Anonimo Catalano

Trascrizione, revisione e edizione digitale a cura di Francesca Cupelloni

  • Sottotitolo:
  • Autore: Maestro Martino
  • Tipo opera: Manoscritto
  • Tipologia testo: Ricettario
  • Collocazione geografica: Toscana
  • Datazione: Sec. XV ultimo quarto
  • Luogo di edizione:
  • Collocazione (biblioteconomica o archivistica): Città del Vaticano, Bibl. Apostolica Vaticana, Urbinate latino 1203
  • Pubblicata il: 12/01/2022
  • Condizioni accesso: Open Access
  • Licenza di utilizzo: https://creativecommons.org/licenses/by-nc-nd/4.0/deed.it
  • Copyright: AtLiTeG
  • DOI: 10.35948/ATLITEG/Corpus/92

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Carne grossa di bove e di vacha vuole essere lessa. Carne di vitella: el petto vuole essere alesso e la lonza arosta et le coscie in polpette. Carne di castrone: tutto è buono alesso salvo la spalla che è buona arosto et etiamdio la coscia. Carne di porco non è sana in nullo modo; pure la schiena vuole essere arosto. Quando è fresco el resto, puoi insalare come ti piace. Carne di chapretto è tutta bona arosto e alesso, come ti piace, ma la parte dirieto è meglio arosto e similmente l’agnello. Carne di capra è bona del mese di gennaro con l’agliata. Della carne del cervo la parte dinanzi è buona in brodo lardieri, le loze si possano fare arroste e le coscie sono buone in pastello seccho ho in polpette. Et similmente è bona la carne del chapriolo. Carne di porco salvatico vole esse in peverata ho in civiero ho in brodo lardieri. Carne di lepre è tutta bona arosto, ma la parte di rieto è migliore e la parte dinanzi è buona in sapore come è dicto. Carne di coniglio è meglio arosto che in niuno altro modo e li lombi sono la miglior parte d’esso. Carne di orso è buona in pastelli.

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Per fare una crosta di piccioni ho pollastri ho capretti, in prima fa’ bollire la carne uno pocho che incominci a esse presso che cotta e poi taglia in pezi piccioli e frigila con uno buono lardo. Dapoi fa’ nella padella una crosta di pasta grossa come è quella delli pastelli e mettili dentro d’una carne, sopra giugnendovi delle prugne seche ho vero cerase. E di poi togli di buono agresto, uno pocho di bruodo grasso e otto ova, batti bene queste cose insieme e togli del petrosillo, maiorana e menta e batti bene queste herbe col coltello. E dipoi metti queste cose in una pignatta e ponila al fuocho, cioè sopra la bracia, tanto ch’el chuchiaro s’incominci ad inbrattare, mescholandola continuamente con lo dicto chuchiaro. Dipoi metti questo tale brodetto sopra la dicta crostata e dopo ponila al fuocho come se fusse una torta. E come pare che sia presa, ponila a tavola e fa’ che la dicta crostata sia dolce ho bruscha secondo el comune gusto ho como piace al patrone.

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Per fare diece minestre, habbi una libra di mandorle bene monde e bene peste, le quali distemperra’le con brodo di pollo grosso ho altro buon brodo, passandole per la stamigna, le metterai a bollire in uno vaso bene netto, agiungendovi due once di farina di riso stemperata e passata con el lacte di mandorle; e lasserai bollire per spatio di una hora, movendo e menando sempre collo chuchiaro, agiungendovi una meza libra e uno petto di cappone bene battuto e pesto, el quale sia stato cotto dal principio nel dicto latte. Et quando tutta questa compositione serà cotta, tu vi agiungerai un pocho di acqua rosata e, facendo le minestre, tu li metterai di sopra delle spetie dolce.

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Piglia delle mandorle secondo la quantità che tu vuoi, che siano bene mondate e bene peste. Et perché non faccino olio, come ho detto più volte, pestando, vi metti uno pocho di acqua frescha e piglierai uno pocho di mollica di pane biancho stata prima a molle nello agresto e pestarala con le dicte mandorle, agiungendovi del zenzevero biancho, cioè mondato a sufficientia. Et questa tale compositione distemperala e passerala con buono agresto, ho vero con sugo di melaranci ho di limoni, faccendolo dolce con lo zucharo ho brusco con agresto e pomi aranci più e mancho, secondo el gusto del tuo signore ho altri. Et tal sapore si vole dare con ogni alesso a tempo di carne o di quatragesima.

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Habbi della uva passa e pestala molto bene e habbi due ho tre fette di pane brustolato posto a molle nel vino rosso, più e mancho secondo la quantità che tu vuoi fare, et pesterai insieme le predecte cose. Poi piglierai uno pocho di vino rosso de sabba e d’agresto – e a cui non piacesse lo agresto, fara’lo con l’aceto, faccendolo dolce ho brusco secondo che ti piace. Et passera’ tutta questa compositione per la stamigna, agiungendovi poi di buona cannella e assai uno pocho di garofani e noci moscade peste.

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Habbi de’ rossi d’ova cotti duri e fegatelli di pollo cotti alesso e mandorle bruscolate, secondo la quantità che tu vorrai fare, et tutte queste cose pesta insieme molto bene con bono aceto ho agresto. Distempererai e passerai per la stamigna agiungendovi della cannella e uno pocho di zenzevero e del zucharo. Et nota che tal sapore vole esse un pocho cotto e fatto giallo con lo zafrano.

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Habbi le prugne e mettile a molle nel vino rosso e cavale fuora l’ossa e pesterale molto bene con uno pocho di mandorle non mondate e uno pocho di pane arostito e bruscolato, stato a molle nel predicto vino dove erano le prugne, e tutte queste cose pesterai insieme con uno pocho di agresto e di questo vino sopradicto e uno pocho di sabba ho vero zucharo (che serebbe molto meglio). Distempererai e passerai per la stamigna mettendovi dentro di bone spetie, spetialmente della cannella.

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Per fare la peperata vederai el capitolo di sopra, nel quale si tratta, e seguirai quanto li si conviene.

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Piglia petrosillo e serpillo e uno pocho di beta con qualche altra bona herbicina, con uno pocho di pepe e zenzevero e sale. Et pesta insieme molto bene ogni cosa distemperandolo con buono aceto forte, e passera’lo per la stamigna. E se vuoi che senta dello aglio, ne potra’ mettere a pestare insieme con le sopra dicte cose uno pocho di fronde di aglietti: e questo secondo el gusto a chi piace.

Pagina 115

Habbi le mandorle monde bianche e bene peste con una mollica di pane biancho e uno pocho di zenzevero e di canella e d’uno pocho di agresto e di vino rosso e sugo di pomi granati, agiungendovi con queste cose uno pocho di sandali. Poi distemperrai e passerai questa compositione con el vino rosso; la farai dolce e brusca secondo che ti piace.

Pagina 115

Piglia delle mandorle e zafrano e rossi di ova, e che le mandorle siano rotte, monde e peste come vogliano esse, e distemperale e passale con buono agresto, agiungendovi del zenzevero pesto.

Pagina 115

Habbi della bona uva nera e rompila molto bene in uno vaso, rompendo con essa uno pane ho mezo, secondo la quantità che vuoi fare. E mettivi uno pocho di buono agresto, ho vero aceto, perché la uva non sia tanto dolce. Et queste cose farai bollire al fuocho per ispatio di meza hora, agiugnendovi della cannella e zenzevero e altre buone spetiarie.

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Per fare uno soffritto di carne ho di piccioni ho pollastri ho chapretto, in prima nettali molto bene e tagliali in quarti ho vero in pezi piccioli e ponili in una pignatta a friggere con buono lardo, voltando spesse volte con uno chuchiaro. Et quando la carne è quasi cotta, getta fuori la maggiore parte del grasso della pignatta e dipoi togli del buono agresto, dui rossi d’uova e un pocho di buono brodo e di buone spetie e meschola queste cose inseme con tanto zaffarano che siano gialle e ponilo in la ditta pignatta insieme con la carne e lassala bollire ancora uno pocho tanto che tutte queste cose ti paino cotte. Dipoi togli un pocho di petrosillo battuto minuto e ponilo insieme con lo dicto soffritto in uno piattello e mandalo a tavola. Et questo tale soffritto vuole esse dolce ho agro secondo el commune gusto ho del patrone.

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Habbi delle mandorle monde e peste bene con uno pocho di mollica di pane biancho, et piglia li dicti moroni e macina con diligentia ogni cosa insieme. E non li dare colpo, né pestare, per non rompe quelli granelli piccinini che hanno dentro. Poi metti della cannella, del gengiano e uno pocho di noce moschada, e ogni cosa passa per la stamigna.

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Per fare simili sapori, seguirai l’ordine dato e descripto di sopra, nel capitolo di fare sapore di uva, ma el poterai fare differente. Di bollere più e mancho, secondo el suggetto, li metterai.

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Seguirai quello medesimo modo che è dicto qui di sopra del sapore delle cerase e dell’uva.

Pagina 116

Piglia la senapa e mettila a molle per due dì, mutandole spesso l’acqua per che sia più biancha. E habbi delle mandorle monde e peste come vogliano esse, et, quando saranno bene peste, metterai con essa la dicta senape e di nuovo le pesterai insieme molto bene. Poi habbi del bono agresto, ho vero aceto, pestandoli etiamdio una mollica di pane biancho; poi distemperala e passala per la stamigna e falla ho vuoi dolce, ho vuoi forte, come e’ te piace.

Pagina 116

Piglia la senapa e falla pestare molto bene e piglia della uva passa e pestala etiamdio bene quanto più puoi, e habbi uno pocho di pane bruscolato e uno pocho di sandali e della cannella e con uno pocho di agresto ho di aceto e sabba distempererai questa compositione e passerala per la stamigna.

Pagina 116

Habbi la senapa e pestala come è dicto di sopra, e habbi della uva passa molto bene pesta e con le dicte cose metti della cannella, uno pocho di garofani. Poi ne potrai fare pallottole tonde a modo di quelle che si tragono con l’archo, ho pezuoli quadri di quella grandeza che ti pare e piace, e li metterai per uno pezo asciugare sopra una tavola e, sciutti, tu le potrai portare di loco a loco dove tu vorrai. Et quando le vorrai usare, le potrai stemperare con uno pocho di agresto ho aceto ho vino cotto, cioè sabba.

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Piglia delle more salvatiche che nasceno nelle fratte e un pocho di mandorle bene peste, con uno pocho di gengiano, e queste cose distempererai con agresto e passerale per la stamigna.

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Habbi del pane e taglialo in fette e fallo brustolare e poi piglia del vino rosso, con uno pocho di aceto e di vino cotto, e mettarali dentro a bollire. Queste fette di pane poi le passerai per la stamigna giungendovi di buone spetie dolci e forti e farala gialla con uno pocho di zafrano.

Pagina 117

Piglia delle mandorle monde molto bene e falle pestare e, quando sono meze peste, metti dentro quella quantità di aglio che ti pare e insieme le farai molto bene pestare, buttandoli dentro uno pocho di acqua fresca perché non faccino olio. Poi piglierai una mollica di pane biancho e metterala a molle nel brodo magro di carne ho di pescie, secondo li tempi. E questa agliata potera’ servire e accomodare a tutte le stagioni, grasse e magre, come ti piacerà.

Pagina 117

Seguirai l’ordine del capitolo sopra scripto, excepto non bisogna che li metti brodo, ma piglierai della uva negra e con le mani la romperai molto bene in una pignatta ho altro vaso, e fara’lo bollire per meza hora; poi colerai questo mosto, col quale distempererai l’agliata. El simile si può fare colle cerase e questa agliata si può dare a tempo di carne ho di pesce, come ti piace.

Pagina 117

Per fare uno pastello in una pignatta, togli prima della carne e di buono grasso di vitello e tagliala bene minuta e mettila nella pignatta. E se con la dicta carne et grasso ti parrà ponervi pollastri ho piccioni, fa’ come ti piace e dipoi metti la pignatta longi dal fuoco sopra la bracia e, quando incomincia a bollire, fa’ che sia bene schiumata. Dipoi togli un pocho di uva passa e togli un pocho di cipolla tagliata minuta e fritta con uno pocho di buon lardo e metta insieme con lo lardo nella pignatta. Et quando ti parrà quasi cotta, mettivi di buono spetie e dello agresto. Et se ti pare, li puoi mette uno ho due rossi d’ova sbattuti. E quando el dicto pastello è cotto, mandalo a tavola.

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Piglierai d’una herba agra che si chiama “usiglie” ho “agreste”, e pestala molto bene seco, mettendovi uno pocho di sale. E haverai uno pocho di agresto vecchio, con el quale la distempererai passandola per la stamigna.

Pagina 117

Habbi delle pampane e pestale molto bene e, piacendoti, vi poterai mettere alcuna fronde di aglietto con uno pocho di mollica di pane e di sale, e queste cose insieme distempererai con aceto ho con agresto e passera’le per la stamigna.

Pagina 117

Piglia dello aglio, se ti piace, e del fiore del finochio del più dolce e migliore che tu possi havere, e pestali molto bene insieme mettendovi dello agresto novo e, con esso agresto, distempererai questa materia passandola per la stamigna. E fa’ che sia uno poco salato quanto bisogna.

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Vogliono esse li roselli un pocho verdi e non troppo fatti e non troppo maturi e pesti che li haverai molto bene. Li metterai a pestare con essi una spica di aglio a chi li piace, e a chi non lascia stare. Poi li distempererai con uno pocho di agresto e passerali per la stamigna.

Pagina 118

Togli li cornali che siano bene maturi e con la mano li romperai in una pignatta ho altro vaso, quanto più sia possibile. E con esso metterai buona quantità di agresto novo e del pepe e del sale assai e fara’li bollire per ispatio di due hore ho più e passera’li per una stamigna che sia bene larga, riponendo quello sugo in qualche arbarello ho altro bono vaso, dove lo habbi a conservare. Et nota che soprattutto vole esse bene salato e serà bono el dicto sugo a dare colore a ogni altro sapore, come meglio ti graderà.

Pagina 118

Piglia una libra e mezo di buon caso fresco e taglialo minuto e pestalo molto bene e piglia dodici ho quindici albumi – ho vero bianchi – di ova e macinali molto bene con questo caso agiungendovi meza libra di zucharo, meza oncia di zenzevero del più biancho che tu possi havere, similmente meza libra di strutto di porco bello e biancho ho, in luogo di strutto, altrettanto butiro bono e fresco. Item del lacte competentemente quanto basti, che sarà assai uno terzo di bochale. Poi farai la pasta – ho vero crosta – in la padella sottile come vole esse e metterala a quocere dandole el fuoco a bellagio, di sotto e di sopra, e farai che sia di sopra un pocho colorita per il chaldo del fuoco. Et quando ti pare cotta, chaccia fuori della padella e di sopra vi metterai del zucharo fino e di buona acqua rosata.

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Piglierai altrettanto caso, come è detto nel capitolo di sopra della torta biancha, e grattalo. Et nota che quanto è più grasso el caso, tanto è meglio. Poi habbi delle bietole, petrosillo e maiorana e, nettate e lavate che l’arai, battile molto bene con uno coltello e mettera’le insieme con questo caso, menandole e mescolandole con le mani tanto che siano bene incorporate, agiungendovi quattro ova e del pepe quanto basti e uno pocho di zafrano. Item di buono strutto ho vero butiro fresco, mescolando e incorporando tutte queste cose molto bene insieme come ho detto. Et questo pieno metterai in una padella con una crosta di sotto e una di sopra, dandoli el fuoco temperatamente e, quando ti pare che sia meza cotta, perché paia più bella, con uno rosso di ovo battuto, con uno pocho di zafrano, la farai gialla e, a cognoscere quando è cotta, ponerai mente quando la crosta di sopra si leverà e alzerà in suso, che allora starà bene e poterai levarla da fuoco.

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Piglia altrettanto caso fresco come è dicto di sopra e pestalo molto bene e habbi quindici ho sedici bianchi di ova con uno quarto ho circa di bono lacte e piglierai delle bietole in bona quantità, cioè per la magior parte, e della maiorana pocha, salvia assai, menta pocha, petrosillo assai. Et tutte queste herbe pesterai insieme molto bene premendone fuora el sugo e passandolo per la stamigna; il quale sugo metterai insieme colle cose predette mettendo con esso meza libra di bono strutto, ho vero di butiro fresco, e prenderai poche foglie di petrosillo e pochissime foglie di maiorana e, con uno coltello, le taglierai e batterai più minute che sia possibile e macinera’le molto bene nel mortaio incorporandole colle sopradicte cose, agiungendovi meza oncia di zengiavo biancho e otto once di zucharo. Et fa’ che tutta questa compositione sia bene mescolata in uno vaso, el quale metterai sopra le bracie, lontano dalla fiama del fuocho, menando continuamente collo chuchiaro ho altro instrumento atto a questo, tanto che ti paia che si cominci a pigliare a modo di uno brodetto. E, fatto questo, haverai apparechiata in la padella una pasta sottile e mettera’vi dentro queste cose sopradicte, cioè questo pieno, dandoli el fuoco temperatamente adagio, di sotto e di sopra, e, quando ti pare sia presa abastanza, chavala fuori e mettila di sopra del zucharo fino e della acqua rosata. Et simile torta ho herbolata che voglian dire, quanto è più verde, tanto è migliore e mostra più bella.

Pagina 119

Habbi delle zuche e mondale molto bene e grattale come gratti el chacio e fara’le un pocho bollire in uno buon brodo, ho vero in buon lacte, e piglierai tanta quantità di caso fresco quanto è dicto di sopra nelli dicti capitoli, giungendovi con esso e mescolandovi uno poco di caso vecchio, che sia bono. Et piglierai una libra di buona ventrescha di porco, ho vero una tetta di vitella, cotta molto bene alessa e battuta assai col coltello. Et volendo poterai in luogo di queste due cosa sopra dicte, se più ti piace, usare el butiro ho vero strutto, giugnendovi meza libra di zucharo, un pocho di zenzevero e di cannella, con uno bichieri di latte e sei ova et, come ti pare che le predicte zuche sono cotte, tirale fuora dell’acqua e passale per la stamigna. E farai gialla questa compositione col zafrano, poi la metterai nella padella solo con una pasta sottile di sotto e non di sopra e darali el fuoco temperatamente di sotto e di sopra. Et quando ti pare meza cotta, li gitterai di sopra in loco della crosta delle lasagne ben minuto. Et quando serà cotta abastanza, vi metterai suso di bon zucharo e acqua rosata.

Pagina 120

Similmente, secondo li tempi e le stagioni, potrai fare torte di rape e etiamdio di pere cotte, prima stagionate molto bene sotto la bracia, e etiamdio colle pome cotogne poterai fare, tagliandoli prima in quarti ho in pezi, mondandole e nettandole bene; e dentro le farai alessare in buono brodo. Et se più ti piace, le potrai etiamdio quocere sotto la bracia, che forsi saranno meglio, passandole sempre per la stamigna e giungendovi le altre cose sopradicte, come s’è dicto con la zucha.

