acqua fresca; dopo stati in acqua fresca, mutate l’acqua; ponetevi un poco di allumo e fateceli stare un giorno; quindi prendete una cazzarola con acqua ed allumo, e con gli amandorlini e fateli bollire; quando li sentite scoppiare, cavateli subito e riponeteli nell’acqua fresca con allumo per un giorno, fateli scolare e poneteli ne’ siroppi come i cedrati.
Prendete una cazzarola con acqua, fatela bollire, ponetevi le lazzaruole o giuggiole, non le fate cuocere, ma fatecele stare tanto che si possano spelare; dunque quando sono state un poco nell’acqua bollita, fatela prova, prendendo un coltello che abbia la punta, e vedete se si spelano; se si spelano,
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cavatele e purgatele della lor pelle e ponetele poi nell’acqua fresca; fatele scolare e ponetele ne’ siroppi, come cedrati ec.
Non è cosa facile potersi da ognuno fare perfettamente conserve; che però ponete in pratica quanto sono per dirvi, e non preterite per poco che sia quanto qui vi descrivo, che non vi riuscirà così difficoltoso il formarle.
Prendete li cedrati, limoni ec. e toglietene tutto l’agro, prendendo le semplici scorze, purgatele come sopra e scolatele, pestatele e passatele per lo staccio prendete tanto, di zucchero chiarificato, quanto della detta passatura di cedrato ec. Vale a dire, se la passatura di due libbre, due libbre pure sia di zucchero chiarificato, fatelo bollire ed arrivare a cottura di straccio, cavatelo poscia, fatelo raffreddare e ponetela ne’ barattoli. Nella stessa maniera fate le conserve di persici e bericuoccoli.
Passate per lo staccio le fragole, prendete una libbra di zucchero cotto in siroppo leggiero ed una di fragole, fatele bollire ed arrivare a cottura di staccio, e ponetela ne’ barattoli ec.
Togliete le ossa alle visciole ed il rimanente fate come avete fatto per conserva di fragole.
Passate per lo staccio il ribes e fatelo nella stessa maniera che la conserva di visciole.
Fate questa conserva colla stessa maniera che quella di ribes. Questa conserva ad altro non serve che per colorire.
Prendete il cedro, grattatelo tutto, tanto l’interno che l’esterno, ponetelo nel siroppo leggiero, come di cedrati ec., e fatelo arrivare a cottura di staccio e ponetelo ne’ barattoli.
Cade in acconcio, dopo trattato delle conserve, il discorrere di fare agro e siroppo acetoso, mentre per dar bevute ne’ mesi di estate, riescon essi di non piccolo gradimento specialmente quando essi sieno fatti con quella perfezione che devono essere; lo che, perché possiate eseguire, non mancate di ponere in pratica quanto qui sotto vi dico.
Prendete e spaccate i limoni; levatene li semi, ricapate il semplice agro, togliendone ogni pellicola, anche quelle che dividono una casella dall’altra. Pesate l’agro e ad ogni dieci oncie di agro, ponetevi una libbra di zucchero purificato; quindi fatelo arrivare a cottura dello staccio, cavatelo, e freddo che sia, raspateci scorza di limone e tritatevi candito a giudizio e ponetelo ne’ barattoli ec.
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Il siroppo acetoso poi si fa, prendendo ad ogni foglietta di aceto buono una libra di zucchero purificato, si fa giungere esso siroppo alla cottura di staccio, e raffreddato ci va raspato il limone e tritato il candito.
Dopo data la norma che debbe farsi l’agro di limone e siroppo acetoso, sarà bene parlar prima di cavare lo spirito al vino perfettamente, perché riescano perfetti i rosoli, e discorrere del modo di conciare quest’acquavite, perché li rosoli non addivengano né troppo gagliardi ed aspri, né troppo leggieri. Servitevi delle notizie che qui per tale effetto vi pongo e non temete che vi vengan male. Perloché
Prendete il vino, che non abbia alcun cattivo odore, né che dia il fortino, ponetelo nel tamburlano, fate che il vino stia quattro dita in circa sotto le maniglie di esso, fate gli il fuoco e fate parimente che coli lo spirito a goccia a goccia distaccata, e se sollecitasse e gettasse a filo benché piccolo, spruzzate con acqua fresca intorno al tamburlano, mutate spesso l’acqua del cappello, e fatta che avrete l’acquavite, conservatela, mentre per dare ad essa gli odori che vi piaceranno, si deve ripassare.
