Libro di secreti per fare cose dolce di varii modi

Trascrizione, revisione e edizione digitale a cura di Salvatore Iacolare

  • Sottotitolo: fatto da me Michele Marceca sotto il primo 8bre 1748
  • Autore: Michele Marceca
  • Tipo opera: Manoscritto
  • Tipologia testo: Ricettario (pasticceria)
  • Collocazione geografica: Sicilia
  • Datazione: 1748
  • Luogo di edizione:
  • Collocazione (biblioteconomica o archivistica): La Valletta, National Library of Malta, Lib. M,. 1242
  • Pubblicata il: 20/04/2023
  • Condizioni accesso: Open Access
  • Licenza di utilizzo: https://creativecommons.org/licenses/by-nc-nd/4.0/deed.it
  • Copyright: AtLiTeG
  • DOI: 10.35948/ATLITEG/Corpus/93

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Prima mesticarete rossi d’ove e zuccaro e poi il latte. Per un quartuccio di latte prenderete sei biscottini molli e dodici gialli d’ove fresche e li disfarete bene in una cazzarola e poi ci metterete detto latte e lo cuocerete con sempre maneggiarlo. E quando averà legato, ci metterete un poco d’acqua di zagari e poi lo passarete per crivo e poi, quando sarà fredda, la gelarete; e quando sarà ben gelata detta robba la metterete nelle forme e le metterete in neve in un bozzone di conserva. E se avete poche forme, lo cavarete da dette forme e lo metterete in un altro bozzone, ma che prima sia ben gelato e che non li manchi mai neve, e ben separati con foglie acciò non si tocchino uno |20r| con l’altro; e similmente li farete di cannella. E potete accompagnare detti butiri con biscottini gelati fatti di pasta di formaggi gelati, ma fatti nelle forme de biscottini longhi e tondi, al buon genio.

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Prenderete sei gialli d’ove e quattro o sei biscottini molli e li disfarete bene insieme in cazzola e ci metterete onze dieci di zuccaro, e ogni cosa maneggiate insieme con un quartuccio di latte un poco la volta. Prima del latte gli darete un poco di colore con la pezza e lo cuocerete, anzi prima che lega, ci buttarete la cannella ben setacciata; e quando averà legato, lo passarete per crivo e la maneggiarete bene e doppo la buttarete in bozzone (avvertite: subito che alza il bullo sarà cotto). Quando sarà ben gelato, per cavarlo dal bozzone vi servirete d’una pagliazza bagnata in acqua calda e subito lo servirete. Se lo volete fare in piramide sarà più bello, il sapore è l’istesso.

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Quando averete tirato il gileppo alla piuma e andate a metterci il detto bianco d’ova, bisogna diminuire il foco con cenere, e andate a poco a poco meschiando con la spatola il bianchettino che vi pare essere fatto per l’odore, e poi regolarsi come l’altro.

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Primieramente che il detto zuccaro sia ben chiarificato, poi tiratelo a filo grosso. Messo che sia dentro le lande, lasciatelo un poco raffreddare e poi ci ponerete la robba che vi piace; finito che averete, ponetele alla stofa almeno per ventiquattro ore, e poi vi regolarete secondo il solito.

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Primieramente, subito che ci mettiate il zuccaro non li sbattite più, ricoglietela con carte di gioco assieme, quando vi pare d’essere al dovere, minestratelo col cocchiarino di caffè come il solito, poi li metterete sopra una tavola per riparare il caldo per di sotto; il resto come il solito, ma se sarà zuccaro in pane sarà molto megliore.

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Battete il vostro bianco d’ova fresche; quando sarà ben battuto passateci zuccaro fino per setaccio, e seguitando a battere. Battuto bene che sia, vi aggiungerete detti anisi in confettura bianca, formarete poi li vostri biscottini. Se avverte che questa specie di biscottini vogliono foco lento.

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Prendete bianco d’ova, battetelo bene; battuto che sia, vi aggiungete zuccaro fino, quel che è necessario, con mettere un poco di zesto di cetrato, e farete una pasta. Secondo: prenderete un poco di cocciniglia, la pestarete bene, poi metterete zuccaro fino e seguitate a pestare, poi metterete bianco d’ova, con sempre pestare; fatto che sia, levatelo. Terza pasta: pestate cicolata, quello che vi fa bisogno; pesta che sia, scioglietela con bianco d’ova bene, poi ci aggiungerete zuccaro fino e farete la detta terza pasta. E se volete fate la quarta: un poco di gomma gotta, lo restante come sopra. Poi prendete le dette paste, sempre maneggiateli con buttarci zuccaro fino, e farete pezzetti per lungo un palmo di tutte le qualità, poi li aggiungerete insieme e li darete cinque o sei filate per lungo e li tagliarete a piccoli biscottini, la longhezza d’un palmo, |54r| e coceteli al foco moderato e ve ne servirete.

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Primieramente pestarete li vostri goliandri; doppo pesti, battete li bianchi d’ovo fresche secondo la quantità che volete fare, buttateci zuccaro ben raffinato e asciutto, passatelo per setaccio nel detto bianco d’ovo, e seguitando a battere. Quando vi pare essere gionto al suo dovere, vi aggiungerete li sudetti goliandri crivandoli, e va’ sempre rimeschiandoli; poi prendete di detta compositione e ne formarete a modo di bescottini d’amandole amare, o pure come vi piace.

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E la pasta l’averete fra breve ben soda, basta che si manipola prima che si raffreddi, indurita che è non vi potete più servire. S’avvertisce bene che tutte le volte che si farà il gattò, prenderete zuccaro puro più che averete per essere molto megliore.

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1. Pere 2. Lazzarole 3. Persiche 4. Amandole verdi 5. Paste di frutti 6. Moscardini 7. Sesti fini di bergamotte 8. Biscottini di pistacchi 9. Biscottini d’amendole 10. Biscottini di pignoli 11. Biscottini di cicolata 12. Tutta sorte di conserva in stufa tre o quattro giorni

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Di cafè. Prenderete gialle d’ove, biscottini, zuccaro e latte. Incorporate che saranno queste cose insieme, ci metterete il cafè ben setacciato, e la quantità a discrezione; il resto come sopra.

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Di cicolata. Prenderete biscottini, gialli d’ove, zuccaro e latte come sopra, e poi ci metterete mezza libra di cicolata grattata per ogni quartuccio; e il resto come l’altri.

Pagina 50

Di pignoli. Simile a quelli di pistacchi e d’amendole, tutto l’i- stesso.

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Per farla di pistacchi li mondarete e poi li pistarete bene. Prendete sei biscottini con sei gialli d’ove e li misticarete insieme e poi ci metterete onze dieci di zuccaro e più un quartuccio di latte e li pistacchi sudetti; li cuocerete insieme. Cotti che saranno, li passarete per crivo e ci metterete un poco d’acqua di zagari e lo maneggiarete bene, e doppo lo gelarete.

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Prendete li vostri cedri e li pezzi in lungo, e li levarete l’agro di dentro; e biancheggiati che sono, li darete un’altra ripolita e li metterete in acqua fresca, ove li lasciarete stare cinque o sei giorni con mutarli l’acqua due volte il giorno. E li metterete in gileppo di piccolo filo, e li farete dare un bullo e li levarete dal foco; e l’indomani stringerete il detto gileppo e tornarete a metterli dentro con farci dare un buon bullo. La terza cottura stringerete il gileppo a secondo filo, e ci farete dare un altro bullo più forte; la quarta volta senza, cavarli da detto gileppo, lo stringerete a filo grosso; la quinta li farete tanto bollire che arrivi a cottura di piuma e li tirarete a secco, e sarà a perfezione.

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Prenderete li detti limeoni e li tornirete come li aranci di Portogallo e ne farete li sesti come li medesimi, o pure, se li volete lasciar sani, li polirete simili alli detti aranci, li biancheggiarete e poi li farete il resto come li cedri, avertendo però che questo è un frutto assai facile a disfarsi, onde quando li mettete in gileppo, cercate che |18r| il medesimo sia un poco più stretto della cottura dell’aranci. Similmente candirete li cedrati: solo vi è differenza che questi non si mondano di fuori, solo si poliscano come li cedri, con darli l’istessa cottura.

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Prenderete del buon zuccaro in pane che sia ben assutto, lo frettarete bene sopra di quella qualità d’agrume ch’averete e di tanto in tanto prenderete quel zuccaro con il detto zesto; via via con un piccolo cocchiaro lo metterete dentro un vaso ben coperto, e per bisogno ve ne servirete della detta robba. Per cocinare le agrume più presto, vi potete servire del sale.

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Primieramente piancheggiate le dette amandole, poi poneteli alla stufa per rasseccarsi bene per alcuni giorni; secchi che siano, spartitele per la mettà, tirate il vostro gileppo alla piuma, levatele dal foco e fateci un poco d’ingiazza nel detto gileppo, metterete l’amandole dentro e rimeschiate bene. Asciuttato un poco che sia, vi aggiungerete un poco del color cremisi, e rimeschiando di continuo per distaccarle un dall’altra; poi ponetele alla stufa. Delle dette amandole ve ne potrete servire per metterli alla grana, per fare il detto cremisi. Avertite bene che non può servire altro che per il freddo, né tampoco dove entra spirito.

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Prendete l’amandole e le mondarete con l’acqua e poi le partirete per lungo e poi le metterete alla stufa con lasciarcele stare una mezza giornata, e se è più non li fa male; e poi prenderete delle chiare d’ove e le sbatterete bene, e poi gettarete il zuccaro fino e bene asciutto in detto chiaro d’ove con bene maneggiarle, e poi li metterete le dette amandole. E ben maneggiate che l’avete, le metterete sopra la carta della grossezza d’una noce e li cuocerete con caldo temperato. La sua dosa è un tarì d’amandole vuole tarì due di zuccaro e quattro bianchi d’ove. Dell’istessa dosa li farete li pistacchi, che ancora quelli si spartino per lungo senza però mondarli; l’istessa cosa li pignoli, senza spartirli. Queste tre sorte di biscottini li terrete sempre in stufa, se non vi dà fuori l’umido.

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Prenderete dell’ove fresche secondo la quantità che volete e li pesarete, e pesarete tanto zuccaro fino quanto pesano le dette ove, e metterete tutti li bianchi in una caldaia insieme col detto zuccaro e li sbatterete lo spazio di tre quarti d’ora; e poi ci metterete un giallo d’ovo alla volta con sempre sbattere. E messi che ci averete tutti e ben sbattuta che sarà la detta robba, ci metterete dentro il fior di farina, cioè un terzo meno del zuccaro, e maneggiarete bene insieme, e poi la metterete sopra le carte e li potete dar forma di castagnoni o pappardelle o altre forme di biscottini; e avanti di metterli al forno li spolverizzarete con zuccaro sopra; e se li volete dare qualche odore glielo potete dare. Se li fate castagnoni o pappardelle, farete le forme con le carte e non li spolvizzarete con zuccaro sopra, e li sbatterete a uso di biscottini tondi.