Pagina 120

Per fare uno mirauso catelano, in prima togli piccioni ho pollastri ho caponi e conciali come si fanno a rosto e ponili a rostire nello spedo. E quando sieno mezi cotti, chavali fuora e dividili in quarti e dipoi dividi ogni quarto in quattro parti e ponili in una pignatta. Dipoi togli mandorle bruscolate sotto la cenere chalda e nettale con uno panno senza nettarle altremente e pestale. E poi togli due altre fette di pane uno pocho bruscolato e tre ho quattro rossi d’uova e pesta ogni cosa con le mandorle e distemperale con uno pocho di buono aceto e di brodo e passala per la stamigna e dipoi li metti nella detta pignatta sopra la carne, giungendovi di buono spetie e maxime chanella assai, gengiano e zucharo assai e dipoi metti la pignatta sopra la bracia e falla bollire per ispatio di una hora menandola sempre col chuchiaro. E, come sia cotto, manda questo cotale mirause a tavola in piattelli ho vero in minestre, che serà più conveniente.

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Per fare uno migliaccio per quattro ho cinque persone pesterai molto bene una libra di chacio del più fresco che si possa have (tanto che ti paia esse ritornato in latte) e haverai tre ho quattro once di fiore di farina e otto o diece bianchi di ova e meza libra di zucharo, mescolando tutte queste cose e incorporandole bene insieme. E se non havessi fiore di farina, habbi una mollica di pane biancho e grattusata bene minuta, mettendola in luogo di farina. E haverai la padella senza pasta, ho crosta, e in sul fondo dentro vi metterai di buono strutto, faccendone uno solo che sia alto un dito ho circa. E metterai la dicta padella in su le bracie tanto ch’el strutto sia bene chaldo e dentro vi butterai questa tale compositione dandoli el fuocho temperato sotto e sopra, come è dicto al’altre torte. E quando serà cotta, chavala fuori e di sopra vi metti di buon zucharo e acqua rosata.

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Habbi e fiori sgranandoli e levandoli pulitamente da quelli suoi ramicelli e con essi incorporerai molto bene tutta la materia che è scripta nel capitolo “di fare la torta biancha”, ma nota che questa tale compositione posta con li fiori vuole esse più stretta ho più spessa. Et questo perché li fiori si vengano bene a compartire e che ne sia tanto di sotto quanto in mezo e di sopra e per tutto equalmente.

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Togli que’ chaprioli che fa la vite e darale uno bollo, battendoli e pestandoli molto bene col coltello; similmente si fa colle rose rosse. E haverai di buon chacio fresco et una tetta di vitella bene alessata, battendo insieme ogni cosa bene. Et se più ti piace, in luogo della tetta potrai usare lo strutto, ho vero el butiro, mettendovi del gengiano e della cannella e del zucharo abastanza. E metterai questa tale compositione in una padella ponendovi una crosta di sotto e una di sopra e, quando è presso che cotta, forerai o bucerai la crosta di sopra in moltissimi luoghi (quasi per tutto) e, fornita che sarà di quocere, li metterai di sopra del zucharo e dell’acqua rosata in buona quantità, tanto che basti.

Pagina 121

Lava el riso e nettalo molto bene e fallo quocere in latte ho in buono brodo grasso, tanto che sia bene cotto, e poi lo chaverai fuora sopra uno taglieri e lassera’lo asciugare. E piglierai uno pocho di buon casio fresco pestato molto bene, giugnendovi diece biancha di ova, del zucharo e dell’acqua rosata e, ancora piacendoti, vi potrai mettere uno pocho di latte quanto tiene uno piccolo bichieri. Et mescolato bene ogni cosa insieme, la metterai bene a quocere in la padella osservando quello ordine e modo che è dicto di sopra della torta biancha. Et nota che questa richiede e vole minore quantità di chacio che l’altre torte soprascripte.

Pagina 121

Netta molto bene el farre e fallo quocere in buono brodo grasso e chavalo fuori asciugare, come s’è dicto del riso. Et piglierai una libra di chacio fresco e meza libra di buon cacio vecchio facendo pestare l’uno e l’altro; grattare come si costuma di fare. E haverai una ventrescha di porco ho una tetta di vitella tanto chotta che quasi sia disfatta e bene battuta con el coltello, giungendoli di bone spetie e del zucharo (s’el ti piace) e quindici ova con uno pocho di zafrano. Et mescolate bene queste cose insieme solo con la crosta di sotto, la metterai a quocere in la padella e, quando ti pare che sia presso che cotta, habbi delle lasagne bene seche e mettile di sopra e spesso e lascerai quoce un pocho più e, fornita che sia di quocere, li metterai di sopra del zucharo e dell’acqua rosata.

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Prenderai di qual si voglia ho ti piace di queste carni nominate qui sovrascripte, faccendola prima lessare e che habbia del magro e del grasso e, chavatone fuora ogni nervo, la batterai bene col coltello, poi la pesterai uno pocho nel mortaio. Et piglierai del chacio frescho e uno pocho di buon chacio vecchio, item uno pocho di petrosillo e maiorana, battendo l’uno e l’altro bene minuto, e dice ho quindici ova con una ventrescha di porco, ho una tetta di vitella bene alessata e molto bene battuta, giungendovi uno pocho di pepe, di zenzevero e di cannella e di zafrano. E farala quocere in quello modo che si quoce la torta biancha.

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Farai quocere le castagne alesso e, uno pocho pestate, le passerai per la stamigna con uno pocho di buon lacte, giungendovi tutte l’altre spetiarie e cose che entrano nel pieno e compositione della torta del farro sopra scripta. E farala gialla col zaffarano.

Pagina 122

Habbi di buon chacio e otto ova e con buon grasso di porcho ho di vitello, ho vero di butiro dell’uva passa integra, del zenzevero e della cannella e uno pocho di pane grattato con uno pocho di brodo grasso che sia giallo di zafarano e conciare la farai come di sopra è dicto della torta biancha.

Pagina 122

Habbi el miglio pesto lavato molto bene e sia biancho e netto, e fallo quocere in bono lacte di capra ho di vaccha e fa’ che quocha stretto e che sia bene cotto. E piglia uno pocho di fiore di farina e due bianchi di ovo e distemperralli insieme con la dicta farina; e a chi non piacesse l’uova, puo’ distemperare con latte la farina. E, distemperata, la metterai con lo dicto miglio menandolo molto bene con lo chuchiaro e ancora lo lascerai bollire uno pochetto, agiungendovi buon zuchero, menandolo di nuovo e mescolandolo molto bene. Poi che haverai questa tale compositione, sopra uno gram tagliero distendendola e allargandola come faresti el pieno di una torta, e lassala rifreddare e, quando la vorrai tagliare in tavola, fara’ne fette grandi ho piccole come ti piace e frigera’le in la padella con buono strutto, volgendole alcuna volta; e cocera’le tanto che siano un pocho colorate di sotto e di sopra. Et chavandole a pezo a pezo le metterai nel piattello buttandoli di sopra del zucharo e dell’acqua rosata. Similmente puoi fare in tempo quadragesimale mettendo el lacte di mandorle in luogo dell’altro lacte sopradicto e frigendo in buono olio. Item el riso potrai conciare in questi due modi sopra dicti.

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Habbi le cerase delle più negre che tu truovi e cavane fuora le osse; macinera’le molto bene nel mortaio. E habbi delle rose rosse battute molto bene col coltello con uno pocho di chacio fresco e uno pocho di buon cacio vecchio agiungendovi delle spetie, cioè cannella, zenzevero e pocho pepe e del zucharo, e mescolare molto bene tutte queste cose insieme, agiungendovi etiamdio quattro ova, secondo la quantità che vorrai fare. E con una crosta di sotto la metterai a quocere a bellagio nella padella e, quando sia cotta, li metterai di sopra del zucharo e della acqua rosata.

Pagina 123

Per fare pavoni vestiti che paiano vivi, in prima si vole amazare il pavone con una penna fichandola sopra il capo, ho veramente chavarli el sangue sotto la gola come a uno chapretto, e dipoi fenderlo sotto il corpo, cioè dal collo per fino alla coda tagliando solamente la pelle e scortichando gentilmente che non guastino la pelle. E quando haverai scorticato el corpo, riversa la pelle del collo per infino apresso al capo, poi taglia el dicto capo che resti attachato alla pelle del collo e similmente fa’ che le gambe rimanghino attachate alla pelle delle coscie. Dipoi aconcialo molto bene arosto e empilo di buone cose con buono spetie e togli garofali interi e piantali per lo petto e ponilo nello spedo e fallo quocere adagio e intorno al collo ponivi una peza bagnata, acioch’el fuocho nol sechi troppo, e continuamente bagna la dicta peza. E quando è cotto, chavalo fuora e rivestilo con la sua pelle e habbi uno ingegno di ferro fatto in uno tagliero e che passi per li piedi e per le gambe del pavone, accioché 'l ferro non si veda e ch’el pavone stia in piè diritto collo capo che paia vivo, e acconcia molto bene la coda che faccia la rota. Se vuoi che getti fuocho per lo becho, togli una quarta oncia di chanfora con uno pocho di banbagio fino intorno e mettila nel beccho del pavone e mettivi etiamdio uno pocho di acqua de vita ho di buon vino grande. Et quando lo vorrai mandare a tavola, apiccia el fuocho nel dicto bambagio e gitterà fuocho per buono spatio di tempo. Et per più magnificentia, quando el paone è bene cotto si può dorare con foglie d’oro battuto e sopra al dicto oro porre la sua pelle, la quale vuole esse imbrattata dentro di bone spetie e similmente si può fare di fasani, grue, oche e altri uccelli ho capponi ho pollastri.

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Habbi li gambari e falli alessare e di essi caverai tutto quello che è buono e pesteralo molto bene nel mortaio e farai di buono lacte di mandorle bene stretto, passando le dicte mandorle e lacte per la stamigna con uno pocho di acqua rosata; e non havendone in luogo di quella sera, buono è ’l brodo de peselli ho de ceci bianchi franti. E con queste cose pesterai un pocho di uva passa e quattro ho cinque fichi, agiungendovi ancora un altro pocho di uva passa salda, uno pocho di petrosillo e di maiorana e bieta fritte in prima uno pocho in buono olio e battute bene minute col coltello, agiungendovi del zenzevero e della cannella e del zucharo; et questo tale pieno ho vero compositione vuole esse bene pesto nel mortaio. Et se per fare che si prenda come l’altre torte, li metterai dentro uno pocho di polvere di amido, incorporandola molto bene con queste altre cose, ho vero un pocho di ova di luccio peste e passate per la stamigna, che stringano molto et fanno prendere meglio. E farali le sue croste di sotto e di sopra come al’altre torte et, quando è cotta, mettivi di sopra del zucharo e dell’acqua rosata.

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Scorcerai l’anguilla e taglierala in pezuoli larghi due dita faccendela uno poco lessare – che non sia troppo cotta – e farai del lacte di mandorle bello e bianco passando le dicte mandorle con buono agresto e con acqua rosata per la stamina e che el dicto lacte sia bene spesso cioè stretto. Et pesterai uno pocho di uva passa molto bene con due ho tre fichi secchi, poi piglierai delle spinaze rompendoli minuti con le mani per traverso e frigera’li uno pocho con l’olio, agiungendovi uno pocho di petrosillo tagliato minuto. Item una oncia di uva passa intera e una oncia di pignoli mondi e netti e del genzevero e della canella, del pepe e del zafrano discretamente, secondo la quantità che vuoi fare. Et tutta questa compositione mescolando con le mani incorporerai molto bene insieme e metterai la crosta di sotto in la padella e dentro li concerai questo tale pieno e compositione, faccendone prima uno suolo sopra la dicta crosta e poi un altro suolo di anguilla. Così, di grado in grado, piacendoti, potrai fare tanto che sia fornita questa compositione e di sopra li metterai l’altra crosta faccendola quocere molto adagio, dandoli el fuocho temperatamente di sotto e di sopra. Et quando serà meza cotta, piglierai uno pocho di agresto e d’acqua rosata con lo zucharo. E fa’ di molti buchi nella crosta di sopra perché queste cose possano penetrare che li metterai di sopra, lasciandola ancora tanto al fuoco che sia fornita bene di quocere.

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Piglia una libra di mandorle monde et pestale molto bene con uno buon brodo di grasso di pescie e uno pocho di acqua rosata la passerai per la stamigna, che sia bene stretta, e haverai meza libra di dattali buoni e netti con uno pocho di uva passa ho quattro ho cinque fichi secchi, li pesterai molto bene. Item due once di riso bene cotto e tutte queste cose macinerai insieme molto bene nel mortaio e piglierai uno pocho di spinaci di petrosillo e maiorana e frigerali in bono olio battendoli collo coltello e mettendo con le dicte herbe qualche fegatello o grasso d’uno buon pesce (sarebbe buono battendolo insieme con esse). Poi habbi una oncia e mezo di pignoli integri mondi e netti e quelli serverai per ficharli di suso quando haverai disteso el pieno della torta, e piglierai ancora una oncia di uva passa integra e meza libra di zucharo, della chanella, del zenzevero e uno pocho di zafarano e, tutte queste cose mescolando, le incorporerai molto bene insieme e, per fare ch’ela prenda, haverai meza oncia di polvere ho di farina di amido, ho vero uno pocho di ova di luccio come è dicto di sopra, incorporandole insieme col dicto pieno. E metterai una crosta di sotto e di sopra, li metterai delle lasagne a modo che si mostra in altri capitoli sopra scripti; e lassala quocere adagio. Et quando ti parerà che sia cotta, mettili di sopra del zucharo con uno pocho di acqua rosa. Et nota che questa torta vuole essere bassa.

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Habbi una libra di mandorle monde e bene peste e habbi uno pocho di acqua rosata e uno pocho di brodo di riso quando è presso che cotto, e con questo distempererai le dicte mandorle e passera’le per la stamigna. E piglierai otto once di riso e, cotto che sia, el macinerai molto bene con le mandorle agiungendovi due once di levito biancho e una quarta di farina di amido, ho vero un pocho di ova di luccio passato per la stamigna, come è dicto di sopra, e una meza libra di zucharo. Item una oncia di pignoli mondati e rotti uno pocho nel mortaio ma non pesti. Et tutte queste cose le miscolerai insieme, le mettarai a quocere con una crosta di sotto. Et quando serà meza cotta, li metterai di sopra delle lasagne secche bene sottili. Et fornita di quocere li metterai sopra del zucharo e dell’acqua rosata. Et nota che questa torta non vuole esse troppo cotta.

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Farai quocere una libra di ceci rossi e pestali molto bene, e con suo brodo e con una pocha di acqua rosata li passerai per una stamigna bene stretta. E habbi una libra di mandorle bene mondate e bianche peste molto bene perché non si vogliano passare per la stamigna, e con esse si vuole pestare due once di uva passa e tre ho quattro fichi secchi. Item una oncia e mezo di pignoli rotti un pocho e non pesti giungendovi del zucharo e dell’acqua rosata, della cannella e del zenzevero mescolato bene tutte queste cose insieme. Et per farla prendere, li incorporerai della farina d’amido e dell’uova del luccio come è dicto di sopra e metterala a quocere con una crosta di sotto e, quando ti parrà presso che cotta, li metterai suso del zucharo e dell’acqua rosata e darai ancora di sopra un pocho chalda di fuocho. Et nota che questa torta vuole esse bassa.

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Farai lessare el pesce con questi interiori e habbi una libra di peselli cotti alesso e pestali molto bene e passera’li per la stamigna e similmente pesta el pesce, li fegatelli e ’l lacte chavandone bene fuora tutte le spine; e havendo ova di trota ho di tincha, saranno buone a mettere e pestare con queste altre cose. Poi habbi del petrosillo e della maiorana e, battuta minuta, la metterai a pestare insieme nel mortaio agiungendovi del zucharo, del zenzevero e cannella quanto bisogna abastanza e, con uno pocho di acqua rosata, mescolerai bene tutte queste cose insieme e farai quocere questa torta adagio; e che sia ben cotta osservando l’ordine più volte dicto in questi altri capitoli precedenti. Et nota che tutte le torte sopra scripte poterai fare di varii e diversi colori in una medesima padella – secondo li tempi – e anco di diversi pieni e diversa materia, adattando alcune astelluze sottilissime, le quali metterai per dividere a metà e a terzi ho a quarti, come più ti graderà.

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Farai una pasta grossa come s’usa ne’ pastelli di questa grandeza che ti pare, e habbi de pollastri e de pipioni uno pocho alessati e smembrati in quarti, faccendo di ogni quarto due ho tre pezi, e habbi delle mandorle bene peste e alcuno rosso di ovo e di zafarano e di buono brodo grasso con uno pocho di agresto, faccendo prima asciugare la dicta pasta a modo di quella de pastelli. E per fare che le sponde stierono dritte, empierala molto bene di farina mettendoli sopra el suo coperchio di pasta e lasserai quocere tanto che ti paia che stia dritto. Poi taglia via el coperchio e tirane fuori la farina e metterali dentro li sopradicti pezuoli della carne conciandola a ordine come si fa uno pastello, e di sopra li gitterai la compositione del brodo e dell’altre cose sopra scripte. E fai che senta bene del zenzevero e pocho di pepe e questa torta farai quocere nel forno, overo in la padella come fanno l’altre torte.

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Monda le mandorle molto bene e pestale quanto più sia possibile perché non fanno a passare per la stamigna. Et nota: per fare le dicte mandorle più bianche, più gustose e più dolci alla bocha, si vogliano tenere a molle nell’acqua frescha per uno dì e una notte, ho tanto più che da sé stesso, premendole con le dicte, si mondano. E pestandoli, li bagnerai con uno pocho di acqua rosata perché non faccino olio. Et se vuoi far bona la dicta torta, mettera’li a peso equale tanto zucharo fino quanto mandorle, cioè una libra dell’uno e una dello altro, o più o mancho come ti piace. E metterai ancora una oncia o due di acqua rosata buona et tutte queste cose incorporerai molto bene insieme. Poi piglierai de cialdoni ho nevole fatte col zucharo e bagnate prima con l’acqua rosata uno pochetto, sopragiungendoli ancora di sopra di buon zucharo spolverizato e spianato bene per tutto con el chuchiaro. La farai quocere nel forno ho vero al fuocho come l’altre torte molto adagio, havendo buona advertentia a darli el fuocho temperato e di rivederla spesso perché non si abruciasse. Ricordandoti che simile torta di marzapane vuole esse più testo uno pocho bassetta e sottile che troppo alta e spessa.

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Prenderai simil pieno ho compositione quale è la sopradicta de marzapane e aparechierai la sua pasta, la quale impasterai con lo zucharo e acqua rosata. E distendi la dicta pasta a modo che si volesse fare ravioli. Lì metterai di questo pieno, faccendoli grandi ho mezani ho piccoli, come ti pare. Et havendo qualche forma di legno bene lavorata, con qualche gentileza informandoli e premendoli di sopra parerano più belli a vedere. Poi li farai quocere nella padella come el marzapane, havendo buona diligentia che non sardino.