Ripassata l’acquavite, e datole l’odore di vostro genio, per ogni foglietta di essa si prende una libbra di zucchero, che dovete tirare a siroppo leggiero, se l’acquavite è perfetta; se poi l’acquavite è debole, fate che
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il zucchero sia tirato in siroppo stretto. Unite quindi siroppo, ed acquavite, fate che s’incorpori l’uno coll’altra; poi ponete questa composizione nel purificatore di latta, poneteci nel boccaglio, un pezzo di spugna stretta in maniera che il rosolio passi per esso a goccia spessa, sopra la spugna un’altra spugna più grande, ma non tanto calzata, e sopra a questa la graticcia, e sopra la graticcia l’arena grossetta; chiudete col suo coperchio il chiarificatore, e fate che passi né svapori, e conservatelo ec.
Nello istruirvi che sono per fare del brillantare quelle cose che possono brillantarsi, attenzione vi raccomando, perché sebbene io parli con chiarezza, pure seco portano non poca difficoltà. Tutta volta se la vostra pratica si adatterà alla teorica, che qui sotto vi pongo, penso che in ciò non farete cattiva figura. Leggete adunque con attenzione ciò che siegue:
Tirate il zucchero a cottura di filo, fatelo raffreddare, quindi aggiustate nelle ramatine della cassetta indicatavi nel principio del paragrafo unico degl’istromenti, ciò che volete brillantare, ed aggiustato, ponetegli sopra il zucchero soprannominato; ponete poi la cassetta in stufa calda e con fuoco adattato, fatela stare sintantoché ciò che brillantate, abbia preso il brillante, e preso, aprite la cannellina e fate uscire tutto il zucchero e le cose brillantate; fatele rimanere nella cassetta ed in stufa, fino a tanto che si asciuttino, ed asciugate cavatele e conservatele pel vostro bisogno.
I. Paste di credenza.
II. Cannella.
III. Scorze di cedrati, di limoni e di portogalli tirate a secco.
IV. Cedrati ancora intieri stati sotto zucchero come nel suo luogo.
V. Mappe di finocchi.
VI. Mandorlini.
Sebbene sembri cosa di poco momento il sapere preparare la neve, come lo è certamente, pure non voglio che questa mia opera sia in alcuna cosa mancante. Avvertendovi che allora quando vi nomino la neve per gelare, dobbiate sempre prenderla in quella guisa che vi descrivo.
Per far sorbetti di qualunque sorta prendete li secchioli da sorbettiere, tritate bene la neve, ponetevi insieme sale nero, avvertendovi che quanto più vi è di sale, tanto più presto gela e stringe; ponetela ne’ detti secchi, calcatela bene nel fondo, ponetele sopra la sorbettiera e ponete intorno la neve ben calcata e preparata come sopra. Così pure preparare si deve per gelare le composizioni, colle quali si devono formare i frutti gelati.
Se ho discorso di sopra sul modo di preparare la neve per far sorbetti, ora l’ordine porta che vi parli di quelle cose che vi
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vogliono per formarli; e siccome varie sono le composizioni, così da esse ne prendono i sorbetti il nome, ed io di quelli vi discorro qui secondo le loro composizioni. Voi non preterite punto da quanto vi dico, e resteranno gradite le vostre manipolazioni.
Prendete una catina pulita, con un boccale d’acqua, prendete parte di quest’acqua e ponetela in altra canna. Prendete li limoni, spaccateli e spremete l’agro nella prima catina. Levate a poco a poco la superficie di due limoni, fatela cadere nella seconda catina e spremetela forte nell’acqua di essa seconda catina. Poi passare per canavaccio polito prima l’acqua con l’agro, poi per altro canavaccio parimente pulito passate l’acqua dove v’avete spremute le superficie. Quindi prendete venti oncie di zucchero in siroppo stretto ed unitelo assieme coll’agro, mischiatelo bene ed assaggiatelo; se è troppo dolce ponetevi più agro; e se è più agro, ponetevi più zucchero; ponete il tutto nella sorbettiera, preparata come sopra, andate girando, vi sia raccomandata la pulizia, andate, vedendo e staccando collo staccatore dalla sorbettiera, e come comincia a gelarsi, andatela girando aperta e fate che si mantenga e si siringa bene, mentre più è stretta, più farà buona figura, e servitevene ec.