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Pistarete le vostre castagne bene; doppo che siano ben bianche e ci metterete il gileppo a discrezzione, lo aiutarete con cannella e poi lo gelarete.

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Prenderete una libra d’amandole e le mondarete con l’acqua e poi le metterete âsciuttare in stufa se avete tempo; se non, l’asciuttarete bene in un panno, e poi le pestarete bene con quattro chiare d’ove; e altre quattro chiare le sbatterete in una cazzarola, e che sia ben sbattute. E ben peste l’amandole, li metterete dentro la mettà della detta chiaro d’ovo con ben maneggiarlo, e prenderete libre tre zuccaro fino e ben asciutto e un poco la volta lo gettarete in detta pasta con maneggiarla bene, e seguitarete a metterci del zuccaro e del resto del chiaro se ci fa bisogno, che lo conoscerete, alla detta pasta, e poi la metterete nelle carte della grossezza d’una noce e li cuocerete. S’avvertisce che vuole il caldo temperato.

Pagina 26|27

Pigliate li detti cimini dolci sani per branca e ne farete piccoli bocchetti, legateli con piccola fettuccia, tirate il vostro gileppo al candito e vi servirete come il solito.

Pagina 57

Prendete le vostre forme e le farete piene d’acqua, cioè ogni due aranci che volete fare ci metterete due forme e mezza d’acqua. Prenderete della conserva d’aranci e la metterete in detta acqua a discrizione; e se non avete la conserva, prenderete delle scorze confettate e le pestarete bene e le metterete in detta acqua con ben disfarle, le passarete per crivo. E passate che avete, vi metterete il vostro gileppo a discrizione e ci spremerete il sugo di arancio di Portogallo per ogni due frutti; e se non avete il sugo di detti aranci, |39v| ci metterete un poco d’acqua di zagari. Doppo le metterete dentro il bozzone e lo gelarete forte assai, e quando sarà bene gelata la detta robba, prenderete le vostre forme e le farete ben piene e metterete una rametta nel pertuso e serrarete bene la detta forma e l’involgerete dentro un foglio di carta strazza, e subito la metterete in un secchio che ci sia assai neve in fondo; e secondo verrete mettendo le dette forme, le coprirete con neve abbondante, e che ci sia la distanza una dall’altra acciò vada la neve per tutto. E finite di mettere detti frutti, li coprirete bene di neve il detto secchio, e la calcarete bene la detta neve; come farete ogni mezzo quarto d’ora, cavarete l’acqua di sotto e calcarete bene la detta neve, che | 40r| sia coperto con una pagliazza; e quando saranno state li detti frutti un paro d’ora in detto secchio, avanti di cavare le sudette forme dal secchio, gelarete bene un altro bozzone con un poco di fronde; e quando vedete che sono ben gelate, cavarete le vostre forme dalla neve e gli levarete con prestezza la carta e poi li darete una bagnata alla forma con acqua e poi l’aprirete bene la detta forma. Cavarete il vostro frutto con diligenza, doppo questo li darete il suo colore con prestezza e li metterete in detto bozzone come farete secondo che li venite cavando, con metterci le foglie tra uno e l’altro; e coprirete il vostro bozzone |40v| bene di neve, e cossì conservarete il vostro frutto quanto volete, pure che non gli manchi la neve. Per darli il colore, vi servirete d’un poco di zafarano pesto con un poco d’agro di limone e con un pennello li tengerete tutti. Per farli di persico, prenderete la conserva del detto frutto, e se non avete vi servirete di bricocole, cioè della conserva, ed in caso di bisogno vi potrete servire di conserva di pere. Di qualunque che vi servite, ci metterete un poco d’agro di limone, e per gelarli farete come l’aranci; e a questi doppo che gli avete dato il colore giallo, li darete un poco di rossetto con un poco di cocciniglia pesta con un poco d’agro di limone; e se non avete conserve, vi servirete di confettati ben pistati e passati per crivo.

Pagina 51|52

Prenderete dette amandole che non siano indurite e le pelarete con la lescia, e sempre le maneggiarete accioché non bollano; e quando vedete che si principiano a pelar bene le metterete subito in acqua fresca, e le pelarete subito. E dopo che son pelate, le pertusarete bene con una spingola atorno e poi le metterete a biancheggiare, e quando sarà per bollire ci metterete dentro un poco di vino acre, e tenerete la caldaia scoperta acciò vengono più verde; e quando saranno biancheggiate – le cognoscerete con la spingola –, allora le levarete dall’acqua e le metterete in una lembia e li gettarete sopra il gileppo lungo. E l’indomani prenderete il detto gileppo e lo stringerete a piccolo filo e lo rigettarete sopra le dette amandole, e la terza volta stringerete il gileppo a cottura di filo, e il resto come sopra; la quarta volta poi tirarete il gileppo alla gran perla e poi ci |17v| metterete dentro le dette amendole e ce le farete bollire insino che il gileppo torna alla detta cottura, e le lasciarete in composta. E se le volete tirare a secco, prenderete il gileppo novo e lo tirarete alla gran perla e ci metterete dentro le dette amandole e le metterete in stufa con il detto gileppo, e l’indomani tornarete a bollirle; e quando il gileppo è a cottura di piccola piuma, le tirarete e poi le metterete in stufa per un paro di giorni, e saranno fatte ma le terrete sempre in stufa.

Pagina 35

Prendete li detti aranci e li torniarete legiermente, e poi ne farete li sesti di quelli che non volete lasciar sani e li sani li farete il pertuso in fondo e li biancheggiarete, e quando sono cotti li conoscerete con la spingola; biancheggiati che saranno, li cavarete e subito in acqua fresca. Li sani li polirete di dentro con il suo ferro e li sesti li darete una ripolita, e poi li lasciarete stare in acqua cinque o sei giorni, con mutarla due volte il giorno, e poi tirarete il vostro gileppo a piccolo filo e li gettarete dentro, e ci farete dare un bullo. E l’indomani tornarete a cavarli dal detto gileppo e lo stringerete a piccolo filo, e ci farete dare un bullo più forte; la terza volta tornarete a cavarli dal gileppo e lo stringerete a filo grosso e tornarete a buttar dentro detti aranci, e ci farete dare un bullo più forte; la quarta volta senza cavarli li cuocerete insino che il gileppo arrivi a cottura di piccola perla, con spesso maneggiar la caldara; e la quinta tirarete il gileppo a piuma e tirarete a secco. Maneggiate spesso la caldara.

Pagina 54

Prenderete le vostre bercocole e le mondarete legiermente e poi li cavarete l’osso con aprire da una parte; e poi le biancheggiarete con avertire che non bolla l’acqua, perché facilmente si disfaranno, e poi le metterete in una lembia e li gettarete il gileppo di sopra di cottura di terzo filo, e così farete la seconda e terza volta. La quarta tirarete il gileppo a perla e metterete dentro le dette bercocole e le farete bollire insino che torni a cottura di terzo filo, e saranno fatte. E quando le volete tirare a secco, tirarete il gileppo alla piccola piuma e li metterete dentro e li farete bollire insino che il gileppo tornerà alla piuma, e quando le tirate le tornarete ad unire insieme.

Pagina 34|35

Prenderete le bergamotte ben verde e le torniarete a uso di aranci e poi li farete in quarti per quelli che non volete lasciar sani e li biancheggiarete bene; e avanti di biancheggiarli, agli pezzi ci levarete l’agro ed alli sani li farete il pertuso in fondo. E doppo biancheggiate, tornarete a farli una ripolita con levargli bene le file de l’agro e polirete bene l’intieri col suo ferro, e poi li metterete in acqua fresca dove li lasciarete stare sette o otto giorni con mutarla due volte il giorno, e poi li metterete in zuccaro e li tirate come li aranci. E per fare li sesti senza mai che vengano più verdi, subito cavarli dal gileppo. Per fare li sesti di bergamotto si prendono li detti bergamotti e d’ogniuno se ne fanno |29v| sei parti secondo la grandezza e li si leva l’agro, e poi si biancheggiano bene e poi se gli leva tutto il grasso del frutto con lasciare la semplice scorza che resti trasperente; e poi le lasciarete stare in acqua come sopra, e poi li metterete in zuccaro e gli darete le solite cotture. E per tirarle a secco, tirarete il gileppo a piccola lisè come farete le dette cotture.

Pagina 43

Prendete le vostre castagne delle più belle che sia possibile e fresche e gli levarete la scorza in fondo e le biancheggiate bene; dove le conoscerete con la spingola, le mondarete con diligenza e le metterete in acqua fresca; le metterete in una lembia ben scolate, e netteggiate li gettarete il gileppo di piccolo filo di sopra. E l’indomani stringerete il gileppo a piccolo filo e lo buttate sopra, la terza volta gli darete la cottura di filo grosso; la quarta volta prenderete il gileppo novo e lo tirarete a piccola piuma. Allora gettarete dentro le castagne con farcele bollire insino che torni il gileppo alla piccola piuma e le tirarete a secco. Per tirarle vi potrete servire dell’istesso gileppo, ma non verranno |46r| tanto bianche con l’istesso gileppo, bisogna farci il gileppo novo.

Pagina 55

Prendete le noci verso il principio di giugno che non abbiano principiato a fare la scorza dura e le piccarete attorno bene con una grossa spingola ma legiermente, cioè passarli solo la scorza, e poi le metterete in una lembia e le coprite bene di sale e le lasciarete stare una dozena di giorni; e poi le lavarete bene e biancheggiate bene e li mutarete l’acqua – avertite che quando le coprite di sale, ci mettete tant’acqua quanto copre il detto sale, e cossì biancheggiate saranno –. Li mutarete l’acqua e poi tirarete il vostro gileppo a piccolo filo, e le metterete dentro con farle bollire; e la seconda volta cavarete le sudette noci e ristringerete il gileppo a piccolo filo, con farcele ribollire la terza e quarta volta senza cavarle, le darete |31r| le solite cotture per composta. E questa è una composta facile ad impetrirsi, onde se avete composta di bercocola, ci metterete un poco di quel gileppo sopra.

Pagina 44

Prenderete le vostre pere e gli farete un pertusetto in fondo con levargli quel fioretto, e poi le pungerete attorno e poi le biancheggiarete bene che lo conoscerete con le dita; allora le levarete e le mondarete legiermente con il coltello, e raschiarli ancora il piccaglio. Allora prenderete il vostro gileppo e lo cuocerete a secondo filo, e metterete dentro le sudette pere e li farete dare un bullo e le levarete dal foco; e l’indomani levarete le dette pere dal gileppo e ristringerete il gileppo con un bullo e lo farete più forte, e cossì farete la terza e la quarta cottura. La quinta volta, però senza cavarle dal zuccaro, le farete bollire insino che il gileppo arrivi a cottura di piccola piuma |25r| e le tirarete a secco e le posarete sopra le lande e le metterete subito in stufa; e l’indomani le levarete dalle lande e le metterete in un crivo e li lasciarete stare parimente in stufa come farete sempre, perché questo è un frutto che manda fuora l’umido. Se avete da tirare a secco le dette pere che siano state in composta, le levarete dal gileppo e gli darete una lavata con l’acqua tepida, e poi tirarete il vostro gileppo nuovo alla piuma e metterete dentro le dette pere e li farete dare un bullo, e poi le metterete in stufa; e l’indomani le farete ribollire insino che ritorni alla piuma, e le tirarete come altre volte e le posarete in stufa.