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Prenderai di buon chacio parmigiano (che non sia troppo vecchio) e uno pocho d’altro chacio fresco e falli grattare agiungendovi de bianchi d’uova, della uva passa integra, della cannella, del zenzevero e uno pocho di zafarano. Et tutte queste cose mescolerai e incorporerai molto bene insieme e fa’ che questo pieno sia un pocho stretto. Poi habbi una pasta sottile come quella da fare lasagne e lega le dicte offelle in questa pasta faccendone grandi mezane ho vero piccole, come ti piace, dandoli di sopra colore giallo di zafrano ho di qualunche altro colore che ti piacesse. E farale quocere al forno, e guarda che non sia troppo chaldo perché etiamdio non vogliano esse troppo cotte.

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Per conciare bene una porchetta, fa’ in prima che sia ben pelata, in modo che sia biancha e netta, e poi fendila per lo diritto della schiena e chaccia fuori le interiore e lavala molto bene e di poi togli li fegatelli della detta porchetta e battili bene col coltello, insieme con bone herbe. E togli aglio tagliato minuto e uno pocho di buon lardo e uno pocho di chacio gratugiato e qualche ovo e pepo pesto e uno pocho di zaffarano e meschola tutte queste cose insieme e mettile nella dicta porchetta, riversandola a modo che si fanno le tinche, cioè ponendo quello dentro di fuori. E di poi cucila insieme e ligala bene e ponila a quocere nello spedo, ho vero in su la graticola, ma falla quocere adagio, che sia ben cotta così la carne come etiamdio el pieno dentro. Et fa’ una pocha di salamora con aceto, pepero e zaffarano e tolli due o tre ramicelli di lauro, salvia ho rosmarino e getta spesse volte di tale salamora in su la porchetta. El simile si può fare di oche, anatre, grue, capponi, pollastri e altri simili.

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Habbi l’anguilla scorticata e netta (e, volendo, altro pesce similmente concio e netto) e tagliera’ne pezuoli larghi due dita. Habbi ancora di buon grasso e lacte di pesce e, tagliato minuto, lo metterai con li sopra dicti pezuoli. Item prenderai una pocha di menta e di petrosillo tagliati ben minuti. Item una oncia di pignoli e una oncia uva passa, della cannella, zenzevero, del pepe e di garofali pesti. Et tutte queste cose molto bene miscolerai e incorporerai insieme. Poi habbi la pasta sua bene fatta e stagionata e dentro metterai questa tale compositione agiungendoli sopra un pocho di buono olio, e mettera’lo a quocere. Et quando è presso che cotto, habbi due once di mandorle nette e bene peste distemperate con agresto e passate per la stamigna e, mettendole dentro, di sopra agiugnerai nel sopradicto pastello, mettendo ancora un pocho di zafarano. E ancora di nuovo lo lasserai bollire e quocere un pocho più con tutte queste cose insieme, tanto che sia cotto molto bene, che così vuole esse. Et nota che, in tempo da mangiare ova, potrai mettere e distemperare collo agresto insieme con l’altre cose sopradicte due rossi di ova, che li diranno molto buono e non serà niente piggiore.

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Piglia lo pesce netto e concio e fendilo d’ogni lato presso alla schiena uno poco e con sale e con spetie mescolate insieme salerai molto bene tutto quello pesce dentro e di fuora. Poi haverai una pasta uno pocho grossa e dentro li cocirai e lighirai el detto pesce e quocilo nel forno bene adagio, che sia bene cotto.

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Apparechierai la pasta come è dicto delli altri pastelli e habbi delle pome cotogne monde e nettale pulitamente e chavera’ne fuora quelle anime e tutto quello duro che hanno le pome nel mezo, faccendo ad ogni uno un buco largo e grande competentemente. E dentro di detti buchi empierai con buona midolla di bue ho di vitella, con del zucharo ho cannella assai, e le dicte poma ordinatamente concerai nel pastello sopragiugnendovi ancora della dicta midolla. Dentro e fuora sbrufferai insieme con zucharo e channella e assai el salerai da ogni parte questo tale pastello e postali di sopra una pasta, ho vero coperchio. El farai quocere secondo l’ordine et modo delli altri soprascripti.

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Habbi le mandorle nette e bianche e pestale bene con uno pocho di acqua rosata perché non faccino olio. Poi vi giugnerai due once di zucharo e due once di acqua rosata e uno quarto di bochale di buon brodo di pesce, che solamente vole esse fatto ho di luccio ho di tincha, che ogni altro pesce ho marino ho d’acqua dolce non è sì buono. Et guarderai bene di non fare el dicto brodo molto salato, ma fa’ che habia buona sustantia e ch’el pesce sia freschissimo. Et tutte queste cose sopradicte distempererai molto bene insieme e metterale nella stamignia pasando e strignendo tanto quella compositione tale che in essa stamigna non rimanga niente della sostantia delle mandorle. E questa giuncata lasserai stare per una notte in uno piattello ho altro vaso e la mattina la troverai quagliata e presa a modo di una giunchata di vero lacte. E, piacendoti, la potrai legare con fronde ho con herbe come si conciano l’altre giunchate, ho vero lasserala in piattelli, mettendoli di sopra a ogni modo del zucharo ho delli anaci confetti.

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Piglia una libra di mandorle nette e peste molto bene come è dicto nel capitolo precedente, e habbi quattro once di zucharo, una oncia di acqua rosata e uno mezo bichieri di brodo di pesce della qualità denotata nel sopradicto capitolo, e, distemperate tutte queste cose insieme, le passerai per la stamigna ben stretta. E questa tale compositione la metterai in una forma riponendola in luogo fresco la sera per la mattina. Poi, rivoltando le dicte forme in piattelli o taglieri, manderai in tavola questa ricotta non dimenticando el zucharo o l’anisi, che non guasteranno tal vivanda.

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Prendi similmente, come è dicto di sopra, una libra di mandorle nette e peste molto bene e con mezo bichieri d’acqua rosata le passera’ per la stamigna, che siano bene strette. E per fare che si stringano bene forte, li agiugnerai uno pocho di farina d’amido, ho vero (che serà meglio) uno mezo bichieri di brodo di luccio con quattro once di zucharo e zafarano pocho per farlo giallo, passando ogni cosa, come ho dicto, quanto più stretto potrai. Poi li darai la forma a modo d’un pane di butiro, il metterai a prendere la sera per la mattina in luogo freschissimo.

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Farai bollire un pocho la semente della canapa tanto che si cominci ad aprire la cortese e pestala molto bene nel mortaio mettendo come essa un pocho di mandorle monde e, distemperandole con aqua frescha, le passerai per la stamigna; poi le metterai a bollire uno pocho, agiungendoli un pocho di sale e di zucharo abastanza – item uno pocho di pepe, se al gusto ti piace. E una altra volta lo lascerai bollire per ispatio quanto diresti uno miserere e haverai del pane tagliato in fette bruscolate un pocho e per ordine a suolo. Concerai in piattello ho scodella le dicte fette di pane buttandovi suso di quello lacte di quella semente di grado in grado, secondo che anderai conzando el pane. E finalmente vòta fuora tutto el dicto lacte regendo el pane, che non si sconci. Et una altra volta lo rimetterai di sopra e questo farai due ho tre volte; poi li metterai di sopra per tutto di buone spetie dolce, e mandala a tavola.

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Concerai la pasta a modo d’uno pastello, e empila bene di farina che stia diritta, cocendola nella padella tanto che sia un poco secca; e, fatto questo, chava fuora la dicta farina. E prenderai alcuni rossi d’uova, del lacte, del zucharo e della cannella e, facta di questa cose una compositione, la metterai nella dicta pasta faccendola quocere a modo di una torta, movendola tutta volta e volgendola spesso con lo chuchiaro. Et come tu vedi che comincia a pigliarsi, sopra giungili un pocho di acqua rosa e volta bene con chuchiaro e, quando serà fornito di prendere, serà cotta. Et nota che non vuole quocere troppo et vuol tremare come una zonchata.

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Habbi del lacte di mandorle con del zucharo e dell’acqua rosata e della cannella e, per fare che si prenda, li metterai uno poho di farina d’amito, observando nell’altre cose l’ordine del capitolo sopradicto.

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Piglia del chacio grasso e che non sia troppo vecchio, né troppo insalato, e taglierai in fettoline o bochoni quadri o come ti piace. E habbi delle padellette fatte a tal mestiero e in sul fondo metterai uno poco di butiro, ho vero di strutto fresco, ponendole a schaldare sopra le brace. E dentro li metterai li dicti pezuoli di chachio e, come ti pare che sia fatto tenero, li darai una volta e mettendovi sopra del zucharo e della cannella e manderalo subito in tavola, che si vole mangiare doppo pasto e chaldo chaldo. Item potrai conciare in altro modo el dicto chacio brustolando prima, arostendo al fuocho delle fette del pane tanto che da ogni lato si comincino a rosire, mettendo le dicte fette per ordine in una padella da torte. E sopra quella ponerai altretante fette di cacio un pocho più sottili che quelle del pane e sopra la padella metterai el suo choperchio fatto chaldo tanto ch’el dicto chacio si cominci a struggere ho a squagliare. Et fato questo, li butterai di sopra del zucharo con un poco di canella e zençevero.

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Per fare pollastri alessi con agresto, vogliano esse cotti con uno pocho di carne insalata e, quando sono mezi cotti, togli agresto sano e taglialo per mezo e chacchiane fuora le grane del dicto agresto e ponilo a quocere gli dicti pollastri. Et quando sono cotti, togli un pocho di petrosillo e menta tagliata minuta e un pocho di pepe e di zaffarano polverizati e tutte queste cose poni insieme colli pollastri e col brodo in uno piatello e mandali a tavola.

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Fa’ quocere le rape sotto la bracia, ho vero a lessarle integre e sane, e tagliale in fette grosse quanto una costa di coltello, e haverai di buon chacio tagliato in fette larghe quanto quelle delle rape, ma più sottili. E habbi del zucharo, del pepe e delle spetie dolce miscolate insieme e concerai in una padella da torta per ordine suso el fondo di quella fetta di cacio, a modo che faresti una crosta. Di sotto e di sopra li metterai uno solaro di rape buttandoli di sopra delle spetie soprascripte e di buon butiro fresco abondantemente e così, di grado in grado, anderai conciando le rape e ’l chacio tanto che la padella sia piena, faccendole quocere per uno quarto d’ora ho più, a modo di una torta. E questa imbandigione si vuole dare drieto a l’altre.

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Habbi delle fette del biancho mondato, che non habbia corteccia, e fa’ le dicte fette siano quadre, uno pocho bruscolate tanto che da ogni parte siano colorite dal fuoco. Poi habbi delle ova battute insieme col zucharo assai e uno poco di acqua rosata e metterali a mollare dentro le dicte fette del pane. E, chavatele fuora, destramente le metterai a friggere uno pochetto in una padella con uno poco di butiro ho di strutto, voltandole molto spesso che non sardino. Poi le concerai in uno piattello e di sopra li metterai uno pocho d’acqua rosata – fatta gialla con uno pocho di zafarano –, e del zucharo abbondantemente.

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Habbi di buon chacio fresco e un pocho di vecchio buono e fa’ che siano molto bene pesti e con essi metti un pocho di fiore di farina e di bianchi di ova, secondo la quantità che vuol fare, item un pocho di lacte et del zucharo, e macinate molto bene tutte queste cose insieme. Chavatele del mortaio, vi giugnerai de fiori di sambuco abastanza, secondo che pare alla tua discretione – e li dicti fiori non vogliono esse né pesti, né rotti –, faccendo la detta compositione non troppo chiara, cioè liquida, perché possi fare le frittelle tonde con mano, ho vero in quale altra forma ti piace, mettendole a friggere in buono strutto ho butiro, ho vero in buono olio. E chalde chalde le manda a tavola.

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Osserverai l’ordine e modo descripto nel capitolo precedente, excepto che in queste frittelle non hai a mettere lacte, né fiori di sambuco.

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Piglia la giunchata e, come l’ài tagliata, mettila nella stamigna tanto che ne sia bene uscito quello sero ho acqua. Fa’ la dicta giunchata et, fatto questo, piglierai quello sero rimaso nella stamigna e con uno poco di fiore di farina, di biancho di ovo secondo la quantità che vuol fare, con lo zucharo e dell’acqua rosata, mescolerai queste cose molto bene insieme. Et questa tale compositione non vuole esse troppo stretta, faccendo queste frittelle con lo chuchiaro, a pocho a pocho, grande ho piccole come ti piace. E fara’le friggere in buono strutto o butiro, che siano bene stagionate.

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Fa’ quocere el riso molto bene nel lacte e, chavandolo fuora per farne frittelle, observerai l’ordine e modo scripto di sopra, excepto che ti non gli ài a mettere né cacio, né altro lacte.

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Piglia un poco di fiore di farina e distemperala con ova e zucharo e un poco di cannella e zafarano, perché sia gialla, e habbi delle foglie della salvia integre e a una a una le intingerai ho involterai in questa tale compositione, frigendole nel strutto ho in bono olio.

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Monda le poma e tagliale in fette sottili, chavandone que grani ho anime che hanno nel mezo, e friggi un pocho le dicte fette nel strutto ho olio e poi le chava fuora asciugare sopra uno taglieri. Et intinte o involte in simile compositione come si dice nel capitolo precedente, e una altra volta le farai frigere in buon grasso. E se fusse in tempo quadragesimale, le puoi frigere in olio e non li mettere grasso, né ova.

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Friggi delle foglie del lauro in qualche bono grasso ho lardo, poi chavale fuora e lassale sciugare. E con simile compositione, come si disse della salvia, farai queste frittelle.

Pagina 132

Habbi le mandorle bianche e bene peste, e con acqua rosata e uno pocho di lacte le passerai per la stamigna. E habbi el pecto del pollo cotto alesso e pestalo separato dalle mandorle. Item uno poco di fiore di farina, due ho tre bianchi di ova, e più e manco secondo la quantità che vuol fare. E con uno pocho di zucharo mescolerai tutte queste cose faccendo queste frittelle in qualunche forma tu vuoi, le friggerai adagio in buono strutto ho nel buttirro, e fa’ che non siano troppo cotte.

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Per fare pollastri arosto, si vuole quocere arrosto e, quando è cotto, togli sugo di melaranci, ho vero di buono agresto, con acqua rosata, zucharo e chanella e metti el pollastro in uno piatello. E dipoi getta in questa tale miscolanza di sopra e mandala a tavola.

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Piglia delle mandorle e pestale bene, ho vero de piglioli, se più ti piace, e passa le dicte mandorle ho piglioli per la stamigna con una pocha di acqua rosata ho con brodo di peselli. E poi habbi un pocho di buon levito bene biancho e di fiori di sambuco, come ti piace, e con uno poco di fiore di farina mescolerai queste cose insieme. Et nota che tale compositione vuole esse apparechiata la sera per la mattina, perché vengano le frittelle più spugnose. E la mattina gli agiugnerai uno poco di zucharo, faccendoli in qualunche forma ti piace, o tonde ho altremente, e frigile in buono olio.

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Habbi del fiore della farina e uno pocho di lievito e distempererai con l’erbe tagliate minute, componendole la sera per la mattina perché venghino spugnose, agiungnendoli la mattina fichi secchi tagliati minuti e dell’uva passa; et questa tale compositione non vole esse troppo tenera. Poi fa’ le frittelle e, fritte nel buono olio, li metterai di sopra del zucharo e del mele.

Pagina 133

Fa’ quocere el riso molto bene e, cotto, el chaverai asciugare sopra uno taglieri. S’el vuoi pestare, el puoi fare; se non, lascialo intero. E habbi delle mandorle secondo la quantità che ti pare e, poste molto bene, le passerai per la stamigna e con uno pocho di acqua rosata ho con uno pocho di quel brodo dove è cotto el riso; e fa’ che questo lacte di mandorle sia bene stretto. Poi habbi uno pocho di fiore di farina e del zucharo e, mescolate bene queste cose insieme, farai le frittelle in che forma ti piace e frigera’le in buono olio.

Pagina 133

Monda e netta le pome molto bene e falle quocere alesso ho sotto la bracia e, chavatone fuora quel duro di meno, pesterale molto bene e insieme li metterai uno poco di lievito e un pocho di fiore di farina e del zucharo. E fa’ le frittelle fritte in buono olio.

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Piglia uno pocho di mandorle e di pignoli secondo la quantità che vuol fare, et pestale molto bene e fa’ che siano bianche e nette e agiugnendovi due fichi secchi e uno pocho di uva passa insieme a pestare. Poi habbi uno pocho di petrosillo tagliato minuto e uno pocho di uva passa integra con buone spetie. Et questa compositione, se venisse troppo stretta, agiungivi un pocho di acqua rosata. E habbi li fichi secchi aperti e busati dal canto di sotto, cioè dal fiore, e empierali molto bene di questa compositione, frigendole adagio in buono olio, infarinandole poi un pochetto di sopra.

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Fa alessare el pescie e pesta molto bene della polpa sua più biancha. E haverai un pocho di lacte di mandorle bene stretto e un pocho di fiore di farina con del zucharo, e queste cose distempererai con un poco di acqua rosata ho d’altra acqua commune. Poi fa’ le frittelle in che forma ti piace e frigile in buono olio.

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Monda delle mandorle e falle bianche e habbi della polpa di qualche buono pesce e pesterala molto bene insieme con le mandorle, agiungendovi ancora a pestare dell’uva passa con uno pocho di zucharo. Item uno pocho di petrosillo e di maiorana tagliata minuta con buone spetie e uno pocho di zafarano. E haverai apparechiata una pasta sottile, a modo di quella che si fanno le lasagne, concludendo e legando in la dicta pasta pezi maggiori ho minori, come ti piace, di questa compositione. Poi haverai le forme di legno chavate a mo’ di pesce di varie qualità e maniere, come ti piacerà, e con queste informerai la dicta pasta con suo pieno. Et queste fritelle si vogliano frigere con buono olio; ancora, si possano quocere così asciutte nella padella in modo di una torta e, cotte, parranno piseli.

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Pesta delle mandorle e distemperale con acqua rosata, con zucharo, e habbi della farina distemperata con acqua commune e con zucharo e, mescolato ogni cosa insieme, farai le frittelle e informerale in quelle forme di pesce soprascripte. Et nota che queste vogliano esse cotte asciutte in padella, come la torta.

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Farai una compositione simile alla sopra scripta precedente, di mandorle di farina e di zucharo e con essa farai le frittelle e, per farne un’altra a simile frittelle, habbi delle mandorle nette ho de pignoli ho delle noci ho di qual si sia, farai bene pestare con uno pocho di uva passa ho di fichi sechi; e mettendovi del lacte del pesce ho de fegatelli, li seranno buoni. Item del petrosillo e maiorana tagliati minuti con un pocho di buone spetie. Et questa compositione farai gialla con lo zafarano. Poi fa’ le frittelle e friggile in buono olio.

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Fa’ quocere el riso molto bene nell’acqua e pesta un pocho di mandorle e passerale bene strette con uno pocho d’acqua rosata per la stamigna. Incorporando bene el riso con lo lacte delle mandorle, li giungerai del zucharo e uno pochetto di farina d’amito, che sia bene pocha. E fa’ queste frittelle in forma di pastelletti, frigendole in olio.