Fate li sorbetti di portogallo come quelli di limone sopra posti; ma siccome il portogallo è più dolce del limone, però vi porrete meno zucchero ec.
Prendete tre oncie di caffè abbrustolito e macinato, ed un boccale di latte; ponete il tutto nello stagnato e fatelo bollire, e bollito a sufficienza, passatelo per canavaccio; prendete poi quindici rossi di uova sbattuti insieme con quindici oncie di zucchero; stemprate li suddetti rossi col detto caffè freddo, riponete al fuoco questa composizione, mescolatela sino a tanto che resti verniciata la cucchiaia, e quando è giunta ad inverniciarla, cavatela e passatela per lo staccio, ponetela nella sorbettiera e fate il resto, come i sorbetti di limone.
Prendete un boccale di latte ed una libbra e mezza di cioccolata, ponetela nello stagnato e fatela bollire col detto latte; bollita, passatela per lo staccio ed il resto fatelo come si è detto de’ sorbetti di caffè. Tanto questa composizione, come quella del caffè, vi può servire per mattonelle gelate dell’una e dell’altra specie.
Passate per lo staccio le visciole, quindi prendete tante libbre di passatura di esse e tante libbre di zucchero; chiarificate prima il zucchero, e chiarificato unitevi la passatura e fatelo cuocere con essa sino a tanto che non sia giunto a siroppo stretto; ponetelo poi nella sorbettiera e gelatelo come si è detto de’ sorbetti di limone.
Passate per lo staccio le fragole, ed il resto fate come avete fatto delle visciole.
Prendete sedici rossi di uova, sbatteteli nello stagnato ponetevi venti oncie di zucchero siroppato unite con un boccale di latte, zucchero e rossi di uova ed una stecca di cannella; ponetela al fuoco, mescolatelo senza interrompimento, come se aveste a fare una crema e quando la cucchiaia incomincia a verniciarsi, cavatelo e passate il tutto per lo staccio; levandogli prima la stecca di cannella, poi gelatelo come il sorbetti di limoni; prendete quattr’oncie di candito tritato, due di pistacchi politi ed intieri, e gelata la pappina, unitevi candito e pistacchi, mescolandola bene, e servitevene ec.
Prendete una libbra e mezza di amandorle, quattro oncie di pignoli ed altre quattro di seme; pestate insieme ogni cosa ed affinatela in maniera che ogni cosa passi per lo canavaccio bene spremuto; sciogliete la detta pastatura con tre foglietta di acqua, pigliate poi una libbra e mezza di zucchero siroppato, unitelo con il latte, tritatevi tre oncie di candito e due di pistacchi intieri, e mischiateli bene; gelatelo e servitene ec.
Incombe al Credenziere il preparare gelati, e abbiano essi figura di frutta o d’altro; però per farvi apprendere ciò che v’abbisogna per tale oggetto, le materie che preparar dovete tanto per la formazione di essi frutti e d’altro gelato, vi dichiaro, quanto per colorirli; per la qual cosa non perdete di mira il modo di gelare in sorbettiera che qui sopra vi ho insegnato, giacché tutte le composizioni pe’ gelati il primo gelo lo devono avere in sorbettiera, e dalla sorbettiera devono passare alla forma, la forma coperta di carta deve star sotto neve, e dalla forma togliendoli devono mettersi nella stufa del gelo. E se bene il formare composizioni pe’ gelati, per il chiarissimo modo col quale ve lo indico, non sia molto difficoltoso, pure tale addiviene, se deviate poco poco da quanto vi descrivo, ed allora certamente che invece di essere approvate le vostre fatiche saranno piuttosto derise e biasimate. Badate adunque a quanto v’insegno, ed eseguitelo.