Pagina 40|41

Prendete delle persiche delle migliori, li mondarete con la punta del cortello, li spartirete in due pezzi con cavarli l’osso – è bene aggiustare le dette parti per poterle poi riunire insieme –, le biancheggiate bene, tirarete il vostro gileppo a lisè, ce le metterete dentro e ci farete alzare il bullo. E l’indomani li levarete dal detto gileppo e lo stringerete all’istessa cottura e lo gettarete sopra alle dette persiche; la terza cottura tirarete il gileppo a filo grosso e farete come sopra; la quarta volta tirarete il gileppo alla perla e li farete dare di bullo di mezzo quarto d’ora; li levarete dal foco, e che il gileppo ritorni alla perla, e poi le farete l’ingiazzata atorno. In una caldara li voldarete insieme, e dopoi sopra una grata li farete insieme li pezzi, con bene |39r| stringere uno con l’altro, e metterli nella stufa. Li spolvizzarete tre o quattro volte con zuccaro e li lasciarete stare sempre in stufa.

Pagina 50|51

Prendete le prune che non siano tanto mature e le spingolarete bene e le biancheggiate con diligenza – avertite che l’acqua non bolla mai, per lo più li crepa la scorza –; e secondo saranno cotte, le buttarete in acqua fresca, e finite di biancheggiare li scolarete detta acqua e le lasciarete stare in una limbia, e li gettarete il gileppo di piccolo filo. E l’indomani le scolarete bene senza muoverle, e tornarete a stringere il detto gileppo e lo buttarete di sopra; la terza volta lo stringerete a filo, la quarta volta lo stringerete a filo grosso, la quinta volta lo stringerete a piccola perla e li gettarete dentro le dette prune; le farete bollire mezzo quarto d’ora, e sarà a perfezione di composta. E per tirarle a secco prendete le dette prune e le lavarete bene con acqua fresca, e le metterete sopra un fondo |36v| di canestro e le metterete al sole con lasciarcele stare un giorno, e poi le voltarete e lasciarete stare un altro giorno e poi le tornarete a lavare con acqua fresca con diligenza. Ben lavate che saranno, l’asciuttarete con un sciugamano, e poi le tornarete a mettere al sole e farete come sopra, e saranno a perfezione. Se le dette prune |37r| le volete tirare a secco subito che le fate, quando sarete alla quarta cottura tirarete il gileppo a zoffio e metterete dentro dette prune e le farete bollire mezzo quarto d’ora, ed il resto farete come sopra.

Pagina 48|49

Per confettare le radiche di scorcianegra, le polirete bene di fuori e poi li cavarete quella piccola anima di dentro e le biancheggiarete bene, poi li metterete il zuccaro e le tirarete come l’altre confetture; e questa è assai buona per l’ammalati. Cossì confettare le radiche di pastinache e di carline e di crespigne, e ancor carotte; e quelle che sono acide le lasciarete purgare nell’acqua, basta raschiarle bene di fuori, e che non siano tanto grosse.

Pagina 52

Prenderete un poco di cocciniglia e alume di rocca e cremor di tartaro e il pestarete tutto insieme. E poi farete bollire un poco d’acqua in una cazzarola, e quando bolle ci metterete dentro la detta robba e la farete bollire un misarere, e poi lo colarete nella caldaia del gileppo in una pezza rossa, se n’avete; poi farete bollire il detto gileppo e metterete dentro la vostra robba. La cocciniglia e il cremor di tartaro e alume si fa a discrittione.

Pagina 29

Prendete le vostre amarene che siano ben mature a dovere e gli cavarete l’osso, e poi prenderete il gileppo e lo tirarete alla piuma; allora metterete dentro le vostre amarene e le farete bollire insino che il detto gileppo torni a cottura di terzo filo, e sarà fatta. E la sua dosa è ogni tarì d’amarena vuole un tarì e 3 onze di zuccaro per vostra regola. E ne potete fare ancora il siroppo per conservare, per fare acque fresche.

Pagina 37

Prendete il moscatello che sia ben grosso e che non sia tanto maturo, lo mondarete e poi li cavarete li granelli di dentro da una parte e lo metterete in una limbia. E poi tirarete il vostro gileppo a secondo filo e glielo gettarete sopra; la terza volta tirarete il vostro gileppo a perla e tornarete a gettarglielo sopra, e sarà fatta. La riponerete nelli vasi.

Pagina 42

Prendete le vostre lazarole che non siano tanto mature e gli levarete il fiore che hanno in fondo con la punta del coltello, e poi le biancheggiarete bene, e quando principiano a cricciare la pelle, allora saranno biancheggiate; allora le cavarete dal foco e le mondarete. Secondo che le mondarete, le buttate in acqua fresca; finite che saranno di mondare, tirarete il vostro gileppo a piccolo filo e le metterete dentro alla caldara e ci farete dare un bullo; le levarete dal fuoco e l’indomani, senza cavarle dal gileppo, li darete la seconda cottura che torni a piccolo filo e, senza mai cavarle insino alla quarta cottura, farete arrivare il gileppo a piccola perla, e sarà a perfezione per composta. E per farle rataffiate e tirarle a secco, prendete le dette lazarole e le lavarete con acqua |28v| fresca, e poi prenderete il vostro gileppo novo e lo tirarete alla piccola piuma e ci metterete dentro le vostre lazarole e li ci farete dare un bullo, e poi le metterete con il vostro gileppo in stufa; e l’indomani tornarete a ricuocere il detto gileppo a piccola piuma senza cavar il frutto, e poi li farete l’ingiazzata e le tirarete in una piccola grata, e da lì le metterete sopra le lande e poi subito alla stufa, e per sempre. Questo è un frutto che fa assai gelatina, è assai buono rataffiato; e per farle senz’osso, gliele cavarete doppo biancheggiate.

Pagina 42|43

Farete bollire l’acqua bene; subito che bolle, buttarete le vostre agrume, quando saranno mezze cotte, le ponerete dentro un’altra caldara, che averete già messo sopra al foco pronta per finirle di biancheggiare. Doppo averle biancheggiate, |57r| passatele nell’acqua fresca per due o tre volte; ci potrete mettere dentro il vostro gileppo, essendo ben cotte dal principio non è necessario cavarli dalla lembia niente. Cossì li finirete senza che il zuccaro sia tanto caldo.

Pagina 62

Prendete il detto capelvenere secondo la quantità che volete e lo lavarete e poi lo farete bollire bene, e doppo lo colarete. E con l’istessa acqua ci chiarificarete il zuccaro con chiare d’ove e poi lo passarete per manica; lo cuocerete a piccolo filo, e sarà a perfezione. E ci potrete mettere un poco d’acqua de zagari, se vi piace.

Pagina 47

Prendete la cannella secondo la quantità che volete fare e la pestarete bene e poi li gettarete sopra l’acqua che vi bisogna e ce la lasciarete stare quattro o cinque ore i-nfusione, e se ha poco colore gliene potete dare un poco con la pezza; e poi la colarete e ci metterete il zuccaro, e ripassata la gelarete. La sua dosa: ogni quartuccio d’acqua vuole sette onze e mezza di zuccaro.

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Farete della buona acquavita e la ripassarete tre volte e poi prenderete li fiori di rosamarina, e secondo la quantità dell’acquavita e li metterete nel lambicco con un poco di fiori di timio e lasciarete stare i-nfusione quattro o cinque ore con un poco di cenere calda, e poi la lambiccarete a foco dolce, e sarà a perfezione. Avertite che se la seconda volta non viene spirito gagliardo, alla terza ci buttarete i fiori sudetti.

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Prendete li vostri fiori e che siano d’aranci forti e li metterete dentro a lambiccare e metterete dell’acqua insino non copre li fiori, con calcarli bene con la mano. E allora li lambiccarete a uso d’acquavita a foco lento e la tirarete insino che conoscerete che viene buona.

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Prendete un quartuccio d’acqua e ci metterete dentro otto onze di cicolata e la cuocerete e poi la passarete per pagliazza e ci metterete cinque onze di zuccaro. Lo disfarete bene, la mettarete in un bozzone e la gelarete bene che sarà a perfezione; già ne potete fare che quantità ne volete. La dosa già è detta di sopra: acqua un quartuccio, cicolata onze otto, zuccaro onze cinque.

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Prendete delle fravole ben mature e li darete una mezza ammaccata e poi le metterete dentro il lambicco con acqua a discrizzione, e lasciate lambiccare a uso d’acquavita. E fatta che l’avete, riponetela per le dame.

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Prendete l’acqua che volete gelare, e poi ci metterete dentro la cicolata e la farete bollire; e ben cotta che sarà, la passarete per crivo e doppo ci metterete il vostro zuccaro e poi la metterete in un bozzone assai avantaggiato acioché più della mettà resti voto; e poi la gelarete, e che la neve arrivi a gelare tutto il bozzone. E quando è principiato a gelare, con due cocchiari la verrete attaccando per tutto il bozzone, e l’attaccarete tanto insino che resta voto tutto il fondo; e ben messa che l’avete attorno, coprirete il bozzone di neve e la lasciarete stare così un buon quarto d’ora e più, se avete tempo. E poi aprirete il vostro bozzone e con un coltello fatto apposta ne farete i vostri pezzi e li cavarete con diligenza e li darete quella forma che volete, e lo servirete in piattini di cafè. La sua dosa è simile di quella che è a carte 31.

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Prendete l’acqua che vi bisogna e poi ci spremerete un limone per quartuccio – se li limoni sono di grandezza doverosa – e li tagliarete la scorza sottilmente e gettarete nella detta acqua ogni cosa, cioè i-nfusione. E quando ci sarà stato un buon pezzo, levarete li mezzi limoni e passarete il resto per pagliazza, e poi ci metterete sette onze e mezza di zuccaro per quartuccio e la gelarete.

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Prendete otto gialli d’ove e quattro o cinque biscottini molli con onze dodeci di zuccaro e mesticarete bene ogni cosa insieme; poi ci metterete un quartuccio di latte fresco e, rimischiato il tutto dentro una cazzarola, lo cuocerete. E quando averà legato, lo levarete dal foco e lo passarete per crivo; doppo passato, ci metterete mezzo quartuccio d’acqua, disfarete bene ogni cosa insieme e ci potete mettere qualche odore, quello che vi piace, e poi la metterete nel bozzone e la gelarete. E quando è mezza gelata, ci potrete mettere un poco di confettura tagliata e un poco di pistacchi mondati; e doppo gelata, la servirete in giarre con cucchiarini. La sua dosa: un quartuccio di latte, mezzo quartuccio d’acqua, otto gialli d’ove, 4 o 5 biscottini.