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Per fare polpette di carne di vitello ho d’altra buona carne, in prima togli della carne magra della coscia e tagliala in fette lunghe e sottili e battile bene sopra uno taglieri ho tavola con la costa del coletto e togli sale e finochio pesto e ponilo sopra le dicte fette de carne. Dipoi togli del petrosemolo, maiorana e di buon lardo e batti queste cose insieme con uno pocho di buono spetie e distendile bene inle dette fette. Dapoi involtale insieme e poni nello spedo a quocere, ma non lasciarla troppo seccare al fuocho.

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Togli del fiore della farina e dell’acqua e del sale e del zucharo, distempererai questa farina faccendone una pasta, che non sia troppo dura, e falla sottile a modo di fare lasagne e, distesa la detta pasta sopra una tavola con una forma di legno tonda ho vero con uno bichieri, la taglierai frigendola in buono olio; e guarda che non ti venisse buttata in niuno luogo. E a questo modo si gonfieranno le frittelle, che parranno piene e saranno vòte.

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Fa’ la compositione in quello modo e forma che si dice di sopra nel capitolo di fare frittelle di giunchata, e habbi del finochio quando è fiorito. Et se tu vuoi, lassa tutta la cioccha del finocchio insieme e, se altremente ti piace, potrai partire tutte quelle sue finocchiette ho ramicelle a uno a uno o a due a due, come ti agrata, intignendo e voltando molto bene el finocchio nella predicta compositione. El frigerai in buono strutto ho vero in mezo olio e in mezo butiro.

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Netterale molto bene e, chavatone fuora quel quore – cioè quel duro che hanno nel mezo –, le farai alessare. E, cotte che saranno, le infarinerai molto bene e poi le frigerai nello olio.

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Batterai l’uova molto bene e insieme un pocho di acqua e un pocho di lacte, per farla alquanto più morbida. Item un pocho di bon chacio grattato. E concerala in buon butiro perché sia più grassa. Et nota che per farla buona non vuole esse voltata, né molto cotta. Et volendola fare verde, prenderai similmente le cose sopra dicte giungendoli del sugo di queste herbe, cioè bieta, petrosillo in buona quantità, boragine, menta, maiorana, salvia in minor quantità, passando el dicto sugo – poi che haverai peste l’erbe molto bene – per la stamigna. Et per fare con un altro modo frittata con herbe, prenderai le sopradicte herbe e, tagliate minute, le friggerai un pocho in un buono butiro ho olio, mescolandole con l’uova e l’altre cose sopra dicte. Farai la frittata e concerala diligentemente, che sia bene stagionata e non troppo cotta.

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Metti in la padella uno pocho di olio e fa’ che sia un poco chaldo e rompili dentro l’ova fresche faccendole quocere adagio. E, frigendosi, butta continuamente con la paletta di quello olio che si frigge sopra le ova e, come sono prese e fatte bianche di sopra, sono cotte, che non se vogliono quocere troppo.

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Fa’ che l’acqua bolla e rompili dentro le ova freschissime e, prese che le sono, chavale fuora dell’acqua che siano tenerelle, mettendoli di sopra del zucharo, dell’acqua rosata e delle spetie dolce e uno pocho di sugo di aranci, ho vero agresto. Et, se più ti piacesse, lassando le cose sopradicte, li metterai sopra di buon chacio grattato e di buone spetie dolce.

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Farai similmente come è dicto nel capitolo precedente, excepto che non li si conviene mette sopra del chacio.

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Fa’ bollire l’ova fresche in l’acqua fino che siano bene dure e, cotte, mondera’le pulitamente e taglierai per metà chaverai fuora tuti li suoi rossi guardando di non rompere il biancho, e di quelli rossi ne pesterai una parte con uno pocho di uva passa, uno pocho di buon chacio vecchio e uno di frescho. Item di petrosillo, di maiorana et menta tagliata minuta, agiungendovi uno ho due bianchi di ovo ho più, secondo la quantità che tu vuoi fare, con le spetie dolce ho forti come ti piace. Et questa tale compositione, mescolata ogni cosa insieme, farai gialla con zafarano e empiera’ne quelli bianchi di ovo sopra scripti, frigendoli in olio molto adagio e, per farli di sopra el suo sapore conveniente, prenderai alcuno di quelli rossi di ova che sono rimasti con un pocho di uva passa e, pestati insieme molto bene, li distempererai con un poco di agresto (cioè vino cotto), li passerai per la stamigna giugnendovi uno pocho di zenzevero, uno pocho di garofali e di cannella assai, faccendo bollire uno pochetto questo tale sapore. E quando le dicte ova vuoi mandar a tavola, buttali di sopra questo sapore.

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Batti due ova fresche molto bene e fa’ schaldare una padella tanto che sia bene chalda, e buttavi dentro queste ova battute lassandole andare per tutta la padella, a modo di una frittata bene sottile come una carta. Et quando ti pare bene cotta, piegala in quattro quadri e venga quadri a modo di uno quadretto, e quella metterai sopra la graticola, rompendoli dentro tante ova fresche quante ti parrà che possino capere di sopra, dandoli el fuoco di sotto e di sopra temperatamente a mo’ di una torta, sopra giugnendovi del zucharo e della channella. E quando ti pare che le dicte ova siano prese, le manderai in tavola levandole della graticola così come stanno in quello suo quadretto.

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Schalda molto bene el spedo e ficha l’ova dentro pel lungo ho pel traverso, come ti piace, e falle voltare al fuoco a modo di arrosto. E quando ti paiano cotte, chavale fuora e mandale a tavola.

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Taglia la carne in pezi grossi come uno ovo, ma non la fornire di tagliare perché li detti pezi debbano restare attachati insieme l’uno con l’altro. E togli uno pocho di sale e di pitartema (cioè el seme de curiandoli), ho vero finochio pesto, e imbrattane bene li dicti pezi e dipoi ponili un pocho in soppressa e quocili in lo spedo a rosto, mettendo in esso spedo fra uno pezo e l’altro una fettolina di lardo sottile, per tenere le dicte coppiette più morbide.

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Metti di buon butiro nella padelletta o tegame e lasciala schaldare uno pocho e habbi apparechiati li rossi delle ova fresche separate dal biancho, se più ti piaceno, e mettili a quocere mettendoli del zucharo e della channella e dalli fuoco sotto e sopra come a una torta temperatamente, che non siano troppo cotte. Poi li metterai sopra un pocho di arancio ho di acqua rosata.

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Metti le ova fresche nella cenere chalda voltandole spesso con diligentia, che da ogni parte sentano el chaldo del fuoco equalmente. Et quando sudano bene forte, chavale che sono cotte.

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Metti le ova fresche in l’acqua fredda e falle belire per spatio di uno pater nostro e uno pocho più e cavale fuora.

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Habbi le ova fresche e rompile a uno a uno in la padella e lo olio sia chaldissimo e, subito che le metterai nello olio, le ristrignerai insieme con la padella ho col chuchiaro, faccendole tonde quanto più sia possibile, e rivolterale spesso quocendole in modo che di fuora siano alquanto colorite e di dentro non siano dure, né troppo cotte, ma più presto morbide e tenere.

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Piglia le ove intere e gittale nella bracia viva e chalda e dalli suso con uno bastone tanto che le rompe e lassale quocere e, quando ti paiano cotte, chavale fuori e mettili di sopra uno pocho di aceto e di petrosillo.

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Farai l’uova afrittellate al modo fiorentino come s’è dicto di sopra, con del zucharo e delle spetie dolci, con uno pochetto di sale; ad uno ad uno legherai queste ova nella dicta pasta a modo che faresti rafioli e falli alessare o frigere come ti piace (ma meglio seranno fritte). Similmente puoi conciare le dicte uova in forma di pastelli, mettendovi con esse le cose sopradicte e giungnendovi un pocho di agresto – se ti piace –, cocendo le dicti pastelli a modo di una torta, o vero frigendoli, ma che non siano l’ova troppo cotte perché è di tal natura l’ovo che tanto piu si quoce tanto si fa più duro e diventa pigiore.

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Sopra terrai lo storione che sia un pocho posato, trito ho frolo, e non fresco se vuoi che sia bono in perfectione. Habbi di buon vino biancho o aceto mescolato con acqua pura, che sia tanto l’uno quanto l’altro, e del sale a sufficientia; e qui lo farai molto bene alessare, faccendolo bollire per tanto spatio quanto faresti la carne de vitello o di manzo, secondo la sua grandeza, tagliando in pezi grandi e grossi, come ti piace alla tua discretione. Ma chi per più magnificentia lo vuole cotto intero, faccia d’avere li vasi grandi e chapaci a quocerlo sano, come fa el mio signore, perché ogni pesce è molto migliore intero che in pezi ho altremente.

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Con lo storione si vuol dare el sapor bianco che habbia zenzevero assai, ho vero di bona agliata bene biancha o della mostarda, secondo tempi e li appetiti. E questi sapori farai come è dicto di sopra ne’ capitoli loro.

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La umbrina vuole esse apparecchiata e cotta a modo che lo storione, salvo che vole bollire mancho perché si quoce più presto. E sapore li farai quale di sopra ho dicto per lo storione.

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El dentale vuole esse alessato; essendo bene fresco, non li bisogna mettere tanto vino et l’aceto stringe e fa sodo e fa più confinare el pesce e ancora li dà migliore gusto al mangiare che non fa l’acqua semplice e salata.

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Cecero ho vero cisino, ocha, anetra, grua, ocha salvaticha, airone e cicogna vogliano esse aroste, piene d’aglio, cipolle e altre buone cose. Paoni, fasani, contornisi, starne, galline salvatiche, pedarelli, quaglie, tordi, merle e tutti li altri boni uccelli vogliono esse arosti. Pollastri, arosti, piccioni sono buoni alessi e arosto sono migliori. Palombi salvatichi sono buoni arosti ma sono migliori arosto con pepe e salvia. Capone bono vole esse alesso e quando è ben grasso vole esse arosto. El simile la gallina

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Piglia della carne magra della coscia e battila con uno pocho di lardo e di buon grasso di vitello, come si batte la carne de’ pastelli. Dipoi togli petorsello e maiorana battuta ben minuta e uno rosso di ovo con uno pocho di caso grattato più e manco, secondo la quantità vuoi fare, e spetie e zaffarano, e mescola tutte queste cose con la dicta carne. E dipoi togli la rete di porco ho di castrone ho d’altra bestia, pure che sia bona, e lega molto bene la dicta mescolanza in questa tale rete faccendone pezi di grosseza di uno ovo ho simile, e ponila a rostire nel speto. E che si quocha adagio e che non sia troppo cotta.

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Fallo alessare come è dicto similmente; quando è minore di quattro libre ho di cinque, frigilo in bono olio, ho vero lo arostirai sopra la graticola, ricordandoti – come gia è dicto – che non vuole esse raschiato, né aperto. E volli esse fatta una salamora con aceto e olio e molto sale e con uno ramicello di lauro in mano ho di rosmarino; bagnerai el dicto pesce con quella salamora spesse volte rivoltandolo ancora spesso sopra la dicta graticola, faccendolo quocere molto adagio tanto che sia bene cotto. Et nota che ogni pesce sopra tutto vole essere bene conto perché di sua natura è humido e, non essendo bene cotto, è malsano.

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Alessalo similmente come si disse del varolo, e se gli è piccolo, similmente sì lo arosti o frigilo. E fatto, vole per sapore la salsa verde, che senta un pocho d’aglio e molto di zenzevero. Item li puoi dare la mostarda se ti piace.

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Se la orata è grossa, falla alessare e stagionare molto bene. E se ella è piccola, frigila o arostila al modo ordinato.

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Fallo alessare e, perché è molto fragile e si rompe facilmente, mettilo a quocere in uno canestro, ho vero lo lega sopra a uno tagliero per poterlo chavare quando è cotto; che non si rompa e vuole bollire molto adagio. Et nota che ogni pesce generalmente vole bollire adagio e bisogna intendere per discretione e cognoscere la qualità de pesci, che vi sono delli più saldi e più duri uno che un altro. Item delli più teneri e più molli e così vogliano quocere più e mancho secondo el bisogno, ma tutti vogliano bollire piano soavemente adagio tanto che siano ben cotti.

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Vogliono esse fritte e di sopra li butterai uno pocho di sale trito, del sugo di aranci o dello agresto e del petrosillo tagliato pure assai.

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Si vuole alessare la palamita o ’l tondo come è dicto di storione, dandoli etiamdio quelli sapori stessi. Et essendo piccolo, vuole esse fritto l’uno e l’altro, che non si possino arostire perché non hanno schaglia. E se delli grossi volessi frigere, falli tagliare in fette per traverso alla grosseza d’uno o mezo dito e frigilo bene adagio. Poi li butta suso molto sugo di aranci con buone spetie forti e uno pocho di petrosillo tagliato, se ti piace.

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Serà buono alesso, arosto e fritto il grande e ’l piccolo, come ti piace. El suo sapore è la salsa verde.

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Vogliono esse cotte con buona diligentia arosto e non vogliano esse aperte, ma solamente lavate bagnandole spesse con la sopradicta salamora. E volendone salvare per otto o dieci giorni, ordinatamente la concerai l’una sopra l’altra in uno piatto ho altro vaso, e di sopra li metterai tanta della sopra dicta salamora che stiano bene coperte. E a questo modo le potrai salvare.

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Vole essere per sua qualità fritta, chavatone prima fuora tutte le budella (che ha molta trippa). E quando la vuoi arostire, per chavarle le budella li farai minor buso che sia possibile.

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Fallo alessare, perché di sua natura e qualità è meglio alesso che altremente.

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Togli fegatelli di porco e altri fegatelli e quocili alesso ma non troppo. Di poi grattali come si gratta el chacio e togli pancetta di porco, secondo la quantità de’ fegatelli, e battila molto bene e togli uno pocho di chacio vecchio e uno pocho di caso grasso et uno pocho di maiorana e petrosillo e uva passa e spetie e due ho tre ova, secondo la quantità, e pesta tutte queste cose insieme con li fegatelli. E dapoi fa’ li tomacelli grossi come una noce, ho vero come uno ovo, e fascia ognuno di esse con la rete del porco; dapoi quocili in la padella con bono lardo. E debbonsi quocere adagio e non sieno troppo cotti.

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Quando è grande vole case alesso e quando è piccolo vuole essere arosto, cioè fritto.

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Li ochiali sono meglio fritti o arosti che non sono alessi.

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Lo sorcho è buono fritto ho arosto, come ti piace.

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Falla prima scorticare ho pelare con l’acqua chalda e butta via la testa e uno pezo della coda e frigila bene. E per suo sapore dalli salsa verde che senta di aglio.

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Vogliono esse fritte e anco sono buone alesse con pepe e petrosillo.

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Questo pesce per sua natura e qualità vole esse rostito ma quando è molto grosso si debbe quocere alesso. E el sapore dello arosto è la salamora e finochio sguarnato, e dello alesso è el sapore biancho.

Pagina 141

Sarà buona alessata con uno pocho di petrosillo e anco è buona fritta, mettendo in suso del sugo di aranci.

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Fallo alessare in meno vino o aceto e mezo acqua. E per suo sapore vuole un poco di agliata fortissima, certificandoti che ogni bessano è vilissimo, più convenente a zappatori che ad huomini da bene.

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Allesso similmente come si dice in questo altro capitolo; poi con agliata forte, mescolata etiamdio con uno poco di mostarda fortissima. E frigerai un pocho insieme con questi impiastri, ma concialo bene quanto vuoi. Non serà mai bono, che di sua natura è tristo.

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L’anguilla grossa vuole esse arostita, scorticandola e nettandola molto bene prima, mettendola poi nello spedo e quocendola molto adagio, che sopra tutti gli altri pesci vole esse bene cotta. Et per stagionarla bene, si taglia in pezi larghi una mano o poco più. E l’anguilla piccola si vuole frigere in olio; potrai etiamdio alessare la grande e la piccola mettendo con esse a bollire qualche herbicine odorifere, come sarebbe petrosillo, salvia e alcune foglie di lauro, con del pepe e agresto.

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Piglia carne magra senza nervo (cioè della coscia) e di buon grasso di porcho ho di vitello e battilo tanto minutamente col coltello quanto sia possibile. Dipoi togli di buon caso vecchio e un pocho di buon caso grasso e di buone spetie e due ho tre ova e similmente del sale, secondo la quantità, e mescola tutte queste cose diligentemente insieme e fa’ che siano un pocho gialle di zaffarano. E togli delle budella grosse di porco e nettale molto bene che siano subtili, che non li resti niente di grasso, e empile di questa materia e stringila bene nelle dicte budella e falle lunghe ho corte, come ti piace. E vogliano esse cotte alesso e non possino durare più che due dì in perfettione, niente di mancho. Secondo el tempo e ’l bisogno si possono conservare quindici ho venti dì e più, se seranno ben governati.

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Vogliano esse alessi come li gamari di acqua dolce e il suo sapore vuole esse l’aceto.

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Falli similmente alessare con del finocchio e dara’li similmente l’aceto per sapore.

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Le ostrighe si quoceno sopra la bracia viva e quando si aprano sono cotte e così si possano magnare. E se le vuoi altremente, chavarle fuora di quella sua cortice e frigile un pochetto in olio e mettera’vi di sopra dello agresto e delle spetie forte.

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La lampugha vuole essere fritta con lo sugo di melerance di sopra.

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Serà buona arostita, cavatone prima fuora per la orecchia quella forcina e budello dicto di sopra e el suo sapore serà la salsa verde. E alessata ancora è molto buona e a questa modo vuole el sapor biancho.

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Habbi una padella asciutta e in essa metti le chappe al fuoco e, come si aprano, sono cotte adunque di subito come le vedi aprire. Mettera’le sopra alla padella uno pocho di agresto e di pepe e di petrosillo tagliato minuto, e darali una volta o due sotto sopra con la dicta padella. Item le puoi quocere sopra una pala di ferro chalda o sopra le bracie e, come s’aprano, sono cotte. Ma nota che vogliano esse tenute – avanti che tu la quoca – uno dì e una notte in acqua bene salata, accioché siano migliori perché li fai purgare quella harena che hanno dentro.

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Fallo alessare e per suo sapore li darai mostarda biancha.

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Fallo alessare quando è grosso chavandoli prima fuori interiori, ma nol raschiare di fuora perché si vogliano mondare le schaglie quando serà cotto. E con esso darai del sapore biancho o della agliata o della mostarda. Et s’el luccio è piccolo, fallo fritto.

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Nettale molto bene e tagliale per traverso in pezi larghi una mano e concerai questi tali pezi per ordine nel chaldaro o altro vaso dove le vuoi quocere, faccendo che quello tagliato venga di sopra e, assettandole in questa forma a solo a solo, li butterai del sale abondantemente. Et fatto questo di tutta la quantità che tu vuoi quocere, li butterai su dell’acqua pianamente, con tale aptitudine che non mandi via quel sale posto sopra el pescie, agiugnendovi ancora un poco di aceto tanto che vegna a stare el brodo sopra el pesce due dita; e fallo bollire schiumandolo molto bene. Et come non fa più schiuma, li leverai di sotto quasi tutto el fuoco per lassarlo bollire quanto più adagio che tu potrai, tanto che sia cotto. Dipoi chavalo fuori sopra una tavola netta asciugare e di sopra li metterai delle spetie dolci. E con questa truta darai el sapore biancho che habbia zenzevero assai, e quando è piccola netterala molto bene e tagliala per lo lungo dalla schiena da l’una parte e da l’altra; e in quelli tagli metterai del sale molto bene e similmente li metterai in corpo. E poi la farai stare in sopressa tra due taglieri con qualche peso di sopra per ispatio di due o tre hore e, facto questo, la infarinerai e frigerai in buono olio bene adagio. Et a questo modo la potrai conservare tre o quattro dì se ti piace.