Prendete una libbra di scorze di cedrati, purgatele come si è detto, pestatele in maniera che passino tutte per lo staccio; e ciò che non passa, tornatelo a pestare e ripassare; prendete una libbra e mezza di zucchero in siroppo leggiero, unitelo colle suddette scorze pestate, ponetelo nello stagnato e fatelo bollire sino a tanto che giunga alla cottura di staccio; quindi cavatelo e ponetelo nella sorbettiera, e gelatelo più stretto che potete. Prendete poi le stampe di cedrato, pulite, empite l’una e l’altra parte di esse colla detta composizione; unite le due parti delle
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stampe, stringetele bene, involgete le stampe con carta e ponetele sotto neve preparata, come si è detto, e fate che le stampe sieno tutte ben coperte dalla neve. (Così si deve fare per ogni altra cosa da gelarsi). Fatele stare sotto neve per due ore, poi sformatele, il che farete così: preparate un catino con acqua chiara, cavate da sotto la neve le forme, levatene la carta, sciacquatele bene, poi dite una strofinata colle mani alle stampe, apritele e cavate li cedrati. Prima però di cavarli ne dovete dare il colore, il quale si fa in questa maniera: prendete un piatto con un poco di acqua, strofinatevi la gottogomma, e fate che l’acqua diventi come una vernice; aprite le stampe, date questo colore a quella parte di stampa vota, riponetela sopra il gelato, apritele nuovamente e levatene l’altra parte non verniciata, datele il colore come all’altra e riponete anch’essa nel gelato. Fate che sia armata la stufa sopraddetta de’ gelati con neve ec. aggiustate nella stufa di latta li cedrati e servitevene secondo il vostro bisogno.
Prendete le scorze di limone, spurgatele come quelle de’ cedrati, e fate il resto come avete fatto de’ cedrati.
Prendete le scorze di portogallo, purgatele e fatele come avete fatto de’ cedrati. Il colore però si dà così: prendere la gottogomma e fate come per li cedrati; nel piatto però ponetevi un poco di conserva di uva lacca, tanto che formi il colore di portogallo; vi avverto che se mai non aveste né cedrati, né limoni, né portogalli freschi da poter fare
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li suddetti gelati, servitevi delle scorze poste sotto siroppo, facendovi la marmellata che si fa pestando le dette scorze e passandole per lo staccio e ciò che non passa ripassatelo ed unitelo colla composizione ec.
Prendete la stessa composizione delle pappine di grasso con cannella, non vi ponete né pistacchi, né candito, gelatela stretta, informatela e ponetela sotto neve come gli altri, e come di essi farete il resto ec.
La composizione di queste casciotte serve ancora per gnocchi e maccaroni gelati. Per li gnocchi prendete le forme di essi e fate come degli altri gelati. Li maccaroni poi, prendete la composizione, ponetela nella siringa, stringetela e fate che ciò che esce da essa, cada nel piatto che dovete mandare a tavola, ponetela in stufa ec.
Prendete la composizione de’ sorbetti di amandorle, ma invece di scioglierla con acqua, fatelo con il latte, nella medesima quantici, gelatela, informatela nelle proprie stampe, ponetele sotto neve, quindi in stufa come lo altre, e servitevene.
Prendete tanto zucchero sufficiente a formare tante mattonelle quante ne dovete fare cotto a filo, e ponetevi estratto di cannella; gelate questa composizione, informatela, ponete esse forme sotto neve e dipoi in stufa di gelo e servitevene.
Prendete il zucchero cotto a filo. Di poi ponete in una piluccia di mezza foglietta mezza oncia di cannella, empitela d’acqua, copritela con carta e coperchio, fatela bollire e calare un terzo, passatela per canavaccio ed unite la passatura col zucchero; gelate quella composizione, informatela, ponete sotto neve le forme piene, sformate esse mattonelle e ponetele in stufa da gelo e servitevene.
Prendete la composizione de’ sorbetti di cioccolata, unitevi quattro rossi di uova, riponetela al fuoco e mischiatela bene, passatela per lo staccio, gelatela, poi informatela; ponetela sotto neve, sformatela e ponetela in stufa da gelo e servitevene.
Prendete la composizione de’ sorbetti di caffè, e fate lo stesso che avete fatto delle mattonelle di cioccolata e servitevene ec.
Prendete la composizione de’ sorbetti di amandorle, pesatela e ponetene per la grossezza di un dito nelle stampe, poi nel resto della composizione mischiatevi tanta conserva d’uva lacca, quanto basti a dare il colore d’anguria alla detta composizione; gelatela di nuovo e terminate d’empirci le forme; poi fate li semi di cioccolata e poneteli con simmetria in mezzo di esse forme; ponetele sotto neve, sformatele ed inverniciatele colla
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vernice che qui descrivo; prendete gli spinaci lessati, spremeteli, pestateli e passateli per lo staccio; prendete il zucchero cotto a caramella, colla passatura ed inverniciate l’anguria; ponetela in stufa ec.