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Prendete mezzo rotolo di pistacchi. Mondi che saranno, li pistarete bene con un poco d’acqua; quando vi pare che saranno ben pestati, gettarete nel mortaro tutta l’acqua che volete aggiazzare. Maneggiando la passarete per pagliazza e poi ci metterete il vostro zuccaro, cioè onze sette e mezza per quartuccio, e la tornarete a ripassare, e poi li darete quel odore che vi piace e la gelarete.

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Prendete un rotolo di caffè, lo bruggiarete al suo dovere e lo pestarete; e passato che sia per crivo fino, farete bollire 4 quartucci d’acqua, e lo fate dentro d’essa; bollito che sarà detto caffè, lo passarete per manica dentro un bozzone. S’avertisce prima di mettere nel bozzone un poco di cannella e un poco di vaniglia dentro il detto bozzone, o pure, per dir meglio, subito levata dal foco ponetela dentro un bozzone e lasciate tutto sino che si raffrederà; poi passatela per manica tutto assieme, ma bisogna mettere zuccaro puro, e sarà a perfettione.

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Primieramente scorciarete l’amandole con l’acqua calda, poi mettetele alla stufa per tre o quattro giorni, poi prendete del sale e fatelo incalliare dentro una cazzarola con le dette amandole, sino che si faranno rosse; poi levatele una per una e mettetele per qualche ora alla stufa e poi mettetele al candito come il solito, e saranno a perfettione.

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Prendete il zuccaro, un altro tanto d’amendole, squagliate il detto zuccaro con un poco d’acqua, ponetelo al foco, e sempre mescolando acciò non si attaccano al fondo; quando saranno bene aseccate, vi aggiungerete un poco di gileppo e un poco di cannella pestata. E se ci volete aggiungere un poco d’alacca, quando saranno ben mascarite, levatele e mettetele alla stufa.

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Prenderete l’amandole che siano scorciate, fatele pestare, cioè non troppo, poi vi meschiarete diversi zesti assieme. Tirarete il gileppo al principio di caramella e buttarete la detta robba dentro, e va’ sempre meschiando, sino che vi pare essere stretto; poi, se vi piace, ci metterete un poco del cremisi, e va’ seguitando a girare; poi sopra l’ostia. Sotto e sopra le carricarete poco per farle unite e le voltate sino che si raffreddano; poi le spartite.

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Prenderete le vostre amarene ben mature e poi sbatterete il bianco d’ovo e ci bagnarete bene dette amarene, e poi le traggettarete sopra il zuccaro fino con un setaccio e poi le metterete asciuttare in stufa; e poi le servirete. Questa robba poco si mantiene.

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Pestarete scorcie di melangoli confetti, ma se sarà il tempo che potete avere melangoli freschi, prenderete li suoi gius e mescolateli con dette scorcie confetti, mettete un poco d’acqua di fior di melangoli e un poco d’acqua se vi è di bisogno, l’aiutarete con il gileppo e un poco delle scorcie fresche; ben meschiato che sia, lo gelate. Quando vi pare che sia pastoso, lo potete mettere nelle forme; fatto le forme ben piene, vi potrete mettere un branco o sia rametto di detto melangolo per la coda nella mettà del detto melangolo, poi serrate bene le forme, copritele con un foglio di carta grisa e poneteli ben stivate di neve sotto e sopra, per tre o quattro ore. Poi quando le volete levare, levateci la detta carta, nettatele bene intorno e manegiatele un poco attorno per facilmente cavarli dalle forme, |55v| poi li passarete con un poco di zafarone, e ne abbiate sciolto con un poco d’acqua, con un piccolo pinzelletto ci passarete con prestezza li detti melangoli; e quando le cavate dalle forme poi rimetteteli dentro la stofa con foglie attorno ben guarniti di neve; poi li servirete.

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Per fare detti biscottini prendete delli giarni d’ove fresche secondo la quantità che volete e li sbatterete bene, e poi ci mettete un’onza di zuccaro per giarno, e che il detto zuccaro sia ben raffinato, e sbatterete bene tutto insieme. E poi ci metterete qualche odore o un poco di cannella in polvere o un poco di raspatura di bergamotto, e poi gli farete le vostre forme con carte da gioco, se ne avete, e se non con carta forte, e ammezzarete le dette forme con la detta robba, e poi li cuocerete nel forno di ferro a foco lento. E più freschi li mangiarete, più meglio sono.

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Prenderete il caffè secondo la quantità che volete e lo brostolirete bene, e poi lo pestarete e lo passarete per setaccio; e poi prenderete due o tre bianchi d’ove secondo la quantità che volete e li metterete nel mortaro con ben maneggiarli, e poi ci metterete il caffè e maneggiarete bene insieme. E prenderete del zuccaro fino e ben asciutto di stufa e lo gettarete un poco la volta in detto mortaro, insino che divenga la pasta a dovere, e poi li metterete nelle carte secondo la grossezza d’una noce; e il caldo del forno sia temperato. Il simile li farete di cicolata, ma la cicolata la grattarete leggiermente, e il resto come sopra.

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Prendete dell’ove fresche secondo la quantità che volete e le pesarete, e poi pesarete tanto zuccaro quanto pesano l’ove, e sbatterete col mulinello ogni cosa insieme una mezza ora; e poi li gettarete sopra il fior di farina, cioè un terzo meno del zuccaro. Allora con una cocchiara maneggiarete bene ogni cosa insieme, e poi con una cocchiara piccola li cavarete sopra la carta e li darete la forma della longhezza d’un dito e piatti, e li spolvizzarete di sopra con zuccaro fino e asciutto e li cuocerete. Tante ove, tanto zuccaro, e farina un terzo meno del zuccaro.

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Prenderete dell’ove secondo la quantità che volete e li pesarete; e poi pesarete tanto zuccaro quanto pesano l’ove, e poi li sbatterete bene insieme e poi ci metterete tanto fior di farina quanto pesa il zuccaro e li maneggiarete bene con una cocchiara. E poi metterete detta pasta sopra alla carta della grandezza d’un pane e lo spolvizzarete con zuccaro asciutto e lo cuocerete. E quando ha preso colore, allora lo cavarete e lo distaccarete subito dalla carta con un coltello, e ne farete le fette lunghe e poi li rimetterete nella detta carta; voltate le dette paste alla riversa e le rimetterete nel forno un momento e poi le cavarete, e sono a perfettione.

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Prendete sei ova e tarì due di zuccaro e le sbatterete bene nella caldaia, e poi prenderete un poco d’anisi pisti e li metterete dentro, e poi prenderete tanto fior di farina quanto è il zuccaro e la metterete insieme con ben maneggiarla con una cocchiara; e poi ne cavarete un poco la volta a uso di massa e ne farete li pezzi tondi della lunghezza d’un deto e li metterete di sopra le lande e li cuocerete.

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Prenderete un poco di gomma dragante e ci metterete un poco d’acqua, e quando è stata un paro di giorni la passarete per pezza e la metterete in un mortaro con ben maneggiarla, e poi ci metterete il cafè fino e ben sitacciato e maneggiarete bene ogni cosa insieme. E poi prenderete del zuccaro fino e asciutto e ce lo verrete gettando dentro un poco la volta, con sempre pestare detta robba; e quando sarà venuta tosta a dovere, gli darete la forma di cafè e lo metterete in stufa. E caso che non avete gomma, vi potete servire di chiaro d’ova.

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Prenderete le vostre castagne grosse e le cuocerete arroste. E cotte che sono, le mondarete e poi li darete una mezza acciaccata, cioè quattro colpi, e li metterete in un piatto; e li mettarete sopra del zuccaro e un poco d’agro di limeone o d’arancio e un poco d’acqua di zagari, se volete, e poi con una piancia di ferro assai calda gli darete sopra ad uso di crema, e sarà fatta detta composizione.

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Prenderete mezzo quartuccio di latte e vi metterete quattro gialli d’ove e sei onze di zuccaro e una carrafina di vino bianco e un poco di raspatura di bergamotto e di arancio di Portugallo, e poi vi metterete farina a discrezione, cioè insino che la pasta venga a dovere. E se non avete bergamotte, gli potrete dare altre sorte d’odori.

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Farete così. Misurate tante chiccare d’acqua secondo la quantità che volete, e poi ci metterete due onze di ciccolata per chiccara, la cuocerete dove vi piace. Cotta che sarà, terrete le vostre chiccare fredde e sbatterete bene la cicolata in qualche cosa di grandezza capace, e con un schiumatore verrete levando la spiuma e la metterete in chicchare; e piene che saranno, le metterete nella cassetta in neve a gelare, e che la cassetta sia di rame. E ben gelate che saranno, le servirete.

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Prenderete l’agresta che non sia principiata a maturare e l’aprirete da una parte con la punta d’un coltello e li cavarete i granelli, e poi la biancheggiarete – ma avertite che quando l’acqua sarà per bollire sarà biancheggiata –. Allora la metterete in una limbia e li gettarete sopra il gileppo lungo mezzo bollente, e l’indomani tornarete a ristringere il detto gileppo a cottura di filo e tornarete a gettarglielo sopra, cossì farete sino alla quarta volta; alla quinta poi tirarete a cottura di filo grosso e ci farete dare un bullo, e sarà fatta.

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Prenderete l’alesandrine che non siano tanto mature e le piccarete bene con una spingola grossa e poi le biancheggiarete – avertite che mai bulla l’acqua, con metterci in ogni tanto un poco d’acqua fresca – e, secondo che vengono cotti, le cavarete e le buttarete in acqua fresca, e poi le scolarete bene da detta acqua e li gettarete il gileppo di sopra di piccolo filo. E l’indomani ristringerete più il detto gileppo, come farete ancora la seconda e terza volta – alla terza volta però ce le potete lasciare bollire dentro un mezzo quarto d’ora –; la quarta volta |19r| stringerete il gileppo a filo grosso e ce le lasciarete bollire un quarto d’ora, e sarà a perfettione. E fredde che saranno, le farete, se vi piace, rattoffiati e li potrete tirare a secco come l’altre confetture.

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Prendete le dette bergamotte e le dividete in sei pezzi secondo la grandezza e gli levarete il semplice agro, e senza levarli la scorza li biancheggiarete, e poi li lasciarete stare sette o otto giorni in acqua e poi li metterete il gileppo; e senza mai cavarli dal detto gileppo, e gli darete le solite cotture, e l’ultima alla piccola perla, e sarà a perfezione. E questa è una delle più famose composte che si possa servire in tavola di soggezione.