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Sono tre modi buoni. Il primo alessa quando ella è grossa e per suo sapore li farai sopra une brodetto con agresto, spetie e petrosillo tagliato minuto e con uno pocho di brodo medesimo della tincha. Il secondo modo la puoi fare riversciata: essendo grossa, la raschierai e netterai molto bene, fendendola dal capo alla coda per filo della schiena e chavera’ne fuora tutte le interiore e rompera’le bene le coste di tutti e due li lati. Poi prenderai le sue ova, el grasso e el fegato; e non havendo la tincha, seranno bone quelle delli altri pesci. Et habbi del petrosillo e altre bone herbe odorifere, le batterai molto bene insieme con questi fegati e ova e grasso di pesce, giungendovi uno pocho d’aglio tagliato minuto (cioè in pezuoli piccoli), uno pocho di pepe, di zafarano e del sale e uno pochetto di olio. Item delle prugne damascene secche o delle ghisciole o cerase e della uva passa o zibibbo, con alquanti pignoli mondi. Item uno rosso o due di ova fresche secondo el tempo. Incorporando molto bene tutte queste cose, le metterai sopra questa tincha riversa, cioè sopra la pelle, che la pelle venga da lato dentro, e fallo chucire con l’aco e con lo filo, o vero la ligherai molto bene intorno intorno con uno spago, in modo che ritenga questo pieno. E mettila sopra la graticola dandoli el fuoco adagio – che vuole tempo assai ad esse bene cotta – e, rostendola, li farai una salamora con aceto, olio, sale, zafarano, pepe e uno pocho di sapa. Et come la volti – che più fiate si vuole voltare – la bagnerai molto bene con questa tale salamora. Il terzo e ultimo modo: quando la tincha è piccoletta che l’abbi molto bene tagliata, aprila similmente per lo filo della schiena e di sopra li buttarai un pocho di sale, e infarinala dentro e fuora frigendola in buono olio. Et per sapore li metterai di sopra del sugo di melarancio o dello agresto.

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Se tu vorrai fare buone salsicce di carne di porco ho d’altra carne, togli della carne magra e grassa insieme senza nervi e tagliala ben minuta. E se la carne è diece libre, mettivi una libra di sale, due oncie di finochio ben netto e due oncie di pepe pestato grossamente e mescola bene queste cose insieme e lasciale stare per uno dì. Dipoi togli de’ budelli bene netti e bene mondi e empili di questa carne e ponili ad asciugare al fumo.

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Quando è grosso vuole esse alessato, cavandone di fuora le interiore; non raschierai niente di fuora. Essendo bene fresco, quocilo in l’acqua pura; quando non poterai, mettere con l’acqua un pocho di aceto. Et cotto che sia, el monderai e netterai di fuora come si disse del luccio. Et quando è piccolo, vuole esse raschiato e fritto in olio. E ancora serà buono arostito bagnando con la salamora.

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Mettila a mollare in uno pocho d’acqua chalda e raschia via quella vischiosità che ha di sopra, ma non guastare né rompe la pelle. E chavali la lingua e li denti e infondo del ventre, ove è il suo sexo, li farai uno bucho piccolo tanto che vi si possa mettere la punta del dito e, con uno coltellino o con uno steccho di legno acuto, alzerai suso per quello buco el suo budello, tanto ch’el possi prendere con la mano involtata in uno panno di tela. E tiralo fuora pienamente, che ne venga tutto sano senza rompersi, perché la lampreda non ha niente in corpo di cattivo excepto questo budello. E ricoglierai molto bene tutto el suo sangue e con quello se ne fa el sapore. E in la bocha li metterai una meza noce moschada e in tutti quelli buchetti che ha presso alla testa li metterai uno garofalo sano. Et in questa forma metterai la lampreda in giro in uno tegame di terra chapace di essa lampreda. Et dentro li metterai meza oncia di olio buono con uno pocho di agresto e uno pocho di vino bianco, del migliore che possi havere, faccendo tanta la quantità di questi licori che copra la lampreda più di meza. E di sopra li metterai un pocho di sale faccendola quocere adagio sopra la bracia come una torta e, quando comincia a quocere, apri quelli buchi con lo coltello, che sono sotto la testa, e strignendola di sopra con uno tagliero o altremente tanto che tutto el sangue n’escha fuora e mescolisi con quelle altre cose. Et questo chavarli el sangue el potrai fare per magiore commodità, se più ti piace, nanzi che la metti al fuoco. Et per fare el suo sapore habbi delle mandorle o nocciole: senza mondare le farai bruscolare con la cenere chalda e nettale faccendole pestare con uno pocho di uva passa e con una fetta di pane abruscolato; le distempererai con agresto e con uno pocho di sapa e con uno pocho di quello vino e altri licori sopradicti, nelli quali si quoce la lampreda. E, passato ogni cosa per la stamigna, li agiungerai un pocho di zenzevero e pochissimi garofali, della channella assai. ltem, s’el suo sangue heverai ricolto prima che l’abbi posto a quocere, lo mescolerai colle cose sopradicte, lequali tutte insieme ponerai con la lampreda a bollire tanto che sia bene cotta. Poi la volterai insieme con questo suo sapore in lo piattello e mandera’la in tavola. Item la potrai quocere a uno altro modo, cioè a rosto nello spedo, tenendoli sotto – quando si quoce ho vero si volta – qualche vaso attuato a questo, per ricogliere el sangue e ’l grasso che, cocendole, gocciola e esce della dicta lampreda, che questo è meglio della sua bontà. Et con questo potrai comporre e fare uno sapore come ordinatamente si mostra di sopra, el quale darai con essa lampreda; ma le piccole, cioè le lampreduze, vogliano esse arostite adagio sopra la graticola, faccendoli uno sapore col sugo d’aranci e sapa. Et non havendo aranci, in luogo suo li metterai dello agresto con uno pocho di sale e di olio e delle spetie dolci. Et mentre si rostano, le bagnerai spesso col dicto sapore e, cotte, le metterai sopra el rimanente del sapore sopra dicto e manderale in tavola.

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Fallo come ti piace, ma non è reputato buon pesce e le sue ove sono pericolose a magnare, spetialmente el mese di maggio.

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Il temolo è optimo pesce e fallo come ti piace che a ogni modo è buono, ma el suo più naturale è di friggerlo.

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Arostilo in quello modo che l’anguilla; infra li pezi metterai una foglia di salvia o di lauro.

Pagina 146

Falli quocere mettendoli uno pocho d’acqua e di aceto – equalmente tanta acqua quanto aceto – e del sale abondantemente. E perché fanno per loro stessi acqua, non li mettere troppo di questo brodo faccendoli bollire forte tanto che buttino fuora per sé stessi la schiuma sua. Et per cognoscere quando seranno cotti, poni cura quando serà uscito el brodo due ho tre volte sopra el chaldaro, come è dicto; allora doveranno stare bene, ma per saperlo meglio ne potrai assagiare, e non serai gabbato.

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Concili come è dicto nel capitolo precedente e colla punta del coltellino aprili destramente el ventre tra mezo le gambe e chavane fuora tutta quella materia che hanno nel ventre et in la coda e in le cianche, mettendo a pestare quella della coda e delle cianche con mandorle e con uno pocho di uva passa e, a tempo, dove metterai con le dicte cose uno rosso di ovo o più, secondo la quantità che vuoi fare. Item uno pocho di cacio, un poco di petrosillo e maiorana tagliati minuti; e con questa compositione empierai li dicti gambari faccendoli in buono olio piano e adagio, quanto sia possibile. E se fusse tempo quatragesimale, non li mettete ova né cacio. Et se ti piace fare varietà di empierli, habbi delle mandorle peste con lo zucharo e dell’acqua rosata e empi le zanche (o vero la metà di essi gambari) di uno pieno e l’altra meta di uno altro.

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Otturali bene la boccha e quello bucho che ha sotto la coda con el bambagie, perché non escha fuora la bontà sua; e mettilo così asciutto a quocere nel forno a bello agio, o vero sopra el focolaro bene chaldo e netto e scopato, faccendoli tutto a torno a modo d’un cerchio di carboni vivi, tanto da largo che non lo tocchino – et que si fa perché si quocha meglio e più presto. E voltalo spesso che non si abruci. Item, se ti piace, el puoi alessare con acqua e aceto come li gambari, faccendolo bollire uno pezo più, secondo la discretione, perché è più grosso e più duro che gli altri gambari. E per suo sapore li darai l’aceto.

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Oturali li suoi buchi come è dicto di sopra e conciala in quello modo che fa il lione.

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Quocile come ti pare, che non v’è grascia, né è pesce da farne stima.

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Per fare due piattelli di gelatina, togli quaranta piedi di castrone e scorticali et chacciane fuori le osse e poni li dicti piedi in molle nell’aqua frescha per spatio di tre ho quattro hore. Dipoi lavalli molto bene et togli uno bocchale di aceto biancho, uno bocchale di vino biancho e dui bocchali di acqua e pone a quocere li dicti piedi sopragiungendovi del sale secundo el bisogno. E falli bollire adagio adagio schiumandoli sopra tutto con buona diligentia. Et, come siano mezi cotti, togli una quarta di pepe sano, una quarta di pepe lungo, una quarta di grano de paradiso, una quarta di cannella intera e meza quarta di spiconardo e pesta tutte queste cose grossamente ché siano rotte e non peste e mettile a bollire con li dicti piedi e lasciala bollire tanto che sia consumata la terza parte. Et quando li pedi sono ben cotti, chavali fuora e ritorna el brodo al fuocho e, come incomincia a bollire, ponvi dentro diece biancha d’ova battuti tanto che siano schiuma e dalli una volta con lo chuchiaro. E subito passa el brodo per uno sacco di lama due ho tre volte insieme con tutta la dicta mescolanza nel sacco e quante più volte el coli, tanto serà più netto e stillato. E poi habbi apparecchiato la carne del pollastro ho di capretto ho di cappone, e sia cotta quanto bisogna e sia tolta via la pelle della dicta carne e ben netta. E ponila asciugare tra due panni bianchi e ponila nelli piattelli e poi vi poni sopra el dicto brodo e poi poni li piattelli in luogo fresco e lassala gelare.

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Falli lessare quando sono grossi e ancho li potrai arostire; e frigili essendo piccinini.

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El salmone è gentilissimo pesce e el suo naturale è da lessarlo; e ancora sarebbe bono a ogni altro modo che lo quocessi.

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Vogliano esse fritte adagio, che non si brucino; e per suo sapore li darai la salsa verde, ho vero lo agresto verde.

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Vogliano esse fritti e per suo sapore li darai la salsa verde, o vero lo agresto verde.

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Frigili similmente e dalli quello sapore scripto nel capitolo precedente.

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El suo naturale è di frigerlo; ancho alesso è bono e arosto.

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Fallo alessare se è grosso e, se è piccolo, faralo frigere; e per suo sapore li darai la mostarda.

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Sarano buoni alessi col petrosillo, del butiro e delle spetie; similmente sono boni fritti col sugo di aranci di sopra, ho agresto.

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El suo naturale è di frigerle; e ancora le puoi arostire, se ti piace. E mettili suso del sugo di aranci o agresto miscolato con uno poco di olio.

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Li polpi è pesce vile e da non farne stima: concialo adunque come ti pare.

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Piglia uno quarto di capretto e ungilo molto bene come vole esse arosto e inlardato e ponivi per dentro assai aglio in ispichi mondati a modo si volesse inpilottare ho inlardare. Dipoi togli di buono agresto, due rossi d’ova, due spichi d’aglio ben posto, un pocho di zaffarano, un pocho di pepe e un pocho di brodo grasso, e mescola tutte queste cose insieme e ponile in uno vaso sotto il capretto quando si arroste e bagnalo qualche volta con questo tal sapore. Et quando è cotto, poni el quarto del capretto in uno piattello e ponivi di sopra el dicto sapore e uno pocho di petrosillo battuto minuto. E questo quarto di chapretto vole esse bene cotto e magnato chaldo chaldo.

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Falli in quello modo che è dicto delli gambari nel suo capitolo; e con essi darai per suo sapore lo aceto.

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Della anguilla n’è dicto in altro capitolo abastanza, ma per ricordo: quando metti li pezi dell’anguilla nel spedo ad uno ad uno, sempre si vole mettere una foglia di salvia o di lauro tra l’uno e l’altro, voltando el dicto spedo tanto adagio quanto sia possibile; e spesse volte la bagnerai con una salmora, come si dice di sopra. Fritta: e gli altri pezi, quando ti paiano presso che cotti, habbi uno pocho di farina o vero un poco di pane grattato con un poco di cannella e sale mescolati insieme, li butterai dextramente sopra l’anguilla per farli con questo, a modo di una crosta intorno, che gli darà buon gusto. E quando è piccola, la puoi lessare con acqua, vino, herbe e spetie, come è dicto nell’altro capitolo di sopra.

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Habbi una salmora a quello modo come si fa quella delli altri pesci salati, e, subito che prendi el carpione, così fresco li butterai dentro, lassandolo stare per due dì nella detta salmora. E poi lo fai frigere in buono olio assai, e che sia ben cotto, e a questo modo potrai conservare li dicti carpioni per venti dì e anco per uno mese e più, faccendoli, cioè rifrigendoli, un’altra volta e due e tre se bisogna. Ma nota che quante più volte li friggi, ogni volta perdano più della sustantia e doventano piggiori; che questo modo di rifarli solamente s’è trovato per farli durare più. Essendo grossa, la farai lessare e la minore frigerai, guardandoti non esse punto da quella spina che ha nella testa, che è venenosa.

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Quanto saranno più piccoli, tanto saranno migliori. E, lavati molto bene, li farai uno pieno come è dicto delle tinche riverse; è migliori se tu sciai. E frigera’le in buono olio mettendoli di sopra del sugo di aranci e qualche buono spetie. E lo grosso puoi alessare tagliandolo in pezi a modo che si fa la trippa del vitello e del bue, con poche brodo. E fa’ che sia bene cotto e con esso metterai del petrosillo tagliato minuto con delle spetie. Item, essendo grosso, el farai a questo altro modo: lavandolo prima con uno pocho di vino biancho e uno pocho di agresto e uno pocho di saba, premendone bene fuora insieme con queste cose quel suo nero, che con quello si fa el sapore. E prenderai una oncia di mandorle bruscolate con la cennere chalda e pesta molto bene un pocho di pane bruscolato o no, come ti piace, pesto insieme con questo. Et tutte queste cose distempererai con quella lavatura del calamaro sopra dicto passando ogni cosa per la stamigna, le farai uno pocho bollire agiungendoli dentro della cannella, del zenzevero e uno pocho di garofani e, fritto el dicto calamaro in buono olio, li metterai di sopra questo sapore.

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Prenderai della acqua, del vino e dello aceto e, perché più si conservi e duri, li metterai pocha acqua e molta spetiaria. Et perché sappi qual pesce è migliore e più substantioso da far brodo per gelatina, ti dico ch’è la tincha et il luccio, e quanto sono più grassi e grossi, tanto sono migliori. E nota che questo tale pesce non vuole esse raschiato, ma solamente aperto, e vuole esse bene fresco cocendolo bene adagio in pocho brodo, tanto che solamente stia coperto: e questo perché el brodo prenda più sustantia. Et quando ti pare che sia el pesce bene cotto, chavalo fuora e scorticalo tutto e mettilo da parte, ma la sua pelle rimetterai ancora a bollire nel brodo per uno pezo. Et quando ti parrà che habia bollito abastanza, colerai molto bene el dicto brodo osservando tutto l’ordine e modo descripto nel capitolo della gelatina della carne, così in farla chiara et bella come in ogni altra cosa, ricordandoti che questa vuole havere e sentire più di spetie. Et poterai in questo tale brodo mettere in gelatina de pesci marini cocti da parte e separati. Item di ogni altra ragione di pesce che più ti piacerà.

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A farla biancha habbi dello aceto bene bianco, o vero dello agresto bianco e vecchio, e con esso metterai due tanti acqua. E habi de piedi di castrone o di chapretto scorticati e nettati molto bene, spetialmente in fra mezo le unghie tagliandoli per traverso, chavandone l’ossa, cioè li fusi delle gambe, e, lavate molto bene nell’acqua fredda, li metterai a bollire in quella mescolanza di aceto e di acqua sopradicta, bollendola più adagio che sia possibile, agiungendoli con essa a bollire del zenzevero mondato molto bene e tagliato in pezuoli. Item delle grana paradisi rotte solamente; e quando li piedi ti parranno cotti, chavali fuora e fa’ ch’el brodo senza essi bolla ancora uno pezo. Poi habbi apparechiato diece biancha di ova fresche e più e mancho, secondo la quantità che vuoi fare, osservando tutto l’ordine in colare, chiarire e fare ogni altra cose che è dicto di sopra nel capitolo della gelatina di carne. E habbi apparechiati li tuoi piattelli con chaponi o pollastri o altro che vogli mettere nella gelatina e sopra li metterai questa tale decottione pulitamente apparechiata, riponendo e piatti in luogo fresco perché si habbia a prendere e gelare meglio. E gelata molto bene, per fare varii colori taglierai fora un quarto di quello gelo che è nel piatto mettendolo a fuoco in uno vaso, tanto che si strugha e diffaccia, cioè che ritorni in brodo; e col zafarano el potrai fare giallo. E quando serà rafreddato, ritorni el dicto brodo al luogo suo medesimo nel piattello, ma guarda bene che non sia chaldo quando el rimetti. Et racconciato questo pulitamente, come è preso e gelato, chava un altro quarto faccendolo rosso con i cornali insimil modo che è dicto del giallo. E successive piglierai l’altro quarto biancho e per farlo verde haverai della foglia del grano, ho dello orzo quando è in herba, e del petrosillo pesto e macinato molto bene: insieme farai colare in quella forma come è dicto delli altri due colori. Similmente potrai fare paonazo l’altro quarto bianco, havendo delle charote cotte sotto le brace e, mondate, leverai dextramente col coltello quella parte di sopra, la quale ha el colore paonazo e quella metterai in fondo del sacco, inel quale, se colla decoctione della gelatina e tante volte reiterando li butterai sopra quel brodo biancho riscaldato al fuoco che habbia molto bene preso el detto colore, havendo similmente fatto e observato questo modo in tutti gli altri colori sopradicti, rinconcerai etiamdio questo ultimo a suo luogo come gli altri. E se più colori volessi fare, starà in tuo arbitrio, che in questa maniera ne potrai fare quanti ti piace.