Prendete la stessa composizione dell’anguria, unitevi una libbra di marmellata o di conserva di cedro, ponetene un dito di grossezza nella forma, poi ponete nel resto un poco di conserva di uva lacca; fischiatela e gelatela di nuovo; terminate di empire la forma, ponetela sotto neve, quindi in stufa da gelo e datele il colore al disopra così: prendete le amandorle, pestatele e passatele per lo staccio, stempratele con cioccolata leggiera, frullata, inverniciateci il prosciutto nella parte opposta alla cotica, riponetelo in stufa e servitevene ec.
Prendete una libbra di amandole abbrustolite colla loro corteccia, pestatele e passatele per lo staccio, con quattr’oncie di seme di melone ed altre quattro di pignoli, stemprate ogni cosa con un boccale di latte, sbatteteci dodici rossi di uova ed una libbra e quattr’oncie di zucchero, unitelo, mischiatelo bene colla detta composizione, ponetela al fornello, mescolandola fino a tanto che comincia ad inverniciarsi il cucchiaio; quindi cavatela e passatela per lo staccio, ponetevi candito tritato e pistacchi; gelatela, informatela, ponetela sotto neve e quindi in stufa da gelo, e servitevene pel vostro bisogno. Di questa composizione ve ne potete servire ancora per sorbetti e mattonelle.
Dalli gelati, delli quali vi ho parlato fino
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a questo luogo, passo a discorrervi delle paste da credenza ed altro che per mezzo di stufa da fuoco, di forno e di fornello si perfezionano, e sebbene esse sono che si formano con farina, pure, perché vengono tirate a modo di paste, per questo si dicono di tal nome. Sarà pertanto vostra cura ad eseguire quanto vi dico. Ma siccome varie composizioni si danno, alle quali non possono assegnarsi, né preciso il peso, né determinata la quantità delle dosi, mentre ciò dipende dalla più o meno quantità delle persone che servire dovete, però nel ponerle in pratica osservate bene il vostro bisogno, perché non sieno mancanti in tavola con poco decoro del vostro Padrone; né sieno esorbitanti nella moltitudine con dispendio notabile dei medesimo. Ecco dunque all’opra, eseguitela.
Prendete un cadin, ponetevi dodici rossi d’uova sbattuti, stemprateli con un poco di latte, poi ponetevi un poco di farina, slungatela con latte, e il latte in tutto non sia più di un boccale, e fate la pasta, non sia né tanto fina, né tanto grossa: quando questa composizione è ridotta a colletta, ponetevi dieci oncie di butirro liquefatto, sale a sufficienza ed una libbra di zucchero in siroppo stretto, maneggiatela ed affinatela bene; ponetevi anasi se piacciono, scaldate bene li ferri per cialdoni, e servitevene; se poi li volete a cartoccio e li avrete ad adoperar subito, fate che vi sia un altro, che cavati da’ ferri li avvolga intorno uno stenditore, e verranno cartocciati; se poi non vi hanno a servir in quel punto, poneteli da parte; e quando ve ne avete a servire, poneteli nella graticola sopra posta, ed al fuoco, e fate che si cartoccino da sé stessi, e mandateli ec.
Prendete una libbra e mezza di amandorle, pelatele, pestatele e passatele per canavaccio, stempratele con un boccale di acqua, ponetevi la farina, riducetela come sopra, quindi ponetevi una foglietta meno un quarto di olio dolce ed il zucchero nella stessa quantità e qualità dell’altra composizione sopra posta, meschiatela bene; ponetevi gli anasi se piacciono e fateli come sopra. Avvertite che non vi passino di cottura, ed allora sono arrivati, che hanno preso il color d’oro chiaro. Terminateli come gli altri e servitevene.