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Per farle in composta, prendete le vostre cotogne ben mature e farete quattro parti d’uno, li mondarete e li levarete il duro di dentro, e bene; li biancheggiarete bene. E biancheggiate che sono, li scolarete dall’acqua e li buttarete in gileppo lungo con farci dare un bullo; e l’indomani senza cavarle li darete la sua cottura, come farete insino alla quinta che li cuocerete a perfettione. E se le volete fare venire rosse, gettarete dentro il gileppo dal principio una tazza di vino rosso e coprirete la caldara quando bolle; e ci |42v| potete mettere ancora quattro o cinque pezzi di cannella dolce per farli venire megliori. Per la cotognata, dividete in quarto le cotogne e gli levarete bene il duro di dentro, e senza mondarli li biancheggiarete bene e poi li pistarete e li passarete per crivo. E poi tirarete il vostro gileppo alla piuma, e li gettarete dentro la pasta e la farete bollire insino che faccia il filo grosso, con sempre maneggiarla a uso di marmorata; e poi la riponerete in scatola e la metterete in stufa per fino all’indomani.

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Prendete i vostri fiori d’aranci forti e ne prenderete le semplici frondi e poi li metterete in una limbia e li coprirete bene con sale bianco, e poi li gettarete acqua insino che coprite li detti fiori, e ce li lasciarete stare i-nfusione ventiquattro ore. E poi li levarete dal detto sale e li farete bollire in acqua con un poco d’agro di limone; e nell’istesso tempo farete bollire un’altra caldara, e quando averà dato quattro o cinque bulli, nella prima metterete li detti fiori, nella seconda l’agro di due o tre limoni e li farete bollire insieme che siano ben biancheggiati. Allora li levarete e li buttarete in acqua fresca, e freddi che saranno li scolarete dall’acqua e gettarete sopra il gileppo lungo e freddo, e l’indomani prenderete il detto gileppo e lo stringerete, che |26v| appena sia piccolo filo, e lo farete raffreddare, e poi lo tornarete a mettere in detti fiori; e cossì farete la terza volta, solo che il gileppo sia a cottura a lisè, e la quarta volta cocerete il gileppo a cottura di filo, e farete come sopra che sarà a perfezione per composta. E se li volete tirare a secco, li darete un caldo con il detto gileppo e poi li scolarete e li spanderete sopra di un crivo e li lasciarete asciuttare in stufa, e sarà a perfezione.

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Farete cossì. Prenderete le vostre fravole che non siano tanto mature e le metterete in una limbia e tirarete il vostro gileppo a piccol filo e glielo gettarete sopra con diligenza; e l’indomani prenderete il vostro gileppo e lo tirarete a secondo filo, e farete così la terza e quarta. Poi tirarete il gileppo alla perla e metterete dentro le dette fravole, e sarà a perfezione con farci dare un piccolo bullo. Questa composta è assai facile a disfarsi e a mufirsi. Se ci fate la conserva, passarete prima le dette fravole per crivo e tirarete il gileppo alla gran piuma, ed il resto come l’altre conserve.

Pagina 41

Prendete le perette e le tagliarete in croce da testa e da piedi e li piccarete bene intorno, e poi le biancheggiarete bene e le metterete in acqua e ce le lasciarete stare almeno otto giorni con mutargliela due volte al giorno. E poi le metterete in gileppo e stringerete il gileppo a piccol filo, e rimetterete dentro dette perette; e alla terza cottura cuocerete il gileppo a buon filo, e la quarta volta, senza cavargli, cuocerete il gileppo a filo grosso, e sarà a perfettione. E se le mettete in acqua vita, accompagnatele con un poco di gileppo.

Pagina 33

Biancheggiarete bene le vostre castagne e le mondarete, le pistarete ben fine e poi tirarete il gileppo alla perla, metterete dentro la detta pasta con sempre maneggiarla; e disfatta che sarà, la passarete per crivo, la cuocerete che facci il filo grosso e la metterete in tazze e dove più vi piace e poi alla stufa per un paro di giorni. Per farne pastiglia di dette castagne, le biancheggiarete come sopra, le pistarete bene e le passarete per crivo e tirarete il gileppo alla piuma; ed il resto come gli altri frutti.

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Prendete le dette rose e le caparete con tagliarli il bianco abbasso alle frondi, e poi li farete dare un bullo nell’acqua e poi le scolarete bene con una pagliazza e poi le pistarete fine; e poi tirarete il gileppo alla piuma e metterete dentro dette rose, e ci metterete dentro un poco di sugo di limeone per farle venire più rosse. E quando averà bollito a dovere che faccia del filo, sarà a perfettione; le metterete in tazze e poi in stufa per un paro di giorni. E la sua dosa è ogni libra di rose vuole tarì tre di zuccaro. Questa regola serve per tutte sorti di conserve di fiori e per conservare li frutti: ogni tarì di frutti vuole tarì una e mezza di zuccaro.

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Prendete delle foglie di rose, il semplice rosso, mettetele dentro una salvietta, tenete li quattro capi e abbassatele quattro o cinque volte nell’acqua bollente con prestezza. Poi colateli bene e ponetele un poco |56v| al sole acciò s’asciuttino bene; doppo pestatele e fatele cuocere con gileppo tirato alla gran piuma; quando vi pare che siano arrivate al suo punto stretto, metteteci il suo limone e ponetele nelli vasi. Per il zuccaro mettete il terzo più delle rose.

Pagina 62

Pigliarete un quartuccio di latte che sia puro e pigliarete il bianco di sei ove fresche, e pigliate onze dieci di zuccaro fino e pigliate quattro o cinque amandole e le pistarete con un poco di zesto di limone; e accioché le sudette amandole non facciano oglio, ci buttarete un poco di latte e lo meschiarete tutto insieme e lo passarete per servetta. E poi lo metterete dentro una cazarola netta e lo buttarete al foco mediocre, cioè né forte né lento, e una pietra in mezzo, |47v| e con una cocchiara di legno girate con diligenza di continuo; e per sapere se è cotto, ne buttarete un poco sopra un piatto. E quando sarà a perfezione lo buttarete in qualche cosa e lo potete servire in modo di pomata e a modo di crema e a modo di formagia gelata.

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Prendete sei biscottini molli e otto rossi d’ove fresche e li disfarete bene in una cazzarola e poi ci metterete dieci onze di zuccaro, e quando sarà ben maneggiato ci metterete un quartuccio di latte fresco un poco alla volta; ed incorporato che sarà tutt’insieme, lo cuocerete, e quando sarà cotto lo passarete per crivo e ci metterete quel odore che volete, e lo maneggiarete bene. E freddo che sarà, lo metterete in bozzone e lo gelarete forte; e per cavarlo da detto bozzone vi servirete d’una pagliazza bagnata in acqua calda, |31v| con girarla attorno detto bozzone, con prestezza lo cavarete. Se lo volete servire in piramide farete così. Quando è gelato il detto formaggio, lo metterete nella piramide e poi la detta piramide la metterete nel secchio del bozzone ben coperta di neve; e per cavarlo dalla detta piramide vi servirete della pagliazza come sopra.

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Prendete un quartuccio di latte, ci mettete il suo zuccaro come il solito, ova l’istesso come il solito, lo fate cocere; quando vi pare che sia incorporato, vi aggiungerete 6 oncie di formaggio parmeggiano in circa grattato, con maneggiare continuamente co-lla spatua. Fatto che sia, si gela al solito.

Pagina 65|66

Prenderete vostri succhi a proporzione che volete fare e lo metterete dentro il gileppo, che sia tirato alla piuma – se vi pare che siano troppo maturi li detti melangoli, l’aiutarete con un poco di limone –, e li fate cuocere a filo grosso. Poi che saranno sfatte, le potete aiutare con un poco di cannella sana, poi si cava fuori.

Pagina 61|62

Prenderete il detto ribes e lo metterete dentro a una paiazza, per dir meglio una pagliazza, e lo spremerete bene con tirargli fuori tutto il sugo, e poi prenderete tanto gileppo quanto è il detto sugo e lo tirarete alla gran piuma forte. Allora metterete dentro detto sugo e lo farete bollire un poco insieme, e poi lo riponerete in vasi e lo metterete per un paro di giorni in stufa. E quando ci mettete dentro il detto ribes, lo maneggiarete sempre; particolare, se ha da essere gelatina e se ha da essere syroppo tirarete il gileppo, cioè che resti cottura di piccolo filo, come il syroppo di capilvennero.

Pagina 29

Prendete un quartuccio di latte e otto gialli d’ova e otto onze di zuccaro e l’incorporate bene insieme, e poi lo cuocerete ad uso di formaggi gelati e li darete quel odore che più vi piace; e legato che averà, lo passarete per crivo e poi lo metterete in un piatto e lo darete in tavola. E se lo volete gelare, lo potete servire in chichere a uso di pappina.

Pagina 39|40

Tirarete alla piuma quattro tarì di zuccaro, overo gileppo fatto, se ce n’avete, e poi pistarete 4 onze di cannella fina con 4 noci moscate e un’onza di garofali, e pistarete bene ogni cosa insieme. Di più pistarete tarì due d’amandole ben raffinate, di più pistarete tarì due di confettura diversa, cioè marmolate, se n’avete di diverse sorti; di più confettura tagliata tarì due in piccoli pezzi, amandole sane tarì quattro, farina tarì quattro. Tirato ch’avete il gileppo alla piuma, li gettarete dentro la confettura pesta, cioè la marmolata, con sempre maneggiare con un bastone, e poi li gettarete dentro la pasta d’amandole peste, e poi li gettarete dentro l’amandole intiere; e poi gettarete dentro la farina, |2v| che prima la mesticarete con li aromati pesti. Gettarete ogni cosa insieme e mesticarete insieme bene ogni cosa con prestezza, e poi gettarete la detta robba sopra una tavola e ne farete li pani, e poi li farete cuocere nel forno temperato a uso di biscottini e li lasciarete ben biscottare. E cavati che l’avete dal forno, gli farete la vostra ingiazzata sopra col zuccaro e chiaro d’ova, e poi con un coperchio di forno lo tornarete a cuocere a uso d’ove amarenche; e li potete mascarare ancora di pasta di pestacchi con farli de’ lavori. Per cuocerli, vi servirete di lande sotto a uso di biscottini duri; e questa è robba che resta quanto volete.

Pagina 24|25

Battete bene li gialli soli. Battuti che siano, metterete un poco di zesto di qualche cosa e meschiate bene assieme, metterete a cocinare gileppo alla piuma, poi mettete li detti gialli dentro, lasciateli cocinare. Doppo che si fa come una frittaglia, si volta per l’altra parte; rossa che sia, mettetela sopra una grata di ferro per scolare, e doppo mettetici un poco di mompareglia sopra e lasciatela nella stufa. Per servirvi, la tagliarete come vi piace.

Pagina 57

Prendete li ginepri ben maturi e poi li biancheggiarete bene e poi li pistarete e li passarete per crivo; e poi tirarete il vostro gileppo alla perla e li gettarete dentro la vostra pasta con ben maneggiarla. E maneggiata bene che sarà, la passarete per un crivo di rame, se n’avete, o pure passatoro, e poi la tornarete al foco e la farete bollire insino che torni il buon filo; sarà a perfettione. E questa robba è assai callida.