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Habbi la decoctione bella e bene apparechiata e habbi uno canestro ho cestello novo e conciali dentro ordinatamente o polli o altra carne che vogli mettere in gelatina, come faresti in uno piattello. E habbi un altro vaso bene netto capace dove possa entrare el dicto canestro e mettivelo dentro dotandoli di sopra la prefata decoctione, rimettendolo in luogo fresco a prendere e gelare. Et quando è bene gelata, habbi uno coltello et, schaldato uno pocho, menalo atorno al dicto chanestro per chavarlo fuora più facilmente di quello vaso, nettando pulitamente con qualche panno biancho o in altro modo il canestro tutto atorno e così potrai portare la gelatina in questo canestro dove ti piace. E similmente potrai fare dicta gelatina in una ghabbia, se più ti piace, e in tempo quatragesimale la potrai fare a questi medesimi modi, mettendoli dentro el pesce integro e sano, che paia vivo. E serà bello a vedere.

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Taglialo atraverso in fette grosse mezo dito o circha e nettalo molto bene d’intorno, faccendolo quocere sopra la graticola, voltandole spesso e bagnandolo continno con olio e aceto mescolato insieme, prendendo tanto dell’uno quanto dell’altro. E per aviso non voglia quocersi, né asciugarsi molto che, come ti parerà el chalore del fuoco habia penetrato bene da ogni parte, seranno cotte. Poi li metterai di sopra el predicto olio e aceto e manderale in tavola. Et per conoscere quando lo schienale è buono, taglialo e, trovandolo bene colorito e rosso, sarà buono segno, ma habbi advertentia che non sia troppo vecchio e non habia del ranzo.

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Habbi delle fette del pane bruscolato un pochetto, tanto che siano uno poco colorite, e taglia del chaviaro in fette simile a quelle del pane in grandeza ma un poco più sottile, e distendera’le sopra el pane e mettendo le dicte fette sopra la punta del coltello o una forcina apta a tal mestiero, le mosterrai all’aere del fuoco tanto ch’el chavale di sopra si indurisca e faccia a modo d’una crosta un poco colorita. Item el quocerai ad altro modo lavandolo prima molto bene in acqua tiepida, perché non sia tanto salato. E haverai di buone herbicine tagliate minute e una mollica di pane biancho grattugiato con uno poco di cipolla tagliata minuta e soffritta uno pocho e uno poco di pepe, sopragiugnendovi un bichieri di acqua. Tutte queste cose insieme con lo chaviale e farane una frittata o più, frigendola come si fanno quelle delle ova. Et per fare el chaviale, prenderai le ova dello storione a quella stagione e tempo che sono migliori li storioni, e cava fuora delle dicte ova tutti quelli nervi che hanno per dentro, lavandole con buono aceto biancho, o vero con buono vino biancho. Et poste sopra una tavola, le lasserai sciugare, poi le metterai in qualche vaso salandole con discretione tanto che basti e menale molto bene insieme con la mano ma dextramente, per romperle manche che si puote. Et facto questo, haverai uno sacco bene biancho di tela un pocho rada e butterai dentro questo chaviale per uno dì e una notte, perché si coli fuora quella acqua che fa el chaviale. Et fatto questo, li riponerai in uno vaso bene chalchato e bene stretto, cioè premendolo molto bene con le mani, e farai nel fondo di dicto vaso tre o quattro busetti, per li quali possa uscire la humidità se non fusse bene colato, tenendo el dicto vaso bene coperto. Potrai magnare del dicto chaviale a tuo piacere.

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Habbi dell’acqua con uno pocho di aceto e della cruscha assai per chavar fuora el sale, e mettili a bollire el tarantello, faccendolo quocere moderatamente ma non troppo. E, cotto, chavalo fuora e nettalo e fallo stare a molle in aceto. Et per conoscere el buono: quando serà più grasso tanto serà migliore. E vole esse della ventresca del tonno e vole esse sotto el duro e non molle.

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Togli della carne magra della coscia e tagliala in fette sottili ma non troppo e battile bene con la costa del coltello. Dipoi togli sale e finochio e ponili sopra ogni canto delle dicte fette, poi mettili in soppressa per spatio di meza hora, se tu hai el tempo, e dipoi ponile arostire sopra la graticola voltandole secondo el bisogno, tenendoli continuamente una fetta di lardo di sopra per tenerle humide. E queste tal braciole non debbano esse troppo cotte e magnate subito così chalde chalde e daràtti bon gusto e bono appetito a bere.

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Falla stare a molle in l’acqua tiepida sei hore, mutandola due o tre volte, e falla bollire un pochetto, cioè due o tre bolli. Poi chavala fuori e mettila nello aceto.

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Scortica l’anguilla e tagliala in pezi larghi una mano, bollendola in l’acqua per meza hora. Poi butta via la dicta acqua e mettila in altra acqua fredda, lassandola ancora bullire tanto che sia cotta. Poi chavala fuora e mettili sopra dello aceto e del petrosillo.

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Fallo stare a molle nell’acqua tiepida quattro o cinque hore e falla bollire in acqua per ispatio di una hora e più e mancho, secondo el bisogno e che saranno grandi o piccole, e similmente farai d’ogni altro pesce salato. Et nota che in tutte le nature e qualità di pesce sempre si vuole attachare al più grosso, secondo el proverbio che si dice “pesce vecchio e carne giovane”.

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Piglia l’ova del cephalo o mugino, che sia bene fresco; se le vuoi fare buone, che sia di stagione; e guarda di non rompe quella pelle sottile che sta d’intorno l’ova. E buttali sopra del sale trito con discretione, che non sia troppo né pocho, e lassale stare così con lo dicto sale sotto sopra per ispatio di uno dì. Poi le metterai in sopressa per uno dì e una notte et, fato questo, levale e ligale al fumo, tanto lontano dal fuoco che per niente possino sentire el chalore. E, fatte bene seche, per conservarle le concerai in una scatola o barile di legno, mettendo con esse di molta cruscha. Et le dicte buttarghe communemente si magnano crude. Ma chi le vuole cotte, le faccia schaldare sotto la cenere o vero suso el focolaro chaldo e netto, voltandole sotto sopra fino a tanto che siano chalde.

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Netta bene le trute e chavane fuori le interiora pugnendoli in molti luoghi con la punta del coltello da ogni parte. E farai una salamora di acqua e di aceto, tanto dell’uno quanto dello altro, mettendoli del sale assai, el quale farai stringere molto bene e dentro li metterai le trute per lo mezo giorno o più. E, fatto questo, le chaverai fuora e porrale sopra una tavola mettendole in sopressa per tre o quattro e frigera’le bene in olio bono e assai che siano bene cotte e non arse. Et queste trute potrai conservare uno mese frigendole delle altre volte se ti piacerà e rifaccendole a modo di charpioni.

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Habbı uno pesce grosso chavatoli fuora le interiora, lavato molto bene, li legherai d’intorno al capo – che copra la terza parte del pesce – una benda o lenza di tela bagnata, e questo per coprire quella parte che vuole esse alessata. Poi voltandoti alla coda raschierai questa terza parte del dicto pesce, fendendo questa tale parte dalla coda uno pocho da ogni lato, come si vuole fare al pesce da frigere. Et inprima incomincerai a quocere questa parte della coda frigendola con buona diligentia che non guasti el resto e, fatto questo, haverai una tavoletta sottile attuata di quella largheza e lungheza del pesce, sopra la quale destramente legherai el dicto pesce, perché non si rompa. E metterai a lessare quella parte della testa legata con la benda così ligata come ella sta, faccendola bollire pianissimo e ch’el brodo non tochi del pescie solo quanto toccha. E quopri la prefata benda e, bollita e cotta abastanza questa parte, el chaverai fuora sciogliendolo pianamente dalla tavoletta, che non si rompa. E mettilo sopra una graticola così integro, faccendoli di sotto uno lettuccio di bracia in tal modo ch’el caldo del fuoco non possi tocchare se non quella di mezo che non è cotta. E per obviare che non offenda la parte lessa o fritta el fuoco, prenderai due pietre quadre apte al bisogno e mettera’le sotto la graticola e in mezo di esse concerai le bracie per arostire e, arostendo, bagnerai quella parte con la salamora, dicta ne capitoli de pesci da rostire. Et quando ti parrà bene cotto, levalo e sciogli pianamente quella benda mondando con le mani quella parte alessa come t’ho mostrato delli altri pesci. E posto in uno piatto, el manderai a tavola dandoli, se ti piace, di tre ragioni sapori convenienti al lesso, al fritto e allo arosto.

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Habbi delle mandorle nette e bianche quanto sia possibile e pestale molto bene, bagnandole con uno pocho di acqua rosata perché non faccino olio. E distempererai con buono brodo di luccio grasso e fresco e bene sustantioso, o vero con uno pocho di acqua rosata la passerai per la stamigna faccendone latte. E haverai una meza libra di riso più o mancho, secondo la quantità che vuoi fare, netto e pulitamente lavato. El farai quocere molto bene in la metà del sopradicto lacte di mandorle e prenderai ancora tre once di amito del migliore e più biancho che tu possi havere e ’l metterai a strugere in l’altra meta del dicto lacte, tanto che tu vegga che lo amito sia bene disfatto. Poi fa’ bollire questo lacte e amito insieme per mezo quarto di hora menandolo continuamente con lo chuchiaro; e guarda che non pigli fumo. Fatto questo prenderai el dicto riso con tutti li soprascripti lacti e insieme li passerai per la stamigna per forza di mano – che tal compositione quanto è più spessa tanto viene migliore –, non dimenticando di mettervi del zucharo in abundantia. Et prenderai quella quantità o parte di questa compositione che secondo la discretione ti parerà sia bastanza, farla gialla con zafarano e formarne pallotte tonde a mo’ di rossi di ova. Poi habbi due forme di legno fatte aposta come l’uovo e, non havendo le forme, in luogo di quelle prenderai due rossi di ovo e, mettendo della compositione biancha sotto e sopra a tutti, atorno alli detti rossi formerai queste ova pulitamente e a uno a uno li concerai nel piatto, che parranno a vedere ove dure che siano mondate. Et distemperata e fatta bene liquida un pocho di quella compositione biancha con acqua rosata e zucharo – chalda o fredda, come ti piace più – lo potrai gittare sopra le dette ova, che paiano uno lacte. Et se più ti piacesseno asciutto, lassare senza gittarvi suso quello licore ma in suo luogo vi metterai del zucharo fino spolverezato.

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Lava el riso con l’acqua chalda, che sia bene biancho, e mettilo asciugare sopra uno taglieri e, asciutto, el farai bollire col lacte di capra o di mandorle, secondo el tempo. Et questo perché el lacte li dà migliore substantia cocendolo in esso che non fa in l’acqua. Li metterai ancora del sale temperatamente, che non sia troppo salato. Et, se vuoi che sia bono, non li manchare del zucharo, ma mettili abundantissimamente.

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Fa' una forma di pastello ben grande e nel forno vi farai uno bucho tanto che vi possi chacciare el pugno o maggiore, se ti piace, e che le sponde d’intorno siano un poco alticelle oltra la commune consuetudine. E, piena di farina, la farai quocere dentro nel forno e, cotto, aperto quello bucho di sotto, ne chaverai fuora la farina. Et haverai apparechiato un altro pastelletto pieno di buona robba, bene cotto e stagionato, fatto alla misura di quello buso che ha di sotto la forma grande, e per quello lo metterai in la dicta forma, e, in quello vòto che resterà intorno al dicto pastello piccolo, li metterai delli uccellini vivi quanti ve ne possano essere. E li dicti uccellini vogliano esse posti in quello punto che li vuol mandare in tavola e ,servito inanti a quelli che serdano al convito, farai levare el coperchio di sopra e voleranno via quelli uccellini; e questo per dare festa e solazo alla brigata. Et perché non rimanghino gabbati, li farai tagliare del pastello piccolo; e come dico di uno, ne puoi fare più quanti ti piace. El simile potrai fare a modo di torta, componendo le cose e adaptandole in tal maniera che le passino bene.

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Per fare fegatelli di vitello ho di pollastri ho di porco ho d’altro animale, se sono di vitello tagliali in pezzi come una noce e imbrattali di sale di finochio e di spetie dolce e fasciali in rete di porco ho di vitella (è meglio di capretto) e ponili a quocere nello spedo. E non vogliano esse troppo cotti.

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Togli la carne insalata, vergellata di grasso et magro insieme, e tagliale in fette e ponile a quocere nella padella e nolle lasciare troppo quocere. Dipoi mettile in uno piattello e gettavi sopra uno pocho d’aceto, uno pocho di zucharo, uno pocho di channella e uno pocho di petrosillo tagliato minuto. E similmente puoi fare di sommata ho di presciutto giungendoli, in scambio di aceto, sugo d’aranci ho limoni, quello che più ti piacesse. E farràtti meglio bere.

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Concia li tordi arosto come si conviene, poi togli delle mandorle bene bianche e bene peste e metti con esse assai di sandoli, accioché il sapore sia rosso e distemperato con uno pocho di agresto e uno pocho di brodo, giungendovi del zenzevero e channella assai. Di poi passa questo sapore per la stamigna in una pignatta, poi ponila a bollire per spatio d’un quarto di hora ho circa, poi, come li tordi sono cotti, mettili in uno pignatello e empilo del dicto sapore. E poi fare in altro modo mettendo sopra li detti tordi, sugo di arancio ho di limoni con sale e spetie dolce.

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Chi vole havere ogni carne bella alesso la debbe dividere in pezi come li piace et porla a molle in acqua frescha per ispatio di una hora e poi lavarla bene con l’acqua chalda e poi con acqua frescha e porla al foco in una chaldara dove non stia stretta, acciocché rimangha più biancha. Poi li debbi porre il sale secondo che è necessario e schiumarla bene sopratutto; e se el sale non fusse netto, ponilo in una pocho d’acqua chalda e in pocho spatio serà liquidato e converso in salimora, la quale, come sia risechata, si potrà porre nel chaldaro pienamente, acciocché non vi andasse la terra che serà in sul fondo. E se la carne fusse vecchia e dura – spetialmente capponi ho galline – chavala parechie volte da l’aqua bollente e rinfreschala con acqua frescha e in questo modo serà più bella e più presto chotta.

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Morto el vitello ho vero el bove, togli la testa e pelala con l’acqua chalda come le porchette e nettala molto bene e poi la quoci alesso e per suo sapore togli agliata. Se tu la vuoi arostire, arostila nel forno e empila d’aglio e di buone herbe con spetie e altre bone cose condecenti a fare el pino. E in questo modo è molto bona.

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Quando la testa è cotta alessa, chaccia fuori el cervello e rompilo molto bene, dipoi togli due rossi d’ova, un pocho di pepe pesto, un pocho di agresto e un pocho di sale, e ogni cosa mescola insieme e con el dicto cervello. E ponilo a friggere nella padella con uno pocho di strutto e, come si comincia a prendere, chaccialo fuori in una scodella e ponivi disopra delle spetie dolce. E questa cosa vuole essere magnata subito.

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Piglia li bechafichi e nettali molto bene, non chacciandone niente delle interiore. Dipoi togli delle foglie di vite e mettigli drento del sale, finochio e un pocho di lardo, e infascia li detti bechafichi in quelle foglie et mettili a quocere per ispatio di meza hora ho mancho perché si quocino presto sotto la cennere chalda e, se tu li vuoi arostire, legali a quattro a quattro intorno allo spedo per la testa e per li piedi insieme. E questo si fa perché non li guasti lo spedo.

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Togli la starna e quocila arosto e, quando è cotta, chacciala fuori e sparti le ali e la polpa dal petto e dal corpo della starna. Dipoi metti in tale fessure un pocho di sale, un pocho di spetie dolce e di garofani pesti meschiati insieme e un pocho di sucho di pome aranci ho di limoni ho di agresto. E questo si vuole fare quando la starne è chalda, voltata presto e non adagio.

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Piglia asogna frescha ho vero lardo fresco e taglialo in pezi come una castagna e mettili assai di sale. Dipoi pestalo molto bene e lassalo stare un dì così pesto; di poi ponilo a fuocho in uno chaldaro. Se serà cento libre, mettivi dieci ho dodici bochali di acqua e lascialo bollire adagio adagio, tanto che sia ben squagliato. Dipoi cola questo strutto per la stamigna, poi piglialo pian piano di sopra accioché tu non togli dell’acqua, e ponilo in un vaso netto e tieni el dicto vaso in luogo frescho. E in questo modo durerà questo strutto uno anno.

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Piglia la panza del vitello e falli uno buso nel canto tanto che vi si possa mettere el pieno dentro, il quale debbe esse di queste cose fatte infrascripte, cioè di buono chacio vecchio un pocho e zaffarano, uva passa, uno pocho de petrosillo e maiorana e menta battuta bene, e mischia tutte queste cose insieme e dipoi metti inla dicta panza e ponila a quocere alesso. E fa’ che sia bene cotta.

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Pianta el coltello in mezo del presciutto e ponilo al naso: s’el coltello ha buono odore, el presciutto è bono e così perl contrario. E se tu el vuoi quocere e che duri più tempo cotto, togli di buono vino biancho, ho vero aceto, e altrettanta acqua – ma meglio sarebbe senza acqua – e nel dicto vino fa’ quocere el presciutto tanto che sia mezo cotto e dipoi levalo dal fuocho e lascia tanto il presciutto nel brodo che sia freddo e di poi chaccialo fuori. E in questo modo sarà buono e durerà uno buon tempo.

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Principalmente la sommata non vuole esse troppo grassa e vuole esse bene rossa e cotta nel predicto modo del presciutto e similmente le lingue: e quanto è più grassa la lingua, tanto è migliore, e vogliono esse un poco più cotte ch’el presciutto. E così ogni altro salato vuole esse cotto in questo modo.

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Taglia ciascuna delle creste in tre parti e li fegatelli in quattro e li testicoli lassali sani e togli uno pocho di lardo e taglialo ben minuto ma non lo battere e togli due ho tre once di grasso di vitello e battilo molto bene (e meglio farai con la medolla del bue, ho vero di vitello). E habbi trenta ho quaranta cerese brusche e seche e chanella e gengiano assai, zucharo, raffioli pochi, e meschia tutte queste cose insieme e fa’ uno pastello e ponilo a quocere nel forno ho nella padella. E quando è mezo cotto, togli uno rosso d’uovo e zaffarano e agresto e batti insieme e metti nel dicto pastello. E lassalo stare tanto che sia cotto.

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Concia el pipione e nettalo molto bene e fallo stare a molle in aceto ben forte per ispatio di ventiquattro hore e doppo lavalo molto bene e empilo di buone cose con buone spetie e concialo alesso ho arosto come ti piace. E in questo modo el troverai senza osse.