Prendete dieci uova fresche, spezatele, li rossi poneteli in un catino e le chiare in un altro più grande, sbattete queste con un mazzetto di vetiche, ovvero colla conocchia nel cavalletto; fate alzare la fiocca, e per conoscere se sono sbattute a sufficienza, prendete la stessa vetica, ponetela in piedi nella fiocca, se la vetica si mantiene in piedi, è arrivata a perfezione, se poi non si mantiene, seguitate a sbatterle fino che giunga la fiocca al quel detto punto. Sbattete li dieci rossi con altri quattro, dipoi poneteli nella fiocca; e tornate a sbatterli insieme fino che s’incorporino bene. Quindi prendete una libbra di zucchero, pestatelo e passatelo per lo staccio, ponetelo nella composizione, e sempre manipolatelo, poi ponetevi una libbra di fior di farina, affinate perfettamente ogni cosa, formate cassettoni di carta reale, ponetevi dentro la detta composizione, mandatelo al forno già caldo per tale effetto, e fattelo cuocere, e cotto, staccate la carta all’intorno; e con coltello sottile staccatelo sotto e servitevene ec.
Prendete il zucchero passato per lo staccio, sbattetelo colla fiocca e fatele quanto basti al suo bisogno; fare che addivenga come una vernice; ponetevi poche gocciole d’agro di limone; maneggiatela bene ed inverniciate questo pane ed altre paste di color nero; raspatevi un poco di cioccolata, affinatele bene colla detta composizione, inverniciate ciò che vi abbisogna e fatela poscia asciuttare o al forno, o in stufa.
Prendete mezza libbra di zucchero, asciugatelo, pestatelo e passatelo per lo staccio, ponetelo in un catino, unitevi tanta fiocca che basti ad impastarlo piuttosto denso; ponetevi un poco di zucchero cotto a cannella e maneggiatela bene, prendete l’anima dal fornello e ponetevi sopra una carta; prendete un cucchiaio di questa composizione, ponetela nella detta carta, fatele pigliare la forma, e così fate del resto, facendo a tutte pigliare la forma di mezz’uovo e ponetevi il fuoco adattato sopra; insodate al di sopra, cavatele ed unite due parti in due parti, tantoché formino tante uova intiere; prima però ponete nel mezzo del di dentro dell’uovo un poco di can dito, ponetele in stufa e fatecele stare per sole due ore e poi cavatele ec.
Prendete la fiocca; ponetevi una libbra di zucchero stacciato ed impastatelo con essa, piuttosto denso, unitevi quattr’oncie di candito tritato, due oncie di pistacchi e tre oncie di mandorle pelate, asciutte e tritate;
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mescolatele bene e ponete dentro l’anima del fornello la carta come sopra; prendete con un cucchiaio la detta composizione; ponetene un cucchiaio, distaccatelo dall’altro sopra la carta; ponetevi poi il fuoco adattato sotto e sopra, e cotti, fateli raffreddare, e staccateli dalla carta; poneteli in stufa e servitevene ec.
Prima d’ogn’altra cosa dovete asciugare ed abbrustolire li pignoli, il che farete così: prendete una padella di ferro ben pulita, ponetevi una libbra di pignoli, ponetela al fornello con fuoco adattato, veniteli mescolando colle mani e strofinandoli fino a tantoché siano asciutti ed imbianchiscano; cavateli e purgateli dalla sembola, e con un canavaccio strofinateli. Prendete poi quindici oncie di zucchero cotto a caramella, ponetevi li detti pignoli; prima però fate che alzi il bollore e nell’atto che bolle, ponetevi come ho detto li pignoli, mescolateli con sollecitudine, fate che rialzi il bollore e subito cavateli; poneteli in quelle forme che vi piacciono, e raffreddate, ponete queste pignoccate in stufa e servitevene ec.
Fate nella stessa maniera queste pignoccate, che avete fatto le sopraddette, solo che nel zucchero, nel siropparlo, ponetevi una stecca di cannella, fatelo arrivare alla cottura di caramella, levategli quindi la stecca di cannella, ponetevi li pignoli, come sopra, e cannella spolverizzata, fate il rimanente come sopra ec.
Prendete una libbra di amandorle, purgatele dalla loro corteccia e fettatele a forma di
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pignoli, ponetele al forno e fatele asciugar bene, ma non colorire; poi prendete una libbra di zucchero corto a caramella, meschiatevi le dette amandorle fettate, prendete un piatto cupo, untatelo con butirro e con carta, coprite il detto piatto, untate ancor la carta al di sopra, e sopra essa carta ponetevi con sollecitudine la composizione; spianatela eguale e ponetela in stufa e mandatelo in salvietta ec.