Pagina 26

Tirate il vostro gileppo alla perla e ponetelo alle lande; freddo un poco che sia, poneteli detto caffè, pistacci o cacau che sia, poneteci per di sopra una piccola graticella con alcuni sassi di sopra e ponetele alla stufa con una landa di rame, e si lasciano sino all’indomani. E se l’indomani vi pare che non abbiano presa la grana sufficiente, scolate il sudetto gileppo piano piano e tornate a riscaldarlo e tornate a rimetterle nelle lande e ponetele nella stufa, l’indomani vederete se saranno a perfettione; le scolarete sopra un’altra grata, le romperete a modo vostro e le metterete nella stufa.

Pagina 59

Prendete il latte e lo cuocerete e ci metterete tre o quattro gialli d’ove per quartuccio. E cotto che sarà, ci metterete ancora un terzo d’acqua per quartuccio e l’incorporarete bene insieme e ci metterete onze sette e mezza di zuccaro per quartuccio, e poi gelarete con darli qualche odore, e sarà a perfezzione.

Pagina 54

Prenderete le dette che siano delle più lisce e verde, cioè quando principiano ad essere un poco gialle; poi li spartite per la mettà di lunghezza e le farete biancheggiare, ma che |57v| siano ben cotte, e poi con diligenza ci levarete il suo acito. Per qualche giorno li lasciarete in acqua fresca per levarci il suo amaro, il resto vi regolarete come le chinese in composta. E se volete, anco a secco sono esquisite.

Pagina 63

Prendete la sonza secondo la quantità che vi pare conveniente, la tenete nell’acqua fresca per otto o sette giorni, con mutarci l’acqua tre o quattro volte il giorno, poi lavarla bene. Levateci con diligenza la pelle e file che ci sarà, poi pestatela bene senza foco, la metterete ne’ piatti con metterci gelsomini. Ogni giorno levare li passati e metterci li freschi per 35 o pure 40 giorni, poi li ponerete alli vasi e si conserva.

Pagina 69

Prendete le cotogne mature, le mondarete e poi le gettarete e biancheggiarete e le buttarete in acqua fresca; le scolarete bene ma senza spremerli. Tirarete il vostro gileppo alla piuma e li gettarete dentro detta pasta con sempre maneggiarla, e quando vedete che fa il filo forte la cavarete e la metterete in vasi; e se la mettete in tazze, le metterete alla stufa come farete ancora li barattoli con lasciarli stare ivi cinque o sei giorni; e sarà a perfezione. E se ne volete fare conserva, più fina la pestarete doppo biancheggiata, e la passarete per crivo, ed il resto come le altre conserve.

Pagina 53

Prenderete le vostre amandole e le mondarete e poi le pistarete nel mortaro col metterci un poco d’acqua di zagari, secondo che si vien pestando. E ben pestate che saranno e ben fine, ci metterete il vostro zuccaro ben fino e asciutto di stufa un poco la volta; e finito che sarà di metterci il zuccaro e ben incorporata che sarà la detta pasta, la passarete per sirenga sopra a carte spolverizzate con zuccaro e li cuocerete. E se li cuocete al forno vi servirete di lande sotto, e per farli ingiazzati farete cossì. La sua dosa è tante amandole e tanto zuccaro e quattro giarni d’ove per tarì.

Pagina 25|26

Prenderete li pistacchi e li mondate, e poi li pestarete con mettere nel mortaio un poco d’acqua di zagari. E ben pesti che saranno, li gettarete sopra il zuccaro ben fino, e poi pestarete bene insino che vien la pasta a dovere, e poi la passarete per sirenga sopra alla carta; e la carta prima la spolvizzarete col zuccaro. E se in cambio del zuccaro vi volete servire del gileppo, prenderete tanto gileppo quanto è la pasta e lo tirarete alla piuma, e allora li gettarete sopra detta pasta con maneggiarla di continuo, e quando vi parerà cotta la cavarete e la passarete per sirenga; quando sarà mezza asciutta la cuocerete appena che piglia colore che sarà cotta. E se li volete mascarare, prima li metterete alla stufa e poi vi servirete di bianco d’ove e zuccaro. E simile li farete d’aman|10v|dole e di pignoli e d’altre sorti di robbe che vi piace; di cannella ancora, con servirvi però dell’amandole.

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Prenderete la scorcia del detto melone e ci levate bene il verde e ’l rosso e lo fate nel sale come la carabazza, e vi regolate del remanente come la detta carabazza.

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Prenderete del zuccaro in pane, li darete una pistata legiermente e poi lo passarete per setaccio fino acciò levarete quel zuccaro minuto e lo ripassante per un setaccio più lasco acciò venga il zuccaro granito. E poi prenderete una caldaia volante e lo passarete come l’anisi e il zuccaro l’istessa cottura, e quando sarà a dovere la passi per setaccio e la conservi in stufa; e questa è la monpereglia bianca. La rossa, V. S. tingerà il zuccaro con cocciniglia preparata, la gialla con gomma gutta, la verde con indico fino, e saranno a perfettione.

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Prendete un poco di gomma di dragante e la metterete i-nfusione con l’agro di limone secondo la quantità che volete, e la lasciarete stare inn-ammollo un paro di giorni. E poi la passarete per una pagliazza e la metterete nel mortaro e la raffinate bene, e poi vi verrete mettendo il zuccaro ben fino e l’intostarete co ’1 zuccaro ad uso di pastiglie, e poi ne farete minute rotellette ad uso di occhi di grancio, e poi le buttarete alla stufa. E se gli vorrete dare qualche odore, glielo darete avanti di principiare a mettere il zuccaro.

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Prendeteli mediocramente, che non siano né troppo grande né troppo piccole, e le fate biancheggiare le sudette come le lesandrine – quella che vi pare un poco duretta, ci passarete un poco la spingola per le parti più dure o sode –. S’avertisce di non lasciare bollire la detta robba, rompiteli sempre il bullo; poi finito di biancheggiare, mettetele nell’acqua frescha per due o tre giorni, poi ci mettete il gileppo, che non sia tanto caldo nel principio per non fare patire il frutto, senza mai cavarli dalla lembia. Per la quarta, fatele scolare sopra una grada, dateli cottura, il zuccaro a filo grosso, e metterete le dette nocipersiche e ci darete un bullo, e lasciatele raffreddare un poco e poi le metterete nelli fiaschi con acquavita come le lesandrine se volete servirvi della composta, o per li frutti gelati pasateli dal gileppo. Lasciatele scolare bene sopra |65v| la grada, poi mettetele âssuttare al sole o alla stufa, poi vi servirete della detta robba come li altri gelati, con metterci rossetto carrico per le parti di fuori; doppo d’essere gelate, vi potete servire delle istesse forme delle persiche. Avertite di pistarci anche un poco delle sue ossa per darci sapore.

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Prenderete l’annesi della quantità che volete e li metterete in un lambiccatore con un poco di tartaro e acqua, e lo lambiccarete ad uso d’acquavita; e per ricaparlo vi servirete d’un trattoro e una pila con l’acqua. E questo estratto serve per dare l’odore a quel che volete.

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Prenderete delli bianchi dell’ove fresche secondo la quantità che volete e li sbatterete a uso di biscottini; e ben sbattuti che saranno, ci metterete dentro il zuccaro ben fino e asciutto, cioè ogni bianco d’ovo ci metterete due cocchiari e mezzo di zuccaro. E ben maneggiato che sarà detta robba, la cavarete sopra un foglio di carta con un cocchiaro e li darete la forma di mezzo ovo; e messi che l’averete tutte in carta, li spolvizzarete con zuccaro sopra ancora, e poi con un coperchio di fornello li cuocerete, cioè senza metterli foco sotto, abbasta il detto coperchio a metterglielo sopra con il caldo temperato. E quando principiano |12v| a prendere colore, gli levarete il fuoco e li distaccarete da detta carta con un coltello e li congiungerete uno con l’altro; e dentro vi potete mettere o un pistacchio o un pignolo o una fravola o un cereso senz’osso. Gli potete dare ancora qualche odore, cioè cannella o ciccolata spolverizzata; e d’agrume, cedro, limeone li grattarete sottilmente, e poi li spremerete bene con una pezza e ci metterete la detta robba grattata.

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Prendete tredici ove fresche e sbatterete bene li bianchi ad uso di biscottini, doppo ci metterete un giallo d’ovo alla volta, e sempre sequitando a sbattere; e finiti di mettervi i gialli d’ova, ci metterete dieci onze di zuccaro fino asciutto, cioè un cocchiaro la volta. E finito che avete il zuccaro, ed ancora ben sbattuto, ci metterete nove onze di l’amito ben raffinato ancora un poco la volta; e finito ch’averete di sbattere tutto insieme per lo spazio d’un’ora, ci metterete un poco di anisi ben pesti e raspatura di bergamotte o d’altre agrume o di cannella. Poi farete le vostre forme di carte in quarto foglio e le ammezzarete con la detta robba e le spolverizzarete con zuccaro e le cuocerete a caldo temperato, e sarà a perfezione. Se lo cuocete in forno di ferro, dateli poco foco sotto, altrimenti non vi alzeranno.

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Prendete li pistacchi della quantità che volete fare. Mondi, li pistarete con un poco d’acqua e quando saranno ben pesti prenderete sei biscottini, otto gialli d’ove e dodeci onze di zuccaro e disfarete bene ogni cosa insieme; vi metterete il latte e poi li pistacchi e maneggiarete ogni cosa insieme; lo cuocerete, e quando averà legato lo levarete dal fuoco e lo passarete per crivo e li darete quell’odore che più vi piacerà. E poi ci metterete mezzo quartuccio d’acqua e misticarete bene e poi lo gelarete, e quando vi sarà mezza gelata ci metterete dentro un poco di pistacchi con un poco di confettura tagliata; e ben gelata che sarà, la servirete in tazze e cocchiaroni. E la sua dosa è ogni quartuccio di latte vuole |33r| mezzo quartuccio d’acqua e onze dodici di zuccaro, sei biscottini, otto rossi d’ove, quattro o cinque onze di pistacchi. E per farla venire più colorita, vi servirete di b.. .b.. .ta.

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Prendete li detti cedri e li mondarete di fuori e li polirete dentro, e poi li depezzarete e poi li biancheggiarete bene; e poi li lasciarete stare tre o quattro giorni nell’acqua con mutargliela ogni giorno e poi li colarete bene in una pagliazza. E ben spremuti che l’averete, li pestarete bene, e quando son pistati, le passarete per crivo; e poi la detta pasta la metterete in una cazzarola e la farete bene asciuttare al fuoco, e quando vedete che sia asciutta a dovere, li gettarete sopra il gileppo, che sia a cottura di gran piuma. E secondo che venite mettendo il detto gileppo, sempre verrete maneggiando la detta pasta, e quando vedete che gileppo ci n’avete messo abastanza, sequitarete a far bollire la detta robba; e quando vedete si distacca bene dalla cocchiara, allora sarà cotta a perfettione; e la levate |13v| dal foco e con un cocchiaro la cavarete sopra le lande, con darli la forma di mezz’ove. E cavate che l’avete, le metterete alla stufa, e doppo le 24 ore le levarete dalle lande e le metterete in un crivo con attaccarle un co-1’altra e tornarete a metterle in stufa, ove le lasciarete stare insino che non l’averete da adoprare. E di questa maniera le potete fare di tutte le sorti d’agrume e di frutti; e se li fate di Portugallo, non occorre d’asciuttare al foco la detta pasta, solo gli darete un poco d’odore d’acqua di zagari. E queste paste quando saranno bene asciutte le potete condire, e cercate di dargli sempre qualche odore dell’istessa sorte che farete.