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Per fare bello arosto di pollastri de capponi di chapretti ho di qualunque altra carne che meriti esse arosto, prima – se fusse carne grossa – falla trarre un bollore (excepto se fusse vitello giovine) e poi larderala come si fa li arrosti. Se fusse cappone, fasano, pollastro, capretto ho qualunche altra carne che meriti arrosto, fa’ che sia ben netta e pulita, poi mettila in acqua bollente e subito chavala fuori e ponila in acqua fredda. E questo si fa acciocché sia più bella e meglio si possa conciare. Poi lardala, cioè con lardo battuto e altre cose convenienti odorifere, onta bene, ho vero secondo la voluntà del tuo patrone, e dentro se ti piace vi poni di buone herbe e prugne seche marasche ho ghisciole ho in tempo dello agresto et altre cose simili e poi mettila ordinatamente nello spedo. Ponila al fuocho e daglielo nel principio adagio: perché sia bello e buono arosto, se debbe quocere piano piano. E quando ti pare che sia presso che cotto, piglia uno pane biancho e gratugialo minuto e con esso pane misticha tanto sale come ti pare necessario per lo arrosto. Poi getta questa mescholanza di pane e di sale sopra lo rosto in modo che ne vada in ogni luogo. Poi dalli una buona chalda di fuocho faccendolo voltare presto. Et in questo modo haverai el tuo arosto bello e colorito; e doppo mandalo a tavola e quanto più presto, meglio.

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Piglia uno pipione e pelalo molto bene senza acqua e guarda non squarciare niente la pelle. Dipoi chaccia fuora le interiora e riversa la pelle in modo che resti sana e chacciala fuori e dirizala e impiela di uno pieno fatto de bone cose e parerà uno pipione integro. Doppo acconcia el corpo del pipione e quoci l’uno e l’altro lesso ho arrosto, come ti piace. Et se lo quoci arosto, togli uno pocho di pane grattugiato e di sale e, quando el pipione è mezo cotto, gettali disopra el dicto pane. E togli uno rosso d’ova e ungi el dicto pipione con una penna tanto che facci uno pocho di crosta e dalli uno pocho di fuocho che li faccia prendere colore. Et in questo modo parerà che non sia scorticato e così parranno due.

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Per fare dodici minestre, toi due libre di mandorle e pelale molto bene e, acciò che siano più bianche, tienile in molle uno dì e una notte in acqua frescha e dipoi pestale molto bene e, quando sono peste, ponvi un pocho di acqua frescha, accioché non faccino olio. Dipoi togli uno petto di cappone e pestalo con le dette mandorle e togli la mollicha d’uno pane biancho e mettila in molle in brodo magro di cappone e pestala con le dette cose e togli uno pocho di agresto, meza oncia di zenzevero bene mondato accioché sia biancho, e meza libra ho più di zucharo, e distempera tutte queste cose con brodo magro di cappone e passale per la stamigna in una pignatta bene netta e poni la detta pignatta sopra la bracia lungi dal fuocho, menandola spesse volte con lo chuchiaro, e lassali quocere per ispatio di meza hora. Et quando è cotta, mettivi tre once di buona acqua rosata e poi fa’ le minestre, ho vero copri el cappone ho altre volatili che si sia della dicta vivanda e mandala a tavola. E se tu ne copri el cappone, per più bellezza ponivi di sopra parechie grani di pome grane. Et se tu vuoi che questa vivanda sia di due colori, togli uno rosso d’uovo e del zaffarano e mescola queste cose con una parte della dicta vivanda e fa’ che sia più agra di agresto che la biancha: e in questo modo si chiama “fiore di ginestra”. Et se tu hai due capponi, copri uno della biancha e l’altro della gialla.

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Piglia più bochali di latte di capra e otto once di fare di riso bene fina e ponila a bollire nel dicto latte. Dipoi piglia el petto di uno cappone morto quello medesimo dì e che sia mezo cotto, e distilla tutto questo petto sottilmente come capilli e mettilo nel mortaio e non li dare se non due tratti del pestone. Dipoi, quando el latte ha bollito meza hora, gettavi dentro el dicto pesto così sfilato con una libra di zucharo e lassalo bollire per uno spatio di quattro hore vel circha, et questa cosa vole esse menata continuamente con lo chuchiaro e parerà che sia vischio. E di poi ponvi dell’acqua rosata come è dicto di sopra e fa’ le minestre, sopra le quali metteravi un pocho di zucharo. E da poi mandale a tavola.

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Piglia di queste cose e nettale molto bene e, se vorrai consumare uno cappone e farne due minestre, togli una pignatta che tenga quattri bochali di acqua e mettivi dentro questo dicto cappone, el quale vuole havere rotte tutte l’ossa, e ponilo al fuocho. Dipoi mettivi una oncia di carne salata magra e trenta ho quaranta granelli di pepe rotto e uno pocho di canella rotta e tre ho quattro garofali e cinque ho sei foglie di salvia rotta in tre pezi e due di lauro, e lassa bollire questa pignatta per spatio di sette hore in modo che resti solamente due minestre di brodo ho mancho. Se voi che sia buono, e guardati da metterli sale. Et se questo brodo si farà per infermo, non li mettere carne insalata e mettivi pochissime spetie, e in questo modo serà bono per sani e per infermi.

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Per fare diece minestre di brodetto, piglia trenta rossi d’ova e buono agresto e buono brodo di carne ho di cappone (che serà assai meglio) e uno pocho di zaffarano e uno pocho di spetie dolce e mescolale insieme e passale per la stamigna e poneli in una pignatta e metti la dicta pignatta sopra la bracia longi dal fuocho menando continuamente collo chuchiaro e, come tu vedi ch’el chuchiaro comincia a imbrattarsi, levalo dal fuocho e non lassare però di menare col chuchiaro tanto quanto dicessi due paternostri. Dipoi fa’ le minestre e metti su uno pocho di spetie dolce di sopra e fa’ che sia dolce ho agro secondo el commune gusto.

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Per fare diece minestre di brodetto biancho, togli meza libra di mandorle e mondale e pestale bene e poi vi metti uno pocho d’acqua frescha accioché non faccino olio. Dipoi togli venti biancha d’uovi, uno pocho di mollicha di pane biancho, un pocho di agresto, uno pocho di brodo di carne ho di cappone e uno pocho di zenzevero biancho, e pesta tutte queste cose e passale insieme colle mandorle per la stamigna. E fallo quocere al modo detto di sopra dell’altro.

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Togli tutte queste cose che si contiene nel primo brodetto, excepto el zaffarano, e togli delle biete e uno pocho di petrosillo e delle foglie del grano – se tu ne poterai have – e pesta ogni cosa e passa per la stamigna e quocilo como è dicto di sopra.

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Per farne diece minestre, togli otto ova e meza libra di chacio gratusato e uno pane grattato e mescola ogni cosa insieme. Di poi togli una pignatta con brodo di carne giallo di zaffrano e ponila al fuocho et, come comincia a bollire, getta dentro questa materia e dalli una volta collo chuchiaro e, come ti pare che sia presa, toglila dal fuocho e fa’ le minestre e mettivi delle spetie di sopra.

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Fa' come è dicto di sopra e non li porre zaffarano e giongili quelle che s’è scripto di sopra nella ricetta del brodetto verde. E è fatto.

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Per fare zanzarelli in bochoncelli ho bianchi ho verdi ho gialli, fa’ la materia come si contiene di sopra secondo el colore che tu li vorrai, e sia alquanto più dura. E togli uno chuchiaro piccinino e, quando el brodo incomincia a bollire, fa’ li bochoncelli come una fava e gettagli a uno a uno nel brodo.

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Per fare buona peverada di capriolo ho lepore ho porcho salvatico ho d’altra salvagina, piglia tanta acqua quanto vino rosso e lavavi ben dentro la carne. Da poi passa questa lavatura per la stamigna agiugnendo tanto sale quanto ti pare necessario e poni a quocere la carne in la dicta acqua ho vino e quando è cocta chacciala fuora. E volendone fare due piattelli, togli una libra e mezo di uva passa e falla pestare molto bene e togli altrettanto pane tagliato in fette, bruscolato bene sopra la graticola e bene immollato in buono aceto, e pestalo inseme con dicta uva passa. Et potendo havere del sangue, ho vero la coratella della salvagina, serìa optimo pestarla con queste cose, le quali ben peste si debbe distemperare con lo brodo di questa carne, con uno pocho di sabba – cioè vino cocto in mosto – e con l’aceto dove è moiato el pane. Dapoi passa questa materia per la stamigna in una pignatta giugnendoli spetie, pepe, gharofani e canella ho vero cenamo, secondo che ti parerà necessario. Et questa peperata falla forte ho dolce di aceto e di spetie secondo el costume del gusto del tuo patrone, ho vero commune gusto. Dapoi falla bollire per ispatio di meza hora sopra la bracia in modo che non habbia più fuocho da una parte che da l’altra, mendandola spesse volte con lo chuchiaro. Di poi friggi la carne predicta con lo buono lardo e spartila ne’ piattelli e quoprila con la prefata peperata, la quale quanto è più nera, tanto è più bella.

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Per fare zanzarelli bianchi, piglia uno pocho di latte di madorle e pane bianco grattugiato e del biancho di ova e metti di buon brodo di carne (e meglio sarebbe di cappone grasso) in una pignatta con uno pocho di latte di mandorla. Dipoi conciali come è dicto di sopra.

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Per farne diece minestre, in prima lo netta e lavalo molto bene e quocilo con buono brodo di cappone ho d’altro pollo grosso; e vuole bollire assai. Et quando è cotto, mettivi di buone spetie e togli tre rossi d’uova e uno pocho del dicto farro alquanto rifreddato e distempera bene insieme e dipoi gettalo nel dicto farro e mescolalo. E vuole esse giallo di zaffarano.

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Fa' come è dicto del fare, ma molti sono che non vogliano ova con riso, siché in questo rimettilo al gusto del patrone.

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Coci el miglio con brodo di carne e fallo bene bollire adagio menandolo bene e riguardandolo dal fume. E vuole esse giallo di zaffarano e imprima vuole esse bene netto e lavato con acqua calda come el riso.

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Fa’ bollire el pane grattusato per uno quinto d’ora in brodo di carne e togli uno pocho di caso grattugiato e sbattilo con ova e lascia alquanto raffreddare el pane bollito e dipoi vi getta le dicte ova e caso e mescola molto insieme. E tale minestra vole esse gialla di zaffarano e alquanto spessa.

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Piglia quattro rossi di ova fresche, meza oncia di canella, quattro oncie di zucharo, due once di acqua rosata, quattro once di sugo di pomarancio e batti molto bene tutte queste cose insieme e quocile come si quoce el brodetto. E vuole esse uno pocho gialla e tale minestra si conviene di state.

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Togli della fava infranta e nettala molto bene e lavala e ponila al fuocho. Et come leva il buglio, getta quella acqua e mettivi tanta altra acqua che avanzi uno dito sopra la fava, giungendovi etiamdio el sale necessario secondo la quantità. E ponila a bolire sopra la brasa lungi dal fuocho e coprila e lassala ben quocere e bene asugare e dipoi menala molto bene in uno mortaro e poi ritornala a schaldare in una pignatta con uno pocho di bono olio; e sia bene cotta e non arsa. E togli un pocho di salvia e di fichi ho vero pomi, e tagliali minuti e poni nello olio con la dicta cipolla e fa’ che sia chaldo. Dipoi fa’ le minestre della fava menata e ponvi di sopra del dicto olio e delle cose che sono in esso e gettavi etiamdio di sopra di buone spetie.

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Piglia li peselli con le scorze come stanno e falli dare uno boglio e togli carna salata vergellata e tagliala in fette sottili et lunghe mezo dito e frigile uno pocho. E dipoi mettili i detti peselli a quocere con la dicta carna e ponivi uno pocho di agresto, uno pocho di sabba ho vero zucharo e uno pocho di chanella. E similmente si frigano li fasoli.

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Togli fava e salvia e cipolle e fichi e pomi come è dicto di sopra e etiamdio altre buone herbe e mescola ogni cosa insieme e frigile nella padella con olio e fanne una frittata. E come è cotta, chacciala fuora e ponni di sopra di buone spetie.

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Piglia della carne magra di vitello cotta alesso e battila minuta e ponila a bollire in brodo grasso giungendoli una mollicha di pane grattusato e uno pocho di pepe et zaffarano e lassa bollire per spatio di meza hora. Dipoi lassala uno pocho rinfreschare e togli ova, caso grattugiato e petrosillo, maiorana e menta ben battuta con uno pocho di agresto, e sbatti queste cose insieme e mettile con la dicta carne, menandola pian piano con lo chuchiaro; et tal minestra vuole esse spessa come è el brodetto. E similmente si può fare delle coratelle.

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Per fare bruodo lardieri e di carne di ogni salvagina, in prima lava la carne con buono vino biancho mescholato con altrettanta acqua e passa la lavatura per la stamigna e con essa lavatura poni a quocere la dicta carne, agiungendovi bona quantità di lardo tagliato in piccioli pezi come dadi da giuchare e ponerli etiamdio bona quantità di salvia strapata cum mano in tre ho quattro pezi. Et quando è presso che cocta, ponili di buone spetiarie come è dicto di sopra e, per fare ch’el bruodo sia un pocho spesso, togli due ho tre rossi d’uova, secondo la quantità, e altrettante fette di pane ben brustolate al fuocho e non troppo ho niente bruciate ma solamente secche e fanne polvere. Et poi togli uno poco di brodo e distempera queste cose insieme e poneli nel bruodo. Et potendo have del sangue ho vero la coratella della salvagina, e pestala bene e ponela a quocere nel prefato brodo (serebbe migliore). Ma nota che se del dicto brodo vorrai fare piatelli, la carne vole esse tagliata in pezi grossi di una libra ho di meza e, volendone fare minestre, vuole esse tagliata minuta. Nota etiamdio che la carne da fare peperata e da fare bruodo lardero si quoce nella lavata per non perdere quello sangue che escie fuora lavandola.

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Le trippe vogliano esse imprima bene nette, bene lavate, bianche e bene cotte, con uno osso di carne insalata per darli buon sapore e senza sale, accioché siano più bianche. E come son cotte, tagliale in pezi piccinini e mettivi uno pocho di menta, di salvia e di sale e falli dare uno boglio. E dipoi fa’ le minestre e mettivi di sopra delle spetie e del caso a chi piace.

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Nettale inprima molto bene e falle bene quocere e, quando sono mezo cotte, mettivi del petrosillo e menta tagliata minuta e uno pocho di pepe. E quando sono cotte, fa’ le minestre e poni di sopra delle spetie dolci.

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Fa' quocere queste ova uno pocho alesso; di poi chavale fuora del brodo e spartile l’uno da l’altro. E acciò ch’el brodo on resto troppo chiaro, togli una mollicha di pane e passala insieme con esso nella stamigna, ho vero togli del brodo de’ proprii peselli (che, potendone havere, serebbe assai meglio). Et con qual si sia di questi brodi, rimetti a quocere le ova e con esse un pocho di spetie di zaffarano e di petrosillo e menta tagliata minuta.

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Mettili a quocere con brodo di carne e, quando sono presso che cotti, mettivi uno pocho di pretosillo e menta tagliata minuta. E s’el brodo fusse troppo chiaro, passalo con una mollicha come è dicto di sopra. Et quando sono cotti, fa’ le minestre e mettivi sopra delle spetie.

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Piglia quello di sotto più biancho della lattuga, cioè quello di mezo, e fallo quocere come le zuche, con uva e con agresto.

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La semola si quoce con brodo grasso di carne ho di pollo grosso e debbesi porre a pocho a pocho nel brodo, menando continuamente con chuchiaro, e falla bollire per spatio di meza hora sopra la bracia longi dal fuocho, perché prende volentiera el fumme. E doppo fa’ le minestre e mettivi sopra caso e specie e la quatragesima falla quocere in latte di mandorle e zucharo e con acqua rosata.

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Netta le rape e fanne zoe, tagliale in pezi grossi e quocile bene in uno buono brodo grasso di carne. Dipoi le passa per uno chuchiaro grande forato, ho vero pestale, e di poi rimettile a bollire in buon brodo grasso, con uno pocho di carne insalata e di pepe e di zaffarano.

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I finochi si quochono come i chavoli, excepto che vogliano esse più minuti e più cotti, con uno pocho di pepe e carna insalata ho con olio.

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Piglia della farina che sia bella e distemperala e fa’ la pasta un pocho più grossa che quella delle lasagne e avoltali atorno a uno bastone. E poi chaccia fuori el bastone e taglia la pasta larga uno dito piccolo e resterà in modo di bindelli, ho vero stringhe. E mettili a quocere in brodo grasso ho vero in acqua, secondo el tempo: e vol bollire quando li metti a quocere in brodo grasso ho vero in acqua. Et se tu li quoci in acqua, mettivi del butiro fresco e pocho sale e, come sono cotti, mettili in piattelli con buon caso e butiro e spetie dolce.

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Fa’ la pasta nel modo sopradicto e similmente li farai quocere mettendovi li fornimenti sopra scripti, faccendo la pasta uno pocho più grossa et tagliata molto minuta e subtile. E si chiamano “triti” o “formentine”.

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Per fare civiero di carne salvagina, in prima quoci la carne in acqua misticata con altrettanto aceto. Et come è cotta, chavala fuora del brodo accioché si asciughi e, asciutta che è, frigila in buono lardo e, volendo fare due piatelli del detto civero, togli una libra di uva passa e meza libra di mandorle senza mondarle e pesta bene queste cose. Dipoi togli una libra di pane tagliato in fette e seccato al fuocho ma non troppo bruscolata et ponilo a mollare in uno pocho di vino rosso e pestalo con le predette cose. Doppo distemperale col brodo della dicta carne e passale con la stamigna in una pignatta e ponila in su la bracia lungi dal fuocho facendola ben bollire per ispatio di meza hora. Dipoi li metti gengiano e cannella assai, che sia secondo el commune gusto ho non sia forte ho dolce secondo el gusto del patrone. Dipoi togli una cipolla e quocila in una pignatta con buono lardo tagliato minuto et, come la cipolla è cotta, pestala e macinala molto bene e ponila insieme con lo lardo nel quale è cotta e metti ogni cosa nella pignatta nella quale sono le cose predicte, lassandola bollire ancora un poco più. Poi fa li pastelli della prefata carne e di sopra li metti di questo civiero e mandalo a tavola.

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Piglia le radici del petrosemolo e chacciane fuora quello bastone di mezo e netali bene e falli ben quocere in brodo di carne con uno pocho di pepe e di zaffarano.

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Netta li funghi molto bene e falli bollire in acqua con due ho tre capi di agli e con mollica di pane; et questo si fa perché da natura sono velenosi. Dipoi chavali fuora e lassali bene colare quella acqua, in modo che rimanghino sciutti, e dipoi frigili in buono olio o in lardo e, quando sono cotti, mettivi sopra delle spetie.

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In altro modo potrai conciare li dicti funghi, cioè nettandoli prima molto bene e poi mettili sopra la bracia e ponvi sopra del lardo e dello aglio battuto insieme e del pepe; e similmente li potrai conciare con olio. Et etiamdio li potrai quocere così aconci in una padella come se fusse una torta.

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Togli delle zuche e nettale bene e dipoi tagliale per traverso in fette sottili come la costa di uno coltello. Et poi li fai trarre solamente uno boglio in acqua e chacciale fuora e poi le poni asugare. Et ponni di sopra uno pocho di sale e involtare in farina bella e falle in olio. Dipoi chacciale fuori e togli uno pocho di fiore di finochio, un pocho di aglio e di mollica di pane, e pestali bene e distempera con agresto in modo che resti ben raro. E passa per la stamigna e getta quello tale sapore sopra le dicte zuche, le quali etiamdio sono bone ponendovi solamente di sopra agresto e fiore di finochio. Et, se vuoi che el dicto sapore sia giallo, mettivi uno pocho di zaffarano.