Prendete, purgate e tagliate le amandorle come sopra; prendete dieci oncie di zucchero ed infarinateci bene le dette amandorle; prendete una padella pulita, ponetevi butirro a sufficienza, ponetela al fornello, fate liquefare il butirro, e liquefatto, gittatevi le dette amandorle con zucchero e fatecele stare per sino a tanto che prendano il color di cannella chiara, mescolandole sempre; scolatele bene, ponetele nel piatto, aggiustate come sopra, ponetelo in stufa e servitevene.
Prendete le amandorle, purgatele dalla loro corteccia, ponetele ad asciugare al fornello e fate che non prendano colore; prendete zucchero cotto a caramella, ponetelo nello stagnato, ponetevi le amandorle, fate dare una bollita, poi levatele al fuoco, mescolatele sino a tanto che si stringano ed abbiano tirato a sé tutto il zucchero; di poi cavetele e ponetele in una carta, quindi servitevene ec.
Prendete le amandorle abbrustolite e fate loro pigliare il colore di cannella chiara,
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ponetele in canavaccio pulito, dategli una strofinata e fate che tolga il rosso dell’abbrustolitura, ed il rimanente fatelo come sopra delle amandorle attorrate bianche, e servitevene ec.
Prendete mezza libbra di zucchero, pestato, asciutto e stacciato, ponetelo nella spianatora, gettateci a poco a poco la fiocca, mescolandolo bene, e senza interrompimento ponetecene tanta che giunga a formare una pasta di tagliolini morbida, e nello stesso tempo che formate la pasta, ponetevi un pizzico di cannella spolverizzata; prendete l’anima del fornello, coprite il fondo con carta, e poi aggiustatevi la composizione in pezzetti grossi come noci, uno distaccato dall’altro; ponetela al fornello con fuoco leggiero sotto e sopra, ed allorché avranno fatta la loro elevazione, toccatela, e se sono consistenti, cavateli, fateli freddate e servitevene; se non sono giunte a tal cottura, fatevele stare fino che vi sieno giunte.
Fate il tutto come sopra, e per darvi l’odore, raspateci il cedrato, ovvero ponetevi il zucchero di cedrato ec.
Fate nella stessa maniera che si è detto di sopra; raspatevi il portogallo per l’odore ec.
Fate come sopra, e per darvi l’odore, raspateci la scorza di limone.
Fate come si è detto di sopra, e per l’odore ponetevi un pizzico di anisi spolverizzati.
Fate nella stessa maniera che sopra, e datevi l’odore con grattarci un poco di cioccolata.
Fate come sopra, e per l’odore prendete un poco di caffè abbrustolito, macinato, passato per lo staccio, ed unitelo nella sopraddetta composizione. Vi avverto che quando vi si pone una cosa, non vi si pone l’altra.
Prendete una libbra di fior di farina e ponetela nella spianatora; prendete mezza libbra di amandorle, purgatele dalla loro corteccia, e date loro un’acciaccata collo stenditore; unitele colla detta farina, unitevi pure ott’oncie di zucchero ed un’oncia di anisi con quattro oncie di butirro, ed una chiara e due di rossi di uova ed un poco di vino; impastate ogni cosa con acqua e riducete la pasta come quella de’ tagliolini; formatevi poscia tanti bastoncelli e mandateli al forno in un suolo di rame; fate loro dare una mezza cottura, fateli freddare, tagliateli e rimandateli al forno a biscottare, e biscottati, servitevene ec.
Fate la pasta come quella dei sopraddetti, invece però del butirro quattr’oncie d’olio e due chiare di uova sbattute, ed il resto fatelo come gli altri sopra posti, e servitevene ec.
Prendetela cioccolata, ponetela a riscaldare e fatela divenire pastosa; formatene di essa tante piccole palle, ponete nel mezzo di ogni palla pistacchio pulito ed asciugato, copritelo colla detta cioccolata e riducetela alla forma di pistacchio; involgeteli ne’ diavoletti, o folignati di diversi colori, fateli freddare e servitevene ec.
Inducete in pasta come sopra la cioccolata, ponetela in pezzetti sopra una carta, ponete la carta in un piatto di rame, e sotto il piatto un poco di cenigia calda; sbattete il rame e fate che la cioccolata cali a vostro piacere, facendo in maniera che prendano la forma di rotella; ponetevi sopra li diavoletti a vostro gusto; fatele freddare, staccatele ec.