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Prenderete gomma dragante e li spremerete sopra il sugo di tre o quattro limoni secondo la quantità che volete e la lasciarete stare i-nfusione due o tre giorni, con maneggiarla ogni giorno, con aggiungerci un poco d’acqua secondo il bisogno; e poi la passerete per pezza e la metterete in un mortaro con ben maneggiarla. E prenderete un pezzetto d’ambra e lo macinarete in un mortaro di bronzo con un cocchiaro di zuccaro, e poi il misticarete con la detta robba; e ben maneggiata che sarà, ci verrete mettendo dentro del zuccaro fino e asciutto, e quando l’avrete ben pesta e fatta tosta a dovere, gli darete la forma come quelle rosse. E se non li |12r| volete dare l’odor d’ambra, gli potete dare quello che vi piace per odore, e poi alla stufa. E se n’avete fretta, in cambio della gomma vi potete servire del bianco d’ovo; poi se volete farle negre, vi servirete di caffè o cicolata.

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Prenderete quattordici onze d’acquavita repassata, cannella mezza onza, garofali mezza onza, magis mezza onza, anesi una quarta d’onza, radica d’angelica odorata mezza onza. Metterete tutto intiero dentro al lambiccatore con la detta acquavita, e li metterete un poco di cenere calda sotto per farla formentare, ove la lasciarete per cinque o sei ore, e poi la lambiccarete con diligenza e con foco dolce, e ne cavarete sette onze di spirito, e più si è buona; e poi prenderete cinque tarì di zuccaro e lo purificarete bene e lo passarete per manica, e poi |3v| lo cuocerete a filo forte, e cotto che è lo levarete dal foco, e lo gettarete sopra subito il detto spirito e lo maneggiarete bene, e freddo che sarà lo metterete in fiaschi ove lo lasciarete stare otto o dieci giorni, e poi lo mutarete, e sarà a perfettione. S’avertisce prima d’infiascarlo lo passarete due o tre volte per manica, e cercate di riponerlo tutto insieme, e più starà più si farà megliore.

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Prenderete dell’acquavita buona e tornarete a lambiccarla con metterci dentro delle scorcie, cioè torniatura di Portogallo, di cedri e di limeoni, e ne lambiccarete insino che viene forte; e poi prenderete tant’acqua quant’è detta acquavita e ci metterete quattro onze di zuccaro per tarì ben raffinato, e maneggiarete bene ogni cosa insieme, e poi la fate posare almeno un mese. E se la volete fare più presto, metterete il zuccaro nell’acqua che avete da mettere in detta acquavita, con passarla sei o sette volte per manica insino che vien polita; allora misticarete ogni cosa insieme, e sarà fatto.

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Prendete le vostre amarene e le disfarete e poi prenderete la vostra acquavita ripassata e la metterete i-nfusione con le dette amarene e con un poco di cannella pistata e una dozzena di garofali, e ce le lasciarete stare quattro o cinque ore i-nfusione; e poi la colarete e ci metterete il vostro zuccaro e la passarete per manica, se n’avete fretta, se non la lasciarete posare da sé. La sua dosa un quartuccio di sugo – dico sugo d’amarene –, tre quartucci d’acquavita ripassata e un rotolo di zuccaro e non altro.

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Prenderete la cannella secondo la quantità dell’acquavita e la pestarete non molto fina con qualche garofalo, e poi ci metterete i-nfusione la detta acquavita e ce la lasciarete stare sei o sette ore; e poi la colarete e ci metterete il gileppo a discrizione, e poi la passarete per manica insino che vien chiara. E se vi servite del zuccaro, ogni quartuccio d’acquavita vuole sette onze e mezza di zuccaro.

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Prenderete i garofali verdi incarnati e li tagliarete il verde e il bianco delle frondi e il rosso lo metterete i-nfusione nell’acquavita, e ce li lasciarete stare una dozzena di giorni, con otto o dieci garofali asciutti mezzi pesti. Poi passarete la detta acquavita e ci metterete il vostro zuccaro e la passarete bene insino che venga chiara, e sarà a perfezione.

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Prenderete i ginepri e gli darete una mezza pistata e li metterete i-nfusione nell’acquavita un poco di giorni insino che vi pare abbia preso, e poi ci metterete il gileppo a vostro genio, benché la dosa sia otto onze per quartuccio d’acquavita. E se la volete fare più buona, lambiccarete i sudetti ginepri con l’acquavita.

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Prenderete la melissa e gli levarete il piede duro e il resto lo pestarete legiermente, e poi la detta erba la metterete dentro il lambiccatoro e ci metterete dentro dell’acquavita e la lambiccarete a uso d’acquavita; e quando vedete che non vien più con spirito la lasciarete. E poi, fredda che sarà, ci metterete otto onze di zuccaro per quartuccio, e più se bisogna, e poi lo passarete sei o sette volte per manica, e sarà a perfezione. La melissa è a discrezione, secondo sarà l’acquavita.

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Prendete il persico più odoroso e lo mondarete – la quantità a discrizione –; e prenderete l’amandole di detto persico e le fraccarete e poi prenderete le scorze d’esso e li darete una mezza pistata, particolare a l’osse. E cossì li metterete in un lambiccatore con l’acquavita i-nfusione e serrarete bene detto lambiccatore e lo metterete sopra la cenere calda, ove lo lasciarete stare ventiquattro ore in detta infusione; e poi lo lambiccarete a uso |20v| d’acquavita e poi ci metterete otto onze di zuccaro per quartuccio. E si è troppo grosso et gagliardo, servitevi d’acqua.

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Prenderete l’agro di limeoni secondo la quantità che ne volete e lo passarete per pezza. E poi prenderete il gileppo e lo tirarete alla gran piuma forte e poi lo levarete dal foco, e con maneggiarlo di continuo ci metterete dentro detto agro e lo seguitarete a maneggiare. E quando principierà a gelarsi, la metterete nelle scatole, e dove più vi sarà commodo e quando ve ne volete servire per gelare. La sua dosa è ogni quartuccio d’acqua vuole sette onze o otto di detta robba con disfarla bene in dett’acqua; e ci potrete mettere un poco d’odore d’ambra ancora.

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Prendete delle semenze di meloni e le mondarete e poi le pistarete ben fine con un poco d’acqua di zagari; e quando saranno ben peste, prenderete il gileppo e lo tirarete alla gran piuma forte, lo levarete dal foco e lo maneggiarete di continuo, e vi metterete dentro dette semenze e le maneggiarete bene; e quando sarà bene incorporato lo metterete nelle scatole. E quando lo fate, la sua dosa è sei onze di semenza, vuole due libre di zuccaro; e quando l’avete da gelare, ogni quartuccio d’acqua vuole sette onze e menza di detta robba con ben disfarla in detta acqua.

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Prenderete de limeoni secondo la quantità che volete fare e gli levarete la scorza sottilmente e li metterete in una limbia; spremerete li detti limeoni sopra le scorcie e, quando sono state un buon quarto d’ora i-nfusione, le scolarete in una pagliazza e poi tirarete il vostro gileppo a filo grosso. |27r| Allora li gettarete dentro il detto agro e lo farete bollire un misarere e lo levarete dalla detta caldara, perché l’agro prende di rame, e cercate di lasciarlo a cottura di piccolo filo. E cossì farete l’agro granito, solo cercarete polire bene da quelle pellarette la detta grana, e il resto come sopra; l’agro lo metterete a discrizione.

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Prenderete le visciole ben mature. Il suco cavarete da quelle con una pagliazza e poi prenderete il gileppo e lo tirarete alla gran piuma forte e lo levarete dal foco e lo principiarete a maneggiare, e poi ci metterete dentro dette visciole con ben maneggiarle. E quando vedete che si principia a gelare lo metterete in scatole, e sarà fatto; e la sua dosa è un terzo più di gileppo. E quando l’avete da adoperare, ogni quartuccio d’acqua vuole sette onze e mezza di detta roba con ben disfarla con detta acqua, ma megliore è in syroppo. E simile la farete di fravole, ma quando la disfate |18v| la potete passare per crivo, e vi verrà megliore se prendete le dette fravole e li gettate sopra un poco d’acqua bollita e poi passarla per pagliazza; e la dosa come sopra.

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Tirarete vostro zuccaro a tavoletta; quando arriva a quella cottura, ci metterete un poco di zuccaro fino con un poco d’agro di limeone, che sia ben battuta – questa sudetta robba la tenerete pronta –. Arrivato il detto zuccaro al dovere, ci metterete queste dentro e meschiarete sempre, avertendo di tenere le forme unte, le statuette, d’oglio d’amandole dolce, o pure un poco di menteca fresca; per buttare la detta robba dentro, avertite che le dette forme siano ben legate con li tasselli; fredde che siano, sciogliete con diligenza e servitevi per dove volete, sopra li trionfi sono buonissime. |59r| Con l’istessa composizione del sudetto, vi potete servire anche per fare statuette d’altro colore; se fa di bisogno, niente altro che giungere un poco di cocciniglia per li rossetti; per li torchini, un poco d’indico sciolto nel gileppo, mentre che si purifica il detto gileppo; per il giarno, gomma dragante. S’avertisce che quando traggettate il gileppo, si lascia un poco raffreddare prima; se volete traggettare alla caramella, potete ancora fare, cioè senza nessun colore, e sarà tutto a perfettione, eccetto che questa robba è bono di conservarla sempre in loco asciutto per poterla sempre meglior servire.

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Si piglia un quartuccio d’acquavita della buona e se gli mette la seguente robba: scorcia di bergamotto mezz’oncia, legno aloes mezza quarta, scorza di mezzo pomo fresco, angelica odorosa una quarta, archemes confettione due coccie, ambra grisa un goccio, muschio un goccio, rose rosse secche una quarta, cogliandri una quarta, anisi una quarta, semenza di finocchi mezza quarta, acqua rosa due oncie, scorza di mezzo merangolo di Portogallo, |66v| zuccaro fino di Lisbona un quarto, un poco più di mezzo grano di zafrana per la tintura. Il tutto si mette i-nfusione dentro l’acquavita ed ogni giorno si mescola la sudetta robba sino al quarto giorno; al quinto poi si passa per la carta, e sarà buonissimo.