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Cuoci le pome cotogne in brodo di carne magra, di poi pestale e stemperale con latte di mandorle fatto con brodo di carne ho di bono pollo grosso, s’el tempo el richiede, e passale per la stamigna e ponila in una pignatta con zucharo, zenzevero e chanella e uno pocho di zafrano, e ponila a bollire longi dal fuoco, cioè in su la bracia, che non pigli fumo. Et voltala spesso collo chuchiaro e ponendovi uno pocho di butiro ho strutto fresco (sarebbe migliore). Dipoi, quando ti pare cotta, fa’ le minestre e ponivi di sopra delle spetie dolce e del zucharo.

Pagina 106

Poni le fave in molle e, quando sono bene molli, fendile uno pocho da quello canto che non sono negre e chaccia fuora pian piano le fave dentro, che non si rompa la scorza. E dipoi togli delle mandorle bianche e nettale e pestale molto bene con uno pocho di acqua rosata, accioché non faccino olio. E ponvi assai zucharo e di questa materia empi le dicte scorze di fave e poi restringi insieme che paiano fave meze cotte e ponile a schaldare in una pignatta ho padella ho altro vaso dove non sia né acqua né altra cosa, guardandole che non ardesseno. E metti le dicte fave in scodelle agiungendovi sopra uno pocho di brodo di carne chaldo con uno pocho di petrosillo tagliato minuto, con uno pocho di cipolla fritte e tagliate minute e dipoi uno pocho di spetie dolce. Et a cui non piaceno le cipolle non le porre.

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Per fare dodici minestre, piglia una libra di seme di canapa e nettalo e fallo bollire in una pignatta tanto che si cominci ad aprire. E di poi togli una libra di mandorle bianche e ben peste e metti con esso el dicto seme e pestalo molto bene, giungendovi una mollica di pane, e distempera queste cose con brodo di carne ho di pollo magro e passala per la stamigna e ponila a bollire in una pignatta sopra la bracia longi dal fuocho, voltando spesse volte collo chuchiaro. Di poi mettili meza libra di zucharo e meza oncia di zenzevero e uno pocho di zafrano con acqua rosata e, fatte le minestre, mettivi sopra delle spetie dolci.

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Per fare dieci minestre, togli meza libra di caso vecchio e uno pocho d’altro caso grasso e una libra di ventrescha di porco grasso ho vuoi una tetta di vitella, et quocila alesso tanto che sia ben disfatta. Dipoi battila bene e togli di bone herbe bene battute e pepe, garofali e gengiano, et giungendovi el petto di uno capone pesto sarebbeno migliori; e tutte queste cose distemperale insieme. Dipoi taglia la pasta bene sottile e lega questa materia nella pasta come vole esse; e questi raviuoli non siano magiori di una meza castagna. E ponili a quocere in brodo di capone ho di carne buona fatto giallo di zafrano. Quando bolle, e lassalo bollire per ispatio di due paternostri; dipoi fanne minestre e mettili di sopra caso grattato e spetie dolce misticate insieme. E simili raviuoli si possano fare di petto di fasani e starne e altre volatilie.

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Piglia della farina bellissima e impiastala con biancho di ovo e con acqua rosata ho vero acqua comune e, volendone fare due piattelli, non vi porre più che uno ho due bianchi di ove e fa’ questa pasta bene dura. Di poi fanne pastoncello lungo uno palmo e sottile quanto una pagliucha e togli uno filo di ferro lungo uno palmo ho più e sottile quanto uno spago e ponilo sopra al dicto bastoncello e dalli una volta con tutte e due le mani sopra una tavola. Di poi chaccia fuora el ferro e retira el macharone pertusato in mezo e questi macharoni si debbano sechare al sole e dureranno due ho tre anni, spetialmente faccendoli della luna d’agosto. E quoceli in acqua ho in brodo di carne e mettili in piattelli con caso grattusato in buona quantità, butiro fresco e spetie dolce. Et questi tali macharoni vogliano bollire per ispatio di due hore.

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Distempera la pasta como è dicto di sopra e filala sottile, rompendola a piccioli piccinini con le dita a modo di vermicelli e ponili a secchare al sole e dureranno due ho tre anni. E quando li vorrai quocere, falli quocere in brodo di carne ho di bono pollo grosso per spatio di una hora. Et poi fa’ le minestre e mettivi chacio grattugiato e spetie. Se non fusse tempo di carne, quocili con latte di mandorle con zucharo ho vero in latte di capra. E perché questo latte non vuole bollire quanto che richiedano li vermicelli, falli bullire prima con uno pocho di acqua come si fa el riso; et similmente si doveano quocere le lasagne, le trite ho vero fermentine. E tutte queste vivande di pasta debbano esse gialle di zafrano, excepto quando si quochano in latte.

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Per fare pastello di carne di cervo ho di capriolo, in prima taglia la carne in grossi pezi come due pugni e falli trarre solamente uno buglio in acqua meschiata con altrettanto aceto e con sale, secondo el bisogno. Dipoi chavala fuori e ponila fuori ché l’omore del brodo escha fuori e si sciughi uno pocho la dicta carne. Dipoi togli pepere e cannella spolverezata, insieme giungendoli del sale secondo la quantità della carne, e togli di buon lardo e fanne lardoni e avoltali nelle spetie predette e inlarda bene per lungo la detta carne e habbi de garofani sani e piantane molti da ogni lato della dicta carne, la quale etiamdio vuole esse ben voltata in le dicte spetie. Dipoi togli di buona farina e fa’ la crosta un pocho più grossa che quella delle lasagne e ad ogni pezo di carne fa’ la sua spoglia di tale crosta e ponila a quocere nel forno adagio e vuole esse ben cotta. Et simili pastelli si possano conservare quindici dì e etiamdio uno mese.

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Togli le foglie di biete e una pocha di buragine e falla dare uno boglio in acqua chiara bogliente quando le metti dentro. Dipoi chacciali fuora e battili molto bene col coltello e togli uno pocho di petrosillo e di menta cruda e similmente le batti con le dette herbe. Di poi macinale bene in nel mortaio e mettili in una pignatta con brodo grasso e falli bollire uno pocho. E, se ti pare, mettivi uno pocho di pepe.

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Per farne diece minestre, togli una libra de mandorle e mondale bene che siano bianche; e togli meza libra di riso e lavalo due ho tre volte con acqua tiepida e ponilo al fuocho con acqua chiara e fallo bene quocere. Dipoi chaccialo fuora e ponilo asciugare; dipoi pesta molto bene le dette mandorle bagnandole e sbrofandole di sopra spesso con uno pocho di acqua frescha, acciò che non faccino olio, e distemperale con acqua frescha e passale per la stamigna e metti a bollire questo latte in una pignatta, giungendovi meza libra di zucharo fino. E come incomincia a bollire, mettivi dentro el riso e poni la pignatta sopra la bracia longi dal fuoco, voltando spesso con lo chuchiaro accihé non pigli fumo. Et fallo bollire per spatio di meza hora. Similmente potrai quocere el dicto riso con latte di capra ho con altro latte. Et perché simile minestra piglia volentieri el fumo, quando ne pigliasse el modo di chacciarlo è questo: chaccia fuora la minestra della pignatta e guarda non tochare el fondo e ponila in una altra pignatta netta; di poi togli una peza biancha e adoppiala in tre ho quattro doppie e bagnala di acqua frescha; dipoi premi fuora l’acqua e metti la peza così doppi sopra la pignatta della minestra e lassavela stare per uno quarto d’ora e bagnala un’altra volta e rimettila sopra la pignatta. E se sarà necessario, e in questo modo el fumo si chaccierà fuori (non trovo miglior rimedio a chacciar questo fumo). Et similmente fa al farro.

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Per fare otto minestre, togli una libra di mandorle monde e bianche e pestale molto bene bagnandole spesso con acqua fresca come è dicto di sopra, accioché non faccino olio. E agiungivi una mollica di pane biancho e distempera ogni cosa con acqua frescha e passa per la stamigna e metti in una pignatta a bollire sopra la bracia e lassala bollire per uno ottavo di hora. Et etiamdio mettivi a bollire con dicte mandorle meza libra di zucharo fino. E questa mandorlata vole esse un pocho liquida e, ponendovi uno pocho di acqua rosata, serebbe migliore.

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Togli la pelle del cappone cotto e tagliala in pezuoli e ponila in brodo di capone grasso e fallo bollire per ispatio di meza hora con uno pocho di zaffarano. Dipoi fa’ le minestre con un pocho di caso di sopra e con spetie.

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Per fare otto minestre, togli una libra e mezo di ceceri e lavali con l’acqua chalda e ponili in quella pignatta dove li vorrai quocere, e che siano sciutti. E mettivi meza oncia di farina, cioè del fiore, e mettivi pocho olio e bono e uno pocho di sale et circa venti granella di pepe rotto e una pocha di cannella pesta, e mena molto bene tutte queste cose insieme con le mani. Dipoi ponvi tre bochali di acqua e una pocha di salvia et rosmarino e radice di petrosillo, e falli bollire tanto che siano consumati alla quantità di otto minestre. Et quando sono quasi cotti, mettivi uno pocho d’olio; e s’el brodo si facesse per amalati, non li porre né olio, né spetie.

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Per fare dieci minestre, togli tre pani e getta via la crosta con lo coltello e grattalo molto bene e ponilo sopra una tavola e ponili d’intorno una libra e meza di farina bella e metti col dicto pane quattro ho cinque ova e batti molto bene insieme col coltello, rasciugando continuamente il pane con la dicta farina. Et quando pare che sia minuto come anaci confetti, poni ogni cosa sopra la stamigna e chaccia fuori la stamigna farina e el pane che resta ponilo asciugare. E quando la vorrai quocere, quocilo con brodo di carne ho di buon pollo e fa’ che sia uno pocho giallo di zafrano e fallo bollire adagio per ispatio di meza hora. E mettivi sopra le minestre uno pocho di chacio e di spetie.

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Mondale come vogliano esse e poi quocile con brodo di carne ho vero con acqua e mettivi uno pocho di cipolla secondo la quantità che tu vorrai fare. E quando parrà cotta, chacciala fuora e passa ogni cosa per la chuchiara straforata ho vero pestala molto bene e mettile a quocere in una pignatta con brodo grasso e con uno pocho di agresto e siano uno pocho gialle di zafrano. Et quando sono cotte, toglile dal fuocho e lasciale uno pocho rafredare; dipoi togli de’ rossi d’ova secondo la quantità e sbattili con uno pocho di caso vechio e gettalo in le dicte zuche menando continuamente col chuchiaro, accioché non si prendino. E fa’ delle minestre e mettivi suso spetie dolce.

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Fa’ quocere le zuche con acqua e poi chaccia fora l’acqua quanto più poterai e passale per la stamigna ho per la chuchiara forata e mettile a bollire con lo dicto latte e con zucharo e con uno pocho di agresto, secondo el gusto del patrone.

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Piglia le carabaze alla catelana, cioè le zuche, e nettale molto bene e mettile dentro una pignatta che sia asciuta, con buon lardo battuto e metti la ditta pignatta sopra la bracia remota dal fuocho e falla bollire, menando continuamente con chuchiaro; e vogliono bollire in questa forma per spatio di quattro hore. E poi habbi di bono brodo grasso facto giallo con uno pocho di zafrano e mettilo dentro giugnendovi del zucharo e delle spetie fine dolci, con uno pocho di agresto secondo el gusto del tuo signore ho d’altri. Et come dicemo di sopra nel primo capitolo delle zuche, li puoi mettere qualche rosso di ovo battuto con uno pocho di buon caso vecchio.

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Piglia le fave e mondale con l’acqua chalda come si fanno le mandorle e poi le metti a bollire in buono brodo. Et quando ti pareno cotte, metti con esse uno pocho di petrosillo e menta battuta, faccendoli bollire etiamdio di bona carne salata; e questa minestra vole esse un pocho verde, che parrà più bella. E similmente poi fare li peselli e ogni altro legume fresco, ma nota che non voleno esse mondati con l’acqua chalda come le fave, ma lassali pur così con quella scorza sottile.

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Per fare pastelli di carne di vitello ho cappone ho qualunche altra carne ho di uccelli, in prima togli carne magra quella quantità che ti piace e battila bene minuta con lo coltello e togli di buono grasso di vitello e mischialo bene con la dicta carne giugnendovi di buono spetie secondo el commune gusto e secondo el gusto del patrone. Dipoi fa le tue croste di pasta secondo l’usanza de’ pastelli e ponilo a quocere nel forno e, come sieno cotti, togli due rossi di ova, de bono agresto, uno pocho de bruodo grasso e uno pocho di zaffarano e batti bene queste cose insieme e ponele nel pastello. E se tu non sapessi fare le croste, quocilo nella padella come si fanno le torte. Et nel detto pastello si può mette uno ho due pollastri ho vero piccioni ho capponi ho qualunque altro uccello integro ho tagliato.

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Per fare dieci minestre, piglia una libra e mezo di mandorle mondate in acqua tiepida e pestale molte bene come è dicto di sopra, mettendo su un pocho di acqua fresca perché non faccino olio. E piglia una mollica di pane biancho e mettila in molle in buono agresto; e poi piglia le sopradicte mandorle e la mollica e del sugo di aranci e della acqua rosa e distempera insieme tutte queste cose, agiugnendo una oncia di cenamomo e una libra di zucharo fino e passa ogni cosa insieme con la stamigna, faccendo questa compositione gialla con uno pocho di zafrano. Poi la metterai a bollire in una pignatta discosta dal fuoco e guarda non pigli fumo, voltandola spesso con lo chuchiaro. E vole bollire uno ottavo d’ora ho circha.

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Per fare diece minestre, piglierai una libra e meza di mandorle mondate e peste molto bene come è dicto di sopra e habi una mollica di pane biancho mollata in brodo biancho di peselli. Et, non havendo peselli, puoi sopplire in altro modo facendo bollire in acqua uno pane bianchissimo per spatio di meza hora, mettendo a molle la detta mollica in questo brodo. Poi habbi qualche buon pescie di mare ho buon luccio di acqua dolce cotto alesso e della polpa loro più soda e più biancha ne prenderai meza libra. E pestale molto bene con le mandorle e mollicha e con uno pocho di brodo e del sugo di aranci; e, non havendoli, soprirai con uno pocho di agresto, agiugnendovi della acqua rosata e meza libra di zenzevero mondo con otto once di zucharo. Et queste cose tutte stemperate insieme, passate per la stamigna, le metterai a quocere in una pignatta per uno ottavo di hora, discosta dal fuoco, che non pigli fumo. E del continuo le menerai con lo chuchiaro.

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Potrai similmente fare li peselli con latte di mandorle in tempo quatragesimale, come s’è dicto di sopra in questo capitolo del biancho mangiare.

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Habi le erbe e falle bollire in prima uno pocho in l’acqua, la quale debbe bollire in prima quando glieli metti. Et poi le chava fuori e ponili sopra una tavola ho uno taglieri e battile minute con uno coltello e nel mortaio le macinerai molto bene e poi le farai bollire nel lacte di mandorle mettendovi del zucharo a suficientia.

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Habbi le herbe et prima le fa’ bollire come è detto di sopra e di quelle farai minestre grasse ho magre, secondo el tempo, compartendole como ti pare e piace.

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Piglia la semente di canapa e lassala stare a molle per uno dì e una notte, buttando via quelli granelli che stanno sopra l’acqua perché sono tristi. Et poi habbi delle mandorle bene mondate e pestale insieme con la dicta sementa e, peste che saranno bene, le distemperrai con l’acqua fresca e con bono brodo di peselli, mettendovi etiamdio del zucharo fino e uno pocho di acqua rosa. E poi farai quocere tutte queste cose per spatio di uno ottavo di hora ho circa, menandola del continovo con lo chuchiaro.

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Rompi li cavoli torzoni con le mani secondo l’usanza e mettili in acqua quando bolle e, quando saranno circha mezi cotti, butta via tutta quella acqua e habbi di buon lardo battuto in bona e competente quantità e mettilo ne’ detti cavoli così asciutti, voltandoli bene collo chuchiaro. Poi piglierai di buon brodo grasso e in quelli li metterai al fuoco a bollire per piccolo spatio di tempo.

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Per fare dodici minestre, piglierai una libra di mandorle senza mondare e, peste che siano molto bene, habbi del petto di uno cappone ho d’altro uccello (qual ti piace: cotto, alesso ho arosto, come tu vuoi) con quattro rossi di ova, pestandoli bene con le dicte mandorle, giungendovi poi meza libra di zucharo del cinamomo, zenzevero e uno pocho di zafarano. Poi con brodo di pollo grosso ho d’altro buon brodo e un pocho di agresto distemperrai la dicta compositione passandola per la stamigna e poi la porrai sulla bracia assai remota dal fuocho, accioché non pigli del fumo, e menala del continovo col chuchiaro e lassala bullire per spatio di una hora, notando bene che, quando serà meza cotta ho circa, metterai dentro due once di buon strutto ho di butiro fresco. Poi fa’ le minestre e mettivi sopra delle spetie dolci.

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Per fare dodici minestre in tempo quadragesimale, prenderai una libra e mezo di mandorle monde e pestale bene come è dicto di sopra, e prenderai tre once di fiore di sambuco quando è secho e prima tenera’lo molle in acqua frescha per spatio di una hora, strignendo e premendo fuora l’acqua, e delli dicti fiori pestera’ne la metà con le mandorle, agiugnendovi la mollica di uno pane biancho e meza libra di zucharo con uno pocho di zenzevero; e, se vòi che sia giallo, vi metterai uno pocho di zafarano. E tutto el passerai per la stamigna e mettera’lo a quocere come è dicto in l’altro capitolo precedente. Et posto a fuocho, vi metterai di sopra quella altra metà di fiori sopra scripti così interi e, quando sia cotta a soficientia, farai le minestre, mettendovi di sopra di buone spetie dolce. E, se a tempo di carne vorrai fare la dicta minestra, li metterai tre rossi d’ova e distemperrala con brodo di pollo grosso ho altro bono brodo, passando per la stamigna, mettendovi el zucharo con le altre spetie con li fiori integri, come è dicto di sopra. Ma nota, quando sia meza cotta, da giungervi due once di buono strutto ho di butiro fresco.

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Per fare diece minestre, inprimamente piglierai una libra di mandorle monde e peste come è ditto di sopra, pestando con esse uno pocho di fiore di sambucho, e distempera con acqua frescha passandola per la stamigna. Et quando vederai have passata la quantità di otto minestre, metterai questa materia così liquida a quocere in uno vaso, servandone prima della cruda la quantità di uno bichiero commune. E prenderai due molliche di pan biancho bene grattusato e prenderai dieci alumi ho bianchi d’uova. Et quello bichiero di latte sopradicto con el pane gratusato e tutte queste cose batterai insieme agiugnendovi meza libra di zucharo. Quando el lacte predicto al principio comincerà a bollire, li metterai disopra questa altra compositione e non la moverai, né moverai niente con lo chuchiaro. Poi, come la vederai pigliata insieme, farai le minestre, mettendoli sopra delle spetie dolci.

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