Prendete una libbra di cioccolata, e due oncie di caffè abbrustolito, macinato e passato per lo staccio; unitelo assieme con tre oncie di zucchero stacciato, impastate la cioccolata colla detta dose, maneggiatela bene, formateci come sopra le rotelle e
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inverniciatele con una chiara d’uovo, ma fate che sia una semplice passatura col pennello.
Prendete li pistacchi, purgateli, pestateli e passateli per lo staccio; prendete zucchero pestato e stacciato, unitelo insieme co’ pistacchi, impastateli con fiocca a sufficienza e fate che venga la pasta come quella de’ tagliolini; spianatela a quella grossezza che vi piacerà, formatevi quelle paste che vi abbisognano, dando loro quelle forme che saranno di vostro genio; ponetele in una carta spolverizzata di farina, ponetele in stufa, fatele asciuttar bene e servitevene. Se volete brillantare, ponetele nella scatola suddetta; e fate ciò che si è detto delle altre cose per brillantare, anche di queste ec.
Prendete le amandorle, purgatele dalla loro corteccia e fatele come avete fatto le paste di pistacchi ec.
Fate la stessa composizione come sopra ponetevi cocciniglia, quanto basti a far divenire rossetta la pasta, ponetevi però più zucchero, perché la pasta non venga troppo liquida, ed il resto fatelo come si è detto di sopra dei pistacchi.
Fate la pasta come quella delle spume, ed invece di ponerla al fornello, ponetela in stufa e fatela asciugar bene, e brillantatele, se le volete tali ec.
Ecco soddisfatto a quanto vi promisi, ecco sin dove giungono le tenui mie forze, ecco in somma dato fine all’opera. Chi sa, se sieno per essere gradite queste mie fatiche, queste mie composizioni. Io mi sono adoperato a rendervi appieno capaci nel mestiere della cucina e credenza; e sebbene altre moltissime cose dir si poteano, tuttavolta ho stimato sufficientissimo il già detto, conciosiaché il buon gusto sarà di voi l’ulteriore maestro, essendo cosa facile aggiunger cose nuove alle ritrovate.
Taluno forse vi sarà, che brontolando su le mie operazioni la farà da rigido censore or criticandone una, or l’altra biasimandone, ma si pongano in opera, e si vedrà se riusciranno grate al palato. Altri non mancheranno a censurare o la tenuità della spesa, o di essa la superfluità. In ciò pure se ne formi la prova, e chiaro apparirà, non esservi punto di superfluo; che se tenui sembrano le spese, si rammentino esser cosa biasimevole procurare io sciupamento in ciò che eseguir si può con poco.
Vi abbisogna in ogni arte, ed impiego il timor di Dio, e se nel cuoco esso ritrovasi, oh! come bene attenderà all’utile del Padrone; che se poi da esso lui è lontano, come di piacere e di utile riuscir porranno le sue operazioni a chi egli serve? Laonde sia sempre su de’ vostri occhi Iddio, o voi che questo mio libercolo leggete per servizio di chi vi stipendia, ed allora vi riuscirà bene quanto
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porrete in pratica, e merito pure otterrete presso il Signore.
Siavi a cuore l’attenzione, perché a male non vada alcun piatto; mentre se per incuria vostra e negligenza non riuscirà capace da presentarsi in tavola, sovvengavi quel detto comune dei Moralisti, che chi apporta danno ad altri, al risarcimento è tenuto. Non mi tacciate da scrupoloso o da giudice temerario, avvegnaché anch’io pur credo esservi alcuno, che con ogni attenzione non eseguisca il suo mestiere; sol ciò che dissi, lo dissi per semplice avvertimento. Sappiatemi in ogni parte compatire e servitevi di questa mia Operetta in quella parte che vi aggradisce, e vivete felici.
Stagionate da qualche tempo le mortadelle ed altri salami diventano toste: queste per cuocerle e ridurle tenere, pastose e di perfetto sapore, si pongono in acqua pura di pozzo o di fonte, ed ivi si lasciano per lo spazio di venti quattro o di quarant’ott’ore, secondo che sono più o meno stagionate, avvertendo di mutarvi l’acqua ogni dodici ore, come anche quando si pongono al fuoco per cuocerle. Indi si fanno bollire a fuoco lento per un quarto d’ora o di mezz’ora, conforme che sono stagionate; quindi si levano dal fuoco e si lasciano raffreddare; poscia si cavano, e rasciugate si puliscono dall’untume, e così riusciranno di perfetto sapore.