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Prendete li fiori d’aranci agri e li caparete, cioè prenderete le semplici fronde, e poi tirarete il gileppo alla piuma, e allora li gettarete dentro li vostri fiori e li farete cuocere insino che arrivi a cottura di principio di caramella. Allora ci metterete un poco di bianco d’ove disfatto nel zuccaro e le maneggiarete con prestezza, poi lo lasciarete alzare; quando sarà freddo, tornarete a riscaldare la cazzarola per cavarla. E la potete fare in tazze di vetro ancora.

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Se volete gelarlo in un bozzone di due quartucci, farete così. Prima prendete mezz’onza di cannella buona e la pistarete bene e poi la metterete i-nfusione dentro un buon quartuccio d’acqua; prenderete il vostro melone che sia ben rosso, ricaparete tutto il bono con levargli la semenza e ne farete piccoli |34v| pezzi e li metterete nel bozzone bene aggiustati, con un poco di confettura in fondo e attorno. Colarete poi la vostra acqua di cannella e la gettarete in detto bozzone che la detta acqua copra bene il detto melone, e nella detta acqua di cannella ci buttarete quindeci onze di zuccaro per mezzo quartuccio; e gettata che l’avete in detto bozzone, lo gelarete ma bene. E quando sarà ben gelato, lo coprirete di neve e lo lasciarete stare un buon quarto d’ora, se non avete fretta, e poi lo cavarete intiero con pezza bagnata con acqua calda e lo servirete subito.

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Primieramente purificate il vostro zuccaro e lo stringerete alla gran piuma, poi metterete un poco del bianco d’ova fresco con un poco di zuccaro, che sia ben battuto, poi ci buttarete un poco con un cocchiarino dentro, con girare di continuo, sinché vi pare sia ben montato, poi ponetelo dentro un cascione di carta bianca e con una pala di ferro che sarà calda ce la metterete per sopra per mantenere la sua altezza. Poi se lo volete fare di zuccaro in pani, sarà assai megliore nella medesima forma, e sarà perfetto.

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Lo formarete come vi piace sopra un piatto, poi le coprirete con pasta di marenche, cioè assai meno zuccaro di detta pasta, ci passarete per sitaccio zuccaro fino, con coverchio di forno di campagna li cocite con foco moderato, sino che piglia un poco di colore. Poi freddo che sia, lo potete servire in più volte, se volete.

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Cera oncie tre, un’oncia di trimintina, vi metterete un poco di verderame a discrezzione, e che sia ben fino, poi rimischiato insieme si butta dentro un poco d’acqua; prendete con le mani, maneggiatelo bene e fatelo come un ceroto. Vi servite per il bisogno.

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Prendete amandole peste un rotolo, un poco di cannella, garofoli sani e li pestarete bene e vi aggiungerete residuo di diverse confetture, e se avete castagna, qualche rottame, doppo biancheggiate le potete aggiungere anche con essere ben pestate con la detta confettura e risidui di gileppi. Doppo che la detta composizione sia ben mescolata assieme, la indurarete con farina, la maneggiate bene e poi fate pezzi lunghi come vi pare e li farete cuocere a biscottate; e biscottate che siano, cioè quando saranno mezzi cotti, li cavarete fuori dal forno e li lascerete raffreddare. Freddi che saranno li tagliate a modo di biscottini o di mostazoli, come vi piace, |54v| poi tornarete a rimetterli nel forno per biscottarli. Biscottati che siano, ci potete passare cicolata, cannella, pistacci, zesto di cetrato; doppo aver posto la detta copertura, metteteli alla stofa, e ve ne servirete per lungo tempo. Per un piatto d’amandole potete mettere due e mezzo di farina, per dolcirle metterete a discrezzione.

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Primieramente ci levarete di dentro il suo latte con un piccolo cocchiarino; tutto poi l’empirete di dentro di quel gelato che vi piace, con tenere sempre un bozzone pronto, che sia ben gelato e stivato con neve – fra essi sempre metterete carta dentro il bozzone acciò non si attacchino un co-l’altro –. Finito che l’averete d’empire, copritelo detto bozzone bene con neve per un’ora e mezza di tempo, poi cavateli e fateli servire sopra li fondi di porcellana con foglie di sotto.

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Quando volete chiarire il sudetto, mettetici un poco di latte e battetelo bene assieme; poi lasciatelo riposare un tantino e fatelo passare in qualche cosa, vi viene come cristallo chiaro. Per quello che vi fa bisogno, vi potete servire.

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Prendete l’agresta secondo la quantità che volete e la pestarete, e poi li gettarete l’acqua che volete gelare, e maneggiandola la passarete per pagliazza. E poi ci metterete sette onze e mezza di zuccaro per quartuccio d’essa, e li darete qualche odore che più vi gradisce e l’aggiazzarete.

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Prendete le sudette, le pestarete bene e doppo le passarete per setaccio. Poi vi aggiungerete del gileppo a discrezzione con un poco d’acqua di cannella, e sarà fatto. Cossì, per esempio, se volete fare la formaggia de dette pere, ci incorporarete più della dosa, lo resto come l’altre formaggie di melone d’acqua, con strigare bene il rosso de’ meloni, poi li metterete un poco d’acqua di cannella e zuccaro puro e passatelo per crivo e gelatelo. È sempre bono d’aggiungere un poco di pezza rossa.

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Prendete le semenze di meloni e le lavarete – la quantità però a discrezione –, le pestarete bene, così le gettarete sopra tutta l’acqua che volete gelare; maneggiate, le passarete per pagliazza, ci gettarete onze 7 ½ di zuccaro, li darete qualche odore e la gelarete.

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Pigliate un mezzo di latte puro e un mezzo di crema di latte e onze otto di zuccaro fino ben crivato e lo rimeschiate insieme, ben tanto si batte finché monta la schiuma. Pigliate col cocchiaro quella schiuma e si posa dentro delle tazze e che si mettono dentro una cassetta di rame fatta d’un modo che le tazze sudette restano ferme con la loro distanza una dall’altra, cioè luogo da potersi mettere la neve intorno; dopoi si serra detta cassetta con suo coverchio e si butta altra neve di sopra. E quando |47r| pensate esser a tempo giusto, si pigliano sopra un cabarrè e si servono.

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Prenderete due oncie di cicolata per tazza che sia della buona, un’oncia di zuccaro fino e fatela cuocere bene – per vedere se sia cotta prenderete un cocchiarino d’argento, quando vedete che il cocchiarino si tenge, sarà già cotta –; poi levatela a raffreddare. Fredda che sia, ci mettete due rosse d’ove fresche e un poco d’acqua di cannella, se ne avete, e battetela bene; a misura che fate la schiuma, buttatela dentro un bozzone, che già averete fatto stivare con la neve. Stivato bene che sia detta schiuma nel detto bozzone, fatelo gelare, e servitevi come vi piace in tazze o nei piattini, e sarà perfetta.

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Cocinate il latte bene stretto, poi levatelo dal foco e vi aggiungerete amandole piste dolce con un poco d’amare e ripassatele bene per il crivo; poi mettete il suo zuccaro con un poco d’acqua di fior d’arangi, poi fatela gelare. Di pistacci, però bisogna aiutarla con un poco di latte e ova, cioè il rosso. Per l’odore, ci metterete quello che vi piace; s’avertisce di passare il tutto per crivo. E fatelo gelare.

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Pigliate cinque quartucci d’acquavita, una quarta d’oncia di vaniglia, tre o quattro garofali, un poco di cannella, un cedrato tagliato in pezzi; metti tutto in un lambicco e distilla sino che non viene la flemma. Poi metti in un recipiente di vetro l’acquavita destillata ed aggiungevi mezzo rotolo di zuccaro in pane sciolto in poco d’acqua, una quarta d’oncia di cocciniglia pestata con un poco d’alume di rocca e un poco di cremor di tartaro, e metti tutto nell’acquavita per due o tre giorni, sinché sia chiarito; poi decanta il liquore per declinazione, e sarà fatto.

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Pestarete le vostre amandole, cioè farete la vostra pasta di marzapani, e poi ne farete i perli a uso di pasta e ci aggiustarete la vostra marmolata e lo coprirete con l’altro perlo, e poi ne farete i pezzetti a uso di marzapani. Seringate e poi li cuocerete, e sarà a perfettione.

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Prenderete un poco di cocciniglia e un poco di alume di rocca e un poco di cremor di tartaro e pestarete bene insieme. E poi prenderete una cazzarola con un poco d’acqua e la farete bollire, e quando bolle ci metterete dentro detta robba pesta; e quando ha bollito un poco, la passarete per pezza e ci sopramettete un mezzo limeone sopra la detta pezza, e poi la metterete in un vaso insieme con un poco di gomma dragante, e lasciarete star i-nfusione la detta robba un poco di giorni, con maneggiarla spesso. E poi metterete la detta robba in un mortaro, passarete per pezza maneggiandola bene e ci metterete dentro un poco di cannella fina ben setacciata, e poi ci verrete gettando sopra del zuccaro fino insino che la pasta verrà tosta a dovere. Allora ne farete piccoli pallottini e con un segello, e li farete l’impronta, o ne |11 v| farete pezzetti lunghi e quadri, cioè di diverse sorti, e li metterete alla stufa ove le lasciarete stare sempre.

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Passateli con zuccaro spolverizzato bene, poi vi potete servire.

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Prendete butiro fresco, lo lavarete bene con l’acqua fresca; scolato bene che sia, per una servetta manipulatelo con poco di cannella e qualche zesto e zuccaro e passatelo per serencha; poi dirizzato che sia, ci metterete qualche torniatura per di sopra, tirate del gileppo, poi un poco di cannella sopra e fatelo servire. Per le prune nere secche, passateli un poco di zuccaro spolverizzato, poi scotulateli per la fine.

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Prendete un rotolo di zuccaro, lo farete fondere con un poco d’acqua, doppo ci metterete mezzo rotolo d’amandole senza levare la seconda scorza o pelle, le pestarete bene, doppo le metterete dentro al sudetto zuccaro, sempre però girando con spatola, poi giungerete un poco di cannella pestata, un poco di torniatura ben pesta. Quando vi pare indurita detta compositione, mettete mezzo rotolo di farina di Maiorica, poco doppo levatela dal foco sempre remischiando, poi ne farete piccole palle e ci darete una craccata, le metterete al forno sopra le lande. Se volete ci potete dare la aggiazza.

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Prenderete un quarto di zuccaro purificato tirato alla piuma piccola, battete bene sei gialli d’ove e buttateli dentro moscatello, sempre sino che si fa come pasta. Levato dal foco, freddo che sia, infarinatelo bene con zuccaro fino, poi sporlongatelo sopra una tavola e fate piccole palle o piccole cavatelle come voi volete, avendo tirato un poco di gileppo alla piuma, e passateli poco a poco dentro come se avessi da tirare a secco, poi con prestezza infarinateli con mompareglia e metteteli sopra la carta bianca nella stufa. E ve ne servirete come li biscottini, ma non son bone per lungo tempo.

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